Tempi vuoti

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ancora forme

rotte piegate ancora sono

pensieri

cose

destinate alla Fine

salvate ricomposte

bloccate provvisoriamente conservate

possiamo solo osservare

ricomporre e ricordare

ricomporre è ricordare

momenti in sospensione

intervalli

attese indefinite

tempi vuoti

A.T.


a mia madre e mio padre


Angela Madesani

Alessandro Traina

Tempi vuoti

Spaziotemporaneo, Milano


Angela Madesani Immagini immaginarie. Il percorso artistico di Alessandro Traina Introduzione Parrebbe quasi una contraddizione affermare che la ricerca di Alessandro Traina è improntata sull’immagine. Sì perché l’immagine nel suo lavoro, che si snoda attraverso un cammino lungo ormai quasi venti anni, non c’è mai. Eppure contraddizione non è. Si tratta di immagine in senso ideale, a cui si arriva attraverso una serie di riferimenti più o meno chiari. Si pensi in tal senso alla serie Quasi trasparente del 19921993, dove le immagini sono immateriali. Allusioni, accenni. La storia Il suo cammino nell’arte è lungo e complesso, è un tentativo di sintesi che torna su se stesso con un processo di meditazione e ribaltamento dei fattori. La storia inizia con la pittura nella seconda metà degli anni Ottanta (1986-1989). Si tratta di opere essenziali costruite attraverso la luce e il buio, in cui la tensione è all’assolutezza dell’espressione, all’infinito. Pochi i riferimenti all’esterno, come sempre nella sua ricerca. Il cuore del lavoro è nella sua ecceità. Sono di poco posteriori i quadri volumetrici (1987–1991) assai importanti all’interno della sua produzione proprio perché per la prima volta fa la sua comparsa un elemento in grado di bloccare, di riordinare il resto dell’opera composta da volumi, porzioni di spazio, che ne impedisce un’ulteriore espansione. Elemento che da questo momento in poi sarà determinante nella costruzione dei lavori. Tra i lavori più forti e riusciti di Traina le sculture di grandi dimensioni in tubolare di ferro e lamiera che esegue a partire dal 1988, sino al 1992 (1). Qui l’idea è quella di fermare il tempo, attraverso il movimento che lo rappresenta. Sono forme tubolari contorte che si snodano, linee colte in immaginarie evoluzioni, costrette da grandi “fasce” che stringono la struttura in modo da impedirne lo sviluppo spaziale. Si tratta di un lavoro di grande forza in cui il tentativo di bloccare e quindi di registrare il tempo è un sintomo di potenza. Anche qui il legame con l’immagine nel tentativo, riuscito, di fermarla, in fieri, è chiaro. Sono di qualche tempo successive le gabbie di ferro per fogli di carta (1989–1991). Nelle carte si avverte un percorso che indica il movimento. Percorso che è, tuttavia, ridotto in porzioni fermate dalle strisce di ferro che le limitano. È qui il tentativo di fermare il Senza titolo, 1987 cm 175 x 205 vissuto. coll. privata, Milano Collocabili tra il 1992 e il 1993 sono anche gli Intervalli. Qui compare per la prima volta la calamita, elemento costante del lavoro di Traina degli ultimi dieci anni. Se tramite la gabbia si tenta di bloccare definitivamente la carta qui il tentativo è quello di potere cambiare le zone di coesione tra la carta e il ferro, che fa da armatura. Il fruitore dell’opera può intervenire direttamente sulla carta creando una sorta di intervallo: riflessione esistenziale semplice e profonda al tempo stesso. Il lavoro di Traina che a un primo sguardo potrebbe apparire precipuamente formale è in realtà una riflessione attraverso la tridimensionalità sull’esperienza dell’uomo, che parte prima di tutto da quella dell’artista. In questo caso uomo silente, complesso, raramente aperto al mondo. Questo il senso di questo lavoro che da anni si sviluppa coerente con se stesso e con chi lo propone. Di quello stesso periodo (1992-93) è anche una delle serie più significative del lavoro di Alessandro Traina Quasi trasparente, a cui ho già fatto accenno. Si tratta di una serie di foglietti trasparenti fissati, fermati da una striscia di calamita, come fotografie senza immagini. Un tentativo di ripescare nella memoria con una metodologia opposta a quella di uno degli artisti contemporanei che più hanno utilizzato questa procedura, Christian Boltanski. Traina cerca di ripescare, di mettere in ordine, come quando si tenta di ricordare, di mettere a posto le idee. E quindi di riguardare con calma le cose come in un’operazione di ordine pratico. Come se si presentasse la possibilità, utopica, di riprendere le tracce di un’esistenza, senza un ordine cronologico e spaziale, di cui rimangono innumerevoli immagini immateriali che testimoniano un passaggio, una presenza e che nel corso del tempo svaniscono, si perdono. Qui protagonista è la necessità di una ricerca. Ricerca dell’esistenza priva di ordine è anche nella serie Finestra e Dentro (1992–1993). Sono dei telai 5


coperti da una plastica trasparente, dove la visione può essere fermata in qualsiasi punto tramite le calamite come su un visore luminoso. È il tentativo di centrare le cose, di crearsi un quadro, con la possibilità di cambiare, di andare in un altro tempo, in un diverso spazio. Si è invitati a guardare, cercare. Importante è proprio la possibilità di inquadrare ogni particolare, di distribuire l’attenzione, di concentrare l’osservazione. Qualcosa rimane. Complice è la luce che ci aiuta a individuare ciò che ormai appare appena. È stato questo un periodo di particolare vitalità per Traina che ha dato vita nello stesso tempo a Progetti (1992-93), a cui sono strettamente legati i lavori più vicini a noi da un punto di vista cronologico. Senza titolo, 1990 cm 60 x 96 x 31 Si tratta di appunti sospesi indefinitamente nel tempo. Carte bloccacoll. privata, Frankfurt te dalle calamite come le idee nello studio di qualsiasi creativo. Sono le cose che rimangono temporaneamente vaghe nella nostra mente, ancora lontane dal nostro fare quotidiano. Progetti che forse non vedranno mai la realizzazione, che passano, però, quotidianamente nei nostri pensieri. Tra il 1992 e il 1996 nascono anche le due serie Blocco (1992–1993) e Forma bianca (1994–1996), dove è chiaro il tentativo di cancellare la fine ricomponendo in un possibile “restauro” l’essere stato, ricostruendo la forma originale delle cose. L’opera trova la sua espressione grafica attraverso il disegno in cui si accenna appena alla porzione mancante del “blocco”, forma assoluta, che, chiusa nel vetro, ora è solo da osservare e diviene così oggetto pregnante di riflessione. Anche le “forme bianche”, architetture spaccate, sono rimesse insieme interamente. I vari elementi, accostati da calamite a un’ossatura metallica (che ne riprende la forma iniziale), si trovano in una condizione di provvisorietà. La forma riassemblata necessita soltanto di un’ulteriore osservazione. Il tentativo di ricostruzione è la memoria dell’oggetto nella sua totalità. Pezzi (1997) sono, appunto quello che rimane di una superficie ridotta a brandelli. I frammenti sono salvati uno per uno. La tensione non è a ricostruire, ma a raccogliere. Conclusione. Lavori recenti Il filo rosso nel lavoro di Traina che abbisogna di lunga osservazione nel corso del tempo è il tentativo di bloccare le cose per ridargli una nuova, diversa esistenza. Nei lavori più recenti (1998-2002), che portano il sottotitolo di Inchini è il senso dell’oggetto stesso costituito dalla carta e dalla sua struttura di ferro che ne supporta la forma. La lamiera diviene tutt’uno con la carta in una voluta ambiguità materica nel corso di un processo di adattamento alle diverse peculiarità. Il problema è sempre lo stesso: riuscire a fermare il tempo nello spazio. Il tentativo non è, tuttavia, quello di riportare l’oggetto alla forma iniziale. Non vengono eliminate le pieghe per creare una sorta di ricomposizione. Si ha solo la sensibilità di conservarlo, fermandolo così com’è, bloccandolo in una struttura di lamiera che riprende interamente la sua forma attuale, con le sue pieghe e i suoi strappi. Impedendogli così di sottoporsi a un ulteriore decadimento, a un’azione del tempo che potrebbe portarlo alla distruzione definitiva, alla condizione del non essere. È sottolineata l’importanza dell’essere e dell’essere stato anche nelle opere più recenti. Qui è presente un fattore in più rispetto alla serie Forma bianca. Si tratta dell’azione del tempo, che determina un cambiamento, una trasformazione fisica dell’aspetto iniziale delle cose e generalmente dell’essere. Qui le superfici, nere o colorate, poco importa (il colore non è sostanziale in questi lavori) si “inchinano” al tempo, si accartocciano come fogli di carta, si piegano e si strappano. Mi piace qui intravvedere un procedimento fotografico tridimensionale, scultoreo. A cui fa seguito la bramosia della catalogazione, della conservazione. In tal senso non è casuale nel corso degli anni la scelta della serialità attraverso cui i diversi gruppi di opere divenIntorno, 1990 cm 40 x 70 x 35 tano coerenti figliazioni del suo personale cammino nell’arte. coll. privata, Giessen (1) Tutti i suoi lavori sono prodotti in serie. Il passaggio da una serie all’altra avviene all’esaurimento sperimentale e creativo dell’idea, che per forza di cose deve trovare una trasformazione.

