L'Indipendente - Gennaio 2022

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Anno I • Num. 0 • Gennaio 2022

Fondatore Antonio F. Ingrassia

di Marco Lo Dico (Presidente Ass. Cult. "Siculomania")

Anno nuovo, editore nuovo

N

ovità in casa L'Indipendente. Da questa edizione di gennaio - con cui riparte la numerazione da zero - la testata ha un nuovo editore: l'associazione culturale "Siculomania". Il cambio di proprietà non comporterà cambiamenti rilevanti per quanto riguarda la linea editoriale che si svilupperà in continuità con quella seguita sinora, con al centro dell'attenzione sempre la Sicilia. La continuità viene assicurata anche dalla riconferma del Direttore Responsabile. Per quanto riguarda la distribuzione, invece, già da questo numero ci sono delle novità: il mensile arriverà in tutte le 9 province dell'Isola. L'ambizione della nuova proprietà è quella di fare de L'Indipendente il mensile di tutti i siciliani o, per lo meno, di quelli che hanno particolarmente a cuore questa terra e la sua gente.

Accordo Stato-Regione: l’ennesima truffa MASSIMO COSTA

MARIA VERA GENCHI

I

l governo Musumeci a dicembre ha affermato di avere raggiunto un accordo importante con lo Stato per le finanze regionali. I giornali italiani hanno parlato di Regione, addirittura, “salvata” dallo Stato. Ma come stanno realmente le cose? La realtà è che stanno vendendo due elemosine e molte promesse come chissà che. La stessa Regione, nel proprio Documento di Economia e Finanza, quantifica in 20 miliardi (una cifra spaventosa), l’obolo – lo hanno chiamato proprio così – che la Sicilia paga ogni anno all’Italia. E la stessa Regione, in un proprio documento, stima in ben 6 miliardi e mezzo l’anno il costo dell’insularità. E che accordo hanno raggiunto a fronte di questo sfacelo? Vediamolo, in breve. 1. Dal 2012 la Sicilia paga un tributo incostituzionale, chiamato “contributo al risanamento della finanza pubblica erariale”, spaventoso, il secondo in Italia in assoluto dopo la Lombardia, il primo pro capite fra le altre regioni, che ha raggiunto il picco di

Si laurea per la terza volta a 89 anni. «Perseverate, non è mai troppo tardi»

1,3 miliardi e che attualmente era di 1 miliardo. Ora scende a 800 milioni (semplicemente un contentino perché i bilanci di Regione e Comuni siciliani non si chiudevano più). Ricordiamo che fino al 2011, cioè fino al “golpe” di Monti, questo saccheggio delle nostre risorse non esisteva. Fu introdotto per il “fiscal compact”, trattato che però mai nessuno si è sognato di applicare, perché semplicemente impossibile. 2. Per chiudere il bilancio in corso di approvazione lo Stato dà altri 66 milioni, una tantum. Su un bilancio di circa 24 miliardi. In proporzione è come se una famiglia che ha 2.000 euro di spese non comprimibili e non ha entrate suf-

ficienti a coprirle venisse aiutata con una carta da 5 euro. 3. Sui 6,5 miliardi di costo dell’insularità, lo Stato concede 100 milioni (gli stessi già concessi per le zone franche montane, in verità) e gli altri ce li scriviamo nel colletto. Lo sanno, e per questo dicono che è solo un “acconto” in attesa di futuri accordi. Ma un acconto che per lo Stato sarà certamente un saldo, o di cui non vedremo MAI il saldo, c’è da giurarci. 4. Per tutto il resto c’è una promessa: attueremo in tempi brevi lo Statuto in materia finanziaria, ma nel frattempo tutto resta com’è! E sono solo promesse. [ ... ] ...continua a pag. 3

89 anni ma una lucidità, memoria e voglia di fare invidiabile. Angelo Censoplano ha conseguito, nella sessione estiva, la sua terza laurea: una specialistica in “Compliance, Sviluppo aziendale e prevenzione del crimine” al Dipartimento di Scienze Politiche e relazioni internazionali di Palermo. 105 su 110, i complimenti del Rettore dell’ateneo e migliaia di condivisioni sui social. «Accarezzavo questo sogno sin da bambino. Mi sono iscritto nel 2013, ma non ci speravo più di tanto dovendo sostenere il test d’ingresso – spiega Angelo, mentre ricorda ogni dettaglio - Ricordo il primo giorno in cui ho messo piede all’università. [ ... ]

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pag. 3 ...segue dalla prima /1

Accordo Stato-Regione: l’ennesima truffa [ .... ] Ci si riempie la bocca e fa bene alla salute. Speriamo, in detta attuazione, che si ricordino che lo Statuto prevede la regionalizzazione dell’Agenzia delle Entrate, riscossione inclusa, che nel frattempo però hanno graziosamente regalato allo Stato dal 2021. 5. Nel 2015 la Regione di Crocetta ha cancellato 7 miliardi di crediti verso lo Stato (regalo!) e addirittura li ha trasformati con la bacchetta magica in “debiti”, che dobbiamo

restituire in 30 anni in comode rate (i nostri crediti!); ebbene su questi crediti diventati debiti lo Stato ci concede una dilazione. Ma allora la Commissione d’indagine su questo furto il vicepresidente Armao che l’ha fatta a fare? 6. Sempre nelle promesse (da “marinaio”), lo Stato riconosce alla Sicilia di poter manovrare le imposte creando una fiscalità di sviluppo, come previsto dallo Statuto all’art. 36, solo che… non si sa quando ciò sarà

possibile. Per ora no! Lo Statuto addirittura prevedrebbe che la Regione possa mettere tributi sostitutivi di quelli erariali, ma anche solo modificare aliquote, detrazione e deduzioni sarebbe già qualcosa. Intanto ci sono le promesse, domani chissà. 7. Sono scuciti circa 80 milioni l’anno alle province siciliane per sistemare strade e scuole (il cui costo sarebbe di non meno di 4 miliardi l’anno per almeno 5 anni). E l’art. 38 dello Statuto che prevede un Fondo di Solidarietà Nazionale

per colmare il gap infrastrutturale? Non pervenuto. 8. Sarà attuata la Costituzione che imporrebbe allo Stato di definire i “livelli essenziali di prestazioni” ai cittadini (dal 2001) e la Sicilia parteciperà a questa definizione. Solo che per ora resta tutto com’è, e non si sa quando ciò avverrà. Del resto dalla riforma costituzionale che prevedeva questo adempimento sono passati solo vent’anni, troppo presto… In cambio di tutto ciò la Sicilia accetterà il “regionalismo

differenziato”, che unisce governatori del nord leghisti e piddini, con cui aumenteranno i servizi a favore dei cittadini residenti nelle regioni settentrionali e queste introiteranno anche i tributi che sono maturati in Sicilia (ad esempio Unicredit con gli sportelli ex Banco di Sicilia) e che il nostro Statuto prevede al contrario che siano nostri. Quando ti accorgi che l’Italia riesce ad essere peggiore dell’Unione Europea come strozzinaggio…

