Fruzons di Plume (50) settembre 2023

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Numero 50 - Settembre 2023

I Campi Scuola: una guida per il loro domani

Nus bâstin li’ mâns
Giornale periodico a distribuzione gratuita Gruppo Alpini di San Giorgio di Nogaro - Sezione di Palmanova

NUS BÂSTIN LI’ MÂNS

Numero 50 Settembre 2023

Giornale del Gruppo Alpini di San Giorgio di Nogaro

AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI UDINE NUMERO 2/18 del 30-01-2018

DIRETTORE RESPONSABILE Davide De Piante

REDAZIONE

Davide De Piante, Valentino Loi, Giovanni Sguassero, Anastasia Stella

IN QUESTO NUMERO h ANNO COLLABORATO

Luisella Bonetto, Maria Bonutti, Classi 5e, Gianni Falcomer, Maria Fanin, Franco Moni, Giovanni Pittis, Progettoautismo FVG, Martina Tavian, Marco Zanon

C APOGRUPPO

Davide De Piante

V ICE C APOGRUPPO

Valentino Loi

C ONSIGLIERI

Giancarlo Bidoggia, Piergiorgio Bramuzzo, Francesco Cargnelutti, Augusto Cazzola, Samuele Del Bianco, Lino Marchi, Michele Martin, Franco Moni, Giovanni Pittis, Lucio Taverna, Luciano Tavian

C ONSIGLIERI ESTERNI

Francesco Mastroianni, Mentore Valandro

GRAFICA

Gruppo A.N.A. San Giorgio di Nogaro

STAMPA

Rosso cooperativa sociale Gemona del Friuli (UD)

Numero copie stampate 400

Copyright © 2023

Gruppo A.N.A. San Giorgio di Nogaro

Campo Scuola “Anch’io sono la Protezione Civile” di San Pietro al Natisone. La sfilata di domenica 3 settembre

2 n. 50 - Settembre 2023 3 Il Capogruppo 4 La Penna sotto l’Albero ProgettoautismoFVG 5 Il mondo più pulito Classi5e 6 Un gemellaggio storico GianniFalcomer 10 Gli studenti vanno in trincea MariaBonutti 11 Il Campo Scuola ANA... da Paluzza DavideDePiante 12 Anch’io sono la Protezione Civile DavideDePiante 14 Una gita per ricordare MartinaTavian 16 Da Solferino a Dunant LuisellaBonetto 17 Immagini a confronto MarcoZanon 18 Amico chiama, naja risponde GiovanniPittis 20 Alla ricerca di ... Ass.ne Famiglia di Famiglie MariaFanin 22 Notizie brevi LaRedazione 23 Il cjanton da puisie MariaFanin 23 Il cjanton da rizete FrancoMoni
Distribuito
gratuitamente ai soci

Il Capogruppo

Cari Soci e Lettori, esattamente un anno fa, dopo l’esperienza nel campo scuola, sul nostro Fruzons di Plume, esprimevo delle considerazioni sui giovani.

Quest’anno ho fatto due campi scuola e seguìto, a distanza, il cantiere in trincea; desidero quindi sviluppare meglio quanto l’ANA, la nostra Sezione di Palmanova ed il nostro Gruppo fanno per le future generazioni. La domanda che mi sono posto è… cosa stiamo seminando?

Ci ho pensato (e ci penso ancora) e d’istinto mi verrebbe da dire “tanta roba” Cambia lo scenario, differente è il contesto, diverse sono le fasce d’età.

• Ci sono iragazzipiùpiccolidai10ai15anni (Campo Scuola PC di San Pietro) con i quali devi giocare e, tra una risata e l’altra devi trasmettere le regole, i valori ed iniziare una semina, qualcosa si raccoglie subito e poi, si spera, che qualcuno coltivi e ne tragga i frutti. Sono come spugne che assorbono tutto.

• Arrivano quindi i giovani dai 16 ai 17 anni (In Trincea con gli Alpini) che, aderendo al progetto di lavoro in trincea (zona Redipuglia), iniziano a conoscere la fatica (lo scavo in trincea) e la storia appresa camminando sui luoghi in cui fu combattuta e non nei banchi di scuola. Si stabiliscono le regole per lavorare in sicurezza e per rispettare gli altri; il dialogo e la collaborazione sono costruttivi.

• E per concludere, ci sono i ragazzi dai 16 ai 25 anni (Campo Scuola ANA di Paluzza) dove si semina e si raccoglie subito; si fondano le basi per formare il carattere e l’adulto del domani. Qui il “gioco” dei ruoli è l’elemento cardine; si può parlare e ragionare; si possono concretizzare idee e progetti; si PU ò e si DEVE esigere perché il campo impone delle precise regole.

Per organizzarci e distribuire i diversi impegni, ad inizio anno, ai miei soci ho parlato con vigorìa ed entusiasmo delle tre iniziative; ben 12 iscritti sono stati impegnati in questi scenari (e si parla di turni minimo di un giorno e massimo di due settimane!).

Questo è un importante segnale di quanto sia contagioso l’entusiasmo per i Campi Scuola.

E dal campo di San Pietro abbiamo avuto un’ulteriore conferma.

I valori degli alpini sono stati fatti propri dai tutors che ora rappresentano una grossa risorsa per l’ANA. Così, nuove amicizie si sono formate, e nuovi soci (per ora “aggregati”, un domani si vedrà) si affacciano ai Gruppi.

... i Gruppi Alpini ringraziano e prendono energia!

3 n. 50 - Settembre 2023

La Penna sotto l’Albero per il Progetto Autismo FVG

In arrivo il panettone e pandoro con il sapore di... generosità!

ne utilizzato in maniera efficiente ma hanno bisogno del nostro aiuto per rendere ancora più accessibile e versatile l’area del gruppo appartamenti, che verrà impiegata non solo per i weekend indipendenza ma anche per la riabilitazione dei più piccoli. Servono dei mobili su misura, alcuni letti a scomparsa per permettere di utilizzare completamente lo spazio senza pericoli per i più piccoli.

È proprio questo l’obiettivo de “La Penna sotto l’Albero” 2023: i panettoni e i pandoriinseriti all’interno di una borsa sulla quale sono stampati i disegni dei ragazzi della Fondazione - saranno proposti con offerta minima di 12€ e si potranno ritirare da lunedì 23 ottobre 2023.

Oltre venti laboratori abilitativi, l’arte, la musica, il teatro,ilcirco,losport,glistagelavorativiinesterna:ecco la ricetta della Fondazione Progettoautismo Fvg per infrangere la bolla dell’isolamento sociale di bambini e ragazzi con autismo.

Progettoautismo Fvg nasce nel 2006, inizialmente come associazione, grazie all’impegno di un gruppo di genitori di bambini e ragazzi autistici per offrirsi reciprocamente sostegno nel difficile compito di educare e crescere questi ragazzi. Partita come realtà di autoaiuto, poco per volta è diventata un punto di riferimento per chi affronta quotidianamente le problematiche dell’autismo nel territorio del Friuli Venezia Giulia.

Nel 2016 viene aperto il centro diurno Home Special

Home - una grande casa per l’autismo di 2700 mq, oltre a 5000 mq di scoperto - che si prefigge di divenire riferimento di progetti di vita per le persone con autismo, consentendo loro di essere parte integrante della società e di vivere una vita piena e soddisfacente.