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Angela Madesani Imaginary images. The artistic journey of Alessandro Traina Introduction It would seem almost contradictory to say that Alessandro Traina’s artistic path is marked by ‘image’. Yes, because the concept of image, in his work, which winds its way through 20 years of study, is never actually present. This is not a contradiction; because we are considering the ‘ideal’ definition or ‘concept’ of image, to which one arrives through a series of references; some manifest, some barely there. If one considers in this light, the Quasi trasparente series done through 1992-1993, where image is immaterial, allusions and hints. The history His artistic journey is long and complex, it is a tentative of synthesis which turns on itself through a process of meditation and capsizing of elaments. The story starts with the paintings during the second half of the 80’s (1986-1989). Works that are essential, constructed with light and darkness, in which tension gears towards the absolutedness of expressions, to infinity. Few references to the exterior, as usual in his work. The ‘heart’ of the work is in its being. Shortly after there are the volumetric paintings (1987-1991); an important phase within the volume of Traina’s work because for the first time he introduces an element: blocking, rearranging the rest of the work comprised of volumes, spatial portions, to prevent any ulterior expansion. An element that from this point on shall be determinative in the costruction of his work. Among Traina’s strongest and successful works are the big sculptures in iron piping and metal sheets which he made from 1988 up until 1992 (1). Here the idea was to stop time, through the movement it represents. They are contorted tubular forms which wind, lines grasped in imaginary evolutions, contained by large ‘bands’ that constrict the structure and impede their spatial development. These are strong works of great force in which the tentative to block and set time is a symptom of strength. Here also the bond with the image in the tentative, which is successful, to stop it, is evident. Little time passes to reach the successive phase: iron cages for sheets of paper (1988-1991). In the various sheets one senses a path that indicates movement. This path which is, however, reduced in portions, stopped by the strips of iron which limit them. This is an approach, a tentative to stop Forma bianca, 1994 cm 80 x 40 x 6 ‘lived life’. coll. privata, Bad Nauheim Placed between 1992 and 1993 are the Intervalli. The use of magnets makes its first appearance, and since then have been a costant element in Traina’s work for the last 10 years. If the cages were an experiment to definitedly block the paper element, then here is a study of the power of changing the zones of cohesion between paper and iron which becames a framework. He who enjoys these works can intervene directly on the sheets creating a sort of interval: existential reflections which are both simple and profound at the same time. At first glance, Traina’s art might appear chiefly formal yet is, in fact, a reflection through the tri-dimensionality of the experience of man that begins through the artist’s personal vision. In this case, the artist is a silent man, complex, rarely open to the world. This is the sense of this work, that evolves for years and develops coherently with itself and its creator. From the same period (1992-93) are one of Traina’s most meaningfull and significative series: Quasi trasparente, works which were mentioned earlier. These are a series of transparent sheets secured, fastened by a magnetic strip, like photographs without images. A study in fishing in the depths of memory with a methodology precisely opposite to that of another contemporary artist who also used this procedure in his creations: Christian Boltansky. Traina trys to reevoke, and put in order, as one does when trying to remember, to organize his ideas and thoughts. And therefore reconsider calmly all things as if organizing in a pratical manner. As if introducing the possibility, utopistic as it may seem, to resume the traces of an existence, disregarding chronological or spatial order, which generate numerous immaterial images, which bear witness, a passage, a presence, and that through the passage of time, vanish, are lost. The protagonist here is the necessity of a specific research. Research into existence, deprived of any order is also in the series Finestra and Dentro (1992-1993). Metal 7


frameworks covered in transparent plastic where the vision can be halted in any point using the magnet as if on a light box. It is a tentative to center things to create ones vision with the option to change, go to another time, another space. One is invited to scrutinize, to seek. The important thing is the possibility of framing each detail, to distribuite the attention, to concentrate the observation. Something remains; the accomplice is the light that helps us to single out something barely there. This was a period of particular vitality for Traina, who, at the same, gave life to the Progetti series, to which the works closest to us, from Senza titolo, 1998 cm 65 x 88 x 25 a chronological point of view, are tightly bound. These are annotacoll. privata, Montebelluna tions, suspended indefinitely in time. Blocked paper and magnets as in the studio of any artistic person. They are the things that remain temporarity vague in our minds, far from our daily thoughts. Projects that may never see light, that pass every day, through our thoughts. Between 1992 and 1996 two series are born: Blocco (1992-1993) and Forma bianca (1994-1996), where one feels the tentative to cancel the end by recomposing in a ‘possible’ restoration, that has been, reconstructing the original form of things. This work finds its graphical expression through the drawing in which one hints to the missing portions of the block; absolute form, that enclosed in glass, now can only be observed and becomes a pregnant object of reflection. Also the ‘white forms’, broken architectures, are entirely recomposed. The various elements, accompanied by magnets and a metallic framework (that recaptures the initial form) are found in a condition of temporariness. The tentative of reconstruction is the memory of the object in its totality. Pezzi (1997) are, in facts, that which remains of a surface reduced to shreds and tatters. The fragments are saved one by one. The tension is geared not to reconstruction, but to gathering, assembling. Conclusion. Recent work The underlying theme in Traina’s most recent studies requires long observation during the passage of time. It is an experiment in blocking things to give them a rebirth in a new, different existence. These recent works (1998-2002) are aptly named Inchini and it is the sense of the object in itself, made of paper and its metallic structure which frames and support the form. The metal sheets become one with the paper in an intended ambiguity of materials in the course of a process of adptament. The problem is always the same: to be able to stop time in space. the attempt is not to bring the object back to its original state. The folds are not eliminated trying to recompose the object. There is the delicacy of conservation: stopping it as it is, blocking it in structure of sheeting that captures entirely its actual form, with its rips and folds. This to prevent any ulterior decay, from the action of time that could bring about its definitive destruction, to the condition of ‘non being’. One underlines the importance of ‘being’ and ‘having been’ even in the latest works. Here we add an extra element to the Forma bianca series. It is the action of time, that determines a change, a phisical transformation from the initial aspect of ‘things’ and generally ‘being’. The surfaces here are black or colored, it matters little (colour is not a substantial factor in these pieces), they bow to time, they crumple like pieces of paper: they bend and rip. I enjoy glimpsing a sculptoreal threedimensional photographic process. To follow the desire to list, to conserve. In this sense the choice of seriality is not casual, the diverse groups of works become coherent, derivation of the artist’s personal experience in art.

