BUILDING&MANAGEMENT n.12 Lug - Set 2018

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ANACI

LECCO

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Passaggio di consegne Guida pratica per l’assemblea Appropriazione indebita Veicoli elettrici e ricarica Il controllo dell’acqua Novità per i lavori su fune Fatturazione elettronica: dal 2019 anche verso i privati

Anno III | n. 12 Lug-Set 2018


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Grazie agli oltre undicimila lettori, questa rivista raccoglie saggi, pareri e relazioni legali, tecnici e fiscali curati dal nostro Centro Studi lecchese e da professionisti e docenti esperti in materia condominiale

Marco Bandini Presidente di ANACI LECCO

SOMMARIO IL PARERE LEGALE

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Il passaggio di consegne a sei anni dalla Riforma

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Il controllo dell'acqua di rete nel condominio

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Guida pratica per l'Assemblea condominiale

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Lavori su fune in condominio: tra rischi e opportunità - Seconda Parte

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Appropriazione indebita: perseguibilità a querela, pratica

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Lavori sul tetto condominiale: come farli in sicurezza

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Riacquisto di un’abitazione in nuda proprietà e agevolazioni “prima casa”

Avv. Eugenio A. Correale

Dott. Eugenio Sangregorio

Avv. Arveno Fumagalli

Dott.ssa Annalisa Annoni

IL PARERE TECNICO

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Veicoli elettrici: il futuro (prossimo) delle auto da ricaricare

Dott. Walter Cattagni

Arch. Massimo Rondelli

Geom. Simona Frigerio

IL PARERE FISCALE

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La fatturazione elettronica: dal 2019 anche verso i privati Dott.ssa Raffaella Figini

Prof. Arch. Annalisa Galante

Hanno collaborato a questo numero: Annalisa Annoni, Walter Cattagni, Eugenio Antonio Correale, Raffaella Figini, Simona Frigerio, Arveno Fumagalli, Massimo Rondelli, Eugenio Sangregorio, Laura Torri Anno 3 | n.12 | Luglio - Settembre 2018

www.anacilecco.it Direttore editoriale Marco Bandini - presidenza@anacilecco.it Direttore responsabile Annalisa Galante - consulentetecnico@anacilecco.it Marketing e diffusione: Periodico trimestrale on-line 4 numeri all’anno - marketing@anacilecco.it

Progetto grafico: AGC s.r.l. - Milano In copertina: XTe Studio - Loft Boutique - Condominio a Lima © ANACI Provinciale di LECCO via F.lli Cernuschi, 23 - Merate (LC) - tel. 039 9160551 segreteria.presidenza@anacilecco.it Periodico on line non sottoposto a registrazione come previsto dall’Art. 3-bis del D.L. 18 maggio 2012, n. 63 Tutti i diritti sono riservati - È vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione di ANACI Lecco

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Avv. Eugenio A. Correale

IL PARERE LEGALE

Direttore Centro Studi Regione Lombardia

Il passaggio di consegne a sei anni dalla Riforma Gli strumenti organizzativi L’articolo 1129, ottavo comma, c.c. statuisce “alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini”. Nel rispetto della disciplina condominiale e di quella sul contratto di mandato, l’ex amministratore deve: • consegnare al successore le cose (documenti, chiavi e quant’altro) delle quali disponga per effetto del cessato incarico; • mettere a disposizioni del successore tutte le informazioni utili od opportune per la migliore gestione del condominio. Schematizzando, le riflessioni afferenti al “passaggio delle consegne” possono guardare ai seguenti momenti: 1. l’obbligo di presentare un rendiconto finale: quel che i pratici denominano molto impropriamente “passaggio della cassa”; 2. la titolarità della documentazione e di ogni altra “cosa” comunque pervenuta all’amministratore pro tempore, al fine di intendere se l’ex amministratore possa ritenere alcunché; 3. le azioni esercitabili dal condominio per conseguire la consegna coattiva: in tale ottica si segnala particolarmente l’ammissibilità d’urgenza in sede civile e della tutela penale, con le novità normative connesse a quest’ultima; 4. l’ambito delle responsabilità per mancato o per ritardato adempimento degli obblighi che incombono sull’amministratore cessato dall’incarico; 5. il corretto rapporto tra professionisti che si succedono nell’incarico e che non dovrebbero mai dimenticare di essere colleghi, in quanto tali tenuti ad astenersi da atteggiamenti vessatori o emulativi, tanto quando eseguono quanto quando accettano il passaggio di consegne. Dianzi il momento del passaggio delle consegne era disciplinato con riferimento precipuo riferimento alle regole contenute nella disciplina del contratto di mandato. Oggi gli organizzativi introdotti dalla Riforma investono direttamente anche i temi del passaggio di consegne tra vecchio e nuovo amministratore, talché si dovrà inserire anche l’obbligo di consegnare i registri condominiali e di agevolare la successione nel potere di firma sul conto corrente condominiale. La disciplina del mandato veniva utilizzata anche per individuare la radice degli obblighi contributivi dei condomini. Tale obbligo veniva inquadrato in esito a quanto dispone l’articolo 1719 c.c.,

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Oggi gli organizzativi introdotti dalla Riforma investono direttamente anche i temi del passaggio di consegne tra vecchio e nuovo amministratore, talché si dovrà inserire anche l’obbligo di consegnare i registri condominiali e di agevolare la successione nel potere di firma sul conto corrente condominiale

ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018


IL PARERE LEGALE

per il quale “il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e per l'adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome”. Non diversamente, per gli obblighi dell’amministratore cessato dall’incarico si faceva ricorso all’articolo 1713 c.c., per il quale “il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato”. Il riferimento essenziale veniva integrato da altre disposizioni contenute nella disciplina del mandato, quali l’obbligo di diligenza e di informazione di ogni circostanza che possa comportare revoca e modifica dell’incarico (art. 1710 c.c.), nonché l’ulteriore obbligo di tenere informato il mandante (art. 1712 c.c.). Lo schema derivante dalle quattro norme di legge è pienamente attuale ma a tale dato normativo molto rimane da aggiungere. Si deve avvertire che dalle “cose” da restituire ai mandanti dovrebbero essere scomparsi i denari, dato che i fondi versati dai condominio sono ormai collocati nella sede del conto corrente intestato al condominio e non sono commisti al patrimonio dell’amministratore. Per il denaro, quindi, non dovrebbe porsi problema di consegna; mentre per i documenti, le chiavi e quant’altro l’ex amministratore abbia detenuto in occasione del cessato incarico tutto rimane come prima e tutto deve consegnato all’amministratore in carica, esattamente come in passato.

I momenti fondamentali del passaggio di consegne Quanto rilevato in premessa agevolerà le osservazioni conclusive che avranno riguardo: 1. Obbligo di presentare il rendiconto Si è già detto che l’obbligo di presentare il rendiconto della gestione curata dall’amministratore cessato trova numerose e ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

concordanti radici normative. Le norme sul mandato obbligano a fornire al mandante ogni informazione utile per la cura degli interessi di quest’ultimo ed a consegnare quanto sia venuto nel possesso del mandatario in occasione dell’incarico cessato. Le nuove disposizioni contenute negli articoli 1129, 1130 e 1130 bis c.c. declinano gli obblighi già scaturenti in nuce dalla disciplina del mandato e ne specificano ambito e contorni. In questo paragrafo ci si occuperà degli obblighi di comunicazione. La giurisprudenza ha chiarito: "L'art. 1129 c.c. prevede l'obbligo dell'amministratore di restituire i documenti e rendere il conto così come è previsto l'obbligo in capo al mandatario di rendere il conto ai sensi dell'art. 1713 c.c." Tribunale Bari Sez. III Sent., 27/03/2018. Per pervenire immediatamente ai dati operativi, si indagherà su chi debba redigere il consuntivo laddove l’amministratore sia sostituito a metà gestione. Il quesito riveste ristretti margini di interesse, poiché è ovvio che alla redazione del consuntivo ed alla presentazione dello stesso all’assemblea possa provvedere soltanto l’amministratore in carica. Sull’uscente incombe l’insieme di obblighi che sono stati sopra analizzati. Risaltano in particolare i seguenti: • obbligo di consegnare i registri condominiali tenuti aggiornati e quindi ovviamente contenenti le poste e le annotazioni conseguenti alle vicende intervenute durante l’intero periodo dell’incarico; • doveri di tenuta e di consegna dell’articolato “rendiconto condominiale”. Rimane problematica la fase del cosiddetto interregno, malamente trattato dall’articolo 1229 comma ottavo, che così recita “alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività' urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. In concreto, l’amministratore dovrà consegnare ogni cosa al suo successore, non appena costui sia stato nominato. Prima di poter dare le consegne e, quindi, prima della nomina del successore, l’amministratore il cui incarico sia spirato per decorso del termine non sembra poter sfuggire né ai suoi (ordinari) doveri, né alle sue responsabilità e neppure sembra dover patire una sorta di esproprio, come accadrebbe se alle sue prestazioni non corrispondesse in capo ai condomini simmetrico obbligo di versargli il corrispettivo. Un tempo il “passaggio della cassa” era concreto e materiale: dopo avere evidenziato le somme in entrata e quelle in uscita veniva chiarito a seconda dei casi che il condominio doveva dei denari all’ex amministratore, oppure che si proponeva situazione contraria, talché era l’ex amministratore ad emettere un assegno a favore del successore. Ovviamente l’esistenza di un conto corrente che già è intestato al condominio comporta dinamiche diverse. Non dovrebbe mai sussistere credito o debito rispettivi, del condomi-

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IL PARERE LEGALE

nio o dell’ex amministratore. I movimenti finanziari dovrebbero, quindi, comportare soltanto esigenze comunicative, con chiarimenti sulle voci in entrata e in uscita che non abbiano già trovato sede nel rendiconto condominiale. Si evidenziano le disavventure su chi non abbia evoluto le proprie concezioni in tema di rapporti di credito-debito con il condominio. Si ripetono ancora le iniziative giudiziarie imbastite da ex amministratori che reclamano di essere creditori del condominio sostenendo: “avendo ricevuto centomila euro a titolo di quote versate dai condomini ed avendo evidenziato uscite per euro centoventimila, ritengo di avere dimostrato il mio credito per euro ventimila e reclamo la condanna del condominio a pagare tale importo”. Occorre convincere chi ragiona secondo questi schemi della necessità di mutare in radice siffatte prospettazioni. Il conto corrente è dei condomini e ogni somma ivi giacente appartiene ai condomini. L’amministratore che affermi di avere effettuato anticipazioni deve necessariamente dimostrare di avere utilizzato proprio denaro per pagare i fornitori del condominio o anche di avere versato proprio denaro nel conto corrente condominiale. Coerentemente con l’impianto normativo, la giurisprudenza ha insegnato: "Il credito dell'amministratore di condominio per le anticipazioni delle spese da lui sostenute non può ritenersi provato in mancanza di una regolare contabilità che, sebbene non debba redigersi con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve, però, essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da rendere possibile l'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto consuntivo". Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 3892 del 14 febbraio 2017. "Il rapporto debito/credito asseritamente vantato dall'amministratore di condominio non può trovare origine né nella mera differenza e disavanzo di entrate ed uscite all'interno del rendiconto approvato né dalla accettazione di documenti da parte del nuovo amministratore in sede di passaggio di consegne, competendo all'assemblea la cognizione sull'entità e necessità delle spese asseritamente anticipate dall'amministratore precedente". Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. n. 8498 del 28 maggio 2012. "In materia condominiale l'approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra uscite ed entrate, non implica che possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall'amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l'importo corrispondente, atteso che la ricognizione di debito, sebbene possa essere manifestata anche in forma non espressa, richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificamente sottoposto all'esame dell'organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso. In mancanza, il credito vantato dall'amministra-