...segue dalla prima /2

Si laurea per la terza volta a 89 anni. «Perseverate, non è mai troppo tardi» [ ... ] Viale delle scienze, precisamente edificio 19, aula 1. La sala era piena piena, i ragazzi erano seduti persino sui gradini. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua alla mia età». Qualcuno quel primo giorno lo scambia per professore, ma quando confessa di essere uno studente parte l’applauso generale. «Per me è stato un incoraggiamento – afferma - il mio timore iniziale era che data l’età mi sfottessero. Invece è stato tutto l’opposto, venivano da me a chiedere consigli, a volte rimanevo dieci ore in viale delle Scienze e tra una lezione e l’altra andavamo con i colleghi a mensa».

Cinque figli, una famiglia dalle origini umili, la terza media e una carriera da radiotelegrafista all’interno dell’Arma dei Carabinieri. «All’età di 18 anni mi sono arruolato nell’Arma. Facevo il radiotelegrafista, mi occupavo di trasmettere a distanza attraverso l’alfabeto morse. – racconta Angelo - Mi dedicavo alla riparazione dei ponti radio dell’Arma e dei ricetrasmettitori». Verona, Gorizia, la Sardegna negli anni della lotta al banditismo sardo. Il matrimonio con Agnese e, dopo vent’anni di servizio in giro per l’Italia, il ritorno nella città natale: Terrasini, tra l’azienda

familiare e la politica. «Alla mia età si vive di piccole cose – conclude - non conta più il denaro, dopo una vita di lavorare, faticare, di impegnarsi fino allo spasimo per migliorare la propria condizione economica e sociale arrivi a un certo punto e dici: “ma che cosa ho fatto?”». E ai ragazzi che sentono la pressione dello studio e guardando avanti vedono un futuro poco rassicurante dice: «Non mollate mai! Di fronte a qualsiasi difficoltà insistete, perseverate, lottate, non ci sono altre strade; rinunciare significa abbandonare per sempre eventuali traguardi. Non è mai troppo tardi: continuate, studiate che sarete appagati, sarete gratificati».

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Palmeri Abbate: quel condottiero morto col nome di "Sicilia" sulle labbra VALERIO LO GIUDICE

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uerre del Vespro. Era il 14 giugno del 1300. Lo scenario è quello della sfortunata, seppur combattuta dai siciliani con coraggio e onore, battaglia navale di Ponza. 27 galee siciliane comandate dall’Ammiraglio del Regno Corrado Doria contro ben 59 galee nemiche della coalizione anti siciliana formata dal Papato, dal regno di Napoli suo feudo, dalla Francia, dai Guelfi e persino dall’Aragona, al comando del grande Ammiraglio Ruggero di Lauria.

I siciliani quel giorno peccarono di presunzione, un uomo come Ruggero di Lauria andava affrontato con estrema prudenza e solo in condizioni favorevoli, invece si partì pieni di ardore allo sbaraglio contro un nemico in superiorità numerica e tattica. La flotta siciliana, pur battendosi valorosamente, fu sopraffatta. Proprio in questa circostanza fu catturato il condottiero Palmeri Abbate. Di lui scrive lo storico Michele Amari: “Fu preso a Ponza combattendo, tutto lacero e sanguinoso; lo gettarono prima in una prigione e poi nel fondo di una galea, ove, aggravatesi le ferite senza che ricevesse

Ignoto del XIX secolo “Battaglia Navale”

nessuna cura e struggendosi l’animo nel vedersi in quella triste condizione, per quella Patria, la Sicilia, cui aveva dedicato la vita in vent’anni trascorsi tra pericoli, guerre e affari di Stato; e alla vista di Catania morì (il nemico lo stava trasportando prigioniero in Sicilia) col nome di Sicilia sulle labbra. Roberto d’Angiò volle onorare quel grande siciliano con un funerale solenne e una degna sepoltura nel Duomo di Catania”.


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@ H B H K H @ CH CN L@ MH R @ Q Z PT@ K D MN H K @ U N F K H @ LN O@ B H E H B @ K @ AN Q H N R @ Q H B B @ E D K H B D R D MY @ S H Q @ MMH D R D MY @ R E Q TS S @ S N Q H

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La barba di Babbo Natale e altro ancora SANDRA VITA GUDDO

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ffascinante la barba di Babbo Natale così fluente, candida e morbida! Ma provate a immaginare per un attimo cosa accadrebbe se a Babbo Natale venisse ordinato di tagliarsi la barba… forse una rivolta popolare o magari una mobilitazione generale di tutti i bambini del mondo! Non vi allarmate; oggi nessuno può pensare a una simile circostanza. Eppure, c’è stato un tempo in cui tutto ciò è accaduto realmente, nel periodo in cui la Russia era governata dallo zar Pietro il Grande (1672/ 1725). Lo zar, nel 1698, introdusse una tassa per chi si ostinava a portare la barba. Questa iniziativa fu vissuta male da certi nobili e dal clero che si piegò a pagare la tassa a suon di rubli. Le casse dello stato si riempirono molto facilmente al punto che – si vocifera - la città di San Pietroburgo venne costruita grazie a questa tassa davvero bizzarra! Ma, senza andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, una faccenda simile

si è verificata in Sicilia, nel periodo successivo all’Unità d’Italia (1861). Accadde che qualche buontempone di prefetto o qualche zelante funzionario statale venuto dal nord, come vento di tramontana, ordinasse che i braccianti, i contadini, i minatori e pescatori, non dovessero portare né barba, né baffi, consentiti soltanto ai galantuomini e ai nobili. Il motivo? Avere barba fluente e lunghi baffi arricciati, come li portava Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia (1861/1878), era segno di prestigio sociale e di appartenenza alla nobiltà se non addirittura sigillo di regalità e di santità. Era quindi un privilegio, un segno distintivo consentito soltanto ai più abbienti. Tutti gli altri, appartenenti alle classi sociali più deboli, erano obbligati a radersi per evitare un’ulteriore tassa che andava ad appesantire la già debole economia siciliana. Il motivo potrebbe però anche essere un altro: mantenere riconoscibili i volti dei briganti. Nella Sicilia postunitaria si scatenarono rivolte popolari contro i nuovi

