Realtà forense n. 4 novembre 2013

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O R G A N O D E L S I N D A C A T O AV V O C A T I D I B A R I F O N D A T O N E L 1 9 6 9 - A d e r e n t e A N F Anno XXXIX - N. 4

Cassa Forense, i nuovi eletti e le decisioni da adottare per la tutela degli iscritti

È l’ora delle responsabilità: quisque faber fortunae suae Le scelte in materia di previdenza e assistenza impongono serie riflessioni

I

numeri, ahimè, sono impietosi e quasi mai mentono. Le recenti elezioni per il rinnovo del comitato dei delegati di Cassa Forense lo dimostrano, non tanto per il desolante numero di coloro che hanno votato presso il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Bari (quasi un terzo rispetto ai 4513 aventi diritto), ma piuttosto per la realtà previdenziale che interessa tutti gli iscritti all'albo degli Avvocati. Nei mesi estivi che hanno preceduto la competizione elettorale, che peraltro ha decretato il successo della lista del Sindacato Avvocati (solo ventidue i voti di lista di differenza rispetto allo schieramento del delegato uscente), tutti noi abbiamo sentito parlare dei 56mila colleghi non inscritti alla cassa di previdenza. La carica dei 56mila è venuta alla ribalta a seguito dell'azione giudiziaria promossa da associazioni giovanili forensi per assicurare loro il diritto di voto, ma sicuramente era già divenuta tristemente famosa per effetto dell'art. 21 della legge professionale che ne ha previsto l'iscrizione automatica alla cassa di previdenza, con tutte le conseguenze in termini di contributi, esercizio della professione, pensione. Tralasciando ogni considerazione circa la genuinità del pensiero di coloro che pensano che il futuro previdenziale dei giovani colleghi possa dipendere dal diritto di voto, il regolamento di attuazione dell'art. 21, del quale ad oggi il comitato dei delegati ha approvato sette articoli, dovrebbe indurre tutti noi ad una presa di coscienza di quanto sta per accadere. di

Bari, novembre 2013

Spedizione in abbonamento postale comma 20/C legge 662/96, Filiale di Bari

Esclusi i giovani dal Comitato dei Delegati

Un contributo di solidarietà a carico delle pensioni d’oro

L’avvocato-imprenditore partecipa a gare di appalto di PIERLUIGI VULCANO

Disattesa la convenzione del 2012 tra Cassa ed Equitalia per la rateizzazione

assa Forense non si fida dei giovani. Lo dimostra il regolamento elettorale che non permette di candidare al Comitato C dei Delegati chi ha una anzianità di iscrizione inferiore a dieci

anni (art. 13, secondo comma, lett. a dello Statuto). Quindi chi già svolge l’attività professionale da sette, otto o nove anni e si occupa con competenza di previdenza forense, come nel caso della collega Simona De Napoli iscritta solo da otto anni, si presume che non possa rappresentarci e far parte degli ottanta componenti il Comitato. Inoltre per essere componente del consiglio di amministrazione è necessario aver ricoperto la carica di delegato per almeno due anni (art. 16 dello Statuto). Con la conseguenza che per un comitato di delegati appena rinnovato, come quello che si andrà ad insediare a Roma nei prossimi giorni, solo chi è al secondo mandato può aspirare a far parte del c.d.a. Da queste norme regolamentari traspare un messaggio conservatore e corporativo per nulla aperto al cambiamento. Anche gli ultimi tentativi di inversione di rotta per un welfare al passo con i tempi devono essere più incisivi. È il caso della convenzione stipulata il 2012 dalla Cassa con Equitalia per la rateizzazione dei contributi iscritti a ruolo fino a quattro o sei anni ed al tasso annuale del 3%. Molti colleghi segnalano che l'accordo, previsto per facilitare tale pagamento in un momento in cui l'Avvocatura soffre il particolare periodo di crisi, di fatto viene disatteso. Infatti secondo Equitalia la rateizzazione può essere ammessa soltanto in caso di istanza di rateizzazione dell'intera esposizione, comprendente eventuali multe, sanzioni amministrative, imposte e tributi di varia natura. di

LUIGI PANSINI

In questo numero

FRANCESCO MAIONE

(segue in ultima pagina)

(segue in ultima pagina)

paginauno

La dura vita del domiciliatario di SIMONA DE NAPOLI

Nuovi parametri, siamo quasi al traguardo di VINCENZO BONIFACIO

Gli ordini professionali devono rispettare le regole antitrust di ANTONELLA CONVERTINO

L’Europa non resta a guardare

di G.PPE ALESSANDRO BENTIVOGLIO

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na piccola rivoluzione nell’impaginazione e nella grafica per rinfrescare l’immagine di Realtà Forense. Speriamo che “il cambiamento” sia gradito ai lettori. Saranno graditi sia le critiche che i suggerimenti finalizzati acché il giornale si connoti sempre più rispondente alle esigenze dei Colleghi.


Anno XXXIX - N. 4 - Novembre 2013

La PA ricorre a procedure concorrenziali per l’affidamento dell’incarico professionale

L’avvocato-imprenditore partecipa a gare di appalto Aggiudicazione in favore del legale con l’offerta economica più vantaggiosa

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li ingredienti ci sono tutti. In primis, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in cui le attività delle libere professioni sono qualificate come servizi (art. 57). Non manca, poi, il richiamo al codice dei contratti pubblici nel quale è prevista espressamente, quale requisito generale per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavoro, forniture e servizi, la regolarità contributiva in materia previdenziale e assistenziale. Infine, il riferimento al DM 140/12 in tema di parametri professionali per la pattuizione del compenso. È tutto vero. Una Pubblica Amministrazione del nord barese ha indetto una “procedura concorrenziale” per l’affidamento di un incarico professionale avente ad oggetto la difesa dell’Ente dinanzi al competente giudice di pace. Valore della causa: € 4.363,00. I professionisti che intendano partecipare dovranno inviare un plico, recante la dicitura “Preventivo per l’incarico legale”, che dovrà contenere due buste: Busta A (documentazione) e Busta B (offerta economica). Nella prima, a pena di esclusione, dovranno essere contenute, unitamente al curriculum vitae, le dichiarazioni in ordine alla mancanza di condanne penali, di conflitti di interesse e di cause di incompatibilità con l’Ente, di procedimenti pendenti per l’applicazione di misure di prevenzione e di provvedimenti giudiziali re-

lativi ad incarichi assunti con una PA, di procedure di verifica e accertamento da parte della Corte dei Conti relativamente ad atti o fatti compiuti nell’espletamento di incarichi professionali contratti con la

nel termine previsto dalla legge e la dichiarazione “di essere in regola rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse, secondo la legislazione italiana”.