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tore non può ritenersi provato". Tribunale di Milano sezione tredicesima, sentenza 24 ottobre 2013. Si pone anche il rovescio della medaglia e non mancano i condominii che perseguono l’ex amministratore limitandosi a segnalare sbilancio del conto corrente. Quanto appena evidenziato a proposito delle pretese di alcuni “vecchi” professionisti agevolerà l’ulteriore tema, relativo all’esame della cessata gestione ed alla enucleazione di pretese che si fondino unicamente su deficit di cassa o sul saldo debitorio del conto corrente condominiale. Addirittura, si deve precisare che su tale versante stentano davvero a diffondersi la consapevolezza di quanto deriva dalla esistenza di conto corrente francamente intestato al condominio. Eppure, appare evidente che così come l’ex amministratore che intenda essere rimborsato di asserite anticipazioni deve dimostrare di avere immesso nella gestione condominiale denaro proprio, allo stesso modo il condominio che intenda accusare l’ex amministratore di essersi appropriato in tutto o in parte dei fondi versati dai singoli proprietari deve dimostrare che: 1. l’ex amministratore abbia incassato direttamente quote destinate al condominio, senza girarle sul conto corrente condominiale; 2. abbia prelevato (o comunque abbia fatto fuoriuscire) denaro dal conto corrente condominiale, per utilizzazioni sue personali. I rapporti di dare e avere dovrebbero esaurirsi su questi due fronti, dai quali occorre ovviamente separare: • dal lato dell’amministratore, eventuali ragioni derivanti dal mancato o incompleto versamento del compenso; • dal lato dei condomini, pretese anche risarcitorie derivate dal mancato o incongruo assolvimento dell’incarico.

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2. Alla titolarità della documentazione e di ogni altra “cosa” comunque pervenuta all’amministratore pro tempore e al divieto per l’ex amministratore di ritenere alcunché Anche in questo caso le norme sul mandato trovano corrispondenza nella disciplina condominiale. L’articolo 1129, ottavo comma, c.c. statuisce “alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini” “Tutta la documentazione in suo possesso”: la locuzione è persino enfatica, ma di sicuro non è suggestiva. È stato specificato: afferente al condominio e ai singoli condomini. La lettera della legge obbliga a ritenere indiscutibile la titolarità in capo ai condomini di tutto quanto sia pervenuto nella disponibilità dell’amministratore in occasione del cessato incarico. Benché appaiano alquanto criticabili, si devono richiamare due sentenze che hanno ritenuto che sia configurabile il delitto di appropriazione indebita anche nel caso di sottrazione di documenti o, addirittura, di mancata consegna dei libri condominiali: "Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria (Nella specie, la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato "uti dominus" rispetto alla "res")". Cass. pen. Sez. II, 17/05/2013, n. 29451)

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"Commette il reato di appropriazione indebita, di cui all’art. 646 c.p., aggravato ai sensi dell’art. 61, n. 11, c.p., l’amministratore pro-tempore di un condominio il quale, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, avendone la disponibilità in ragione del suo ufficio, si appropri dei libri contabili relativi alla gestione del condominio e di somme di denaro, destinate all'acquisto di beni o servizi nell'interesse del condominio medesimo". Trib. Genova, 19/02/2008 In sede civile, nessuno dubita che i condomini siano i “proprietari” di qualunque documento e di qualunque altra cosa che l’amministratore detenga per effetto del suo incarico. Appare così opportuno ricordare che non devono essere consegnati soltanto i documenti, ma anche qualunque altro bene mobile, come ad esempio le chiavi dei locali condominiali e simili. 3. Alle forme di tutela a fronte della mancata consegna Talune sentenze dei giudici penali hanno ritenuto che commetta il delitto di appropriazione indebita l’amministratore che non consegni la documentazione al nuovo rappresentante. L’impostazione appare alquanto drastica ed è poco convincente, ma i precedenti giurisprudenziali richiamati e ben evocati nei nostri repertori devono far riflettere. Molto più sicura è la prospettazione di penale responsabilità per l’appropriazione di somme di denaro, per le quali la giurisprudenza configura il delitto di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 c.p. L’appropriazione indebita è commessa da chi, detenendo denaro o cose mobili altrui, “inverta” la destinazione della cosa e si comporti uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario. L’articolo 646 così delinea la fattispecie: “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032”. In tale ambito occorre ricordare che per effetto dell’articolo 10 comma primo del D.L.gs n. 36 del 10 aprile 2018 l’appropriazione indebita è perseguibile a querela di parte, anche se aggravata perché commessa

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con “abuso” di relazioni di ufficio o di prestazione d’opera: locuzioni che perfettamente si attagliano al rapporto tra amministratore e condominio, talché tradizionalmente si ripeteva che l’appropriazione indebita ascritta all’amministratore di condominio era perseguibile d’ufficio. Si sottolinea che la querela dovrà essere autorizzata dall’assemblea, come ribadito dalla sentenza n. 2347 del 18 dicembre 2015 della sesta sezione penale della Corte Suprema: "La presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale richiede uno specifico incarico conferito all'amministratore dall'assemblea del condominio". La procedibilità a querela da un lato obbliga la parte offesa ad attivarsi entro termine perentorio ma dall’altro assegna alla parte civile incisivi privilegi: la querela può essere rimessa e dalla rimessione della querela dipende in ogni momento la possibilità che sia emessa sentenza di condanna. Nei reati perseguibili d’ufficio, la parte lesa decide la prima mossa, ma una volta che abbia presentato la denunzia il processo penale procede indipendentemente dalla sua volontà. Interessa stabilire le due date, del tempus commissi delicti e del giorno nel quale la parte lesa abbia acquisito adeguata consapevolezza del reato commesso a suo danno. La Corte Suprema ha statuito: "Il delitto di appropriazione indebita si consuma con la prima condotta appropriativa, cioè nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa, con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, si compie non nel momento della revoca dello stesso, ma nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si comporti "uti dominus" rispetto alla res. Analogamente, l'utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell'amministratore durante il mandato non determina l'interversione del possesso che si manifesta e consuma soltanto quando, terminato il mandato, le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore" Cass. pen., Sez. II, 11/05/2016, n. 27363 "Il delitto di appropriazione indebita si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria (Nella specie, la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della

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contabilità detenuta, si era comportato "uti dominus" rispetto alla "res")". Cass. pen., Sez. II, 17/05/2013, n. 29451 In sostanza, si intende perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, ma nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si comporti "uti dominus" rispetto alla res. In sede civile, è accaduto in passato che si ricorresse allo strumento del decreto ingiuntivo anche per la consegna dei documenti. L’utilizzazione del decreto ingiuntivo, benché astrattamente prospettabile, risulta in concreto scarsamente funzionale quanto meno per i tempi lunghi necessario per conseguire un titolo esecutivo. Ben più generalizzato è il ricorso alla tutela consentita in via di urgenza dall’articolo 700 cpc. Per tutte, si ricorderà l’ordinanza in data 8 luglio 2014 del Tribunale di Torino: "A fronte dell'obbligo dell'amministratore condominiale revocato ed uscente di consegna al nuovo amministratore di tutta la documentazione - contabile e gestionale - afferente il condominio, qualora si abbia inadempimento dell'obbligo stesso - pur a fronte delle reiterate richieste in tal senso rivolte (sia in via officiosa sia a mezzo di legale) all'amministratore uscente e rimaste senza esito -, l'amministratore entrante è legittimato all'azione cautelare ante causam in via d'urgenza a fini di consegna della documentazione, ossia a fini di condanna all'esecuzione specifica dell'obbligo di consegna, rilevando, da un lato, la qualità di mandatario dell'amministratore che detiene illegittimamente ciò che è di pertinenza esclusiva del mandante". La stessa giurisprudenza ha precisato che per la presentazione del ricorso ai sensi dell’articolo 700 cpc l’amministratore non abbia esigenza di preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea: "La presenta-

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zione del ricorso per la consegna dei documenti ha ad oggetto un giudizio che rientra tra quelli per i quali l'amministratore non necessità né della preventiva autorizzazione dell'assemblea né della successiva ratifica giacchè il nuovo amministratore di un condominio è legittimato ad agire perché la legittimazione attiva processuale conferita dall'art. 1130 c.c. per lo svolgimento delle attribuzioni ivi previste comprende quella prioritaria e indispensabile per l'espletamento dei singoli momenti gestori, tra cui il recupero della documentazione relativa alla gestione precedente" Tribunale Napoli, sezione sesta, ordinanza 11 giugno 2018. 4. All’ambito delle responsabilità per mancato/ritardato adempimento degli obblighi che incombono sull’amministratore cessato dall’incarico La giurisprudenza qualifica la responsabilità dell’amministratore per inadempimento agli obblighi derivanti dal mandato come responsabilità contrattuale (Tribunale di Salerno, sentenza 8 marzo 2017). Si tratta, quindi, di responsabilità particolarmente incisiva, che obbliga a reintegrare pienamente il patrimonio del soggetto leso, che deve essere reintegrato in modo da ricostruirne la consistenza che avrebbe avuto se il fatto lesivo non si fosse verificato. Il risarcimento comprende, come indica l'art. 1223 cod. civ., sia la perdita subita (danno emergente), sia di fare entrare il mancato guadagno (lucro cessante) Cass. civ. Sez. III Sent., 17/05/2010, n. 11967. Si deve evidenziare che l’inadempimento degli obblighi derivanti dall’incarico ed anche il mancato espletamento di tutte le incombenze connesse alla carica di amministratore possono anche portare alla risoluzione del contratto per inadempimento. La fattispecie interessa poiché sempre più spesso gli ex amministrati agiscono per la risoluzione per inadempimento, aggiungendo a tale domanda quella di restituzione dell’emolumento che assumono di avere pagato senza avere ricevuto tutte le

