Fondamentale ottobre 2013

Page 1

Numero 4 - ottobre 2013 - Anno XLI - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped.

in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

CHIRURGIA

Uno speciale per fare il punto su bisturi e dintorni TERAPIE

Dire stop non è facile ma si può fare con l’aiuto della scienza e del proprio medico

5 PER MILLE

I programmi AIRC risultano vincenti per i malati e per gli esperti stranieri

Davide Melisi, da Napoli a Verona

COME ABBATTERE LE RESISTENZE


SOMMARIO

FONDAMENTALE ottobre 2013

07

In questo numero: 04

07 10 12 14 16 19 22 24 27 28 29 30 33 34

VITA DI RICERCATORE Il medico-ricercatore con il pancreas nel mirino SPECIALE CHIRURGIA / 1 Prima del bisturi ci vuole attenzione SPECIALE CHIRURGIA / 2 Interventi sempre più piccoli per conservare la funzione SPECIALE CHIRURGIA / 3 Apparecchi fantascientifici tra marketing e reale utilità NOTIZIE FLASH Dal mondo PROFESSIONI PER LA RICERCA Non più solo assistenza ma anche comunicazione e ricerca RICERCA Tutti i numeri che danno il voto alla ricerca scientifica PROGRAMMA 5 PER MILLE I gruppi AIRC al vaglio degli esperti TERAPIE Solo il paziente può decidere quando dire basta VIVERE SANO Alimenti: cereali integrali RICERCA IFOM Un farmaco antitumorale per evitare la chirurgia LASCITI Un “sentire comune” per vincere la malattia I GIORNI DELLA RICERCA Quattro università al centro dei Giorni della Ricerca EVENTI Il design sostiene la ricerca Un buon cioccolato SPECIALE COMITATI Le iniziative dei nostri Comitati regionali

FONDAMENTALE

Anno XLI - Numero 4 Ottobre 2013 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sede legale: via Corridoni, 7 - 20122 Milano sede operativa: Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - www.airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Roto 2000 Casarile (Milano) DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

La chirurgia ha un posto importante, dalla prevenzione alla fase di cura

16

19

La corsa all’indice perfetto per valutare la qualità della ricerca

CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO REDAZIONALE Giulia Cauda REDAZIONE Martina Perotti, Cristina Zorzoli, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli RESPONSABILE EDITORIALE Emanuela Properzj TESTI Agnese Codignola, Cristina Ferrario, Daniela Ovadia, Fabio Turone, Cristina Zorzoli

L’infermiere oncologico è un professionista con elevate competenze tecniche ma anche una forte carica umana

22

I Programmi 5 per mille al vaglio degli esperti stranieri

FOTOGRAFIE Armando Rotoletti (copertina e servizio a p. 4), Corbis, Simone Comi, Istockphoto, Roberto Guberti

Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.


EDITORIALE

Piero Sierra Presidente AIRC

TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito www.airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, www.fondazionefirc.it oppure tel. 02 794 707; • in banca: Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 0000 0103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT 87 E 01030 01656 000001030151; Unicredit PB SPA IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349 176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

L’Istituto italiano della donazione certifica con un marchio di eccellenza le organizzazioni non profit che forniscono elementi di garanzia sull’assoluta trasparenza ed efficacia nella gestione dei fondi raccolti.

UN SERVIZIO PER I SOCI Per segnalare corrispondenza doppia, aggiornare i vostri dati o conoscere la vostra storia contributiva, potete contattarci, 7 giorni su 7, chiamando il nostro numero verde 800 350 350

Grazie a voi oltre 4.000 ricercatori al lavoro

I

l tema dell’occupazione nel nostro Paese, specie di quella qualificata, è oggi più sentito che mai. I dati riportati quasi quotidianamente sui giornali destano preoccupazione e spesso la mancanza di prospettive induce molti giovani talenti a partire. In questo scenario AIRC e FIRC continuano a garantire alla ricerca italiana risorse e menti. Ad oggi sono oltre 4.000 i ricercatori che grazie al vostro sostegno lavorano con passione e tenacia per rendere il cancro sempre più curabile. Tra questi ci sono tanti giovani che dopo un’esperienza all’estero hanno deciso di tornare in Italia e mettere a frutto le conoscenze acquisite nei laboratori più prestigiosi del mondo. A pagina 22 potete leggere il resoconto delle site visit compiute dai revisori stranieri per valutare i risultati finora raggiunti dai programmi finanziati grazie al 5 per mille e avviati tre anni fa. Più di un esperto straniero si è dichiarato stupito della qualità del lavoro prodotto, della validità del metodo e dell’eccellenza dei risultati ottenuti, persino a dispetto dei limiti strutturali che tutti conosciamo. Possiamo dire, quindi, che AIRC e FIRC non solo contribuiscono a creare sempre nuove opportunità di lavorare nella ricerca nel nostro Paese ma, grazie ai risultati prodotti dai nostri ricercatori, e attraverso la testimonianza degli esperti stranieri, fanno conoscere il lato migliore e più efficiente della scienza italiana, ridandole il ruolo che merita nel consesso internazionale.

ADDIO AL PAPÀ DELL’AZALEA Viveva l’impegno per la ricerca di AIRC e FIRC con la stessa passione e sensibilità con cui curava i fiori: Alfredo Ratti ci ha lasciato, improvvisamente, lo scorso luglio. Il ricordo del noto floricoltore resta indelebile, per come si è speso dalla nascita dell’Azalea della Ricerca, per ottenere quelle piantine flessibili e durature. E, soprattutto, per come era lui, generoso e leale: “Ci impegniamo seriamente in quello che facciamo perché ci crediamo, con tutte le nostre forze e la nostra anima”. Le sue parole come testimonial FIRC vivono tuttora, trasmettendoci la stessa passione e onestà per continuare ogni giorno.


VITA DI RICERCATORE LL Davide Melisi

In questo articolo: pancreas resistenza ai farmaci clinico ricercatore

Il medico-ricercatore con il pancreas nel mirino Conciliare laboratorio e assistenza ai malati non è affatto semplice, ma il giovane medico partenopeo, dopo una parentesi texana, ha imparato a mettere insieme il meglio di ogni disciplina al servizio del malato

a cura di FABIO TURONE accento è rimasto quello napoletano, ma in certi momenti Davide Melisi nel suo reparto al Policlinico universitario di Verona si sente quasi più texano, tanto che per descrivere l’eccezionalità del lavoro che porta avanti con passione, grazie allo Start-up grant di AIRC, ricorre spesso a un’immagine particolare: “Qui mi sento come nel mio piccolo MD Anderson”. Il riferimento è a uno dei templi dell’oncologia mondiale, il famosissimo MD Anderson Cancer Center di Houston, in cui si è formato e ha lavorato per quattro anni dal 2005 al 2009, dopo aver conseguito il diploma di specializzazione in oncologia, con lode, all’Università Federico II di Napoli, dove si era laureato in medicina, pure con lode, nel 2001. Un bell’exploit, per un figlio di operai che è il primo in tutta la famiglia ad arrivare al diploma universitario, e che ancora oggi è ansioso di bruciare le

’ L

Il cancro del pancreas resta un nemico tenace da battere

4 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

tappe nella battaglia contro i tumori del tratto gastroenterico e, in particolare, contro quello del pancreas.

Da Houston con amore I quattro anni trascorsi nella città americana, famosa perché sede del primo dialogo tra la Terra e la Luna, hanno lasciato un segno profondo, Davide Melisi con Melissa Frizziero, Eleonora Lucchini, Silvia Cottini e Lorenzo Calvetti

anche perché sono stati molto intensi pure sul piano extraprofessionale. La moglie Alessandra, anche lei napoletana, a Houston si trovava talmente bene da voler mettere radici: “Se fosse stato per lei non saremmo qui” racconta Melisi. “Lei non voleva tornare”. E, mentre parla del Texas, le origini napoletane riaffiorano quando, con un pizzico di imbarazzo, ma appena un pizzico, si ritrova a spiegare il senso dissonante dell’immagine che gli viene in mente parlando del primogenito Lorenzo, nato a Houston nel 2009: “È un piccolo Longhorn” dice, riferendosi alla razza bovina simbolo del Texas, amata anche per le caratteristiche corna lunghe e affusolate che possono superare i due metri di ampiezza, aprendosi in un sorriso divertito “però qui da noi fa un effetto diverso”. In un certo senso anche Napoli fa un effetto diverso quando Melisi vi fa ritorno con la famiglia, accolto dal clamore dei mass-media neanche fosse tornato da una passeggiata sul suolo lunare: “Accadde che una mia ricerca sulla proteina TAK1 presentata alla fine di settembre del 2009 al congresso della Società europea di oncologia medica, a Berlino, fu segnalata come promettente e finii sulle prime pagine di tutti i giornali italiani, locali e nazionali”. Ai giornali piaceva la storia del giovane ricercatore partenopeo che tornava alla Fon-


dazione Pascale di Napoli per mettere a frutto le cose imparate negli Stati Uniti, ma a lui piaceva la sua ricerca ancor più dell’idea di ritrovarsi a casa.

Sempre in movimento Forse per questo, il piacere di sentirsi a casa non è durato molto: dopo aver vinto il concorso di dirigente medico all’Istituto dei tumori, e aver aggiunto al già ricchissimo curriculum anche il titolo di dottore di ricerca in oncologia ed endocrinologia molecolare, sente che qualcosa non funziona, e comincia a guardarsi intorno. Dopo aver rifiutato un posto al Royal Marsden Hospital di Londra vince il concorso di ricercatore all’Università di Verona, e così la famiglia – che nel frattempo è cresciuta con l’arrivo nel 2010 della piccola Miriam – si trasferisce nella città di Romeo e Giulietta, dove si trova subito molto bene: “È una città molto bella, a misura dei bambini”, spiega. Melisi diventa responsabile dell’Unità di oncologia clinica molecolare dell’apparato digerente presso l’Università degli studi di Verona. “All’inizio fui accolto con un pizzico di diffidenza, perché ero nuovo e arrivavo con un ricchissimo finanziamento per le mie ricerche, assicurato dallo Start-up grant di AIRC, ma ben presto ho avuto la conferma di essere circondato da colleghi molto corretti e molto bravi, sia nell’ambito della clinica sia in quello della ricerca” racconta.

Tre piani di separazione Per la sua formazione di clinico ricercatore, una struttura in cui il laboratorio – attrezzatissimo – si trova ad appena tre piani di distanza dal reparto è l’ideale per portare avanti le ricerche sui meccanismi che permettono al carcinoma pancreatico di resistere all’effetto dei farmaci chemioterapici e antiangiogenetici: un MD Anderson in piccolo, appunto. L’oggetto della sua ricerca continua a essere la proteina TAK1 e più in generale il complesso meccanismo di resistenza in cui è coinvolta insieme a tanti altri, che fa sì che il carcinoma del pancreas risponda così poco alle terapie. Sente di avere una sorta di missione, che non sarà

AGGIRARE LA RESISTENZA

l gruppo diretto da Davide Melisi si occupa dello sviluppo preclinico e clinico di terapie oncologiche sperimentali, in particolare per i tumori dell’apparato digerente. Il progetto per cui si è aggiudicato il finanziamento AIRC studia i meccanismi di resistenza ai farmaci chemioterapici e antiangiogenetici, con l’obiettivo di trovare finalmente la strada per cronicizzare una malattia che oggi è difficile da curare. Il cancro pancreatico, che in Italia colpisce ogni anno circa 800 persone, è infatti uno dei pochissimi tumori contro i quali le terapie non riescono ancora a incidere significativamente. Il

I

compiuta finché il quadro non sarà diventato progressivamente più chiaro: “Per me la ricerca ha un valore soprattutto quando si sviluppa nel tempo, esplorando l’oggetto di studio in modo sempre più approfondito, aggredendolo da ogni parte, raccontando con sempre maggiore dettaglio una storia, che ha un

tumore ha infatti un’insolita capacità di resistere sia ai farmaci citotossici usati nella chemioterapia classica sia ai più innovativi farmaci antiangiogenetici. Ma l’approccio combinato su cui sta lavorando il gruppo di Davide Melisi fa ben sperare che un giorno non lontano si possa trovare uno strumento in grado di frenare anche il carcinoma del pancreas, allungando la sopravvivenza: poiché Melisi ama ricorrere alla metafora della ricerca come una storia da raccontare, si può dire che l’obiettivo è riscrivere il finale, in cui il cattivo viene messo nelle condizioni di non nuocere.

inizio e procede verso una fine”. L’oggetto di studio è in laboratorio, ma il pensiero è sempre concentrato sui malati: “Il nostro è un gruppo impegnato nell’assistenza come nella ricerca e c’è un gran fermento tra il reparto e il laboratorio. Ma quando i ragazzi si scontrano con i classici problemi della vita di laborato-

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 5


VITA DI RICERCATORE

Davide Melisi con la moglie Alessandra e i figli Lorenzo e Miriam

“ I

I GIOVANI DELLA START-UP

l lavoro di ricerca è portato avanti da un gruppo di giovani promettenti, che in parte lo hanno seguito da Napoli, e in parte si stanno formando all’Università di Verona, dove Melisi insegna oncologia nel corso di laurea in medicina e chirurgia e nelle scuole di specializzazione in oncologia, gastroenterologia e chirurgia

6 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

generale. Ecco la formazione completa: Carmine Carbone, Anna Tamburrino (nella foto) e Geny Piro, PhD, postdoc; Maria Mihaela Mina, tecnico di laboratorio; Silvia Zanin, infermiera di ricerca; Melissa Frizziero e Lorenzo Calvetti, specializzandi in oncologia; Guendalina Bardella e Raffaella Colella, studenti interni.

rio, con un esperimento che non va come sperato, io ricordo loro che il nostro problema non è nella centrifuga o nel vetrino: il nostro problema è al terzo piano”. I pazienti di cui si occupa sono per lui persone, con un nome, una storia e una famiglia, che si trovano ad affrontare una situazione durissima per chiunque. Da come ne parla, si capisce che Melisi sente profondamente anche il suo ruolo di medico che deve aiutare i pazienti e le famiglie a fare i conti con la malattia: “Solo chi si pone domande vere trova risposte vere” continua a ripetere ai suoi ragazzi. “La sostanza per noi è l’urgenza quotidiana del problema clinico”.

Dipendente dal lavoro Le domande sono pressanti e le risposte non sono facili da trovare, percui la vita è scandita dal lavoro: “La mia giornata media? È fatta di una settimana” scherza Melisi, che spesso tra un turno di reperibilità in Pronto soccorso e una notte di guardia si ritrova a fornire consulenze anche telefoniche a colleghi e pazienti (che cerca ogni volta di reclutare in qualche sperimentazione) e, come ogni ricercatore che si rispetti, a lavorare per alcune riviste internazionali molto importanti (Clinical Cancer Research, Molecular Cancer Therapeutics e Annals of Oncology) come revisore degli articoli presentati per la pubblicazione. Non di rado gli capita di ritrovarsi a casa, anche nei week-end, a discutere i dettagli delle ricerche in corso, davanti a una pizza, un risotto o un piatto di spaghetti alle vongole con i suoi ragazzi. Per un bambino che da piccolo faceva i primi esperimenti scientifici con le boccette e i flaconi di profumo della mamma e che da grande ha scoperto di voler fare il medico-ricercatore, il destino del workaholic – del “lavorodipendente” – era da tempo segnato: “Voler fare entrambe le cose nel modo migliore è molto impegnativo. Ma io sono contento così”. In fondo, a Houston lo hanno dimostrato tanti anni fa che, con le persone giuste, una volontà ferrea, i soldi necessari e tanto lavoro si può arrivare sulla Luna.