PA, di provvedimenti disciplinari da parte del COA di appartenenza. Accanto a queste spicca l’obbligo di indicare l’assicurazione per la responsabilità civile per i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività professionale indicando gli estremi della polizza (ovvero la dichiarazione di impegno a presentarla

La busta B dove contenere l’offerta economica: in other words, la previsione del compenso. Muovendo dal DM 140/12 e dai valori medi in esso previsti, il professionista, per ciascuna delle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, dovrà indicare l’importo ottenuto sulla scorta della percentuale “in diminuzione” appli-

Tanti i dubbi sulla corretta applicazione dei parametri ex DM 140 del 20 luglio 2012

LA DURA VITA DEL DOMICILIATARIO Attività numerose e complesse e nessun criterio per la quantificazione del compenso

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ncora una volta l’introduzione di novità legislative è foriera di complicazioni, incertezze e dubbi che, in qualità di avvocati, prima non avevamo. In realtà non sempre l’innovazione è progresso. Concretezza. Abbiamo bisogno di concretezza e chiarezza. Il legislatore – con l’introduzione dei nuovi parametri – pare aver “dimenticato” l’avvocato nella veste di domiciliatario. Un ruolo spesso ingiustificatamente sottovalutato. Ma torniamo alla concretezza. Un collega ha eletto domicilio presso di me in una causa dinanzi al Tribunale di Bari. Ovviamente il fascicolo è arrivato con una sola copia dell’atto [e si sa, ce ne vogliono un’infinità se vuoi iscrivere a ruolo]; la nota di iscrizione era manuale…[rifai la nota telematica]…ops manca anche la dichiarazione di valore [chiama il collega perché chiarisca il valore della causa]…indeterminato ma la parte ammessa al gratuito patrocinio…e il semplice domiciliatario comincia a correre di qua e di là… Attività difensiva: specifico che non mi sono limitata a riportarmi agli atti (scritti dal collega), ma, visto che avrei dovuto discuterla [e in Camera di Consiglio], ho anche voluto studiare a dovere la questione, riuscendo a “ovviare” a tutte le eccezione di controparte. Le mie controdeduzioni sono state poi accolte dal Tribunale, che ha rigettato le richieste di controparte (spese compensate).

Adesso mi trovo a dover presentare nota spese per l'attività svolta, ed è la prima volta che mi capita di chiedere la liquidazione di compensi da domiciliataria in seguito alla entrata in vigore dei nuovi parametri. A quanto ho letto, nel caso in cui vi siano più avvocati, il cliente è comunque tenuto a pagare un solo onorario. Bene, ma come dovremmo ripartire tra di noi il suddetto compenso? Come anticipatovi, il collega ha scritto l'atto di costituzione, io ho partecipato ad un’udienza, deducendo a verbale l'eccezione che poi ci ha fatto vincere la causa. Le singole fasi ricomprendono una moltitudine di attività non sempre svolte dallo stesso avvocato. A questo punto, bisognerebbe vedere gli accordi iniziali. Non c’è stato tempo, non ci sono stati accordi. Inutile dire, infatti, che l’atto era anche arrivato a ridosso della scadenza e, quindi, non c’è stato il modo di pattuire il quantum di tutto... o meglio il quantum base per tutto; e ora, come regolarci alla luce del DM per le singole attività? Come si applica il DM 140/12 se una singola voce [parametro] ricomprende l’attività di due diversi avvocati? Anche in questo caso, la determinazione del compenso potrà avvenire mediante l’accordo con il cliente o, in assenza dell’accordo, attraverso la liquidazione del compenso stesso su base parametrica? Ovvio che la sola attività di domici-

liazione comporterà una valutazione che terrà conto solo ed esclusivamente di quanto svolto. In effetti il principio di liquidazione del compenso è sempre legato all’opera effettivamente svolta e ciò emerge proprio da un’attenta lettura dello stesso D.M. n. 140/12. Il principio di cui sopra è richiamato: nell’art. 11, comma 5, ultima parte, per l’attività giudiziale civile, amministrativa e tributaria; nell’art. 12, addirittura come criterio generale, per tutta l’attività giudiziale penale. Ho letto attentamente; parola d’ordine concretezza; ma ancora non ho fatto la nota spese; vorrei farmela fare da chi ha collaborato alla stesura del D.M. 140/12…così non sbaglio…forse… E meno male che nel comunicato stampa del CNF del 28 febbraio 2013, in relazione ai parametri, si legge che “La proposta mira a creare uno strumento semplice, trasparente, e di facile e immediata consultazione per gli operatori del diritto e per i cittadini che potranno avere uno strumento di immediato orientamento”. Ma perché tutti professano la semplicità e la chiarezza e i miei articoli hanno sempre “tanti punti interrogativi?” Non esitate a far diventare i Vostri dubbi, quelli del SINDACATO!

paginadue

di

SIMONA DE NAPOLI

cata, oltre CAP e IVA. Un esempio: il compenso medio previsto per la fase istruttoria, relativamente alla causa oggetto della procedura concorrenziale (valore € 4.363,00), è pari a trecento euro (il corrispondente importo minimo è pari a sessanta euro) e il partecipante dovrà offrire un importo al ribasso nella percentuale specificamente indicata (cfr. prospetto a margine). Nel giorno prefissato, si procederà all’apertura di ciascun plico “con possibilità da parte degli interessati di assistere alla gara e si provvederà all’affidamento dell’incarico professionale in favore del legale che avrà formulato l’offerta più vantaggiosa, compenso omnicomprensivo più basso, mediante provvedimento adottato dallo stesso Dirigente, cui seguirà la sottoscrizione del contratto per il conferimento dell’incarico”. Questi sono i fatti. Il bando è freddo e spietato: non fa alcun riferimento ai settori di competenza e specializzazione del professionista invitato a partecipare alla gara, pone rigide condizioni circa la regolarità nel versamento di imposte e tasse nei confronti dello Stato, risponde unicamente a logiche di mercato e risparmio per l’ente appaltante. Il motore che muove il bando è uno e uno soltanto: la difesa sarà affidata a chi avrà formulato l’offerta più bassa. Non c’è da stupirsi se il contesto nel quale si muove la nostra professione muta velocemente e non risponde neanche lontanamente alle previsioni di un legislatore lento, disattento e impreparato. Certo, la pattuizione del compenso, per espressa previsione contenuta nella nuova legge professionale, è libera, ma dei valori disseminati in tutta la L. 247/12, quali competenza, dignità, specializzazione, preparazione, dignità, rilevanza sociale, nel bando non vi è traccia. Ci si potrebbe chiedere, invece, se la procedura concorrenziale descritta sia migliore o peggiore rispetto a quella adottata da altra Pubblica Amministrazione che individua direttamente il professionista cui affidare la difesa per il corrispettivo di complessivi seicento euro, oltre IVA e CAP, oltre il rimborso delle spese esenti sopportate, ma le considerazioni non cambiano. E allora, come ci si deve attrezzare? Dovremo darci alla lettura di giornali e di gazzette ufficiali per individuare gare d’appalto cui partecipare o, più semplicemente, coltivare la speranza, senza capire né come né quando, che una PA ci individui quali destinatari di una raccomandata che porta la notizia di un’imminente gara? L’Avvocato è senza difese rispetto a tutto ciò. Nulla può il legislatore, nulla possono le istituzioni forensi. È il mercato. Un mercato senza regole, che richiede capacità camaleontiche a tutti Noi. La professione sta cambiando, non dobbiamo avere paura, anzi dobbiamo cercare di intuire quale sarà il futuro e prepararci per il meglio. Come imprenditori, con rigide regole ma senza i contrappesi che agevolano una qualsiasi impresa. Certamente non troveremo mai né ci verrà recapitato per posta un invito per l’affidamento di un incarico relativo ad una causa il cui valore sarà pari o superiore (tanto per non esagerare) a duecentomila euro. In un mercato senza regole tutto vale. Senza ipocrisia. Advocatus advocato lupus. Ma allora, senza pari ipocrisia, possiamo dire che di legge professionale e codici deontologici non ce n’è proprio bisogno. Dimenticavo. L’ultima regola fissata dal bando: “in caso di preventivi di pari importo, si procederà mediante sorteggio”. di

PIERLUIGI VULCANO


Anno XXXIX - N. 4 - Novembre 2013

La denuncia del Sindacato Avvocati di Bari sul patrocinio a spese dello Stato

MISERIA E NOBILTÀ L’avvocatura colpita dalla crisi economica e non solo…

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rima ipotesi: giudizio di separazione personale dei coniugi (consensuale) – Uso dei valori medi. Fasi: studio € 1.200,00, introduttiva € 600,00, decisoria € 1.500,00. Totale: € 3.200,00. Decurtazione ex lege al 50% €