Nastro, 2000 cm 55 x 33 x 28 coll. privata, Lucca

(1) All his work is produced in series. the passage from one to another occurs at the exhaustive point of creative experiment of the idea, which must go through a necessary transformation.

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Nastro, 1998 ferro, acrilico su carta a mano, 18 calamite cm 80 x 50 x 50 ca.

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opere 2001 - 2002


Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 5 calamite cm 100 x 105 x 28

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Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 4 calamite cm 115 x 100 x 21

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 70 x 150 x 17

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 3 calamite cm 66 x 100 x 13

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Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 6 calamite cm 75 x 127 x 31

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Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 6 calamite cm 110 x 108 x 28

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 59 x 100 x 27

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Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 3 calamite cm 84 x 78 x 31

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Senza titolo, 2002 ferro, acrilico su carta a mano francese, 3 calamite cm 94 x 125 x 27

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 1 calamita cm 136 x 100 x 22

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 100 x 75 x 20

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 100 x 120 x 17

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 64 x 65 x 26 38


Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 60 x 55 x 24

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 50 x 50 x 15

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 3 calamite cm 60 x 75 x 55

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 155 x 75 x 15

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 100 x 140 x 33

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 86 x 33 x 22

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Senza titolo, 2001 ferro, acrilico su carta a mano francese, 2 calamite cm 100 x 45 x 13

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Nastro, 2002 tecnica mista su cartoncino cm 70 x 50

Nastro, 2002 tecnica mista su cartoncino cm 70 x 50

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Nastro, 2002 tecnica mista su cartoncino cm 70 x 50

Nastro, 2002 tecnica mista su cartoncino cm 70 x 50

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Antologia Critica selezionata esclusi cataloghi monografici e recensioni

Alessandro Traina testo per la mostra personale indicazioni alla Galleria Fac Simile, Milano 1989 Il percorso evolutivo del lavoro di Alessandro Traina si è svolto in maniera lineare e sequenziale, senza fratture evidenti, all’insegna di un costante processo di assottigliamento e di sintesi della materia originariamente rappresentata. La pittura spatolata, tattile, che delineava figure geometriche solide, figure bidimensionali e archetipi morfologici dell’immaginario umano, è andata via via sottraendo peso e volume alle raffigurazioni, sino a scoprirne la struttura primaria. Inserita in una idealità cosmogonica, la figura che ne deriva è sospesa nello spazio dello sfondo uniforme dai toni scuri e ferruginosi. Sembra priva di causa originante. liste sottili, nere, verticali, sghembe, concorrono a formare una sorta di gabbie spaziali, ma, a seconda del punto di vista e della combinazione, sono viste in una molteplicità di varianti e quasi sempre poste secondo una dualità che ne accentua la perfetta simmetria originata dal caso. Il passo successivo del lavoro di Traina è costituito dalla reificazione delle figure rappresentate nelle tele, ovvero la traduzione oggettuale, in scala 1:1, delle linee che divengono barre di ferro, dei cerchi e degli altri elementi. Come oggetti di un sogno, di una visione, di un desiderio, che attendessero il momento di entrare nella tridimensionalità. Sembra che, sin dall’inizio, la sua pittura abbia aspirato a uscire dalla propria sostanza e farsi scultura. Gli oggetti e le tele vivono oggi in una reciproca autonomia, benchè gli uni si riflettano e si riconoscano nel proprio doppio. Le “indicazioni”, da cui la mostra prende il nome, sono disseminate negli angoli di una storia che, come nei punti nodali del sogno, non ha struttura narrativa, ma si articola appunto per indizi sopra una realtà che resterà sempre indefinibile. Manuela Gandini

Alessandro Traina presentazione al Concorso Internazionale di Scultura Fiumara d’Arte 1991 Le sculture di Alessandro Traina occupano diversi centri d’interesse che si sovrappongono ed interagiscono nell’esito visivo. Innanzi tutto la dimensione spazio-temporale è il campo d’azione da cui Traina lancia una sfida all’ordine naturale, ipotizzando una trasgressione allo sviluppo estensivo (spazio) e allo svolgimento del moto per un supposto arresto del tempo. I mezzi impiegati per costruire quest’ordine inverso insistono su un aspetto macchinistico che ci riporta ad un assetto industriale pre-elettronico. Grossi tubolari di ferro si snodano, si piegano, si congiungono, avvolti da false pulegge metalliche che, visivamente contengono una pulsione motoria, in realtà contraddetta dalla qualità dei materiali atti a bloccare anzichè favorire il movimento meccanico. Così facendo Traina scivola verso quel territorio della finzione e del simulacro che è il cardine precario della cultura postmoderna. Non le aeree e divertite “macchine inutili” inventate da Munari per la libertà dello spirito creativo, ma strutture massicce e scabre con dentro l’idea di turbine, bielle o che altro particolare meccanico si voglia. Comune ad entrambe permane l’afunzionalità che obbedisce alle leggi nascoste della mens inventiva, svincolata dai canoni di una prassi praticabile. Ma ai poderosi giunti ferrosi si contrappongono le spianate cartacee gialline, maculate col pastello a cera, unica concessione estetica in un flusso di parole asciutte ed essenziali. Le carte si stendono a terra e s’arrampicano entro congegni metallici che richiamano le rotative. Anche qui lo svolgimento si blocca negli incastri para/macchinistici, o si suddivide in superfici trattenute da intelaiature a muro o a “castello”. E le opere, con il loro tasso ossimorico ed energetico contenuto nella contrapposizione dei materiali, aspirano ad una sistemazione installativa, dove il dialogo da esse innescato, si espande e contamina il contenitore. L’inversione dell’ordine diviene allora condizione globale entro cui l’osservatore è attirato e può smarrirsi. Il percorso intrapreso comprende pertanto le stazioni del linguaggio, della finzione, dell’ambiente, della conoscenza, per una revisione possibile di concetti precostituiti, o di riduttivi “luoghi comuni”. Maria Campitelli

