Fondamentale giugno 2017

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Numero 3 - giugno 2017

Numero 3 - giugno 2017 - Anno XLV - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

QUALITÀ DI VITA

IMMUNOTERAPIA

Dopo anni di stallo, un’improvvisa accelerazione e i primi grandi successi

Un farmaco sperimentale fa piazza pulita nel cancro del seno NON PROFIT

Un settore in crescita che genera valore non solo in economia

Maria Rescigno, immunologia e cancro

UNA BARRIERA CHE PROTEGGE L’ORGANISMO


SOMMARIO

FONDAMENTALE giugno 2017

In questo numero: 04 VITA DA RICERCATORE 07 RUBRICHE 08 RICERCA AIRC 10 SANITÀ 13 NUOVE FRONTIERE 16 NOTIZIE FLASH 18 FARE CHIAREZZA 20 IFOM 22 NON PROFIT 24 SPERIMENTAZIONE ANIMALE 25 BILANCIO SOCIALE 28 RACCOLTA FONDI 30 MICROSCOPIO

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Il successo talvolta segue vie tortuose Progressi della ricerca AIRC

Dieci anni di studi contro le staminali tumorali Chi parte e chi arriva negli ospedali di tutta Italia Le armi dell’organismo per combattere la malattia

Per la prima volta la dimostrazione di efficacia di un farmaco che attacca le staminali tumorali nel seno

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La mobilità medica è un fenomeno inevitabile: si va verso i centri con maggiore esperienza ma serve maggiore diffusione

Dal mondo

La “pianta miracolosa” non cura il cancro Il laboratorio che mostra l’infinitamente piccolo

Senza scopo di lucro ma con grandi scopi sociali

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I vantaggi insostituibili di un modello completo

Un anno insieme per rendere il cancro sempre più curabile

L’orizzonte di Milena è rosa come l’Azalea Milano Marathon: #oggicorroperAIRC vince tutto! La ricerca fa crescere l’Italia

FONDAMENTALE

Anno XLV - Numero 3 Giugno 2017 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

No, l’aloe non cura il cancro anche se può avere effetti benefici

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La nuova frontiera della microscopia ha casa in IFOM

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EDITORIALE

Pier Giuseppe Torrani

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Presidente AIRC

Insieme siamo più forti

P

rima a Trieste e Pescara, poi a Napoli e da ultimo a Roma. Sono state le recenti occasioni per ritrovarci tutti assieme: presidenti e consiglieri dei singoli Comitati regionali, volontari e scienziati. I primi impiegati nelle attività di promozione e raccolta fondi di AIRC, i secondi selezionati da AIRC per la qualità dei loro progetti e quindi finanziati, al lavoro nelle varie istituzioni di ricerca delle rispettive Regioni. Sono stati incontri molto utili e interessanti: AIRC ha raccolto intorno a sé un gruppo importante di persone, motivate e affidabili, dove il fluire dell’attività avviene in un clima caratterizzato da una adesione convinta alla missione: la lotta contro il cancro attraverso la ricerca. La comunità aggregata di AIRC nazionale con i Comitati, i volontari e gli scienziati è la nostra forza. Il dolore, l’angoscia per l’esito della malattia (il cancro ha interessato e interessa un po’ tutte le famiglie italiane), è spesso la prima spinta all’adesione. Ma un altro aspetto colpisce: l’interesse sincero per la scienza. La crescita culturale in campo scientifico di tutti noi, prescindendo dagli studi fatti e dalle professioni e mestieri di ciascuno, è un dato di fatto acquisito, una sorta di rivoluzione culturale. Un interesse reale per la ricerca, per le scoperte che continuamente ci vengono illustrate dagli scienziati impegnati nei loro laboratori. La percezione della complessità del nostro organismo. Il fascino della ricerca sul nostro sistema molecolare e immunitario sempre più ci porta a riflettere sull’origine della vita, sul nostro rapporto con il creato, sulla sconfinata profondità del sistema vitale. La malattia, il cancro ci hanno costretto a confrontarci sulla diffusione della cultura scientifica. I laboratori, gli istituti di ricerca sono i luoghi dove si studia, si approfondiscono i misteri della vita, dove si dialoga con tutto il mondo. Le reti mondiali della ricerca assicurano la trasmissione di tutte le scoperte in tempo reale alle numerose comunità di ricercatori. Così come il cancro è presente in tutti i Paesi, così anche la ricerca è globale e i suoi risultati diventano subito patrimonio di tutti. Ricerca e divulgazione sono i veri mattoni della costruzione della nostra civiltà. Come nel Medioevo i monasteri, con le loro biblioteche, i loro monaci; le università con i loro docenti e studenti sono stati lo strumento per porre le fondamenta della nostra cultura, così ora i centri di ricerca nelle università e negli ospedali e negli altri luoghi deputati rappresentano i momenti fondativi della nostra cultura scientifica a servizio della società. E AIRC con il suo impegno è parte integrante di questo grande movimento.

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VITA DA RICERCATORE Maria Rescigno

Il successo talvolta segue vie tortuose Una giovane donna indecisa su ciò che vuole diventare “da grande” è oggi una brillante ricercatrice che ha conquistato alcuni dei fondi per la ricerca più prestigiosi e ha contribuito a svelare i legami tra immunologia e cancro

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UN PARALLELISMO CERVELLO-INTESTINO

na barriera vascolare in grado di regolare il passaggio di microbi e tossine, potenzialmente dannosi, e di impedirne la disseminazione nell’organismo: questa nuova struttura anatomica, chiamata “barriera vascolare intestinale” (Gut Vascular Barrier, GVB), descritta sulle pagine di Science, è una scoperta di Maria Rescigno

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e frutto della ricerca finanziata dall’ERC e da AIRC. Si è sempre pensato che l’epitelio dell’intestino fosse l’unica protezione fisica per evitare la “migrazione” batterica. “Invece, studiando i topi, abbiamo visto che questa barriera – la GVB – posta appena al di sotto dell’epitelio dell’intestino, funge da schermo per agenti patogeni che altrimenti potrebbero intru-

folarsi nel sistema circolatorio e invadere indisturbati l’organismo. Noi disponiamo di un marcatore che ci indica la presenza di danni alla GVB che potrebbero essere alla base di alcune infezioni. La funzione della barriera è dunque analoga, per quanto meno selettiva e restrittiva, a quella della barriera ematoencefalica che protegge il nostro cervello e con la quale


In questo articolo:

ricerca immunologia barriera intestinale

C’

a cura di NICLA PANCIERA è chi, fin da subito, ha ben chiara in mente la propria meta. Altri invece arrivano a destinazione per vie tortuose. Accade spesso alle menti brillanti e curiose, quelle che riescono un po’ in tutto. Quando arriva, però, la passione è travolgente: “Non ho mai sognato di diventare una ricercatrice finché non mi sono innamorata dell’immunologia” dice Maria Rescigno, oggi direttore del Programma di immunoterapia dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano e docente presso il Dipartimento di scienze della salute dell’Università statale di Milano. Da allora ha infilato un successo dopo l’altro, senza sosta. Si è aggiudicata tutti i prestigiosi finanziamenti del Consiglio europeo della ricerca (ERC) che poteva richiedere: nel 2007, uno starting grant di 1,2 milioni di euro; nel 2012, un proof of concept, ovvero un finanziamento di categoria più elevata; nel 2014, un consolidator grant per ricercatori già confermati, pari a circa 2 milioni di euro. A questi si aggiungono i finanziamenti di AIRC, come l’investigator grant e la borsa del Programma International Cancer Research Fellowships – iCARE, poi la ricerca finalizzata del Ministero della salute e molti altri ancora. Il risultato sono state numerose pubblicazioni sulle più importanti

riviste scientifiche come Science e quelle del gruppo editoriale Nature.

Un inizio inaspettato In Maria Rescigno la curiosità per la scienza scatta piuttosto presto, a dodici anni: “Andai con mia madre Annamaria a trovare una sua amica biologa. Fu lì che guardai per la prima volta al microscopio un vetrino con uno striscio di sangue”. A 14 anni, con la famiglia, da Napoli si trasferisce a Milano. Papà Antonino è un farmacista, ma sette generazioni di farmacisti non pesano sulle sue spalle e così lei si iscrive a biologia perché “sono sempre stata libera di scegliere, come anche i miei fratelli, oggi avvocato e cardiochirurgo”. Durante gli studi accarezza l’idea di diventare grafico pubblicitario per seguire la sua passione, il disegno, ma poi decide di terminare in fretta e furia il percorso iniziato, e così a ottobre del quarto anno di università parte per il Regno Unito dove trascorre due anni al Dipartimento di biochimica dell’università di Cambridge, lavorando a un progetto di ingegneria proteica. Fresca di laurea si trova a condurre una ricerca in autonomia: “L’equivoco nacque da un appellativo – ‘doctor’ – che da noi possono usare quelli che hanno una laurea magistrale, ma che all’estero usano solo quelli che già hanno un dottorato. Il professore che mi stava ospitando credeva infatti che io avessi già conseguito il dottorato in Italia”. Maria spende il primo anno a convincerlo che l’ipotesi alla base del progetto assegnatole è sbagliata e “quando, infine, il professore si accorse che non avevo torto, mi affidò un’altra ricerca, ma mi restava un solo anno di tempo per terminarla”. Rientrata in Italia con in tasca una pubblicazione come primo autore, ma anche un certo disamore per la biochimica, maturato in quei due anni di lavoro intensissimo, decide che è ora di cambiare strada e di dedicarsi al business management. Ce

Un percorso all’insegna della fantasia e della passione

condivide alcune caratteristiche” spiega Rescigno. Oltre ad aprire la strada a nuovi strumenti di diagnosi precoce, intervenire sulla GVB potrebbe portare a nuovi trattamenti in tempi relativamente brevi. “Stiamo valutando il ruolo della barriera nelle malattie metaboliche, come diabete e obesità, e la sua funzione nella formazione delle metastasi epatiche del carcinoma intestinale”. I primi risultati degli studi sull’uomo sono attesi nel 2018.

Maria Rescigno

la fa anche questa volta, supera gli esami, ma a convincerla a restare nel mondo scientifico è una borsa per la scuola di specialità medica, che decide di svolgere al CNR. “Però cambiai settore e scelsi immunologia. Fu allora che scattò la passione per la ricerca” racconta. A quel punto, il dottorato diventa un desiderio, ma per due anni non riesce a superare le selezioni. Oggi ironizza: “Non era ancora il mio momento” (che invece arrivò, come spesso accade in Italia, per l’inaspettata mancata partecipazione al concorso del candidato considerato favorito).