Life and Death, Digital Painting by Gianluca Gambino aka Tenia

dominatori che avevano vessato il popolo con leggi ingiuste e tasse esorbitanti. La reazione non tardò ad arrivare. Tutti i moti popolari e le manifestazioni pacifiche dei lavoratori, riuniti nei Fasci Siciliani, furono

spenti nel sangue e i sopravvissuti furono perseguitati, arrestati, condannati al carcere duro o alle deportazioni. Coloro che erano riusciti a sfuggire alla morte o all’arresto, si diedero alla macchia alimentando il fenomeno noto come brigantaggio. Era più semplice individuare e catturare i fuggiaschi se avessero avuto il volto scoperto e rasato piuttosto che nascosto da abbandonate peluria. In fondo, si trattava di pericolosi briganti e di spietati assassini che meritavano le pene più severe, dopo processi sommari, in una Sicilia dove venne applicata per volontà del primo ministro Francesco Crispi la dichiarazione dello stato d’assedio il 13 gennaio del 1894. Così, passò per buona l’interpretazione storica che bolla con un marchio di fuoco questi siciliani, quando al posto di briganti potrebbero essere considerati eroi resistenti a leggi ingiuste e dolorose. Ma tornando alla barba, ecco tirate le somme: se un governo dovesse chiedere ai suoi abitanti di raderla, DIFFIDATE!

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Più di un simbolo. Dalla Siberia all'Isola di Man. Il mistero dell’origine e della diffusione della Triscele. MARIA SVIRIDENKO

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a triscele o triskelis è un antico simbolo, formato da 3 spirali unite in un punto centrale, solo successivamente rappresentato con un essere con tre gambe. Custodisce molteplici e profondi significati, legati alla mitologia, ripresi da altre culture nel corso della storia. Alcuni storici sostengono che si tratti del simbolo celtico, altri parlano della tradizione orientale indoeuropea. Un movimento ciclico e quindi eterno, che nasce e muore in eterno, distruggendosi e rigenerandosi, ruotando su se stesso. La triscele, già diffusa sulle monete di paesi orientali dell’antica Grecia, apparve per la prima volta anche in Sicilia sulla monetazione siracusana del III secolo a.C. Nel corso dei secoli divenne l’emblema geografico del-

l’isola e fu adottata dal Parlamento Siciliano come parte integrante della bandiera siciliana, dove è stata posta al centro della bandiera, “una triscele color carnato, con il gorgoneion e le spighe. Il drappo ha gli stessi colori dello stemma: rosso aranciato e giallo”. Lo stesso simbolo lo troviamo sulla bandiera dell’Isola di Man, alla quale la triscele è stata associata almeno dal XIII secolo. La grande somiglianza tra la triscele siciliana e quella dell’Isola di Man è stata oggetto di molte discussioni per diversi secoli. La presenza dei normanni in Sicilia, comunque, chiarisce in parte la somiglianza delle due bandiere. La triscele è presente anche negli stemmi di varie dinastie nobili d’Europa. Un dato sorprendente, ancor più interessante è la presenza di questo simbolo sulla bandiera della piccola lontana provincia siberiana Ust-Orda Buryat Okrug.


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Basta violenza sulle donne FONSO GENCHI

IL CONVEGNO

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el 2019, ultimo anno di cui si hanno le statistiche ufficiali (EuroStat), in Europa sono state uccise 1.421 donne, una media di una ogni sei ore. L'Italia, per fortuna, è tra le nazioni in cui il tasso di omicidi volontari di persone di sesso femminile per centomila abitanti è tra i più bassi: 0,36; in Europa meglio fanno solo la Grecia (0,34) e l'Irlanda (0,32). Le peggiori statistiche si hanno in Lettonia (addirittura 4,06 ogni 100 mila abitanti), a Cipro (2,23), in Montenegro (1,59), in Lituania (1,47), a Malta (1,24), in Finlandia (1,07); poi seguono gli altri Paesi, tutti sotto l'unità. Il 18 febbraio, a Barcellona Pozzo di Gotto, si avrà la possibilità di assistere a "Stop alla violenza sulle donne", un convegno nel corso del quale non si parlerà solo astrattamente di questa tematica ma si ascolteranno le esperienze vissute in prima persona da chi è sopravvissuta e le testimonianze di familiari che hanno perso mamme o figlie. Il convegno, che avrà luogo

a partire dalle 16,00 al Parco Maggiore La Rosa, è stato fortemente voluto dalla professoressa Michela Di Dio che così ci riferisce le motivazioni che l'hanno spinta a organizzare questa importante iniziativa: "Da docente, da cittadina, e come mamma reputo che sia un compito doveroso cercare di consegnare alle giovani generazioni una società migliore, soprattutto in questo delicato periodo storico. Mi sono spesso occupata di tematiche di legalità e la piaga del femminicidio ormai è quotidiana. Il mio desiderio era un convegno diverso dal solito, che facesse breccia nel cuore dei partecipanti. Un giorno ho conosciuto queste splendide e

coraggiose mamme. Loro danno voce a chi voce non ne ha più. Danno voce alle loro figlie. Dobbiamo unirci a Loro. Con il dottor Marco Lo Dico, presidente dell'ass. culturale Siculomania, che promuove il convegno, abbiamo convenuto che non bisogna "dare voce" solo il 25 novembre (ndr: data in cui si celebra la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne) ma sempre. Ogni giorno. Noi inizieremo il 18 febbraio con l'obiettivo di continuare. Pitagora affermava: "Educa i bambini e non sarà necessario punire gli adulti". Detto questo, dobbiamo impegnarci ad informare, educare, soprattutto,

