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Prefazione di Andrea Vento
La relazione speciale tra Alan Rankle e l’Italia è ormai molto consolidata, ed ha visto due mostre di successo antologiche nel 2010 a Milano e a Roma.
Come si diceva il viaggio, simile a quello di un nuovo Odisseo finalmente giunto al Mediterraneo, continua, con questo ultimo esercizio, assai riuscito, interamente dedicato alla Laguna di Venezia. Nel biennio 2014-2015, Rankle ha infatti lavorato per il recupero architettonico di Isola delle Rose, finalizzato alla realizzazione di un resort, con un proprio contributo ed una rivisitazione di Venezia e della Laguna.
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Non c’è luogo in Italia più controverso proprio dal punto di vista ecologico della Laguna, dove ogni giorno si è combattuta e si combatte un’aspra battaglia ambientale; dove l’uomo ha compiuto in passato inconcepibili scempi ad iniziare dal grande impianto petrolchimico di Porto Marghera; dove l’equilibro tra l’ecosistema della Laguna e quello marino è fragilizzato; dove in pochi minuti sempre più spesso l’acqua alta delle maree aggredisce il patrimonio architettonico della città; dove gli uomini si sono spartiti giganteschi bottini legati alla corruzione invece di realizzare le barriere che salverebbero Venezia e la sua laguna dalle acque alte.
Nell’opera di questi due ultimi anni, ravvisiamo le tradizionali viste sulla laguna in cui viene reiterato il drammatico rapporto tra uomo e natura. Ma c’è qualcosa di nuovo.
Vi è anche un tributo al cosiddetto vedutismo veneziano, con la narrazione di alcune viste architettoniche a tutti noi note, dal Canal Grande a San Marco, dalla Salute alla Dogana, in cui la visione potrebbe essere senza tempo, perfettamente assimilabile ad una ricerca contemporanea che riporta al Guardi e al Bellotto. Del resto il Canaletto, nume tutelare dei vedutisti, era lui stesso vissuto a Londra per dieci anni della sua vita, alternando al Canal Grande le viste del Tamigi.
Eppure no, qualcosa si muove: una luce fors’anche apocalittica delle più pessimistiche che Rankle ci sa svelare, e che, come già accennato, ci permette di intravedere le armoniose architetture sotto la minaccia natura. Un’aggressione sempre più indotta dall’uomo e dai cambiamenti climatici, ovvero quella delle alluvioni e dell’acqua alta.
Grazie Alan, con questo viaggio, per averci aiutato ancora una volta a pensare.
Andrea Vento Milano 2015

Foreword
Alan Rankle’s relationship with Italy is certainly special, based on his feelings for nature.
It would be quite unoriginal to state that Rankle imitates and is influenced by the great masters of English landscaping, from Turner to Constable, or even by the earlier XVII century Dutch masters.
But the tradition of landscaping art has been only the starting point for Rankle, as he has managed to modernize a discipline which reached its greatest splendor in England in the XVIII and XIX century.
Starting by depicting the moors in Northern England and particularly Yorkshire, Rankled began a long journey, almost thirty years long, refining his techniques and letting himself be influenced by various disciplines, beginning with the art of Chinese landscaping, the so called “mountains and rivers”, a thousand-year old tradition dating back to the Sung dynasty.
From West to East then, with an important stage of his artistic life in Scandinavia, more precisely in Finland, where, observing the Carelian forests being attacked by deadly acid rain, his environmental awareness became a fundamental and inseparable element of his art.
In recent years his journey hasn’t stopped, nor his success and his fame as an artist. Perhaps in search of a new approach to light he has decided to explore the South and thus Italy. Our peninsula could not be left out: after all it was with the Grand Tour that English artists got to know Italy in their long months touring around Venice, Florence and Rome.
I remember that someone, perhaps with some emphasis, defined Rankle as the “prophet of climate change”. It is true, but he doesn’t just portray, he goes well beyond the traditional views: the landscape is a non-place in which geographical and physical aspects are intertwined with the questions that burst out from the soul.
In fact he also works with and is attracted by photography and, as in the past, he has established some interesting collateral synergies with young artists. This year is the turn of the promising and initiatory Rebecca Youssefi, with whom he has signed “Collaboration Work”.
But let’s go back to painting: Rankle’s courage in addressing the environmental element is very contemporary, and is aimed at trying to see the invisible. He has the courage to say that the world is in danger, through a rather unconventional mean.
However, Rankle’s nature also reacts and fights against some outrages carried out by mankind. His work allows us to glimpse in the distance also scenes of nature which are still uncontaminated, harmonious, perhaps even idyllic, that is order beyond chaos. It may seem trivial, but day comes after each night.
The special relationship between Rankle and Italy is by now fully consolidated and has resulted in two successful retrospective exhibitions at
Fondazione Stelline in Milan and Art First in Rome in 2010.
As we were saying, like a new Odysseus who has finally reached the Mediterrenean, the journey continues, with this latest successful enterprise, entirely devoted to the Venice lagoon. In the two years between 2014 and 2015 Rankle has been working on the architectural recovery of Isola delle Rose, aimed at bulding a resort, with his own contribution and by revisiting Venice and the lagoon.
From the ecological point of view there is no place in Italy that is more controversial than the Lagoon, where every day a hard environmental battle was and is being fought; where man has built inconceivable follies starting from the petrochemical plant in Porto Marghera; where the balance between the Lagoon and the marine ecosystems is very fragile; where in a few minutes, more and more often, the tidal high water attacks the architectural heritage of the town; where men have shared out huge loots linked to corruption rather the build the barriers which would save Venice and its lagoon from the high water.
In the work of the past two years we can recognise the traditional views of the lagoon in which the dramatic relationship between man and nature is reiterated. But there is something new.