Ricerca e famiglia? È possibile

Subito dopo la laurea, Rescigno desiderava così tanto andare nel Regno Unito che non pensava certo all’amore. “In vista dell’imminente trasferimento, andavo al cinema Arcobaleno, che a Milano trasmette i film in lingua originale. Lì ho rivisto Matteo, un amico di amici che, come me, sarebbe dovuto partire di lì a poco per un master all’estero”. Il cinema fu galeotto. Dopo sei mesi, lei è diretta a Cambridge, lui a Boston, ma la relazione prosegue a distanza: “Per più di due anni siamo stati separati, incontrandoci una o due volte l’anno. Al mio rientro, ci siamo sposati, anche se Matteo ha continuato a viaggiare, lavorando a Torino, a Termoli, in Polonia e in Cina”. Conciliare famiglia e lavoro è impeGIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 5


VITA DA RICERCATORE

Maria Rescigno (seconda a sx sulla panchina) con il suo gruppo di ricercatori

gnativo per tutti, ma “la ricerca permette di farlo quando ti consente di organizzarti in autonomia, per esempio se non devi stare al bancone tutto il giorno”. Come invece accade agli inizi: “Avevo da poco la mia posizione indipendente allo IEO quando è arrivato Edoardo, a solo un anno e mezzo dalla domanda di adozione. Un’emozione indicibile. Aveva venti giorni, mi assomigliava moltissimo”. Con la seconda figlia è stato più complicato, come accade spesso con l’adozione internazionale in Paesi problematici. “Abbiamo sempre desiderato due figli e quando Edoardo aveva due anni abbiamo iniziato le pratiche per la secon-

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da adozione. Dopo cinque anni siamo andati in Nepal, da Nikki, una bimba di due anni e mezzo. L’emozione è stata ancora più forte”. Dalla mamma Nikki ha preso la passione per l’arte. “Mentre fa i compiti, d’improvviso si interrompe e inizia a disegnare. Si vede che ne sente il bisogno”. Mamma scienziata e papà ingegnere: la ricerca sarà parte del loro futuro? “È un lavoro molto faticoso, soprattutto in Italia, non sarò io a sollecitare questa passione, saranno entrambi liberi di scegliere”.

Cancro e immunità Ad ascoltarla parlare, tutto sembra facile. Viene da chiedersi se questa ricercatrice così brillante, che non men-

RICONOSCIMENTI E MODELLI

aria Rescigno è membro di European Molecular Biology Organization (EMBO) e ha ricevuto il premio Avon Running Donna simbolo Città di Milano. Ma l’apprezzamento per lei più importante è quello che le arriva sempre con grande entusiasmo da AIRC, cui è molto riconoscente non solo per il supporto economico, indubbiamente prezioso. “In ogni occasione, AIRC riesce a trasmettere a me l’importanza del lavoro che faccio e agli altri l’impatto della mia ricerca”. Ricerca che è tutta rosa nel suo gruppo di venti donne e soli due uomini. Si sente un modello per

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le sue ricercatrici? “Bisognerebbe chiederlo a loro”. E lei, nella vita, ha avuto dei modelli? “Mia madre ha sempre lavorato. Questo ha significato molto e mi ha mostrato che conciliare famiglia e lavoro è possibile. Inoltre, sono sempre stata trattata come i miei fratelli, non mi sono mai sentita diversa da loro e questo è il più bell’insegnamento che mi ha trasmesso mio padre”. Ha avuto dei colleghi cui ispirarsi? “Ho cercato sempre di prendere a modello tutti gli scienziati che pubblicavano cose belle, non monotone e non ripetitive, e questo è quello che ho poi cercato di fare anch’io”.

ziona mai sforzi e sacrifici, non desideri andare all’estero. La tentazione, ci dice, di tanto in tanto si fa sentire. Ma finora “pur nelle difficoltà di questo Paese, sono riuscita a lavorare bene e a non andarmene”. In futuro, si vedrà. Nel frattempo, la vita è scandita dai lab meeting, i journal club, gli incontri settimanali individuali con ciascuno dei suoi ricercatori, che riunisce tutti insieme mensilmente. “Le mie due linee principali di ricerca riguardano cancro e immunità” racconta con entusiasmo. Il progetto HomeoGUT, vincitore del consolidator grant, comprende lo studio della barriera vascolare intestinale e quello di una proteina importante per l’ambiente intestinale, la linfopoietina timica stromale (TSLP), al cui studio era dedicato anche il progetto Dendroworld, finanziato nella prima edizione dell’ERC che fu tra le più dure degli ultimi dieci anni. Quello europeo è un sistema di valutazione fortemente competitivo, la media di successo è molto bassa, e in quell’anno fu del 2,9 per cento. “Abbiamo dimostrato che la TSLP istruisce alcune cellule del sistema immunitario intestinale, le cellule dendritiche, a non aggredire i batteri della flora intestinale, il cosiddetto microbiota”. Ora Rescigno sta studiando le due forme della proteina, dimostrando che hanno un’attività opposta: la forma lunga ha un’azione proinfiammatoria mentre la forma corta ha un’azione anti-infiammatoria. “Le due forme sono modificate in situazioni di malattia, come ad esempio nel carcinoma del colon retto” spiega nello studio di casa dal quale può vedere in lontananza le guglie del Duomo. “La nostra ricerca di base sull’immunità è preziosa anche per capire cosa induce la comparsa del cancro e quali meccanismi sono alterati o assenti quando si sviluppa un tumore”. I quesiti da risolvere sono ancora molti, ma a poco a poco le risposte stanno arrivando. Ai giovani suggerisce di “analizzare fino in fondo i risultati, guardarli veramente e provare genuino interesse e curiosità, solo così si può vedere quello che non ci si aspetterebbe”.


della ricerca AIRC Sul seno, una scoperta inaspettata

Gestire il dolore diventa più semplice

I ricercatori guidati da Giannino Del Sal del Laboratorio nazionale CIB e dell’Università di Trieste hanno fatto una scoperta che potrebbe aprire la strada a nuove strategie contro il tumore del seno. “Cercando sostanze capaci di bloccare l’attività di YAP, una proteina importante per la proliferazione e l’aggressività di molti tumori, ci siamo imbattuti in un’associazione inattesa che lega gli ormoni glucocorticoidi e il cancro al seno” spiega il ricercatore, destinatario di un finanziamento AIRC 5 per 1000. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, sono emersi durante esperimenti eseguiti per valutare l’effetto di diverse sostanze su cellule di tumore al seno con mutazioni di YAP, con lo scopo di bloccare l’azione della proteina. “I glucocorticoidi hanno un effetto opposto a quello sperato e riescono a riaccendere la proteina attivando le cellule staminali tumorali, responsabili dell’aggressività della malattia e della sua resistenza ai farmaci” spiegano i ricercatori. Il prossimo passo? Verificare l’effetto antitumorale di molecole che inibiscono i glucocorticoidi e capaci di bloccare l’azione di YAP.

Non serve sempre la morfina per controllare il dolore oncologico accessionale, quello che compare in forma acuta anche quando il dolore cronico è sotto controllo. Lo dimostrano i risultati di una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Oncology e condotta con il sostegno di AIRC da Augusto Caraceni, direttore della Struttura complessa di cure palliative, terapia del dolore e riabilitazione dell’Istituto nazionale tumori di Milano. “I pazienti con tumori in fase avanzata assumono farmaci oppioidi a lento rilascio, ma quando si presentano episodi di dolore acuto hanno bisogno di qualcosa che riesca a eliminare velocemente il sintomo” spiega Caraceni, ricordando che oggi la soluzione più comune è l’iniezione di morfina. Il nuovo studio ha però dimostrato che anche farmaci con formulazioni diverse, in particolare il fentanyl, disponibile sotto forma di compresse da sciogliere sotto la lingua, possono avere un ruolo importante. Anche se le compresse sublinguali sono risultate un po’ meno efficaci della morfina, la ricerca ha per la prima volta quantificato in modo preciso le differenze tra i due farmaci.

Bloccare le staminali polmonari con SCD1 Uno studio pubblicato su Oncogene svela un nuovo meccanismo attraverso il quale le cellule staminali dei tumori polmonari si propagano. Coordinato da Rita Mancini dell’Università Sapienza di Roma, lo studio è stato condotto in collaborazione con l’Istituto tumori Regina Elena. “Da tempo il nostro laboratorio si occupa di un enzima chiamato SCD1. In questo lavoro, attraverso lo studio di cellule staminali tumorali di polmone isolate direttamente dai versamenti pleurici di alcuni pazienti, mettiamo in evidenza come SCD1 attivi due vie metaboliche note per la loro capacità di controllare la crescita cellulare a livello del nucleo”. Grazie a questa scoperta, i ricercatori sperano di riuscire in futuro a interferire col meccanismo di propagazione tumorale sia nel polmone sia in altri tipi di tumori.

... altre ricerche su: airc.it/ricerche-airc GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 7


RICERCA AIRC Tumore al seno resistente

Dieci anni di studi contro le staminali tumorali Una ricerca di IEO, IFOM e UNIMI ha individuato un farmaco contro le cellule staminali del cancro del seno, che rende più vicina la prospettiva di superare la chemioresistenza nei tumori più aggressivi

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a cura di DANIELA OVADIA mpedire che il tumore del seno riprenda a svilupparsi, anche dopo la chemioterapia, potrebbe diventare possibile in un futuro non troppo distante, grazie a uno studio dei ricercatori dell’Istituto europeo di oncologia (IEO), dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) e dell’Università statale di Milano (UNIMI), sostenuto da AIRC. I risultati, pubblicati sulla rivista EMBO Molecular Medicine, dimostrano, in un modello animale, che una classe di farmaci già in fase di sviluppo clinico – le nutline – è in grado di eliminare le cellule staminali del cancro, che non vengono colpite dalla chemioterapia e sono le responsabili della ripresa e della diffusione del tumore. Associando la chemioterapia, che distrugge la maggior par-

te delle cellule tumorali, alle nutline, che distruggono le cellule staminali tumorali, le probabilità di guarigione aumentano. Si tratta di una scoperta di base che ora dovrà essere portata, attraverso tutte

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le fasi previste, fino al letto del paziente. Il lavoro è la conseguenza di un importante studio pubblicato nel 2015 su Journal of Cell Biology dal gruppo di ricerca di Pier Paolo Di Fiore, direttore del Programma di medicina molecolare dello IEO, group leader presso IFOM, professore dell’Università di Milano e chairman della Commissione consultiva strategica di AIRC. Proprio questo studio è stato selezionato per una pubblicazione speciale della rivista in occasione del congresso dell’American Association for Cancer Research che si è tenuto a Washington lo scorso aprile e che raggruppava quelli che gli esperti considerano i dieci articoli scientifici più importanti degli ultimi anni per le ricadute cliniche. UN TRAGUARDO STORICO “Un farmaco che colpisce

2010

Una ricerca pubblicata su Nature dimostra che la proteina NUMB è un regolatore di p53, un gene importantissimo per bloccare lo sviluppo dei tumori

Una ricerca pubblicata su Cell dimostra che i tumori al seno più aggressivi sono anche quelli più ricchi di cellule staminali che fungono da riserva per la proliferazione cellulare

NATURE

CELL

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le cellule staminali del tumore del seno è un traguardo storico” commenta Daniela Tosoni, ricercatrice presso il Programma di medicina molecolare dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) e prima firmataria del lavoro. “In molte pazienti che si sottopongono a chemioterapia, il tumore va inizialmente in remissione, ma si ripresenta quando la terapia viene interrotta a causa della resistenza delle cellule staminali alla chemioterapia stessa. La ricerca dimostra che questo fenomeno, chiamato chemioresistenza, è dovuto alla presenza delle cellule staminali tumorali, cioè quelle ‘cellule madri’ che continuano a riprodursi all’infinito e che sono in grado di promuovere la crescita dei tumori, anche se le ‘figlie’ vengono distrutte dai farma-

2015 Sul Journal of Cell Biology il gruppo di Di Fiore ipotizza che sia proprio la presenza della proteina NUMB e il suo effetto su p53 a trasformare le cellule staminali normali in staminali tumorali nelle forme più aggressive della malattia