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Indicazioni, galleria Fac Simile, Milano 1989

Successione discreta, galleria Piero Cavellini, Milano 1990

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Alessandro Traina ne La scultura inesplorata, ed. Questarte, Pescara 1993 Dopo aver fatto leva su pesanti tubi di ferro compressi da fasce nere, sculture-oggetto piegate alle diverse esigenze dello spazio, Alessandro Traina punta sul volto della leggerezza come qualità intrinseca dei suoi materiali: carte, ferri, plastiche trasparenti, magneti. Del passato lo scultore ha mantenuto il gusto minimalista, non come retorica linguistica legata ai modelli storici degli anni Sessanta, ma come viva partecipazione al sentimento dell’ambiente, come ricerca dell’immagine che offre allo spettatore minimi segni per avere il massimo coinvolgimento. Il medesimo luogo in cui i sottili materiali di Traina sono istallati è mutevole e, per questa sua natura, rappresenta il punto in cui si può cogliere il formarsi dell’immagine. La scultura si colloca sia al cospetto della parete bianca sia a notevole distanza da essa, al centro del vuoto, in posizione di attesa, come se lo spazio circostante dovesse attraversare la plastica oppure illuminarsi con il riverbero della carta o, ancora, potesse far perdere l’equilibrio alle strisce magnetiche che fermano le carte sulla superficie metallica. L’opera è tutta giocata sulla congiunzione di elementi apparentemente distanti: da un lato esige la lettura specifica dei segni lasciati dal frottage, dall’altro esige che lo sguardo si faccia totale e affronti l’impatto con l’ambiente. Si impone, dunque, un’attenzione verso quanto di rarefatto e impalpabile la scultura mostra ma soprattutto la necessità di dilatare la fragile densità dei materiali, rendendoli forti come il vuoto, energici come l’aria che li attraversa, dinamici come le vibrazioni luminose che animano la pellicola di plastica come un corpo che preme con il suo respiro. La veste minimalista acquista via via un senso poetico dello spazio, l’aspetto di una soglia vertiginosa, che si lascia attraversare e a volte non ammette intrusioni; solo sguardi silenziosi.

Claudio Cerritelli

Alessandro Traina testo per la mostra personale allo Studio Vanna Casati, Bergamo 1994 Le realizzazioni di Alessandro Traina vertono, si può dire, ad un unico fulcro tematico, la rappresentazione visiva della percezione del tempo nella sua duplice qualità di coscienza del continuo divenire e di stupore nella scoperta di ciò che è trascorso All’incontro fra la “durata e l’”istante” si pongono diverse possibilità di rivelazione o di evento, ridotte all’essenziale, al minimo, nelle sue strutture elementari. Ogni ciclo di suoi lavori si pone come un diverso modo di catturare qualche attimo perduto, di fermare ciò che non è più, in una sensazione di remissivo abbandono all’ineluttabile. Le forme cui in questi anni Traina ha dato vita, sempre tese a raggiungere una forza scultorea nella relazione con lo spazio della realtà, sono caratterizzate da una ricerca di neutralità, per evitare qualsiasi tentazione di racconto o di lettura privata; segno, questo, di un rapporto con la misura temporale, più che con la vicenda esistenziale. Esse divengono così opere estremamente oggettive, che potrebbero essere “fatte” da chiunque, sulle quali ciascuno è invitato a intervenire. Si tratta di dati significativi per comprendere la personalità dall’artista, discreta e lucida, che non si impone, ma lascia che le cose parlino per lui. L’intenzione costruttiva ripresa anche dagli studi di architettura effettuati da Traina, si è chiaramente manifestata già nelle opere in ferro eseguite con tubi piegati a disegnare nello spazio una struttura unica, chiusa in se stessa, che fa pensare a diverse elaborazioni dell’idea del nastro di Moebius. Fasce nere, in ferro, ma a imitazione di materiali più leggeri, completano l’immagine progettata con il senso di un trompe-l’oeil che introduce l’impressione di una interruzione o di un legame aggiunto, per attribuire alle torsioni una identità più determinata. Il tentativo di qualificare maggiormente quel senso di flusso e di continuità, istituendo un nuovo rapporto fra una successione di durata illimitabile e la rivelazione di momenti reali, si ha con l’adozione di un nuovo medium, la carta gialla rivestita del segno dell’impronta del pavimento dello studio, secondo il sistema del frottage, che si pone al limite

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Attenzioni preziose, galleria Diecidue Arte, Milano 1991

Cronoestesia, galleria Erha, Milano 1993

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fra l’intervento fisico individuale e individuabile e una ricercata impersonalità di manifestazione. Dal punto di vista formale si evidenzia il contatto tra peso e leggerezza, con prevalenza di quest’ultima, nella levità della carta dolcemente costretta da griglie di ferro che la incanalano. L’esigenza di leggerezza è ancor più chiara nel lavoro successivo, dove anche la carta diviene un frammento, in alcuni casi trasparente, che, a detta dell’artista, si ispira a quelle note che ci appuntiamo lasciandole in vista, per poi dimenticarle, o a immagini fotografiche abbandonate al confronto con la prepotenza del presente. Le cornici di ferro mantengono valora strutturale e rigido, se non fosse per l’uso della calamita, lo strumento con il quale l’artista reintroduce, nella fissità del momento, la variabilità delle forme, con un senso di mobilità che è ricorrente nel suo lavoro. La parte più attuale e originale di esso - gli “intervalli”- dove le carte si dispongono su una superficie neutrale, in modo ogni volta diverso per l’intervento delle barre magnetiche che le bloccano in uno stato provvisorio, rappresenta forse l’immagine più forte di questo motivo costante dell’incontro fra la rigidità della forma data e il modificarsi degli elementi accessori e qualificanti, in una personale sintesi di contenuti riflessivi e rappresentazione autonoma, che cerca sempre nuovi modi di esprimersi. Francesco Tedeschi

Alessandro Traina dal catalogo Giovane Arte Contemporanea, Fondazione Sartirana Arte 1995 Carte, ferri, plastiche traspartenti e magneti, con questi materiali giocati sul peso e sulla leggerezza Alessandro Traina sta portando il concetto di scultura fino ai limiti del suo assottigliamento, configurando le forme prescelte sempre più all’interno della parete. Alla quale si accostano non solo le grandi finestre di plastica che l’artista appoggia come soglie in attesa di sguardi ma anche gli oggetti tridimensionali, i volumi reali e virtuali dei tavoli trasparenti costruiti solo per essere osservati. La parete recita un ruolo decisivo anche quando è sfiorata dalla presenza dei materiali, coinvolta solo nel ruolo di superficie-sfondo in cui si immergono le immagini oppure da cui staccano il loro effimero profilo. La plastica sembra avere un peso, come se le sue molteplici forme fossero scolpite nella luce che l’attraversa rendendola ancor più tattile e fisicamente presente. L’identità della scultura è vissuta in un’atmosfera rarefatta e impalpabile, come se il respiro delle forme potesse d’incanto interrompersi, senza per questo perdere energia. Claudio Cerritelli