1.600,00. Liquidazione avvocato difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio: €….. . Seconda ipotesi: giudizio di separazione personale dei coniugi (giudiziale) – Uso dei valori medi, fascia di

Palazzo della Consulta

Inviato al CNF il regolamento ministeriale; il Consiglio di Stato ha espresso parere positivo con qualche osservazione

Nuovi parametri, siamo quasi al traguardo

Le recenti pronunce della Consulta e della Corte di Cassazione

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uella delle tariffe o, secondo il termine in voga negli ultimi tempi, dei parametri è una storia travagliata. Siamo fermi ancora al DM 140 del 2012, che tutti giudicano inadeguato. Il ministro Severino, all’indomani della sua approvazione, aveva dato la propria disponibilità a ridiscutere, anche con l’ausilio delle associazioni forensi, voci e importi ma l’intervenuta nuova legge professionale e la rivendicazione del CNF di essere l’unico soggetto abilitato a dare forma e sostanza ai nuovi parametri hanno di fatto paralizzato ogni iniziativa tesa a migliorare il provvedimento dell’anno scorso. Il primo ottobre scorso, il Ministro Cancellieri ha trasmesso al Consiglio di Stato e al Consiglio Nazionale Forense, per il prescritto parere, il nuovo regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense. Ovviamente la bozza ministeriale è assai diversa da quella del CNF e siamo in attesa di vedere come andrà a finire. I giudici di Palazzo Spada, nel provvedimento dell’11 novembre, cha ha fatto seguito all’adunanza del 24 ottobre, hanno di fatto espresso parere positivo sullo schema di regolamento ministeriale, con qualche osservazione. Le perplessità espresse riguardano, per il patrocinio dei non abbienti, la riduzione degli importi nella misura del 30% nel settore penale rispetto a quella del 50% nel settore civile; non condivisa è stata, infatti, l’asserita maggiore dignità difensionale in ambito penale e suggerito è stato un ridimensionamento del parametro in misura del 5-10%. Nel frattempo, però, la giurisprudenza della Corte di legittimità non conosce tregua, tant’è che con la recente sentenza n. 43143 Corte di Cassazione del 22 settembre 2013, è stato affermato il principio secondo il quale, alla data odierna, “in tema di spese processuali, non risultando ancora emanato il decreto di cui al comma 6 dell’art. 13 L. n. 247 del 2012, cui è devoluta la determinazione della misura massima per il rimborso delle spese forfettarie, la disposizione di cui al comma 10 del medesimo articolo 13 - che reintroduce la previsione del rimborso delle predette spese, in passato denominate “spese generali” -, deve ritenersi allo stato in concreto non operante”. In altre parole, pur essendo previsto dalla nuova legge professionale, il rimborso delle spese forfettarie (cd. spese generali) oggi non può essere riconosciuto in quanto manca il decreto previsto dalla L. 247/12 per la determinazione della relativa misura massima. Da ultimo, anche la Corte Costituzionale interviene in materia e, con l’ordinanza n. 261 del 7 novembre, ha affermato che è legittima l’applicazione dei parametri forensi ex DM 140/12 anche ai processi in corso e alle attività già svolte prima della loro entrata in vigore. O tariffe o nuovi parametri, il parto del nuovo regolamento è stato lungo e travagliato. Tra i due litiganti il (giudice) terzo ha goduto. di VINCENZO BONIFACIO

valore indeterminato. Fasi: studio € 1.200,00, introduttiva € 600,00, istruttoria € 1.200,00, decisoria € 1.500,00. Totale: € 4.500,00. Decurtazione ex lege al 50% € 2.250,00. Liquidazione avvocato difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio: € 600,00. Terza ipotesi: giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ricorso ex art. 702bis cpc, rigettato. Uso dei valori medi, fascia di valore indeterminato. Fasi: studio € 1.200,00, introduttiva € 600,00, istruttoria € 1.200,00, decisoria € 1.500,00. Totale: € 4.500,00. Decurtazione al 50% ex lege € 2.250,00. Liquidazione avvocato difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio: €. 0, con revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio. In questo ultimo periodo il Sindacato Avvocati di Bari ha raccolto numerose doglianze di Colleghi che, nonostante abbiano prestato la propria attività e professionalità ai meno abbienti, sono stati destinatari di liquidazioni irrisorie. Abbiamo quindi ritenuto, con nota dell’8.10.2013, di portare all’attenzione di tutti i giudici del Tribunale e della Corte di Appello di Bari nonché di quelli amministrativi la vicenda evidenziando quanto segue. Pur consapevoli della decurtazione del 50% delle somme da liquidarsi, prevista ex lege dall'art. 9 del DM 140/12 e dall'art. 130 del DPR 115/02, e pur considerato che i valori di riferimento del citato decreto ministeriale, per espressa disposizione

paginatre

dell’art.1, comma 7, comunque non assumono valore vincolante, sicché l'organo giudiziario può quantificare il compenso in misura superiore o inferiore rispetto a quello risultante dalla applicazione dei parametri indicati nel testo normativo, non si può rimanere silenti dinanzi al mancato riconoscimento, anche dal punto di vista economico, della professionalità e dell’impegno degli Avvocati in materia. Ritenendo, altresì, che nell'esercizio di tale potere discrezionale si debba comunque tenere conto dei criteri di cui all’art.v4, comma 2, del DM, ovvero valore, natura e complessità della controversia, numero, importanza e complessità delle questioni trattate, urgenza della prestazione , pregio dell'opera prestata e vantaggi conseguiti dal cliente, il Sindacato Avvocati di Bari, assicurando il rispetto del valore costituzionalmente garantito del patrocino a spese dello Stato ma nel contempo rivendicando il rispetto e la dignità dell’Avvocatura tutta, chiede che i provvedimenti di liquidazione dei compensi tengano conto, con pari attenzione, di tutti i criteri previsti dalla legge e del concreto impegno del difensore, senza immotivate decurtazioni tali da rendere esigua e risibile la liquidazione de qua e ledere, anche dal punto di vista prettamente economico, la dignità di tutti gli Avvocati impegnati nella difesa dei meno abbienti. ESSEDIENNE


Anno XXXIX - N. 4 - Ottobre 2013

L’ALLOCAZIONE DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA E GLI INTERESSI DELLA COLLETTIVITÀ

Tutto ha inizio con la Legge 148/2011: delega al Governo, decreti legislativi, provvedimenti per l’organizzazione degli uffici e ricorsi dinanzi al giudice amministrativo

L’incertezza tra ruoli e funzioni non porta mai chiarezza

Il TAR Puglia sospende l’efficacia del DM di attuazione per la sola sede distaccata di Bitonto

Le tappe della revisione della geografia L’Avvocatura giudiziaria per il Tribunale di Bari tra manutenzione ed edilizia

D

ACQUAVIVA DELLE FONTI

a due mesi qualcosa è cambiato. Te ne accorgi dalle file, più lunghe, per la notifica degli atti, per le richieste di pignoramento, per l’iscrizione a ruolo, per le assegnazioni dei fascicoli, per la dislocazione degli ufficiali giudiziari. Qualcosa di simile la immagino anche per il penale. È la soppressione delle sedi distaccate che giorno dopo giorno prende forma e si afferma nelle attività quotidiane degli Avvocati. Ad essa si accompagnano l’odore di vernice fresca dei corridoi del tribunale civile e l’affannosa ricerca di parcheggio per chi si reca presso quello penale e presso il tribunale per i minori. Lontano, l’ufficio del giudice di pace, al primo piano, con una scala a chiocciola tipica di campanili austeri e sontuosi, unica via d’uscita nel caso di un’emer-