JOURNAL OF CELL BIOLOGY


In questo articolo: p53 cancro al seno staminali tumorali

ci chemioterapici”. I ricercatori hanno scoperto che un farmaco, la nutlina-3, ha come bersaglio specifico le cellule staminali e l’hanno associato al paclitaxel, un comune chemioterapico. I risultati ottenuti nel modello animale dimostrano che questa combinazione aumenta la risposta del tumore alla chemioterapia e ostacola la ripresa della malattia dopo la sospensione del trattamento. IL RUOLO DI NUMB “È una scoperta importante che si colloca in una linea di ricerca di cui IEO, IFOM e UNIMI sono pionieri: la relazione che esiste, nei tumori del seno, tra aggressività della malattia e presenza di cellule staminali e il ruolo della proteina NUMB” aggiunge Salvatore Pece, vicedirettore del Programma di medicina molecolare dello IEO e professore dell’Università di Milano. Studi precedenti hanno scoperto che la proteina NUMB è legata a un’altra proteina che ha a sua volta un ruolo noto nell’arrestare la proliferazione tumorale: p53. Se il gene NUMB viene danneggiato, i livelli di p53 diminuiscono e questo meccanismo causa lo sviluppo di tumori più aggressivi e particolarmente ricchi di cellule staminali. “La sfida era dunque ristabilire i livelli di p53, lo scudo che ferma le staminali, nei tumori più gravi e chemioresistenti” conclude Pier Paolo Di Fiore. “Abbiamo scoperto che una molecola già in fase di svilup-

po clinico, la nutlina-3, è in grado di ripristinare la quantità di p53 nei tumori del seno che hanno carenza di NUMB, rendendololi così meno aggressivi. Abbiamo inoltre sperimentato che l’associazione di questo farmaco con il paclitaxel ottiene il doppio effetto di potenziare l’efficacia della chemioterapia e ostacolare la ricrescita dopo la cura. Questi risultati sono stati ottenuti nell’animale e bisogna ora ‘tradurli’ in un reale beneficio per le pazienti tramite appropriati studi clinici. Abbiamo buone speranze che questo approccio possa funzionare, anche perché, grazie all’associazione con la chemio, la dose di nutlina-3 può essere molto ridotta evitando alcuni gravi effetti collaterali”. GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 9


SANITÀ Mobilità medica

Chi parte e chi arriva negli ospedali di tutta Italia Vi sono Regioni che attirano pazienti oncologici da altri luoghi d’Italia e altre che mancano di strutture adeguate. Un fenomeno che può anche essere visto positivamente se permette al malato di farsi curare in un centro ad alta specializzazione ma che ha bisogno di correttivi. Nel frattempo cominciano ad arrivare anche pazienti dall’estero a cura di SUSANNA GUZZETTI ove vanno a curarsi i malati di cancro italiani? La risposta potrebbe sembrare banale: nell’ospedale più vicino a casa. La realtà mostra però un quadro molto più complesso. Lo confermano i dati dell’VIII rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici pubblicato nel 2016 dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in

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oncologia (FAVO) e dal Censis, a sua volta costruito sulle schede di dimissione ospedaliera raccolte dal ministero della Salute. I numeri del rapporto non stupiscono: fotografano una realtà ben nota a tutti pazienti e alle loro famiglie e mostrano, di fatto, un’Italia che, per l’oncologia ma anche per tutte le altre specilaità mediche, viaggia a due velocità. Alcune Regioni, come la Lombardia, l’Emilia, il Veneto e il Friuli attraggono malati da fuori

Arrivano da fuori

Lasciano casa

Arrivano da fuori

Lasciano casa

Regione, mentre altre, come Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna hanno un bilancio in negativo: i pazienti si muovono verso altre strutture per farsi curare. In totale lasciano la propria città circa 800.000 persone ogni anno: alcune si muovono solo per una visita o un consulto, altre per sottoporsi

Arrivano da fuori per curarsi LOMBARDIA PIEMONTE

VALLE D’AOSTA

Mobilità ospedaliera per tutti i tumori Ricoveri in regime ordinario (in migliaia) - anno 2014 Mobilità ospedaliera per chemioterapia Ricoveri ordinari e day hospital (in migliaia) - anno 2014

FRIULI V. G.

P. A. BOLZANO

P. A. TRENTO

VENETO

a interventi chirurgici non disponibili vicino a casa e altri ancora per eseguire tutto il ciclo di cure. Ci si sposta per fare la chemioterapia ma anche per fare la radioterapia, che in alcune Regioni sconta una scarsa disponibilità di centri attrezzati. Sempre il Censis, che dal 2005 monitora il fenome-

LIGURIA

EMILIA ROMAGNA

UMBRIA TOSCANA


ECONOMIA SANITARIA

In questo articolo:

L’OBIETTIVO È LA PARITÀ

sanità ospedali mobilità

no della migrazione sanitaria all’interno dell’Italia, indica che i principali ospedali di destinazione sono i pediatrici Bambin Gesù di Roma e Gaslini di Genova, e gli istituti oncologici di Milano e di Aviano, seguiti dall’Istituto Rizzoli di Bologna. La mobilità tra le Regioni si basa sulle preferenze dei pazienti ma anche su invii da parte del personale medico, con una ricerca di cure migliori o più rapide, e la possibilità di migliori risultati. DISPARITÀ E OPPORTUNITÀ La migrazione dei pazienti è un fenomeno che si può guardare in due modi, come spiega il Censis stesso nella prefazione al Rapporto: da un lato è il segno di una disparità di centri e strutture attrezzate che divide l’Italia in due; dall’altro è il segnale che, almeno per quel che riguarda alcuni tipi di tumore, i pazienti hanno compreso l’importanza di concentrare le cure in alcuni poli di eccellenza in grado di specializzarsi proprio grazie al numero di casi trattati. Basta infatti guardare le tabelle che registrano l’attrattività e la fuga dalle varie Re-

gioni (pubblicate in queste pagine) per notare il caso della Lombardia e del Friuli-Venezia Giulia, due Regioni che attirano pazienti in numero molto più elevato delle altre. Sono però la sede di centri di oncologia clinica noti non solo in Italia ma anche all’estero, come l’Istituto tumori di Milano, l’Istituto europeo di oncologia alle porte del capoluogo lombardo e l’Istituto oncologico di Aviano. Se la mobilità dei malati non è di per sé un fenomeno esclusivamente negativo, perché permette di concentrare in alcuni centri l’esperienza necessaria a curare una malattia complessa come il cancro, lo diventa quando questi non sono distribuiti in numero adeguato e uniforme su tutto il territorio nazionale, come accade per l’appunto in Italia, dove i problemi sono acuiti da una organizzazione sanitaria che è nazionale per molti aspetti ma regionale per altri. Ecco quindi che cittadini di Regioni diverse possono avere accesso a terapie diverse in regime di convenzione con il Sistema sanitario nazionale, con disparità non sempre giustificate. Nel campo dell’oncologia le differenze sono limita-

L’accesso ai farmaci può variare tra le Regioni

MOLISE

MARCHE

LAZIO

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n questi grafici elaborati dal rapporto FAVO-Censis sullo stato dei malati oncologici in Italia sono riassunti gli ultimi dati disponibili (relativi al 2014) sulla mobilità dei pazienti oncologici Regione per Regione. Quando l’attrattività e l’allontamento da casa si equilibrano ci troviamo di fronte a una situazione virtuosa, in cui gli spostamenti sono dovuti a questioni personali e preferenze del malato. Ci sono poi le Regioni a forte attrattività, dove si concentrano gli istituti oncologici più noti. Infine vi sono le Regioni dalle quali la maggior parte dei pazienti oncologici si allontana, sia per la qualità delle cure sia per la mancanza di strutture. È su queste che bisogna intervenire. Le colonne rosa e blu indicano i ricoveri ospedalieri (quindi la fase acuta della malattia, la diagnosi e l’intervento chirurgico). Le colonne verdi e arancioni riguardano la mobilità per le chemioterapie, considerata un indice significativo della qualità dell’assistenza.

te dal fatto che la maggior parte delle cure oncologiche rientra nei cosiddetti LEA, i Livelli essenziali di assistenza, che tutte le Regioni sono tenute a rispettare. Nonostante ciò, la diversa disponibilità economica può creare differenze in alcuni settori, specialmente nell’accesso ai farmaci più innovativi e costosi, molto limitata nelle Regioni meno “virtuose” e con i conti della Sanità in rosso. ARRIVANO GLI STRANIERI La mobilità dei malati di cancro non è un fenomeno esclusivamente italiano: dati del ministero della Salute francese dimostrano che anche in Francia si allontana da casa circa il 30 per cento dei malati. Negli Stati Uniti il fenomeno è più contenuto, dato che l’85 per cento dei pazienti resta nella propria contea di residenza. Si tratta però di una media: nell’eventualità di tumori rari o complicati la mobilità interessa oltre il 60 per cento dei casi, perché i pazienti tendono a rivolgersi ai pochi centri nazionali di grande esperienza. In un mondo sempre più globale, con grande accesso a libere informazioni, non deve stupire che anche le cure mediche diventino internazionali. Gli spostamenti sono più facili e meno cari, e alcu-

BASILICATA

ABRUZZO CAMPANIA

PUGLIA

Lasciano casa per curarsi

CALABRIA

SICILIA

30.000 20.000 10.000 SARDEGNA 0 -10.000 -20.000 -30.000 -40.000 -50.000


SANITÀ Mobilità medica

ni sistemi sanitari non offrono una copertura per determinate prestazioni. Uno studio della società Deloitte ha calcolato che ogni anno nel mondo sette milioni di persone si mettono in viaggio per motivi di salute, e il cancro è sempre in cima alle ragioni per cui si decide di curarsi lontano da casa. La mobilità medica è anche un business: per ogni paziente in viaggio si spostano anche diversi accompagnatori, con necessità di alloggi e servizi accessori. E se molti viaggiano per cure mediche non essenziali, come quelle odontoiatriche o di medicina estetica, le cure di alta qualità che richiedono interventi per

patologie gravi restano piuttosto frequenti. L’Italia, pur vantando, in alcune Regioni, centri oncologici di altissimo livello con risultati tra i migliori d’Europa, non è ancora tra le mete più gettonate dei malati stranieri, che tendono a prediligere la Gran Bretagna, la Germania o la Francia, anche grazie alla direttiva europea che permette l’accesso a cure rimborsate in Paesi dell’Unione diversi dal proprio. A viaggiare verso l’Europa sono anche i cittadini statunitensi, che vivono in un Paese dove la sanità è totalmente privata e dove, se non si hanno i mezzi per acquistare un’assicurazione sanitaria, le terapie anti