Attualmente la Fondazione supporta 92 famiglie dell’Autismo in Friuli Venezia Giulia, con l’ausilio di 50 volontari, 40 collaboratori fra psicologi, educatori professionali, logopedisti e medici.

Progettoautismo Fvg è stata inoltre riconosciuta nel 2022 dal Ministero per la Disabilità tra le migliori buone pratiche nel report finale della consultazione “Verso una piena inclusione delle persone con disabilità sul territorio italiano”.

Ogni luogo della grande sede della Fondazione vie-

Non perdete l’originale panettone e pandoro de “La Penna sotto l’Albero”, prenotatelo subito compilando il modulo allegato a questa pubblicazione o quello disponibile su https://www.anasangiorgiodinogaro.it/lapennasottolalbero2023

La missione di Progettoautismo Fvg è rivoluzionaria ma non utopistica: far scoppiare la bolla dell’isolamento sociale per offrire a chiunque ne abbia bisogno gli strumenti per vivere un’esistenza piena e felice. TUTTI INSIEME #SCOPPIAMOLABOLLA!

4 n. 50 - Settembre 2023
AdunataAlpini di Udine - visita del Comandante delleTruppeAlpine e del Comandante dell’8° RgtAlpini di Venzone di Progettoautismo FVG

Il mondo più pulito...

Una giornata scolastica diversa

Gli alunni e le maestre delle classi Quinte di S. Giorgio di Nogaro

Abbiamo riempito sacchi di carta, di plastica e di vetro: sembrava di non arrivare mai alla fine del lavoro. Eppure eravamo in tanti!

A quel punto il parco con i suoi sentieri e i viali alberati avevano mutato aspetto.

Oggi più di sempre ci siamo resi conto che il mondo che ci circonda va curato e non bisogna deturparlo in tutti i modi possibili.

Oggi, 29 settembre 2023, per le nostre classi quinte è stata una giornata diversa.

Grazie all’iniziativa di Legambiente, in collaborazione con la Protezione Civile e gli Alpini, abbiamo lasciato le aule scolastiche per recarci in alcuni luoghi del nostro paese (parco e viali alberati) per “PULIRE IL MONDO”

Con questa espressione intendiamo dire un lavoro condiviso volto a eliminare tutti i rifiuti abbandonati e ricreare di nuovo la bellezza del nostro territorio.

Ci siamo recati lì muniti di guanti, pinze, sacchi e abbiamo fatto pulizia.

Nessuno può immaginare la quantità di rifiuti raccolti!

Già c’è un inquinamento che al momento non è possibile eliminare del tutto in quanto connesso alle esigenze del nostro sistema di vita attuale.

Possiamo invece non produrlo per incuria, pigrizia, sciatteria.

Dipende solo da noi, da tutti indistintamente, la possibilità di conservare la bellezza e la ricchezza della natura e di tutti contesti di vita che ci circondano.

5 n. 50 - Settembre 2023

Un gemellaggio... storico

La visita a Marano per approfondire il territorio della bassa

Risale a qualche tempo fa (era il 2019) l’amicizia tra i Gruppi dell’Associazione Nazionale Alpini di San Giorgio di Nogaro e di Treppo-Ligosullo, diventato Comune unico dopo la fusione degli originari Comuni di Treppo Carnico e Ligosullo.

Dai monti alla pianura, un centinaio di chilometri li separa, ma la forza della coesione, della collaborazione e, non di meno, quella dell’amicizia reciproca, hanno fatto sì che questi Gruppi siano più vicini di quello che sembra, nel pieno rispetto delle norme statutarie che, tra l’altro, stabiliscono di “tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difendernelecaratteristiche,illustrarneleglorieelegesta; rafforzare tra gli alpini i vincoli di fratellanza, solidarietà e disponibilitàperaiutare,nellimitedelpossibile,chicichiede aiuto” e di “rafforzare tra gliAlpini di qualsiasi grado e condizioneivincolidifratellanzanatidall’adempimentodel comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza,gliinteressiel’assistenza”

sizione geografica e strategica dal punto di vista militare. Si può desumere che dal nome del Comandante romano sia derivato il nome del paese, declinato in Marianum e, successivamente, in Marano.

Di questo fatto viene data da lungo tempo testimonianza con l’intitolazione di piazza Marii (di Mario), situata nel centro storico e prospiciente alla Torre, un tempo addobbata con un’elegante fontana, dismessa sul finire degli anni ’50 e formata da un pozzo monumentale e dai pennoni sui quali si innalzano gli stendardi della Comunità in occasione delle maggiori festività.

La giornata di sabato 16 settembre 2023 è iniziata con il ritrovo del Partecipanti presso la Sede Ana di San Giorgio di Nogaro, dove si è svolta la cerimonia dell’Alzabandiera, sulle note dell’Inno Nazionale, gli Alpini e le Autorità presenti hanno reso il rispettoso omaggio al Tricolore. Erano presenti il Sindaco di San Giorgio Pietro Del Frate, accompagnato dal Vicesindaco Daniele Salvador, l’Assessore del Comune di Treppo-Ligosullo Simone Delli Zotti. Gli Alpini, una quarantina, erano rappresentati dai rispettivi Capigruppo Davide De Piante e Sandro Craighero. Dopo la cerimonia, un brindisi di benvenuto agli ospiti e la partenza per Marano Lagunare.

Marano, il più importante centro peschereccio della nostra Regione, è una cittadina di circa 1.800 abitanti, baluardo dapprima del Patriarcato di Aquileia e poi per molti secoli soggetta a Venezia, di cultura e parlata dialettale veneta, situata ai lembi dell’omonima laguna, le cui origini risalgono alla fondazione di Aquileia nel 181 a.C. e dove un drappello militare capitanato da Marius si è stabilito per la po-

La visita di Marano ha avuto inizio dal porto turistico dell’isola Dossat che ospita più di 500 posti barca ed è dotato di una darsena banchinata, composta quasi interamente da attracchi galleggianti con i relativi servizi; la marina dispone anche di un pontile attrezzato per disabili.

Attraversata la passerella pedonale che collega il Dossat al centro abitato, si è proseguito con la visita al Museo della Laguna dov’è conservato il ricco patrimonio di testimonianze storico-archeologiche della cittadina lagunare e del territorio circostante. Offre al pubblico circa cinquecento reperti, esposti secondo un itinerario cronologico e tematico e in un’ambientazione appositamente studiata. Nel Museo Archeologico della Laguna di Marano, istituito nel 2007, si può compiere un viaggio alla scoperta della storia

6 n. 50 - Settembre 2023

plurimillenaria della più antica laguna della Regione. Oltre cinquecento reperti di varie epoche provenienti dal centro storico della cittadina, dal territorio costiero, dai siti sommersi e dalle isole della laguna, dai fondali marini a essa antistanti. La collezione, fruibile anche grazie alla presenza di supporti multimediali, testimonia l’importanza economica e strategica di un’area naturalmente portata, per la sua posizione “sospesa” tra mare e terra, al ruolo di crocevia di uomini e merci. Le collezioni spaziano da utensili e oggetti di uso comune, ad anfore per il commercio, fino ad armi tra cui una spada con tanto di fodero di mille anni fa e restituita dal mare e pipe in terracotta. Le mappe redatte nel XVI secolo tramandano l’immagine di una fortezza a pianta trapezoidale con quattro bastioni circolari verso nord e uno poligonale a difesa del tratto sud. La strada che andava dalla porta alla pubblica piazza divideva a metà l’abitato e, ai due lati di essa, si dipartivano calli che sfociavano in campielli e corti: una fisionomia ancora rintracciabile nelle trame dell’attuale assetto urbanistico.