SPECIALE CHIRURGIA / 1 La prevenzione

In questo articolo: chirurgia preventiva rischio genetico paziente informato

Prima del bisturi ci vuole attenzione Seno, prostata, colon, polmone: sono molti gli organi che possono essere oggetto di interventi chirurgici che non tolgono un tumore già presente, ma riducono il rischio che si formi. Non sempre, però, la scelta di farsi operare è la migliore

a cura di AGNESE CODIGNOLA alvolta il bisturi può diventare strumento di prevenzione, sebbene sulla questione vi siano opinioni discordanti tra esperti. A ricordarlo è stata senza dubbio la storia di Angelina Jolie, la star del cinema che, dopo aver perso la madre poco più che cinquantenne, e pochi giorni prima di perdere anche la zia per un tumore al seno, si è sottoposta a una mastectomia preventiva, cioè all’asportazione del seno in assenza di malattia. La Jolie aveva però verificato di essere portatrice della stessa mutazione a carico del gene BRCA2 che ha provocato la malattia della mamma e della zia, una mu-

T

tazione che aumenta molto il rischio di sviluppare un tumore della mammella o dell’ovaio. Pochi giorni dopo è giunta la notizia di un manager inglese cinquantatreenne che, venuto a conoscenza del fatto di avere la stessa mutazione della Jolie, che nell’uomo può aumentare il rischio di carcinoma prostatico, si era fatto asportare la prostata, a n c h’ e g l i senza avere alcun segno di tumore. Due notizie che hanno suscitato molto interesse e che, con grande preoccupazione degli oncologi, hanno innescato una sorta di effetto a cascata, con discussioni in rete e molte domande agli specialisti, in un clima molto confuso. Per questo Fondamentale ha interrogato sull’argomento alcuni chirur-

Sono rari i casi in cui la prevenzione è chirurgica

ghi che lavorano ogni giorno in uno dei più grandi centri di chirurgia dei tumori del Paese, l’Istituto nazionale tumori (INT) di Milano. Il quadro che ne emerge è che la chirurgia preventiva ha una giustificazione specifica in casi molto circoscritti e, in generale, quando si uniscono una predisposizione genetica ai primi segni dell’inizio della malattia. In caso tali segni non ci siano, invece, la tendenza è evitare il più possibile il ricorso agli interventi, preferendo un controllo attento, a meno che le ripercussioni psicologiche dello status di portatore di una mutazione non sia tale da compromettere gravemente la qualità di vita di chi ne è colpito. Per quanto riguarda invece la chirurgia delle forme pretumorali o dei tumori che potrebbero non diventare pericolosi, la regola è che non esi-

ste una regola, perché ogni situazione fa storia a sé e le possibili situazioni sono davvero numerose. SENO, SOLUZIONI POSSIBILI Il comportamento dei personaggi più esposti mediaticamente induce sempre, nell’opinione pubblica, un dubbio, poiché si ritiene che, avendo a disposizione mezzi economici e potere, costoro riescano a individuare la migliore soluzione possibile. Nel caso della Jolie, però, i distinguo, da parte degli esperti, sono stati molti. Spiega in merito Roberto Agresti, direttore della Struttura complessa di chirur-

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 7


SPECIALE CHIRURGIA / 1 La prevenzione

gia generale a indirizzo oncologico tre dell’INT: “Il ricorso alla mastectomia preventiva è una soluzione estrema che può essere presa in considerazione solo dopo un’attenta valutazione genetica, psicologica e clinica”. I casi in cui è invece più difficile decidere sono quelli intermedi tra una forma pretumorale e una proliferazione sospetta, sempre più spesso individuati grazie alla diffusione crescente degli screening e in generale dei controlli. Ancora Agresti: “Esistono formazioni chiamate iperplasie atipiche delle quali non è semplice capire quale sarà l’evoluzione. È molto importante, in questi casi, effet-

tuare esami accurati dal punto di vista radiologico, istologico e clinico. Solo qualora ci siano elementi di dubbio si procede all’asportazione, che non è quasi mai estesa. È fondamentale ricordare che queste situazioni vengono gestite al meglio laddove ci sono team multidisciplinari, che collaborano per interpretare i dati e decidere che tipo di approccio avere per la singola paziente”. Quando invece la forma è decisamente tumorale, anche se in fase precocissima, in genere la decisione è quella di intervenire, sia pure nel modo meno invasivo possibile. “Molti anni di studi hanno ormai dimostrato che nei tumori in fase iniziale un intervento mininvasivo assicura una sopravvivenza uguale a quella data dalle mastectomie” commenta Agresti. PER IL COLON VALE LA PRECOCITÀ Il caso del colon presenta

8 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

alcune caratteristiche uniche. Intanto anche per il colon esiste un gene chiamato APC, che si tramanda alla prole e che è strettamente associato allo sviluppo di polipi e adenomi (benigni) prima e di tumori poi. Spiega Ermanno Leo, direttore della Struttura complessa di chirurgia colorettale dell’INT: “Le famiglie che hanno il gene APC lo sanno e vengono sottoposte a un monitoraggio molto stretto. Solo quando i polipi iniziano a essere circa cento si interviene con una chirurgia preventiva, asportando l’organo”. Questi tumori legati a un gene specifico rappresentano però solo il cinque per cento di tutte le forme del colon-retto: nelle altre la strada è molto chiara. Ancora Leo: “Bisogna distinguere tra polipi e adenomi benigni, e tumori. Nei primi si

può procedere all’asportazione durante la colonscopia, e quindi senza un vero e proprio intervento. Quando invece è presente un tumore, si opera: se lo stadio è iniziale le probabilità di guarigione sono altissime, attorno al 98 per cento”. Il chirurgo fa riferimento ai tumori in stadio I e II che, se operati, assicurano la scomparsa della malattia nella stragrande maggioranza dei casi senza bisogno di chemio o radioterapia. Di qui l’importanza degli screening per l’individuazione delle prime forme sospette. Spiega Leo: “Una colonscopia permette di vedere anche formazioni molto piccole e di scoprire così il tumore per tempo. Se invece è negativa, il responso resta valido per almeno cinque anni”. Quando invece il tumore c’è, va sottolineato che gli interventi di oggi sono molto meno demolitivi di quelli di un tempo: si effettua quasi sempre una ricostruzione, con enorme beneficio per la qualità di vita del malato.

Allo stadio I e II la chirurgia può essere risolutiva


SE TROPPO LIMITATO L’INTERVENTO NON RASSICURA

LA PAURA E I DUBBI DELLE PAZIENTI GIOVANI ato proprio per preservare l’integrità delle mammelle nelle pazienti più giovani, l’intervento di asportazione parziale del tumore e dell’area circostante (in questo caso la lumpectomia, una forma limitata di chirurgia del seno) non sembra convincere tutte le donne negli Stati Uniti. Secondo uno studio presentato all’ultimo congresso dell’American Society for Clinical Oncology, svoltosi in giugno a Chicago e compiuto dai senologi del Dana Farber Cancer Center e della Harvard Medical School, molto spesso le pazienti più giovani preferiscono la mastectomia. Il dato è emerso analizzando le scelte di quasi 300 pazienti con 40 anni o meno di età che, a fronte di una diagnosi di tumore in stadio da I a III, avevano potuto scegliere tra mastectomia (asportazione totale) e lumpectomia. Ebbene: il 62 per cento delle malate ha optato per l’asportazione di una o di entrambe le mammelle. La decisione è più frequente in quelle che hanno una mutazione genetica a rischio, oppure una eccessiva espressione del gene HER2 (che rende la malattia più aggressiva), un tumore in stadio più elevato, i primi segnali di diffusione ai linfonodi, due o più figli, un basso indice di massa corporea, un livello di ansia elevato oppure un coinvolgimento maggiore nelle scelte terapeutiche. Il numero di mastectomie nelle donne giovani è in aumento negli Stati Uniti soprattutto per ragioni psicologiche: data l’aspettativa di vita, il timore delle ricadute è più consistente. Quel che manca, però, è la conoscenza delle alternative. In questo ambito l’Italia è più avanti: esiste infatti un intervento intermedio tra lumpectomia e mastectomia, la quadrantectomia. Nel nostro Paese è praticata con sicurezza in quasi tutti i centri di chirurgia oncologica e, secondo studi importanti, offre garanzie analoghe a quelle della mastectomia con un danno minore.

N

POLMONE CONTROVERSO I programmi di screening ed esami quali la TC spirale stanno facendo emergere un numero sempre più alto di formazioni sospette, soprattutto nei fumatori, ma non sempre è chiaro come ci si deve comportare con i noduli individuati. Semplificando si può dire che esistono tre tipi di noduli: quelli a crescita molto lenta, per i quali non esiste dimostrazione del fatto che intervenire chirurgicamente sia la scelta migliore. Spesso queste formazioni si evolvono nell’arco di molti anni, ed è in genere preferibile seguire il paziente con controlli serrati piuttosto che operarlo, compromettendo la sua qualità di vita. Poi ci sono formazioni all’estremo opposto che, in genere, vengono diagnosticate quando hanno dato già metastasi e crescono in fretta: per queste non ci sono molti strumenti a disposizione. Decidere se operare o meno, in questo caso, dipende da molti fattori inerenti la malattia e il paziente. Nel mezzo ci sono molte forme intermedie, sulle quali è concentrata l’attenzione anche perché non esistono ancora riferimenti

precisi sulle decisioni da prendere. In generale si asportano, ma non è detto che questa soluzione vada bene per tutti. Oggi esistono infatti tecniche di radioterapia e farmaci molto efficaci. In ogni caso, la vera chiave è la prevenzione, affiancata dalla diagnosi precoce che, in futuro, sarà sempre più anche genetica. VIGILE ATTESA PER LA PROSTATA Il caso della prostata è forse quello che negli ultimi anni ha suscitato maggiori perplessità. Il riscontro di un valore elevato dell’antigene prostatico specifico o PSA, indice della presenza di tumore, ma anche di molte altre condizioni benigne quali un’infiammazione della ghiandola, fino a pochi anni fa spingeva quasi sempre a operare, con conseguenze molto pesanti sulla vita dei pazienti: incontinenza e impotenza (non di rado dovuta anche alle terapie ormonali successive all’intervento). Poi però si è scoperto che moltissimi tumori individuati con il PSA sono a crescita lenta o lentissima e non sono la causa di morte del malato, che infatti di solito muore di vecchiaia o per un’altra malattia. Da questa constatazione è nato un dibattito che ha spinto a scon-

sigliare l’esame a tappeto, riservandolo solo ai soggetti più a rischio, per esempio per familiarità. La tendenza, tranne che in situazioni molto chiare e di presenza di un tumore aggressivo, è quella di osservare l’andamento del PSA e di effettuare altri esami strumentali (compresa la biopsia) prima di intervenire chirurgicamente. Quando poi si opera si cerca, tutte le volte che si può, di applicare procedure chirurgiche che non tocchino i nervi dedicati

alla minzione o alla funzione sessuale, anche perché i pazienti in genere hanno davanti a sé una vita ancora molto lunga. Il consiglio dato da tutte le società scientifiche del mondo è comunque identico: non prendere decisioni affrettate, discutere sempre con il proprio medico e, quando è il caso, con l’oncologo, farsi esporre tutti gli elementi (i rischi, i vantaggi e così via) e, solo quando si è sicuri di avere tutte le informazioni, decidere.

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 9


SPECIALE CHIRURGIA / 2 Bisturi conservativo

Interventi sempre più piccoli per conservare la funzione Con lo sviluppo dell’oncologia molecolare e con la migliore conoscenza delle caratteristiche biologiche della malattia, anche il ruolo della chirurgia è cambiato. Oggi si praticano interventi sempre più conservativi e, a volte, si lascia persino il bisturi sul carrello a cura di AGNESE CODIGNOLA onservare, circoscrivere il gesto chirurgico, limitare il danno. La chirurgia, negli ultimi vent’anni, ha subìto una grande metamorfosi e ha cambiato natura. Grazie anche all’idea pioneristica dei chirurghi italiani, Umberto Veronesi in testa, nel tempo si è fatta strada l’idea che per vincere un tumore non bisogna devastare il corpo del paziente, ma cercare di fare quanto necessario senza trasformare la cura in un male peggiore di quello che si contrasta. In seguito però le informa-

C

zioni raccolte hanno mostrato che neppure questo basta, perché non è sufficiente togliere ciò che si vede: bisogna fare molto di più e, soprattutto, farlo in modo diverso. L’approccio alle malattie tumorali è cambiato radicalmente, al punto che l’asportazione della massa neoplastica, un tempo al centro di tutte le strategie di cura, oggi occupa un ruolo diverso, non necessariamente preponderante. Spiega in merito Ugo Pastorino, direttore della Struttura complessa di chirurgia toracica dell’Istituto nazionale tumori di Milano: “Un tempo tutto ruotava attorno all’intervento: si pensava ad asportare il più possibile e poi si decideva come proce-

La gestione della malattia è un processo complesso

10 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

dere, se con i farmaci o la radioterapia, o con ambedue. Poi, per anni, ci si è interrogati sulla priorità da dare ai tre strumenti, ovvero se operare prima o dopo aver fatto la chemioterapia, se fare chemio e radioterapia insieme o che cosa fare prima e così via. Anni di sperimentazioni e migliaia di malati studiati in tutto il mondo hanno mostrato che non esiste una sola via: non c’è un unico e salvifico modo di procedere, ma bisogna valutare di volta in volta, a seconda della condizione del malato e della malattia”. NUOVI PARADIGMI I progressi della ricerca hanno modificato alcune convinzioni che sembravano inattaccabili ma che hanno mostrato tutti i propri limiti, come accade spesso nella mi-

gliore medicina. La prima e più importante riguarda la natura del tumore, che uccide non in quanto tale ma in quanto capace di formare metastasi e di diffondersi in tutto l’organismo. E poiché ogni neoplasia può avere più o meno capacità di metastatizzare, ciò che davvero conta è avere una visione chiara, cioè avere parametri e indici che descrivano più dettagliatamente possibile la natura biologica della massa. E anche il gesto chirurgico deve tenere conto di questa nuova impostazione. Spiega ancora Pastorino: “Si è capito che l’intervento può essere programmato meglio se sono disponibili tutte le informazioni per capire con che tipo di malattia si ha a che fare, perché la classificazione basata sulle caratteristiche morfologiche e sul


costruttiva, quando la malattia colpisce un organo importante. Si pensi, per esempio, allo stomaco: un tempo si procedeva con interventi molto demolitivi, mentre oggi si decide talvolta di non operare o comunque di preservarne la funzione fondamentale. Lo stesso vale per gli arti: le amputazioni sono diventate molto rare e si procede sempre di più a ricostruzioni accurate che permettono di mantenerne la mobilità. Oltre a questo, se pensiamo al tumore come a una malattia cronica, dobbiamo assicurarci che il malato abbia una qualità di vita accettabile, anche per molto tempo”.

volume della massa, non basta più”. L’asportazione viene quindi programmata anche in funzione di questo. UNA TAPPA DELL’ESISTENZA Tutto ciò va fatto anche per un altro motivo cruciale: la longevità. Oggi si vive molto più a lungo rispetto a pochi decenni fa e il tumore diventa sempre più una tappa dell’esistenza, oppure un compagno di viaggio con cui attraversare fasi diverse da quelle delle cure acute. Ag-

giunge Pastorino: “Chi ha avuto un tumore spesso deve fare i conti con altre neoplasie che si sviluppano nel tempo e con malattie croniche. Quindi, dobbiamo assicurare al malato il mantenimento degli strumenti biologici necessari ad affrontare al meglio le sfide future, potendo contare su organi funzionanti soprattutto se vitali come, per esempio, il polmone, lo stomaco, il colon. Per questo motivo oggi non esiste quasi più una chirurgia che non preveda una fase ri-

VIGILI SORVEGLIANZE

DECRESCITA FELICE is more”, cioè fare di meno per essere più efficaci. “Less Questo è stato lo slogan che ha caratterizzato l’incontro annuale dell’American Society for Clinical Oncology (ASCO) svoltosi in giugno a Chicago. Perché i costi delle terapie innovative stanno diventando insostenibili e, soprattutto, perché i nuovi farmaci non sempre assicurano vantaggi tali da giustificare la spesa, né in termini di controllo della malattia né in termini di effetti collaterali. Non solo. Cresce

COINVOLGERE IL PAZIENTE La gestione della malattia neoplastica è dunque un processo complesso, che prevede l’intervento di tutti gli specialisti coinvolti, i quali decidono insieme come agire, allo scopo di controllare il tumore e mantenere chi ne è colpito nella condizione migliore possibile. “Tutti i centri oncologici prevedono ormai un approccio multidisciplinare, cioè una discussione tra diversi specialisti sulla strategia più efficace nel singolo caso. Il chirurgo può dare un contributo fondamentale, soprattutto per quanto riguarda il controllo locale, cioè il fatto che il tumore non continui a crescere dove si è formato, ma ciò che può fare la differenza è sem-

In questo articolo: interventi conservativi stadiazione dei tumori ricerca clinica

pre la modificazione della biologia delle cellule malate”. Un altro aspetto cruciale riguarda lo sviluppo della ricerca scientifica sulle tecniche chirurgiche, tutt’altro che semplice. Conclude Pastorino: “La chirurgia è difficile da studiare secondo i parametri validi, per esempio, per i farmaci, perché ogni malato è diverso e perché anche il gesto del chirurgo può variare a seconda della situazione: in questo contesto, avere grandi casistiche di pazienti e di interventi uguali è assai complicato. Ciò non significa che non ci siano certezze acquisite in base a grandi numeri, come nel caso della mammella. Ma il margine di incertezza non deve essere un alibi per ricorrere a tecniche non del tutto convalidate, che magari promettono miracoli senza il bisturi, o grazie all’intervento di strumenti non sempre adeguati ancorché nuovi. In definitiva, ogni paziente deve essere coinvolto nelle scelte che lo riguardano dal team di specialisti, i quali devono spiegare e giustificare le decisioni in un percorso che non è mai banale o breve, ma che, se ben fatto, può portare a trasformare il cancro in una malattia come tante altre”.

in tutta la comunità scientifica la consapevolezza che il modo migliore per affrontare molti tumori è quello di controllarli e quindi di non intervenire chirurgicamente. Il caso più noto è quello del carcinoma della prostata, per controllare il quale spesso è meglio un programma di esami regolari, che permettano di individuare un eventuale aumento di crescita. Ma lo stesso – e molti lavori presentati all’ASCO lo hanno dimostrato ancora una volta – vale per molte neoplasie della mammella, del polmone, dei testicoli. Il bisturi, insomma, può salvare la vita anche quando resta sul carrello chirurgico.