alla prevenzione". Il moderatore del convegno sarà il dottor Massimo Sole, che ha sofferto, con la sua famiglia, le conseguenze di un altro tipo di violenza, quella mafiosa. Il fratello Giammatteo nel 1995 fu torturato, strangolato, ucciso e poi bruciato dai mafiosi solo perché frequentava una comitiva in cui c'era anche il figlio di un boss loro rivale. Dottor Sole, quali riflessioni comuni possono generare la tragedia dell'uccisione di suo fratello Giammatteo, vittima innocente, e le tragedie che hanno come vittime le donne? "La prima riflessione, come familiare che ha subito una violenza, è sicuramente il sa-

pere dell'atrocità che ha vissuto la vittima, il solo pensiero lacera l'anima. Un'altra riflessione è sicuramente la tragicità che vive la famiglia e la disperazione di chi resta nel dopo e dover convivere quotidianamente con il dolore di chi non c'è più, nel mio caso parlo da fratello, vedersi rubato il suo compagno di gioco, di scuola, di avventure e ritrovarsi a pensare il perché di tutta questa crudeltà umana, vedere come i genitori all'improvviso si spengono nel dolore per una morte così assurda; si, perché se fosse stato un incidente stradale o una malattia sarebbe sempre un dolore, ma si accetterebbe diversamente. Mi vengono in mente Vera Squadrito, mamma di Giordana e Giovanna Zizzo, mamma di Laura. Poi è anche vero, oggi sono un genitore anch'io, perdere un figlio è sempre una circostanza innaturale". "L'augurio - afferma Marco Lo Dico, presidente di "Siculomania" - è che iniziative come questa possano contribuire a sensibilizzare le persone contro la violenza sulle donne e contro ogni tipo di violenza".


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Procopio de' Coltelli, il siciliano che portò il gelato in Europa :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: DI 360 ECONEWS

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ulla giovinezza di Procopio esistono poche notizie certe. Si sa che nacque a Palermo nel 1651 probabilmente da una relazione illegittima di uno dei principi di Cutò, che all’epoca erano i Platamon. A conferma di ciò, un documento della Chiesa di Sant’Ippolito attesta il suo battesimo il giorno seguente alla sua nascita. I Platamone erano all’epoca una delle famiglie più illustri di Catania e il titolo di principi gli veniva da un piccolo feudo sul torrente Cutò, affluente del Simeto. Già fanciullo, Procopio si stabilì tra Aci Trezza e Acireale, dove i Platamone avevano in concessione il commercio della neve etnea, l’antesignana del moderno ghiaccio alimentare. Qui il giovane beneficiò di una delle più antiche tecniche di realizzazione di bevande ghiacciate, che attingendo dalle primitive tecniche arabe incrementò nel Cinquecento l’utilizzo alimentare della neve. Procopio aveva ereditato una macchinetta a manovella per la mantecazione e la produzione dei sorbetti (dall’arabo sherbeth) che usò per perfezionare la propria tecnica. Sostituendo lo zucchero al miele e aggiungendo un po’ di sale per far durare più a lungo il ghiaccio, fece infatti un salto di qualità. Interrompendo gli studi si trasferì nella Parigi di Luigi XIV, il monarca che più

di tutti era attratto dalle abilità culinarie degli italiani e ne aveva attirati diversi a corte e in città. Giunto nel 1674, prese a lavorare anche lì nel commercio delle nevi e fu apprendista in alcune pasticcerie. Alcune fonti lo dicono al servizio del celebre cuoco Vatel, ma anche questa non è notizia certa. Sposatosi nel 1675 con Marguerite Crouin, nel 1686 rilevò una piccola caffetteria che chiamò “Le Procope” e che trasformò nel primo Cafè e nella prima gelateria d’Europa. Posizionato di fronte alla Comédie Française, il locale fu frequen-

tato fin da subito da molti artisti e divenne luogo di ritrovo famosissimo. Tra i suoi assidui clienti vi erano Voltaire, Balzac, Hugo, Robespierre, Diderot, D’Alembert, Napoleone, Franklin. Più di una leggenda metropolitana racconta che sulle tovagliette del Procope siano stati redatti i primi frammenti dell’Encyclopedie. In uno dei certificati di matrimonio risultano come suoi genitori Onofrio Cutò e Domenica Semarqua, lasciando così spazio alla versione che lo vorrebbe semplice borghese. Procopio si

sposò infatti altre due volte ed ebbe in tutto tredici figli e figlie, ad alcuni dei quali tramandò la sua straordinaria abilità. Il Procope visse grandi fortune per tutto il Settecento e non è difficile immaginare che i suoi eredi ne avessero gestito le sorti nei decenni a venire. Nel cafè si vendevano cioccolate e caffè, granite e sorbetti, anisette, bevande alla cannella e al limone e creme di gelato; più avanti negli anni si diffuse il consumo di birra e di pasticcini dolci o salati. Per il successo ottenuto, Procopio fu insignito della prima “patente” di gelataio concessagli da Luigi XIV nel 1694, documento che gli garantì per lungo tempo il monopolio parigino del gelato. D’idee avverse alla nobiltà seppure il suo locale ne ospitasse dei più pregiati esponenti, Procopio aveva assunto dei giovani che giravano Parigi in cerca di notizie di cronaca che poi venivano riferiti all’interno del Procope. A cavallo dell’epoca illuminista questa abitudine si trasformò in un vero e proprio giornale gestito da alcuni dei suoi eredi, molto seguito tra gli artisti e i letterati parigini. Ritiratosi dalla sua attività nel 1717 ed affidatola ad alcuni figli, trascorse la sua vecchiaia a perfezionare ed inventare altre ricette. Morì nel 1727 nella sua casa del Bolevard de Saint-Germain.