ALTAMURA

BITONTO

genza o di un’evacuazione improvvisa. Soppressione delle sedi distaccate, manutenzione dei palazzi di giustizia, edilizia giudiziaria. Aspetti che si incrociano, sui quali si dibatte e per i quali ad oggi nessuno ha una soluzione definitiva. Ma da tempo, proprio sull’edilizia giudiziaria nella città di Bari, da più parti si invoca l’intervento dell’Avvocatura. E il suo silenzio o la mancata presa di posizione sono spacciate per disimpegno e disinteresse o, addirittura, paura. Che tutti gli Avvocati sognino una sistemazione armonica e razionale degli uffici giudiziari non è un segreto, che tutti i Colleghi siano per il

loro accorpamento appare considerazione ovvia e banale, che tutti noi o quasi siamo in grado di dare un qualche contributo, conoscendo gli aspetti pratici della vita nei palazzi di giustizia, è altrettanto evidente. E tali considerazioni potrebbero valere anche per magistrati, amministrativi e operatori del settore. Ma, poi, il discorso si fa più delicato. Il concetto di accorpamento degli uffici giudiziari è assai ampio e può significare plesso unico, isola della giustizia, grattacielo giudiziario, cittadella, tribunale metropolitano. Ma, per quale che possa essere il contributo di tutti gli operatori del settore, non spetta ad essi (o ad essi soltanto) decidere in che punto della città l’idea di accorpamento, quale che sia l’accezione preferita, debba trasformarsi in realtà. Non spetta all’Avvocatura decidere delle sorti di una città. Perché, è ovvio, l’edilizia giudiziaria è qualcosa che va ben oltre l’allocazione di un palazzo di giustizia. E riguarda la città, la comunità, l’insieme dei cittadini, la convivenza civile di una comunità, fatta di giustizia, istruzione, sanità, trasporti, commercio, sicurezza, servizi. L’Avvocatura non amministra la città né dispone di dati, elementi e valutazioni che sono richiesti per l’adozione di decisione che riguardano l’intera collettività. Può incidere e farsi portavoce di un movimento di opinione ma deve tener conto anche del contesto in cui tale scelta è destinata ad incidere. L’Avvocatura, inoltre, non può essere tirata per la giacchetta né si può prestare a strumentalizzazioni da parte di chicchessia. Offendono tutti noi i Colleghi prestati alla politica che ci adulano per mietere consensi per poi decidere secondo logiche di appartenenza e non sulla base di proposte, documenti ed eventi che ci affanniamo ad elaborare per attirare la loro attenzione sulle difficoltà della giurisdizione del paese. Che non ci prendano in giro. La politica in questi anni ha fatto ben poco per la giustizia e per l’Avvocatura. È del pari disdicevole che la manutenzione ordinaria e straordinaria possa essere utilizzata, auspicando che ciò non avvenga nelle sedute della competente commissione della Corte di Appello di Bari, come strumento di pressione esplicito o implicito per sollecitare soluzioni più gradite. Chi deve provvedere alla manutenzione vi provveda. Punto. Chi ha sulle spalle l’onere di amministrare la città la amministri. Punto. L’Avvocatura non si è mai tirata indietro per dare il suo contributo, senza essere subalterna o sponsor di questo o quello schieramento, quale operatore di giustizia, nel settore di propria competenza. Piace a molti fare confusione, mistificare ruoli e funzioni, ma invasioni di campo indebite sono portatrici di caos e non di chiarezza. Il referendum abrogativo delle norme sulla geografia giudiziaria è stato presentato e le elezioni per il primo cittadino che dovrà occuparsi dell’edilizia giudiziaria sono alle porte. Nel frattempo, tutti in giro per tribunali centrali e sedi distaccate sopravvissute. LUIGI PANSINI

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2011. 14 settembre.

La legge n. 148/11 del 14.9.2011 (art. 1, comma 2), di conversione del D.L. 138/11, recante misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, delega al Governo l’adozione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza.

2012. 7 settembre. Il decreto legislativo 155/12 del 7.9.2012 (entrato in vigore il 13.9.2012) sopprime le sezioni distaccate di Modugno, Altamura, Bitonto, Rutigliano, Acquaviva delle Fonti, Monopoli e Rutigliano. Le disposizioni sulle soppressioni delle sedi giudiziarie acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

2013. 8 agosto. Il Ministro della Giustizia, con decreto dell’8.8.2013 adottato ai sensi dell’art. 8, comma 1, del D. L.vo n. 155 del 2012, autorizza, per cinque anni dalla data di efficacia (13.9.2013) delle disposizioni ex art. 11, comma 2, di detto decreto, l’utilizzo a servizio del Tribunale di Bari dei locali ospitanti le sedi di Altamura, Modugno e Rutigliano, per la trattazione ad esaurimento dei giudizi civili e penali pendenti alla data del 13.9.2013, ri- distribuendo i procedimenti penali e civili già di competenza delle sedi soppresse di Acquaviva delle Fonti e Bitonto presso Modugno, di Monopoli e Putignano presso Ru- tigliano, “ferme restando l’iscrizione e la trattazione dei procedimenti sopravvenuti presso la sede circondariale competente”. 2013. 26 agosto.

Il Presidente del Tribunale di Bari, con decreto n. 65 del 26.8.2013, preso atto della conservazione delle sedi di Rutigliano, Modugno e Altamura, dispone che queste diventino “articolazioni del Tribunale di Bari”, istituisce la “quinta sezione civile”, comprendente tutti gli affari civili di competenza monocratica delle tre articolazioni, e la “quarta sezione penale”, comprendente tutti gli affari penali di competenza monocratica delle tre articolazioni, ridistribuisce i procedimenti penali e civili già di competenza delle sedi soppresse di

Acquaviva delle Fonti, Monopoli, Putignano e Bitonto, stabilisce che anche le cause post 13.9.2013 debbano essere trattate presso le articolazioni e non presso la sede centrale di Bari, demanda al dirigente amministrativo per l’adozione dei provvedimenti inerenti i dipendenti amministrativi.

2013 . 29 agosto.

Il Comune e i Colleghi di Bitonto depositano il ricorso (n. 1118/13) dinanzi al TAR Puglia di Bari per l’annullamento, previa sospensiva, del Decreto del Ministro della Giustizia dell’8.8.2013 e del decreto del Presidente del Tribunale di Bari n. 65 del 26.8.2013.

2013 . 29 agosto.

Il TAR Puglia di Bari accoglie, con decreto inaudita altera parte n. 478, la richiesta di sospensione formulata dal Comune di Bitonto con il ricorso n. 1118/13.

2013 . 9 settembre. Il TAR Puglia di Bari rigetta, con decreto n. 484, la richiesta di sospensione formulata dal Comune e dagli Avvocati di Monopoli con il ricorso n. 1150/13.

2013 . 10 settembre. Il Consiglio Giudiziario della Corte di Appello di Bari, ritenendo non possibile lo scostamento dal dato letterale del DM dell’8.8.2013, esprime parere sfavorevole sul decreto n. 65 del Presidente del Tribunale di Bari nella parte in cui è prevista la trattazione dei procedimenti sorti dopo il 13 settembre presso le tre sedi di Altamura, Modugno e Rutigliano e non presso il Tribunale di Bari. 2013 . 11 settembre.

Il Presidente del Tribunale Savino, con nota dell’11.9.2013, trasmette al CSM le sue osservazioni sul decreto 65 del 26.8.2013 alla luce del parere sfavorevole del Consiglio Giudiziario della Corte di Appello.

