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I PRESIDENTI

Ci sono aree che oggi assumono importanza strategica per la categoria e nelle quali dobbiamo introdurre una forte spinta innovativa e propositiva e se del caso provvedere a ridefinire la nostra linea politica ed a meglio finalizzare l’impiego degli strumenti operativi e delle risorse umane di cui disponiamo. Mi riferisco all’area della politica industriale, all’area dell’immagine ed a quello dello sviluppo associativo. Sono tre temi su ciascuno dei quali sempre più frequentemente mi sono trovato a riflettere sia come imprenditore sia come responsabile di cariche associative pervenendo ad alcune convinzioni che oggi vi sottopongo perché è su di esse che intendo impostare il mio mandato. Allorché si fa riferimento al settore delle costruzioni non si usa generalmente parlare di politica industriale alla stregua di quanto avviene per l’industria manufatturiera. È diffusa la sensazione, talvolta percepibile anche fra di noi, che l’imprenditoria edile operi in un contesto economico atipico, dotato di autonome regole di crescita e sopravvivenza e che non abbia le stesse esigenze degli altri settori industriali. Ebbene: è giunto il momento di riprendere pieno possesso del nostro titolo di genuini imprenditori e di rivendicare condizioni finanziarie, normative e di mercato che ci consentano di esprimere liberamente tutte le nostre capacità produttive e di contributo al benessere sociale. Quando queste condizioni esistono, abbiamo sempre puntualmente dimostrato di essere all’altezza del nostro ruolo sociale ed industriale: la ricostruzione del Paese e le primissime posizioni acquisite a livello internazionale ne sono una testimonianza indiscutibile. Negli ultimi anni la quota di mercato acquisita dalle imprese edili private è venuta via via riducendosi per le ragioni che tutti conosciamo: caduta degli stanziamenti pubblici; inaridimento del flusso di capitale privato nell’edilizia; crisi degli investimenti all’estero; ingresso nel settore di nuovi e aggressivi operatori quali le imprese a partecipazione statale, le cooperative, gruppi imprenditorialifinanziari privati, e così via. Allargamento del mercato ed acquisizione di quote maggiori di esso al settore delle imprese private rappresentano, quindi, i primi obiettivi strategici dell’Ance perché essi costituiscono il presupposto base per lo sviluppo delle nostre imprese. Subito dopo, dovremo farci carico di iniziative e proposte verso il mondo politico per indicare le condizioni economiche, giuridiche, e tecniche per un libero accesso al mercato a tutte le imprese che ne abbiano le necessarie capacità. Perseguire questi due obiettivi: allargamento del mercato e libero accesso ad esso significa fare politica industriale per il settore delle costruzioni. Essa presuppone in primo luogo un minimo di continuità negli stanziamenti pubblici, una ragionevole dimensione degli investimenti e prezzi ragionevoli. Queste tre condizioni sono o generalmente assenti o casualmente presenti nella gestione della committenza pubblica. Noi dovremo far sì che proprio una più mirata politica della committenza pubblica diventi essa stessa un importante strumenti di politica industriale per il nostro settore. Dovremo invocare una coerenza della normativa di base che consenta ai meccanismi di finanziamento degli investimenti di funzionare in maniera più efficace, in modo da ottenere una loro pronta traduzione in cantieri. Troppe sono le leggi in contraddizione fra loro, troppe le amministrazioni competenti per la stessa materia, troppo lunghi i tempi fra stanziamenti di fondi e affidamento dei lavori. Sono questi alcuni dei vincoli storici al nostro settore che per il futuro dovranno formare oggetto non di rassegnata denunzia, ma di audace iniziativa.

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