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Le guerre servili siciliane sotto la dominazione romana :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: PILLOLE DI STORIA SICILIANA A CURA DI MASSIMO COSTA :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

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ei primi secoli di dominio le migliori e più vaste proprietà agricole passano nelle mani di famiglie romane. Il latifondo invade campi ancora vergini nell’interno dell’Isola, strappati alla primordiale foresta mediterranea che per secoli Siculi e Sicelioti non avevano significativamente intaccato. Per far questo la Sicilia è letteralmente invasa da una popolazione servile importata dai quattro angoli del Mediterraneo, laddove erano arrivate le conquiste romane. Non sappiamo se questa popolazione servile sia stata in grado di riprodursi in maniera significativa e quindi innestarsi stabilmente in Sicilia, ma più probabilmente aveva bisogno di continue immissioni. Di certo la dominazione romana fu essenzialmente di rapina. Non c’è bisogno di ricordare Verre, il più rapace dei governatori romani (73-71 a.C.), forse solo colpevole di avere rubato anche alle élite collaborazioniste e a qualche cit-

tadino romano in Sicilia, e quindi di avere semplicemente esagerato. Era tutta la dominazione romana a concepire la Sicilia come “colonia di sfruttamento”. La Sicilia torna agli onori delle cronache solo per due guerre servili, cioè per rivolte di schiavi, che tengono in scacco per anni interi i Romani: la prima dal 139 al 132, la seconda dal 104 al 101. Ambiguo l’atteggiamento dei Siciliani di fronte a queste rivolte, in fondo senza speranza di successo: alcuni, tra i più poveri, spalleggiavano il tentativo degli schiavi di cacciare i Romani dall’Isola; altri, i possidenti, ormai assimilati alla classe senatoria romana, invocavano un intervento per ristabilire l’ordine. Celebre, quanto meno nell’immaginario collettivo, la I Guerra servile, per la figura epica di Euno, il capo degli schiavi, siriano, incoronatosi Re di Sicilia, con il nome ellenistico di Antioco, nome tradizionale dei sovrani della dinastia dei Seleucidi. Gli

Statua di Euno a Enna, nei pressi del Castello di Lombardia

insorti proclamarono la naturale libertà e uguaglianza degli uomini ma non ebbero la forza di resistere alla reazione romana. Per alleviare un po’ le condizioni del lavoro servile, ma anche per dare ordine al governo della Provincia i Romani emanarono, dopo averli sconfitti, la Lex Rupi-

lia, che naturalmente non poteva rimuovere il malessere alla base, dando infine luogo, nel giro di una sola generazione, ad una II Guerra servile, dagli esiti anche qui scontati. Ancora una volta abbiamo uno schiavo, Salvio, che si fa acclamare re col nome di Trifone, ma già vediamo compa-

rire nel suo abbigliamento una toga purpurea e i fasci littori, segno che la cultura ellenistica si andava ibridando con quella romana. A Salvio successe Atenione, anche lui poi sconfitto. Secondo alcuni questa avrebbe avuto maggiori appoggi tra i Siciliani stessi, malcontenti della dominazione romana, da cui la Sicilia era spremuta da più di un secolo. Scontato però l’esito anche della seconda rivolta. È da notare che in entrambe i rivoltosi si riunirono al Tempio di Cerere a Enna e ai santuari degli Dei Palici a Mineo, da sempre simboli dell’antico nazionalismo siculo. Roma venne a capo di queste rivolte e stroncò ogni velleità libertaria o separatista. La pax romana fu ristabilita, naturalmente a spese della Sicilia, avviata verso un inesorabile declino, che non fu solo politico, ma anche economico, culturale e demografico. <Tratto da M. Costa: "Storia politica e istituzionale della Sicilia – Un compendio", Amazon 2020>

La prima fìmmina a poetari in vulgari fu siciliana :::::::::::::::::::::::::::: RUBRICA A CURA DELL’ACCADEMIA DELLA LINGUA SICILIANA FONSO GENCHI

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a figura di la Nina Siciliana (o Nina di Missina o, ancora, “Monna Nina”), resta cummigghiata di misteriu. Di sta poetissa di la fini di lu XIII sèculu, non sapemu lu nomu completu e lu cugnomu né lu locu di nàscita. Secunnu l’Allacci e lu Ragusa era di Missina, secunnu lu Mongitore, di Palermu; ma sunnu sulu supposizioni duvuti a l’attestazioni nta lu territoriu di lu nomu “Nina” nni ddu precisu perìodu. Lu poeta toscanu Dante da Maiano si nni invaghìu senza mancu canuscilla, a causa di li so' versi; e ci scrissi un sunettu. Idda ci arrispunnìu cu 'n àutru sunettu trattinennu, accussì, nu scanciu epistolari poèticu e na relazioni amurusa platònica. Stu rapportu

purtò a rigurdalla puru comu “La Nina di lu Dante”. La so impurtanza cunsisti nni lu fattu chi fu la prima fìmmina, secunnu chiddu chi si sapi, a poetari nta un vulgari di "sì" (lu Sicilianu). Di idda avemu un sunettu continutu nta la collezioni “Sonetti e canzoni di diversi antìchi autori to-

scani”, edita di Giunti nni lu 1527 a Firenzi - e, pi stu motivu, cumunimenti ditta “Giuntina di Rime Antiche” - unni si ponnu truvari macari li sunetti e àutri scritti di lu “so” Dante da Maiano. Lu Trucchi, pi primu, attribuisci a Nina puru lu sunettu “Tapina me”, presenti nni lu còdici Vaticanu Latinu 3793 traduciutu in Toscanu, di la fini di lu XIII sec. o iniziu di lu XIV, chi iddu definisci “un giujellu prezziusu”; quali realmenti è. Si alternaru - e cuntìnuanu a alternàrisi - li giudizi di li studiusi a propòsitu di la so effettiva storicità. Lu Borgognoni pi primu, nta lu 1877, nta lu so scrittu “Studi d'erudizione e d'arte”, avanzò la tesi ripituta l'annu doppu nni 'n artìculu pubblicatu nta la “Nuova Antologia” cu lu significativu tìtulu di “La condanna capitale di una bella signora” - chi “Nina”, in realtà,

avissi nasciutu propiu nni l’officina tipogràfica di li Giunti, nta lu stissu 1527. Ma cc’è di diri chi Borgognoni avìa argumintatu puru la non esistenza di Dante da Maiano, sustinennu la medèsima tesi. Lu Debenedetti lu smentìu nta lu 1907 quannu truvò nta un manuscrittu quattrucentiscu dui poesìi in occitanu di Dante da Maiano. Li dubbi di alcuni letterati, speci chiddi di qualchi sèculu ndarreri, a propòsitu di la reali esistenza di “Nina” non sunnu duvuti sulu a la mancanza di dati stòrici ma, probabilmenti, puru a la so ritrusìa a accettari chi na fìmmina, nni ddu precisu perìodu stòricu, quannu l’analfabetìsimu fimmininu era particularmenti diffusu, putissi passari di oggettu a suggettu di lu cantari in versi, ottinennu, sparti, un vulgari chi lu De Sanctis pigghia comu “esempio dell'eccel-