Alessandro Traina testo per la mostra personale Forma bianca alla Galleria Attia Bousbaa, Parigi 1996 Se lo spazio comincia e si definisce con dei segni tracciati sulla pagina bianca, così come accade per gli autori portolani, per certi scrittori, per taluni artisti e per Traina, dobbiamo subito iniziare a leggere e a ritrovare i nuovi spazi bianchi definiti stavolta sulla carta della scultura. La carta bianca è percorsa non dalle mani dello scrittore ma dalle mani dello scultore che, con mezzi diversi, ugualmente però cerca di trattenere solchi, tracce, memorie. Dalla memoria, come architetto che edifica il nostro vissuto nella tenace operazione di sottrazione alla dimenticanza, tratteniamo presenze impercettibili del vissuto che nella visibile ragnatela del vivere non possiamo mostrare. Così nei falsi movimenti della calamita, nella specifica possibilità di attrarre e bloccare un corpo, c'è la chance di fermare nel ferreo telaio, porzioni di spazi, specie di spazi come intervalli di tempo. Un tempo trascorso ora ripercorribile nelle finestre del lavoro, cose trasparenti ma visibili sull'ossatura metallica della scultura. Pongo un' AVVERTENZA, che prendo a prestito da Vladimir Nabokov. "I principianti devono imparare a sfiorare soltanto la superficie della materia se vogliono che essa resti all'esatto livello del momento. Cose trasparenti, attraverso le quali balena il passato!" Chiara Guidi

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Forma bianca, galleria Attia Bousbaa, Parigi 1996

Galleria Angelo Falzone, Mannheim 1996

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Visioni magnetiche dal catalogo Confronti con la Scultura, Palazzolo sull’Oglio 1996 Carte fatte a mano rivestono lamiere di ferro piegate, fissate da calamite che congiungono la diversa natura dei materiali in un unico volume. Nello spazio si avvertono diverse tensioni della materia, la violenza del ferro piegato e la tenerezza della carta che aderisce al piano metallico con frammenti di magnete. La scultura si trova a vivere su una doppia soglia, quella della forma bianca che offre un volto luminoso e l’altra zona, quasi relegata nella dimensione chiusa del non veduto. L’obiettivo è di rilevare l’ambivalenza dello spazio attraverso l’esaltazione del limite, passando dalla bidimensionalità della lastra al volume virtuale dell’opera, interrogato dall’artista nella sua ambigua presenza. Claudio Cerritelli

Alessandro Traina dal catalogo Nuove Contaminazioni, Galleria d’Arte Moderna di Udine 1998 Le installazioni di Alessandro Traina possono essere lette come singole sequenze di un discorso che parte dall’ipotesi di un annullamento del tempo attraverso lo spazio e contemporaneamente di un annullamento dello spazio attraverso il tempo. Ipotesi inaudita che cerca di prendere corpo in strutture esteticamente pulite e composte in grado di celare lo sforzo titanico legato alla possibilità dell’accadere dell’evento. Nelle opere datate primi anni ‘90 si assiste al tentativo di bloccare il tempo intervenendo nel suo essenziale divenire. Strutture in ferro formalmente leggere come clessidre, in realtà di una pesantezza statica propria del ferro, ripropongono, negandola, la certezza ineluttabile dello scorrere del tempo. Non c’è il passaggio lento e inarrestabile della sabbia in due contenitori posti l’uno sopra l’altro come si usa nello strumento simbolo della determinazione temporale: i due recipienti sono vuoti, o meglio non ci sono affatto, sostituiti da due apparenti bende elastiche che non si riempiono e non si svuotano, nemmeno comunicano. Si potrebbe girare e rigirare questa clessidra all’infinito: il presente non incontrerebbe mai il passato e il futuro non sovrasterebbe il cumulo di sabbia sottile che rappresenta in questo primo orologio il presente. Lo spazio, luogo dell’accadere del tempo, con un gioco di studiate analogie lo annulla, lo ferma. Nei lavori più recenti il gioco si inverte. Ora è il tempo ad azzerare la dimensione spaziale mediante installazioni atopiche. Troviamo ancora il ferro questa volta però usato come supporto dalle sagome più inconsuete. Sul ferro della carta a mano, ruvida e leggera, appoggiata, quasi trattenuta grazie alla forza attrattiva di una calamita. L’opera occupa uno spazio, ma quello non è necessariamente il suo spazio, il gioco di forze messo in atto dalle calamite lo destabilizza costringendola a trovare un suo compimento in un non-luogo. L’installazione è unica ma plurime sono le tracce lasciate sulla parete, tante quante ne permette lo spostamento di una calamita. Il tempo, rompendo la fissità dell’opera (nell’attimo stesso in cui la leggo l’opera è unica e molteplice) ne annulla la dimensione spaziale. L’occhio ha un continuo rimando da un frammento all’altro e anche quando sembra potersi arrestare, dei tracciati disegnati sulla carta lo costringono a considerare le calamite come segni inequivocabili dell’instabilità dell’opera. La necessità concettuale di uno spazio e la sua possibilità concreta risuonano nel naturale strumento di attrazione che funge così da elemento determinante per dare al discorso una valenza esistenziale. Se non esistono uno spazio e un tempo assoluti lo spazio fenomenico può anche annullare il tempo così come il tempo esistenziale può annullare lo spazio. Francesca Turchetto

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Galleria Plurima, Udine 1998

Pezzi, galleria F, Bad Nauheim 1998

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Il minimalismo magnetico di Alessandro Traina in Titolo N° 36, 2001 I lavori recenti di Alessandro Traina vertono sull’utilizzo di pochi elementi primari: la carta ed il ferro, materiali apparentemente incompatibili e contrastanti, ma che si accordano perfettamente nel risultato finale. Un terzo materiale fa da legante: la calamita. Due materiali molto diversi, dunque, ed un legante, uniti secondo un preciso abbinamento che determina effetti a scansioni ritmiche. La ricerca di equilibrio tra gli elementi è una delle caratteristiche che maggiormente caratterizzano l’artista. La calamita è una presenza forte, molto visibile, spesso lega due o più pezzi di carta opportunamente strappati. Gli strappi della carta ricuciti non si lamentano. Il movimento è dato dal ferro ripiegato su se stesso e dalla carta che segue tale movimento. La carta acquisisce, richiudendosi, consistenza oggettuale e propone anche un effetto di tensione. Il ferro è lo scheletro degli oggetti/scultura. Queste “cartoferrocalamita” Alessandro Traina le realizza dal 1993, non hanno quasi mai titolo, talvolta sono Forma bianca o Pezzi , ma denunciano l’importanza della forma acquisita, e acquisibile, dall’oggetto e l’interesse che manifesta nel voler stabilire una relazione attiva con lo spazio. L’opera così costruita, sia essa da parete o scultura, ha un notevole impatto spaziale, accede ed eccede in esso bruscamente, ponendosi in relazione tramite i contrasti che porta di forme, colori e materiali: la carta è corposa, il ferro è scuro come la calamita, entrambi lisci, ma mentre il ferro assume forme sinuose, la calamita ha una forma geometrica anche se non tagliente. L’idea di mutabilità si percepisce attraverso le caratteristiche dei materiali, ma anche attraverso i modi del loro assemblaggio. I piccoli pezzi di ferrite rettangolari propongono precarietà ed equilibrio allo stesso tempo, disorientamento, forza e impatto. Tali assemblamenti sembra non risultino soggetti alla legge di gravità. Il disegno è astratto e insieme informale. Il pensiero non comanda lo strappo della carta, ma lo declina al caso, mentre la calamita e il ferro hanno una forma, uno spessore e un peso scelti, strutturati ed impaginati, rispondenti ad una progettazione che ne determina il risultato. L’insieme è una mappa variegata di colture (terre coltivate) ed “incolture”, di ragione e passione, di spazi, di forme, e di forze. Una topologia di sintesi, una topologia minima. La passione per i contrasti tra i materiali Alessandro Traina l’ha sempre manifestata. L’effetto della carta abbinata al ferro ha in passato preso corpo nell’utilizzo di una pellicola trasparente come nelle opere Dentro del 1993 e Finestra del 1994, dove risulta determinante la presenza di un grande foglio di cellophane che, tramite piccole calamite, avvolge e dà plasticità all’oggetto composto da una struttura geometrica tridimensionale di ferro. Anche il segno, non gesto, ma scrittura, piuttosto graffio, ricorre spesso nel suo lavoro; è uno strappo, oppure si percepisce da una tramatura della carta, da un frottage, o da un insieme di tanti piccoli pezzi di acetato accostati e sovrapposti, strutturati in un’intelaiatura di ferro come in Quasi trasparente del 1993. Tutto il lavoro di Alessandro Traina fa riferimento ai temi del movimento e del tempo. Nelle opere degli ultimi anni ‘80, primi ‘90, quelle composte da tubi tubi di ferro saldati in modo che la figura risultante assumesse una forma continua e chiusa su se stessa, il senso del moto che la struttura ha viene potenzialmente bloccato da alcune fasce metalliche ad uso di cinghie. Il magnetismo, che oggi rileviamo nell’uso della calamita, anche qui è presente. Esso non è più intrinseco ad un elemento della composizione, ma risulta dalla forma continua e rinchiusa su se stessa per la quale questi oggetti si distinguono. Annamaria Maggi