There is also a tribute to the so called Venetian landscaping, with some well known architectural views, from the Grand Canal to St Mark’s, from the Salute [Church of Madonna della Salute] to the Dogana [Art Museum], in which the view could be timeless and could be perfectly assimilated to a contemporary research taking us back to Guardi and Bellotto. After all Canaletto himself, the protective deity of landscape artists, had lived in London for ten years, alternating his views of the Thames to the Grand Canal.
And yet something is changing: an apocalyptic and pessimistic light that Rankle reveals to us and which, as mentioned before, allows us to glimpse harmonious architectures under the threat of nature. An aggression which is more and more brought on by mankind and by climate changes, that is to say floods and high water.
Thank you Alan, for helping us once more to think, with this journey.
Andrea Vento Milan 2015
Study for Grand Canal I 2014, Oil, pigmented ink jet on canvas 50x40cm

Cartolina da Villa Rose
Commissionare opere d’arte deve essere uno dei lavori più belli del mondo. Specialmente se le pareti che vi hanno chiesto di decorare si trovano in una villa sublime su un’isola esclusiva nella laguna di Venezia. Per ispirare la vostra ricerca va ricordato che Venezia è riflessa nella tradizione di fama internazionale della scuola veneziana che include artisti come Tiziano, Tiepolo, Canaletto, Guardi e Bonington. Il piacere di trovare l’artista giusto per il lavoro significa seguire un breve corso di storia dell’arte e fare una ricerca profonda nel mondo dell’arte contemporanea. L’artista di oggi è stato scelto attraverso lo studio e l’apprezzamento dei maestri del passato.
Villa Rose, le cui pareti saranno adornate con questi nuovi dipinti, è una villa unica con una storia unica in una località unica e richiede lo stile e la tecnica di un maestro moderno – o una maestra – il cui lavoro possa essere appeso, tranquillamente e provocativamente, a fianco di un Tiepolo o un Bonington per intensificare le sensazioni come i vecchi maestri e dirigere la conversazione verso il futuro. L’eccezionale artista britannico Alan Rankle è stato scelto per creare sette opere per la villa. Ha incluso aspetti sia iconici che sconosciuti delle vedute veneziane, facendo riferimento allo stesso tempo sia all’arte italiana antica che moderna. Rankle celebra le vivaci tecniche di forma libera dei suoi eroi del XVIII secolo come Tiepolo e Guardi. E applaude ai pionieri dell’arte povera con immagini di oggetti trovati a caso e fotografie integrate, scattate dal suo team di fiducia. Ha chiamato la sua serie Alluvione di Nero, ispirato da una didascalia di una foto del cratere di una dolina da un giornale del 1954. Sembra essere una metafora più che adatta per la minaccia costante all’esistenza stessa di Venezia a causa delle maree crescenti create dal riscaldamento globale.
Rankle ha intrecciato in questi sette lavori, contro il contesto dell’ambiente di Venezia, elettrizzante e allo stesso tempo minacciato, vari strati di significati e tematiche, fugaci immagini subliminali stratificate all’interno di collage di palazzi cadenti e canali panoramici.
Villa Rose, sede di questa commissione ispirata, è l’assortimento più esclusivo di edifici del primo Novecento sull’Isola delle Rose, nella laguna di Venezia, restaurati e reinventati dallo studio d’architettura Matteo Thun & Partners per creare un resort di prim’ordine con alloggi di lusso nel mezzo di uliveti, giardinetti e passeggiate costiere – il tutto empiricamente abbellito dalle splendide vedute di Venezia attraverso la laguna. Isola delle Rose è un’isola di 16 ettari creata tra il 1860 e il 1870 usando il materiale degli scavi compiuti per la costruzione del porto commerciale di Santa Marta. È una delle isole più grandi della laguna ed era usata come deposito di combustibile, e con il suo microclima era sede di una clinica per la cura degli apparati respiratori fino al 1979, quando l’isola è stata abbandonata e lasciata andare in rovina. Villa Rose era la casa del primario. Erano stati costruiti anche altri edifici come la chiesa, il padiglione e delle ville private. Nel 1992 l’UNESCO ha mostrato interesse per la villa e nel 2000 è stata venduta a una società finanziaria tedesca. Nel 2015 il JW Marriott Venice Resort & Spa ha aperto