SPECIALE CHIRURGIA / 3 I robot

Apparecchi fantascientifici tra marketing e reale utilità Né meglio né peggio della chirurgia classica: questi i bilanci degli studi scientifici sugli esiti della chirurgia robotica. A svantaggio della macchina vi sono gli alti costi e la necessità di formare bene il personale; a vantaggio, la minore degenza dei malati a cura di DANIELA OVADIA primi interventi chirurgici in cui il bisturi era nelle mani di un robot invece che in quelle di un medico datano dalla metà degli anni ottanta. Da allora sono stati eseguiti con questi strumenti migliaia di interventi in tutto il mondo, con una crescita costante sia del numero totale di pazienti sia delle indicazioni. Se all’inizio il robot era presente soprattutto nelle sale operatorie di urologia o neurochirurgia (dove gestisce, per esempio, il cosiddetto gamma knife, uno strumento che consente di distruggere, con un apposito raggio, una parte di tes-

I

suto contenuto nella cavità cranica, per esempio un tumore, senza aprirla), oggi si utilizza anche in ginecologia, chirurgia vascolare, dermatologia e in molte altre specialità. C’È UN UOMO DIETRO “È importante ricordare che il robot non si muove mai da solo e che, anche se il chirurgo non sta fisicamente nella stessa stanza del paziente e della macchina, è pur sempre lui a governarla attraverso l’uso di appositi joystick e di un video che riprende il campo operatorio” spiega Jacques Marescaux, chirurgo e presidente dell’IRCAD (Institut de Recherche

Un joystick governa i movimenti della macchina

12 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

contre les Cancers de l’Appareil Digestif) di Strasburgo, un centro europeo di punta nella formazione dei medici nel campo della chirurgia laparoscopica (cioè con l’uso di sonde) e robotica. Marescaux lo sa bene, dato che nel 1992 fu il primo al mondo a effettuare un intervento di asportazione della colecisti tra le due sponde dell’oceano: mentre la paziente stava in sala operatoria a Strasburgo, Marescaux governava il robot che la operava da una consolle in

un centro di New York. L’intervento, battezzato “Operazione Lindbergh”, come il famoso aviatore del primo volo transoceanico, fece ovviamente scalpore. “Sicuramente ha contribuito a rendere famosa la chirurgia robotica, anche al di là delle mie aspettative. Se da un lato gli strumenti di comando a distanza sono utilissimi nel caso in cui ci siano problemi a reperire un chirurgo esperto, sono del tutto inutili in un contesto normale” continua il medico francese.

BISOGNO DI FORMAZIONE

UN PROBLEMA DI COSTI ra gli aspetti più negativi della chirurgia robotica, se si esclude quello della formazione dei chirurghi, vi sono senza dubbio i costi. Che però si possono ridurre drasticamente se si fa funzionare la stessa macchina per discipline diverse, come ormai accade in quasi tutti i centri che ne hanno una. In alcune regioni, come la Toscana, l’ottimizzazione dei costi nasce anche dalla

T


In questo articolo: chirurgia robotica chirurgia laparoscopica costi sanitari

MANCANO GLI STUDI Ora che i robot sono diffusissimi e presenti in molti ospedali anche piuttosto piccoli, i medici (e i pazienti più accorti) cominciano a chiedersi se offrono davvero dei vantaggi rispetto agli in-

terventi classici. E, con l’esclusione della chirurgia del cervello, per la quale la robotica ha costituito una vera svolta, nelle altre indicazioni vi sono ancora questioni aperte. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di medici del Karolinska Institutet di Stoccolma, sui risultati dell’asportazione della vescica effettuata da un robot, comparati con quelli di un intervento classico, la chirurgia robotica mostra di essere del tutto equivalente a quella manuale, ma con un costo più elevato, anche perché, oltre al costo della macchina in sé, ogni kit chirurgico viene a costare oltre 1.500 dollari. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista European Urology. La stessa rivista ha pubblicato, nel mese di maggio 2013, le linee guida dell’Associazione europea di urologia (EAU) in merito alla chirurgia robotica del tratto urinario (rene, vescica e prostata) sulla base di tutti gli studi finora disponibili. Anche in questo caso gli

condivisione: un solo apparecchio serve diversi ospedali e i chirurghi (con i loro pazienti) si spostano a turno presso la struttura che lo ospita. Non tutti, però, sono adatti a guidare il robot: secondo uno studio effettuato negli Stati Uniti da Medicare (l’assistenza statale che copre la popolazione più anziana e le categorie a rischio), ci vogliono speciali doti sia fisiche sia cognitive, che vanno individuate all’inizio del training. Per tutti gli altri, è molto meglio continuare a usare con maestria la chirurgia laparoscopica o addirittura il buon vecchio bisturi.

esperti sostengono che “la chirurgia robotica è possibile e sicura per la maggior parte degli interventi urologici, ma i dati disponibili, in particolare per quanto riguarda gli esiti nei tumori, sono ancora insufficienti e sono necessarie ulteriori indagini, anche se sono più consistenti nell’ambito degli interventi di asportazione della prostata”. Nella revisione sono compresi anche alcuni studi sull’asportazione della prostata che dimostrano come, a fronte di minore complicanze postoperatorie e di una degenza più breve, la chirurgia robotica dia però maggiori problemi di lesioni ai nervi che attraversano l’organo, con un rischio più elevato di impotenza e incontinenza sulla lunga distanza. Anche in ginecologia la situazione è simile: una recente revisione sugli interventi di asportazione dell’utero pubblicata dalla rivista JAMA conferma l’assenza di reali benefici a fronte di un aumento dei costi.

stanno acquistando queste macchine, non per un vero bisogno o vantaggio ma perché spinti dal marketing. E una volta che un ospedale ha fatto la spesa, deve poi giustificarla promuovendo la chirurgia robotica presso il pubblico”. Non c’è quindi nulla da salvare in questa tecnologia tanto pubblicizzata? Marescaux ritiene di sì. “Innanzitutto dire che gli esiti a distanza sono uguali a quelli del paziente operato alla vecchia maniera, ma senza tener conto del fatto che il dolore postoperatorio è minore e la ripresa più rapida, significa non considerare il benessere del paziente. Forse dopo anni non ci sono differenze, ma sul momento il malato è ben contento di potersene tornare a casa in 24 ore e senza grosse complicazioni. Inoltre uno dei grandi problemi della chirurgia è la standardizzazione delle procedure: ogni chirurgo opera come vuole, ognuno ha la propria tecnica, anche perché ogni persona ha un’anatomia un po’ differente da quella degli altri. Alla luce di ciò come si fa a scoprire qual è la tecnica più efficace e a diffonderla tra gli altri chirurghi? La robotica obbliga al massimo della standardizzazione possibile alla luce della variabilità degli individui e ciò permette una migliore formazione dei giovani chirurghi e una concreta possibilità di comparare finalmente gli esiti di tecniche diverse e le performance dei singoli medici”.

I vantaggi? Meno dolore e ricoveri più brevi

LE SPINTE DEL MARKETING I più critici sono però gli estensori della guida per il paziente della Harvard Medical School di Boston, uno dei templi della medicina moderna: “Sono tecnologie impressionanti ma sfortunatamente, al momento attuale, vi sono poche prove, se non nessuna, che la chirurgia robotica aiuti il paziente oppure il chirurgo. Eppure sempre più ospedali

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 13


NOTIZIE FLASH

Dal mondo

Grassi vegetali per la prostata

Meno raggi per i bambini A volte una medicina troppo interventistica apporta più danni che benefici. Lo dimostra uno studio dello UC Davis Comprehensive Cancer Center pubblicato su JAMA Pediatrics che ha analizzato il rischio tumorale nel corso della vita in persone che sono state sottoposte durante l’infanzia a molte TC e radiografie. Negli anni ottanta e novanta, infatti, con la diffusione delle TC, questi strumenti sono stati usati anche a sproposito, senza tener conto che tutte le tecniche diagnostiche che usano raggi X devono essere utilizzate nei bambini solo se c’è una reale necessità. Da un gruppo di persone sottoposte a oltre quattro milioni di esami diagnostici sono emersi 4.870 casi di tumore che, secondo i ricercatori, avrebbero potuto essere ridotti del 62 per cento eliminando gli esami inutili, prescritti solo per richiesta dei genitori o per eccesso di zelo da parte del medico. La soluzione è molto semplice: gli esami radiografici nei bambini vanno fatti solo se non ci sono alternative tecniche valide (per esempio l’ecografia o la risonanza magnetica, che non usa raggi), privilegiando sempre i macchinari più moderni che utilizzano dosi molto ridotte di raggi X.

Prevenzione in chiave britannica Primo Paese al mondo a adottare una campagna di farmacoprevenzione a tappeto, la Gran Bretagna ha deciso di invitare tutte le donne di Inghilterra e Galles sopra i 35 anni a far valutare il proprio rischio di sviluppare il cancro del seno. Se dalla storia familiare, dalle abitudini di vita ed eventualmente, se necessari, dai test genetici emergerà un rischio superiore al 30 per cento, le donne verranno invitate 14 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

Gli uomini con cancro alla prostata possono aumentare sensibilmente la loro sopravvivenza modificando la loro dieta. Lo afferma uno studio dello UCSF Cancer Center di San Francisco pubblicato su JAMA Internal Medicine. Sostituendo il dieci per cento del loro apporto quotidiano di grassi animali e di carboidrati con grassi vegetali (olio d’oliva, di noci, di semi e di avocado), i partecipanti allo studio hanno visto ridursi del 20 per cento il rischio di sviluppare una forma letale di cancro della prostata in chi è già malato e del 26 per cento il rischio di morire per qualsiasi altra causa. La ragione? Con una dieta che sostituisce la patata con l’avocado e il panino al prosciutto col panino al burro d’arachidi che tanto piace agli americani si abbatte il rilascio di insulina nel sangue e si riducono anche i fattori proinfiammatori.

ad assumere tamoxifene o raloxifene, due farmaci che bloccano l’attività degli estrogeni sui tessuti e sono già usati nella prevenzione delle recidive di cancro del seno. La terapia dovrebbe essere adatta a circa mezzo milione di donne nelle due aree interessate a questa sperimentazione promossa dal National Health System, il sistema sanitario pubblico. I farmaci hanno effetti collaterali (poiché inducono di fatto una menopausa farmacologica) ma secondo gli inglesi il bilancio tra effetti negativi e benefici è a favore della cura che, se si rivelerà utile, potrebbe essere estesa anche a donne con rischio inferiore al 30 per cento.


Gravi stress infantili collegati al cancro È noto da anni che gravi stress nell’infanzia (abbandoni, isolamento sociale o maltrattamenti) possono aumentare anche il rischio di sviluppare alcuni tumori, per esempio quello al seno. Il problema era capire qual è il meccanismo biologico sottostante. Ora uno studio dell’Università di Chicago pubblicato su Cancer Prevention Research punta il dito sulle cellule adipose della mammella. Alcuni segnali chimici locali, rilasciati dalle cellule adipose della ghiandola, aumentano durante gli stress precoci e favoriscono la rapida crescita dei seni (non a caso

la pubertà precoce è uno degli effetti già noti dei maltrattamenti infantili). Con gli anni, le cellule sottoposte a questo stimolo intenso e precoce sono più portate a trasformarsi in senso tumorale. Lo studio ha consentito di scoprire anche quali mediatori del metabolismo ormonale vengono rilasciati in queste occasioni. Il danno da stress, però, è grave solo se precoce, perché agisce quando le cellule non hanno ancora completato il loro processo di maturazione, mentre gli effetti sulle cellule adulte non sarebbero così marcati.

L’e-cig utile per chi deve smettere

Un antidiabetico per il melanoma Il melanoma metastatico avanzato è uno dei tumori difficili da curare perché facilmente diventa resistente alle terapie. Un gruppo di oncologi del Wistar Institute di Philadelphia ha scoperto che, combinando alle chemioterapie alcuni farmaci nati per la cura del diabete, si riesce a bloccare l’attività delle cellule che fungono da riserva per la ricrescita del tumore, rendendole quindi nuovamente sensibili alla terapia. La scoperta è stata pubblicata su Cancer Cell e a breve dovrebbe dare origine al primo studio clinico sull’uomo. Lo stesso gruppo di ricerca aveva scoperto, alcuni anni fa, che il melanoma avanzato contiene diverse sottopopolazioni cellulari, ciascuna con un proprio profilo genetico che la rende più o meno sensibile alle chemio. Ora i ricercatori stanno lavorando sulla combinazione di più farmaci per tentare di diminuire il rischio di recidive.

Uno studio italiano, condotto da Riccardo Polosa dell’Università di Catania, pubblicato su Plos One, ed effettuato su 300 fumatori non intenzionati a smettere, dimostra che la sigaretta elettronica può essere utile per smettere di fumare. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: il primo ha ricevuto 12 settimane di cartucce con alti livelli di nicotina, il secondo 12 settimane di cartucce a contenuto intermedio di nicotina e gli altri cartucce senza nicotina. Dopo un anno, aveva smesso il di fumare il 13 per cento nel primo gruppo, il nove per cento nel secondo e il quattro per cento nel terzo. L’e-cig è utile anche in chi non smette, perché riduce il consumo di sigarette vere nel dieci per cento circa dei soggetti, che così non aspirano i prodotti di combustione. Il rovescio della medaglia? Senza la giusta assistenza, e a causa del fenomeno di moda, l’e-cig attira anche i giovanissimi e i non fumatori e li avvicina alla gestualità del fumo, aprendo la strada al passaggio alla sigaretta vera e propria. OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 15


PROFESSIONI PER LA RICERCA Infermiere oncologico

Non più solo assistenza ma anche comunicazione e ricerca L’infermiere che lavora nei reparti di oncologia ricopre un ruolo di primo piano nel percorso di cura e assistenza: segue il malato a 360 gradi mettendo in atto competenze di natura tecnica, relazionale ed educativa nella prevenzione, nella cura e nella riabilitazione

a cura di CRISTINA FERRARIO rofessionalità, competenza, responsabilità e attenzione a tutti gli aspetti dell’assistenza del malato. Sono queste le caratteristiche dell’infermiere moderno, una figura professionale che non ha più niente a che vedere con gli infermieri armati di tanta buona volontà ma spesso poco preparati che si incontravano nei vecchi ospedali. E quando l’infermiere lavora con i malati oncologici deve, per forza di cose, tenere conto anche di tutte le componenti non strettamente cliniche della malattia: i cambiamenti nei rapporti sociali e relazionali e gli aspetti psicologici, per non parlare dell’importanza della ricerca scientifica.

P

tirocinio” spiega Paola Di Giulio, coordinatrice dell’Unità di ricerca infermieristica dell’Istituto Mario Negri di Milano e professore associato in scienze infermieristiche all’Università di Torino. Il percorso iniziale è però comune a tutti gli indirizzi e non è possibile specializzarsi già nella fase prelaurea, come invece accade in altri Paesi. “Durante il percorso di studi universitari – la laurea in infermieristica nei primi tre anni e la laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche nei secondi due – non è possibile formarsi per una specifica area clinica, come l’oncologia” chiarisce Laura Rasero, professore associato in scienze infermieristiche all’Università di Firenze e presidente dell’Associazione italiana infermieri di area oncologica (AIIAO). Le competenze specifiche si acquisiscono quindi dopo la laurea, con master che possono rappresentare una buona opportunità di specializzazione: ne esistono anche in oncologia e cure palliative. Purtroppo non sempre chi lavora riesce a ottenere i per-

È possibile seguire un master in oncologia

Un percorso articolato “L’infermiere è oggi un professionista molto preparato, che ha seguito un percorso di laurea di almeno tre anni fatto di tanta teoria, ma anche di tanta pratica, con più di 2.800 ore dedicate al

16 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

messi per assentarsi, anche se il malato oncologico, dal punto di vista delle cure specifiche e della relazione umana, ha bisogno di persone formate ad hoc. In quel caso si può ripiegare sui corsi di aggiornamento ECM (Educazione continua in medicina), più brevi e meno costosi di un master, che rappresentano una buona occasione per approfondire aspetti molto precisi della professione. L’offerta è talmente ampia che è necessaria un po’ di esperienza per scegliere il corso migliore. Oltre all’infermiere laureato, anche le figure di supporto (i vecchi inservienti) possono aver bisogno di una formazione specifica, in particolare sugli aspetti psicologici della malattia: per loro sono spesso disponibili corsi interni nei centri specializzati nella cura dei tumori.