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Inchini, Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano 2001

Arte+ Arte Contemporanea, Varese 2001

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Alessandro Traina San Vincenzo (LI) i957 vive e lavora a Milano

www.alessandrotraina.it

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Esposizioni personali 1987 1989

1990 1991

1992 1993 1994 1996 1997 1998 2001 2003

Galleria Fac Simile, Milano Indicazioni, galleria Fac Simile, Milano Galleria Neon, Bologna Galleria Unimedia, Genova Fatto di tempo, galleria Fuxia Art, Verona Successione discreta, galleria Piero Cavellini, Milano Disturbi, galleria Neon, Bologna Juliet’s Room, Trieste Galleria Eralov, Roma Espace M.P. Manchon, Parigi (F) Attenzioni preziose, galleria Diecidue Arte, Milano Studio Noacco, Chieri (TO) Galleria Helen de Roquefeuil, Parigi (F) Prendere tempo, galleria Halskratz, Mannheim (D) Cronoestesia, galleria Erha, Milano Studio Vanna Casati, Bergamo Galleria F(actory), Giessen (D) Forma bianca, galleria Attia Bousbaa, Parigi (F) Galleria Angelo Falzone, Mannheim (D) Pezzi da museo, galleria Maria Cilena, Milano Galleria Plurima, Udine Pezzi, galleria F, Bad Nauheim (D) Inchini, Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano del Grappa (TV) Arte+ Arte Contemporanea, Varese Tempi vuoti, Spaziotemporaneo, Milano

Esposizioni collettive 1986 1987 1988 1989

1990

Neoromantici, galleria E. F. Grisanti, Milano (a cura di Manuela Gandini) Biennale Internazionale di Arte Contemporanea, Milano. Stand Gall. Fac Simile 25 anni, galleria La Polena, Genova Studio B2, Genova Premio Saatchi & Saatchi per giovani artisti, Palazzo delle Stelline, Milano (catalogo) (acq.) Fabbrica, ex fabbrica Mida, Brescia (a cura di Massimo Minini) (catalogo) Il gioco delle arti, Palazzo della Triennale, Milano Art Jonction International, Nizza (F). Stand Gall. Fac Simile L’immagine e il suo trucco, galleria Unimedia, Genova Giovane Arte Contemporanea, Castello di Sartirana (PV) (a cura di Elena Pontiggia,) (catalogo) (acq.) Fine, Museo Alchimia, Milano Nuovo Decennio Ultimo, Studio Dedalo, Torino (videocatalogo) Arte Fiera, Bologna. Stand Gall. Neon Prodotti recenti, galleria Neon, Bologna Degli scambi, galleria Care Of, Cusano Milanino (MI) (catalogo) Juliet Ten Years, galleria Diecidue, Milano Paraxo ‘90, Rocca di Andora (SV) (a cura di E. Pontiggia, C. Spadoni, M. Vescovo) (catalogo) 1970 -1990 Una collezione in scatole, galleria Unimedia, Genova Spaziotemporaneo, Milano

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1991

1992

1993

Arte Fiera, Bologna. Stand Gall. Neon La galleria si mostra, galleria Neon, Bologna Art Frankfurt, Francoforte (D). Stand Gall. Neon Art Jonction International, Nizza (F). Stand Gall. Neon Arie, Fonti del Clitunno (PG) (a cura di Achille Bonito Oliva) (catalogo) Concorso Int. di Scultura per Fiumara d’Arte, S. Stefano di Camastra (ME) (a cura di Antonio Presti) Trattative con Euclide, Spaziotemporaneo, Milano (a cura di Adriano Altamira) (catalogo) Air de Paris, galleria Neon, Bologna Attualissima, Firenze. Stand Gall. Diecidue, Stand Gall. Neon Delle Pietre e Dell’Anima, ex chiesa di San Pietro in Atrio, Como (a cura di Elena di Raddo) (catalogo) Il mercato della crisi, galleria Unimedia, Genova 6 Artisti Italiani, galleria Halskratz, Mannheim (D) Libro e Segnalibro, Museo dell’Informazione, Senigallia (AN) (a cura di Caterina Gualco) Art Frankfurt, Francoforte (D). Stand Gall. Halskratz Luoghi in relazione, palazzo del Seprio, Mozzate (CO) (a cura di Francesco Tedeschi) (catalogo) Linguaggio/Immagine, Archivio di Nuova Scrittura, Milano (a cura di Adriano Altamira) (catalogo) Fin du Siècle XXème, Fiera di Pordenone (a cura di Maria Campitelli) II Rassegna di Arte Contemporanea, Vecchio Mercato Coperto, Varzi (PV) (a cura di G. Gardelli) Premio ”Cesare Pavese”, ex chiesa di San Rocco, Carnago (VA) (a cura di Rachele Ferrario) (catalogo)