2013 . 12 settembre. Il Tar Puglia di Bari, con decreto n. 511, respinge in via provvisoria l’istanza di sospensione degli effetti del Decreto del Ministro della Giustizia dell’8.8.2013 e del decreto del Presidente del Tribunale di Bari n. 65 del 26.8.2013, nell’ambito del ricorso n. 1172/13

proposto dall’Ordine degli Avvocati di Bari.

2 013. 13

settembre. Entra in vigore la legge che sopprime le sezioni distaccate dei Tribunali.

2 013. 16 settembre.

Il Tar Puglia di Bari, con decreto n. 515, rigetta l’istanza di revoca formulata dall’Avvocatura dello Stato avverso il provvedimento di accoglimento del 29.8.2013, nell’ambito del ricorso n. 1118/13 proposto dal Comune di Bitonto.

MONOPOLI

2 013. 20 settembre.

Comunicazione alla Presidenza del Tribunale di Bari della delibera con cui il CSM non approva il decreto presidenziale 65 per la decisa trattazione nelle sedi di Altamura, Modugno e Rutigliano anche di procedimenti civili e penali introdotti dopo il 13 settembre.

2 013. 23 settembre.

Il Presidente del Tribunale di Bari, preso atto della delibera del CSM, con decreto n. 75, revoca il proprio decreto n. 65, come integrato dal n. 67, dispone che tutti i procedimenti civili e penali post 13 settembre saranno gestiti dalla sede centrale del Tribunale di Bari. Preso atto del provvedimento del TAR Bari del 29 agosto, non dà seguito alla decisione della trattazione dei giudizi già pendenti presso la sede di Bitonto nella sede di Modugno e dispone che i procedimenti post 13 settembre della sezioni di Bitonto vengano trattati a Bari.

2 013. 3/4 ottobre.

IL TAR Puglia di Bari, nel ricorso proposto dal Comune e dai Colleghi di Bitonto (1118/13), con ordinanza n. 544, sospende gli effetti del decreto ministeriale dell’8.8.2013. La sede di Bitonto continua ad operare per la trattazione dei procedimenti sorti sino al 13.9.2013 senza alcun accorpamento presso la sede di Modugno.

2 013. 3/4 ottobre.

IL TAR Puglia di Bari, nel ricorso proposto dal Comune e dai Colleghi di Acquaviva delle Fonti (1161/13), con ordinanza n. 549, rigetta l’istanza cautelare di sospensione degli effetti

BARI

PUTIGNANO del decreto ministeriale dell’8..8.2013. Nel ricorso proposto dal Comune e dai Colleghi di Putignano (1149/13), con ordinanza n. 559, rigetta l’istanza cautelare di sospensione degli effetti del decreto ministeriale dell’8.8.2013.

2 0 13 .

14 novembre. Dinanzi al Tar Puglia di Bari la discussione della richiesta di sospensiva dei provvedimenti impugnati formulata dall’Ordine degli Avvocati di Bari nelRUTIGLIANO

MODUGNO

paginacinque

l’ambito del ricorso n. 1172/13; la trattazione è stata abbinata al merito per l’udienza del 13.2.2014.

2014. 13

febbraio. È prevista l’udienza di trattazione di merito del ricorso proposto dall’Amministrazione e dagli Avvocati di Bitonto. Sarà chiamato anche il ricorso proposto dal COA di Bari.


Anno XXXIX - N. 4 - Novembre 2013

La Corte di Giustizia Europea, nel caso degli esperti contabili portoghesi, interviene sulla formazione obbligatoria

Gli ordini professionali devono rispettare le norme antitrust

La legge 247/12 forse in contrasto con la disciplina comunitaria sulla concorrenza per attività di prestazioni di beni e servizi a Corte di Giustizia dell’Unione EuroL pea, con la sentenza n. 13.12.12-28.2.13 (causa C-1/12), ha affrontato lo spinoso

tema del rapporto tra ordini professionali e formazione obbligatoria. Il caso riguarda l’Ordine degli esperti contabili portoghesi e il regolamento sulla formazione da esso adottato ma la pronuncia è destinata ad incidere anche sul sistema italiano, sulle professioni regolamentate dal DPR 137/12 e sul novellato ordinamento professionale forense (L. 247/12). La Corte, richiamando sue precedenti decisioni, ha ribadito che “un ordine professionale i cui componenti svolgono un’attività di prestazioni di beni e servizi con l’assunzione di un rischio costituisce un’associazione di imprese”. A ciò consegue che all’Ordine in quanto associazione di imprese sono applicabili le regole previste dall’Unione Europea in tema di concorrenza. Tanto perché l’Ordine, nel caso che ci occupa, propone attività formative che entrano in concorrenza con altri organismi di formazione che, al contrario, hanno scopo di lucro, e quindi, la sua attività riguarda un mercato nel quale esso stesso esercita attività economica. La Corte rimarca che l’obbligatorietà della formazione non è in contrasto con le norme UE. La questione attiene invece la

decisione dell’Ordine in ordine alle modalità di accesso all’attività di formazione, apertamente in contrasto con l’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che afferma l’incompatibilità con il mercato interno degli accordi tra imprese e le decisioni di associazioni di imprese nonché le pratiche concordate

che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri ed impediscono o restringono il gioco della concorrenza. In particolare, un ordine professionale non può imporre un sistema di formazione obbligatoria che, attraverso una procedura di accreditamento presso l’ordine medesimo, consenta lo svolgimento del-

Le difficoltà di attuazione e coordinamento della nuova legge ordinamentale forense

L’EUROPA NON RESTA A GUARDARE

Società tra avvocati, accesso e libera circolazione dei professionisti negli Stati membri

D

alle pagine di questo numero del giornale forse si può avere un’idea delle difficoltà legate all’attuazione della nuova legge professionale forense del 31 dicembre dello scorso anno. Dei parametri si è detto del serrato confronto tra Consiglio Nazionale Forense e Ministro della Giustizia, delle regole antitrust che gli ordini professionali devono rispettare in tema di formazione obbligatoria (prevista dalla L. 247/12) si può leggere nell’articolo della Collega Convertino. Ma non basta. A partire dal 4 settembre scorso è in vigore la L. 6.8.2013, n. 97, che reca le disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea (legge Europea 2013). L’art. 5, modificando il D.lgs. n. 96 del 2001 (artt. 35 e 36), di fatto rende possibile la costituzione di società tra legali senza l’obbligo della presenza di un avvocato italiano quale condizione per l’esercizio della professione in forma societaria. Ma a parte il D.lgs. del 2001, anche la nuova legge professionale (L. 247/12: art. 5) conteneva la delega al Governo per la regolamentazione delle società tra avvocati. L’im-

perfetto è d’obbligo perché il termine di sei mesi per l’esercizio della delega è scaduto, ma in ogni caso si tratterà di vedere se, in caso di riproposizione della delega e di un suo esercizio, si terrà conto della necessità di dover armonizzare la disciplina nazionale con quella europea. Inoltre, dinanzi alle istituzioni europee pende la questione legata agli “abogados” e alla corretta interpretazione della direttiva n. 98/5, secondo cui l’scrizione all’albo degli avvocati stabiliti consente al professionista, dopo tre anni di effettivo svolgimento dell’attività professionale, di essere automaticamente equiparato al Collega che ha acquisito il titolo in Italia. In presenza di un numero sempre più elevato di laureati che acquisiscono il titolo in altri Stati membri, la Corte di Giustizia è stata chiamata a chiarire se il “fenomeno migratorio” verso gli Stati in cui è più facile acquisire il titolo sia rispondente allo spirito della normativa comunitaria ovvero si traduca in aggiramento delle regole più severe imposte dallo Stato di stabilimento per l’accesso della professione forense. Infine, il 2 ottobre, con un comunicato stampa, la Commissione Europea ha annunciato l’inizio di una valutazio-