Dopo la decadenza dell’Impero Romano, Marano passò sotto il dominio del Patriarcato di Aquileia; tuttavia, escluso il periodo della convocazione del Sinodo scismatico del 590 d.C., la storia e le cronache non parlano più di Marano per diversi secoli.

Il nome di Marano ricompare nel documento “Privilegium Poponis” del 14 luglio 1031: il grande patriarca Popone, statista, guerriero, legislatore e riordinatore del dominio patriarcale aquileiese, volle il paese di Marano coma la più importante difesa del Patriarcato dalla parte del mare e la fortificò per mezzo di alti e robusti terrapieni, la dotò di mulini e saline e la favorì di particolari statuti.

Marano era un punto di forza contro i nemici provenienti dal mare, in modo particolare contro la Repubblica di Venezia che già da allora mirava a farla sua per avere il dominio incontrastato sull’Alto Adriatico.

La storia di Marano in questi secoli è una storia di lotte, di combattimenti, di assedi e di tradimenti, di rivolte e di sangue.

Il periodo che va dal 1420 al 1797, durante il quale Venezia, con i suoi Provveditori, ha esercitato la sua giurisdizione su Marano, è quello che può essere considerato come l’età aurea della Magnifica Comunità e che ha lasciato un solco profondo nel suo modo di essere e di manifestarsi fino ai nostri giorni. L’impronta di Venezia può essere vista sotto tre aspetti: quello urbanistico, quello linguistico e quello sociale.

Cessato alla fine del ‘700 il dominio veneziano, lo stato di salute della fortezza è andato sempre peggiorando per il mancato intervento nelle riparazioni. Allo scarso rilievo ed importanza che la fortezza viene man mano avendo, nell’800 si aggiungono anche le grandi epidemie del 1836 e del 1886 che decimarono la popolazione e che resero Marano, colpita dalla miseria e dalla scarsità di acqua, una località in cui era impossibile vivere.

Proseguendo la passeggiata, si è giunti in via Sinodo, strada principale del centro interamente dentro le mura della fortezza che collegava l’uscita al mare e quella verso la terra, il cui nome ricorda la celebrazione di un importante avvenimento religioso del 590-591 d.C. e di cui ne dà notizia lo storico cividalese Paolo Diacono nella Storia dei Longobardi: “FactaestSinodusdecemEpiscoporuminMariano…”, un concilio scismatico con una ventina di Vescovi, alla presenza del patriarca Severo. Marano, per essere in grado di ospitare un simile consesso doveva essere una comunità cristiana già fiorente e doveva possedere chiese e strutture sufficienti allo scopo.

Questi sono i motivi che nel 1890 costrinsero il sindaco Rinaldo Olivotto, uomo coraggioso e lungimirante, a chiedere e ad ottenere per la salute pubblica l’abbattimento delle mura che impedivano l’areazione e che facilitavano con l’acqua stagnante il ripetersi delle epidemie. Al Sindaco Olivotto, comunque, vanno riconosciuti i meriti per la realizzazione della pescheria, dell’acquedotto comunale e la predisposizione del regolamento municipale sull’uso e godimento delle acque comunali e sulla pesca approvato nel 1899.

Perdendosi tra le strette calli è stato possibile ammirare i resti delle antiche mura, la torre millenaria che si affaccia

7 n. 50 - Settembre 2023

alla piazza e la Chiesa di San Martino che fu edificata tra il 1752 e il 1756 e consacrata il 24 giugno 1763. L’edificio venne poi ristrutturato tra il 1958 e il 1965, nonché ulteriormente abbellito in occasione del Giubileo del 2000 con le vetrate, legate alla storia religiosa, delle tradizioni e dell’economia di Marano.

di stagno, da due tastiere di 45 tasti (superiore Grand’Organo e inferiore Organo positivo) e da pedaliera di 17 tasti. Questo strumento accompagna il canto dei fedeli in tutte le celebrazioni della Pieve e viene suonato anche in occasione del Concorso Organistico Internazionale “Organi Storici del Basso Friuli”, di cui si sono svolte diverse edizioni, nonché in numerosi concerti organistici.

La facciata presenta una nicchia con la statua del Patrono della Pieve San Martino a cavallo nell’atto di donare parte del mantello al povero; più in basso le nicchie con le statue dei Compatroni Santi Vito, Modesto e Crescenzia, martiri romani del IV secolo, ai quali è dedicata la tradizionale processione con le barche fino in mezzo alla laguna, ove viene impartita la benedizione delle acque e vengono ricordati i pescatori deceduti nello svolgimento della loro attività; l’evento religioso, al quale i Maranesi sono molto affezionati, si svolge ogni anno nella domenica successiva al 15 giugno.

La chiesa è composta da un’unica navata e in fondo si trova l’altare maggiore, costruito nel XVIII secolo ed impreziosito con marmi di vari colori con ai lati le statue dei Santi Marco e Giustina; dietro vi è collocata una pala raffigurante la Madonna con il Bambino di scuola veneziana; ai lati altri quattro altari con pale raffiguranti la Madonna del Rosario e Santi, San Giovanni Battista ed Apostoli, San Giuseppe

Oltre alla Pieve, la visita ha fatto tappa al Santuario della Beata Vergine della Salute, costruito tra il 1905 e il 1908 su progetto dell’architetto G. A. Vendrasco di Dolo: vi si custodisce nell’altare maggiore barocco, appartenente ad una precedente chiesa di ugual titolo, oltre alle statue di San Rocco e di San Sebastiano, la venerata immagine lignea della Madonna della Salute (secolo XVII) e una discreta collezione di ex voto moderni. I maranesi, molto legati alla Madonna della Salute, le dedicano ogni tre anni la Festa Triennale, con celebrazioni che si svolgono lungo tutto il mese di agosto, culminante nelle processioni pomeridiana e serale del giorno 15 con il trasporto solenne della venerata immagine al porto e, soprattutto, con il rientro notturno della statua tra preghiere e canti e il crepitare dei fuochi d’artificio.

La cittadina di Marano sorge nel luogo di un’antica fortezza, baluardo dapprima del Patriarcato di Aquileia e poi per molti secoli soggetta a Venezia. Il centro storico ne conserva memoria nel suo impianto urbanistico che, nella struttura portante, è rimasto identico, soprattutto tra via Sinodo e Piazza Vittorio Emanuele II.

In quest’ultima piazza, centro del paese, si può ammirare la Torre patriarcale del XV secolo (la parte superiore con la cella campanaria è un rifacimento del 1911) robusta e massiccia, nella quale sono murati stemmi e busti di Provveditori veneti che, insieme a quelli che si trovano negli edifici che circondano la piazza, costituiscono una vera e propria antologia di ritratti. Di scultori di buone capacità

con i Santi Antonio da Padova e Francesco e San Vito con S. Modesto, suo precettore e S. Crescenzia, sua nutrice, dipinte da Antonio Martinetti detto il Chiozzotto.