Non solo tecnica Per un infermiere che lavora in un reparto oncologico essere preparato dal punto di vista tecnico è fondamentale, ma di certo non basta: alle difficoltà tecniche si aggiungono l’ansia legata alla malattia e ai cambiamenti che questa porta nella vita quotidiana del malato e dei suoi familiari. “Già nella formazione di base viene dedicato molto spazio alla comunicazione” spiega Di Giulio. “Si comunica quando si parla, quando si danno informazio-

COME SI DIVENTA… INFERMIERE ONCOLOGICO l percorso di studi che porta a diventare infermiere è oggi molto ben definito secondo quanto stabilito da un decreto ministeriale del 1999, poi modificato nel 2004. Si parte con una laurea triennale a numero chiuso, alla quale si accede dopo aver superato un test di ammissione: le persone in possesso di questo titolo e iscritte al proprio Collegio provinciale IPASVI (che rappresenta in un certo senso

I


In questo articolo: scienze infermieristiche assistenza ricerca infermieristica

l’ordine professionale degli infermieri) possono esercitare la professione. Dopo i tre anni si può proseguire con i due anni della laurea magistrale, per raggiungere una formazione di livello avanzato oppure si può optare per un master di primo livello per un approfondimento in un ambito specifico, anche oncologico. Infine, chi decide di proseguire anche dopo i cinque anni di laurea triennale e magistrale può iscriversi a un master di secondo livello o anche a un dottorato di ricerca (tre anni). I programmi dei corsi di studio e le disponibilità di master e dottorati non sono uguali in tutte le univer-

sità, quindi prima di scegliere è bene controllare nei siti degli atenei le materie previste e l’organizzazione dei corsi. Sul sito della Federazione nazionale collegi infermieri (www.ipasvi.it) sono disponibili tutte le informazioni sul percorso di studi e sulle n o r m a t i ve che regolamentano la formazione e la professione dell’infermiere. OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 17


PROFESSIONI PER LA RICERCA Infermiere oncologico

CRESCERE INSIEME E IMPARARE DAL CONFRONTO Accompagnare il malato di cancro nelle ultime fasi del suo cammino rappresenta una sfida e un esempio di come si possa fare molto per migliorare la qualità di vita anche in situazioni drammatiche, nelle quali l’obiettivo finale non può essere la guarigione. Ci si

ni, ma anche con lo sguardo o quando si tocca la persona. Gli studenti sono accompagnati a riflettere su questo aspetto e si ‘esercitano’ a comunicare non solo col paziente: il malato, infatti, viene seguito sia come singolo sia come persona inserita all’interno di un nucleo che comprende i familiari e chiunque si prenda cura di lui, i cosiddetti caregiver”. E in un contesto così complesso non è certo possibile trascurare gli aspetti psicologici. “La psicologia necessaria per capire la persona, le sue reazioni e per stabilire la relazione viene studiata nel corso di base” prosegue Di Giulio “e gli infermieri sanno di poter aiutare il paziente a trovare le risorse che ha in sé, coinvolgendolo e motivandolo”. L’infermiere può fare molto anche con semplici gesti quotidiani. “Un trattamento somministrato

18 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

potrebbe aspettare che siano pochi gli infermieri disponibili a lavorare in contesti clinici come le cure palliative nei quali il raggiungimento dell’obiettivo della guarigione non è possibile e la sofferenza, la paura e la stessa pesantezza della diagnosi sono sempre presenti: in realtà gli infermieri che scelgono di lavorare in questo campo sono soddisfatti del loro lavoro e rifarebbero la stessa scelta. “Lavorare in cure palliative significa mettere al centro il paziente, la sua storia, i suoi desideri, la sua famiglia, e costruire insieme un percorso” spiega Paola Di Giulio. “Dal punto di vista professionale è una palestra continua di confronto, in cui si mettono in pratica i principi più elevati dell’assistenza. Gli infermieri che lavorano in oncologia e cure palliative vivono di certo un’esperienza di grande crescita sia personale sia professionale”.

con convinzione, e dicendo al paziente quanto è importante per la propria guarigione, ha un effetto migliore di una compressa somministrata distrattamente, specie in situazioni come il cancro” afferma Paola Di Giulio.

Spazio alla ricerca “L’infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca”. Questo articolo del Decreto legislativo 739 del 1994, che definisce la figura professionale dell’infermiere, dimostra chiaramente come anche in campo

infermieristico ci sia la possibilità e la necessità di fare ricerca. “All’estero, soprattutto nei Paesi anglosassoni, la ricerca infermieristica è molto presente, svolge un ruolo fondamentale nel panorama della sanità ed è regolata da normative precise” spiega Laura Rasero. “Qui in Italia la situazione è meno definita, non è prevista la figura dell’infermiere di ricerca, ma piuttosto infermieri che fanno ricerca”. In effetti nel nostro Paese non esiste una figura professionale dedicata esclusivamente alla ricerca in questo ambito, presente invece all’estero, e spesso il personale infermieristico che si occupa di ricerca lo fa perché lavora in istituti a scopo scientifico e ha, di conseguenza, la possibilità di affiancare il medico negli studi clinici. Ma fare ricerca infermieristica non significa solo portare le competenze dell’infermiere, spesso puramente tecniche, negli studi clinici tradizionali. “La ricerca in questo settore ha caratteristiche precise, con ipotesi di ricerca complementari e talvolta diverse da quelle degli studi clinici sul farmaco” precisa Rasero. In alcuni casi oltre a ricerche osservazionali o sperimentali, gli infermieri progettano studi anche con disegni di ricerca “qualitativa”, che valutano aspetti sociali o personali legati a una patologia (impatto del trattamento sulla vita quotidiana, il vissuto personale della malattia eccetera) e che non possono certo essere analizzati con le tradizionali tecniche statistiche che determinano l’efficacia del farmaco. “Bisogna insistere ancora molto per garantire la vera integrazione multidisciplinare sia nella clinica sia nella progettazione e attuazione degli studi di ricerca” conclude Rasero. “È importante comprendere che la presenza di diverse figure professionali è un valore aggiunto in termini di raggiungimento di risultati sia per il paziente sia per tutto il sistema sanitario”.

... l’articolo continua su: www.airc.it/infermiere-oncologico


RICERCA Gli indici bibliometrici

In questo articolo: bibliometria impact factor indice H

Tutti i numeri che danno il voto alla ricerca scientifica

Da oltre 50 anni la scienza cerca di classificare la qualità delle ricerche. Oggi vi sono alcuni indici che costituiscono, pur nella loro parzialità, lo strumento più efficace a disposizione per sapere quanto vale una rivista, uno scienziato o un’istituzione a cura di FABIO TURONE a ricerca scientifica continua a produrre nuove scoperte a ritmo incessante: ogni giorno vengono pubblicati nuovi studi, in tutte le discipline, che impongono ai ricer-

L

catori un altrettanto incessante lavoro di aggiornamento. La ragione di questo proliferare di ricerche sta in un’espressione coniata in ambito accademico americano, ma da anni in voga in tutto il mondo: publish or perish, ovvero pubblicare o peri-

re. Sintetizza la fortissima pressione cui sono soggetti oggi i migliori ricercatori accademici, che sono chiamati continuamente a dimostrare di essere capaci di ideare e condurre nuove ricerche originali. Se però si pensa che gli articoli

MILIONI DI STUDI E DI INFORMAZIONI

Secondo una ricerca recente, ovviamente pubblicata anch’essa su una rivista scientifica, dagli albori delle riviste scientifiche a oggi si è superata la incredibile cifra di 50 milioni di singoli lavori o comunicazioni. I primi sono stati scritti nel lontano 1665, in francese, sul Journal des Sçavans – più o meno “il giornale dei sapienti” – ma sul finire dello stesso anno sono comparse sulle Philosophical

Transactions della Royal Society britannica le prime ricerche in inglese, lingua che attualmente domina il panorama mondiale. Oggi nessuno scienziato riesce più a seguire tutte le riviste pubblicate nella sua disciplina, perché ogni anno si stima che vengano lanciate centinaia di nuove riviste e che il loro totale – comprendendo trimestrali, bimestrali, mensili, quindicinali e settimanali – si aggiri sui 26.000 titoli.

Sono talmente tante che un filone di ricerca è oggi dedicato specificamente alla messa a punto di sistemi informatici esperti – basati sull’intelligenza artificiale – per eseguire ricerche bibliografiche in modo più efficiente, e infinitamente più rapido, rispetto a quanto è possibile per il cervello umano, che rimane fondamentale nella fase successiva, in cui occorre partire da ciò che si sa già per produrre nuova conoscenza.

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 19


RICERCA Gli indici bibliometrici

MISURE DI QUALITÀ

Ecco i principali istituti che nel mondo producono indicatori aggiornati della qualità della produzione scientifica. L’Institute for Scientific Information (ISI) Thomson Reuters è il database più conosciuto e usato, che censisce gran parte delle più importanti riviste scientifiche di tutte le specialità e, sulla base del numero medio di volte che gli articoli vengono citati in articoli di ricerca successivi, assegna a ciascuna rivista il cosiddetto “impact factor”, o in italiano “fattore di impatto”. Si tratta di una misura sintetica della capacità di quella rivista di selezionare per i propri lettori ricerche che lasciano il segno sulla comunità scientifica che si occupa di quella disciplina. Un aspetto che viene sempre sottolineato dagli esperti è che in alcune discipline l’impact factor è in media molto più basso che in altre, per cui i confronti vanno fatti tra riviste di argomento simile. L’accesso richiede un costoso abbonamento. Scopus è un altro database (anch’esso a pagamento) che svolge un lavoro analogo, su riviste selezionate,

20 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

riportando il numero di citazioni e altri “indicatori” della qualità dei singoli articoli e della produzione complessiva di un ricercatore, o di un’istituzione, per esempio calcolando il suo “indice di Hirsch”, che premia chi ha mantenuto nel tempo una produzione scientifica apprezzata dai colleghi. In pratica equivale al numero di articoli che hanno ricevuto almeno un identico numero di citazioni. Quindi il ricercatore che ha pubblicato 50 articoli di cui solo tre hanno avuto almeno tre citazioni ha un indice pari a tre, mentre il ricercatore che ha pubblicato anche solo 15 articoli citati tutti almeno 15 volte ha un indice di Hirsch pari a 15. Scimago è infine un database gratuito, basato sui dati di Scopus, che mette anche a confronto la produzione scientifica dei diversi Paesi. Dai suoi dati emerge che la ricerca oncologica realizzata negli ultimi 15 anni da ricercatori basati in Italia è tra le migliori al mondo: sia nella classifica per numero di citazioni sia in quella basata sull’indice di Hirsch figura infatti al quinto posto.

scientifici pubblicati hanno ormai superato lo strabiliante numero di 50 milioni (vedi box a p. 19) è facile capire che anche il più stakanovista tra gli scienziati non può essere in grado di leggere tutto quello che viene pubblicato, e ha bisogno di una bussola per individuare le novità che – almeno nel suo campo di interesse – meritano la sua attenzione. Questo aspetto è ancor più importante per il ricercatore clinico, che già divide il suo tempo tra l’assistenza ai pazienti e la conduzione delle ricerche, attività entrambe assai impegnative. E un capitolo se possibile ancor più delicato riguarda poi la scelta delle ricerche più meritevoli di essere finanziate, poiché le richieste di finanziamento richiedono un’approfondita valutazione della qualità della produzione scientifica del principal investigator (ovvero del ricercatore che guiderà la ricerca) e di tutte le figure chiave coinvolte nel progetto, a garanzia della qualità del lavoro che verrà realizzato.

Alla ricerca della scienza migliore La “bussola” oggi più comunemente usata per orientarsi in questo mare magnum di articoli scientifici è stata ideata nel lontano 1955 da uno scienziato americano chiamato Eugene Garfield, che per primo propose, sulle pagine della rivista Science, un meccanismo di valutazione basato sulle citazioni. Poiché la scienza da sempre impone a chi scrive un lavoro di fare esplicito riferimento alle fonti usate per pianificare la propria ricerca – che sia per un’idea, uno strumento o un dato sperimentale – Garfield pensò che gli articoli complessivamente migliori fossero quelli più pieni di spunti meritevoli di essere ripresi successivamente dai colleghi di tutto il mondo, con relativa citazione nelle note bibliografiche in fondo all’articolo. Per questo ideò il cosiddetto impact factor (IF) o fattore di impatto, che per cia-


scuna rivista scientifica calcola il numero medio di citazioni raccolte negli anni successivi alla pubblicazione. Quell’idea, applicata inizialmente alle riviste di genetica, venne presto estesa a tutte le discipline. In generale oggi più alto è l’impact factor di una rivista, più questa è capace di attrarre le ricerche dei migliori scienziati, che possono aggiungere al proprio curriculum un punteggio migliore, per poter vantare un impact factor individuale più elevato. Ciascun ricercatore valuta il proprio successo anche sul numero complessivo di citazioni raccolte da tutti gli articoli pubblicati, e in anni recenti su un altro indice sintetico, chiamato indice H. Altri indici bibliometrici, cioè basati sulle citazioni bibliografiche, sono stati proposti con minor successo. L’indice H è un numero che indica la costanza nell’eccellenza, poiché si concentra sugli articoli più citati fornendo al tempo stesso una misura di quanti essi sono: è stato proposto dal fisico americano di origine argentina Jorge Hirsch, e per questo viene comunemente chiamato con l’iniziale del suo cognome. Nessuno di questi parametri è considerato da solo sufficiente a riassumere la qualità di una ricerca, di un ricercatore o di un gruppo di ricerca, ma il loro uso combinato – ultimamente arricchito anche dagli strumenti usati per stimare l’influenza dei contenuti pubblicati sul web – assicura che la scienza migliore venga premiata.

catore o del suo gruppo di lavoro. La direzione scientifica di AIRC, con l’aiuto degli scienziati esperti nel settore, valuta la carriera di un ricercatore anche alla luce della sua “anzianità di servizio”. Un giovane, per quanto bravo, non avrà mai indici comparabili a quelli di un ricercatore che lavora già da anni. Inoltre esiste un problema di valutazione per settori molto di nicchia, in cui anche impact factor bassi possono essere significativi, perché magari di quello specifico argomento si occupano poche persone nel mondo, da cui deriva il numero di citazioni contenuto. AIRC si avvale dell’impact factor anche per scegliere le pubblicazioni che, tra le molte prodotte grazie ai suoi fondi, meritano di essere divulgate al grande pubblico, poiché in tal modo esiste una misura oggettiva della loro validità intrinseca. Tecniche di valutazione analoghe vengono usate a tutti i livelli, dalle singole università fino al Ministero della ricerca, per valutare la qualità delle istituzioni scientifiche sul territorio nazionale e, da molti anni, vi sono progetti di legge che vorrebbero vincolare l’erogazione dei fondi pubblici per la ricerca devoluti alle singole istituzioni a classifiche stilate sulla base degli indici bibliometrici.