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prestazioni dovute dall’ex amministratore. 5. Al corretto rapporto tra professionisti che si succedono nell’incarico e che non dovrebbero mai dimenticare di essere colleghi, in quanto tali tenuti ad astenersi da atteggiamenti vessatori o emulativi, tanto quando eseguono quanto quando accettano il passaggio di consegne Si è parlato a lungo dei doveri, evidenziandone i rigori. Si può, quindi, serenamente volgere lo sguardo a possibili abusi e ai doveri deontologici, che devono essere considerati in primo luogo dal professionista nei confronti del proprio cliente, ma che concernono anche la condotta nei confronti dei colleghi e la ripulsa per i comportamenti meramente emulativi. I rapporti tra colleghi devono essere conformati al rispetto reciproco, alla correttezza e alla lealtà. Colleganza non significa certamente omertà e neppure solidarietà nei confronti di chi abbia infranto la legge. Il valore della colleganza implica solidarietà professionale, speditezza nella corrispondenza e divieto di utilizzare ingiuriose o irriguardose: rispetto di sé e rispetto per il collega. Il nuovo amministratore è tenuto al rispetto del predecessore ed alla obiettività nella cura della presa in consegna dei documenti, senza manifestare ostilità aprioristiche e senza assecondare pretese ingiustificate al solo scopo di blandire persone esasperate ed esasperanti. Anche il dovere di analisi della gestione passata deve essere inquadrato secondo la correttezza dei rapporti tra professionisti, tenuti a tutelare i propri clienti tanto quanto sono tenuti ad evitare condotte riprovevoli nei confronti dei colleghi. Ripugna la critica cieca e ferina; ripugnano le accuse volte a gettare il discredito; ripugnano le campagne denigratorie. Ovviamente, anche la mancata collaborazione nella consegna dei documenti e nella comunicazione di ogni informazione utile per la più efficiente gestione del condominio costituisce violazione di principii deontologici da rispettare. Ai sensi dell’articolo 1 il codice deontologico ANACI “è obbligatorio per tutti gli associati ANACI, nei rapporti con l'associazione, tra gli associati e nei confronti dei terzi”. L’articolo 9 impone a ogni associato di: “fornire un chiaro esempio di rettitudine e di specchiata condotta professionale in modo da mantenere alto l'apprezzamento della categoria e l'immagine dell'associazione”. L’articolo 10 impone, nei rapporti con i colleghi, il divieto di utilizzare espressioni sconvenienti e offensive anche se non integrino fattispecie penalmente rilevanti. L'articolo 12 disegna il dovere di colleganza affermando il dovere di “mantenere nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a principi di rispetto reciproco, correttezza e lealtà”. L’insieme delle regole appena ricordate disegna la figura del professionista che ha dovere di correttezza e di integrità in ogni direzione e, quindi, nei confronti dei clienti, così come nei confronti dei colleghi. Le consegne devono essere date celermente, completamente ed efficacemente. Il rapporto con il predecessore deve essere improntato a rispetto e a collaborazione.

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Dott. Eugenio Sangregorio

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Membro del Centro Studi di ANACI Lecco

Guida pratica per l'Assemblea condominiale Il momento principale della vita condominiale e quello che dovrebbe essere il più partecipato da parte dei condomini è certamente l’assemblea condominiale, nel corso della quale si assumono le decisioni che influenzano il successivo esercizio e alla quale tutti i condomini non solo hanno un diritto/dovere di partecipare ma è la sede nella quale ognuno può proporre, dedurre, valutare, contestare ed esprimere il proprio punto di vista nonché il proprio voto al momento della deliberazione. Le modalità di costituzione, svolgimento, votazione e verbalizzazione sono disciplinate prevalentemente dall’art. 1136 c.c. che, come molti articoli in materia condominiale, è stato modificato dalla Legge 220/12. L’assemblea ordinaria deve necessariamente essere fissata una volta all’anno (art. 66 disp. att. cod. civ.) quantomeno per l’approvazione del rendiconto condominiale che l’Amministratore deve predisporre unitamente alla necessaria documentazione come espressamente indicato nell’art. 1130 bis (registro di contabilità, riepilogo finanziario, nota sintetica esplicativa della gestione), nel termine di giorni 180 dalla data di chiusura dell’esercizio (art. 1130 n. 10). Ulteriori eventuali assemblee straordinarie possono essere convocate nel caso in cui l’Amministratore le dovesse ritenere utili, opportune, necessarie, o nel caso in cui venisse fatta espressa richiesta allo stesso da un numero di condomini non inferiore a 2 che rappresentino almeno 1/6 dei millesimi complessivi dell’intero Condominio. In tal caso l’Amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta, e se non vi provvede entro il suddetto termine sono gli stessi condomini richiedenti che vi possono direttamente provvedere. Fermo restando che l’assemblea ordinaria deve essere obbligatoriamente fissata nei termini suindicati mentre quella straordinaria è convocata solamente in caso di necessità o di richiesta di condomini come sopra specificato, tra le predette assemblee, indipendentemente dal nome alla stessa dato nella convocazione, non vi è alcuna differenza procedurale di convocazione e di costituzione, mentre il quorum deliberativo dipende da ogni deliberazione da assumere come espressamente indicato nell’art. 1136 c.c., negli altri articoli del codice civile e nelle leggi speciali che indicano differenti quorum deliberativi.

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Le modalità di costituzione, svolgimento, votazione e verbalizzazione sono disciplinate dall’art. 1136 c.c. che, come molti articoli in materia condominiale, è stato modificato dalla Legge 220/12

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La convocazione Nella convocazione dell’assemblea ordinaria fissata per l’approvazione del rendiconto condominiale e per il preventivo inerente la successiva gestione, possono essere inseriti all’ordine del giorno tutti gli argomenti che l’Amministratore, di sua iniziativa o a seguito di richiesta di condomini, ritiene opportuno o necessario debbano essere sottoposti al vaglio dell’assemblea condominiale convocata. La descrizione del punto da trattare inserito nella convocazione non deve necessariamente essere analitica e dettagliata con specifica indicazione di tutto quanto possa ipoteticamente essere oggetto di deliberazione, ma deve essere formulata in modo tale da consentire a chi riceve la convocazione di rendersi conto di quale sia l’argomento oggetto di discussione e deliberazione in modo di poter valutare se partecipare o meno ed essere certo che nessuna decisione verrà presa su argomenti che nulla hanno a che vedere con quelli inseriti all’o.d.g. Non è infatti legittimo assumere delibere su problematiche non ricollegabili ad alcuno dei punti all’ordine del giorno, neppure inserendo la delibera nelle “Varie ed eventuali”, laddove possono essere date solamente informative ai presenti, ma non assumere decisioni di competenza dell’assemblea non relative ai punti espressamente contenuti nell’o.d.g., né comunque ricollegabili a taluno dei punti stessi. Il sesto comma dell’art. 1136 c.c. prevede che l’assemblea non possa deliberare se non siano stati convocati tutti gli aventi diritto. È pertanto indispensabile inviare la convocazione a tutti coloro che hanno diritto di partecipare all’assemblea stessa e poter esprimere il proprio voto. In primo luogo devono essere convocati i proprietari delle unità immobiliari facenti ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

parte del Condominio. Nel caso in cui taluna delle predette unità immobiliari fosse di proprietà indivisa tra più persone, la relativa convocazione deve essere inviata a tutti i comproprietari, ancorché, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 67 disp. att. cod. civ., comma 2, all’assemblea potrà partecipare uno solo dei comproprietari, dagli stessi designato ai sensi dell’art. 1106 c.c. Inoltre deve essere convocato l’inquilino laddove sia prevista una delibera relativa alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d’aria, nella quale il predetto ha diritto di voto in luogo del proprietario dell’appartamento locato, nonché qualora si debba procedere ad assumere delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni, in relazione alle quali l’inquilino ha diritto di partecipare all’assemblea, senza tuttavia avere diritto di voto (vedasi art. 10 legge 392/78). Deve essere convocato l’utilizzatore del bene nel caso di locazione finanziaria. Deve infine essere convocato sia l’usufruttuario, che ha diritto di voto negli affari che attengono alla ordinaria amministrazione e al godimento delle cose e dei servizi comuni, che il proprietario che ha diritto di voto nelle altre delibere, anche in considerazione della responsabilità solidale di entrambi nei confronti del Condominio per il pagamento delle spese condominiali (art. 67 commi 6, 7 e 8). Pur essendo teoricamente possibile inviare separate convocazioni per l’assemblea di prima e di seconda convocazione, appare opportuno inviare una unica convocazione, non solamente per evitare i costi di una duplice spedizione, ma soprattutto per poter rispettare i termini di convocazione in quanto l’assemblea di seconda convocazione deve necessariamente tenersi in un lasso di tempo

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compreso tra il giorno successivo a quello di prima convocazione e il decimo giorno successivo al predetto, come espressamente previsto dall’art. 66 d.a.c.c., comma 4 e dall’art. 1136 c.c. comma 3., e quindi per rispettare tali termini è evidente che l’invio di una unica duplice convocazione sia l’unica soluzione possibile. Un procedimento molto più garantista è invece previsto dall’art. 1117 ter c.c. allorché si tratta di procedere a convocare un’assemblea avente quale punto all’ordine del giorno la modificazione delle destinazioni d’uso delle parti comuni, che prevede la necessità di affiggere per non meno di 30 giorni consecutivi negli spazi comuni la convocazione, che deve inoltre pervenire a mezzo raccomandata o altro mezzo equipollente a tutti i condomini almeno 20 giorni prima della data dell’assemblea di prima convocazione, che inoltre prevede un quorum deliberativo pari ad almeno 4/5 dei condomini che devono rappresentare almeno i 4/5 dei millesimi complessivi. Negli altri casi l’avviso di convocazione deve pervenire agli aventi diritto almeno 5 giorni prima dell’assemblea di prima convocazione (salvo termini più lunghi che potrebbero essere previsti dal Regolamento Condominiale) ed essere inviato a mezzo di lettera raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegnato a mano. Lo scrivente ritiene che possa essere ritenuta legittima e valida una convocazione inviata a mezzo e-mail (non certificata) solamente se l’Amministratore è stato espressamente autorizzato per iscritto dal condomino con indicazione dell’indirizzo di posta elettronica cui inviare la convocazione e con impegno a comunicare eventuali modifiche dell’indirizzo di posta elettronica in mancanza delle quali il condomino stesso deve dichiarare di ritenere legittime le comunicazioni inviate all’indirizzo comunicato. La convocazione infine dovrà contenere l’indicazione della data e dell’orario della riunione in prima e in seconda convocazione, il luogo dove si terranno le predette assemblee (che potranno anche essere diversi), i punti all’ordine del giorno da trattare (art. 66 d.a.c.c.)

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e gli eventuali documenti necessari allegati o messi a disposizione.