Inoltre, è stata fatta una descrizione sull’organo del 1774, opera del celebre organaro veneziano Francesco Dacci, costruttore anche dei preziosi strumenti di Gemona, di Mortegliano e di altri centri friulani, che è uno dei più grandi strumenti settecenteschi del Triveneto ed Emilia Romagna. Collocato in cantoria sopra la porta d’ingresso e periodicamente riparato e accordato, è composto da 27 canne

sono i busti secenteschi di Nicolo Gradenigo (1620), Pietro Bernardo Bembo (1660), Vincenzo Bragadino (1673), Zaccaria Bernardo (1673), Bernardino Contareno (1677). Nata per scopi liturgici, la torre fu adoperata come carcere (secolo XVI) e come osservatorio della fortezza. Nella stessa piazza, altri due edifici di notevole importanza storica: la Loggia dell’inizio del secolo XV (con due pesanti aperture ad arco gotico) ed il Palazzo dei Provveditori, anch’esso databile al XV secolo.

La giornata a Marano degli Alpini di San Giorgio e di Trep-

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po-Ligosullo si è protratta nella riserva naturale regionale di Valle Canal Novo, un’area naturale protetta di 121 ettari, costituita da un’ex valle da pesca, dalla quale prende il nome, da un’area lagunare - il Corniolo - e da alcuni terreni seminativi: è un ecosistema naturale complesso, comprensivo di ambienti umidi e acque a vario grado di salinità.

All’interno della Riserva è stato possibile anche visitare l’Acquario Lagunare per conoscere più da vicino i principali habitat lagunari.

Foto:GianniFalcomer,DavideDePiante

Consumato il pranzo a base di pesce, si è proseguito con la visita alla Riserva, che include percorsi lungo passerelle di legno immerse nella natura (su modello dei “Wetlands Centres” anglosassoni), edifici per il ristoro e la didattica, alcuni dei quali realizzati mantenendo la tipologia tradizionali dei casoni locali della laguna.

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Gli studenti vanno in trincea

È stata sicuramente un’esperienza molto interessante perché abbiamo potuto toccare con mano e scoprire la storia che, a scuola, non abbiamo ancora studiato.

È stato affascinante poter provare ad immedesimarsi ed immaginare le sensazioni dei ragazzi, praticamente nostri coetanei, che un secolo fa, dovevano presidiare la trincea, lì dovevano stare e lì ci vivevano in qualsiasi condizione (pioggia, sole, caldo, freddo, ecc.).

Ci ha fatto riflettere quanto abbiamo trovato: un bossolo, un pezzo di cuoio della giacca, un bottone, una suola di scarpone. Tutto questo ti lascia un attimo di stucco, ti viene il magone.

È stato molto bello trovarsi con i ragazzi austriaci e in quel luogo lì, poter fare l’alzabandiera con loro, far vedere quanto ci teniamo alla nostra patria e soprattutto fare l’alzabandiera anche con la loro bandiera, con il loro inno per far provare un senso di vicinanza e di amicizia.

Sul lavoro in trincea, posso dire che, per me, è stato faticoso però è stata una fatica appagante perché la mattina stare lì sotto il sole e dare i colpi col piccone... lo fai diciamo con piacere, pensando ai soldati che oltre cent’anni fa le trincee le hanno scavate da zero in condizioni peggiori, molto molto peggiori delle nostre.

* studentessa partecipante, per il secondo anno, all’iniziativa

10 n. 50 - Settembre 2023
Italiani e austriaci lavorano assieme di Maria

Il Campo Scuola ANA... da Paluzza

...in poche parole di Davide De Piante

Anche in questo 2023, l’ANA ha scelto la Caserma “Maria Plozner Mentil” di Paluzza quale sede del Campo Scuola ANA 16-25 anni. Quest’anno, il nostro Gruppo ha fornito 5 volontari (Anastasia, Davide&Davide, Francesco e Mentore) che hanno operato nell’Alto But con turni da un paio di giorni ad una settimana.

L’attività è stata particolarmente intensa perché i 60 ragazzi presenti hanno svolto lezioni teoriche e pratiche, esercitazioni, escursioni e “libere uscite” a Paluzza.

13 i ragazzi che erano presenti al campo l’anno scorso, segno evidente che “il primo amore non si scorda mai” e quasi una decina i giovani che, in precedenza, hanno avuto esperienze in altri campi scuola.

Anche quest’anno, con i ragazzi (“vecchi” o “nuovi”) si è creato un bel rapporto di collaborazione nel pieno rispetto dei ruoli.

Alla fine, ho chiesto loro qual era la parola che meglio sintetizzava la loro esperienza a Paluzza.

Qui a fianco trovate quanto ci hanno segnalato.

Noi, nel nostro piccolo, non abbiamo solo fatto un copia/incolla ma abbiamo cercato di capire il significato di ogni singola parola per migliorare il nostro approccio…

Senza paura di essere smentito, posso dire che chi semina raccoglie sia oggi che nel futuro.

11 n. 50 - Settembre 2023

Anch’io sono la Protezione Civile

Immaginatevi

• un campo scuola con 60 ragazze/i tra i 10 e 15 anni e 14 tutor tra i 16 e 22 anni,

• un posto unico che è l’ex College americano - Casa dello Studente (e strutture adiacenti) a San Pietro al Natisone,

• una settimana, dal 26 agosto al 3 settembre, dove il tutto si svolge.

Cosahannofattoiragazziinquestasettimana?

Oltre a farsi il letto, fare le pulizie delle camerate e degli spazi comuni (bagni, mensa e corridoi), hanno imparato a stare assieme e convivere, giocare e divertirsi, rispettare le regole. Lo hanno fatto senza cellulare; potevano utilizzarlo 45’ la sera prima di cena.

Durante il campo, gli allievi hanno approfondito le conoscenze con incontri mirati di AIB (Antincendio Boschivo), di Protezione Civile, di orienteering, di Soccorso Alpino, del CAI, di primo soccorso, di storia della Prima guerra mondiale e storia degli alpini.

Interessanti anche le uscite che hanno visto i ragazzi calcare le trincee del Kolovrat, saggiare il terreno delle caserme del 3° Reggimento Art. da Montagna di Remanzacco dove hanno fatto un’emozionate alzabandiera assieme ai reparti in armi. Altra tappa presso il 3° Reggimento Guastatori di Udine con visita alle interessanti e ben curate sale storiche e del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Udine per conoscere i mezzi e materiali usati dal personale.

Abbiamo fatto anche un po’ di addestramento formale perché i momenti ufficiali devono essere gestiti con attenzione e serietà; ci siamo permessi anche di farli marciare per non sfigurare alla cerimonia della domenica.

12 n. 50 - Settembre 2023
di Davide De Piante Con i giovani nel Campo Scuola di San Pietro al Natisone La mia compagnia... VA-LAN-GA I tutor vera risorsa del Campo

I ragazzi, sono stati suddivisi in due compagnie: “Glemone” e “Valanga”; la mia era quest’ultima in quanto era il nome della 114a cp mortai ove ho svolto il mio servizio militare (Venzone 1991-92).

La buona notte era segnata dal silenzio. Abbiamo voluto rendere un appuntamento partecipato e “di tutti”. Prima una, poi due e infine tre trombe per finire con tutti gli strumenti musicali che i ragazzi avevano portato al campo (oltre alle trombe, anche flauto traverso, euphonium, trombone, sax contralto, sax tenore). L’ultima notte, i musicisti hanno suonato per tutti i partecipanti messi sull’attenti dal Comandante Max e sistemati a semicerchio.