ne delle normative nazionali che disciplinano l’accesso alle professioni. Michel Barnier, commissario per il Mercato interno e i servizi, ha dichiarato: "Nonostante i nostri sforzi, la mobilità dei professionisti all'interno dell'Unione europea è bassa. Le condizioni di accesso a talune professioni possono essere complesse, onerose e spesso molto disparate fra i diversi Stati membri. Questo scoraggia i lavoratori dal cercare e trovare un impiego in altri Stati membri. Sono convinto che la mappatura delle professioni regolamentate da parte degli Stati membri, seguita da una disamina e da una valutazione delle barriere all'accesso alle professioni, sarà un esercizio utile. Non si tratta di deregolamentare le professioni né di sanzionare gli Stati membri bensì piuttosto di garantire un migliore accesso ai servizi professionali rivedendo quali siano le strutture d'ingresso che promuovono meglio un sistema semplificato, adeguato, sicuro e trasparente”. Ogni Stato membro dell’Unione Europea deve trasmettere l’elenco delle professioni regolamentate e la Commissione provvederà a pubblicare una mappa che consentirà al professionista che desideri lavorare in un altro Stato di conoscere le condizioni poste

paginasei

da ciascun paese per il lavoro richiesto. Sicuramente la nostra legge professionale (L. 247/12) non brilla per la facilità delle condizioni di accesso dei giovani laureati considerato che il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consisterà (dal 1.1.2015 e manca tuttora il regolamento ministeriale previsto dall’art. 43) altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto di corsi di formazione, con tanto di verifica periodica e finale, e dovremo attendere l’esito dell’indagine comunitaria per vedere se la normativa nazionale risponde o meno alle finalità che oggi la Commissione Europea, con tale indagine, intende perseguire. I fronti aperti a livello comunitario, come si vede, sono numerosi e delicati; certo è che chi ha voluto la L. 247/12 a tutti i costi forse non ha tenuto in debita considerazione quali sarebbero state le oggettive difficoltà di attuazione non solo a livello nazionale ma, soprattutto, a livello europeo, che puntualmente stanno evidenziando le criticità di un’approvazione frettolosa e sconsiderata. di GIUSEPPE ALESSANDRO BENTIVOGLIO

l’attività di formazione solo agli organismi accreditati: “anche se è la legge a stabilire il sistema di formazione obbligatoria, un ordine professionale non può essere sottratto all’obbligo di rispettare le regole antitrust. Se l’ordine attua un sistema di formazione che elimina la concorrenza per una parte sostanziale del mercato rilevante e che determina vantaggi per lo stesso ordine che partecipa all’attività di formazione viola l’art. 101 del Trattato”. Sicuramente il principio affermato e ribadito a livello comunitario ha ripercussioni sull’ordinamento italiano e su quanto previsto dal DPR 137/12, il quale, nel disciplinare la riforma degli ordinamenti professionali, punta l’accento sulla qualità della formazione continua con l’obiettivo di “garantire qualità ed efficienza della prestazione professionale”. Il DPR all’art. 7 stabilisce, altresì, che la competenza all’attivazione dei corsi di formazione spetta agli ordini, ai collegi e alle associazioni di iscritti agli Albi ovvero altri soggetti autorizzati dagli Ordini stessi; i regolamenti di attuazione dovranno essere adottati dagli Ordini entro un anno dall’entrata in vigore del suddetto decreto ed infine che gli stessi saranno poi sottoposti al vaglio del Ministro vigilante e competente con conseguente emissione di parere da parte di quest’ultimo. I primi commentatori della recente sentenza della Corte di Lussemburgo evidenziano che, a differenza del sistema portoghese, la previsione (contenuta nel DPR 137/12) dell’obbligo in capo al Consiglio Nazionale dell’Ordine di trasmettere “motivata proposta di delibera (sulle autorizzazioni allo svolgimento dei corsi) al ministro vigilante al fine di acquisirne il parere vincolante”, potrebbe limitare l’impatto del contenuto della sentenza della Corte di Giustizia sul sistema italiano poiché un provvedimento nazionale di un ordine professionale può essere sottratto alla disciplina dell’antitrust se esso è sottoposto ad effettivo controllo da parte dello Stato. C’è da chiedersi, a questo punto, se quanto previsto dalla nuova legge professionale forense sia contraria o meno ai principi comunitari in tema di formazione obbligatoria, ordini e concorrenza. Questo perché l’art. 11 della L. 247/12 attribuisce al Consiglio Nazionale Forense il potere disciplinare “le modalità e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attività di aggiornamento a cura degli ordini territoriali, delle associazioni forensi e di terzi”, affermando nel contempo che l’attività di formazione svolta dagli ordini territoriali non costituisce attività commerciale e non può avere fini di lucro. Le modalità di regolamentazione della formazione continua degli avvocati potrebbero presentare i medesimi profili di incompatibilità contestati all’ordine portoghese degli esperti contabili in quanto il CNF di fatto è chiamato a gestire, organizzare e regolare l’attività di aggiornamento, fornendola esso stesso. La questione è delicata sotto vari aspetti e merita analisi approfondita. Con i regolamenti di attuazione, forse, si chiariranno i dubbi che insistono su questo contrasto tra legislazione nazionale e principi cardine della normativa comunitaria, già evidente prima facie nella L. 247/12. di

