la baita de Lugagnan n4_2016

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la baita de Lugagnan Gruppo Alpini Lugagnano - Associazione Museo Storico Baita Monte Baldo

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Sezione di Verona

Anno 5 - Numero 4

Notiziario Bimestrale Luglio/Agosto 2016

Per un “giovane Alpino”, un’adunata è... l’adunata di Asti, vissuta e raccontata da un giovane alpino del nostro gruppo

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ono passate poche ore dall’89esima Adunata di Asti e già la nostalgia di questi giorni si fa sentire. Il pensiero infatti, in maniera quasi automatica, va all’edizione numero 90 che si svolgerà dal 12 al 14 Maggio 2017 a Treviso. Poco lontano da casa nostra quindi, ma il fattore distanza non ha mai rappresentato un problema per gli Alpini. Più distante si è più si passa il tempo assieme e più i ricordi rimangono vividi e forti. Volendo andare un po’ più in là con la curiosità e, perché no, con la speranza. Aleggia sulle nostre penne una possibilità: il 2020, anno del centenario della sezione di Verona, consegnerà l’Adunata alla nostra amata città? Ci speriamo! Sarebbe un evento da consegnare ai posteri! Parliamo di quanto vissuto in questi giorni di adunata 2016. Asti è una città piccola molto accogliente. Il centro storico è molto carino e ricco di vita. Come ad ogni occasione gli Alpini hanno portato una ventata di entusiasmo, di allegria e gioia di vivere. Oltre ad un impulso straordinario all’economia locale, fattore non indifferente! Delle calde e entusiaste parole dello speaker, durante la sfilata, una raccomandazione mi è rimasta scolpita nella memoria. “…senza lasciarci andare alla retorica...”. Questa la frase che mi ha fatto pensare. Vero… Lasciamo stare la retorica… Lasciamo perdere le affermazioni che gli alpini sono i migliori di tutti, che gli alpini sono tutti brava gente, che senza gli alpini l’Italia non andrebbe avanti, che gli alpini sono eroi… Alla fine gli alpini non sono altro che una rappresentanza di cittadini italiani che, finita l’adunata, s’immerge nuovamente nella quotidianità delle proprie città, dei propri luoghi di lavoro, delle proprie comunità, della propria vita. Non sono speciali, non sono extraterrestri, non sono i migliori di tutti. Non sono esenti dai difetti che colpiscono il genere umano e non sono estranei alle difficoltà del vivere quotidiano che portano i rapporti tra le persone a “sfilacciarsi”, a diventare più “instabili”, a perdere di vista le cose importanti delle relazioni umane, a far emergere in maniera spropositata l’ego e l’autorealizzazione personale sopra a tutto. Non sto dicendo che gli alpini sono così. Così spesso sono gli uomini e gli alpini altro non sono che uomini. Ma l’adunata è un talismano… E’ un evento e, per la maggior parte degli alpini che vi partecipano e per il loro immaginario collettivo, un punto zero da cui ripartire. È una ripartenza che dura qualche giorno, all’interno della quale cadono tabù personali, luoghi comuni, invidie, diffidenze, bramosie di protagonismo, distacco emotivo. E’ un concentrato di voglia di vivere che, sotto l’insegna del simbolo alpino per eccellenza rappresentato dal nostro cappello, esplode in tutta la sua irruenza! Questa esplosione emoziona, ti fa

stare allegro, ti fa essere ben disposto, ti fa essere socievole, ti fa essere aperto alla relazione, ti fa sparire la diffidenza che ti porti dentro… E tutto ciò è contagioso e coinvolgente! Questo coinvolgimento arriva al cuore dei cittadini delle città in cui si svolge l’adunata. E non solo al loro portafoglio come qualcuno, malignamente, potrebbe affermare… La manifestazione massima di questa ritrovata voglia di vivere e di relazionarsi è rappresentata dalla sfilata. Anche quella di

Il prossimo numero sarà disponibile, presso la Baita di Lugagnano a partire dal 15 settembre 2016, o sul nostro sito www.analugagnanovr.it. Vi invitiamo a ritirarlo e diffonderlo, grazie.


