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I PRESIDENTI

I cinquant’anni che oggi siamo qui a ricordare sono stati anni importanti per il nostro Paese, che mezzo secolo fa usciva da una brutta guerra. Il compito che allora gli italiani avevano di fronte era quello della ricostruzione. Una ricostruzione tanto materiale quanto morale. Anche i costruttori edili si sono sentiti impegnati a questo duplice compito. Il risultato è che la categoria non solo ha operato nel Paese, ma con il Paese. E assieme all’intera nazione abbiamo vissuto momenti positivi e difficoltà, abbiamo fatto i conti con le soddisfazioni ma anche con i momenti di profondo travaglio quali sono gli anni che stiamo vivendo. Ne usciremo così come ne uscirà il Paese. Sapremo porre rimedio a situazioni politiche o economiche che sono frutto di errori o di scelte sbagliate. Dobbiamo riprendere il nostro cammino con la serietà, la competenza, la professionalità e l’umiltà che da sempre ci hanno contraddistinto. Come cinquant’anni fa, anche oggi il nostro lavoro è essenziale per la ricostruzione del Paese. Che sia uno dei momenti più difficili della nostra storia recente è fuori di dubbio. E non penso solo alle difficoltà del settore edile, ma a quelle che stanno segnando la vita dell’intera nazione. Viviamo un travaglio che dura ormai da anni e che investe tutti i gangli vitali del Paese: dall’impasse fatta registrare dalla vita politico istituzionale fino all’emergenza nel campo della giustizia, dalle difficoltà dello Stato in tema di servizi al cittadino e all’impresa per arrivare fino alla grave inadeguatezza del sistema fiscale. Insomma: il nostro Paese si trova all’interno di un tunnel del quale si fatica a vedere l’uscita. In questo quadro preoccupante però bisogna riconoscere che la nostra economia tutto sommato ha tenuto, anche per effetto della svalutazione che nei mesi scorsi la Lira aveva fatto segnare sui mercati internazionali e alla conseguente ripresa delle esportazioni. È un fenomeno del quale si è avvantaggiata in primo luogo la produzione industriale, ma che ha avuto ricadute positive anche sul nostro settore. Buono anche l’influsso della legge Tremonti, che con un efficace sistema di defiscalizzazione ha favorito una significativa ripresa del settore dell’edilizia destinata all’industria. Al di là di alcune particolari congiunture favorevoli, però, l’edilizia deve ancora fare i conti con gravi difficoltà strutturali: le grandi opere pubbliche sono al palo e lo stesso settore immobiliare privato sta attraversando una lunga pausa di riflessione. Ed è comprensibile: il mattone è un bene alla luce del sole, facilmente assoggettabile a pesanti gravami fiscali. Abbiamo bisogno di norme chiare e univoche sull’assegnazione di commesse pubbliche, per tornare a operare in un mercato in cui le aziende si confrontino sulla base delle loro effettive capacità. E cioè anche sulla capacità di organizzarsi secondo criteri moderni ed efficienti. Un tema che ho sempre ritenuto centrale è quello della qualità. Non parlo della qualità del prodotto finito, ma della qualità del processo. Cioè della necessità di organizzare l’intera giornata lavorativa – da quando entriamo in cantiere fino a quando spegniamo le luci dell’ufficio – secondo una mentalità nuova e rigorosi criteri di ottimizzazione. È una rivoluzione a cui presto saremo costretti anche da specifiche disposizioni di legge sulla certificazione della qualità. Su questi temi si farà nei prossimi anni la selezione di mercato, e noi del Collegio abbiamo già attivato una serie di contatti concreti per sensibilizzare le nostre aziende e aiutarle a compiere il salto di qualità.

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