Troppe informazioni possono essere un ostacolo

Le pubblicazioni in AIRC Anche AIRC, come tutte le associazioni che finanziano la ricerca scientifica, basa la propria assegnazione di fondi sulla qualità dei progetti che le vengono presentati. Tra i parametri presi in considerazione, oltre ovviamente alla qualità intrinseca e all’innovatività della proposta, ci sono anche quelli oggettivi legati all’IF e agli altri indici bibliometrici del ricer-

L’ONCOLOGIA ITALIANA È IN CIMA ALLA TOP TEN Ecco la classifica per Paese della qualità della ricerca oncologica pubblicata negli ultimi 15 anni, in cui l’Italia figura al quinto posto sia per numero totale di citazioni (prima colonna) sia per indice di Hirsch (seconda colonna). POSIZIONE

CITAZIONI

INDICE H

1

Stati Uniti

Stati Uniti

2

Gran Bretagna

Gran Bretagna

3

Germania

Germania

4

Giappone

Francia

5

Italia

Italia

6

Francia

Canada

7

Canada

Giappone

8

Olanda

Olanda

9

Svezia

Svizzera

10

Australia

OTTOBRE 2013 Spagna | FONDAMENTALE | 21


PROGRAMMA 5 PER MILLE Site visit

I gruppi AIRC al vaglio degli esperti Uno per volta, tutti i gruppi di ricerca che si sono aggiudicati un finanziamento grazie al Programma 5 per mille vengono sottoposti a una valutazione da parte di tre esperti internazionali. Solo chi passa il controllo alla fine del primo triennio viene rifinanziato per altri due anni a cura della REDAZIONE inque promossi su cinque: è questo il bilancio, estremamente positivo, della prima tornata di verifiche che AIRC ha programmato per valutare se i progetti di ricerca finanziati nell’ambito dei bandi 5 per mille stanno procedendo come atteso. Proprio come accade nei maggiori centri di ricerca internazionali, anche AIRC ha deciso che i progetti più impe-

C

gnativi, con finanziamenti quinquennali, devono essere valutati a metà strada, al termine del terzo anno di attività, con la cosiddetta site visit: una visita in sito da parte di una commissione esterna. I “giudici” sono scelti tra i più accreditati scienziati del settore a livello mondiale, e senza conflitti di interessi (collaborazioni o progetti in comune) con coloro che devono essere valutati. Anche se il compito di selezione non è facile per la Direzione scientifica di AIRC,

22 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

la qualità della ricerca finanziata dall’Associazione è ormai piuttosto conosciuta all’estero, grazie al gruppo di quasi 600 revisori stranieri che ogni anno valuta i progetti presentati ad AIRC. “Gli esperti stranieri vengono in Italia conoscendo già, a grandi linee, ciò che devono valutare” dice Lisa Vozza, della Direzione scientifica di AIRC. “Ricevono infatti il progetto originale, che spiega le premesse teoriche del progetto, e un rapporto che spiega lo stato dell’arte e gli obiettivi raggiunti”. La visita vera e propria, invece, si fa in una giornata, densa e impegnativa per chi è sottoposto alla verifica, in genere presso l’istituto di ricerca del coordinatore del programma. Le prime cinque visite si sono

svolte nel corso della primavera, altre cinque sono previste fra l’estate e l’autunno, mentre le ultime quattro saranno attivate quando i relativi programmi avranno raggiunto i tre anni di attività. UN ANTIDOTO AI PREGIUDIZI I ricercatori stranieri conoscono, sulla carta, i pregi scientifici dei ricercatori italiani, ma nonostante ciò arrivano carichi dei pregiudizi tipici di cui è gravata l’Italia. “La nostra immagine all’estero è molto deteriorata e la convinzione diffusa è che dal nostro Paese, pieno di menti creative e ingegnose, non può venir fuori nulla di eccezionale a causa dei limiti ambientali: disorganizzazione, burocrazia, scarso

È l’occasione per i giovani di mettersi in mostra


In questo articolo: 5 per mille programmi speciali valutazioni

senso civico. Questo è quanto percepiamo durante la cena che precede la site visit vera e propria. Ma l’atteggiamento cambia completamente alla fine della visita: più di un esperto straniero si è dichiarato stupito della qualità del lavoro prodotto, della serietà con cui viene svolto e dell’eccellenza dei risultati ottenuti, persino a dispetto dei limiti strutturali che tutti conosciamo. Possiamo dire, quindi, che AIRC non contribuisce solo alla ricerca sul cancro ma, con questi progetti, e attraverso gli esperti stranieri, fa conoscere il lato migliore e più efficiente della scienza italiana, ridandole il ruolo che merita nel consesso internazionale”. TENSIONE E ORGOGLIO Chiunque si sia sottoposto a un esame o una valutazione del proprio lavoro sa quanto possa essere stressante, e lo è anche per lo scienziato più esperto. “La giornata prevede una serie di presentazioni ai valutatori stranieri. Ognuno racconta a che punto è arrivato nella propria parte di ricerca, integrata con quella degli altri gruppi, e dice quali difficoltà ha eventualmente incontrato” specifica Vozza. “I ricercatori AIRC si preparano con molta cura, ma la tensione è palpabile. A creare l’ansia non è soltanto l’incertezza sul rifinanziamento del programma, ma soprattutto il desiderio di dimostrare a grandi esperti di avere fatto bene ” In altre parole, i nostri scienziati ci tengono, giustamente, a fare un’ottima figura e a vedere riconosciuti i loro grandissimi sforzi.

Al termine della visita i valutatori, dopo avere fatto molte domande durante le presentazioni, si riuniscono e si scambiano le impressioni ricevute, che vengono poi comunicate ad AIRC e al responsabile del programma. Le raccomandazioni dei revisori sono poi scritte in un dettagliato rapporto, che contiene anche consigli su come sia meglio procedere negli anni a venire. Il rapporto contiene la risposta ad alcune domande, che corrispondono agli obiettivi posti dal bando iniziale: il programma sta generando nuove conoscenze a livello molecolare sulla malattia? Le nuove scoperte riusciranno a entrare in clinica entro la fine del finanziamento? Il programma ha reclutato e formato nuove figure di medici ricercatori? Le diverse unità di ricerca coinvolte sono state capaci di lavorare in gruppo e in modo integrato? Medici e scienziati di base sono stati capaci di dialogare davvero tra loro? “Finora le risposte sono state positive e in alcuni casi addirittura eccellenti. Molti programmi sono già in fase di sperimentazione clinica, hanno davvero prodotto una integrazione tra i medici che stanno a contatto col paziente e gli scienziati in laboratorio e, soprattutto, hanno favorito la creazione di reti scientifiche efficaci, capaci di integrare sia i metodi di laboratorio, sia i più avanzati protocolli clinici” conclude Vozza. Il risultato migliore, però, è quello per i pazienti: tutti i programmi, anche l’unico che ha avuto una difficoltà tecnica che lo ha parzialmente rallentato, sono stati giudicati in grado di fornire, entro il termine dei cinque anni, nuovi vantaggi per i malati.

I PRIMI CINQUE

BERSAGLI RAGGIUNTI l programma guidato da Federico Calligaris-Cappio lavora su nuove terapie per due tumori frequenti e di difficile curabilità: la leucemia linfatica cronica e il mieloma multiplo. I valutatori l’hanno giudicato molto bene, soprattutto perché è già giunto alla fase di sperimentazione clinica: è in corso uno studio sull’accumulo di proteine nel cuore dei pazienti leucemici, un fenomeno che induce scompenso cardiaco. Lo studio coordinato da Paolo Comoglio prende l’avvio dalle ricerche sull’oncogene Met che controlla la diffusione delle metastasi. Ora si concentra sul carcinoma del colon-retto resistente alle normali terapie. È già in corso uno studio clinico molto promettente con farmaci biologici, considerato dagli esperti stranieri di gran qualità soprattutto per l’utilizzo di una “strategia di precisione” nel colpire il bersaglio molecolare. Alessandro Vannucchi, con i suoi collaboratori, sta identificando nuovi bersagli terapeutici nei tumori mieloidi, analizzando i meccanismi responsabili della proliferazione e maturazione delle cellule cancerose. Oltre agli aspetti clinici (già pubblicati in parte su una rivista importante come il New England Journal of Medicine) gli esperti hanno anche apprezzato le sue attività per i pazienti. Del programma guidato da Robin Foà è stato apprezzato, oltre all’ottimo risultato scientifico sulla prognosi e la terapia delle neoplasie linfoidi acute e croniche, anche il grande lavoro di squadra, con una perfetta integrazione tra scienziati di laboratorio e clinici, oltre che tra ricercatori provenienti da diverse istituzioni. Il gruppo di lavoro di Alessandro Massimo Gianni ha dovuto cambiare in corsa una parte del suo progetto per un inconveniente tecnico. Nonostante ciò gli esperti hanno apprezzato molto una strategia (quella di inserire una molecola simile al fattore di necrosi tumorale all’interno di un virus inattivato che la trasporterà proprio all’interno delle cellule tumorali) che promette di essere utile in molti tipi di tumore. I risultati preclinici sono promettenti e gli esperti confidano che il progetto possa arrivare alla clinica attorno alla fine del finanziamento.

I

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 23


TERAPIE Interrompere le cure

Solo il paziente può decidere quando dire basta Gli oncologi si interrogano su come scegliere le cure nei momenti finali della vita di una persona. Ancora non esiste una risposta univoca, ma tutte coinvolgono il paziente, che deve essere protagonista della scelta

a cura di DANIELA OVADIA i è un momento, nella vita di alcuni pazienti malati di cancro e dei loro medici, in cui la domanda sorge spontanea: le cure alle quali il malato è sottoposto sono davvero utili per allungargli la vita? E, soprattutto, il periodo di vita in più che gli viene concesso è di una qualità adeguata alle aspettative del malato? Queste domande costituiscono uno dei problemi principali dell’oncologia clinica e riempiono intere sessioni nei congressi scientifici, anche se discuterne solo tra medici potrebbe non avere senso, perché non esiste una risposta univoca alla domanda “quando una cura oncologica diventa inutile?”

V

“La risposta potrebbe essere: quando il rapporto tra benefici ed effetti collaterali non è più a favore dei primi” dice Maurizio D’Incalci, direttore del Dipartimento di oncologia dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Per quanto scientifica suoni questa affermazione, tradurla in comportamenti concreti è tutt’altro che semplice, perché i benefici sono percepiti diversamente da ciascun paziente e, in sostanza, ogni caso fa storia a sé. PAESE CHE VAI, USANZA CHE TROVI In un editoriale pubblicato nel 2011 su Annals of Oncology e considerato una sorta di linea guida in materia, Sofia Braga, oncologa medica dell’Istituto portoghese di oncologia di Lisbona, faceva un quadro della situazione nei diversi Paesi europei, dimostrando come le differenze di tratta-

mento tra un luogo e l’altro, a parità di stadio della malattia e di tipologia di tumore, potessero essere davvero molto ampie. Uno studio svedese, per esempio, dimostrava che circa il 25 per cento dei malati affetti da tumori solidi aveva ricevuto una chemioterapia nell’ultimo mese di vita, percentuale che corrisponde più o meno alla media continentale, con però variazioni molto grandi. In Portogallo è il 37 per cento dei terminali a essere ancora in cura con farmaci che sono riservati a una diversa fase della malattia. Negli Stati Uniti è solo il 15 per cento. Due studi italiani, effettuati in due diversi centri oncologici, mostravano dati ancora differenti: in uno era in cura il 23 per cento dei malati terminali, nell’altro il 15. In Corea uno su due viene trattato, mentre la percentuale più bassa si registra in Gran Breta-


In questo articolo: chemioterapia cure palliative decisioni di fine vita

gna: solo l’otto per cento dei pazienti considerati terminali ha ricevuto una terapia. Lo studio britannico, pubblicato nel 2006 sul British Journal of Cancer, è anche l’unico ad aver registrato le cause di morte, scoprendo che, tra i pazienti curati con chemioterapici, il 7,5 per cento era deceduto per tossicità da farmaci e il quattro per cento circa per sepsi neutropenica (infezioni non controllate per mancanza di meccanismi immunitari di difesa), due possibili effetti della somministrazione di sostanze che hanno bisogno di una buona conservazione dei sistemi di metabolizzazione dei farmaci e di eliminazione delle sostanze tossiche: in pratica fegato e reni ben funzionanti. L’IMPORTANZA DEI SISTEMI SANITARI NAZIONALI “Dietro queste cifre ci sono certamente differenze di tipo culturale su ciò che significa prendersi cura di chi non ha più speranza di guarigione” spiega Livio Garattini, direttore del Centro di economia sanitaria Angelo e Angela Valenti (CESAV) dell’Istituto Mario Negri. “Nei Paesi mediterranei c’è una documentata tendenza a usare più farmaci, a volte con un eccesso di cure, mentre nei Paesi del Nord questa tendenza è più limitata. I casi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti fanno però storia a sé e dipendono molto dall’organizzazione sanitaria del luogo. In Gran Bretagna, per esempio, la libertà di prescrizione da parte del medico è molto ridotta ed esistono linee guida stringenti che dicono fino a quando il Sistema sani-

tario pubblico copre economicamente un certo trattamento. Questo spiega perché solo pochi ne hanno diritto negli ultimi mesi”. Negli Stati Uniti, invece, dove non esiste un sistema sanitario pubblico, bisogna che il malato abbia un’assicurazione che paghi e, in genere, laddove il paziente o il curante tendono a prolungare la terapia anche per ragioni psicologiche e umane, interviene un perito esterno che si limita a studiare le carte e a decidere se vale ancora la pena provarci oppure no. Il medico gioca comunque un ruolo importante nella scelta, in tutti gli scenari: non a caso i parametri che determinano più facilmente il profilo di chi viene curato più a lungo sono la giovane età (perché si fa di tutto per salvare i più giovani), lo stato di avanzamento delle metastasi (che sono il problema clinico principale da affrontare), il tipo di tumore e la sua sensibilità ai trattamenti: se risponde bene, ovviamente si continua nella cura. La forma di tumore trattata più a lungo, almeno negli Stati Uniti, è quella polmonare: il 43 per cento dei malati è curato nell’ultimo mese di vita e il 20 per cento addirittura nelle ultime due settimane. SE IL TROPPO STROPPIA Anche se queste cifre possono sembrare aride, sono in realtà necessarie ai medici per capire se stanno esagerando nel prendersi cura di un malato, per quanto assurdo questo possa suonare. “Non è vero che è sempre utile curare: a volte i farmaci fanno più male che bene, danno effetti collaterali che rovinano anche le ultime settimane di vita e inoltre obbligano il paziente a spostarsi continuamente per

visite, esami e terapie invece di trascorrere il tempo a casa propria, con la famiglia” continua D’ Incalci. Provare troppe terapie, pur sapendo che hanno scarse possibilità di funzionare, può anche precludere l’uso di una terapia sperimentale, come spiega ancora l’oncologo, che ha seguito molte sperimentazioni di nuovi farmaci: “I test di fase 1, quelli effettuati su pochi pazienti per verificare se una nuova sostanza è sicura per l’uomo, sono spesso proposti alle persone per cui le terapie tradizionali sono state inefficaci perché hanno molto da guadagnare se per caso la molecola funziona meglio di quelle vecchie. Il problema è che non si possono fare sperimentazioni su soggetti che hanno usato troppe terapie diverse. In Italia, purtroppo, sono i medici stessi a essere poco abituati a questo tipo di studi – perché se ne fanno pochi – e, quindi, non riescono a cogliere appieno l’opportunità che rappresentano”.

sono alcune domande che il medico deve porsi, la prima delle quali è: quale sarà il beneficio per il paziente? Per rispondere, però, bisognerebbe avere uno strumento efficace in grado di stimare la prognosi: tutti gli studi effettuati in materia dicono invece che i medici non sono bravi estimatori della sopravvivenza del loro paziente e che in genere tendono a essere ottimisti, sia perché sono emotivamente coinvolti sia perché sottostimano le possibili complicanze. Per questa ragione sono stati messi a punto degli algoritmi (come l’indice di Karnofsky o quello dell’Organizzazione mondiale della sanità) che sono molto usati in medicina palliativa e che tengono conto anche di sintomi invalidanti come la mancanza di appetito, la perdita di peso, i disturbi della deglutizione e del respiro. Vi sono poi altri esami sul sangue che possono dare un’idea dello stato di salute generale della

Un terapia sperimentale può essere una buona scelta

DOMANDE CRUCIALI Secondo Sofia Braga, vi

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 25


TERAPIE Interrompere le cure RIFIUTO TERAPEUTICO

SE IL PAZIENTE NON VUOLE osa accade se è il paziente a voler sospendere le cure? La legge attuale prevede che se una persona è capace di intendere e di volere (e di esprimere il proprio parere), il medico non può imporre alcun trattamento, nemmeno quello salvavita come la rianimazione. Se però lo stesso paziente diventa incosciente o non è più in grado di dire a che cosa acconsente, il medico è tenuto a intervenire con ogni mezzo salvavita, anche se il malato è in una fase terminale della sua malattia. Se l’intervento salvavita (per esempio il collegamento a una macchina per sostenere la respirazione) è già in atto, interromperlo, anche su esplicita richiesta del malato, può esporre il medico all’arresto e a un procedimento d’indagine. Da molti anni si discute delle cosiddette direttive anticipate, cioè di quei documenti (tra i quali vi è anche il testamento biologico) in cui la persona esprime la propria volontà in merito alle cure (non solo quelle salvavita o terminali) nell’eventualità in cui non sia più in grado di esprimersi. Tali documenti possono essere presi in considerazione dal medico (sempre che questo ne venga a conoscenza) ma non sono vincolanti, come invece accade in altri Paesi. In sostanza la scelta resta nelle mani del curante.

