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PILLOLE DI STORIA IL PRIMO DECENNALE DEL COLLEGIO COSTRUTTORI DI BRESCIA

Nei costruttori bresciani lo spirito associativo è sempre stato molto vivo e profondamente radicato. Già prima della Grande Guerra il vecchio Collegio dei Capimastri bresciani aveva una sua organizzazione e una sede di proprietà in via Marsala. Dopo il primo conflitto mondiale, dalla organizzazione industriale unitaria, il Collegio, data la struttura corporativa introdotta dal regime e il particolare ordinamento sindacale correlativo (esclusivo della rappresentanza), fu trasformato in un semplice sindacato dipendente. Così fino alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale quando, essendo scomparso l’ordinamento sindacale-corporativo, le organizzazioni si ricostituirono su nuove basi. Nel 1945, analogamente a quanto avveniva nelle province circonvicine, rinacque anche il Collegio dei Capimastri e Costruttori edili bresciani, testimoniando uno spirito associativo mai sopito, intraprendenza e iniziativa proprie della categoria. Enrico Ardesi, Giacinto Donati, Giovanni Gaffurini, Alberto Marchesi, Roberto Minelli, Francesco Paroletti, Emilio Pisa, Arturo Ragni, Severino Stabiumi, Giuseppe Togni e Giovanni Zani, componenti del Consiglio provvisorio attorno al quale si era aggregato il Collegio, raccolsero in quel periodo le adesioni di gran parte delle imprese bresciane allora operanti.

Formalmente il Collegio iniziò la sua storia con la prima assemblea, il 1° agosto 1945, nel corso della quale venne nominato il Consiglio direttivo che presiedette alla prima organizzazione, con l’ingegnere Giovanni Zani alla presidenza, il signor Enrico Ardesi alla vicepresidenza e il signor Francesco Paroletti nel ruolo di cassiere. Alcuni consiglieri garantirono i fondi per la presa in

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RELAZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL COLLEGIO PRESENTATA NEGLI ANNI POST-CONFLITTO (1955)

Alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, nella primavera del 1945, l’industria edile bresciana, così come quella italiana, si trovava in uno stato di disagio particolarissimo: dopo una stasi quasi assoluta di lavoro, con le sue attrezzature requisite o invecchiate, con la sua vecchia maestranza dispersa in mille rivoli e non ancora formata ed istruita la giovane manodopera che avrebbe dovuto costruire i nuovi quadri, l’industria edile si trovava dinanzi a programmi di lavoro enormi.Ricostruire il distrutto: case, strade, ponti, ferrovie, stabilimenti; costruire oltre il distrutto quello che non si era potuto fare negli anni della guerra; basti pensare che le necessità italiane in fatto di locali di abitazione dovute solamente all’incremento della popolazione erano di circa 400mila vani all’anno e già prima della guerra vi era un deficit di oltre un milione di vani per poter raggiungere, dal lato igienico, una appena sufficiente proporzione fra numero di abitanti e locali di abitazione. Si capisce quindi quale programma organizzativo immane l’industria edile era chiamata ad affrontare.

affitto di due localini in via Ferramola 4, dove vennero gettate le prime basi dello sviluppo successivo condotto con lenta ma tenace opera. La sede fu successivamente trasferita in via Cairoli 18 e poi in via del Mille 18.

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Il 26 marzo 1955, in occasione dell’assemblea annuale che celebrava il decennale del Collegio dei Costruttori edili di Brescia e provincia, fu inaugurata la nuova sede di proprietà in via dei Mille. Contemporaneamente, la Cape apriva le porte della propria sede adiacente a quella del Collegio.

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Uno dei problemi più gravi che si è imposto alla categoria subito dopo l’ultima guerra è stato quello della manodopera qualificata e specializzata. Per questo motivo il Collegio dei Costruttori aveva costituito nella provincia di Brescia ben quattordici scuole domenicali per muratori.

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Per le imprese edili sono seguiti anni positivi fino ai primi anni Sessanta. Il Collegio si è radicato sempre di più nel tessuto provinciale, divenendo elemento per iniziative e intese. Si registrava in Italia un vero boom edilizio, favorito da una rapidissima industrializzazione che ha visto Brescia ai primi posti a livello nazionale.

Nel 1964 e 1965 il settore è stato però investito da una profonda crisi, che ha ridimensionato circa il 20% della forza lavoro. Esaurita l’emergenza della ricostruzione, si sono affermate nuove norme legislative più complesse e vincolanti. Il Collegio ha saputo adeguarsi al mutare dei tempi e delle condizioni, individuando la necessità di una funziona maggiormente propositiva per favorire il superamento della crisi, e di una più marcata organizzazione per meglio far fronte a una attività normativa pubblica a tratti frenetica e di problematica applicazione.

VENT’ANNI DI SPIRITO ASSOCIATIVO

Il 30 aprile 1966 si è celebrato il ventennale del Collegio dei costruttori edili. L’ingegner Roberto Paterlini, alla guida dell’Associazione, dopo aver ricordato alcuni aspetti salienti della vita collegiale, ha consegnato medaglie ricordo ai due presidenti che si sono alternati alla guida dei costruttori nei primi vent’anni di attività: l’ingegner Giovanni Zani e l’ingegner Emilio Pisa.

Nel suo discorso, l’ingegner Paterlini (in piedi nella fotografia) ha ricordato un quadro economicosociale tutt’altro che roseo.

Richiamando l’attenzione sulla crisi edilizia, generata dall’improvvisa cessazione degli investimenti nel settore e dal forte calo dei lavori, l’assemblea generale dell’aprile 1966 ha indicato alcune urgenze da risolvere, utili a spingere la ripresa, purché intonate al rispetto delle leggi del libero mercato.