:::::::::::::::::::::::::::: lenza a cui era venuto”. Eppuru, propiu na pocu di decenni ndarreri, nta lu sud di la Francia, un gruppu di circa venti fìmmini, l'accussì ditti trobairitz, cantò cu successu la fin’amors in versioni fimminina. La so reali esistenza si potti verificari senza lassari possibilità di dubbiu; ma puru pi iddi, nta lu passatu, na pocu di studiusi avìanu mustratu tuttu lu so scetticìsimu in propòsitu. Si nota na certa affinitati ntra l’ùnica poesìa chi n'arrivò di una di li trobairitz, Alamanda de Castelnau, e la produzioni di la Nina Siciliana; si Nina esistìu pi daveru, è possìbili chi liggìu l'òperi di li so' “culleghi” fìmmini pruvenzali chi, comu certamenti succidìa cu chiddi di li trobadors, probabilmenti firriàvanu nni li curti e nni l'ambienti culti siciliani di dd’èpuca.


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La foto del mese... DI FILIPPO

BARBARIA

“L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire”

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l Teatro Massimo Vittorio Emanuele, meglio noto come Teatro Massimo, di Palermo è il più grande edificio teatrale lirico d'Italia, uno dei più grandi d'Europa e terzo per ordine di grandezza architettonica dopo l'Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Alla sua apertura, suscitò le invidie di

molti, come si può leggere dai giornali italiani dell'epoca. Fu progettato e iniziato a costruire nel 1875 dall'architetto Giovan Battista Filippo Basile, alla morte del quale subentrò il figlio Ernesto Basile. Il 16 maggio 1897 avvenne l'apertura ufficiale del Teatro con Falstaff di Verdi. Dal 1974 al 1997 restò chiuso

per motivi di restauro, procrastinati ed andati a rilento. Oggi risplende in tutta la sua maestosità e, come è oramai tradizione, la sua scalinata in occasione delle feste natalizie, viene addobbata con numerose piante, alcune delle quali disegnano la scritta con i numeri del nuovo anno.

Pietro Fullone, letterato siciliano noto come Petru Fudduni FABIO PETRUCCI

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ietro Fullone, meglio noto con il nome siciliano Petru Fudduni, ha rappresentato una delle anime più popolari della poetica in lingua siciliana. Se il cinquecento è appartenuto ad Antonio Veneziano ed il settecento a Giovanni Meli e Domenico Tempio, il secolo di mezzo – il seicento – fu il secolo di Pietro il “gran folle”. Petru nacque in data imprecisata, all’inizio del seicento, nel quartiere palermitano del Seralcadio (o Capo). Ben poco è noto delle sue origini così come della sua biografia, giuntaci prevalentemente attraverso gli aneddoti della memoria popolare. Secondo alcuni storici il cognome stesso, italianizzato in “Fullone”, potrebbe essere in realtà un soprannome derivato dalla parola sici-

liana “foddi” (folle), da cui l’epiteto di “Petru Fudduni” (Pietro il “gran folle”). Di lui si sa che esercitò il mestiere di cavatore di pietra (in siciliano “pirriaturi”) e, saltuariamente, quello di marinaio. Tra coloro i quali si sono avventurati nell’indagine sulla vita di questo strano poeta non è mancato chi ha ipotizzato l’esistenza di due diversi personaggi: l’uno colto (il Fullone), l’altro ignorante, acculturatosi grazie alla fortunata frequentazione con gente dotta (il Fudduni). Tale ipotesi, tuttavia, rimane una congettura difficilmente dimostrabile. È più probabile che Petru fosse un geniale autodidatta, cosa che potrebbe bastare a giustificare la sua ammissione alla prestigiosa Accademia dei Riaccesi, tra le più importanti della città di Palermo. Autore di componimenti sagaci e ricchi di ironia, capaci di interpretare il malcontento e i valori del popolo, Petru fu testi-

mone di due eventi che segnarono profondamente la storia di Palermo nel diciassettesimo secolo: l’epidemia di peste che colpì la città nel 1624, nella quale morì Cristina, una delle sorelle del poeta; e la rivolta antispagnola capeggiata da Giuseppe d’Alesi nel 1647, a cui forse prese parte. Nella memoria popolare Petru viene ricordato come abilissimo improvvisatore, in grado di usare la lingua e la penna come una spada in tenzoni poetiche con altri bardi siciliani. Si narra addirittura che l’aristocrazia cittadina lo rispettasse e temesse per via della sua enorme popolarità, cosa che gli assicurava il godimento di vasta tolleranza se non addirittura di una sorta di immunità, come dimostrato da vari episodi della sua biografia. Ai tratti del poeta sagace ed istrionico, Petru seppe unire anche quelli dell’agiografo capace di esprimere i sentimenti della

pietà popolare insieme a riflessioni tratte dalle sacre scritture e dalla tradizione patristica. Tra i suoi componimenti a carattere religioso molti sono dedicati a Santa Rosalia, che proprio durante la vita del poeta era divenuta popolarissima patrona principale della città. Il poeta morì a Palermo il 22 marzo 1670, ma la sua memoria, tramandata sia dal popolo che dai più colti poeti siciliani, ha resistito al trascorrere dei secoli.

AUTORITRATTO Canturi giniali pupulanu, sprigiudicatu, gran facciazza tosta; Petru Fudduni lu palermitanu, avia pì tutti pronta la risposta. Sfidau in rima e battìu lu Vinizianu e lu dottu di Tripi, e un detti sosta a nobili ed a monaci evoluti, chiamannu a tutti buttani e curnuti.


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Valorizzare l’esperienza in una quotidianità mordi e fuggi. La Regione sostiene il turismo esperienziale. :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: RUBRICA A CURA DI SICULOMANIA MARCO LO DICO

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l turismo si evolve, seguendo dinamiche che variano attorno alle mutate esigenze della società. Si è passati dalla fruizione turistica utilizzando pacchetti tutto compreso (volo, hotel, attività in loco) a viaggi realizzati in modo autonomo, cucendosi addosso le varie componenti del viaggio. Lo stile di vita del mondo attuale ha favorito i viaggi mordi e fuggi, snaturando la percezione dei luoghi visitati, la conoscenza del territorio e del tessuto economico e sociale dei luoghi visitati. Un turismo che si è, nel tempo,

andato impoverendo sia per il fruitore del servizio turistico. Il “turismo da crociera” è il massimo dell'espressione di questo stravolgimento del tempo dedicato dalle famiglie al turismo.