Alcuni ospedali si organizzano per ricevere gli stranieri

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cancro possono gettare sul lastrico l’intera famiglia: le tariffe degli ospedali europei risultano concorrenziali e le cure dispensate sono di livello pari o talvolta superiore a quelle a cui accederebbero negli USA. In Italia, la situazione è però molto particolare. Il nostro sistema sanitario è uno dei migliori d’Europa e copre per i cittadini le spese per qualsiasi tipo di intervento “importante” con la possibilità di spostarsi nei centri più all’avanguardia, che di sicuro non mancano. Per questo sono davvero pochi gli italiani che decidono di spostarsi fuori dai confini e, quando lo fanno, è perché sono stati colpiti da forme oncologiche rare per le quali i centri di riferimento internazionali si trovano all’estero. Anche per via dell’esistenza di un Servizio sanitario nazionale, i nostri ospedali non hanno sentito la necessità di farsi attivamente pubblicità per attrarre i pazienti stranieri. DA TUTTA EUROPA Alcuni, però, si stanno organizzando. Si tratta per lo più di centri privati convenzionati, ma non solo. È il caso dello IEO di Milano, che ha avviato un percorso per rendersi visibile fuori dall’Italia. “Lo IEO da sempre ha una vocazione internazionale. Siamo abituati a ricevere richieste dall’estero ma a un certo punto abbiamo capito che i pazienti stranieri devono essere aiutati” spiega Barbara Cossetto, responsabile dell’International Patient Office, un centro creato ad hoc per accogliere chi viene da lontano. “Si tratta di pazienti che non parlano italiano, tal-

volta nemmeno inglese, per cui ci siamo organizzati in modo che nel loro percorso siano sempre presenti informazioni nella lingua d’origine o perlomeno in lingua inglese. Abbiamo un sito in cinque lingue, con una sorta di “clinical passport” per diverse patologie, in cui illustriamo il percorso diagnostico. Abbiamo selezionato personale che parla le lingue non solo nell’attività amministrativa, ma anche tra i medici e gli infermieri”. Nei centri oncologici italiani arrivano soprattutto malati dalla Russia e dagli stati dell’ex Unione Sovietica, dalla zona del Golfo e dagli Emirati, dall’Europa dell’Est e dai Balcani. Molti pagano le cure di tasca propria oppure tramite le assicurazioni, mentre gli europei sono coperti dal Sistema sanitario del loro Paese d’origine. Dopo i privati, anche gli ospedali pubblici (tra i quali l’ospedale Niguarda di Milano o l’Istituto Rizzoli di Bologna) si stanno attrezzando per attirare pazienti dall’estero, con siti internet in lingua straniera e uffici di accoglienza. Non è solo una questione economica (legata alla necessità di aumentare il numero dei pazienti che pagano di tasca propria le cure) ma anche di prestigio: a fianco delle collaborazioni scientifiche nell’ambito della ricerca, devono crescere anche le collaborazioni di tipo clinico, rivolte direttamente al malato. E per i pazienti nostrani, l’arrivo degli stranieri è una garanzia in più del fatto che gli ospedali italiani restano tra i migliori d’Europa.


NUOVE FRONTIERE Immunoterapia

Le armi dell’organismo per combattere la malattia Usare il sistema immunitario per combattere il cancro: un sogno lungo oltre un secolo che comincia a trasformarsi in solida realtà grazie alla tenacia di tanti ricercatori. Inizia con l’immunoterapia una nuova serie di articoli di Fondamentale che vuole raccontare quali saranno i filoni di ricerca più promettenti nel prossimo futuro 1 2 3 4

Quest’anno vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Queste ricerche rispondono alla sfida 1. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide

In questo articolo:

immunoterapia vaccini anticancro anticorpi monoclonali


NUOVE FRONTIERE Immunoterapia a cura di CRISTINA FERRARIO ella storia dell’oncologia non è nuova l’idea di utilizzare le difese immunitarie dell’organismo per contrastare la crescita e la diffusione del tumore. “Ci avevano pensato già più di cento anni fa i pionieri della medicina moderna, ma la scienza non era ancora pronta né dal punto di vista delle conoscenze né da quello delle tecnologie disponibili” spiega Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas e docente di Humanitas University, alle porte di Milano.

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UN CAMBIO DI PARADIGMA Nel 2000 Douglas Hanahan e Robert Weinberg pubblicarono sulla rivista Cell un articolo che per anni fu considerato un punto di riferimento per lo studio del cancro, cristallizzando l’attenzione sulla cellula tumorale, senza prendere in considerazione niente al di fuori della cellula neoplastica. Una visione che gli anglosassoni chiamano “cancer cell centered” e che potrebbe essere tradotta come “cancrocentrica”, a sottolineare l’opinione che l’unica componente ad avere un ruolo nella malattia è la cellula cancerosa. “Gli immunologi, e io mi metto in prima fila, non hanno mai creduto fino in fondo a questa visione” afferma Mantovani, che poi aggiunge: “Abbiamo sempre pensato che anche il microambiente che circonda il tumore giocasse un ruo-

lo di primo piano”. E in effetti, complici anche le sempre più numerose prove scientifiche a sostegno dell’idea degli immunologi, nei 10 anni successivi si assistette a un cambio di paradigma: la comunità scientifica oggi è concorde nel riconoscere l’importanza della “nicchia ecologica” che circonda il tumore e che è fatta anche di cellule del sistema immunitario. “Nei decenni abbiamo assistito a diversi tentativi e diversi fallimenti in questo campo, fino alla fine dello scorso millennio, quando per la prima volta si ebbe la prova che anticorpi monoclonali creati ad hoc potevano curare il cancro” aggiunge l’esperto, uno degli immunologi più attivi e riconosciuti a livello internazionale, che da sempre opera con il sostegno di AIRC. I TRAGUARDI GIÀ RAGGIUNTI L’immunoterapia del cancro è rappresentata concretamente da una serie di farmaci e di approcci anche diversi tra di loro che puntano però verso un unico traguardo: sfruttare le potenzialità del sistema immunitario per vincere il tumore. “Non dimentichiamo che quotidianamente il sistema immunitario distrugge la maggior parte dei tumori che compaiono spontaneamente nell’organismo” ricorda Mantovani, sottolineando che a volte le difese hanno bisogno di un aiuto per riconoscere le cellule tumorali o per dare il via a una risposta abbastanza forte per eliminarle.

Dalla cellula tumorale a tutto l’ambiente

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Gli anticorpi monoclonali rappresentano senza dubbio uno dei primi e più grandi successi di questa branca dell’oncologia. Sono molecole disegnate su misura per riconoscere una particolarità della cellula tumorale e legarsi a essa. Una volta raggiunto l’obiettivo, l’anticorpo stimola una risposta immunitaria contro il tumore, oppure distrugge direttamente la cellula malata grazie a sostanze che porta con sé. “Molti tumori sono oggi trattati con questi farmaci: leucemie, linfomi, tumore del colon, della mammella e molti altri ancora” spiega Mantovani. Un altro grande successo dell’immunoterapia del cancro riguarda i cosiddetti checkpoint, ovvero i “freni” che bloccano la reazione delle difese dell’organismo contro il cancro. Il primo di questi freni a tradursi in un beneficio clinico si chiama CTLA4. “Anticorpi che tolgono questo freno hanno avuto un impatto enorme in clinica, mostrando risultati mai visti in un tumore aggressivo come il melanoma avanzato” racconta Mantovani. I risultati in effetti lasciano a bocca aperta: in un tumore per il quale non si era visto alcun progresso in termini di cura, una quota attorno al 20-22 per cento dei pazienti è oggi apparentemente guarita dopo 10 anni. La ricerca sui “freni molecolari” non si è fermata a CTLA4: ne sono stati identificati altri, alcuni dei quali già sfruttati oggi come bersaglio. PD-1 e PDL1 rappresentano due esempi che hanno mostrato risposte cliniche in tumori diversi, dal polmone, ai tumori di te-

sta-collo, del colon-retto, della vescica, in una lista che si allunga quasi ogni giorno. TANTE SFIDE ANCORA APERTE I risultati finora ottenuti sono entusiasmanti ma, come ricordano gli esperti, siamo solo all’inizio del percorso: “Siamo come i fratelli Wright ai loro primi voli e abbiamo di fronte sfide enormi” dice Mantovani che poi ne elenca alcune. Si dovrà pensare di togliere nuovi “freni” oppure di toglierne due contemporaneamente invece di uno solo, come si sta già facendo in via sperimentale in alcuni tumori con risultati molto promettenti. “Ricordiamo che oggi le risposte eclatanti dell’immunoterapia riguardano circa il 20 per cento dei pazienti. Cosa succede agli altri? Perché non rispondono?” si chiede Mantovani indicando altre sfide da


raccogliere nei prossimi anni, come per esempio la combinazione di diverse immunoterapie o delle terapie immunologiche con quelle più tradizionali come chemio e radioterapia. “C’è poi tutto il capitolo molto interessante e promettente delle terapie cellulari e della rieducazione delle cellule immunitarie, oggi ancora in fase sperimentale, ma prossime all’utilizzo in clinica” aggiunge l’esperto. Piuttosto vicine all’uso clinico sono per esempio le cellule T chiamate CAR (Chimeric Antigen Receptor), cellule modificate per riconoscere meglio la cellula tumorale usando, invece del recettore della cellula T, un super recettore più sensibile. L’uso di queste cellule ha già dato grandi risultati nelle leucemie linfatiche del bambino e AIRC con i suoi finanziamenti legati al 5 per mille

sta sostenendo da tempo terapie cellulari originali con CAR-T al Bambin Gesù di Roma (Franco Locatelli) e all’ospedale San Gerardo di Monza (Andrea Biondi) e con cellule dette “natural killer” agli Ospedali riuniti di Bergamo (Alessandro Rambaldi), il tutto integrato per aumentare la sinergia tra le terapie, con risultati molto promettenti. Infine, ma non certo meno importante, c’è il grande capitolo dei vaccini. “Si tratta di una delle sfide scientifiche più grandi, soprattutto perché siamo abituati a pensare ai vaccini in termini di prevenzione e non di terapia vera e propria, come invece fanno alcuni vaccini pensati per l’immunoterapia del cancro” dice Mantovani, spiegando che in questo caso, anziché usare una parte di virus o di batterio per scatenare la risposta immunitaria, si crea il

vaccino partendo da un “pezzetto” della cellula tumorale. IL GIOCO VALE LA CANDELA Anche se molti aspetti delle nuove terapie sono ancora da chiarire, i risultati finora ottenuti suggeriscono che l’immunoterapia potrà davvero contribuire in grande misura alla cura del cancro, ma non è certo corretto pensare a una soluzione miracolosa. Pur essendo basata sulle difese dell’organismo stesso, questa strategia ha effetti collaterali e un certo grado di tossicità, come accade per qualunque intervento terapeutico. Basti pensare che i “freni” sono presenti per evitare che il sistema immunitario “corra troppo” e attacchi le cellule sane dell’organismo. “Le immunoterapie

che tolgono i freni sono associate per esempio a infiammazioni intestinali oppure ad autoimmunità contro la tiroide e le ghiandole endocrine” afferma Mantovani precisando però che, nella maggior parte dei casi, il gioco vale la candela perché accettando un’infiammazione intestinale, che si può controllare grazie a farmaci vecchi e nuovi, si riesce per esempio a curare il tumore. “È molto importante che i pazienti continuino a farci da maestri e che noi medici continuiamo a imparare da loro e a osservarli se vogliamo usare meglio queste armi. Per questo è fondamentale che i pazienti si rivolgano a centri nei quali si fa anche ricerca: così facendo aiuteranno se stessi e chi verrà dopo di loro” conclude Mantovani.

