DeVinis n. 82 Luglio-Agosto 2008

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In alto Montecarlo (Lucca), a sinistra Dante e Michelangelo

tazioni scritte che risalgono all’anno Mille e numerose attestazioni di grande considerazione nei confronti dei vini locali, soprattutto per il suo Trebbiano, proseguite nei secoli, con autentici “fan” quali il Duca Cosimo I dei Medici, il Signore di Lucca, o Papa Gregorio XII. L’accadimento che però determina una svolta nelle caratteristiche dei vini di Montecarlo, ne segna la modernità e detta quell’impostazione stilistica che vale ancora oggi, e che segna una decisa differenza tra altre zone toscane dove certe uve sono state introdotte solo negli ultimi vent’anni, avviene alla fine dell’Ottocento. E chiama in causa un personaggio, un illuminato ed appassionato viticultore montecarlese, Giulio Magnani, a quel tempo proprietario della Fattoria Marchi Magnani, il quale allo scopo di migliorare ulteriormente i propri vini intorno al 1870, partì alla volta della Francia per studiare i vitigni e le tecniche di vinificazione dei nostri cugini d'Oltralpe che a quel tempo producevano già dei vini apprezzati anche fuori dei loro confini. Si recò quindi nella zona di Bordeaux e da quei luoghi portò a Montecarlo il Sauvignon, il Semillon, il Merlot, il Cabernet Franc ed il Cabernet Sauvignon. Ancora, riportò dalla zona del Rodano il Roussanne ed il Syrah e dalla Borgogna i Pinot bianco e grigio. Tornato a casa, sperimentò le percentuali giuste dei vitigni da

aggiungere al Trebbiano al fine di produrre un vino più elegante, morbido e profumato”. Nacquero così i vini di Montecarlo che siamo abituati ad apprezzare oggi, secondo una formula che per il Montecarlo Bianco, Doc dal 1969, contempla la presenza delle seguenti uve: Trebbiano Toscano per il 4060% e per il restante 60-40% Sémillon, Pinot Gris e Bianco, Vermentino, Sauvignon, Roussanne, globalmente considerati, purché almeno tre dei vitigni indicati raggiungano singolarmente la percentuale del 10%. Per il Montecarlo Rosso invece, Doc dal 1985, il disciplinare prevede la presenza delle seguenti uve: Sangiovese 50-75%, Canaiolo nero 5-15% e 10-15% singolarmente o congiuntamente per Ciliegiolo, Colorino, Malvasia Nera, Syrah, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot. Altro che banalissimi e ormai ampiamente déja vu e déja gouté Super Tuscan! Con una simile varietà ampelografica e una differenziazione data dall’uso di tante uve di qualità e dal loro dosaggio che varia da azienda ad azienda (in uno spirito che ricorda quello di una celebre

AOC francese, Châteauneufdu-Pape), il panorama, anche se la produzione è ridotta (sono meno di venti difatti le aziende iscritte al Consorzio vini Doc Montecarlo, che è tra i promotori della Strada dell’Olio e del Vino di Lucca, Montecarlo e Versilia http://www.stradavinoeoliolucca.it) è estremamente diversificato e vivace, come ho avuto modo di verificare, tornando recentemente a Montecarlo in occasione della rassegna Vivivinaria, grazie ad un’ampia e organica degustazione dei vini locali che mi è stata appositamente organizzata, con grande cortesia e disponibilità, dal Consorzio. 25 i vini bianchi (Doc e Igt varietali) e una ventina i rossi (Montecarlo rosso più altri Igt) che ho degustato, tra cui ho selezionato, per quest’articolo, i vini più riusciti ed interessanti, comprendendo sia vini Doc sia Igt varie, a testimonianza di un livello qualitativo medio in crescita e di una capacità di esprimere vini, soprattutto i bianchi, a mio avviso estremamente interessanti nelle loro migliori riuscite, che meritano di essere conosciuti in un ambito più ampio di quello attuale, sostanzialmente confinato alla provincia di Lucca, con una buona risposta dal bacino naturale di quella grande vetrina turistica che è la Versilia. E vini rossi, non va dimenticato, dotati di sicura personalità anche in un panorama, quello toscano, dove sono ancora i rossi a comandare…

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