E poi l’apoteosi… domenica, alla festa finale i ragazzi hanno marciato in maniera egregia (sotto il vigile controllo dei tutors) per fare poi l’ultimo ammainabandiera del campo. Il pranzo con i genitori e gli interessanti scambi di considerazioni hanno poi chiuso un campo di San Pietro che direi memorabile.

Ogni allievo si è messo in gioco ed ha affrontato con entusiasmo le sfide che gli abbiamo proposto.

Ogni tutor ha accettato la sfida di “accompagnare” i giovani lungo questo percorso ed hanno fatto l’impossibile per non lasciare nessuno in disparte.

Ogni volontario della cucina e segreteria si è messo in gioco per supportare tutto e tutti.

Ogni comandante ha fatto il possibile per tenere alta l’attenzione.

Per il nostro Gruppo sono stati presenti: il sottoscritto come Comandante di Compagnia, Anastasia e Mentore in cucina, Miriana e Angelo come tutor dei ragazzi, Davide per lezioni di primo soccorso e per assistenza sanitaria (e Laura alla distribuzione l’ultimo giorno).

Alla fine, una settimana è passata velocemente e nuova energia si è impossessata di me. E, dopo un giorno, le piccole pesti già mi mancavano…

Non posso concludere senza ricordare l’altro Comandante di Compagnia (del “Glemone”, Alessio Tondon) e il nostro Grande Comandante del Campo, Max Sgualdino che ha gestito tutto alla perfezione.

Tra di noi c’è stata una fattiva, proficua e formativa collaborazione che assieme ai tutors ha creato quell’unicum che sono le emozioni

Foto: a cura dei tutors

13 n. 50 - Settembre 2023
Con l’Anticendio Boschivo (AIB) Si marcia! ... sinistr! Al Comando Provinciale di Udine dei Vigili del Fuoco

Una gita per ricordare

Sul Vajont e a Longarone per il 60° anniversario

Oggi, 9 settembre, gita a Longarone ed alla diga del Vajont per commemorare le vittime del disastro avvenuto il 9 ottobre 1963. Durante il percorso di avvicinamento con la corriera riempita in ogni posto, abbiamo visto i paesi di Erto e Casso dove l’ondata ha fatto registrare i suoi disastrosi effetti, unitamente al paese di Longarone. Arrivati alla diga, alle sue spalle, abbiamo notato i segni della frana, lì sul Monte Toc, ben visibile dalla forma di “M” del terreno caduto nell’invaso. Solo il silenzio in questo luogo per poter immaginare il momento esatto del disastro. Ci siamo quindi avviati verso il cimitero monumentale delle vittime del Vajont. Qui ci siamo incontrati con gli alpini del Gruppo di Longarone che ci hanno affiancato in questo nostro percorso unitamente ad alcuni alpini sopravvissuti al disastro. Breve e sentita la cerimonia presso il monumento con la deposizione di un mazzo di fiori e con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime

e per dedicare loro una preghiera. Il monumento simboleggia tre situazioni: i bambini mai nati, il ritorno dell’emigrante e il soccorritore.

conviviale, c’è stato lo scambio dei gagliardetti, foto di gruppo e brevi discorsi di rito.

Arrivata l’ora del pranzo, ci siamo avviati al ristorante dove abbiamo gustato le prelibatezze che gli chef ci avevano preparato.

Durante il rientro, abbiamo fatto prima tappa a Vittorio Veneto quindi a Colfosco dove ha la cantina l’amico alpino Narciso De Rosso; dopo aver gustato un ottimo rinfresco, i nostri soci hanno reso omaggio all’ospitalità acquistando bottiglie di buon vino. La giornata si è conclusa con un’altra foto di gruppo con il tramonto sullo sfondo e i filari della vigna alle spalle. Siamo soddisfatti di questa bellissima giornata passata in allegria e nel ricordo delle vittime del Vajont in occasione del 60° anniversario.

Abbiamo quindi visitato una piccola ma significativa mostra dove abbiamo trovato gli oggetti e gli effetti personali delle vittime; raggiunta poi la baita degli alpini, dopo un momento

9 ottobre 1963 – 9 ottobre 2023

Per non dimenticare!

Foto: Martina Tavian

Il consiglio dello sponsor

Quali sono le fasi della lavorazione dei materiali ferrosi raccolti?

Cernita e riduzione volumetria (per dividere e compattare il materiale), triturazione (frammentare in piccoli pezzi per semplificare la successiva lavorazione), fusione (in apposite fornaci), purificazione (per eliminare le impurità) e solidificazione (in apposite celle di raffreddamento con l’eventuale aggiunta di sostanze chimiche per ottenere la densità desiderata)

14 n. 50 - Settembre 2023
di Martina Tavian

Saluto iniziale - in giallo, i soci del Gruppo di Longarone

L’ingresso all’area cimiteriale

Ci si prepara per l’onore ai Caduti

Museo di Longarone: gli oggetti e gli effetti delle vittime

15 n. 50 - Settembre 2023
La diga del Vajont oggi

Da Solferino a Dunant

Il giro del lago di Garda ci ha permesso di conoscere molti luoghi. Da Sirmione a Bardolino, dal Monte Baldo alle Cascate del Varone, dal Santuario della Corona (sospeso tra cielo e terra) al lago di Ledro dove sono state ritrovate primitive palafitte. Il Vittoriale degli Italiani, con la “Prioria” casa strana, triste e particolare, voluta da Gabriele d’Annunzio, quale suo Mausoleo e tomba, e il giardino che permette una splendida vista sul lago. Paghi di quanto visto, ci dirigiamo verso casa ma a pochi km dal lago vediamo le insegne di Solferino e San Martino. A scuola ci avevano parlato della terribile battaglia che era stato l’episodio decisivo della 2a Guerra d’Indipendenza. Decidiamo di andarci: per capire, meglio toccare con mano! Guardavo le colline moreniche che fanno da contraltare, con la sua torre cilindrica e non potevo immaginare la portata atroce di quella battaglia perché la distanza storica l’ha ridotta a una fra tante. Arrivando a Solferino osserviamo le vie con bandierine ai balconi, bianche con croce rossa, e numerosi manifesti con la scritta “Dunant”. A dire il vero era tutto un po’ scolorito; ne abbiamo dedotto che anche qui il covid aveva bloccato le manifestazioni a due anni prima. Ma cosa significavano e “Dunant” chi era? Saliamo alla Rocca soprannominata “La Spia d’Italia” da dove si ha l’ampia visione della campagna circostante, teatro della battaglia. Poi andiamo al Museo dove ci sono cimeli, divise ed armi della battaglia. La Chiesa di S. Pietro ospita l’Ossario ove sono custodite le spoglie di oltre 7.000 caduti. A Solferino il 24 giugno 1859, combatterono i Francesi con Napoleone III contro l’esercito austriaco guidato dall’Imperatore Francesco Giuseppe, mentre a San Martino della Battaglia, contemporaneamente si scontrò l’esercito Piemontese guidato dal Re Vittorio Emanuele II contro l’ala destra dell’esercito austriaco guidata dal Generale Von Benedek. L’Austria ne uscì sconfitta e perse anche la Lombardia. La battaglia di Solferino e San Martino segnò il culmine della 2a Guerra d’Indipendenza (fu la più cruenta di tutto il Risorgimento per le perdite subite da tutti gli eserciti). In questo contesto arrivò un giovane ed indebitato uomo d’affari svizzero, il trentunenne Jean Henry Dunant per incontrare l’Imperatore Napoleone III e risolvere i suoi problemi finanziari. Arrivò a Castiglione delle Stiviere, dove era stato allestito l’ospedale da campo per i feriti dello schieramento franco-piemontese. Dunant vide il più inatteso e terribile degli spettacoli: centinaia, migliaia di soldati venivano ricondotti dal campo di battaglia con ferite terribili, spesso privi degli arti, abbandonati a se stessi per assenza di medici e infermieri; solo poche donne del paese esortate dal parroco don Lorenzo Barziza. Dunant cercò persone che lo aiutassero a fornire ai feriti acqua, cibo e bende; fece aprire le chiese per alloggiarli e si prodigò per i feriti. Sconvolto dall’esperienza fatta, raccontò nel libro, “Souvenir de Solferino” che presto divenne un bestseller internaziona-