Quorum costitutivo e deliberativo dell’assemblea Il giorno fissato per la riunione si dovrà preliminarmente procedere alla nomina del Presidente che, con il Segretario dal predetto nominato, verificherà la corretta convocazione dell’assemblea con l’invio della stessa a tutti gli aventi diritto, nonché la presenza di condomini tali da raggiungere il quorum costitutivo necessario indicato nel primo comma dell’art. 1136 c.c. per le riunioni in prima convocazione (2/3 dei millesimi e la maggioranza dei partecipanti al Condominio) e nel terzo comma dell’art. 1136 c.c. per quelle in seconda convocazione (1/3 dei millesimi e 1/3 dei partecipanti al Condominio). Il Presidente dovrà altresì verificare le deleghe conferite che devono necessariamente essere rilasciate con documento scritto. Nei Condominii costituiti da più di 20 condomini non possono essere rilasciate al medesimo soggetto deleghe da parte di altri condomini che rappresentino sia un numero superiore ad 1/5 del totale,

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sia millesimi complessivamente superiori a 200. Il superamento di uno solo dei predetti limiti è consentito. Nel caso di mancato raggiungimento del necessario quorum il Presidente deve dichiarare non costituita l’assemblea stessa che viene quindi contestualmente sciolta. Qualora invece si dovesse verificare la presenza del necessario quorum costitutivo si potrà dar corso alla discussione e alla votazione sui punti all’ordine del giorno, per i quali servirà particolare attenzione a valutare sia gli aventi il diritto alla votazione sui singoli punti sia il quorum deliberativo necessario, che cambia non solo per le assemblee di prima e seconda convocazione, ma anche sulla base della deliberazione da assumere. L’art. 1136 prevede infatti un quorum deliberativo “generico” per le delibere di prima convocazione (maggioranza degli intervenuti e maggioranza del valore) e di seconda convocazione (maggioranza degli intervenuti e un terzo del valore), mentre sia lo stesso articolo 1136 c.c. nei commi successivi, sia altre norme di legge contenute nella sezione relativa alla comunione e al condominio (artt. 1117 ter, 1117 quater, 1120, 1122 bis, 1122 ter), nelle disposizione di attuazione del codice civile (artt. 61, 62, 69, 71 ter, 71 quater, 155 bis), nonché in altre norme speciali (ad esempio la legge 10/81 in materia di riscaldamento e altre ancora), prevedono particolari differenti maggioranze. Come abbiamo visto il quorum minimo per assumere una delibera (in seconda convocazione necessitando un quorum deliberativo maggiore in prima convocazione) è pari alla maggioranza degli intervenuti e almeno a un terzo del valore dell’edificio; quanto sopra significa che non potrà mai ritenersi approvata una delibera condomiANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

niale che non abbia raggiunto un quorum di almeno 333,34 millesimi su 1000. Lo scrivente ritiene tuttavia che, una volta assunta una delibera con il necessario quorum deliberativo, una ulteriore scelta all’interno della delibera stessa (il colore delle ringhiere, il tipo di caselle postali da installare, il genere di siepe da usare a confine del giardino) possa essere legittimamente assunta con una semplice maggioranza dei votanti senza la necessità di raggiungere il quorum di un terzo. Qualora poi la delibera dovesse comportare un impegno di spesa da ripartire in modo diverso dalla tabella dei millesimi generali ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., alla votazione dovranno partecipare i soli condomini tenuti al relativo pagamento e conseguentemente i millesimi totali dovranno essere pari alla somma dei millesimi degli aventi diritti e il calcolo delle maggioranze avverrà conteggiando solamente i predetti.

Verbale assemblea Il settimo comma dell’art. 1136 c.c. prevede la necessità di redigere un verbale della riunione assembleare, senza tuttavia indicare alcuna particolare modalità. Si ritiene opportuno che il verbale venga redatto in modo completo ed esaustivo, in modo tale da poter ricostruire quanto discusso e deliberato anche a distanza di un lungo lasso di tempo. È assolutamente necessario redigere il verbale, sia per quanto riguarda l’assemblea di prima convocazione che per quella di seconda convocazione, anche quando una di esse sia stata dichiarata deserta o sciolta per il mancato raggiungimento del quorum costitutivo. Laddove peraltro si sia trattato dell’assemblea in prima convocazione, senza la presenza di alcun condomino, evidentemente il verbale non potrà che essere redatto e sottoscritto dal solo Amministratore, che dovrà dare atto della mancata presenza di alcun condomino. Negli atri casi sarà il Presidente nominato a dichiarare l’assemblea deserta per mancanza del quorum. Ancorché da un lato sia certamente soluzione migliore quella di redigere il verbale contestualmente alla riunione, dando lettura di quanto verbalizzato su ogni punto, in molti casi, sia per la necessità di una lunga verbalizzazione, sia per le questioni particolari da trattare, sia per l’elevato numero di condomini, sia per la mancanza di strumenti informatici nel luogo della riunione, appare prassi consentita quella di una redazione successiva, con conseguente sottoscrizione della stesso da parte del Presidente e del Segretario, fatta salva peraltro la possibilità per i condomini, una volta ricevuto il verbale stesso, di segnalare eventuali difformità che saranno oggetto di discussione ed eventuale rettifica nella successiva assemblea.

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Avv. Arveno Fumagalli

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Membro del Centro Studi di ANACI Lecco

Appropriazione indebita: perseguibilità a querela, pratica La recente riforma che ha mutato la procedibilità di taluni ipotesi di reato potrà dare notevoli problemi agli operatori per una serie di complicazioni che nella pratica avranno rilevanza per il condominio ed incideranno sulla effettiva tutela dei condomini nei confronti dell’amministratore disonesto. In presenza di una accertata condotta distrattiva dei fondi versati dai condomini sul conto corrente condominiale posta in essere dall’amministratore di condominio, era pacifica in passato la procedibilità d’ufficio in quanto la contestazione del reato veniva qualificata sulla base dalla violazione degli articoli 61, comma 1, n. 11 c.p. e 646 c.p. ovvero “l’appropriazione indebita aggravata” (appropriazione di denaro o di cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto commettendo il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di ospitalità), pacifica la sua procedibilità d’ufficio, almeno fino al 18.04.2018! L’appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. (Cass. Pen. Sez. II, 20/06/2017, n. 40870). La giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen. Sez. II, n. 29451 del 17/05/2013) aveva anche ritenuto che “per la configurazione del delitto di cui all’art. 646 c.p., basta che l’ingiusto profitto sia potenziale, non essendo necessario che esso si realizzi effettivamente, il che emerge pacificamente dal rilievo che la norma richiede solo che il soggetto attivo agisca "per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto”. In altre parole basta per il dolo specifico - che caratterizza la fattispecie - il mero intento di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, a prescindere dalla concreta sua realizzazione”. Con la massima sopra indicata la giurisprudenza aveva infatti ravvisato il fine del profitto nel fatto di chi, revocato dalla carica di amministratore e considerando illegittima la delibera di revoca, continuasse ad amministrare il condominio, il che lo poneva in concreto in condizione di accampare ulteriori pretese o comunque di rendere più difficoltosa (se non di paralizzare) l’amministrazione del condominio stesso, giacché l’ex amministratore continuava a considerarsi amministratore del condominio ritenendo illegittima la delibera assembleare che lo aveva revocato, al punto da invitare i

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L’appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compie un atto di d ominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria

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condomini dissenzienti a sottoscrivere un documento in suo sostegno. Come testé affermato l’ingiusto profitto di cui all’art. 646 c.p., “non deve necessariamente connotarsi in senso patrimoniale” (Cass. Pen. Sez. II, n. 40119 del 22.10.10). L’art. 646 c.p. comma III, nella sua formulazione precedente alla recente riforma in tema di procedibilità per taluni reati contenuta nel d.lgs. n. 36/2018 prevedeva che "Si procede d’ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61”. Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 36 del 10/04/2018, in attuazione alla delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17 della legge 23 giugno 2017, n. 103, è stato modificato il regime di procedibilità per taluni reati. In particolare, i reati interessati dalla novità normativa sono i seguenti (in grassetto i reati che potrebbero avere una certa importanza per gli amministratori di condominio): minaccia; violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale; falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche; falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche; violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni; rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni; truffa; frode informatica; appropriazione indebita. In particolare all’art. 10 viene disposto che “all’articolo 646 del codice penale, approvato con Regio Decreto 19 ottobre ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

1930, n. 1398, il terzo comma è abrogato” e quindi il delitto di appropriazione indebita è ora perseguibile a querela di parte anche se il fatto sia commesso nella sua forma aggravata “su cose possedute a titolo di deposito necessario o ricorra taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell’articolo 61 c.p.” La modifica legislativa ha importanza in quanto, non essendo più il reato di appropriazione indebita commesso dall’amministratore di condominio perseguibile d’ufficio, si porranno non pochi problemi in relazione al difetto di procedibilità dell’azione penale per tardività della querela(1). È importante quindi sapere quale sia il momento iniziale del termine (cd. dies a quo) per proporre querela, perché dal quel momento il soggetto legittimato ha solo tre mesi di tempo per farlo. Normalmente l’utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell’amministratore durante il mandato non profila l’interversione nel possesso, che si manifesta e consuma soltanto quando terminato il mandato le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore. Infatti, avendo l’amministratore la detenzione “nomine alieno” delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell’appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l’interversione nel possesso (Cass. Pen. Sez. II, n. 27363/16) Nella stragrande maggioranza dei casi il termine per la proposizione della querela coinciderà con la cessazione dalla carica di amministratore: da quel momento infatti il condominio e/o il nuovo amministratore potranno prendere cognizione delle condotte appropriative indebite, e lo potranno fare normalmente controllando l’estratto conto del conto corrente condominiale per verificare eventuali omessi versamenti o prelievi per contanti o pagamenti con assegno e/o bonifico non giustificati da obbligazioni derivanti da contratti stipulati con i fornitori del condominio. Di particolare importanza rivestirà quindi la tempestività dei controlli per dare modo al nuovo amministratore di eventualmente esercitare l’azione penale che, in una causa per la restituzione di somme indebitamente percepite, può rappresentare un efficace deterrente per suscitare una “restituzione spontanea” senza dover attendere la fine di un lungo giudizio civile. Ma nell’ipotesi che l’attività appropriativa indebita si realizzi nel corso degli anni con plurimi prelievi di somme di danaro di trascurabile entità, prelievi rispetto ai quali i condomini avevano comunque avuto la disponibilità di consultare gli estratti conto bancari e magari, successivamente, gli stessi condomini hanno approvato (in maniera superficiale) in sede assembleare il rendiconto

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annuale del consuntivo nel quale erano presenti distrazioni indebite di cui nessuno se n’era accorto… saremo ancora in presenza di un reato? E se sì, quale sarà il termine iniziale (dies a quo) per proporre querela? E chi sarà il soggetto legittimato a proporre querela? (l’amministratore disonesto potrebbe essere ancora in carica e appare inverosimile che proponga una querela nei suoi confronti). Il termine per la presentazione della querela inizia a decorrere dal momento in cui la persona offesa ha avuto la piena cognizione di tutti gli elementi di natura oggettiva e soggettiva che consentono la valutazione sulla consumazione del reato (Cass. pen., sez. IV, 3 aprile 2008, n. 13938), ed è proprio con la consegna della documentazione bancaria e dei documenti che giustificano e compongono il rendiconto che i condomini sono messi nella condizione di avere tutti gli elementi per valutare la consumazione o meno del reato. Se i documenti che l’amministratore offre in visione fossero “fasulli” o non regolari ritengo che i condomini non si possano considerare nella piena cognizione di tutti gli elementi di natura oggettiva e soggettiva che consentono la valutazione sulla consumazione del reato, anzi nel caso ipotizzato potrebbero ravvisarsi elementi di un ulteriore reato (artifici e raggiri finalizzati a rappresentare una realtà diversa da quella reale ed occultare il reato commesso), mentre se la documentazione offerta fosse “genuina” e non artefatta e dagli elementi documentali una persona di media preparazione avrebbe dovuto e potuto accorgersi dell’indebito, il termine per proporre querela dovrebbe decorrere da quel momento.