Anno 5 - Numero 4 Luglio/Agosto 2016 la baita de Lugagnan Asti, come quella di Pordenone di due anni fa o dell’Aquila dell’anno scorso, ha regalato emozioni agli alpini. Da poco mi sono avvicinato alle adunate, pur essendo un alpino di mezza età che 30 anni fa aveva fatto la naja nella Julia. Ma mi sento di poter dire che, salvo problemi insormontabili, da qui in avanti non ne mancherò una! Lo senti il calore delle persone…ti entra nella pelle… Lo percepisci che dietro un grazie non c’è retorica ma stima e affetto… Un applauso è un gesto spontaneo che viene dal cuore… Caspita, ma quanto bello è emozionarsi alle adunate?!!! Sfatiamo anche il luogo comune degli alpini ubriaconi… “In Vino Veritas” dicevano i greci. Il vino stimola l’aggregazione, la compagnia, la voglia di stare assieme. Il bicchiere di vino è un rito che accumuna le persone, è uno stimolo ad un gesto spontaneo, è un dono che si fa ad un amico o ad un ospite. Il berne qualcuno in più “olia” i meccanismi della relazione, la rende più spontanea, fa cadere la diffidenza, predispone l’animo ad un incontro senza barriere, “stimola” l’allegria. Tutti componenti necessari al successo di una adunata! Ad Asti, così come a Pordenone o all’Aquila, le poche scene di degrado che ho visto non avevano come protagonisti gli alpini. Sono passati tanti anni da tempi in cui gli alpini erano chiamati a sfide drammatiche ed estremamente dure quali quelle generate dai conflitti mondiali. Allora si trattava di difendere i confini nazionali o combattere su fronti lontani come la Grecia o la Russia. Si trattava di mettere in gioco

e difendere non solo la patria ma la stessa propria vita. In queste situazioni sono nate storie epiche e memorabili, che hanno contribuito a creare il mito delle Penne Nere. Gli alpini dei giorni nostri sono chiamati ad altri tipi di sfide. Non c’è un nemico a cui sparare, non c’è un paese a cui fare la guerra. Esiste però un amico molto più subdolo da combattere: l’indifferenza! Uno stato d’animo che non si addice agli alpini chiamati quotidianamente a gestire iniziative sociali, a prendersi cura dell’ambiente, a fare parte della Protezione Civile, a fare cultura civica nelle scuole, a mantenere viva la memoria storica e quella delle tradizioni, a intervenire prontamente in caso di calamità naturali, a fare proprie le cause più difficili, ad avere prontezza d’animo, capacità di adattamento e spirito di iniziativa. Anche senza la guerra, giorno per giorno nel nostro tempo, si scrivono pagine di storie di vita epiche. E’ in questo modo che gli alpini rinnovano, con il proprio paese, il profondo legame di affetto e di rispetto. E’ per questo che il cappello rappresenta un simbolo straordinario a cui molti si ispirano e a cui è riconosciuta da sempre una grande positività. Senza retorica, come diceva lo speaker… Senza trionfalismi… Con le maniche arrotolate e in silenzio… Nello stile delle Penne Nere! Quando senti l’affetto della gente mentre sfili e ti emozioni per questo ti senti orgoglioso di essere un Alpino! Alfredo Cottini