le, tradotto in 20 lingue. Dunant voleva fare qualcosa: bisognava formare squadre di infermieri volontari che potessero soccorrere i feriti sui campi di battaglia, tutti i feriti, di qualunque schieramento fossero. Quattro anni dopo la battaglia, nel febbraio 1863, nacque il “Comitato ginevrino di Soccorso dei Militari feriti” futuro “Comitato Internazionale della Croce Rossa”. Oltre a Dunant, Segretario del Comitato, ne fecero parte altri quattro esponenti della Società di Ginevra.

Guida dei volontari della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (simbolo ufficializzato nel 1929 per gli Stati Musulmani) sono i sette principi fondamentali: Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontariato, Unità e Universalità. Nel 1864 la “Convenzione di Ginevra” decretò la neutralità del Personale Sanitario e venne adottato un segno distintivo a protezione dei reparti sanitari e degli ospedali: una Croce Rossa in campo bianco, omaggio alla Svizzera, Paese ospitante della Conferenza che elaborò la Convenzione. In seguito al crollo dei suoi affari e caduto in disgrazia, Dunant si vide costretto a dimettersi dal Comitato e si allontanò da Ginevra. Per anni non si seppe nulla di lui, fino a che un giornalista lo riconobbe in un uomo molto cambiato e ormai anziano, in un ospizio ad heiden. Nel 1901 per il suo impegno all’Ideale Umanitario gli fu assegnato il PRIMO PREMIO NOBEL per la Pace della storia. Dunant, nato nel 1828, morì ad heiden il 30 ottobre del 1910. Nonostante gli anni trascorsi, Dunant è sempre presente idealmente in ogni attività che il Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa svolge ogni giorno: negli ultimi due terribili anni appena trascorsi, nell’assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che in tempo di conflitto, nelle catastrofi, ecc.. A Solferino, dal parco che circonda la rocca, si stacca un viale di cipressi, noi l’abbiamo percorso fino a giungere al Memoriale della Croce Rossa eretto nel centenario della battaglia nel 1959, una Croce Rossa in vetro, a fianco un muro formato da mattonelle di marmo provenienti da tutto il mondo con i nomi dei Paesi che hanno aderito via via alla Croce Rossa, fino ad ora 191. Da qui ogni anno in giugno prende il via la Fiaccolata della Pace, che attira a Solferino volontari da tutto il mondo per celebrare i luoghi dove nacque l’idea della Croce Rossa, ripercorrendo lungo 8 km la strada compiuta dai feriti dal campo di battaglia a Castiglione delle Stiviere. A volte da qualcosa di brutto può nascere una cosa bella, Dunant da una strage ha saputo trarre insegnamento per creare la Croce Rossa, la storia insegna sempre!

16 n. 50 - Settembre 2023
Così nacque la Croce Rossa Memoriale della Croce Rossa a Solferino

Immagini a confronto

Continua la rubrica che mette a confronto le foto dei luoghi di San Giorgio di Nogaro scattate cent’anni fa con le immagini degli stessi luoghi ai giorni nostri.

Sono molti gli esercizi pubblici che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia del nostro paese.

Tra questi va sicuramente ricordato il “Nuovo restaurant alla stazione” albergo/ristorante costruito nel 1906 dal signor Daniele Costantini e dalla moglie signora Eulalia Raddi.

Noto anche con il nome di “Là di Siore Lale” (Lale era il nome abbreviato della sig.ra Eulalia), la struttura venne appositamente eretta di fronte alla stazione ferroviaria (allora ultima stazione italiana prima del confine con l’impero austro-ungarico) con l’obiettivo di “catturare” clientela tra i mercanti e i venditori stranieri (prevalentemente dalla Stiria, dalla Carinzia e dall’Ungheria) che quotidianamente giungevano allo scalo ferroviario di San Giorgio di Nogaro per vendere i loro prodotti e/o merci nei vari mercati presenti nella bassa friulana.

L’edificio era caratterizzato da un palazzo costruito su tre piani in stile liberty che, oltre alle stanze destinate ad ospitare i clienti, fungeva in parte da abitazione privata della famiglia Costantini.

Nel cortile vi era un rustico con la scuderia, la cantina, la rimessa delle carrozze e un campo per il gioco delle bocce.

All’inizio dell’attività, l’illuminazione era garantita da un impianto autonomo di luce a carburo, sostituito nel 1911 da un impianto alimentato con l’energia elettrica fornita

dalla centralina di proprietà della famiglia Foghini. Frequentato abitualmente dal personale impiegato presso la stazione ferroviaria e l’annessa dogana, nel corso del primo conflitto mondiale divenne luogo di ritrovo per gli studenti iscritti ai corsi di medicina e chirurgia che, come noto, studiavano nella confinante sala/teatro Maran e vivevano nel vicino “campus universitario” costruito lungo Via Ammiraglio Canciani.

Molte le persone illustri che si sono intrattenute nelle sale dell’albergo: tra questi si ricordano Emanuele Filiberto duca d’Aosta recatosi nel locale alla ricerca del figlio Amedeo appena nominato caporale per aver abbattuto, con la sua batteria antiaerea posizionata a Villanova, un aereo nemico e Gabriele D’Annunzio che in un pomeriggio d’autunno del 1916 si recò nel ristorante dopo aver visitato i militari feriti provenienti dal fronte e scaricati nelle barelle alla stazione ferroviaria.

La famiglia Costantini mantenne in pieno esercizio l’albergo fino agli anni ’60 (la sig.ra Eulalia mancò nel 1956 a 82 anni) quando gli eredi decisero di chiudere definitivamente l’attività.

Tra gli anni ’80 e ’90 l’edificio, oltre che abitazione privata di diversi nuclei familiari, al piano terra è stata la sede di una attività commerciale per la vendita di attrezzature tecniche e articoli di ferramenta che venne successivamente sostituito da un bazar che vendeva merce di produzione orientale.

Da alcuni anni l’edificio è oggetto di lavori di restauro e ristrutturazione che di fatto (al momento) non hanno alterato le caratteristiche della costruzione originaria.

Il consiglio dello sponsor

Gli strucchi sono morbidi bocconcini fritti di pasta frolla, contengono un goloso ripieno simile a quello della gubana, ricco di noci, nocciole, uvetta e pinoli.

Venivano fatti proprio con il ripieno avanzato dalle gubane e quindi tipicamente a Carnevale ma anche come confetti per i matrimoni!

Una curiosità: gli strucchi originali sono fritti e sono chiusi dalla pasta su tutti e quattro i lati, come dei piccoli ravioli.