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Chi presenterà la querela per conto del condominio? È un ulteriore elemento su cui riflettere per comprendere ed immaginare ipotesi nelle quali la stessa rischi di essere presentata tardivamente(2). Poiché il condominio degli edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini, la volontà di presentare querela per un fatto lesivo di uno di questi interessi comuni deve esprimersi attraverso tale strumento di gestione collegiale. L’amministratore esplica, come mandatario dei condomini, soltanto le funzioni esecutive, amministrative, di gestione e di tutela dei beni e servizi a lui attribuite dalla legge, dal regolamento di condominio o dall’assemblea, ex artt.1130 e 1131, comma 1, cod. civ., e esclusivamente nell’ambito di queste ha la rappresentanza dei condomini e può agire in giudizio. Anche quando concerne un

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NOTE (1) L’art. 124 c.p. “Salvo che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”. (2) Art 122 c.p.p.: “Quando la legge consente che un atto sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale, la procura deve, a pena di inammissibilità, essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere, oltre alle indicazioni richieste specificamente dalla legge, la determinazione dell'oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. Se la procura è rilasciata per scrittura privata al difensore, la sottoscrizione può essere autenticata dal difensore medesimo. La procura è unita agli atti”. Art 336 c.p.p.: “La querela è proposta mediante dichiarazione nella quale, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, si manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato”.

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fatto lesivo del patrimonio condominiale, la querela non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio e, poiché costituisce un presupposto della validità del promovimento dell’azione penale e non un mezzo di cautela processuale o sostanziale e il relativo diritto compete in via strettamente personale alla persona offesa dal reato, deve escludersi che – in assenza dello speciale mandato previsto dagli artt.122 e 336, cod. proc. pen. - tale diritto possa essere esercitato da un soggetto diverso dal suo titolare. Ne deriva che - per essere valida - la presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale richiede uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea del condomini (Cass. Pen. Sez. 6 n. 2347/16). Ebbene, una volta individuato il soggetto legittimato a presentare la querela non si porranno problemi di procedibilità dell’azione penale se dal momento in cui i condomini sono stati messi nella condizione di avere tutti gli elementi per valutare la consumazione o meno del reato al momento in cui l’amministratore presenti la querela, previa debita autorizzazione dell’assemblea, non siano trascorsi più di tre mesi. Ma quando si fa riferimento al fatto che i “condomini sono stati messi nella condizione di avere tutti gli elementi per valutare la consumazione o meno del reato” dobbiamo considerare (a) tutti i condomini o (b) il primo di essi o (c) l’assemblea: dobbiamo in altri termini considerare quale “dies a quo” il momento nel quale il primo dei condomini sia stato messo in condizione di percepire il reato? O il momento nel quale l’ultimo dei condomini sia stato messo in condizione di percepire il reato? O il momento nel quale l’assemblea dei condomini sia stata messa in condizione di percepire il reato e deliberare in merito? E una volta che tutti i condomini (o l’assemblea condominiale) fossero stati messi nella condizione di avere tutti gli elementi per valutare la consumazione o meno del reato, ma non vi sia ancora un amministratore nominato (in ipotesi non peregrina l’assemblea non è in grado di esprimere una maggioranza per la nomina del nuovo amministratore) e si rendesse necessario una nomina giudiziale… il termine per la querela decorrerà in ogni caso? Vi sono in effetti dei casi limite nei quali sarà interessante verificare quale decisione assumerà la giurisprudenza, soprattutto per verificare se l’estremo formalismo possa condurre in concreto a numerose pronunce di “non luogo a procedere” per difetto di procedibilità dell’azione penale, rendendo impuniti fatti-reato abbastanza frequenti. Nel frattempo il principio di prudenza imporrà agli amministratori di “nuova nomina” ma soprattutto ai condomini un dovere di verifica e controllo maggiore, puntuale e analitico, ciò al fine di prevenire ipotesi delittuose come sopra descritte e tempestive reazioni nel caso si verifichino.

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Dott.ssa Annalisa Annoni

IL PARERE LEGALE

Notaio - In collaborazione con Associazione Notarile della Provincia di Lecco

Riacquisto di un’abitazione in nuda proprietà e agevolazioni “prima casa” Con sentenza n. 17148 del 28 giugno 2018 la Corte di Cassazione, Quinta Sezione Civile, interviene in materia di decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”. Nel caso sottoposto all’esame dalla Corte un contribuente, dopo aver alienato prima del decorso di cinque anni un immobile comprato usufruendo della tassazione agevolata per l’acquisto della “prima casa”, aveva provveduto a riacquistare, entro un anno dall’avvenuta rivendita, una quota indivisa della nuda proprietà di altro immobile abitativo reiterando la richiesta di applicazione delle agevolazioni per l’acquisto dell’abitazione principale. In tal modo il contribuente riteneva di aver evitato la decadenza dalle agevolazioni a suo tempo richieste in sede di tassazione dell’acquisto precedente, fra l’altro avendo il medesimo destinato in modo effettivo il nuovo immobile a propria abitazione principale (seppure in base a circostanze non puntualmente dedotte come si evince dalla Sentenza in parola). A seguito di contestazione dell’intervenuta decadenza da parte della competente Agenzia delle Entrate, il caso è stato sottoposto alla Corte di Cassazione con ricorso dell’A.E. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, di reiezione dell’appello dalla stessa Agenzia proposta contro la sentenza di primo grado che aveva deciso per l’annullamento dell’avviso di

Dopo aver alienato prima del decorso di 5 anni un immobile comprato usufruendo della tassazione agevolata per l’acquisto della “prima casa”, aveva riacquistato una quota indivisa della nuda proprietà di altro immobile abitativo reiterando la richiesta di agevolazioni "prima casa"

NOTE Articolo pubblicato sul web magazine Federnotizie del 30 luglio 2018 a cura della Dott.ssa Annalisa Annoniwww.federnotizie.it

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ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018


IL PARERE LEGALE

liquidazione con cui era stata revocata l’agevolazione I.V.A. per l’acquisto della prima casa. La Cassazione, con una pronuncia che costituisce novità assoluta (in quanto non vi erano state in precedenza ulteriori sentenze in tal senso), asserisce che il riacquisto del solo diritto di nuda proprietà di una unità immobiliare ad uso abitazione non sia sufficiente ad evitare la decadenza relativamente alle agevolazioni richieste in sede di primo acquisto di abitazione rivenduta prima del decorso di cinque anni, seppure il nuovo acquisto venga agevolato come “prima casa” ed intervenga nel termine di un anno dall’avvenuta rivendita come previsto dalla vigente normativa. La Corte di cassazione argomenta la sua decisione evidenziando come l’acquisto della sola nuda proprietà di una nuova abitazione non sia idoneo ad evitare la predetta decadenza perché la legge (quarto comma, nota II bis all’art. 1 Tariffa Parte I Allegata al DPR 131/86) richiede espressamente che il nuovo immobile venga adibito a propria abitazione principale, ed essendo tale previsione normativa prevista in deroga a una ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

decadenza da un beneficio fiscale, si impone una lettura restrittiva della stessa. La Corte ritiene che l’acquisto della nuda proprietà non sia idoneo a trasferire al contribuente poteri di uso e godimento sul bene pieni ed assoluti, non essendo rilevanti, quindi, circostanze relative all’eventuale conseguimento, da parte dell’acquirente medesimo, del diritto di godere e usare l’immobile in questione a seguito della conclusione di altri contratti o, comunque, a seguito dell’autorizzazione concessagli da parte di terzi aventi diritto, perché la destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale deve essere strettamente dipendente dall’idoneità dell’atto di riacquisto a trasferire al contribuente stesso i sopra citati poteri di uso e godimento pieni ed assoluti sul bene immobile. In via teorica la pronuncia della Corte può essere ritenuta corretta, bisogna però ricordare che la prassi finora conosciuta e applicata ha sempre ammesso l’acquisto della nuda proprietà di un nuovo immobile abitativo quale acquisto utile ad evitare la decadenza dalle agevolazioni “prima casa” inerente il primo acquisto, e ciò nel presupposto che la normativa sopra richiamata nulla prevede in merito all’oggetto/tipologia del diritto del riacquisto e che ben può accadere che il nudo proprietario destini realmente il nuovo immobile a propria abitazione principale, prassi però contestata dalla Sentenza in parola. Nonostante questo orientamento sia ancora isolato l’operatore, in casi simili a quello sopra esposto, dovrà prestare particolare attenzione e, quanto meno, dovrà rendere edotti i clienti del rischio che il loro nuovo acquisto, inerente il solo diritto di nuda proprietà di immobile abitativo, non venga considerato idoneo dall’Agenzia delle Entrate ai fini di scongiurare la decadenza dalle agevolazioni richieste in sede di primo acquisto infraquinquennale.

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Prof. Arch. Annalisa Galante

IL PARERE TECNICO

Membro del Centro Studi e Consulente Tecnico ANACI Lecco

Veicoli elettrici: il futuro (prossimo) delle auto da ricaricare Vista la recente emergenza ambientale che ha bloccato per qualche giorno, in anticipo di 1 anno anche i Diesel euro 4, qualche mese fa lessi un articolo su Corriere innovazione dal titolo “10 motivi per scegliere l’auto elettrica” di Giulia Cimpanelli, li ripropongo qui in sintesi (in corsivo), con qualche riflessione. 1. I consumi Ogni unità di energia della batteria viene trasmessa al 90% alle ruote (con un 10% di dispersione), per i carburanti il rapporto scende fra il 25 e il 40%. Per 100 km una vettura elettrica può consumare tra 10 e 21 kWh di energia, con un costo medio da 3 a 6 euro nel caso di ricarica domestica e tra 5 e 10,5 euro in caso di ricarica super veloce. Oggi è ancora così, tra un paio di anni quando l’unico carburante disponibile sarà l’energia elettrica, presumo cresceranno, ma non credo possano arrivare ai 25 euro medi di una macchina endotermica, senza considerare i costi di manutenzione notevolmente ridotti. 2. Pieno a zero euro con il fotovoltaico O meglio “con le rinnovabili”, non dimentichiamo l’eolico! Certo che, con un impianto privato (o pubblico nel caso di parcheggi o aziendale) e un buon accumulo, il “pieno” può essere gratuito. Se pensiamo ai veicoli come “batterie” itineranti, con le nuove tecnologie di collegamento bidirezionale (V2G, ovvero Vehicle to Grid) ogni auto connessa potrà trasformarsi in “venditore” di energia, cedendola alla rete nei momenti di picco della richiesta. 3. Agevolazioni alla circolazione L’auto elettrica gode di agevolazioni alla circolazione. Quasi tutte le grandi città italiane consentono ai veicoli Ev di accedere e circolare liberamente nei centri storici (eccetto le aree pedonalizzate) e senza spese per l’accesso dove le aree Ztl siano a pagamento, come a Milano. Non sono mai soggette ai blocchi di traffico per sforamento dei parametri di inquinamento. 4. Niente bollo Nella maggior parte delle Regioni italiane il veicolo elettrico è esentato dal pagamento del bollo di circolazione. In molte città è prevista anche l’esenzione dal pagamento del parcheggio che comunque è gratuito negli appositi spazi riservati durante la ricarica delle batterie. Esente per 3 anni anche il bollo alle autovetture bifuel, ibride e benzina acquistate rottamando una vettura diesel. 5. Polizza scontata Quasi tutte le compagnie assicurative prevedono tariffe agevolate per le auto elettriche. Gli sconti oscillano mediamente fra il 30 e il 40% sul

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Gli amministratori di condominio potranno veramente fare la differenza nel comparto dei trasporti che è responsabile del 30% delle emissioni inquinanti? La risposta la possiamo trovare nei numeri