C

persona. Nessuno di questi metodi si è però rivelato davvero efficace nel prevedere con ragionevole certezza la sopravvivenza e quindi l’utilità di continuare con le chemioterapie. “La maggior parte delle linee guida in materia ha usato un sistema empirico” spiega ancora Braga nel suo lavoro. “Dopo che tre diverse linee di terapia sono fallite, è

molto improbabile che la quarta funzioni, a meno che non si tratti di un farmaco del tutto nuovo o sperimentale”. Anche a questa regola, però, ci sono eccezioni, come per esempio nel caso dei tumori del seno HER-2 positivi, che possono rispondere anche a diversi tipi di sostanze. LA VOLONTÀ DEL SINGOLO Esiste una domanda cardi-

26 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

ne, che dovrebbe stare al centro della decisione, come spiega Stein Kaasa, esperto di cure palliative dell’Università di Trondheim, in Norvegia, in uno speciale dedicato proprio al tema delle cure inutili pubblicato su Cancer News, la rivista della European School of Oncology: cosa vuole il paziente? Vi sono infatti importanti differenze culturali anche tra i pazienti e desideri diametralmente opposti. C’è chi vuol tentare sempre il tutto e per tutto e chi preferisce lasciar perdere e affidarsi alle sole cure palliative. “Anche negli hospice e nei centri di palliazione si usa la chemioterapia, ma con combinazioni e dosaggi diversi da quelli della fase di cura” spiega Kaasa. Alcuni chemioterapici, infatti, possono essere utili anche contro il dolore, come per esempio il 5-fluorouracile nei tumori solidi. “Bisogna però essere certi che il dolore non possa essere controllato con farmaci più semplici e più gestibili” continua Kaasa.

sono le diverse opzioni e che cosa ci si può ragionevolmente attendere da ciascuna di esse. Non è vero che i malati e i familiari non sono in grado di affrontare questo tipo di comunicazioni: spesso è il medico che non sa come trasmetterle in modo empatico ed efficace”. E infatti uno studio britannico pubblicato nel 2008 sulla rivista JAMA afferma che solo il 39 per cento dei pazienti ha discusso la prognosi con il proprio medico, mentre tra i ricoverati in un grande hospice solo il 39 per cento dei malati e il 62 per cento dei familiari riferisce di aver discusso della gestione degli ultimi momenti della vita con un medico o uno psicologo. E proprio i familiari giocano un ruolo importante, perché vi possono essere conflitti tra di loro o tra la loro visione e quella del paziente, che deve comunque sempre prevalere, anche se questo complica la gestione del caso. Alla fine, secondo Stein Kaasa, la soluzione per una gestione ottimale degli ultimi momenti di vita non è molto diversa da quella che si usa per curare e guarire: si deve puntare a una medicina personalizzata, perché nessuna cura è inutile se il paziente la sceglie e la desidera, mentre tutte sono inutili se il paziente preferisce un approccio meno invasivo che lo lasci tornare, finché possibile, alle sue attività e relazioni familiari.

La soluzione è una gestione condivisa delle cure

IMPARARE A COMUNICARE Quello che manca, in Italia, è una cultura della condivisione della decisione e l’abitudine a parlare apertamente di quelle che vengono chiamate decisioni di fine vita, come spiega Egidio Moja, docente di psicologia clinica all’Università degli studi di Milano. “Esistono delle linee guida, e delle tecniche precise, per la gestione di colloqui così delicati e particolari” spiega. “Bisogna che i medici abbiano tempo, scelgano un luogo appartato dove non verranno disturbati e siano pronti a spiegare, per quanto possibile, quali


VIVERE SANO

Alimenti: cereali integrali a cura della REDAZIONE l pane “nero”, che un tempo si trovava solo sulle tavole dei poveri che non potevano permettersi il più costoso pane bianco, torna oggi alla ribalta poiché numerosi studi scientifici hanno dimostrato i benefici dei cereali integrali. I cereali raffinati sono infatti più soffici e si conservano più a lungo di quelli integrali, ma sono privi di gran parte delle sostanze nutritive presenti nel chicco appena raccolto e macinato, completo di tutte le sue parti: crusca, germe ed endosperma (l’unica parte che rimane nei prodotti raffinati).

I

Non solo fibra Quando si parla di cereali integrali non si può fare a meno di citare le fibre. Queste, oltre che nella frutta e nella verdura, sono presenti soprattutto nella crusca che ricopre il chicco dei cereali e sono quasi del tutto assenti nei prodotti raffinati. Consumare circa 30 grammi di fibre al giorno, come suggeriscono gli esperti, aiuta a mantenere in forma l’intestino e anche a prevenire il tumore del colon. Le fibre aumentano la velocità del transito delle feci nell’intestino, migliorano la regolarità intestinale e hanno un effetto probiotico, cioè stimolano la crescita dei microorganismi benefici presenti nel colon. Grazie alle fibre, grassi e zuccheri vengono assimilati in misura inferiore e più lentamente e ciò si traduce in un minore aumento della glicemia dopo pranzo (molto importante soprattutto in caso di diabete) e anche in un aiuto per chi vuole perdere qualche chilo, visto che il senso di sazietà dura più a lungo. Infine, alcune fibre alimentari come il betaglucano sono anche in grado di abbassare il colesterolo cattivo (LDL) con grandi benefici per cuore e apparato circolatorio. Crusca e germe contengono moltissime altre sostanze indispensabili per il benessere dell’organismo: antiossidanti, ferro, zinco, rame, magnesio, vitamine del gruppo B, vitamina E, fitonutrienti e grassi insaturi.

ATTENTI ALL’ETICHETTA Anche quando si acquista un prodotto integrale bisogna leggere attentamente l’etichetta. Per esempio è bene fare attenzione agli zuccheri e ai grassi aggiunti: si trovano spesso accoppiati alle farine integrali nei prodotti da forno per rendere più gradevole il sapore e più morbido il prodotto che diventa però meno sano e a volte più calorico. Attenzione anche ai prodotti “camuffati” da integrali: un pane preparato con farina raffinata e successiva aggiunta di crusca non è certo confrontabile con uno preparato con farina integrale.

LA RICETTA Arricchire la propria tavola di alimenti integrali non è difficile: basta sostituire gradualmente i prodotti raffinati con quelli integrali, mantenendo gli stessi condimenti e abbinamenti, ma facendo attenzione ai diversi tempi di cottura. MUFFIN ALLE CAROTE (una ricetta di Marco Bianchi) Ingredienti (10-12 muffin) 400 g di carote 100 g di farina integrale 120 g di mandorle 125 g di noci 85 g di zucchero integrale (di canna) 150 g di ricotta magra 1 bustina di lievito Preparazione Tritate nel mixer le carote con lo zucchero. Aggiungete le mandorle e le noci tritate. Aggiungete la ricotta la farina e il lievito. Tritate/mescolate il tutto. Suddividete negli stampini (imburrati e infarinati) e cuocete a 180°C per 20-25 minuti.


RICERCA IFOM Angiogenesi

In questo articolo: angiogenesi neurochirurgia cavernomi cerebrali

Un farmaco antitumorale per evitare la chirurgia I cavernomi cerebrali sono gomitoli di vasi sanguigni che crescono incontrollati nel cervello. Possono rompersi e provocare emorragie cerebrali. I farmaci antiangiogenetici potranno essere usati per prevenirne la formazione

Cosa si sapeva I cavernomi possono essere singoli o multipli Sono coinvolti tre geni chiamati CCM1, CCM2 e CCM3

Cosa aggiunge questa ricerca I farmaci antiangiogenetici usati nei tumori bloccano anche la formazione dei cavernomi Il meccanismo molecolare dipende dal gene CCM1 La terapia farmacologica potrebbe sostituire in alcuni casi la chirurgia

a cura della REDAZIONE iamo ormai abituati a sentire dire che gli scienziati hanno scoperto le proprietà anticancro di un farmaco già esistente per altre indicazioni. Questa volta è successo l’inverso: farmaci studiati per la cura dei tumori possono curare una malformazione dei vasi cerebrali, a volte familiare e altre volte casuale, che porta alla formazione di cavernomi cerebrali. Si tratta di veri e propri gomitoli di vasi sanguigni, dilatati e fragili, che possono dar luogo a emorragie intracerebrali, deficit neurologici, crisi epilettiche e mal di testa ricorrenti.

La gravità dei sintomi dipende sia dalla sede in cui si trova il cavernoma sia dalla sua dimensione, che va da pochi millimetri a diversi centimetri. A volte ce n’è uno solo, nei casi sporadici, altre volte anche alcune decine, nelle forme ereditarie. La malattia colpisce una persona su 500 ma nella maggior parte dei casi (7080 per cento) può rimanere silente anche per tutta la vita. Spesso viene scoperta per caso, nel corso di indagini effettuate per altri motivi. L’unico trattamento possibile è l’asportazione dei cavernomi più a rischio di rottura, che può però lasciare deficit neurologici.

LA RICERCA IN BREVE

S

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici è sostenuto da FIRC, Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, attraverso lasciti testamentari. Per fare un investimento in un futuro senza cancro, quindi, basta aggiungere un piccolo lascito nel tuo testamento. Visita il sito www.fondazionefirc.it o telefona allo 02 79 47 07, riceverai anche la Guida su come farlo. Grazie.

28 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

I meccanismi molecolari Il gruppo di ricerca di Elisabetta Dejana in IFOM, da anni impegnato nella comprensione dei meccanismi dell’angiogenesi (cioè della formazione di nuovi vasi all’interno dei tumori), ha scoperto i fattori molecolari alla base della malattia, di cui finora si conoscevano solo i geni coinvolti (chiamati CCM1, CCM2 e CCM3). I risultati sono stati pubblicati su Nature, una delle più prestigiose riviste scientifiche. “Il cavernoma è assimilabile a un tumore benigno, in cui la moltiplicazione incontrollata delle cellule del tessuto rimane circoscritta a una determinata area” spiega Dejana. “Come nei tumori, le cellule endoteliali si trasformano e diventano mobili e invasive. Abbiamo concentrato le nostre ricerche sul gene CCM1, responsabile del 40 per cento dei cavernomi e abbiamo scoperto che, inattivandolo, la cellula endoteliale perde le sue caratteristiche specifiche e si trasforma in cellula mesenchimale.” Questo processo, noto come “transizione endotelio-mesenchimale”, è tipico dei tumori, in cui le cellule endoteliali acquisiscono capacità di migrare e invadere altri tessuti. Nei cavernomi questo cambio di funzione è mediato da due fattori cruciali anche nel cancro: BMP6 (bone morphogenetic protein 6) e TGF-beta (transforming growth factor beta). Usando dei farmaci antitumorali in grado di inibire questi fattori, i ricercatori hanno osservato una riduzione molto significativa dello sviluppo di cavernomi in un modello sperimentale. Ora bisogna passare alla ricerca sull’uomo. “Aver individuato un approccio terapeutico alternativo alla neurochirurgia” spiega Dejana “è una svolta importante per la ricerca, ma soprattutto per i pazienti”. Fonte: Luigi Maddaluno et al. EndMT contributes to the onset and progression of cerebral cavernous malformations’ Nature 2013; DOI 10.1038/nature12207


LASCITI Chi ha scelto di fare testamento per FIRC

Un“sentire comune” per vincere la malattia Marco Bellocchio esce da dietro la macchina da presa e racconta l’esperienza personale che lo ha portato a fare un lascito per la ricerca sul cancro

a cura della REDAZIONE arco Bellocchio non parla spesso della propria sfera privata. Preferisce raccontare il mondo attraverso l’arte cui ha dedicato la vita, quella cinematografica. Ma per una grande causa non teme di uscire dall’ombra e raccontare le ragioni personali che lo hanno spinto ad offrirsi come testimonial per FIRC e a donare, tramite un lascito testamentario, un contributo per sostenere la ricerca oncologica. “Lo faccio con grande piacere. È una cosa che sento particolarmente vicina: in famiglia sono stato toccato dalla morte di mio padre e da quella di mio fratello Antonino, en-

M

trambi colpiti da questo terribile male. Sono una persona schiva e introversa, sono abituato a lavorare dietro la macchina da presa e a tenere le situazioni familiari o personali nella sfera privata. Il lavoro, però, mi obbliga a uscire dall’ombra. Allora è necessario prendere posizione, assumersi le proprie responsabilità e dare il proprio contributo. Soprattutto se la causa è nobile e particolarmente significativa. Perché il dolore, prima o poi, attraversa ognuno di noi”. Nel suo racconto personale emerge l’amarezza per non poter essere stato accanto ad Antonino, come avrebbe voluto. E quando il padre si ammalò Marco Bellocchio aveva solo 12 anni e sua madre fece di tutto per non coinvolgerlo. Ora però il regista sente una responsabilità personale rispetto a questa malattia: “Siamo in tanti, personaggi dello spettacolo e della cultura, che hanno deciso di aderire a questa iniziativa. Si tratta di un fatto molto umano, occorre affrontare il cancro in modo più aperto rispetto a quanto avveniva in passato. Condivido quindi la necessità di prevenire. Anche se sappiamo che la ricerca in tal senso ha fatto passi da gigante, occorrerà ancora tanto tempo per debellare questa malattia”. Bellocchio ha voluto quindi coinvolgersi in prima persona, certo che tutti debbano fare qualcosa perché il cancro sia affrontato, nel tempo e con la ricerca in modo definitivo. “Penso sia molto importante il lavoro svolto da AIRC e FIRC, che attraverso significative iniziative ricercano finanziamenti per affrontare un problema che appartiene a ognuno di noi. Occorre un sentire comune, coinvolgente, perché certi dolori hanno bisogno anche dell’apporto solidale da parte di ognuno di noi.” L’intervista è apparsa su Libertà che ringraziamo per la collaborazione.

UN LASCITO PER LA RICERCA cegliere di fare testamento in favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, lasciandole anche solo una parte dei propri beni, significa dare un sostegno concreto e significativo alla ricerca oncologica in Italia. Pur riconoscendo i diritti dei propri eredi si può sempre lasciare una parte del patrimonio a favore della ricerca sul cancro. Per questo FIRC offre gratuitamente la Guida al testamento, uno strumento utile per sapere come si effettua un lascito testamentario: chi sono gli eredi e come vengono stabiliti; quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge e tante altre informazioni pratiche. Il testamento può essere: olografo: basta scrivere su un foglio cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso.

S

Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice, per tutti: richiedila gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 29


EVENTI I Giorni della Ricerca

a cura della REDAZIONE l nuovo paesaggio del cancro, delineato grazie alle scoperte più recenti della genomica, è al centro dei Giorni della Ricerca 2013, dal 2 all’11 novembre. Tornano l’appuntamento istituzionale al Quirinale e gli incontri nelle università e nelle scuole, che rappresentano l’anima scientifica e formativa della settimana. Un grande contributo ai Giorni arriva dalle migliaia di piazze in tutta Italia, con I Cioccolatini della Ricerca, la RAI, i campioni del calcio, UBI Banca e i supermercati. A 60 anni dalla scoperta della struttura del DNA il “mosaico” complesso del cancro assume una forma più definita. Sappiamo che esso non è una malattia che viene dall’esterno, ma che nasce dentro di noi, spesso favorita da fattori esterni, come le sostanze presenti nell’ambiente, ma anche virus, batteri e il fumo di sigaretta. Il cancro ha origine dalle nostre cellule, nel cui DNA avvengono dei cambiamenti, definiti mutazioni. Finora sono state scoperte quasi 300.000 mutazioni nel cancro, ma solo poco più

I

30 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

Quattro università al centro dei Giorni della Ricerca di un centinaio sono davvero capaci di scatenare la crescita incontrollata delle cellule in cui risiedono. Grazie a queste scoperte i ricercatori hanno compilato una sorta di dizionario del linguaggio cancro, un manuale di istruzioni che permette di leggere con più semplicità e tempestività la malattia. Ma non basta conoscere la sequenza lineare del DNA: è indispensabile sapere che forma assume nelle sue tre dimensioni, e quali geni, mutati e non, vengono a contatto fra loro. Proseguendo lungo questa strada si potrà migliorare la diagnosi, per riuscire a intercettare precocemente i segnali rilasciati dalle cellule

tumorali; la terapia, per capire se il farmaco può davvero sconfiggere il tumore; la prognosi, per prevedere gli eventuali sviluppi della malattia. Questo nuovo paesaggio del cancro è il tema degli incontri che quest’anno si svolgono nelle Università degli studi di Bologna, Padova, Chieti e Pescara, Catania, coinvolgendo studenti non solo di medicina e di biologia, ma anche di biofisica, chimica, biotecnologia, ingegneria, discipline sempre più indispensabili per la ricerca sul cancro. Questa iniziativa rappresenta quindi un’opportunità per suggerire agli studenti nuovi orizzonti di lavoro.