Un insieme di servizi a basso costo (tutto incluso) che si concentrano sulla nave da Crociera e il poco tempo dedicato a entrare nelle dinamiche delle città o dei luoghi visitati con escur-

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sioni che spesso snaturano il senso e l'identità dei luoghi e dei popoli che si incontrano. Negli ultimi anni si registra una tendenza a cercare l'incontro dei luoghi e viverli immedesimandosi nel contesto che si va visitando. Nasce così il turismo esperienziale, un modo di offrire e ricevere il momento turistico come un’emozione unica, irripetibile e individuale secondo la personale percezione e sensibilità. Questo modo di fare turismo, sempre più ricercato, consente la valorizzazione di realtà marginali lontane dai circuiti turistici tradizionali, valorizza le tradizioni e le tipicità dei luoghi. La relazione con i personaggi del

paese, del Borgo, il conoscere le dinamiche interne al territorio risultano essere la chiave che il turista, che vive in un mondo sempre più appiattito e omologato, va cercando. Di recente la Regione Siciliana ha finanziato due progetti nel settore del turismo esperienziale. Si tratta di due interventi che fanno parte dell'Accordo di Programma Quadro (APQ) per l'attuazione della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) dal titolo: "Organizzare la Destinazione turistica di Comunità" dell'importo di 872.000,00 euro e "Smart area per la promozione delle Madonie in logica E-Tourism" dell'importo di 320.000,00 euro.

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La Regione siciliana assume dopo 30 anni: 5 concorsi e oltre mille posti a tempo indeterminato

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attesa è finita. Dopo trent’anni, la Regione torna ad assumere. Cinque concorsi per selezionare 1.170 nuove unità di personale. 1024 le figure ricercate tra laureati e diplomati per potenziare i Centri per l’impiego, 100 i laureati destinati a coprire il turn over all’interno dell’Amministrazione regionale e 46 nuovi agenti del Corpo forestale. I bandi sono stati pubblicati il 29 dicembre sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana e sul sito istituzionale dell’ente. Per tutti e cinque i concorsi la scadenza per l'invio delle candidature è il 28 gennaio 2022. NEL DETTAGLIO - 1.024 posti di lavoro a tempo pieno e indeterminato per il potenziamento dei Centri per l'impiego. Sono previsti 537 laureati da inserire nei seguenti profili professionali (Categoria D): 119 specialisti amministrativicontabili, 344 specialisti del mercato e dei servizi del lavoro, 37 specialisti informatici-statistici, 37 analisti del mercato del lavoro. Per questi profili è prevista una prova

preselettiva per titoli finalizzata a individuare in numero di candidati, pari a 5 volte quelli messi a concorso, che sosterranno la successiva prova scritta , consistente nella somministrazione di 60 quesiti nelle materie di esame. Per i soli candidati che avranno superato la prova si procederà alla valutazione dei titoli di servizio. Inoltre saranno selezionati altri 487 diplomati da inserire nei seguenti profili professionali (categoria C): 176 istruttori amministrativi contabili e 311 istruttori-operatori del mercato del lavoro. Per questa

categoria è prevista una sola prova scritta, consistente nella somministrazione di 60 quesiti nelle materie di esame. Per i soli candidati che avranno superato la prova si procederà alla valutazione dei titoli di studio legalmente riconosciuti e dei titoli di servizio. Qui i due bandi: https://www.regione.sicilia.it/istituzioni/regione/strutture-regionali/assess orato-autonomie-localifunzione-pubblica/dipartimento-funzione-pubblica-pers onale/bandi-concorso/concorso-potenziamento-centriper-l-impiego-sicilia - 100 nuovi funzionari da inse-

rire nell'Amministrazione regionale L'Amministrazione regionale - come previsto da piano del fabbisogno approvato dalla Giunta a fine 2018 - prevede complessivamente l'assunzione a tempo pieno e determinato di 100 unità di personale, da inquadrare nei profili di categoria D: 18 funzionari economici-finanziari, 22 funzionari amministrativi, 24 funzionari tecnici (tutela e valorizzazione delle risorse ambientali, sviluppo produttivo e promozione del territorio, pianificazione e assetto territoriale), 11 funzionari si-

stemi informativi e tecnologie, 8 avvocati, 5 funzionari per il controllo di gestione; 12 funzionari tecnici (tutela e sviluppo del territorio e sviluppo rurale). Qui i due bandi: https://www.regione.sicilia.it/istituzioni/regione/strutture-regionali/assess orato-autonomie-localifunzione-pubblica/dipartimento-funzione-pubblica-perso nale/bandi-concorso/concorsoricambio-generazionale. - 46 Agenti del Corpo forestale della Regione Siciliana Saranno assunti 46 agenti (categoria B1) a tempo pieno e indeterminato. È prevista una prova scritta e l'accertamento della idoneità psico-fisica e attitudinale al servizio; i candidati idonei parteciperanno poi a un corso di formazione professionale della durata di tre mesi con esame teorico-pratico finale. Sarà quindi stilata una graduatoria di idoneità, valida per tre anni, alla quale il Corpo nel prossimo quinquennio potrà attingere per scorrimento per la copertura delle altre unità. Qui il bando: https://www.regione.sicilia.it/laregione-informa/concorso-n-46cat-b-agenti-corpo-forestale-reg ione-siciliana


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Domenico Caravello: il diciottenne palermitano medaglia d'argento ai mondiali di muay thai MARIA VERA GENCHI

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soli 18 anni, il palermitano Domenico Caravello porta a casa la medaglia d'argento dei campionati mondiali di Muay Thai a Bangkok. Aveva iniziato a tirare i suoi primi calci a 13 anni, nella palestra in cui il papà, Nicola, allenava i ragazzi più grandi. Voleva emularli, diventare come loro.