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costo della polizza. Evidentemente con l’elettrico si fanno meno incidenti... 6. Per non inquinare Le auto elettriche non emettono gas tossici, in particolare il biossido di azoto (NO2) prodotto dalla combustione di idrocarburi. Certi è che se l’energia elettrica che usiamo per alimentare i veicoli elettrici arriva da centrali termoelettriche dislocate in grandi centri, l’inquinamento è solo spostato… Auspicabile, quindi, che la ricarica avvenga con energia prodotta da rinnovabili. 7. Niente polveri sottili Le auto elettriche non emettono polveri sottili, o ne emettono in misura enormemente minore rispetto alle auto endotermiche. Nelle auto elettriche non c’è alcuna combustione e le parti metalliche in movimento (quindi soggette a usura) sono poche decine contro duemila circa di un’auto tradizionale. 8. L’energia elettrica è «pulita» Le auto elettriche hanno un impatto inferiore sul surriscaldamento globale. Infatti, non emettono direttamente alcun gas serra (CO2) poiché, in marcia, non bruciano carburanti fossili. La quota di energia elettrica “pulita” in Italia è pari al 30-32%, nel mondo al 20% circa. Nella fase di produzione, le auto elettriche utilizzano circa il 25% di energia in più (a causa delle batterie), ma il maggior impatto ambientale si azzera entro i primi 2-3 anni di utilizzo e diventa positivo in quelli successivi. 9. Si risparmia sulla manutenzione L’auto elettrica richiede pochissima manutenzione. Come abbiamo visto l’usura meccanica è minima, il motore è semplicissimo e non necessita di regolazioni, non si surriscalda e quindi non utilizza liquidi di raffreddamento o lubrificazione e filtri. Di sicuro il mondo della meccanica subirà un avanzamento tecnologico elevato, è vero che le auto elettriche non hanno parti che si usurano (salvo gli pneumatici), ma ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

sono gestite da centraline elettroniche molto sofisticate e normalmente connesse in rete, e i futuri “elettro-meccanici” dovranno saperci mettere le mani. 10. Incentivi all’acquisto Il Governo centrale e quelli Regionali a brevissimo vareranno incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici. Gli incentivi non saranno solo per l’acquisto di veicoli, ma anche per l’installazione delle stazioni di ricarica.

Qualche numero sullo sviluppo attuale Nel 2017 sono state vendute 4.827 auto elettriche (0,24% del totale), ma nel solo primo semestre del 2018 ne sono state immatricolate 4.129, ovvero un +89% (dati E-mobility report 2018, Energy & Strategy Group Politecnico di Milano), segnale di una crescita non indifferente del mercato. Chi possiede un veicolo diesel dal 1° ottobre 2018 in 570 Comuni lombardi banditi gli Euro 3 nei giorni feriali, fino a una rapida dismissione delle auto diesel Euro 4 a partire da ottobre 2019 a Milano, che si estenderà entro ottobre 2020 anche in tutta la Lombardia. Si prevede, quindi, un ricambio del parco auto molto rapido nel prossimo anno e mezzo. Uno studio commissionato da Unrae al Censis e un sondaggio, elaborato da Quintegia, ha intervistato un gruppo di 1.366 potenziali acquirenti italiani d'auto tra i 25 e i 65 anni da cui è emerso che l'elettrico è desiderato dal 50% degli intervistati; meglio ancora l'ibrido (61%), mentre il Gpl conquista il 43%.

Potenziali di sviluppo Gli amministratori di condominio potranno veramente fare la differenza nel comparto dei trasporti che è responsabile del 30% delle emissioni inquinanti? La risposta la possiamo trovare nei numeri. Considerando che il 48% delle stazioni di ricarica in Italia si trova al Nord (dati E-mobility report 2018, Energy & Strategy Group Politecnico di Milano), possiamo considerare il bacino lombardo come rappresentativo dei maggiori potenziali di sviluppo delle infrastrutture. Gli associati ANACI della Lombardia sono oltre 2.000 (dati ANACI Lombardia), considerando ragionevolmente che entro il 2019 solo la metà degli amministratori riceverà una richiesta per l’installazione di una stazione di ricarica (per esempio nel garage privato o nel parcheggio condominiale libero e senza turnazione) in almeno 3 dei condomini che amministra, il potenziale minimo stimato di punti di ricarica installabili è pari a quasi 5.000, ovvero alla metà di quelli installati totali (pubblici e privati) in tutta Italia ad oggi! Se estendiamo il calcolo considerando gli associati ANACI a livello nazionale, oltre 7.550 (dati ANACI), considerando il 50% degli associati che ricevono richieste per almeno 3 condomini, arriviamo a potenziali stimati di 17.500 punti di ricarica, ovvero 2,5 volte i numeri degli attuali punti di ricarica privati e 6 volte i numeri di quelle pubbliche installate fino al 2018.

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1. Ritiro regolare della corrispondenza presso il tuo studio + un numero di telefono a te dedicato per le urgenze a qualsiasi ora! (Tu e la tua segretaria non dovrete più perder temSR LQ ¿OD DOOD SRVWD 1RQ q ULFKLHVWD QHVVXQD TXDQWLWj PLQLPD 2. Servizio di Stampa e Imbustamento con pieno controllo sulle spedizioni (al contrario dei VRIWZDUH FKH WURYL VXL JHVWLRQDOL 3. Compilazione di TUTTA la modulistica, velina di partenza e ricevute di ritorno con la massima cura e precisione proprio come lo faresti TU! 4. Le raccomandate prevedono sempre DUE tentativi di consegna (se il destinatario fa ¿QWD GL QRQ DYHU YLVWR O¶DYYLVR GL JLDFHQ]D DQFKH WUH /H JLDFHQ]H YHQJRQR ULFRQVHJQDWH DO GHVWLQDWDULR VX DSSXQWDPHQWR FRQFRUGDWR VHYL]LR PROWR DSSUH]]DWR GD FKL ULFHYH OD UDFFRPDQGDWD 5. Le ricevute di ritorno sono nelle tue mani in 1 massimo 2 giorni successivi alla consegna! ( OD FRUULVSRQGHQ]D LPSRVVLELOH GD FRQVHJQDUH WL YLHQH UHVWLWXLWD FRQ OH PRWLYD]LRQL 5($/, FKH GHWHUPLQDQR O¶LPSRVVLELOLWj GL FRQVHJQDUH 6. Fatturazione D ¿QH PHVH GLYLVD SHU FRQGRPLQL 7. Hai ben 2 referenti dedicati: 1 per la tua corrispondenza, 1 per tutte le esigenze commerFLDOL H DPPLQLVWUDWLYH EDVWD FDOO FHQWHU FKH WL IDQQR SHUGHUH WHPSR


Dott. Walter Cattagni

IL PARERE TECNICO

Direttore Laboratorio analisi - Esperto di qualità delle acqua

Il controllo dell'acqua di rete nel condominio

È importante garantire una adeguata manutenzione delle reti idriche per impedire o minimizzare fenomeni di usura e di degradazione dell’acqua in esse presente

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È ormai risaputo che il gestore del servizio idrico deve garantire che l’acqua fornita per il consumo umano rispetti i requisiti di legge (d.lgs. 31/01 e s.m.i.) fino al punto di consegna della stessa, cioè al contatore. Da questo punto in poi è responsabilità del gestore del condominio (l’amministratore) garantire il mantenimento di tali requisiti dal punto di consegna fino al rubinetto dell’utente. I fattori che possono causare la modifica delle caratteristiche dell’acqua di rete sono quasi sempre legati alla presenza

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di “attrezzature” poste dopo il punto di consegna dell’acqua. A titolo di esempio possiamo citare gli impianti di trasporto (tubazioni, autoclavi), di trattamento (addolcitori, sistemi di filtrazione), di accumulo (serbatoi). Per tutti è importante garantire una adeguata manutenzione al fine di impedire o minimizzare fenomeni di usura degli stessi e di degradazione dell’acqua in essi presente. Infatti, una cattiva manutenzione degli impianti o addirittura l’assenza della stessa, è la causa frequente del peggioramento della qualità dell’acqua. Per esempio, nel caso dei serbatoi di accumulo, di sistemi di filtrazione o di parti dell’impianto di trasporto inutilizzate per lungo tempo, è facilmente riscontrabile la formazione sulle pareti interne di biofilm, cioè uno strato sottile costituito da microorganismi ancorati alle pareti stesse, i quali, in un ambiente che è favorevole al loro sviluppo, causano il degrado qualitativo dell’acqua. Nel caso della produzione di acqua calda sanitaria con impianto centralizzato, il trasporto e l’accumulo della stessa nei serbatoi crea spesso le condizioni favorevoli allo sviluppo di batteri tra cui la Legionella. Essa è un batterio aerobio patogeno normalmente presente in piccola quantità nell’acqua che nell’intervallo di temperatura compreso tra 20 e 45 gradi centigradi e in presenza di sostanza organica trova le condizioni favorevoli al proprio sviluppo. L’infezione, chiamata legionellosi e causata dal batterio Legionella pneumophila che è il principale agente patogeno di questo gruppo, viene contratta dall’uomo attraverso l’inalazione dell’aerosol di acqua contaminata. È quindi importante effettuare la manutenzione periodica degli impianti così come dei serbatoi di accumulo dell’acqua calda sanitaria che costituiscono di fatto un buon habitat per lo sviluppo della Legionella. Attraverso la pulizia e sanificazione del serbatoio si impedisce al batterio di trovare le condizioni utili al proprio sviluppo. È altrettanto importante prevenire situazioni di rischio per gli utenti attraverso il monitoraggio periodico dell’acqua condominiale. Esso deve essere fatto nei punti critici dell’impianto (solitamente i serbatoi di accumulo, i serbatoi delle autoclavi, i sistemi di filtrazione) e alle utenze finali (il rubinetto di casa). Per quanto riguarda più in generale il monitoraggio della qualità dell’acqua, oltre ai punti critici appena citati, non è ovviamente possibile esaminare tutte le utenze finali del condominio. Si possono tuttavia ottenere indicazioni utili, ad esempio, confrontando campioni prelevati lontano dal punto di consegna (ultimi piani) con quelli prelevati vicino al contatore (piano terra o primi piani). La frequenza dei controlli da eseguire dipenderà dalla complessità della rete di distribuzione interna dell’acqua e dalle apparecchiature installate.