Gli effetti collaterali sono gestibili

SUCCESSI MONDIALI

L’ITALIA IN PRIMA LINEA

S

ono molti i progressi della ricerca scientifica “made in Italy” anche nell’immunoterapia del cancro, un contesto nel quale l’Italia è sempre stata in prima linea con l’impegno di tanti brillanti ricercatori. Michele Maio, a Siena, è uno dei ricercatori più attivi in questo settore; Carlo Riccardi a Perugia ha identificato la molecola Gitr, uno dei “freni” del sistema immunitario, mentre Paola Allavena e Maurizio D’Incalci a Milano hanno dato un contributo importante nella messa in campo di una terapia basata su trabectedin, un farmaco antitumorale che funziona anche contro le cellule del sistema immunitario che diventano “complici” dello sviluppo tumorale e sono quindi definite i “poliziotti corrotti”. Questi sono solo alcuni tra i tanti nomi, tutti ad alto livello, che si occupano dell’immunoterapia del cancro in Italia e che AIRC ha sempre sostenuto. “AIRC deve essere fiera di aver continuato a sostenere tale ricerca anche quando gli esperti mondiali non la consideravano importante e quando la maggior parte degli oncologi medici non credeva nell’efficacia dell’immunoterapia. Senza la lungimiranza di AIRC non avremmo raggiunto questi grandi successi” spiega Mantovani, coordinatore di un progetto speciale AIRC 5 per mille focalizzato proprio su questo approccio.

Il quadro è meno confuso di quanto appaia

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NOTIZIE FLASH

Dal Mondo Fertilità futura Per preservare la fertilità di un uomo adulto che deve sottoporsi a trattamenti chemioterapici basta congelare qualche campione di sperma. Ma per i bambini e i ragazzi in età prepuberale, le cose possono essere più complicate. Al momento si prelevano dai testicoli le cellule staminali spermatiche, nella speranza di potere un giorno aiutarle a svilupparsi e a dare origine a spermatozoi efficienti. Un gruppo di ricercatori della Washington State University sembra aver fatto un passo avanti importante verso lo sviluppo di una tecnica sicura: grazie all’impiego di una proteina fluorescente, i ricercatori sono riusciti a identificare, tra tutte le cellule prelevate, proprio le staminali. Coltivandole in un ambiente povero di ossigeno e ricco di azoto, gli scienziati sono riusciti a ottenere, nel modello animale, spermatozoi sani e vitali nel 40 per cento dei casi, contro una media attuale del 5 per cento. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports.

Cellule combattive

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Una vitamina protettiva Aumentare i livelli di vitamina D può aiutare a diminuire il rischio di ammalarsi di cancro secondo uno studio finanziato dai National Institutes of Health staunitensi e pubblicato sulla rivista JAMA. La ricerca ha coinvolto oltre 2.300 donne in post menopausa di età superiore ai 55 anni. Alcune hanno assunto 2000 unità internazionali (UI) di vitamina D3 e 1,5 grammi di calcio al giorno per 4 anni, mentre il gruppo di controllo ha assunto un placebo (cioè una sostanza inerte). Si tratta di una dose di vitamina D3 che supera di tre volte la dose giornaliera raccomandata. Le donne trattate con la vitamina hanno visto il loro rischio di ammalarsi di cancro ridursi del 30 per cento. La spiegazione, secondo gli autori, risiede nel fatto che la vitamina D è cruciale per impedire alle cellule mutate di crescere e sviluppare tumori. Gli esseri umani producono la vitamina D senza bisogno di supplementi quando si espongono al sole, ma l’uso di filtri solari, necessari per la prevenzione dei tumori della pelle, ne blocca la sintesi.

Livelli più elevati o più bassi del normale di alcune cellule del sistema immunitario possono essere associati, nei malati di cancro, a una diversa risposta all’immunoterapia. Lo dimostra uno studio condotto dal Cancer Institute dell’Università di Pittsburgh e presentato al meeting dell’American Association for Cancer Research (AACR) che si è tenuto recentemente a Washington. La scoperta è avvenuta nel corso di una ricerca che valutava l’efficacia di nivolumab, uno dei farmaci immunoterapici più innovativi, sulle recidive di tumori della testa e del collo. I ricercatori hanno scoperto che livelli elevati di cellule immunitarie associate al tumore (le cosiddette TAICs) in grado di esprimere una particolare proteina, nota come PD-L1, si accompagnano a una migliore risposta alle cure. Le TAICs sono cellule immunitarie che infiltrano il tumore e che hanno un ruolo importante nel limitarne la crescita. Conoscerne il funzionamento permetterà di valutare meglio i pazienti che possono trarre benefici dalla cure.


Polvere sottile, seno più denso

Vivere in una zona con un elevato livello di inquinamento da polveri sottili può aumentare il rischio di ammalarsi di cancro al seno. Lo dimostra uno studio statunitense che ha coinvolto oltre 280.000 donne e che è stato pubblicato sulla rivista Breast Cancer Research. La ragione? Esiste un’associazione tra esposizione alle polveri sottili (in particolare PM2.5) e la densità del seno. Le donne che vivono in aree inquinate hanno un seno più denso del 4 per cento circa. E la densità del tessuto mammario è un fattore di rischio ben noto per lo sviluppo di cancro. Lo studio fornisce anche la prova contraria: le donne con seni meno densi o ricchi di tessuto adiposo avevano il 12 per cento in più

Lo yoga fa bene alla prostata

Due sedute di yoga a settimana di 75 minuti l’una possono attenuare gli effetti collaterali della radioterapia nei pazienti con cancro della prostata. In particolare la pratica di questa disciplina si accompagna a un minor senso di stanchezza generale, a episodi di incontinenza urinaria più rari e a una migliore capacità sessuale. Lo hanno dimostrato i radioterapisti dell’Università della Pennsylvania che hanno condotto uno studio randomizzato e controllato, finanziato dall’American Cancer Society. Lo yoga si basa su esercizi in grado di rinforzare il pavimento pelvico e la muscolatura profonda, la cui funzionalità è compromessa dalla radioterapia. Inoltre lo yoga lavora molto sulla respirazione, migliorando l’ossigenazione generale dell’organismo: è questo il meccanismo che, secondo i ricercatori, spiegherebbe la riduzione della stanchezza.

di probabilità di aver vissuto in zone con aria pulita. Si tratta al momento di un nesso secondario (lo studio non analizza nel tempo il numero esatto di donne che si ammalano in relazione al livello di esposizione al PM2.5) ma coincide con quanto già facevano sospettare gli studi epidemiologici sull’incidenza del tumore al seno nelle grandi città.


FARE CHIAREZZA Aloe vera

In questo articolo: aloe vera bufale pseudoscienza

La “pianta miracolosa” non cura il cancro Malgrado quanto promettono diversi siti-bufala, l’aloe vera non sembra avere effetti anticancro nell’uomo. Alcuni studi in vitro hanno mostrato lievi effetti sulla proliferazione cellulare, ma nessuno studio sui pazienti ha mai confermato queste scoperte

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a cura di FABIO TURONE derivati dell’aloe vera sono noti sin dall’antichità come rimedio per piccoli problemi di salute, soprattutto legati alla pelle: se ne parla già in Mesopotamia, circa 1.500 anni prima di Cristo, nell’Egitto dei faraoni e tra gli antichi greci e romani. La proprietà più apprezzata dai medici del passato era senza dubbio l’effetto cicatrizzante, che rendeva l’aloe adatta a curare piccole ferite, escoriazioni e bruciature, ma nel tempo la pianta è stata utilizzata anche come antibatterico e lassativo. Un rimedio popolare ben noto quindi, ma come nasce l’idea che l’aloe possa curare il cancro, idea oggi diffusa in modo irresponsabile su diversi siti-bufala? Uno dei principali sostenitori di questa teoria, mai dimostrata

“ L’

da studi scientifici nell’uomo, è padre Romano Zago, un francescano nato in Brasile nel 1932, che in una sua pubblicazione descrive le proprietà quasi “miracolose” di questa pianta, capace di curare rapidamente anche i tumori in fase avanzata. La pubblicazione ha dato il via a numerosi studi scientifici, nessuno dei quali ha fornito risultati convincenti e pertanto la teoria non è stata dimostrata.

Molti composti nessuno dei quali anticancro

I risultati della ricerca oncologica

Nonostante non ci siano prove dell’efficacia dell’aloe nella prevenzio-

moltissime varietà (la più nota è senza dubbio l’aloe vera), dalle quali si possono ricavare due tipi aloe è una pianta molto comu- di sostanze: il gel contenuto nella ne anche nel nostro Paese: le parte centrale della foglia e il lattice che si trova invece immediatamente sue foglie spesse e carnose sotto la parte verde ed esterna della la fanno assomigliare a un cactus, foglia. Il succo che deriva dalla foma dal punto di vista della classificazione botanica è molto più simile glia intera contiene quindi entrambe all’aglio e alla cipolla. Ne esistono le parti della pianta.

LA PIANTA

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ne o nella cura del cancro, alcuni ricercatori stanno valutando con attenzione gli effetti di alcune sostanze contenute in questa pianta e i meccanismi molecolari che li determinano. È importante sottolineare che gli studi finora effettuati, alcuni dei quali hanno fornito qualche risultato potenzialmente interessante, sono stati condotti solo in vitro, cioè in provette e su cellule coltivate in laboratorio, oppure su particolari modelli sperimentali, ma non nell’uomo. Questo significa, in pratica, che i dati oggi disponibili non permettono di affermare che le sostanze studiate sono efficaci e sicure anche nelle terapie umane. Di fronte ai numerosi composti attivi presenti nell’aloe, l’attenzione di alcuni esperti si è concentrata soprattutto su alcune molecole potenzialmente capaci di influenzare il sistema immunitario come per esempio l’acemannano, che in modelli animali è in grado di stimolare la produzione di molecole chiamate citochine, o l’aloeride. L’emodina, contenuta nelle foglie di aloe vera, blocca in vitro la crescita delle cellule e stimola l’apoptosi, ovvero il processo di “morte programmata”, che permette all’organismo di eliminare le cellule tumorali. Alcuni studi sperimentali in vitro avrebbero dimostrato la potenziale efficacia dell’emodina nei confronti delle cellule di alcuni tumori testa-collo e del fegato.


E nell’uomo? Nel 2005 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca che ha preso in considerazione gli studi che valutavano la capacità dell’aloe di prevenire i danni della radioterapia a livello della cute. Secondo questi dati, il gel di aloe applicato direttamente sulla pelle non porta alcun vantaggio. Conclusioni simili anche da uno studio del 2011 che ha valutato il ruolo del gel di aloe nella prevenzione della mucosite, un problema infiammatorio della mucosa della bocca piuttosto comune tra chi si sottopone a chemioterapia: non sono emerse prove che l’aloe sia efficace, anche se, al di là dei numeri, molti pazienti hanno percepito come utile il trattamento con questo gel. Per quel che riguarda invece gli effetti sulla crescita cellulare, al momento attuale i dati ottenuti su colture di laboratorio non sono replicati sull’uomo.