Le quinte elementari in visita al museo

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resso il Museo Storico degli Alpini “Baita Montebaldo” sono state organizzate, alla fine di maggio, delle visite guidate per le classi quinte elementari della scuola “Silvio Pellico” di Lugagnano. I ragazzi sono stati accompagnati dalle loro insegnanti: Mazzi Nicoletta, Zampieri Mariclara, Perbellini Katia e Pontani Paloma. Grazie alla guida del generale Roberto Rossini e di Giovanni Laorno, Albino Turata, Roberto Giacomi, Roberto Cristini, i ragazzi hanno avuto la possibilità di visitare il Museo Storico, ricco di strumenti di lavoro utilizzati nel passato e facenti parte dell’economia d’altri tempi. Gli alunni hanno potuto osservare, nella parte inferiore della Baita, una grande quantità di oggetti riguardanti la vita quotidiana di un tempo, strumenti per il lavoro nei campi, le prime fabbriche della pasta (è presente una vecchia macchina per la produzione della pasta della famiglia Mazzi). C’è pure uno spazio, dove sono presenti numerose radiotrasmittenti della seconda guerra mondiale, che sono state raccolte da un appassionato, Giovanni Laorno. Egli ha avuto modo di mostrare ai ragazzi il loro funzionamento attraverso l’alfabeto Morse. Ci sono pure numerosi reperti bellici della prima e della seconda guerra mondiale, armamenti ed equipaggiamenti dei soldati. Il secondo momento della visita è stato incentrato sulla proiezione di un “video” riguardante la storia e la vita degli alpini. Si è parlato di loro come gente rude, che vive all’aperto, abituata alle fatiche. Questo corpo militare è stato posto alle frontiere della Patria con il compito di difendere i confini con l’aiuto dei muli e muniti di uno zaino particolarmente pesante, detto “armadio”. Gli alpini sono stati impiegati nei principali avvenimenti storici come le due guerre mondiali; sono ora impegnati in missioni di pace come in Afghanistan, Bosnia, Libano… e presenti nella protezione civile per interventi di aiuto alle popolazioni al verificarsi di catastrofi naturali come forti terremoti o alluvioni. Il video è stato commentato con grande passione dal generale Roberto Rossini, che ha risposto alle domande dei ragazzi e delle insegnanti. Questa iniziativa didattica è stata interessante e merita di essere ripetuta anche negli anni scolastici futuri e allargata ad

altre classi e scuole del nostro territorio. Tutti i ragazzi hanno seguito con vivo interesse e partecipazione ogni aspetto del Museo degli alpini concentrandosi in particolare sul funzionamento delle numerose radiotrasmittenti presenti all’interno dello spazio espositivo. Roberto Giacomi


notizie..... PIERO DI GIUSTO E LUIGI BERTAGNA

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paracadutisti

l giorno 19 maggio 2016 nella Baita degli Alpini di Lugagnano si è tenuta una serata culturale dal titolo “Da Pordenone e da Valeggio a El Alamein”. L’argomento è stato introdotto e presentato dallo scrittore Umberto Massaro, autore di un libro che racconta le vicende belliche vissute sulla propria pelle da Pietro Di Giusto e Luigi Bertagna, paracadutisti in terra d’Africa dal 1942 al 1945. Attraverso l’uso di immagini il generale Roberto Rossini ha puntualmente fatto un’inquadratura storica di quel periodo, ricordando gli episodi più significativi della guerra sostenuta dalle forze militari dell’Asse (Germania e Italia) sulle coste settentrionali del continente africano. L’aspetto più emozionante è stata l’esperienza portata dal paracadutista della Folgore, Luigi Bertagna di Valeggio. Egli ricorda con un po’ di commozione che “il tormento più grande era la mancanza d’acqua. Ne avevamo in dotazione un litro a testa al giorno, ovvero la nostra borraccia e cercavamo di risparmiarla per quanto possibile. Il più delle volte sapeva di nafta poiché, nella cronica mancanza di mezzi e materiali che affliggeva l’esercito italiano, il trasporto dell’acqua era fatto con le taniche della nafta abbandonate dai tedeschi”. Di notte i più fortunati, durante le pattuglie, “bevevano l’acqua dei radiatori dei camion distrutti”. Il rancio era costituito da minestrone, quando arrivava, ma il più delle volte era dato da “scatolette e gallette che non facevano altro che aumentare la nostra arsura”. Il suo racconto era veramente ricco di emozione e aggiungeva “eravamo letteralmente torturati