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Arch. Massimo Rondelli

IL PARERE TECNICO

Segretario Generale di ALF - Associazione Lavori su Fune

Lavori su fune in condominio: SECONDA tra rischi e opportunità Come già indicato nel precedente articolo, la possibilità di utilizzare la tecnica dei lavori su fune per interventi edilizi, quali semplici riparazioni o interventi più importanti, deve essere sempre correttamente valutata dal punto di vista tecnico e del rispetto della normativa vigente legata alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Qualora non si eseguano piccoli e limitati interventi, ma interventi più impegnativi e più onerosi dal punto di vista tecnico, diventa necessario effettuare le valutazioni tecniche e di sicurezza così come previsto dall’art. 90 c. 1 del d.lgs 81/08 e s.m.i (obblighi del committente o del responsabile dei lavori), unitamente al rispetto dei principi e delle misure generali di tutela di cui all’art. 15 del d.lgs 81/08 e s.m.i. È del tutto evidente che questo tipo di valutazioni debba essere effettuato da personale tecnico competente prima della delibera di affidamento dei lavori e non dopo “magari nominando in corsa un Coordinatore per la sicurezza…”, ove ad esempio la stessa nomina potrebbe non necessitare in virtù di quanto previsto dal titolo IV del d.lgs 81/08 e s.m.i. Le valutazioni tecniche possono essere di diverso tipo, così come quelle contrattuali, ma in linea generale devono tendere a giustificare, in buona parte dei casi quando si tratta di interventi sulle superfici opache verticali (facciate condominiali), il mancato utilizzo del ponteggio. La sola valutazione legata al risparmio economico non è sufficiente a giustificare la scelta di utilizzo della tecnica dei lavori su fune, anche se è quasi sempre la più utilizzata per l’affidamento di tali interventi. È decisamente ovvio che, in molti casi, la soluzione proposta inerente l’utilizzo della metodologia richiamata può risultare più conveniente dal punto di vista economico, ma, è necessario comprendere che questa soluzione ove proposta non può far aumentare i rischi per i lavoratori impiegati nell’attività prevista. Ci sono casi in cui, anche per lavori di ripristino più impegnativi (si pensi alle riparazioni corticali dei manufatti in calcestruzzo armato di una certa consistenza) è complicato utilizzare ponteggi o istallazioni fisse, o altri in cui il le strutture edilizie di appoggio, dopo una verifica, non consentono di utilizzare una struttura fissa quale il ponteggio tubolare di facciata, in sicurezza. In tali ambiti l’utilizzo della tecnica dei lavori su fune può risultare compatibile con quanto evidenziato in questo articolo. Pertanto, qualora l’amministratore del condominio dovesse decidere di proporre ai condomini l’esecuzione di un intervento di ripristino impegnativo da eseguirsi con la tecnica dei lavori su fune sulle fac-

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P A R T E

Qualora non si eseguano piccoli e limitati interventi, ma interventi più impegnativi e più onerosi dal punto di vista tecnico, diventa necessario effettuare le valutazioni tecniche e di sicurezza così come previsto dall’art. 90 comma 1 del d.lgs 81/08

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IL PARERE TECNICO

ciate condominiali, dovrà necessariamente effettuare le seguenti attività preliminari: • verificare l’idoneità tecnico professionale delle aziende interpellate, con specifica attenzione ai requisiti previsti dall’allegato XVII del D.lgs 81/08 e riguardo ai percorsi formativi riferiti al personale impiegato; • effettuare, mediante tecnico incaricato (che può essere colui che in futuro riceve l’incarico di Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione) le valutazioni tecniche e di sicurezza sui luoghi di lavoro, al fine di giustificare l’intervento proposto; • verificare se la tipologia di intervento previsto rientra tra quelli di cui al titolo V del d.lgs 81/08 e s.m.i., con obbligo di coordinamento per la sicurezza; • effettuare le valutazioni di tipo contrattuale, in virtù di quanto

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emerso durante la valutazione tecnica e di sicurezza. Quanto sopra diventa necessario, affinchè l’amministratore possa fornire tutti i chiarimenti dovuti in sede di delibera, poiché le mancate valutazioni possono esporre lo stesso a responsabilità civili e penali, oltre a esporre il condominio a rischi di risarcimento danni in caso di gravi infortuni. È giusto altresì precisare a carattere generale, che il PSC (Piano di Sicurezza e di Coordinamento) è un documento che deve essere redatto prima della richiesta di presentazione delle offerte, così come previsto dall’art. 91 c. 1 del d.lgs 81/08 e s.m.i.. In merito alla responsabilità dell’amministratore di condominio, si ritiene opportuno citare una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, la quale non riguarda esplicitamente l’affidamento di lavori su funi, ma gli aspetti legati al mancato rispetto di quanto previsto dal D.lgs 81/08 e s.m.i. (Cassazione Penale, Sez. 4, 03 febbraio 2017, n. 5281 - Responsabilità del committente - capo condominio per la caduta da un ponteggio di un dipendente della ditta aggiudicataria delle opere di rifacimento del prospetto del condominio). Nel prossimo articolo, forniremo indicazioni sulle modalità di esecuzione del controllo dei requisiti di idoneità tecnico professionale delle imprese che si intendono contattare per l’affidamento e l’esecuzione di interventi con la tecnica dei lavori su fune, chiarendo altresì aspetti legati all’utilizzo di singoli lavoratori autonomi ed al rischio che questo aspetto comporta.

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Geom. Simona Frigerio

IL PARERE TECNICO

Formatore di ANACI Lecco - Esperta di Linee vita

Lavori sul tetto condominiale: come farli in sicurezza L’amministratore di condominio ha un ruolo chiave nella “vita condominiale” in quanto gestisce gran parte dei problemi e delle esigenze che si creano e che riguardano le parti comuni. Ad esempio, i lavori di manutenzione effettuati nei condomini sono spesso gestiti dagli amministratori che si occupano delle pratiche relative ai lavori. Poiché il Condominio deve assicurare che chi esegue i lavori lo possa fare in sicurezza, l’amministratore dovrà preoccuparsi che gli interventi vengano fatti secondo le norme vigenti e senza rischi né per gli addetti ai lavori né per gli abitanti del condominio. Tra i lavori che spesso coinvolgono i condomini, ci sono interventi che presuppongono l’uscita sul tetto condominiale come la manutenzione dei coppi o delle tegole, la riparazione di antenne, la manutenzione e/o riparazione di camini e l’installazione di pannelli solari o fotovoltaici.

Lavori sui tetti condominiali: la normativa sulla sicurezza Secondo il d.lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza) l’installazione di dispositivi di ancoraggio permanenti (linea vita) è obbligatoria quando la copertura diventa ‘luogo di lavoro’. Per individuare i fattori utili alla determinazione delle misure di prevenzione e protezione necessarie all’eliminazione o alla riduzione dei rischi durante lo svolgimento delle attività in copertura è necessario effettuare un’analisi che permetta di identificare gli elementi caratteristici delle coperture. La valutazione del rischio, oltre agli aspetti di sicurezza riguardanti le lavorazioni da eseguire, deve tenere conto delle caratteristiche intrinseche della copertura come: geometria, inclinazione, percorso in quota, praticabilità, presenza e ubicazione dei sistemi di ancoraggio permanenti, tipologia dei bordi perimetrali (protetti/non protetti), tipologia di accesso o sbarco. La sicurezza di ogni operazione deve essere garantita già dall’accesso alla copertura: in generale sono da preferirsi accessi dall’interno del fabbricato utilizzando aperture su superfici verticali, inclinate o a soffitto. Tali aperture devono garantire un agevole passaggio delle persone e dei materiali.

Il condominio deve assicurare che chi esegue i lavori lo possa fare in sicurezza, l’amministratore dovrà preoccuparsi che gli interventi vengano fatti secondo le norme vigenti e senza rischi né per gli addetti ai lavori, né per gli abitanti del condominio

L’installazione di Linee Vita: cosa, come e perché Spazzacamino, lattonieri e antennisti sono solo alcuni dei profili

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IL PARERE TECNICO

esposti al rischio di caduta nel corso della propria attività lavorativa. In particolare, viene considerato lavoro in quota un’attività svolta ad un’altezza superiore ai due metri rispetto ad un piano stabile. Secondo le statistiche dell’Inail, le cadute dall’alto sono fra le principali cause di morte sul lavoro: fra i più colpiti si trovano uomini residenti in Italia Settentrionale con un’età compresa fra i 35 e i 49 anni.

Le conseguenze di una caduta È chiaro da subito che tali mansioni sottopongono i lavoratori a rischi e pericoli che possono tramutarsi in incidenti anche gravi. La caduta di un operatore genera una forza di arresto forte al punto tale da poter compromettere gli organi interni del corpo, così come possibile è il rischio di impatto contro una parete o un ostacolo per via dell’effetto pendolo. Ancora, l’operatore potrebbe subire gravi danni all’apparato circolatorio qualora ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

rimanesse sospeso per molto tempo prima del recupero. Viste le serie conseguenze sopra elencate, risulta chiaro che la miglior arma per la sicurezza di chi opera in quota è la prevenzione: è necessario fare il possibile per evitare la caduta. Per questo deve essere prevista l’installazione di sistemi finalizzati a tutelare gli addetti ai lavori contro le cadute dalla copertura: i sistemi di protezione collettiva, quali per esempio i parapetti, sono la prima soluzione consigliata, trattandosi di una protezione sempre attiva ed in grado di proteggere più lavoratori contemporaneamente. Quando non è possibile seguire questa strada, allora devono essere predisposti sistemi di protezione individuale, composti da ancoraggi ai quali ancorare dispositivi di protezione individuale (DPI 3° categoria).

Quando installare una linea vita: leggi e norme Oltre al Decreto Legislativo 81, che richiede di prevedere misure di sicurezza a protezione degli operatori in quota e che rimanda alle norme tecniche UNI 11560, UNI 11578, UNI 11158, alcune Regioni Italiane hanno legiferato in merito. La prima è stata la Toscana, seguita da Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Lombardia e poi ancora da Liguria, Umbria, Sicilia, Marche e Sardegna. Dopo l’installazione di una linea vita è inoltre fondamentale effettuarne il collaudo e periodiche revisioni.

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Dott.ssa Raffaella Figini

IL PARERE FISCALE

Dottore Commercialista e Consulente fiscale del Centro Studi diANACI Lecco

La fatturazione elettronica: dal 2019 anche verso i privati Una data importante, quella del 1 gennaio 2019. Entrerà infatti in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica per tutte le fatture emesse a seguito di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, anche per le operazioni effettuate da privati. Infatti, l’obbligo di fattura elettronica (ricordiamo essere stato introdotto dalla legge 27.12.2017, n. 205/Legge di Bilancio 2018), vale sia nel caso in cui l’operazione sia effettuata tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione sia effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer). Da queste premesse, si deduce che il condominio è soggetto interessato a tale cambiamento epocale, non tanto per l’emissione (prevista in pochi casi) quanto dal lato passivo, come soggetto che riceve le fatture.

Come funziona e cos'è Da qualche settimana il sito dell’Agenzia ha pubblicato una serie di guide pratiche per i contribuenti che parte spiegando il concetto di fattura elettronica, si sofferma sulle modalità di recapito e spiega i diversi software rilasciati dall’Agenzia stessa. Inoltre la guida intitolata «La fattura elettronica e i servizi gratuiti dell’Agenzia delle Entrate» l’Agenzia spiega chi sono i soggetti interessati a quelli esclusi e i vantaggi alle indicazioni per emettere in maniera corretta una e-fattura. L’Agenzia ha fornito gratuitamente diversi servizi che consentono di predisporre, inviare, ricevere e conservare le fatture elettroniche, che necessitano di essere conservate in maniera sicura e non alterabile. È altresi prevista la funzione che consente di consultare ed acquisire le fatture emesse e ricevute. La fattura elettronica è una fattura a tutti gli effetti che si differenzia dalla classica fattura cartacea in quanto: • necessita di essere redatta tramite pc, tablet o smartphone; • deve essere trasmessa elettronicamente al cliente tramite il cd. Sistema di Interscambio (SdI). Il SdI viene equiparato dall’Agenzia delle Entrate a un postino che: effettua una prima verifica circa il contenuto dei dati fiscali obbligatori (previsti dall’artt. 21 ovvero 21-bis, D.P.R. 26.10.1972, n. 633); • controlla l’esistenza dell’indirizzo telematico (cd. «codice destinatario»/ indirizzo Pec) fornito dal cliente, sul quale desidera che venga recapitata la fattura; • controlla che la partita Iva del fornitore e la partita Iva ovvero il Codice fiscale del cliente siano esistenti. Una volta effettuati tali controlli (ovviamente con esito positivo), si passa

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Il condominio è soggetto interessato a questo cambiamento epocale, non tanto per l’emissione, quanto come soggetto che riceve le fatture

alla fase di invio. Chi ha trasmesso la fattura riceverà comunicando, con una «ricevuta di recapito», con la data e l’ora di consegna del documento. A titolo informativo sono esonerati dall’emissione della fattura elettronica solo i contribuenti in «regime di vantaggio» di cui all'art. 27, co. 1 e 2, D.L. 6.7.2011, n. 98, conv. con modif. dalla L. 15.7.2011, n. 111, e quelli che rientrano nel cosiddetto «regime forfetario» di cui all'art. 1, co. da 54 a 89, L. 23.12.2014, n. 190 che comunque possono emettere le fatture elettroniche seguendo le disposizioni del Provv. Agenzia Entrate 30.4.2018. Attenzione: sono esonerati dall’emissione, ma non alla ricezione!