Rischi da non sottovalutare

Sulla scia delle teorie che vedono l’aloe come trattamento anticancro, nel 1996 un’azienda statunitense ha cominciato a produrre e a immettere sul mercato un concentrato di aloe noto con il nome di T-UP che poteva essere ingerito per via orale o iniettato per via intravenosa e veniva presentato come terapia per cancro, AIDS, herpes e vari disturbi autoimmuni. Dopo pochi anni, le autorità sanitarie hanno però bloccato la vendita di questo “farmaco” e i produttori sono stati accusati di frode, vendita di farmaci non approvati e cospirazione,

proprio perché le affermazioni diffuse con il prodotto erano false e potevano rivelarsi molto pericolose e fuorvianti per i pazienti. Le iniezioni del composto si sono addirittura rivelate fatali per alcuni di essi. Oltre a queste reazioni particolarmente gravi, non bisogna dimenticare che i principi attivi contenuti nell’aloe possono essere causa di disturbi molto fastidiosi. Capsule, compresse e succo in forma liquida possono causare problemi intestinali come diarrea, dolore addominale, nausea e vomito provocati soprattutto dalla presenza di antrachinoni, molecole con potente azione lassativa. Chi assume già farmaci o altri supplementi a base di erbe deve prestare attenzione alle loro interazioni con l’aloe: infatti i derivati dell’aloe possono interferire con altri principi attivi causando ad esempio problemi alla coagulazione del

sangue. E anche se decisamente meno comuni, si possono verificare reazioni allergiche a gel e creme a base di aloe, soprattutto se utilizzati per periodi molto lunghi: sono più a rischio coloro che già sanno di essere allergici a cipolla, aglio, tulipani e piante simili.

Una piantagione di aloe vera


IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Unità di imaging

Il laboratorio che mostra l’infinitamente piccolo In IFOM è oggi attiva una vera e propria unità di ricerca che utilizza i microscopi più moderni per guardare la cellula tumorale nei suoi più minuti dettagli

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IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici, è sostenuto dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC, attraverso lasciti testamentari.


In questo articolo: microscopia meccanobiologia imaging

a cura di AGNESE CODIGNOLA a microscopia non è una scienza del passato, e non è stata mandata in pensione da metodiche moderne basate sullo studio dei geni. Al contrario, una fotografia biologica 2.0, integrata con gli attuali sistemi di calcolo, è in grado di dare informazioni non solo morfologiche (cioè sulla forma) ma anche funzionali, cioè sui meccanismi di sopravvivenza di cellule e tessuti. I risultati ottenuti hanno contribuito a dare vita, negli ultimi anni, a discipline nuove come la meccanobiologia che utilizza strumenti impiegati tradizionalmente nello studio dei materiali e delle proprietà fisiche . C’è lo strumento che osserva le cellule vive e c’è quello che le spia nel dettaglio, ma solo in vitro. C’è quello che fornisce una visione morfologica insuperabile, ma solo se si tratta di strutture non troppo piccole, e c’è quello che riesce ad andare al di là, nel regno dell’infinitamente piccolo, ma solo per alcune porzioni cellulari per volta. C’è quello che lavora come una tomografia computerizzata (TC), scrutando l’oggetto in progressive fettine, e c’è quello che sfrutta le qualità dell’infrarosso e di tutte le altre sorgenti laser. C’è quello che fa emergere il dato scientifico con i colori iridescenti della fluorescenza e quello che consente di ricostruire al computer una struttura tridimensionale perfetta, e altri ancora. Ce n’è per tutti i gusti, insomma, e per molte competenze, nell’Unità di imaging dell’Istituto IFOM di Milano. Si tratta di una nuova struttura nata sia

L

per condurre ricerche autonome sia per essere d’aiuto agli altri laboratori che hanno bisogno di vedere se una loro ipotesi di lavoro è fondata o meno. DIVERSITÀ MECCANICHE Per capire perché l’imaging è diventato così importante Fondamentale ha chiesto aiuto al fisico Dario Parazzoli, responsabile dell’Unità di imaging che, per volere di Marco Foiani, direttore scientifico di IFOM, si configura come un vero e proprio laboratorio di ricerca. Parazzoli coordina una decina di persone con competenze diverse: ci sono fisici come lui, biologi, bioinformatici, ingegneri e biotecnologi. “Le cellule tumorali sono molto diverse da quelle normali: per esempio, sono molto più elastiche, non rispondono ai segnali di invecchiamento o di eccessivo affollamento di un tessuto, e ciò – insieme a molte altre caratteristiche – le rende quello che sono. Ma tutto questo si può visualizzare riproducendo il più fedelmente possibile quel che avviene all’interno dell’organismo umano e avvicinandosi alla natura più intima del tumore. In più ci dà modo di comprendere come intervenire a livello terapeutico: per esempio, si pensi al DNA di una cellula che si sta duplicando. Come si muove per liberarsi? Possiamo interferire con questo tipo di movimento? Oppure si pensi a una cellula che si sta staccando dalla massa tumorale per andare in circolo e formare metastasi. Come fa a passare nei capillari e nei tessuti? Si restringe? Si allunga? E come possiamo perturbare questa facilità di spostamento? Come risponde una proteina a una

pressione, a un cambiamento di potenziale elettrico o di acidità dell’ambiente?” Osservare una cellula o una parte di essa, staticamente o in movimento, seguirla mentre risponde a uno stimolo, oppure prima e dopo di esso (per esempio, dopo un certo trattamento farmacologico), è davvero cruciale e, per certi aspetti, inedito. “Quando si è visto che la malignità di un tumore dipende anche dalle caratteristiche fisiche delle sue cellule si è iniziato a pensare a un approccio di studio che integrasse questi aspetti con tutte le altre dinamiche note, di tipo biochimico, molecolare e genetico” precisa Marco Foiani. “Il risultato è appunto la meccanobiologia che, integrata col resto, fornisce una visione molto più completa della cellula tumorale, e permette di riprodurre modelli realistici dei tumori”.

biente, oltre alla loro evoluzione spazio-temporale. Si tratta di studiare il cancro come un quadro complesso e continuamente in evoluzione. Non a caso, quando si tenta di venire a capo di una questione biologica tramite l’imaging si genera spesso una riflessione diversa da quella iniziale, che può aprire nuove prospettive, far vedere le cose da un punto di vista differente, a volte inatteso. La parola d’ordine è insomma complementarietà”. Ciò, sottolinea Parazzoli, spiega anche perché nel gruppo ci siano persone con formazioni molto diverse: ciascuna porta i suoi “occhi”. In ricerca le immagini vanno interpretate, possono risultare ambigue, quindi l’integrazione tra sguardi complementari, che analizzano l’immagine da sfaccettature diverse, consente di ridurre al minimo il margine di ambiguità. È quindi fondamentale che a elaborare e valutare i campioni biologici siano da una parte strumentazioni sempre più potenti e precise, e dall’altra ricercatori altamente specializzati nell’usarle nel modo giusto. La microscopia è in definitiva tutt’altro che un retaggio di un passato destinato a essere soppiantato da altre tecniche più sofisticate. In realtà è un prodigio scientifico che propone continuamente novità stupefacenti e che unisce molti tipi di conoscenze (la biologia, la chimica, l’ottica, la fisica, la matematica, l’ingegneria e molte altre) come tutta l’oncologia, di base e non, dovrebbe fare sempre.

Si studia il cancro con una visione più completa

UNA VISIONE PIÙ COMPLETA Accanto all’attività di ricerca, che ha portato a importanti pubblicazioni, collaborazioni e laboratori di ricerca congiunti con diversi centri al vertice dell’imaging mondiale, come quello di Singapore (MBI, Mechanobiology Institute) e di Bangalore (inSTEM), c’è l’attività di supporto agli esperimenti degli altri laboratori. Chiarisce ancora Parazzoli: “Non si tratta solo di studiare il comportamento di una cellula isolata ma di osservarla nel suo contesto, analizzando le interazioni tra cellula e cellula e tra cellula e am-

GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 21


NON PROFIT Il Terzo settore

In questo articolo: terzo settore PIL raccolta fondi

Senza scopo di lucro ma con grandi scopi sociali Il mondo del non profit, di cui fa parte anche AIRC, è un motore importante del Paese: non solo muove ingenti somme di denaro, ma impiega anche circa un lavoratore su dieci, affiancando alle proprie cause pure un sostegno concreto all’economia

Q

a cura della REDAZIONE uanto sono generosi gli italiani? E come si classificano rispetto ai cittadini di altri Paesi? Non è facile ottenere dati attendibili, ma il mensile Vita, specializzato in non profit (ovvero nel cosiddetto Terzo settore, che si affianca ai due settori principali di produzione economica, cioè lo Stato e il mercato) ha provato a fare il calcolo. Ha fornito una stima esaminando le somme dedotte e detratte dalle tasse dai cittadini italiani: le donazioni

ammontano a circa lo 0,05 per cento del Prodotto interno lordo (PIL) del Paese, cioè a circa 12 miliardi di euro. Si tratta di una somma che non tiene conto delle donazioni indirette che giungono ai vari enti non profit attraverso la firma del 5 e dell’8 per mille (nel primo caso a favore di tutte le organizzazioni non profit, nel secondo alle istituzioni religiose che spesso le utilizzano a fini sociali o culturali). Ed è una somma ben lontana dallo 0,3 per cento del PIL donato dai cittadini degli Stati Uniti, dove però vige un regime fiscale diverso da quello italiano: lì tutte le somme donate possono essere decurtate dalle tasse, un beneficio che spinge i cittadini a devolvere ai propri enti preferiti una grande quantità di denaro, mentre in Italia esistono tetti piuttosto bassi.

Contro la crisi economica

Malgrado l’assenza di grandi filantropi, in Italia il Terzo settore muove il 3,4 per cento del PIL, secondo il Rapporto I.T.A.L.I.A. – Geografie del nuovo made in Italy diffuso da Unioncamere, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Aiccon alla fine del 2015: si tratta di ben 64 miliardi di euro. E impiega il 9,7 per cento della forza lavoro, contro il 9 per cento in Francia e il 6,4 per cento in Germania, dove il giro economico è più elevato. Il Terzo settore, in Italia, fornisce servizi sociali e culturali per i cittadini – spesso affiancando uno Stato

D

i cosa si occupano gli enti non profit in Italia? Secondo l’indagine effettuata da Unicredit Foundation su 2104 istituzioni del Terzo settore, la maggior parte delle organizzazioni di volontariato o di promozione sociale si occupano di advocacy, ovvero portano avanti, a livello sociale e istituzionale, una causa. Gli enti ecclesiastici e le cooperative sociali hanno uno scopo più direttamente

produttivo (ovvero producono reddito, seppure all’interno di regole precise su come devono essere reinvestiti gli utili, che nella maggior parte dei casi vanno a pagare gli stipendi dei lavoratori o a sostenere opere sociali). Le fondazioni, invece, hanno un unico scopo: ridistribuire a fin di bene il denaro raccolto o generato dall’investimento oculato del proprio capitale. Fonte: Indagine sul non profit, Unicredit Foundation.


che, a causa della crisi, fatica a garantire a tutti assistenza e opportunità – ma è anche uno dei principali datori di lavoro del Paese, contribuendo a contrastare la crisi economica che negli ultimi anni si fa sentire anche con l’aumento della disoccupazione. Ed è un datore di lavoro particolarmente affidabile: secondo un’indagine Istat del 2011, chi lavora nelle grandi organizzazioni senza scopo di lucro rimane dipendente molto a lungo (oltre 10 anni), abbracciando i valori e la missione dell’istituzione. “Nel settore di nostro interesse, che è quello della ricerca scientifica in ambito biomedico, possiamo dire di avere una grande influenza sulle opportunità di impiego, in particolare per i più giovani: con i nostri fondi diamo infatti lavoro (seppure in modo indiretto, grazie a finanziamenti e borse di studio) a oltre 5.000 scienziati” spiega Niccolò Contucci, direttore generale di AIRC. Donando alla ricerca contro il cancro, quindi, si accelera la scoperta di una cura efficace

N

PAPERONI D’AMERICA

ei Paesi anglosassoni vige una vera e propria “cultura della filantropia”, ampiamente studiata da sociologi ed economisti e in gran parte legata alla tradizione protestante, per la quale la ricchezza è un segno di benevolenza divina che non va nascosto ma condiviso con i propri simili. Anche le leggi fiscali dei Paesi anglosassoni favoriscono la donazione perché sono figlie di questa visione della ricchezza

contro la malattia ma allo stesso tempo si garantisce al Paese di poter mantenere un livello scientifico e tecnologico sufficiente per essere al pari con il resto d’Europa.