ANTONELLA CONVERTINO


Anno XXXIX - N. 4 - Novembre 2013

Recensioni

L’impegno per l’attuazione dello Statuto dei Lavoratori

... Ricordando Nichi Muciaccia

I

I profili risarcitori nella convivenza more uxorio

L’intuito, l’umanità e la leggerezza

n Nichi Muciaccia c’è un filo rosso che lega questi tre momenti. Da un canto, il ruolo istituzionale da lui svolto come Presidente della Circoscrizione di Bari Madonnella, realizzando così il sogno di molti della democrazia di massa teorizzata da Pietro Ingrao; dall’altro, l’impegno di una vita come avvocato della CGIL e delle classi lavoratrici, soprattutto per l’attuazione effettiva dello Statuto dei diritti dei lavoratori e della Costituzione; dall’altro ancora, “la lotta per il diritto”, per usare le parole di Jhering, per una riforma della giustizia che avesse al suo centro l’indispensabile collaborazione, nella reciproca autonomia, fra avvocati e magistrati. Finalità che ha sempre perseguito, sia come segretario del COA di Bari, sia nella Commissione giustizia del PCI, sia nelle associazioni Diritti e poteri e Osservatorio barese sulla giustizia e nel Centro Studi di diritto del lavoro “Domenico Napoletano”. È arduo condensare in una breve nota tutti gli aspetti della sua complessa personalità. Tra i tratti più salienti, ciò che colpiva di Nichi, in primo luogo, era la sua straordinaria umanità, il suo diuturno sorriso in grado di mettere a proprio agio qualsiasi interlocutore. Egli - come un novello Totò da lui tanto amato- aveva la capacità di individuare subito l’aspetto faceto delle persone e delle cose, ma lo faceva con una grazia tutta sua, con un tocco lieve senza ferire mai nessuno, anzi rivolgendo spesso la sua arguzia contro se stesso. Era uno spirito di un’irresistibile simpatia umana capace di disperdere attorno a sé ogni eventuale sentimento di odio o di invidia. Nel rapporto con gli altri era un modello, non solo di correttezza che sarebbe poco, ma soprattutto di delicatezza e gentilezza. In secondo luogo, l’intuito: fu il primo a credere nella candidatura a Sindaco di Bari di Michele Emiliano e poi in quella a Presidente della Regione Puglia di Nichi Vendola, e nel vasto movimento di cittadinanza attiva, che le ha sostenute, dando origine a quella che è stata definita la “Primavera pugliese”, la quale, pur con qualche contraddizione, ha certamente rappresentato un momento di svolta e di profondo rinnovamento della nostra Puglia. In terzo luogo, la sua leggerezza pensosa, che non era frivolezza o superficiale inconsistenza, ma, come nelle Lezioni americane di Italo Calvino, capacità di sfidare la gravità, “la pesantezza, l’inerzia e l’opacità del mondo”. Come Cosimo, nel romanzo di Calvino “Il barone rampante”, Nichi era un campione di leggerezza. Come “il barone rampante” egli sapeva vivere sugli alberi, ma a differenza di lui aveva solide radici ed appoggio negli affetti familiari: della moglie Alba, dei suoi genitori Francesco e Idea, dei suoi gioielli Checco e Fulvio, del fratello Aldo, degli zii Fulvio e Maria a cui era legatissimo. Come “il barone rampante” Nichi elaborò e sognò per Bari ed il suo amato multietnico quartiere Madonnella (sono parole del romanzo) “un progetto di Costituzione repubblicana con dichiarazione dei diritti degli uomini, delle donne, dei bambini, degli animali domestici e selvatici, compresi uccelli, pesci e insetti e delle piante sia d’alto fusto sia ortaggi ed erbe”. Infine la sua generosità. Don Milani ammoniva: “Fa strada ai poveri senza farti

ella realtà attuale, la famiglia e la convivenza more uxorio sono concetti N mutevoli nel tempo e nello spazio anche in

strada” e Nichi ha saputo essere fedele a questo monito, servendo i ceti più deboli e dando voce a chi non aveva voce, senza servirsene per costruire carriere professionali o politiche. Queste parole di Piero Calamandrei sembrano scritte per l’avv. Nichi Muciaccia: “Molte altre professioni possono farsi col cervello e non col cuore, ma l’avvocato no. L’avvocato non può essere un puro logico, né un ironico scettico. L’avvocato deve essere, prima di tutto, un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé e assumere su di sé i loro dolori, e sentire come sue le loro ambasce. E insieme bisogna che sia un ottimista, che creda nella giustizia degli uomini, e insieme nella forza della ragione, capace di farsi intendere agli uomini che devono giudicare. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione, di carità. Nel suo cuore, l’avvocato (come il giudice) deve metter da parte i suoi dolori, per far entrare i dolori degli altri…. L’avvocatura non è una professione facile; può essere un mestiere, può essere un apostolato. Può essere un tormento ma può essere una felicità. Vita faticosa, vita combattuta: ma se uno si convince che l’unico conforto della vita così breve è quello di prodigarsi per gli altri, allora l’avvocatura è una professione invidiabile e felice”. Grazie Nichi per l’umanità che ci hai donato, per le infinite risate che ci ha regalato. ROBERTO SAVINO

Maria Pia Castellaneta

Né bianco né nero EDIZIONI GIUSEPPE LATERZA

virtù di ragioni etiche e sociologiche legate alla evoluzione della società, delle abitudini e dei costumi di vita. Oggi è forte il fermento della opinione pubblica e del legislatore in ordine alla regolamentazione delle formazioni sociali basate sull’istituto del matrimonio ovvero su situazioni di fatto dalle quali derivano inevitabilmente diritti e doveri oltre che applicazioni pratiche che, purtroppo, in mancanza di una legislazione in materia, risultano confuse e farraginose. Da un lato si pone la teorizzazione della convivenza e della famiglia nelle forme più ampie e libertarie. Dall’altra, stante la forte istanza cattolica, si tende a preservare concezioni più chiuse e più prettamente tradizionali. Ogni legislatura, quindi, presenta una vasta varietà di proposte di legge volte al riconoscimento di diritti e doveri anche a quelle unioni non fondate sul matrimonio, ma caratterizzate da una convivenza di fatto stabile e durevole nel tempo. La spinta a tali proposte di legge non è data solo dall’evolversi e dal diffondersi di tali unioni al di fuori del matrimonio, ma anche dalla comparazione con le realtà estere - soprattutto europee - oltre che dalla produzione decisionale degli organi di giustizia europei che invitano e spingono, in maniera sempre più persuasiva, al riconoscimento di diritti e doveri a tutte le unioni, anche tra persone dello stesso sesso. Ovviamente, nell’ambito di tali riconoscimenti sono incluse tutele più prettamente patrimoniali legate alle imputazioni di responsabilità extracontrattuale derivanti proprio dalla natura del legame posto alla base. La trattazione del collega Remigio Antonicelli non ha l’ambizione di coprire l’intera evoluzione e l’integrale quadro normativo della materia, ma offre una interessante analisi dottrinale delle interazioni tra gli istituti della convivenza more uxorio, della famiglia e del risarcimento del danno seguendo un tratto più pragmatico che ha come punto di partenza l’elaborazione e l’interpretazione delle decisioni in virtù della applicazione dei principi e delle norme al caso concreto. Ciò anche al fine di offrire al lettore un quadro

Maria Pia Castellaneta nasce a Bitonto nel 1958. Segue le orme del padre (magistrato, prematuramente scomparso) e si laurea giovanissima in giurisprudenza. Veste, però, la toga di avvocato perché affascinata dal carisma dell'avv. Michele Spinelli fu Mario, insigne civilista e suo maestro per dieci anni. Nel 1990 inizia l'attività dello studio legale che condivide con il marito, suo compagno di vita e di lavoro, e nasce il loro figlio. Da tempo si dedica alla scrittura e questo è il suo primo romanzo pubblicato. Negli 'anni di piombo' anche le identità, i sentimenti, i gusti devono avere un colore deciso. Né bianco né nero racconta la storia di chi, sentendosi diverso, non si riconosce in coloro che si conformano al modo di pensare imperante e neppure in quelli che se ne discostano.

paginasette

chiaro del percorso che la legislazione va prendendo, scontrandosi spesso con l’etica e la storia. di

GIANFRANCO TERZO

Annalaura Giannelli (brindisina di nascita, ma salentina di adozione, risiede ed esercita nel capoluogo) esordisce col romanzo di genere intitolato “Di terra e d’anima”, Adda Editore (distribuito da Feltrinelli). Il romanzo, ambientato in terra di Salento , affronta il tema di una emancipazione femminile, quella di Ginefra Terrisi, giovane pittrice in crisi d’identità che –lasciato il marito, rampante avvocato in ascesa professionale – a Napoli fa rientro in Puglia, nella grande casa natia vicina al mare, in cui aveva vissuto prima sua nonna, Adele, e poi sua madre, Diletta. Qui, una serie di incredibili rivelazioni legate ad un uomo misterioso non più giovanissimo ed al ritrovamento di una lettera nel doppio fondo di un cassetto, porteranno la protagonista a fare i conti con l’inestricabile e complessa rete di sentimenti, relazioni, parole perdute…. L’opera offre, inoltre, una analisi di quella che era la condizione delle donne, ed in particolare di quelle del Mezzogiorno d’Italia, nel secolo scorso. Filo rosso del romanzo, l’amore per la Terra d’origine, il Salento, “raccontato con pennellate di mirabile bellezza e squisita sensibilità. Un libro di genere, uno squarcio di vita vissuta, una analisi puntuale attraverso il racconto di quella che era lo status delle donne nel secolo scorso,, ma anche una storia attuale, quella di Ginefra, una donna risoluta e volitiva dei nostri tempi” (dall’invito alla lettura che accompagna l’opera a cura della giornalista Antonella Daloiso).