I programmi dell'AdE Abbiamo detto che serve un pc/tablet o smartphone. Poi serve un programma che consente la compilazione del file nel forANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018


IL PARERE FISCALE

mato XML previsto dal Provv. Agenzia delle Entrate 30.4.2018. L’Agenzia delle Entrate ci viene incontro con 3 tipi di programmi per predisporre le fatture elettroniche, tutti gratuiti: • una procedura web con accesso a «Fatture e Corrispettivi» del sito internet dell’Agenzia; • un’App per tablet e smartphone, denominata Fatturae, scaricabile dagli store Android o Apple; • un software scaricabile su PC. Per le prime 2 soluzioni occorre essere connessi a una rete. Le diverse software house stanno proponendo software privati, in alcuni casi connessi ai gestionali utilizzati dagli operatori per predisporre e registrare in contabilità le fatture.

Predisposizione e invio Si precisa che tali passaggi si riferiscono alla predisposizione della fattura elettronica tramite servizio web delle Entrate. Il primo passo è avere le credenziali SPID oppure Fisconline/Entratel o CNS, che possono essere richieste online sul sito internet o presso gli Uffici dell’AdE. Una volta identificati occorre entrare nell’area «Fatture e Corrispettivi» presente sul sito internet dell’AdE. Al primo accesso occorre verificare i dati del fornitore che la procedura riporta in automatico recuperandoli dall’Anagrafe Tributaria. L’unico campo non modificabile è la partita Iva, mentre gli altri dati possono essere variati. Una volta salvati i dati riportati nella schermata, la stessa non verrà più riproposta per la compilazione delle successive fatture. Per poter emettere la fattura occorre inserire i dati del cliente. Fondamentale è il campo «Codice Destinatario» da compilare sempre. Potrà essere un indirizzo pec, un codice alfanumerico di 7 cifre che ci avrà comunicato il cliente e nel caso in cui non venga comunicato nulla (o sia un privato o un operatore non tenuto ad emettere fatture elettroniche) il «Codice Destinatario» sarà «0000000». Il codice destinatario è in ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018

sostanza il recapito dove verrà inviata la fattura. Terminato l’inserimento delle anagrafiche, si procederà come una normale fattura indicando la natura, la quantità e la qualità del bene ceduto o del servizio prestato, nonché i valori dell’imponibile, dell’aliquota Iva e dell’imposta (ovvero, nel caso di operazioni esenti, non imponibili ecc., l’apposito codice che identifica la «natura» dell’operazione ai fini Iva). Terminato l’inserimento si procederà al controllo dei dati inseriti e si salverà il file in formato obbligatorio XML, visualizzabile anche in formato PDF. Il file che viene trasmesso tramite SdI è sempre quello in formato XML. Abbiamo finalmente generato il nostro file in XML, ma occorre inviarle tramite il SdI. Altri canali non sono ammessi e di fatto se non vengono inviate tramite SdI le fatture sono considerate non emesse. La guida delle Entrate ricorda ai soggetti interessati che per trasmettere al SdI il file XML della fattura elettronica ci sono diverse modalità: • un servizio on-line presente nel portale «Fatture e Corrispettivi» che consente l’upload del file XML preventivamente predisposto e salvato sul proprio PC; • la procedura web ovvero l’App Fatturae messe a disposizione gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate; • una Pec, inviando il file della fattura come allegato del messaggio di Pec all’indirizzo «sdi01@pec.fatturapa.it»; • un canale telematico (FTP o Web Service) preventivamente attivato con il SdI; la guida delle Entrate precisa che la creazione di un «canale telematico» FTP o Web Service dovrà essere effettuata solo se un’azienda intende creare un canale telematico dedicato e sempre attivo (canale di tipo FTP o Web-Service) tra i suoi server e il Sistema di Interscambio. Questa procedura, quindi, è rivolta agli operatori caratterizzati da un particolare grado di informatizzazione e che devono trasmettere un numero molto rilevante di file fatture elettroniche. L’invio può essere effettuato direttamente oppure si può provvedere a far inviare la fattura (per proprio conto) da un soggetto terzo, solitamente un intermediario o un provider che offre servizi specifici proprio di trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche.

Controlli del SdI I controlli non finiscono qui. Infatti il SdI controlla che: • siano presenti almeno le informazioni obbligatorie ovvero gli estremi identificativi del fornitore e del cliente, il numero e la data della fattura, la descrizione della natura, quantità e qualità del bene ceduto o del servizio prestato, l’imponibile, l’aliquota e l’Iva; • ulteriore controllo sull’esistenza delle parti, presso l’Anagrafe tributaria; • sia inserito il campo «Codice Destinatario»; • ci sia coerenza tra i valori dell’imponibile, dell’aliquota e dell’Iva (ad esempio, se l’imponibile è € 100 e l’aliquota è 22%, l’Iva sia di € 22) quindi potrebbero esserci problemi con gli arrotondamenti.

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IL PARERE FISCALE

Ricevuta di scarto. Il SdI invia al soggetto che ha messo il file una ricevuta di scarto con indicato il codice e, molto sinteticamente, il motivo dello scarto stesso. La ricevuta di scarto viene trasmessa dal SdI alla medesima Pec o al medesimo canale telematico (FTP o Web Service) da cui ha ricevuto la fattura elettronica. Occorrerà correggere l’errore segnalato e inviare nuovamente al SdI il file della fattura corretta. Fattura elettronica corretta. Se i controlli vanno a buon fine, il SdI recapita la fattura elettronica all’indirizzo telematico che legge nel file della fattura (campi «Codice Destinatario» e «PEC Destinatario») e invia al soggetto che ha trasmesso il file una ricevuta di consegna all’interno della quale sono indicate la data e l’ora esatta in cui è avvenuta la consegna. Un duplicato della fattura elettronica è sempre messo a disposizione sia del cliente che del fornitore nelle loro rispettive aree riservate di «Consultazione - Dati rilevanti ai fini IVA» del portale «Fatture e Corrispettivi». Il duplicato della fattura elettronica ha lo stesso valore giuridico del file originale della fattura.

Per gli amministratori di condominio Ricevimento di una fattura elettronica dal SdI – questa è la parte che maggiormente interessa gli amministratori di condominio. Il SdI consegna la fattura elettronica all’indirizzo telematico presente nella fattura stessa. Di conseguenza, la fattura elettronica verrà recapitata: • alla casella Pec; • al canale telematico (FTP o Web Service) da lui gestito o gestito da un soggetto terzo, all’uopo demandato che il cliente avrà comunicato al suo fornitore e che quest’ultimo (o il suo intermediario) avrà correttamente riportato nella fattura. Il SdI non controlla se i dati anagrafici della fattura e l’indirizzo Pec o sul canale telematico (FTP o Web Service) sono riconducibili al cliente. Occorre pertanto essere precisi nell’indicazione di tali dati al proprio fornitore. In sostanza, una volta che il fornitore emetterà e trasmetterà la fattura elettronica allo SdI, quest’ultimo provvederà a metterla a disposizione del cessionario/ Condòminio nella sua area riservata del sito web dell’agenzia delle Entrate. È comunque concesso al consumatore finale di richiedere al cedente copia del documento contabile in formato cartaceo. L’amministratore provvederà, quindi, alla ricezione delle singole fatture elettroniche di ogni condominio amministrato, nell’area riservata del sito AdE. Codice bidimensionale (QRCode) – cenni che interessano all’amministratore contribuente. Ad oggi, per i soggetti privati, vi è l’impossibilità di utilizzare il codice il QR Code. Di conseguenza, si pone l’obbligo all’amministratore di utilizzare il canale messo a disposizione dall’Agenzia per lo scarico delle fatture. Gli operatori titolari di partita Iva possono registrare preventivamente presso il SdI l’indirizzo telematico dove desiderano ricevere le loro fatture e generare e portare con sé un codice bidimensionale (QRCode) contenente il numero di partita Iva, tutti i dati anagrafici e l’indirizzo telematico di default comunicato preventivamente al SdI. Generando il QRCode, poi, si avrà a disposizione di fatto una sorta di “biglietto da visita” che potrà

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essere portato con sé o sullo smartphone sotto forma di immagine oppure su carta: mostrandolo al fornitore (come oggi si fa con la tessera sanitaria quando si effettua una spesa medica), quest’ultimo potrà leggere e acquisire il numero di partita Iva del cliente, i suoi dati anagrafici e il suo indirizzo telematico (solo se il cliente ha prima utilizzato il servizio di registrazione). Attenzione: ogni volta che variamo un dato, varia il QRCode, da rigenerare. Il codice a sette cifre e la Pec – cenni che interessano all’amministratore contribuente. Nella fase di registrazione si può abbinare alla propria partita iva un indirizzo telematico (PEC o Codice Destinatario di 7 cifre identificativo di un canale FTP o Web Service) dove ricevere sempre tutte le fatture elettroniche, indipendentemente dall’indirizzo telematico che il fornitore avrà inserito nella fattura. Pertanto, se si è utilizzato questo servizio, il SdI ignorerà l’indirizzo riportato in fattura e consegnerà la stessa all’indirizzo abbinato alla partita Iva. Conservazione delle fatture elettroniche. L’art. 39, D.P.R. 633/1972 impone che le fatture elettroniche vengano conservate elettronicamente. Anche questo servizio viene fornito gratuitamente dall’Ade ed è accessibile dall’utente dalla sua area riservata del portale «Fatture e Corrispettivi». Il problema dell’amministratore di condominio è prevalentemente la ricezione delle fatture, che ad oggi verrebbero spedite nell’area riservata del condominio sul sito dell’AdE. Un vantaggio potrebbe essere il passaggio delle consegne, in quanto l’amministratore entrante non dipende (da questo punto di vista) da quello uscente avendo a disposizione da subito tutte le fatture. Il condominio, in quanto soggetto privato, può chiedere copia cartacea della fattura (che comunque deve essere trasmessa tramite SdI). Sogei in audizione alla commissione Finanze alla Camera ha assicurato che sono al lavoro per apportare dei correttivi e migliorare la consultazione per le fatture B2C, non resta che attendere e sperare! ANACI LECCO n.12 | Lug-Set 2018



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