17 n. 50 - Settembre 2023

Amico chiama, naja risponde

Il disastro del Vajont visto da un giovane di 21 anni

In occasione del 60° anniversario della tragedia del Vajont, abbiamo raccolto la testimonianza diretta di chi, da alpino di leva, è intervenuto prontamente a soccorrere la popolazione di Longarone.

L’alpino e nostro socio Giovanni Pittis, il 9 ottobre 1963 era militare presso la Caserma di Tai di Cadore.

La sera, la maggior parte degli alpini erano in libera uscita; erano nei bar per vedere la partita Real Madrid-Glasgow Rangers. Al rientro in caserma, tutti gli alpini sono stati allertati per “una perdita nella diga del Vajont”; salgono velocemente nei camion, stipati come sardine con destinazione Longarone. La notte non agevola l’orientamento ma tutti i punti di riferimento sono saltati... il campanile, la stazione, il bar... non ci sono più. Arrivano ordini precisi, non accendere sigarette (c’è un forte odore di gas); c’è un forte vento e un buio pesto. Si inizia a scavare con le mani e gli alpini riescono a salvare alcune persone intrappolate tra le macerie. Il ricordo va ad una ragazza “incastrata” in prossimità di un bar in mezzo ad un jukebox e ai dischi. Con l’arrivo della luce mattutina, ci si rende conto di quanto è realmente accaduto. La massa d’acqua distrugge completamente Longarone; si salveranno solamen-

te le abitazioni in alto, alcune delle quali sono state tagliate dall’onda d’urto con precisione chirurgica.

Gli alpini in armi, assieme ai pompieri (e poi anche altre armi dell’esercito) lavoreranno per oltre 20 giorni per aiutare la popolazione cadorina. I corpi sono irriconoscibili. La forza d’urto dell’acqua ha completamente spogliato le persone che erano all’esterno. L’acqua ha gonfiato e irrigidito i corpi di questi poveri cristi. Più il tempo passa e più difficile è il recupero, sia per l’avanzato stato di decomposizione che per l’odore nauseabondo (stesso odore che Giovanni “sente” nella Caserma Goi Pantanali a Gemona caduta a causa del terremoto in Friuli del 1976).

I nostri alpini recuperano le salme, le puliscono (c’erano squadre dedicate a questa mansione) e, dopo averle adagiate nei sacchi, vengono inserite nelle bare. L’immagine delle bare allineate è un colpo al cuore.

Emozioni differenti e contrastanti caratterizzano il racconto di Giovanni...

“Dopo parecchi giorni, vedo un sacchetto appeso ad un ramo sul fiume Piave, curioso mi avvicino e vedo la mano di un bimbo”.

Gli occhi di Giovanni, e anche di chi scrive, si fanno lucidi e il conseguente silenzio ci fa capire il sentimento provato da un giovane di 21

anni e il ricordo ancora vivo dopo 60 anni.

“Ecco, questa è la foto della campana della chiesa completamente distrutta che ho trovato tra le macerie e che sarà poi risistemata nella nuova chiesa che abbiamo visitato in occasione del 50° anniversario. Prima del 9 ottobre, la gente parlava e sapeva... la preoccupazione era crescente” ma nessuno ha voluto ascoltare “i vecchi saggi”. “Oggi posso documentare il tutto grazie alle foto, le ho scattate con la mia macchina fotografica che avevo sempre nella mimetica”.

Foto: Giovanni Pittis

Il disastro del Vajont è accaduto la sera del 9 ottobre 1963, nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont nell’omonima valle (al confine tra Friuli e Veneto), dovuto alla caduta di una frana (260 milioni di mc) dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l’omonima diga; la conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga,mentreilsuperamentodelladigadapartedell’ondagenerataprovocò l’inondazioneeladistruzionedegliabitatidelfondovalleveneto,tracuiLongarone, e la morte di 1.917 persone.

InoccasionedellagitacheilnostroGruppoANAhaorganizzatoil9settembre 2023 (c’è l’articolo su questo numero) nei luoghi del disastro, il nostro Giovanni ha deposto un mazzo di fiori nel cimitero monumentale delle vittime del Vajont a Longarone.

18 n. 50 - Settembre 2023
19 n. 50 - Settembre 2023

Alla ricerca di... “Ass.ne Famiglia di Famiglie”

Conversazione con Giorgio Miolo

Il nome è nato quasi per caso, nella piccola frazione di Zellina. Un gruppo di persone partecipava periodicamente alle iniziative organizzate da un animatore. Non era un gruppo di persone e basta. Si trattava in realtà di famiglie intere. Perché, nell’ideazione dei giochi o delle attività dei ragazzi e dei bambini, il promotore si era spinto a coinvolgere soprattutto i genitori, in modo che la crescita, fosse insieme affettuosa, armoniosa e gentile.

Allora non era casuale, il nome. Sotterranea, spirava una intenzionalità, una consapevolezza rara, quasi a contrapporsi alla convinzione dei nostri tempi che la famiglia sia una condizione superata, che non ci sia più posto per quella che era considerata la culla dei sentimenti e degli affetti, perché ora i modi e i tempi del lavoro e della convivenza sono cambiati, e tutto sembra opporsi al mantenimento di un “vecchio” nucleo ormai sorpassato.

Un giorno, era verso il 2000, durante una di queste feste vissute assieme, uno degli interlocutori, disse: Ma noi siamo come una famiglia!

E un altro aggiunse: Una famiglia di famiglie!

Ed era nata la definizione che contemporaneamente riconosceva un modo di essere e indicava un modo di divenire. Ne chiediamo al signor Giorgio Miolo, Presidente “inter pares” (parsore di nissun!)

L’Associazione è caratterizzata da una serie di porte aperte alle quali tutti possono accedere. Dove i figli sono figli, di una famiglia, e figli di tutte le famiglie, dove i genitori sono genitori di una famiglia, e di tutte le famiglie e possono esprimere i loro giudizi e possono portare il loro contributo. Perché all’interno di una famiglia la presenza del singolo viene esaltata, e le forze non corrispondono solo proporzionalmente al numero dei componenti della famiglia, ma si moltiplicano quasi all’infinito nelle loro interazioni.

Se questo avviene in una singola famiglia, quali forze può produrre una famiglia di famiglie?

Forse è cominciato allora, alla fine degli anni 1990. Quando Giorgio, come titolare di autoscuola fu coinvolto nelle classi elementari e medie per i programmi di Educazione stradale. E in questo caso osservò che per i bambini non era utile apprendere soltanto quali fossero i segnali stradali e quali fossero le loro funzioni.

Ai bambini era importante insegnare a capire quanto fosse indispensabile mantenere l’attenzione, controllare le emozioni e fra queste soprattutto l’aggressività. E così nacque l’idea di proporre anche ai genitori dei bambini di proseguire nella formazione. Perché, il promotore ne era convinto, all’interno della famiglia si ottengono i migliori risultati, insieme con la scuola, che possano avere effetti duraturi, e non diano soltanto una lieve verniciatura superficiale alla conoscenza.

In quali luoghi si trovano queste persone? Si sono date un programma, un regolamento?

