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AXIS – PRAXIS di Judy Parkinson
NOTE SULLA MOSTRA
Invitato a curare la mostra inaugurale dello spazio Tracce di Vapore, ho voluto esporre opere di artisti che fossero interconnessi su più livelli di riferimento culturale e formale. Ognuno degli artisti scelti è un virtuoso praticante di un genere personalizzato nella pittura o nella fotografia contemporanea. Questa domanda di tecnica virtuosistica, e il suo ruolo cruciale nel creare arte in una connessione profonda e credibile con la condizione umana, è stato di grande interesse per me ed ha illuminato il mio approccio curatoriale.
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La mostra si sviluppa attraverso due sale ed inizia con il dipinto di Matthew Radford che raffigura una rosa rampicante, richiamando alla mente le pitture orientali di alberi di ciliegio e di susino quale metafora per la contemplazione ed il progressivo allineamento con il mondo naturale.
Altrettanto contemplativa è l’immagine di Walter & Zoniel, basata sulla loro fondamentale installazione The Physical Possibility of Inspiring Imagination in the Mind of Someone Living, che mostra meduse luminescenti simili a globi immersi in uno spazio acquoso ed oscuro. Un’opera che al contempo coinvolge e confonde lo spettatore.
Queste fotografie hanno quasi bisogno di definizioni evocate solo per loro, eppure, essendo astratte, trasmettono un senso di ottimismo e rassicurazione, come se fossero segnali positivi da un altro mondo.
Il dipinto tipicamente vibrante ed esilarante di Rebecca Youssefi, Meteor Shower above the Human Race continua una vita che afferma il timore reverenziale della scala del cosmo e l’innocente esperienza del Giardino delle Delizie di Bosch, tipico di un’umanità in armonia con la natura.
Due opere di grande formato, i caratteristici disegni di luce di Kirsten Reynolds, compongono un gesto singolarmente elegiaco, sospeso tra la terra e le tracce nell’aria di ali battenti di una presenza altrimenti invisibile e proveniente da un altro mondo.
I lucidi e colorati dipinti di Claudia De Grandi contribuiscono anch’essi a trasmettere un senso di consapevolezza contemplativa e ricettiva del mondo naturale. Una pittrice minimalista le cui opere fanno riferimento ad un’intensa attività nel vuoto dello spazio.
Le pitture a volte quasi monocromatiche della De Grandi sono storicamente legate ai Black Paintings di Ad Reinhardt ma anche ai numeri LED tremolanti ed in continua evoluzione di Tatsuo Miyajima in cui la pura energia e vitalità del Vuoto buddista si rivela figurativamente come una matrice infinita ed infinitesimale.
Ho scelto Untitled Painting XIII (Herne) quale mio contributo alla mostra. Quello che a prima vista può sembrare un esplicito dipinto di un selvaggio paesaggio settentrionale, da una più attenta osservazione rivela l’immagine di un cervo spaventato, che fugge da un terrore sconosciuto e si dibatte in un ruscello visibilmente inquinato.
Nella seconda stanza, la persistente immagine residua della visione e dell’impegno svanisce bruscamente alla vista delle opere di Matthew Radford sui lavoratori metropolitani che sfrecciano anche di notte nei vari piani di un edificio per uffici; come personaggi di Edward Hopper il cui spirito è trasmutato in un’iperattiva rappresentazione di gesti e panico.
Eppure il senso di lieve ansietà che questi dipinti trasmettono non è nulla rispetto alla densità della claustrofobia che viene resa visibile nella Large Painting of a Bed and a Window di Stephen Newton. Con il suo squallore, la sua implicita solitudine e tristezza, Newton dà origine al pensiero che non tutto va bene nel Giardino delle Delizie. Altre opere di Newton raffiguranti vite private messe in crisi sviluppano questo tema.
Dall’altra parte della sala i protagonisti di un paio di opere a base di collage e cariche di energia di Oska Lappin gridano allo spettatore di fare attenzione, forse perché, come dice Stephen Stills, ‘...there’s a man with a gun over there...’
Richard Hamilton, documentando, come un Hogarth contemporaneo, il massacro degli studenti da parte della polizia del 1970 alla Kent State University, non avrebbe potuto prevedere meglio la carneficina casuale, elementare che sarebbe diventata una parte normale della vita suburbana americana oggi.
Legati alle stanze perdute nei dipinti di Stephen Newton e alle urlanti Gangs of New York di cui fanno parte gli abitanti degli incubi febbrili della Lappin, i personaggi alla deriva nei disegni delicatamente oscuri di Cat Roissetter incarnano una strana terra di mezzo nella fortuna umana. Personaggi che non sono né concentrati nel raggiungere risultati politici, né interessati ad alcuna relazione mondana. Esistono per andare alla deriva ed a volte scontrarsi come figure in un mondo senza alcun significato.
Se questi artisti descrivono la crisi esistenziale della contemporaneità, Charlotte Snook evoca invece il mondo all’inizio dei tempi moderni in Europa, quando la gerarchia della Chiesa e il potere dell’aristocrazia cominciavano il proprio declino. Nello studio degli artisti del 17° secolo da parte di Snook, si sente la presenza di Picasso e Modigliani sono in giro, condividendo un bicchiere di assenzio e rompendo un momento scherzoso con Tiepolo e la sua nuda musa, mentre aspettano che Velasquez si unisca a loro al suono dell’ultimo album di Django Reinhardt.
Si tratta di in una messa in scena ingannevolmente innocente delle vite degli artisti, e di un’introduzione perfetta al mondo sommerso ed inghiottito che viene rappresentato nella Birth of Ideas di Jake e Dinos Chapman. Il loro lavoro assorbe ed al contempo espelle la nozione del commento riflessivo dell’artista sulla società, come una fiaba folle di Edward Lear letta da Johnny Rotten.
I disegni di luce adiacenti di Kirsten Reynolds, incredibilmente simili alle linee incise dei fratelli Chapman e pieni di furia, ardono luminosi nella foresta della notte.
Dopo l’isteria visiva di questi pezzi, il video di Overlap Medium Trees mostra un altro aspetto del confronto post-industriale tra Società e Natura, una riduzione lirica ed affermativa della narrativa del paesaggio, che al contempo indica un modo di riscattare gli atteggiamenti nei confronti della Natura nell’era elettronica.
Le fotografie di Strangers in the Light di Catherine Balet, stilizzazioni ibride delle grandi opere dei maestri del passato illuminate da dispositivi elettronici, creano un ritratto inquietante ed ansioso di una società silenziosamente disfunzionale.
Infine il dipinto di Tim Craven freddamente metodico della campagna di un’Inghilterra che sta per scomparire è al contempo epilogo e prologo della mostra.
Alan Rankle Milano