1994

1995

1996

1997

1998

Mixed: caos, galleria Halskratz, Mannheim (D) La scultura inesplorata, Galleria Questarte, Pescara (a cura di Claudio Cerritelli) 5 easy pieces, galleria Attia Bousbaa, Parigi (F) Molto Diligenti Osservazioni, Galleria Civica di Gallarate (VA) (a cura di Emma Zanella Manara) (catalogo) Art Frankfurt, Francoforte (D). Stand Gall. Halskratz Incontri a Genova, galleria Ellequadro, Genova Imaginaria ‘94, La Rinascente Duomo, Milano (catalogo con testo di Fernando De Filippi) Mirabilia II, galleria Piero Cavellini, Brescia L’ immagine luminosa, Torre Colombera, Gorla Maggiore (VA) (catalogo con testo di Debora Ferrari) Equinozio d’autunno, Castello di Rivara (TO) (a cura di Franz Paludetto) Art Cologne, Colonia (D). Stand Gall. Halskratz Nel.Di.Segno., galleria Pomerio Ducale, Massa (a cura di Chiara Guidi) La carta dell’artista, Castello di Belgioioso (PV) Stand Gall. Omphalos Giovane Arte Contemporanea, Castello di Sartirana (PV) (a cura di C. Cerritelli, L. Somaini) (catalogo) Una posa in galleria, galleria Marian Mayer, Milano Oltre il disegno, galleria Maria Cilena, Milano (a cura di Chiara Guidi) Galeotto fu il libro, galleria Schreiber, Brescia (a cura de Il Mercato del Pesce) Galeotto fu il libro, Il Mercato del Pesce, Sesto San Giovanni (MI) (catalogo con testo di Lorella Giudici) Montaliana, Museo di Sant’Agostino, Genova (a cura di Ellequadro Documenti) Le cose che devono vedersi, chiesa di S. Antonio, Viconago (VA) (a cura di Vegetali Ignoti) Cosare le cose, galleria Veragouth, Lugano (CH) RipArte ‘96, Ripa Residence, Roma. Stand Gall. Maria Cilena Confronti con la Scultura, Auditorium San Fedele, Palazzolo (BS) (a cura di Claudio Cerritelli) (catalogo) Galeotto fu il libro, Biblioteca Comunale di Arese (MI) (catalogo con testo di Lorella Giudici) Festa del sagittario, galleria Alpha Centauri, Parma Arte Fiera, Bologna. Stand Gall. Maria Cilena Contemporanea, Atelier Modarte, Milano (a cura di Maria Campitelli) La congiunzione degli opposti, Atelier Modarte, Milano (a cura di Maria Campitelli) Prewiev, galleria Maria Cilena, Milano Arte Fiera, Bologna. Stand Gall. Maria Cilena, Stand Gall. Plurima La scultura possibile, Circolo Artistico di Bologna, (a cura di Claudio Cerritelli) (catalogo)

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1999

2000

2001

2002

Senza titolo, Galleria Civica Bedoli, Viadana (MN) (a cura di Zerometriquadri) (catalogo in Coevit N°1) Generazioni a confronto, Fioretto Arte Contemporanea, Padova Nuove Contaminazioni ‘98, Gall. d’Arte Moderna, Udine (a cura di E. Crispolti) (testo in catalogo di F. Turchetto) Galleria Plurima, Udine Leonardesca, chiostro di San Francesco, Pietrasanta (LU) (a cura di Lodovico Gierut) Nach Art, galleria F, Bad Nauheim (D) Artisti di Milano, Casa della Cultura, Milano (a cura di Francesco Tedeschi) L’opening è dentro, Chiesa dell’Istituto Penale Minorile di Milano, (a cura di Chiara Guidi) Arte Fiera, Bologna. Stand Gall. Maria Cilena Love-phone, Futurshow 2999, Fiera di Bologna (a cura di Laura Villani) Pseudomonas, Aron Arte Contemporanea, Gallarate (VA) (catalogo con testi di R. Limonta e R. Borghi) Le libertà dell’arte, ex Palazzo Vescovile, Massa (a cura di Chiara Guidi) 20 anni del gruppo 78, Teatro Miela, Trieste (a cura di Maria Campitelli) (catalogo) Teddy Bear, Fiera di Parma (a cura di Laura Villani) Colori nuovi sulle antiche carte di Pescia, Cartiera Le Carte, Pietrabuona (PT) (a cura di L. Gierut) (CDcatalogo) Supermarket dell’Arte, Spazio Bigli, Milano (a cura di Jorge Alcolea e Chiara Guidi) (catalogo) Oro, Incenso e Mirra, galleria Fioretto, Padova 20 anni del gruppo 78, Spazio 111, Milano (a cura di Maria Campitelli) (catalogo) Love-phone 2, Futurshow 3000, Fiera di Bologna (a cura di Laura Villani) (catalogo) Documento Arte 2000, Centro Internazionale di Cultura, Sillico (LU) (a cura di Lodovico Gierut) Bianconatale, Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano del Grappa (TV) Linguaggio in Arte tra parola e immagine,cos’è il tempo?, Archivio Kaiman Art, Genova Zip, Arte+ Arte Contemporanea, Varese Mouse and Pad, Futurshow 3001, Fiera di Bologna (a cura di Laura Villani) (catalogo) Il Condominio, rassegna Hicetnunc, San Vito al Tagliamento (PN) (a cura di Angelo Bertani) (catalogo) Incontri con l’arte, Spazio Incontri, Olmi (TV) (a cura di Andrea Pronto) Postarte Arte, Palazzo Calabresi, Viterbo (catalogo con testi di E. Anselmi, M. Carriero, R. Stoppani) 6 Artisti Italiani, Centro Culturale Italiano, Pforzheim (D) (a cura di Giorgio Pandolfi) Expo Arte, Montichiari (BS). Stand Andrea Pronto Arte Contemporanea HUA I miei migliori amici, Spazio O’Artoteca, Milano (a cura di Vegetali Ignoti) Arte di Casa Mia, Spazio Annotazioni d’Arte, Milano (a cura di Valeria Vaccari) L’oggetto inesistente, Futurshow 3002, Fiera di Bologna (a cura di Laura Villani) (catalogo) Ciclo-Riciclo-Triciclo, Auditorium “Giovanni Lenzi”, Verbania (VA) (CDcatalogo) Galleria Fumagalli, Bergamo La via dell’arte, Oratorio di Veravo, Castelbianco (SV) (*a cura dell’Associazione Culturale Paraxo) (catalogo) La via dell’arte, Oratorio SS. Giacomo e Filippo, Urbe (SV) * Contemporanea uno, Galleria Plurima, Udine Arte pellegrina, Chiesa Anglicana, Alassio (SV) * La via dell’arte, Museo Civico, Albisola superiore e Museo M.Trucco, Albisola marina (SV) *

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Cataloghi monografici

1989

Claudio Cerritelli, L’oggetto della superficie Alessandro Traina Galleria Neon, Bologna

1991

Maria Campitelli, Le macchine Ferma-il-tempo Pierandrea Casati, Del caso Del tempo Elena Pontiggia, Il contrasto e il tempo Alessandro Traina Gallerie: Diecidue Arte, Milano - Fine Arts Room, Trieste - Fuxia Art, Verona Neon, Bologna - Studio Noacco, Chieri (TO) - Unimedia, Genova Edizioni Essegi, Ravenna

1993

Marco Meneguzzo Alessandro Traina, Cronoestesia Galleria Erha, Milano

1997

Chiara Guidi, La Carta della scultura Angela Madesani, Pezzi Alessandro Traina Gallerie: Maria Cilena, Milano - Plurima, Udine

2001

Alessandro Traina, opere 1998 - 2000 Gallerie: Arte+ Arte Contemporanea, Varese Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano del Grappa (TV)