Programma e regolamento aperto a tutte le presenze, a tutte le possibilità. Hanno la loro sede nel Centro Culturale di Zellina, il cui uso è stato concesso dal Comune. E nello stesso tempo operano e possono usare le stanze che la Parrocchia ha messo a disposizione, dove ricevere e anche ospitare a volte, persone che hanno bisogno di assistenza, bambini, adulti o anziani. Non viene richiesta l’appartenenza a una o a un’altra religione, a un partito o a un comitato speciale. Alla base non c’è un’ideologia, l’ideologia viene considerata una gabbia.

C’è un’idealità. Che è quella di percorrere insieme un cammino di crescita, di accettazione, di accoglienza. La prima parola è Carità, nel senso di Amore. Amore verso gli altri, che porta a una confidenza, a un rispetto, alla genialità nell’individuare e proporre soluzioni d’insieme.

Che cosa fanno queste persone?

Partecipano all’educazione stradale all’interno delle scuole statali. Sono chiamate a feste paesane ed eventi per animare gare e giochi. Organizzano l’oratorio domenicale, i Centri estivi, dove si vive insieme e dove ognuno porta quello che può offrire.

Si impegnano nell’animazione della liturgia, perché anche questo si fa: alcuni di loro, molti di loro, possono essere cattolici e allora ci sono le donne che cantano nel coro in chiesa, o ci sono i giovani, a domeniche alterne, che attraverso strumenti musicali moderni portano la loro energia e la loro freschezza all’interno delle celebrazioni. E un giorno quando si esce da uno

20 n. 50 - Settembre 2023

di questi incontri, ecco sul sagrato una signora con il thermos che porta il caffè. Nessuno lo aveva chiesto. Un gesto spontaneo che nasce da questo modo di stare insieme. Non occorre essere cristiani o cattolici, si può essere laici, si può essere atei. E si partecipa quando si vuole e come si vuole.

zione nei Centri Salesiani, come volontario nella Comunità Piergiorgio, fondata a Udine da don de Roya e continuata da don Onelio Ciani, come temporaneo collaboratore della Comunità La Viarte di Santa Maria la Longa.

Vengono solo dalla zona di Zellina?

Ci sono presenze dal Comune di San Giorgio oppure da altri luoghi, anche in base alle conoscenze che si creano quando ci si sposta, perché per esempio si va fino ad Assisi in bicicletta, si va a Roma. Oppure si prepara insieme il Cammino per Santiago di Compostela. E ognuna di queste esperienze viene narrata e rivissuta anche con quelli che non hanno potuto partecipare, ricreando desideri e a volte la decisione di ripetere quello che è stato un evento importante sia per i presenti, sia per gli assenti.

L’energia di Giorgio (e di tutta la grande Famiglia di famiglie, con iniziative, idee, proposte e sollecitazioni) si alimenta dalla lunga esperienza della sua forma-

Con il costante impegno di affiancamento terapeutico Bimbo-Famiglia al Burlo Garofolo come clown-dottore, che entra in silenzio nelle emozioni del piccolo paziente, per una terapia non solo farmacologica… preparata da oltre duecento ore di formazione e tirocinio. Con lo studio continuo sul rapporto mente - corpospirito, analizzato nella sua tesi di Psicologia medica (in Gelotologia) recentemente sostenuta a Bologna, nella sede della Federazione Nazionale Clown Dottori, collegata con l’Università Jean Monet di Bruxelles, sul tema missione clown dottore: “Fare il clown dottore cercando la melodia dell’anima sotto il naso rosso” (la Gelotologia, studia le potenzialità terapeutiche del riso).

Non possiamo parlare di un volontariato che si basa su un entusiasmo fittizio e passeggero, c’è una complessità, una pluralità di intenti, una rara spiritualità che intreccia al messaggio evangelico delle origini aspirazioni, scelte di vita, consapevolezze e le volge a fini superiori altrimenti quasi irraggiungibili. E questa piccola Comunità, formatasi negli anni in una piccola frazione di un piccolo paese del Friuli, può essere una rara occasione di speranza per i tempi in cui viviamo.

E se qualcuno volesse avvicinarsi alla vostra Associazione per sostenerla, a chi può rivolgersi?

A me, Giorgio Miolo, al numero 347 8269678.

21 n. 50 - Settembre 2023

Notizie brevi

Lungo il Cammino Celeste

La Redazione

Il 4° Raduno del Battaglione Tolmezzo

Il Cammino Celeste, che collega Grado al Monte Lussari, è un percorso a piedi che sta ottenendo sempre maggiore riscontro dai pellegrini.

Fin dal 2020, il nostro Gruppo ha deciso di occuparsi della pulizia della vegetazione lungo l’argine della laguna di Grado.

Così, in un caldo 12 luglio, i nostri soci, armati di tutto punto, hanno tagliato erba e arbusti.

Almeno per un po’ di tempo, il pellegrino potrà camminare tranquillo e al sicuro lungo l’argine per ammirare la bellezza del mare e meditare... meditare...

Diversi nostri soci hanno fatto il militare nel Battaglione Tolmezzo. Sarà che alcuni iscritti sono tuttora in servizio nello stesso Battaglione. Sarà anche un legame che unisce il nostro Gruppo con il “Tumieç”...

Sarà che il Capogruppo ha prestato servizio presso l’8° Btg...

Tutto questo per dire che ci sembra doveroso essere presenti al 4° Raduno del Btg Tolmezzo che si è tenuto presso la Caserma “Feruglio” di Venzone.

Emozionanti gli incontri con vecchi amici di naja; e nuove amicizie si formano e si consolidano

22 n. 50 - Settembre 2023

Il

cjanton da

puisie

Al è un puest

Al è un puest dulà che le bieleze e sclarìs il lusôr dal soreli, là che si cjatin li feminis che e àn ravuelt il destin e lu àn riviestût di grazie e di colôrs...

Al è un puest dulà polsâ dopo vê cjaminât sul troi da spinis

e si lu viôt di lontan, dome cui vui da pazienze e da speranze…

Il cjanton da rizete

Zuppa di cipolle al gratin

• 600 g di cipolle

• 1,5 litri di brodo di pollo o di manzo

• 2 cucchiai di farina

• 200 g di groviera grattugiato

• 4 fette di pane casereccio tostato

• burro, sale e pepe

C’è un luogo

C’è un luogo dove la bellezza accresce la luce del sole, dove si trovano le donne che hanno raccolto il destino e lo hanno rivestito di grazia e di colori…

È un luogo dove riposare, dopo aver camminato sul sentiero delle spine,

e lo si vede da lontano, solo con gli occhi della pazienza, e della speranza.

Coprite con le altre mezze fette di pane e con un altro terzo di formaggio e colmate con le cipolle ed il brodo rimasti. Spolverizzate con il restante formaggio, mettete in forno caldo con funzione grill e fate gratinare finché il formaggio sarà dorato e rappreso in superficie.

Buon appetito!

Affettate sottilmente le cipolle e fatele appassire in una casseruola con 80 g di burro. Quando saranno diventate quasi trasparenti aggiungete la farina setacciata e mescolate con un cucchiaio di legno.

Unite il brodo, regolate di sale e mettete una manciata di pepe. Portate ad ebollizione e fate cuocere per circa 15 minuti. Tagliate a metà le fette di pane tostato. Disponete sul fondo di quattro zuppiere individuali una mezza fetta. Spolverizzate con 1/3 del formaggio grattugiato e distribuite metà delle cipolle con il loro brodo.

23 n. 50 - Settembre 2023

Le nostre montagne

Il lago Bordaglia (FotoAntonio Zenga)

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