Coinvolte Bologna, Padova, Chieti e Pescara, e Catania

... da novembre su: www.airc.it


L’IMPEGNO DI NAPOLITANO

GLI EVENTI DELLA SETTIMANA 11 novembre Cerimonia al Quirinale 2-9 novembre 6-7 novembre SETTIMANA DELLA BUONA SPESA

4-10 novembre RAI PER AIRC

7 novembre INCONTRI NELLE UNIVERSITÀ

AIRC NELLE SCUOLE

9 novembre APPUNTAMENTO IN PIAZZA CON I CIOCCOLATINI DELLA RICERCA

9-10 novembre UN GOL PER LA RICERCA

RICERCATORI A SCUOLA IN TUTT’ITALIA

S

Simone Comi

I

l Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rinnova il proprio impegno in prima persona a fianco di AIRC: l’11 novembre, in una cerimonia al Quirinale, diventata tradizionale, a chiusura dei Giorni della Ricerca 2013, Napolitano riceve per l’ottavo anno consecutivo gli esperti più qualificati della ricerca sul cancro alla presenza delle più alte cariche dello Stato, di importanti rappresentanti della cultura, della comunicazione e dei sostenitori di AIRC. In questa occasione il Presidente della Repubblica consegna il Premio AIRC “Credere nella Ricerca” a chi si è particolarmente impegnato con l’Associazione per sostenere la ricerca sul cancro.

coprire la ricerca sul cancro attraverso gli occhi dei ricercatori, la loro esperienza professionale e di vita. Ma anche comprendere l’importanza della prevenzione, degli stili di vita sani, capire quali fattori esterni – e in che modo – favoriscono la crescita dei tumori. Questo l’obiettivo degli Incontri con la ricerca nelle scuole secondarie superiori, più di 60 in tutta Italia, che si rinnovano il 6-7 novembre, in occasione dei Giorni della Ricerca. Incontri che non si limitano a questa settimana, ma, da quest’anno, proseguiranno nei mesi successivi, per raggiungere sempre più scuole. Durante gli incontri a novembre studenti e professori possono scoprire anche le attività che AIRC propone alle scuole: l’impegno come volontari nelle iniziative dell’Associazione, il concorso “Una metafora per la ricerca”, per raccontare in modo creativo, con un video, una foto, un testo o un disegno, cos’è la ricerca sul cancro. E ancora il nuovo blog di Danilo Allegra “Biocomiche per AIRC”, il kit didattico multimediale per le scuole di ogni ordine e grado, le proposte di “Cancro io ti boccio” in occasione delle Arance della Salute, il gioco di ruolo: iniziative e materiali disponibili sul sito www.scuola.airc.it

UBI BANCA PER AIRC

U

BI Banca da quest’anno è partner istituzionale de I Giorni della Ricerca e metterà a disposizione una serie di prodotti e servizi bancari, coinvolgendo i suoi clienti e in generale il pubblico con nuove modalità per sostenere il meglio della ricerca sul cancro italiana. Tra le varie iniziative previste, UBI Banca lancerà un’emissione dedicata a AIRC dell’innovativo strumento finanziario Social Bond UBI Comunità, a cui è stato recentemente conferito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il Premio Nazionale per l’Innovazione, il cosiddetto “Premio dei Premi”. I Social Bond sono titoli obbligazionari solidali rivolti a sostenere iniziative di grande valore sociale. Grazie all’impegno dell’Istituto e di tutti gli italiani che aderiranno, UBI Banca devolverà ad AIRC parte dell’importo complessivamente raccolto per sostenere l’eccellenza della ricerca oncologica italiana. I dettagli della partnership e delle iniziative attivate saranno disponibili durante i Giorni della Ricerca sul sito www.ubibanca.com e sui canali media AIRC.


EVENTI I Giorni della Ricerca

UN GOL PER LA RICERCA

UNA SETTIMANA DI BUONA SPESA

campioni del calcio italiano della Serie A TIM scendono in campo per sostenere la ricerca sul cancro il 9 e 10 novembre, con l’iniziativa Un Gol per la Ricerca. Dagli stadi e sui media sportivi, calciatori, allenatori, giornalisti, opinionisti, tifosi noti al grande pubblico invitano i tifosi a sostenere i giovani talenti della ricerca sul cancro con una semplice donazione con SMS. TIM offre ad AIRC importanti spazi sui campi e nelle aree interviste degli stadi per ricordare al pubblico il numero attraverso cui donare. Partner dell’iniziativa sono Lega Serie A, FIGC, Associazione Italiana Arbitri e i media sportivi RaiSport, SkySport e Gazzetta dello Sport.

I

SISAL PER AIRC

S

ISAL si conferma anche quest’anno a fianco di AIRC: durante i Giorni della Ricerca, in oltre 40.000 ricevitorie in tutta Italia, i clienti possono fare una donazione usando la schedina speciale del Superenalotto per AIRC. Sono disponibili anche altre forme di donazione presso le ricevitorie o sul portale online SISAL Pay. Grazie alla capillarità di SISAL sul territorio i cittadini possono sostenere i migliori ricercatori oncologici.

RAI E AIRC INSIEME PER UNA NUOVA SQUADRA DI RICERCATORI

32 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2013

Per gentile concessione di TV Sorrisi e Canzoni

I

principali supermercati italiani rinnovano anche quest’anno il proprio impegno per la ricerca oncologica: dal 2 al 9 novembre devolvono una percentuale degli incassi a favore di AIRC. Negli stessi giorni anche chi fa la spesa può partecipare con una donazione, attraverso il CCP allegato al numero speciale di Fondamentale, dal titolo Proteine... in tutte le salse. Una pubblicazione per I Giorni della Ricerca, dedicata alle proteine: non solo quelle contenute nel cibo, ma anche quelle oggetto della ricerca oncologica, dalle proteine che aiutano la prevenzione (biomarcatori) a quelle che curano (farmaci biologici). Ad arricchire lo speciale anche alcune ricette, gustose e sane.

R

AI e AIRC rinnovano la loro collaborazione, in occasione dei Giorni della Ricerca, dedicando un palinsesto speciale dal 4 al 10 novembre per raccontare gli ultimi risultati della ricerca oncologica nella diagnosi e nella cura del cancro e le nuove sfide che si aprono, nel tempo dell’esplorazione genomica. Nelle trasmissioni televisive e radiofoniche e sulle tv digitali, ricercatori, medici e persone che hanno combattuto la malattia offrono la propria testimonianza, per informare il pubblico sulle “buone notizie” della ricerca e invitarlo a donare per sostenere obiettivi scientifici pluriennali, dedicati alla formazione di una nuova generazione di ricercatori. Madrina dell’evento Antonella Clerici, affiancata da Carlo Conti e da tanti colleghi della TV e della radio, insieme ai testimonial di AIRC. Domenica 10 la campagna si chiude con lo Speciale Elisir in prima serata su RaiTre, condotto da Michele Mirabella.


EVENTI Cioccolatini e Love Design

Il Design sostiene la ricerca

Un buon cioccolato

Dal 22 al 24 novembre torna Love Design alla Fabbrica del Vapore a cura della REDAZIONE n oggetto di design è il frutto dello sforzo comune di molte persone dalle diverse specifiche competenze tecniche, industriali, commerciali, estetiche. Il lavoro del designer è la sintesi espressiva di questo lavoro collettivo”. Così Achille Castiglioni individua nello sforzo di gruppo e nelle diverse competenze i due perni del design. Due aspetti fondamentali anche per la ricerca sul cancro. E proprio design e ricerca sono protagonisti della sesta edizione di Love Design, dal 22 al 24 novembre alla Fabbrica del Vapore di Milano, in via Procaccini 4, dove saranno esposti mobili e complementi d’arredo, firmati dai più noti designer internazionali. L’iniziativa nasce nel 2003 dalla collaborazione tra AIRC e ADI (Associazione per il disegno industriale) e vede coinvolte oltre 50 aziende tra le più rinomate del design italiano: Agape, Alessi, AntonioLupi Design, Ares Line, Artemide, B&B Italia, Berkel, Bticino, Caimi Brevetti, Cassina, Catellani&Smith, Ceccotti Collezioni, Davide Groppi, De Padova, Fiam Italia, Fiat, Flos, Foscarini, Ifi, Kartell, Ken Scott, Kitchenaid, Luceplan, Martinelli Luce, MDF Italia, Molte-

U

ni& C., Nemo, Pedrali, Rimadesio, Slamp, Trudi, Unifor, Valcucine, Valsecchi 1918, Zanotta e tante altre. Grazie alla donazione delle aziende, AIRC renderà accessibili a molti i pezzi pregiati del design italiano per sostenere la ricerca sul cancro. Imperdibile la lotteria che mette in palio una Cinquecento Fiat, una Vespa Piaggio, un soggiorno alle Terme di Sirmione e tanti altri splendidi premi. Love Design, inoltre, collaborerà con BookCity Milano ospitandone il polo dell’editoria del design negli stessi giorni: in questa occasione sarà presentato il libro di racconti edito da AIRC Un sacchetto profumato e altre storie. L’ingresso a Love Design è libero, dalle 10 alle 21 e tutti i soci AIRC che visiteranno la mostra, presentando il volantino allegato a questo numero di Fondamentale , riceveranno un omaggio. Fabbrica del Vapore Milano, Via Procaccini 4 22-24 novembre 2013, ore 10-21 Ingresso libero Per informazioni: www.lovedesign.airc.it 02 77 97 223 segreteria.lovedesign@airc.it

a cura della REDAZIONE igliaia di piazze in tutta Italia si colorano con I Cioccolatini della Ricerca: sabato 9 novembre i volontari AIRC offrono, per il secondo anno, una speciale confezione di cioccolatini Lindt creata appositamente per AIRC, a fronte di un contributo di 10 euro. Un dono gustoso che costituisce non solo un’ottima idea di regalo per Natale, ma anche una buona occasione per sostenere il meglio della ricerca sul cancro in Italia, finanziata da AIRC. Un dono piacevole e salutare: l’American Institute For Cancer Research ha classificato tra i cibi protettivi il cioccolato fondente al 70 per cento di cacao, la sostanza in cui si concentrano i flavonoidi (composti dalle proprietà antiossidanti, protettivi contro i tumori). La scatola di cioccolatini fondenti, in vari gusti, è accompagnata dallo speciale Proteine... in tutte le salse, con le ultime scoperte della ricerca oncologica nel campo delle proteine e i consigli per una vita sana.

M

Per informazioni: da novembre su www.airc.it/cioccolatini

OTTOBRE 2013 | FONDAMENTALE | 33


Molto altro ancora su www.airc.it/comitati

Abruzzo - Molise...

Basilicata...

Tel. 085 352 15 - com.abruzzo.molise@airc.it - www.airc.it/abruzzo

Tel. 0971 411 208 - com.basilicata@airc.it - www.airc.it/basilicata

Donne in festa

Il vero gol è la ricerca

Fossacesia (Chieti) Presso l’Hotel Golfo di Venere, in una sala gremita, si è svolta la 25° Festa della donna a sostegno della ricerca, organizzata dall’attivissima Delegazione AIRC di Fossacesia. Si ringraziano le volontarie, il sindaco di Fossacesia e tutti i meravigliosi sostenitori, che da sempre si impegnano per il comitato con tenacia e grande disponibilità.

Maratea (Potenza) La nazionale attori 1971 e le vecchie glorie over 40 di Maratea sono scese in campo per sostenere la ricerca oncologica. La Partita del cuore, con la partecipazione dei beniamini della TV e del cinema, ha permesso di raccogliere contributi devoluti ad AIRC, grazie all’impegno del sindaco di Maratea Mario Di Trani.

In breve dall’Abruzzo-Molise Monteroduni (Isernia) Nello scenario del castello Pignatelli si è svolto con successo un incontro sul tema “Informare è prevenire, come ridurre il rischio di ammalarsi di tumore”. Erano presenti i volontari della Delegazione locale, i ricercatori AIRC, il presidente del Comitato Maria Francesca De Cecco. Uno speciale ringraziamento al sindaco Russo Custode per la disponibilità. Loreto Aprutino (Pescara) Si è svolto il 6° torneo di burraco, organizzato dalla delegazione locale. Un grazie speciale a Marilena, Annamaria e tutti i volontari impegnati per la ricerca sul cancro. Pescara Presso l’Aurum, nella splendida cornice della sala degli Alambicchi, l’artista Luigi Buccione ha proposto le proprie opere in ricordo del padre Sandro, nella personale “Dreamline Sogni, sensazioni, utopie, visioni… in resina”. L’intero ricavato delle opere vendute durante il vernissage è stato devoluto ad AIRC.

Calabria... tel. 0984 41 36 97 - com.calabria@airc.it - www.airc.it/calabria

Un tripudio di uova per AIRC Calabria Per il secondo anno il Comitato ha organizzato per Pasqua la manifestazione “L’Uovo della Ricerca”: scuole, università, studi professionali, locali pubblici sono stati invasi dalle vivaci uova di cioccolato di tre chilogrammi per sostenere AIRC.

In breve dalla Basilicata Potenza Forti del loro motto, “da volontario Vinci”, gli studenti dell’Istituto superiore L. Da Vinci sono scesi in piazza come volontari per l’Azalea della Ricerca 2013, da Potenza ad Avigliano, Baragiano, Brindisi di Montagna, Lagopesole, Laurenzana, Pignola, Sant’Angelo Le Fratte. Lavello (Potenza) La scuola primaria e la scuola dell’infanzia del II circolo didattico anche quest’anno hanno sostenuto AIRC con i biglietti di auguri per la festa della mamma, realizzati dagli alunni. Terranova di Pollino (Potenza) Anche quest’anno il paese lucano ha confermato il proprio impegno a fianco di AIRC, con tante iniziative tra cui una gara di pesca alla trota in torrente, a cura della “Sarmento-Pollino”, alla presenza del sindaco di Terranova, del presidente del Comitato Rosa Pedìo Diamante e del presidente della Società pesca sportiva Stefano Riccardi.

In breve dalla Calabria Cirò (Crotone) È tornato per l’ottava edizione il torneo di biliardo “Memorial Lorenzo Sestito” a favore di AIRC. Cosenza Splendidi oggetti per sostenere la ricerca sul cancro: l’associazione Creazione e immagine, durante l’evento Moda Movie, ha organizzato un sorteggio di gioielli e quadri. Nel corso della manifestazione l’Associazione culturale “Sottosuolo” ha devoluto parte del ricavato delle opere d’arte ad AIRC. Santa Caterina dello Ionio (Catanzaro) Tutti in corsa per la ricerca oncologica, durante la XVIII edizione della gara podistica Corrinsieme. L’intero ricavato delle iscrizioni è stato devoluto ad AIRC. Cosenza “Le nuove tecnologie aiutano a sconfiggere il cancro” era il tema dell’incontro al Liceo classico Telesio, a cui sono intervenuti il presidente del comitato Rosella Pellegrini Serra, Nicola Gratteri procuratore aggiunto, il giornalista Michele Mirabella, i ricercatori Pierfrancesco Tassone e Riccardo Vigneri, moderati da Gregorio Corigliano.


Emilia - Romagna...

Friuli - Venezia Giulia...

Tel. 051 244 515 - com.emilia.romagna@airc.it - www.airc.it/emiliaromagna

Tel. 040 365 663 - com.friuli.vg@airc.it - www.airc.it/fvg

Da Bononia a Bologna – 189 a.C.-2011

Arte per la vita

Un itinerario in 39 capitoli, ad opera di qualificati esperti di storia dell’arte bolognese, per conoscere gli artisti e gli episodi che hanno lasciato il segno non solo a Bologna, ma in tutta Europa. Un viaggio ininterrotto, iniziato oltre 2.200 anni fa, che continua a proporre nuove mete. Il volume, edito per AIRC da Umberto Allemandi & C., 2012, è disponibile presso il Comitato Emilia-Romagna.

Maniago (Pordenone) Presso Palazzo D’Attimis, si è tenuta una mostra collettiva di pittura e fotografia, “Arte per la vita”. Grazie ai maestri Carlo Fontanella, Ado Furlanetto e Antonio Crivellari, alla Graphi Studio e agli artisti partecipanti, per l’opportunità di raccolta fondi offerta ad AIRC, e a Paolo Siega Vignut, responsabile dei volontari locali.

In breve dall’Emilia - Romagna Dodici Morelli (Ferrara) I volontari locali hanno organizzato il tradizionale pranzo Tutti insieme a tavola, dedicato ad AIRC Comitato Emilia-Romagna. Un grazie di cuore a tutti i nostri volontari e ai numerosi partecipanti. Bologna Grande successo per la terza edizione della Maratona fotografica Disturbo: tanti i giovani fotografi per le strade del centro storico di Bologna che, partecipando alla maratona, hanno contribuito alla raccolta fondi a favore di AIRC.

In breve dal Friuli-Venezia Giulia Forgaria del Friuli (Udine) Grande impegno anche quest’anno delle signore di Forgaria che hanno realizzato prodotti artigianali da distribuire a favore di AIRC. Bertiolo (Udine) Un intero paese si è mosso ancora per sostenere la ricerca sul cancro: la proloco ha organizzato due iniziative di raccolta fondi, la gara di torte “Dolci tipici”, che ha visto al vittoria delle torte “Dolce anniversario” di Sandra Betto, “Torta Sbriciolata” di Lorena Chiminello, “Le fasi dell'uva” di Rosaria Lilli. A seguire la panificazione straordinaria “Il pane per la vita”, offerto dai panificatori Ciani e Fabris. Trieste La casa della consigliera Tina Campailla si è trasformata in una museo di oggetti di bellezza eleganti e raffinati, di diverse epoche, per la mostra “Le stanze della vanità”. Un grande successo di pubblico per l’esibizione con oltre cento tipologie di oggetti, in vari esemplari, a favore di AIRC.