Adesso il suo primo mondiale con la maglia della nazionale che, dopo due vittorie, ai quarti con il Portogallo e in semifinale con la Germania, ha trovato la sconfitta in finale con l'Ucraina. «Ai quarti di finale ho provato un'ansia che non avevo mai provato in vita mia – racconta – quando li ho superati mi è sembrato poi tutto in discesa, avevo visto lottare l'avversario

successivo e mi ero fatto un'idea. Ho vinto per KO alla terza ripresa». Il Muay Thai è un'arte marziale da combattimento, di origine tailandese. Si combatte dentro un ring, come nel pugilato, e prevede l'uso di pugni, calci, ginocchiate, gomitate e proiezioni. « Il combattimento è molto spettacolare – spiega Nicola Caravello - perché c'è tutta questa varietà di colpi. Nel 2028 dovrebbe essere prossima ad entrare nelle olimpiadi». Sulla finale, Domenico racconta: «La sera stessa ci hanno comunicato che si sarebbe fatta di mattina. Io ero rimasto lì allo stadio tutto il giorno e con addosso l'emozione del match vinto ho dormito pochissimo. Ho combattuto con quattro ore di sonno. Nonostante ciò, sempre a testa alta e contro un ragazzo più grande di me con otto mondiali alle spalle vinti». Il match sembrava essere partito col piede giusto per l'atleta palermitano, che con un pugno, alla prima ripresa, aveva spaccato il mento all'avversario. «Da lì lui ha cercato di tenermi a distanza – spiega Domenico – non mi faceva più avvicinare. Ho incontrato gente più forte, ma lui è stato più scaltro, più intelligente». Ad un passo dall'oro, Domenico torna soddisfatto e insieme a lui anche l'allenatore e papà, Nicola. «Essere sia padre che maestro è una sensazione strana – spiega Nicola, anche lui a Bangkok in quanto direttore tecnico della nazionale juniores – raccogli i frutti di tutte e due le posizioni. Da maestro riuscire ad entrare in un livello del genere è un'emozione molto forte: in queste manifestazioni non ti iscrivi ma conquisti proprio il posto per andare a combattere. Il livello è molto alto e arrivare a fare un argento a quest'età è molto importante. Da maestro si crea già un legame molto forte con gli allievi, ma da papà è tutto moltiplicato per due». Domenico è stanco, ma grato. In quella medaglia sono racchiusi mesi di allenamenti e sacrifici di un atleta che è anche ragazzo e studente del liceo linguistico Ninni Cassarà. «Non uscire il venerdì, il sabato e la domenica per

gli allenamenti – spiega - privarsi di mangiare perché bisogna seguire la dieta per rientrare nella categoria di pesi, allenarsi ogni giorno, mattina e pomeriggio». Certe volte anche prima della scuola, la mattina alle otto, racconta: «Combattere anche con se stessi in giornate in cui psicologicamente sei abbattuto ma devi allenarti lo stesso perché sai che sul ring troverai gente con più esperienza di te». Appena tornato è già in palestra ad allenarsi. «Non avrei mai pensato di poter partecipare ad un campionato mondiale – confessa - è sempre stato il mio sogno, da piccolo guardavo i miei compagni di palestra e mi dicevo che sarei voluto arrivare lontano. Per me questo, adesso è solamente l'inizio. Il sacrificio non è da tutti, ma ripaga».

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La nazionale siciliana è già realtà calcistica. Si attende l'esordio. FONSO GENCHI

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mportanti novità hanno caratterizzato in questi ultimi mesi il progetto della Nazionale Siciliana di calcio, portato avanti dalla Sicilia Football Association, che abbiamo seguito sin dal primo numero. Lo scorso 27 giugno, il Comitato Esecutivo mondiale della federazione internazionale, la CONIFA, ha accolto la richiesta di affiliazione di Sicilia F.A. «In quel momento eravamo in trepidante attesa per l’esito della nostra richiesta – ha spiegato a L'Indipendente il presidente di Sicilia F.A., Salvatore Mangano – dopo tanto lavoro, volevamo raccogliere i primi frutti del nostro impegno. Eravamo consapevoli che la Sicilia rispettasse tutti i parametri per l’ammissione, quali la conformazione geografica, l’identità linguistica, lo status giuridico, le radici e i tanti primati storici, ma abbiamo brindato solo

Il segretario Fabio Petrucci illustra il progetto

dopo la comunicazione ufficiale dell’esito positivo della nostra domanda». Poi, c'è stata la prima uscita ufficiale della Nazionale con l’esordio della rappresentativa di Futsal nella Mediterranean Cup 2021, disputatasi a San-

remo dal 9 al 12 settembre scorso. Il quarto posto ottenuto ha consentito alla Nazionale Siciliana di garantirsi la qualificazione per i prossimi Mondiali Futsal organizzati da CONIFA. Infine, nella “Sala Gialla” di Palazzo Reale a

Palermo, sede istituzionale dell’Assemblea Regionale Siciliana, lo scorso 29 novembre la Sicilia Football Association è stata presentata ufficialmente. Alla conferenza hanno preso parte i vertici della CONIFA, rappresentati da Per Anders Blind, Presidente CONIFA, e da Alberto Rischio, Presidente di CONIFA Europa, nonché Alessandro Ariu e Antonio Caroè di Eye Sport, partner tecnico di Sicilia F.A., e Francesco Zema, founder di “Calci: comunità resilienti”. Presente anche l'assessore alle politiche sportive e giovanili del comune di Palermo, Paolo Petralia Camassa, e il giornalista Roberto Chifari che ha moderato l'incontro. Adesso si attende l'esordio della Nazionale Siciliana di calcio che, con ogni probabilità, avverrà attraverso una partita amichevole da disputarsi contro una Nazionale di un'altra nazione senza stato affiliata alla CONIFA.


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Numero zero, in attesa di registrazione Pubblicato dall'associazione culturale "Siculomania" • Direttore Responsabile: Maria Vera Genchi Stampa: Grafiche Napoli Srl - Via Selinunte 206 - 91021 Campobello di Mazara (TP) Grafica: Marcedac Graphic&Design - Marsala (TP) • Tiratura 1.000 copie E.Mail: lindipendente@siculomania.com Tutti i diritti sono riservati. Qualsiasi riproduzione, anche parziale, senza autorizzazione scritta è vietata. Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.

Fondatore Antonio F. Ingrassia


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