Anno XXXIX - N. 4 - Novembre 2013

Il passo indietro di Giulio Nevi per la guida di Cassa Forense

Nunzio Luciano e Lucia Taormina in corsa per la presidenza Innovativo il mezzo di comunicazione prescelto da ANF: confronto a due sulla webtv

a notizia è dell’ultima ora. Giulio Nevi, L già componente uscente del consiglio di amministrazione di Cassa Forense, si è

ritirato dalla corsa per la Presidenza. Il gruppo al quale faceva riferimento, però, non si è ritirato e ha indicato come candidato la Collega Lucia Taormina. L’altro competitor è l’Avv. Nunzio Luciano, anch’egli facente parte del CdA del nostro ente di previdenza. La notizia del ritiro e della nuova candidatura è giunta qualche giorno prima del prefissato incontro dei due candidati dinanzi alle telecamere di ANF.TV (www.anftv.it), la televisione web dell’Associazione Nazionale Forense, nata nel 2012 a servizio dell’Avvocatura e che raccoglie in video notizie, convegni e attività che interessano la nostra professione. La registrazione del confronto è avvenuta giovedì 14 novembre e i Colleghi Luciano e Taormina hanno risposto alle domande di Ester Perifano, segretario generale di ANF-Associazione Nazionale Forense. I candidati hanno espresso e contrap-

posto le rispettive idee e prospettive, fornendo - questo è l’auspicio - alle decine di migliaia di colleghi e agli addetti ai lavori un metro di valutazione sulle diverse politiche, previdenziali e assistenziali, che ognuno di loro intende portare avanti una volta eletto. Sicuramente innovativo è il mezzo comunicativo prescelto dall’Associazione Nazionale Forense: la webtv, sostiene Ester Perifano, rappresenta “un modo di comunicare più leggero e fruibile per far capire ai cittadini di cosa si occupano gli Avvocati e quali sono i loro effettivi problemi”. Nuove forme di comunicazione in una realtà che muta velocemente per mettere a fuoco e approfondire le questioni che riguardano le professioni, e quella dell’Avvocatura in particolare, e il settore giustizia del nostro paese. di

LEONARDO CICIOLLA

CONTINUAZIONI DELLA PRIMA PAGINA

È l’ora delle responsabilità: quisque faber fortunae suae Dei 56mila Colleghi, 17mila sono di età inferiore ai trentacinque anni, 39mila sono ultra trentacinquenni. Il regolamento in discussione prevede oggi agevolazioni solo per coloro che hanno meno di trentacinque anni, nulla per gli altri. Inoltre, c'è da chiedersi se un trentaseienne possa mai raggiungere in futuro tutti i requisiti previsti dalla legge per la pensione e se di essa ne potrà mai godere. Ma tra i Colleghi iscritti all'albo, non dimentichiamolo, vi sono anche coloro che sono iscritti alla cassa di previdenza e che oggi (e sono quasi 30mila rispetto ai 170mila totali) non sono in grado di far fronte al versamento dei contributi obbligatori e di quelli risultanti dal Modello 5. Sullo sfondo, per tutti, la crisi economica che ha inciso sui redditi degli avvocati, la questione della sostenibilità delle entrate e delle uscite di Cassa Forense, l'adozione di un regolamento sull'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, di cui il Ministero di Giustizia non fa cenno, e il termine di due anni e di un anno dall'entrata in vigore della L. 247/12, rispettivamente, per la regolamentazione di tutti gli aspetti dell'Avvocato del futuro ex L. 247/12. È giunto il momento che tutti prendano coscienza di quanto sta accadendo. Le scelte saranno dolorose e non tutti potranno essere accontentati. Chi merita oggi maggiore tutela? Solo i più giovani che si trovano iscritti alla cassa per disposizione di legge o anche gli ultra trentacinquenni? E coloro che da subito hanno volontariamente deciso di investire sul proprio futuro previdenziale sono degni di una maggiore o minore tutela rispetto a chi invece, per scelta o per difficoltà o per furbizia, ha ignorato l'importanza di un futuro previdenziale? A tutte queste domande non si può semplicisticamente rispondere che la soluzione risiede nel sistema contributivo puro perché chi oggi vorrebbe pagare contributi proporzionati al reddito domani prenderà una pensione minima della quale non si potrà dolere. E oggi, per di più, non godrebbe dell'assistenza che il sistema retributivo misto, a differenza del contributivo, assicura. La responsabilità delle scelte per l'una o per l'altra soluzione è grande, sia per chi le dovrà adottare sia per chi le dovrà subire. Ed è cosa certa che col passar del tempo sempre più numerosi sono i Colleghi che si mostrano avidi di informazioni e timorosi delle conseguenze delle decisioni che saranno chiamati a prendere. Ma, su quest'ultimo punto, vorrei spendere qualche parola perché la domanda dell'Avvocato che si rivolge a noi non riguarda solo l'aspetto previdenziale ma soprattutto il tipo di professione che potrà e/o dovrà svolgere per far fronte anche ai contributi previdenziali. Di quale professione parliamo? La nuova legge sull'ordinamento forense, dicevano i suoi sostenitori, avrebbe dovuto garantire competitività sul mercato, maggiori opportunità, specializzazioni, formazione e aggiornamento, attività di consulenza esclusiva. Ma di tutto questo ad oggi abbiamo visto unicamente regolamenti sullo sportello del cittadino, sull'osservatorio della giurisdizione, sulle associazioni specialistiche, che non rappresentano minimamente quel faro nella notte che il Collega spera di intravedere per poter decidere se continuare o meno ad esercitare, con quali certezze e prospettive, anche rispetto al suo destino previdenziale e all'ago-

paginaotto

gnata (ma, oggi, al tempo stesso, maledetta) pensione. L'auspicio è che il nuovo comitato dei delegati di Cassa Forense avverta il peso e l'importanza delle decisione che dovrà adottare. Necessità più grande dell'auspicio è che ogni singolo Avvocato si renda conto che deve essere artefice del proprio destino.

Un contributo di solidarietà a carico delle pensioni d’oro È evidente che questo modo rigido e strumentale di interpretare la convenzione da parte di Equitalia rappresenta prima di tutto un danno per Cassa Forense, oltre che per il professionista che si trova in un momento di difficoltà. Bisogna voltare pagina, senza scadere in una demagogia sterile e populista. Bisogna assumere iniziative a tutela dei più bisognosi, soprattutto in vista dell’arrivo alla cassa dell’esercito dei 56.000 iscritti agli ordini, ma privi di copertura previdenziale. Per tradurre in concreto quel patto intergenerazionale, tanto decantato dalle passate governance (ogni riferimento a Maurizio De Tilla non è puramente casuale), si potrebbe introdurre anche per cassa forense un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte ed erogate in modo molto generoso. In particolare mi riferisco a quelle pensioni calcolate in base alla media dei migliori ultimi anni di vita professionale, a differenza di quelle di noi comuni mortali per i quali il calcolo sarà operato sull'intera durata della vita professionale.

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Iscritto al n. 379 del Registro dei giornali e periodici del Tribunale di Bari giusto Decreto Presidenziale del 16 agosto 1969 Sindacato Avvocati: tel./fax 080 5798198 www.sindacatoavvocatibari.it info@sindacatoavvocatibari.it avv.maione@tiscali.it Realizzato presso: LEVANTE EDITORI srl - Via Napoli 35 - BARI


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