Campania... Tel. 081 403 231 - com.campania@airc.it - www.airc.it/campania

Serata danzante Napoli Nella splendida cornice della Reggia di Capodimonte si è svolta con grande successo una serata danzante sotto le stelle, a favore di AIRC. Oltre mille persone hanno partecipato, gustando le prelibatezze della cucina napoletana e scendendo in pista, sulle note della musica mixata dal dj Ciro Cacciola, fino alle due di notte. Un party ricco di eleganza e divertimento per sostenere la ricerca oncologica.

Lazio... Tel. 06 446 336 5 com.lazio@airc.it www.airc.it/lazio

Auto d’epoca sul Gianicolo Roma Un raduno d’auto d’epoca al Gianicolo, a favore della ricerca sul cancro: la scuderia romana La tartaruga, oltre a contribuire in prima persona, ha dedicato l’intero ricavato ad AIRC Comitato Lazio, presente con un banchetto all’evento.

In breve dal Lazio Roma In occasione del 152° anniversario della sua fondazione, l’esercito italiano ha organizzato un Concerto della Banda dell’esercito, presso l’Auditorium parco della musica, e ha dedicato ad AIRC la manifestazione, trasmessa sui RAI5. Ospiti speciali della serata, che ha raccolto fondi a favore dell’Associazione, Giovanni Allevi e Alessandro Siani. Roma Bambini in laboratorio con i ricercatori AIRC a Explora – Il museo dei bambini, in una giornata dedicata alla sana e corretta alimentazione. In questa occasione, il museo ha ospitato anche una postazione per la distribuzione dell’Azalea della Ricerca. Roma Tutti in teatro per AIRC: al Brancaccio è andato in scena lo spettacolo Al cafè chantant, scritto e diretto da Cinzia Berni, con protagonista l’ormai tradizionale compagnia amatoriale, composta da alcuni consiglieri del Comitato e amici.


Liguria...

Lombardia...

Tel. 010 277 058 8 - com.liguria@airc.it - www.airc.it/liguria

Tel. 02 779 71 - com.lombardia@airc.it - www.airc.it/lombardia

Serata di gala a Villa Beatrice

Golf a Villa d’Este

Portofino (Genova) Nella splendida cornice di Villa Beatrice a Portofino, ospiti di Carla e Luigi Costa Ardissone, si è svolta la serata di gala organizzata dai volontari dell’Associazione Benefica Amici di Portofino, alla presenza della vicepresidente di AIRC Bona Borromeo, del presidente del Comitato Liguria Victor Uckmar e di tanti ospiti. A condurre la serata Cesare Cadeo ed Emanuela Folliero con la partecipazione del cantante Memo Remigi. A coronare l’evento una mostra di foto d’epoca di Portofino e il premio “Il delfino per un domani”.

Montorfano (Como) Una splendida domenica estiva ha accompagnato anche quest’anno la giornata dedicata ad AIRC al Circolo Golf Club Villa d’Este: le consigliere del Comitato Isabella Gallo e Lella Tronchetti Provera hanno organizzato la 9° edizione della gara in favore di AIRC lungo uno dei percorsi golfistici più belli d’Italia. A coronare la giornata, una cena e ricchi premi. Un ringraziamento alle attive organizzatrici, a tutti i partner e ai numerosi partecipanti, per il sostegno alla ricerca sul cancro.

In breve dalla Liguria Genova Tre giorni di cibo e libri a “Sapori da Sfogliare”, per una fiera interamente dedicata al gusto e alla cultura, con protagonisti i prodotti dell’eccellenza italiana e gli editori del settore enogastronomico turistico. Il Comitato Liguria è stato ospite speciale con uno stand per raccogliere fondi per la ricerca. Vignole Borbera (Alessandria) È tornato con successo, per la 28° edizione, Un dolce per la vita: le tenaci e fantasiose volontarie locali, “casalinghe-pasticcere”, hanno preparato squisite torte distribuite per sostenere l’attività di AIRC. 7 Ottobre – Genova Si rinnova l’appuntamento con l’alta moda, a favore della ricerca oncologica, per la 3° edizione di Moda & Glamour per la Ricerca: il Palazzo della Borsa sarà la cornice di un’elegante sfilata.

In breve dalla Lombardia Rudiano (Brescia) Ancora Eli e ancora Rudiano, per la II edizione della gara podistica “Di corsa con Eli”, a favore di AIRC. Nonostante il tempo poco favorevole oltre 700 partecipanti hanno commemorato Eliana Grandini, mamma amante dello sport, prematuramente scomparsa. Un ringraziamento ai podisti, ai rudianesi, a Michela e famiglia.

Milano Stephan El Shaarawy è Pallone d’Argento 2012-3. Il campione del Milan ha ricevuto a San Siro, prima dell’inizio della partita Milan-Roma, il 14° trofeo in memoria di Giaime Fiumanò, per l’impegno sociale profuso quest’anno.

Marche... Tel. 071 280 413 0 - com.marche@airc.it - www.airc.it/marche

Borsa di studio, memorial Patrizia Baroni Ancona In ricordo dell’entusiasmo e della dedizione ad AIRC di Patrizia Baroni, storica segretaria esecutiva, presso la sala del Rettorato dell’Università Politecnica delle Marche si è svolta la cerimonia di consegna della Borsa di studio a Fortunato Zaffino, ora ricercatore a Padova, alla presenza del rettore Marco Pacetti e di Stefano Cascinu degli Ospedali Riuniti di Ancona.

In breve dalle Marche Ancona È tornato il II torneo di tennis, doppio maschile e femminile, organizzato da Comitato Marche e Associazione Tennis Riviera del Conero. La giornata a favore di AIRC si è conclusa con cena e festeggiamenti al ristorante Alice’s. Sirolo (Ancona) Nello splendido scenario del Conero Golf si è svolta la 3° Gara di Golf Memorial Baroni, con grande successo. Portonovo (Ancona) Sport, divertimento e salute per AIRC: la Conero Wellness di Ancona ha organizzato una giornata di corsi di pilates, tonificazione, zumba ecc., agli stabilimenti balneari Emilia e Giacchetti. A conclusione della giornata una serata con cena all’Hotel Emilia. Ancona Per festeggiare l’arrivo della primavera, il Comitato Marche ha organizzato presso la serra di Ciavattini Garden un bellissimo torneo di burraco a sostegno di AIRC, allietato dai colori e dai profumi dell’ampia esposizione di piante e fiori.

Piemonte - Valle d’Aosta... Tel. 011 993 335 3 - com.piemonte.va@airc.it - www-airc.it/piemonte

Volontari al Museo… Torino Volontariato e ricerca al Museo dell’Automobile di Torino per l’incontro di tutti i volontari AIRC, alla presenza del presidente Allegra Agnelli e dei ricercatori Paolo Comoglio e Valentina Rossi, di fronte a un folto pubblico.

In breve da Piemonte-Valle d’Aosta Torino Si è svolta presso Il circolo dei lettori la presentazione del libro Un sacchetto profumato e altre storie. Erano presenti Enrico Baitone dei Lions, Mario Calabresi direttore de La Stampa, lo storico dell’arte Philippe Daverio, la regista Andrée Ruth Shammah, l’attrice Elisabetta Vergani. Ormea (Cuneo) Sciarpe, collane, scialli sono stati distribuiti per sostenere la ricerca oncologica durante la manifestazione “Sciarpiamo”, in ricordo di Fulvio Bologna, organizzata da Carmen Peirano, per le vie del paese del Cuneese.


Sardegna... Tel. 070 664172 - com.sardegna@airc.it - www.airc.it/sardegna

Wine Festival in Costa Smeralda Porto Cervo (Olbia-Tempio) Presso il “Cervo Conference Center”, 60 aziende vinicole hanno incontrato il pubblico dei wine lover della Costa Smeralda, gli ospiti degli alberghi Starwood e del Pevero Golf Club e selezionati buyer internazionali. 250 etichette da degustare, in una manifestazione aperta al pubblico, per aiutare la ricerca sul cancro.

In breve dalla Sardegna Cagliari Al teatro del Conservatorio “P. L. da Palestrina”, si è svolto lo spettacolo “Piccoli Artisti per AIRC”, organizzato da Silvana Grassi, insieme alla scuola di ballo di Luigia Frattaroli, alla Jazz Dance di V. Cossu e F. Cocco e alla compagnia CGS Phoenix. Budoni (Olbia Tempio) Nel prestigioso Anfiteatro Parodi si è svolta una bella manifestazione in favore della ricerca oncologica, organizzata dal Rotary di Siniscola in collaborazione con il Comune. Alghero Una fantastica festa di Carnevale con burraco si è svolta allo Sporting Green Hotel per sostenere la ricerca.

Cagliari Presso la Mediateca del Mediterraneo, il Comitato ha inaugurato una mostra di quadri dell’artista cagliaritana Isa Montaldo, dal titolo “I cieli su Cagliari”, con lettura di poesie dell’artista, a favore di AIRC.

Puglia...

Sicilia...

Tel. 080 521 870 2 - com.puglia@airc.it - www.airc.it/puglia

Tel. 091 611 034 0 - com.sicilia@airc.it - www.airc.it/sicilia

A teatro, con il cognato

Un progetto… oltre la vita!

San Nicandro Garganico (Foggia) Tutto esaurito per lo spettacolo Il cognato di Michele, con Michele Lallo, testo e regia di Rino Manduzio, al teatro Italia messo a disposizione dalla consigliera AIRC Annamaria Fallucchi, per raccogliere contributi per la borsa di studio AIRC “Enzo Manduzio”. A chiudere la serata pennette all’arrabbiata offerte “dallo zio di Michele”.

Milazzo (Messina) Grande successo per l’incontro su ricerca, prevenzione e cura del cancro, all’Istituto superiore Impallomeni, “Un progetto… oltre la vita!”, organizzato dalla delegazione di Milazzo. Sono intervenuti il presidente del Comitato Sicilia Riccardo Vigneri e l’oncologa Sylvie Menard, presentati dalla delegata Maria Febronia Russo. Al centro del dibattito il tumore dal punto di vista del ricercatore e del paziente, i progressi nelle cure e gli stili di vita corretti.

In breve dalla Puglia Massafra (Taranto) Presso la storica Tenuta Leucaspide, ospiti di Carmela e Vincenzo de Filippis, si è tenuta la 8° edizione di “Masserie aperte alla Ricerca”, organizzata dalla consigliera AIRC Carla Martucci Mastrangelo. Il pubblico numeroso ha potuto gustare il ricco buffet di “Tutt’altra cucina” e il concerto del gruppo “Così cantava Napoli” di Mario Salvatore. Tricase (Lecce) Nella splendida sala del trono di Palazzo Gallone la famiglia Maisto ha consegnato al presidente del comitato Michele Mirabella i contributi per la borsa di studio a nome di Salvatore Maisto. La cerimonia si è svolta alla presenza del sindaco di Tricase Giuseppe Coppola e dei volontari AIRC.

Polignano a Mare (Bari) Il meglio della tradizione culinaria di Bari a favore della ricerca sul cancro, in “Una cena per la vita… Commercianti in cucina”, all’Osteria di Chichibio, organizzata dagli storici commercianti della città, Nicola Pintucci, Marina Addante, Micaela Caiati, Paola Trizio, Roberto Trione, Marcello Pisciotta, Uccio Cippone e Fabrizio Santorsola.

In breve dalla Sicilia Palma di Montechiaro (Agrigento) In occasione della festa della donna, grazie alla disponibilità del dirigente scolastico del Liceo Scientifico G. B. Odierna Roberto Navarra e dei professori Montalto e Bellanti, la delegata e i volontari locali hanno distribuito per AIRC mimose offerte da Gulino e Farruggio, nei locali dell’associazione giovanile Nuova alba.

Catania Nuoto e pallavolo uniti per la ricerca, nel I trofeo “AIRC + sport = insieme per la vita”, organizzato dalla delegata dell’assessore allo sport Anna Piazza, dal presidente della Federazione italiana nuoto per la Sicilia e dalla Federazione Pallavolando, cui hanno partecipato i finalisti regionali dei due sport. Grande successo per l’iniziativa che sostiene la ricerca sul cancro e promuove la pratica sportiva per la prevenzione.

Novembre – Barletta (BT) Torna per la 7° edizione il pranzo che “fa bene” alla ricerca sul cancro, curato dalla Famiglia Nigro e dallo staff del Ristorante il Brigantino, capitanato dallo chef Vincenzo De Palo. OTTOBRE 2013 | SPECIALE COMITATI | 37


Toscana...

Umbria...

Tel. 055 217 098 - com.toscana@airc.it - www.airc.it/toscana

Tel. 075 583 813 2 - com.umbria@airc.it - www.airc.it/umbria

Artigianato d’Ambra Ambra (Arezzo) Artigianato locale, scuole, musica: un intero paese si è mosso anche quest’anno a favore della ricerca sul cancro, con il tradizionale mercatino, i saggi musicali della scuola primaria e secondaria inferiore, in collaborazione con la Società filarmonica di Ambra. Anche i bambini della scuola dell’infanzia hanno dato spettacolo, con le canzoni dei cartoni animati.

In breve dalla Toscana Scandicci (Firenze) Il panificio locale ha ripreso anche quest’anno la sagra della schiacciata, in favore di AIRC. Monteriggioni (Siena) La frazione di Abbadia a Isola si è animata di feste, danze, cene, per due settimane, in occasione della 27° edizione di “C’ero anch’io ad Abbadia”, per sostenere la ricerca oncologica. Cerreto Guidi (Firenze) È tornata per la 17° edizione la cena e spettacolo per AIRC. Piancastagnaio (Siena) Gran divertimento per tutte le età, per la 2° edizione di Un mojito per la vita, presso i Giardini Nasini. I vigili del fuoco hanno realizzato giochi educativi per i bambini, con “Pompieropoli”; a seguire aperitivo, pizza e serata musicale. Castiglione della Pescaia (Grosseto) Si è rinnovata anche quest’anno l’iniziativa dell’Università delle Tre Età, a favore della ricerca oncologica: in occasione della Giornata mondiale del libro è stato organizzato un mercatino di libri donati da soci e conoscenti, coinvolgendo la cittadinanza.

Sulle note di Grease Orvieto (Terni) Grande successo per il musical Grease al Teatro Mancinelli, realizzato grazie alla delegazione AIRC locale, la compagnia Mastro Titta con la direzione artistica di Paola Cecconi, UISP e UNITRE. Un grazie speciale alla consigliera Giuliana Bianconi De Valletta e al suo piccolo esercito di volontari.

In breve dall’Umbria Massa Martana (Perugia) Per l’edizione 2013 de “Le Giornate Massetane” AIRC era presente con uno stand con materiale informativo, gadget e il libro Un sacchetto profumato e altre storie, presentato nella sezione “Pagine sotto le stelle”.

Perugia Grande attesa a novembre per l’estrazione della nuova Lotteria del Comitato all’Hotel Brufani Palace, inaugurata lo scorso giugno. In palio un’auto Chevrolet Spark 1.0, un televisore, gioielli, cene e tanto altro ancora.

Veneto... Tel. 041 528 917 7 - com.veneto@airc.it - www.airc.it/veneto

I balocchi fanno bene Jesolo (Venezia) Grande divertimento e sostegno alla ricerca oncologica, per la 9° edizione de “Il paese dei balocchi”, al Parco Grifone, organizzata da Jesolo young people calcio a cinque e agenzia Intras. Una giornata di sport e giochi, con le mini olimpiadi di tennis, calcio a cinque, basket, arti marziali. Ancora, grande festa con il guinness dei primati alimentare, rappresentato quest’anno da una scatola di biscotti alta tre metri, lo spettacolo equestre, il nutella party, il trucca bimbi, i falconieri, i cavalieri della “Tavola gioconda”, il Gioco dell’oca gigante e molto altro, a favore di AIRC. 4 ottobre – Venezia Torna nella splendida cornice del Canal Grande l’evento a The Westin Europa & Regina (gruppo Starwood), a favore di AIRC. 24 ottobre – Venezia Sfida per sostenere la ricerca sul cancro, al casinò, con l’8° Torneo di burraco. 5 ottobre – Venezia Hard Rock Cafe Venice sosterrà anche quest’anno la campagna Pinktober insieme ad AIRC Comitato Veneto, a favore della ricerca scientifica sui tumori femminili.

38 | SPECIALE COMITATI | OTTOBRE 2013

13-15 dicembre - Assisi (Perugia) Torna la “Mostra mercato del ricamo” nella sala ex Pinacoteca, con i capolavori di Lucia Smurra di Tullio e tante altre ricamatrici, a favore di AIRC: un’ottima occasione per ammirare ricami stupendi e fare bellissimi regali di Natale.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.