Una fiducia condivisa I cittadini italiani sembrano essersi accorti del ruolo sempre più centrale del Terzo settore: dal 2001 al 2011, secondo dati Istat, le istituzioni non profit sono cresciute del 28 per cento, gli addetti del 39,4 per cento e i volontari, che spesso affiancano i dipendenti nella gestione, sono aumentati del 43,5 per cento. “Il mondo non profit non è alternativo allo Stato e al libero mercato, ma li completa portando avanti valori di solidarietà sociale e di mutuo aiuto tra i cittadini. Doniamo per aiutare i nostri simili, per sostenere una causa in cui crediamo o per raggiungere un

individuale. Ne sono testimoni anche i grandi magnati del presente: da Bill Gates, che ha lasciato la stragrande maggioranza del suo patrimonio alla fondazione che porta il suo nome e che costituisce oggi la più grande istituzione filantropica mondiale, fino al fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che ha lanciato nel 2015 la Chan Zuckerberg Initiative, alla quale va il 99 per cento dei profitti ottenuti dalle sue società. obiettivo comune, come la cura contro il cancro” spiega ancora Contucci. “E come cittadini siamo contenti di poter aiutare un’istituzione che alla fine dell’anno non deve dimostrare di aver prodotto degli utili ma piuttosto di aver raggiunto dei risultati tangibili.” Non a caso AIRC pubblica da anni il proprio bilancio sociale, uno strumento di facile comprensione per capire come sono stati investiti i soldi donati e raccolti attraverso le varie iniziative (un estratto è disponibile in questo numero a pagina 25). E può contare su oltre 4 milioni e mezzo di soci e sostenitori attraverso la sottoscrizione a suo favore del 5 per mille, oltre 20.000 volontari, centinaia di partner istituzionali e aziendali, 17 comitati regionali e 3.300 scuole che si mobilitano per la raccolta fondi e per le iniziative di educazione e prevenzione: un patrimonio che conta più di quello finanziario.

Non sostituisce lo Stato ma lo affianca e completa

COSA FANNO LE ISTITUZIONI NON PROFIT

ADVOCACY

PRODUTTIVA

EROGATIVA

51,7 % 20,4 % 25 % 1,8 % 1,1 % 7,1 % 64,1 % 28,8 % 100 %

Organizzazione di volontariato (L.266/1991) Associazione per la promozione sociale (L. 383/2000) Altre associazioni Comitato Ente ecclesiastico Ente ecclesiastico Cooperativa sociale (381/1991) Organizzazione non governativa (ONG) (L.49/1987) Fondazione GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 23


SPERIMENTAZIONE ANIMALE Xenotrapianto

I vantaggi insostituibili di un modello completo Il trasferimento di tessuto tumorale umano in animali di laboratorio aiuta a studiare in modo più affidabile lo sviluppo del tumore e fornisce informazioni utili su come la malattia risponde ai trattamenti

S

a cura della REDAZIONE i chiama xenotrapianto ed è una delle tecniche di ricerca che l’Italia vorrebbe vietare in un prossimo futuro, almeno nella sua versione più complessa che è lo xenotrapianto di organi interi, se non verrà definitivamente confermata l’attuale moratoria che consente a medici e ricercatori di farvi ricorso. Il più delle volte, invece, consiste nel prelevare campioni di tessuto tumorale da un malato di cancro (di solito durante l’intervento chirurgico) e trapiantarli sotto la cute di un animale di laboratorio, prevalentemente topi e ratti, dove il cancro sopravvive conservando tutte le sue caratteristiche e può essere studiato in maniera affidabile. La tecnica viene usata sia per la ricerca di base (cioè per capire i meccanismi alla base dei tumori) sia per la clinica, per testare diversi approcci terapeutici. Un’analisi condotta da ricercatori afferenti all’EurOPDX Consor-

tium – un gruppo internazionale di esperti che si prefigge lo scopo di creare procedure standard per la ricerca preclinica in ambito oncologico – e pubblicata su Nature Reviews Cancer fa il punto sullo xenotrapianto e sulla sua utilità, soprattutto nell’ambito della medicina cosiddetta “personalizzata” o “di precisione”. “Gran parte della ricerca sul cancro oggi usa linee cellulari ottenute da campioni di pazienti prelevate molti anni fa e rese immortali in laboratorio” spiega Livio Trusolino, ricercatore dell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (TO), che ha coordi-

Consente di osservare lo sviluppo del tumore

24 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2017

In questo articolo:

xenotrapianto medicina di precisione modelli animali

nato la stesura dell’articolo. “Si tratta di un sistema semplice ma con un grande limite: queste linee cellulari sono molto lontane dal vero tumore sia dal punto di vista genetico sia da quello del comportamento biologico” aggiunge Trusolino, la cui attività di ricerca è sostenuta da AIRC, in particolare con le donazioni del 5 per mille.

Un doppione del paziente

Lo xenotrapianto può colmare questa lacuna. È in grado di consentire, ad esempio, di seguire l’evoluzione del tumore durante il suo sviluppo: ogni tumore è infatti costituito da diverse popolazioni cellulari che tendono a cambiare nel corso del tempo. Disporre di un “doppione” del tumore umano permette di conoscere questi cambiamenti e di studiarli in un contesto più appropriato. La caratterizzazione genetica degli xenotrapianti permette anche di identificare mutazioni che rendono il tumore sensibile o resistente ai farmaci, non solo quelli classici, ma anche quelli sperimentali di ultima generazione. In questo modo si ha la possibilità di scegliere per il paziente da cui proviene il frammento di tessuto xenotrapiantato una terapia costituita da farmaci che hanno migliori probabilità di successo. Sono allo studio tecniche per trapiantare nell’animale di laboratorio non solo il tessuto tumorale, ma anche un campione di midollo osseo, in modo da ricostruire un sistema immunitario simile a quello del paziente originario. In questo modo si potrebbe studiare anche l’immunoterapia dei tumori e vederne gli effetti sullo specifico tumore.


BILANCIO SOCIALE AIRC - FIRC 2016

Un anno insieme per rendere il cancro sempre più curabile

4.536.000

copie di Fondamentale spedite

102 milioni

di euro destinati alla ricerca da AIRC e FIRC

680 progetti

di ricerca e programmi di formazione finanziati

5.000 ricercatori al lavoro

14,8 milioni

di euro di lasciti Anche nel 2016 sostenitori, testamentari pervenuti ricercatori, volontari, a FIRC testimonial, media, scuole e partner hanno creduto fortemente nella missione di 4.500.000 AIRC e FIRC. Con strumenti sostenitori e caratteristiche diversi, ognuno ha contribuito al progresso della ricerca: una straordinaria galassia 20.000 che ha permesso di volontari raggiungere risultati sempre 567.200 piantine di Azalea distribuite più importanti, nella sfida 17 per rendere il cancro più Comitati regionali curabile. Navigando tra le sezioni del Bilancio sociale 2016 è possibile scoprire nel dettaglio questo mondo e continuare a sostenere desiderio di comprensione. Nella mia scelta “Un istintivo bisogno di capire, una innata curiosità 493.583illikes su Facebook la sfi da. Da luglio sul sito mi hanno spinto, sin da bambino, a ‘smontare’ ciò che professionale ha giocato un ruolo determinante 220.640 iscritti bilanciosociale.airc.it il primo finanziamento My First AIRC Grant: non riuscivo a comprendere, a studiare i meccanismi alla Newsletter mi ha permesso di portare avanti in autonomia di funzionamento di ciò che mi circondava: la ricerca le mie idee progettuali.” in campo oncologico rappresenta per me più di una passione, quasi una necessità per soddisfare Roberto Bianco, ricercatore AIRC

GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 25


BILANCIO D’ESERCIZIO AIRC 2016

STATO PATRIMONIALE (VALORI IN EURO)

La generosità dei sostenitori per il progresso della ricerca

B) IMMOBILIZZAZIONI II Immobilizzazioni materiali 1) Immobili civili acquisiti per successione e donazione 2) Immobili strumentali 2) Fondo ammortamento beni immobili strumentali

O

a cura della REDAZIONE ggi 5.000 ricercatori possono lavorare in laboratori di università, ospedali e istituzioni di ricerca in tutta Italia, prevalentemente in strutture pubbliche, con un beneficio tangibile per i sistemi della ricerca e della sanità del nostro Paese. Un vero e proprio esercito di scienziati composto per il 63 per cento da donne e per il 52 per cento da under 40. AIRC rappresenta per tutti loro una garanzia di continuità, indispensabile per mantenere ai più alti livelli la loro competitività all’interno della comunità scientifica internazionale e per il progresso della ricerca oncologica. Nel 2016 abbiamo garantito il sostegno alla loro corsa verso soluzioni efficaci per prevenire, diagnosticare tempestivamente e curare il cancro con 86,3 milioni di euro. Il 2016 è stato anche l’anno in cui l’istituzione del 5 per mille ha tagliato il traguardo dei dieci anni (nove edizioni certificate dal 2006 al 2014

dall’Agenzia delle Entrate cui si deve aggiungere la stima relativa al 2015, i cui dati ufficiali non sono stati ancora resi noti). Dalla sua prima edizione il 5 per mille ha portato nelle casse degli enti scelti dai contribuenti circa 4 miliardi di euro. A impressionare, oltre agli importi, è anche la curva delle adesioni: le firme sono ormai quasi 17 milioni a fronte dei 12,8 milioni di contribuenti che aderirono nel 2006. Di queste, oltre un milione e settecentomila sono destinate ad AIRC. A questa straordinaria adesione AIRC ha già risposto con l’avvio di due programmi innovativi: il Programma speciale di oncologia clinica molecolare e il Programma speciale di diagnosi precoce e analisi del rischio di sviluppare un tumore. Al loro interno si svolgono 14 progettualità che oggi vedono all’opera oltre 1.000 ricercatori in 48 istituzioni diverse con l’obiettivo di offrire nuove e più efficaci terapie e metodi innovativi di prevenzione e diagnosi precoce.