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dalle mosche: nugoli di questi odiosi insetti, molto piccoli e aggressivi, entravano perfino in bocca. Tutto l’insieme, clima, rancio e acqua portavano poi fatalmente alla dissenteria che ci sfibrava”. Luigi Bertagna ci ha poi raccontato l’episodio della ferita alla mano destra causatagli dallo scoppio di una granata. In un primo momento non si preoccupò, ma poi la ferita s’infettò e fu così costretto a ricorrere alle cure mediche (c’era la possibilità che venisse amputato un dito). Per fortuna questo non accadde, un medico tedesco gli praticò un profondo taglio nel dito da cui uscì una grande quantità di pus e sangue nero. Così la ferita si rimarginò, ma il dito rimase offeso e ora rappresenta la sua ferita di guerra. Durante la ritirata dopo la battaglia di El Alamein percorse più di mille chilometri e fu anche fatto prigioniero dagli inglesi. Luigi Bertagna ha ricordato ai presenti che del gruppo di amici e reduci, con i quali, tante volte si era incontrato, ora è rimasto solo. “Sono però felice – ha aggiunto – quando posso raccontare le mie vicende ad appassionati e studenti, sono sempre ascoltato con molta partecipazione. Serbo un bellissimo ricordo e la speranza che quanto da noi vissuto non vada perduto e non sia stato vano”. La serata ha avuto una buona partecipazione di pubblico e sono state fatte numerose domande sia all’autore del libro Umberto Massaro (che ha avuto la possibilità di vendere alcune copie del suo libro per scopi benefici) che al reduce della battaglia di El Alamein, Luigi Bertagna. Roberto Giacomi

terra

d’Africa

Foto di Luigi Bertagna ai tempi della promozione a Caporal Maggiore dei paracadutisti


La Storia dei battaglioni alpini.. a cura di Luigi Sala

Prosegue la descrizione dei Battaglioni Alpini, in ordine alfabetico, mettendo se possibile una cartolina che attesti il Battaglione descritto e tutte le informazioni in nostro possesso, buona lettura. BATTAGLIONE EXILLES

Il Battaglione EXILLES con la 31ª, 32ª, 33ª e 84ª Compagnia venne costituito nel 1889 alle dipendenze del 3° Reggimento. Memorabile la conquista del Monte Nero, posizione austriaca considerata inespugnabile. Nella notte senza luna tra il 15 e il 16 giugno del 1915, sei compagnie dei battaglioni alpini piemontesi Susa ed Exilles partono all’assalto della vetta del Monte Nero. Si tratta nei fatti di un colpo di mano e gli ordini per i plotoni sono chiari: arrampicarsi, stare sotto, non mancare un solo passo per non perdere contatto, silenzio assoluto, non tossire, non chiamarsi neppure sottovoce e attenzione a non smuovere sassi. Nel 1917 dopo aver trascorso un periodo di trincea sulle posizioni del M. Corno di Vallarsa, l’Exilles si trasferisce a Schio e per ferrovia in val Lagarina, ad Ala. Il reparto fu utilizzato per lavori al passo Buole. Nel 1918 dopo vari fronti venne impiegato a Feltre dove dopo un po’ di tempo arrivò la notizia della firma dell’armistizio. Dal 1936 al 1937 partecipò alla campagna d’Etiopia. Fu sciolto nel 1943. Nappina verde.

BATTAGLIONE FELTRE

grafica: M.Masotto - stampa: Fotoliber

Il Battaglione Feltre con le compagnie 64ª, 65ª, 66ª fu costituito nel 1886 dal Deposito del 6º Reggimento Alpini. Poi passò al 7º Reggimento nel 1887. Partecipò alla campagna di Libia. Nella Prima Guerra Mondiale lo troviamo nei vari siti tra i quali la Val Brenta, Colle San Giovanni, e Vittorio Veneto. Nel ‘19 e ’20 impegnato in operazioni in Albania. Nella Seconda Guerra Mondiale sui fronti del Montenegro e Greco-Albanese. Fu sciolto nel 1943. Ricostituito nel dopoguerra è ancora oggi presente nel 7° Reggimento Alpini Brigata Julia. Nappina bianca.


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