2003

Angela Madesani, Immagini immaginarie. Il percorso artistico di Alessandro Traina Alessandro Traina, Tempi vuoti Spaziotemporaneo, Milano

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Bibliografia

1987 1988 1989

1990

1991

1992

1993

G. Perretta in Juliet N° 31 L. Maggi in Vogue Italia N° 446 M. Mazzella in Le Arti N° 1 M. Gandini, presentazione della mostra personale Indicazioni alla gall. Fac Simile L. Spadano, Un premio per giovani artisti, Segno N° 81/82 D. Auregli in Bologna in Anteprima N°15 M. Meneguzzo, Milano in Contemporanea N°6 R. Vitali in Mongolfiera del 24 aprile G. Quaroni in Flash Art N°149 D. Franzoni in Alla Ribalta N°3 Arte e giovani, Flash Art N°150 A. Bolfo, Naturalità dell’artificio in Artinumbria N°21 S. Ricaldone, Tredici installazioni nel Corriere Mercantile del 7 novembre G. Beringheli ne Il Lavoro del 16 novembre C. Belloni, Genova in Juliet N°45 A. Dragone, Nuovo decennio per l’arte ne La Stampa del 31 dicembre V. Conti in Segno N°87 P. Peduzzi ne Il Giornale dell’Arte N°78 Verona, Segno N° 93 Arte e giovani, Flash Art N°156 G. Trevisan, Traina, età del ferro ne l’Arena del 21 giugno E. Pontiggia nel catalogo della mostra Paraxo’90 G. Savoini ne Il Giornale dell’ 8 luglio Milano, Segno N°100 A. Micaletti in Juliet N°51 R. Vitali in Mongolfiera del 19 febbraio D. Auregli, Disturbi in Bologna in Anteprima del 22 febbraio A. Ambrosini, Traina, ferro e carta ne Il Resto del Carlino dell’ 8 marzo A. Castelpietra, Il mondo dell’inutile ne Il Piccolo del 16 aprile S. Molesi, Al di là della scultura in Trieste Oggi del 18 aprile A. Antolini, Ritratti di giovani artisti in Arte e Cornici N°2 E. Coen ne Il Giornale dell’Arte N°90 M. De Candia ne Il Trovaroma del 6 giugno E. Gallian, Per mediare l’acquisito sapere ne L’Unità del 16 giugno M. Campitelli in Juliet N°53 R. Clon in Juliet N°53 R. Pinto in Flash Art N°165 A. Altamira nel catalogo della mostra Trattative con Euclide G. W. ne Il Corriere Della Sera del 31 gennaio F. Tedeschi, I geometri ne IL Giornale del 9 febbraio V. Coen in Flash Art N°167 T. Conti in Titolo N°8 P. Casati, Alessandro Traina in Juliet N°57 V. Deho in Juliet N°57 E. Di Raddo nel catalogo della mostra Delle Pietre e Dell’Anima L. Mosconi, L’arte, concetto da interpretare ne La Provincia del 29 ottobre F. Tedeschi, Sacro e profano ne Il Giornale dell’8 novembre D. Ferrari, Delle pietre e dell’anima in Lombardia Oggi del 14 novembre B. Scheuerman in Morgen del 23 gennaio

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1994

1995

1996

1997 1998

1999 2000 2001

A. Compagnucci, L’arte come vita ne L’Osservatore Nuovo del 18 marzo H. Marx in Die Rheinpfalz del 10 aprile A. Altamira nel catalogo della mostra Linguaggio/Immagine E. Di Raddo, Un luogo vuoto riempito di idee ne La Provincia del 15 maggio D. Ferrari, Cocktail d’artisti in Lombardia oggi del 29 maggio R. Ferrario, Al tempo della crisi ne La Prealpina del 6 giugno R. Ferrario in Flash Art N°176 C. Piccoli in Juliet N°64 P. Peduzzi ne Il Giornale dell’Arte N°116 F. Tedeschi, Due a confronto ne Il Giornale del 28 novembre L. Spadano in Segno N°127 R. Ferrario in Flash Art N°181 E. Zanella Manara in Titolo N°14 C. Cerritelli, La scultura inesplorata, Ed. Questarte E. Zanella Manara nel catalogo della mostra Molto Diligenti Osservazioni F. Tedeschi, presentazione della mostra personale allo Studio Vanna Casati A. Nania, Sperimentando la rivoluzione in Lombardia Oggi del 3 aprile P. Carnevale, Dalla realtà virtuale alla videoarte ne Il Giorno del 3 giugno N. Nava in Juliet N°69 M. Dall’Olio in Juliet N°69 J. Pignatelli in Titolo N°16-17 D. Ferrari in Meta N°3 C. Cerritelli nel catalogo della mostra Giovane Arte Contemporanea N. Nava, Il genio della carta in D’A N°20/21 Arte Contemporanea Italiana 1945-1995. Ed. Fenice 2000 Anni ‘90 Arte a Milano - Artisti e Artisti Designer nella Città. Ed. Abitare Segesta. C. Guidi, presentazione della mostra personale Forma bianca alla galleria Attia Bousbaa L. Giudici nel catalogo della mostra Galeotto fu il Libro H. Marx in Morgen del 6 maggio D. Ferrari in Lombardia Oggi di luglio E. Di Raddo, Cose da vedere ne Il caffé dei laghi (Terre) del 20 luglio C. Cerritelli nel catalogo della mostra Confronti con la Scultura Arte Contemporanea Italiana 1945-1996. Ed. De Agostini M. Campitelli in Modarte N° 1 C. A. Bucci, Artisti emergenti ne Il diario della settimana (Agenda) del 10 dicembre E. Gravagnuolo in Titolo N°25 M. Meneguzzo nel catalogo della mostra Due o tre cose che so di loro I. Reale nel Messaggero Veneto del 14 luglio F. Turchetto nel catalogo della mostra Nuove Contaminazioni ‘98 S. Zannier nel Messaggero Veneto del 4 agosto F. Marri, Contaminare lo spazio ad arte ne Il Piccolo del 26 agosto F. Turchetto nel Messaggero Veneto del 1 settembre I. Reale, Le suggestioni dell’arte moderna ne il Friuli del 10 settembre F. Turchetto in Titolo N°27 E. Santese in Next N° 44/45 L. Dematteis, G. Maffei in Libri d’artista in Italia 1960-1998. Ed. Regione Piemonte M. Campitelli nel catalogo della mostra 20 anni del gruppo 78 L. Giudici in Juliet N°96 A. Maggi, Il minimalismo magnetico di Alessandro Traina in Titolo N°36 A. Madesani in Juliet N°105

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Traduzione

Irene Mantegazza

Fotografie, progetto grafico e impaginazione

Alessandro Traina

Fotografia dell’artista

Irene Traina

Stampa

CPZ Litografia, Costa di Mezzate (BG)

Un particolare “grazie” a

Maria Teresa Baldini Giulia Barbaro Daniele Poli Diego Ruggeri OpificioDigitale

Spaziotemporaneo

di Patrizia Serra via Solferino 56 - 20121 Milano tel. e fax 02/6598056 http://www.gospark.com/spaziotemporaneo spazio.temporaneo@libero.it

© 2003

Alessandro Traina



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