86,3 milioni di euro destinati ai migliori

26 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2017

ATTIVO

31/12/2016

31/12/2015

1.102.546 162.300 (37.872) 124.428 1.226.974

1.102.546 162.300 (33.183) 129.117 1.231.663

5.187.524 80.795.562 84.379.782 170.362.868

4.387.417 80.592.887 73.658.558 158.638.862

1.567.890

1.461.828

TOTALE ATTIVO

173.157.732

161.332.353

PASSIVO

31/12/2016

31/12/2015

87.019.025

83.820.503

8.802.269 73.209.530 82.011.799

(2.406.285) 75.615.816 73.209.531

169.030.824

157.030.034

82.225

82.225

701.182

713.574

1.911.770 197.728 314.847 919.156 3.343.501

2.241.299 185.481 262.873 816.867 3.506.520

-

-

173.157.732

161.332.353

47.100.851 22.455.195

62.429.256 24.870.413

-

66.152.917 -

18.800 128.932

18.800 127.966

Totale immobilizzazioni C) ATTIVO CIRCOLANTE II Crediti diversi III Titoli e fondi comuni d’investimento IV Disponibilità liquide Totale attivo circolante D) RATEI E RISCONTI

A) PATRIMONIO NETTO II Patrimonio vincolato 1) Patrimonio vincolato per decisione degli organi istituzionali III Patrimonio libero 1) Risultato gestionale dell’esercizio 2) Risultato gestionale da esercizi precedenti Totale patrimonio libero da destinare agli scopi istituzionali TOTALE PATRIMONIO NETTO B) FONDI PER RISCHI E ONERI C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO D) DEBITI ESIGIBILI ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO 4) Debiti verso fornitori 5) Debiti tributari 6) Debiti verso enti previdenziali 7) Debiti diversi TOTALE DEBITI E) RATEI E RISCONTI PASSIVI TOTALE PASSIVO F) CONTI D’ORDINE Progetti di ricerca approvati dagli organi scientifici, le cui assegnazioni sono ancora da deliberare dagli organi istituzionali nell’esercizio successivo negli esercizi successivi Contributo del 5 per mille da incassare: anno 2014 (redditi 2013) anno 2015 (redditi 2014) *) Beni mobili disponibili in attesa di realizzo Beni mobili da successioni accettati non pervenuti *) importi non ancora comunicati dagli Organi competenti.

Milano, 20 Aprile 2017 - Il Presidente Pier Giuseppe Torrani


... da luglio versione integrale su: airc.it/bilancio-esercizio16 RENDICONTO GESTIONALE A PROVENTI E ONERI AL 31 DICEMBRE 2016 AIRC (VALORI IN EURO) 1

ATTIVITA’ ISTITUZIONALE DI RACCOLTA FONDI

1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 1.10 1.11 1.12

Quote associative e contributi liberali Proventi da contributo 5 per mille Arance della Salute® Azalea della Ricerca® I Giorni della Ricerca® Auguri di Natale Attività dei Comitati regionali Cioccolatini della Ricerca Altre iniziative Beni mobili e immobili ricevuti per successione e donazione Contributi una tantum Comunicazione e sensibilizzazione

TOTALE 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6

PROVENTI

TOTALE TOTALE MEZZI DISPONIBILI DELL’ESERCIZIO 5

PROVENTI

ONERI

NETTO

2015

22.367.439 66.152.917 2.693.249 8.802.833 3.157.386 1.211.778 4.102.313 1.792.957 2.440.212 1.514.071 3.038.391

(4.655.069) (1.191.090) (3.252.514) (273.070) (371.458) (1.004.416) (822.697) (537.680) (25.438) (862.044)

17.712.370 66.152.917 1.502.159 5.550.319 2.884.316 840.320 3.097.897 970.260 1.902.532 1.488.633 3.038.391 (862.044)

22.786.954 54.577.166 2.905.346 8.906.911 4.361.205 1.208.640 4.414.495 1.636.913 1.968.724 1.148.276 3.032.201

(4.660.853) (1.378.442) (3.438.810) (330.447) (397.227) (1.197.266) (832.603) (470.173) (25.752) (860.053)

18.126.101 54.577.166 1.526.904 5.468.101 4.030.758 811.413 3.217.229 804.310 1.498.551 1.122.524 3.032.201 (860.053)

117.273.546

(12.995.476)

104.278.070

106.946.831

(13.591.626)

93.355.205

(6.493.469) (118.670) (598.946) (341.106) (311.254) (338.866)

(6.493.469) (118.670) (598.946) (341.106) (311.254) (338.866)

(5.886.611) (104.028) (632.030) (345.082) (262.383) (358.099)

(5.886.611) (104.028) (632.030) (345.082) (262.383) (358.099)

(8.202.311)

(8.202.311)

(7.588.233)

(7.588.233)

1.073.347

-

1.073.347

2.791.146

-

2.791.146

661.629 28.379

(20.431)

661.629 7.948

401.275 13.191

(15.692)

401.275 (2.501)

690.008

(20.431)

669.577

414.466

(15.692)

398.774

119.036.901

(21.218.218)

97.818.683

110.152.443

(21.195.551)

88.956.892

(86.259.094) (1.487.146)

(86.259.094) (1.487.146)

(88.430.017) (1.527.079)

(88.430.017) (1.527.079)

(1.270.174)

(1.270.174)

(1.406.081)

(1.406.081)

(89.016.414)

(89.016.414)

(91.363.177)

(91.363.177)

(110.234.632)

8.802.269

(112.558.728)

(2.406.285)

ONERI DI SUPPORTO GENERALE Oneri per il personale Oneri per la gestione Soci Spese generali Godimento di beni di terzi Acquisto di beni durevoli Oneri per la gestione dei Comitati regionali

PROVENTI FINANZIARI E PATRIMONIALI PROVENTI E ONERI STRAORDINARI Variazioni di vincolo per rinunzie di borse di studio e ridestinazioni Altri proventi e oneri straordinari

NETTO

2016

TOTALE 3 4 4.1 4.2

ONERI

ATTIVITA’ ISTITUZIONALE DI SVILUPPO DELLA RICERCA ONCOLOGICA E INFORM. SCIENTIFICA

5.1 Assegnazioni deliberate dagli organi istituzionali per progetti di ricerca, borse di studio e interventi vari 5.2 Informazione scientifica “Fondamentale” e sito internet 5.3 Altri oneri per attività istituzionali TOTALE RISULTATO GESTIONALE DELL’ESERCIZIO Milano, 20 Aprile 2017 - Il Presidente Pier Giuseppe Torrani

119.036.901

110.152.443

GIUGNO 2016 | FONDAMENTALE | 27


RACCOLTA FONDI Azalea della Ricerca

L’orizzonte di Milena è rosa come l’Azalea

E’

a cura della REDAZIONE il settembre del 2004 quando una diagnosi cambia la vita di Milena. Ha 33 anni, una bella famiglia, due figli piccoli. Si sottopone regolarmente a visite senologiche per tenere sotto controllo dei fibroadenomi e quando ne asporta uno durante un intervento chirurgico, il campione esaminato non lascia dubbi: è un tumore al seno. “Quando mi hanno dato la notizia il mio primo pensiero è stato per la mia famiglia, il dolore che avrei potuto causare. Avevo perso pochi anni prima mio padre proprio per un tumore e non sapevo come dirlo a mia madre.” Nel gennaio 2005 Milena si reca a Milano presso l’Istituto europeo di oncolo-

gia (IEO). Si sottopone a un intervento chirurgico (quadrantectomia), poi a un ciclo di chemioterapia e a uno di radioterapia. “È stato un periodo difficile, ero debilitata e arrabbiata. È stato fondamentale il supporto della famiglia, la ricerca mi ha salvata, ma la mia famiglia mi ha sostenuto in tutto questo percorso.” Terminate le cure, Milena ha ripreso la sua vita, lavora come impiegata, fa la mamma, i figli sono ormai adolescenti. La storia di Milena è una delle tante che possiamo raccontare grazie ai risultati ottenuti dai ricercatori con i fondi raccolti da più di 30 anni con l’Azalea della Ricerca, distribuita nelle piazze italiane in occasione della Festa della mamma. www.airc.it/milena

Una, dieci, cento e più scatole generose

A

nche nell’anno scolastico 2016/2017 AIRC entra nelle scuole primarie di tutta Italia con la campagna educativa “Una costellazione luminosa. Le parole di AIRC per stare bene”, dedicata alle classi III, IV e V. Il progetto, cofinanziato per il secondo anno da UBI Banca, propone a insegnanti e genitori suggerimenti per un percorso didattico interdisciplinare sulla cultura della salute e del benessere, sulla scienza e sul mondo della ricerca. Fra le attività proposte, il concorso “La Scatola generosa”, progettata e costruita dai bambini per contenere i loro più bei pensieri su cosa significa per loro “dona-

28 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2017

re”. UBI Banca ha celebrato la chiusura del progetto accogliendo otto classi tra le centinaia che hanno partecipato, in quattro eventi speciali a Torino, Milano, Roma e Salerno.


Finanza & Futuro Deutsche Bank

F

inanza & Futuro è la rete dei consulenti finanziari del Gruppo Deutsche Bank che opera in Italia nel settore del risparmio gestito. Da anni vicina ad AIRC per il supporto ad eventi di raccolta fondi, nel 2016 ha attivato con successo il payroll giving sulla sua rete di consulenti che hanno così deciso di contribuire personalmente alla missione di AIRC. Finanza & Futuro ha iniziato il percorso di finan-

UBI Banca alla Mille Miglia

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BI Banca, Trophy Sponsor di Mille Miglia 2017, ha scelto AIRC come charity partner della 90° edizione della prestigiosa gara di auto storiche. 440 vetture provenienti da 41 Paesi hanno sfilato dal 18 al 21 maggio per le strade del nostro Paese. Tra loro anche una Mercedes “Ali di Gabbiano” di Bonera Group, che ha percorso le tappe con i colori e il brand AIRC, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sull’importanza della ricerca scientifica. UBI Banca ha organizzato due charity dinner a Brescia e Padova per raccogliere fondi che saranno destinati a progetti di ricerca sui tumori pediatrici, madrina degli eventi la ballerina e coreografa Carolyn Smith. Ha inoltre promosso, tra gli altri, il servizio UBI Pay e il Bonifico di Solidarietà per donare ad AIRC. UBI Banca è partner di AIRC dal 2013 e ha raccolto circa 4 milioni di euro con iniziative che hanno coinvolto i propri clienti e dipendenti.

ziamento di una borsa di studio per il perfezionamento degli studi di un giovane ricercatore. Le application alla posizione verranno valutate attraverso il Peer Review System e a novembre 2017 i dipendenti dell’azienda potranno conoscere il nome del vincitore della borsa di studio che porta il loro nome.

Milano Marathon: #oggicorroperAIRC vince tutto!

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00 atleti, 50 formazioni per la staffetta 4x10, fra i quali 28 di team aziendali e 9 composti da ricercatori: ecco i numeri della grande squadra AIRC in campo alla MILANO MARATHON 2017 lo scorso 2 aprile, con l’obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile. Durante la preparazione alla gara, il programma di allenamento è stato arricchito dai contributi del campione di volley e mental coach Jack Sintini e dalle divertenti clip “motivazionali” di Maddalena Corvaglia, madrina del progetto. Forza e motore della compagine AIRC sono le squadre delle aziende che hanno deciso di coinvolgere i propri dipendenti in un’originale iniziativa di team building che unisce benessere e raccolta fondi. Tra le molte aziende che hanno corso insieme a noi, ROCHE Spa, SIA Group, Lindt e Alstom finalisti in più categorie al Charity awards come top donatori, seguite da Goglio, The Carlyle Group, IGPDecaux, SCA; il nostro team AIRC4AIRC, capitanato dal direttore generale, Niccolò Contucci, è sul podio come miglior team. La raccolta fondi si è chiusa a 100.000 euro.

CONAD per AIRC

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uest’anno Conad ha deciso di scendere in campo con AIRC a favore della ricerca sui tumori femminili. Nei punti vendita Conad per ogni pianta di roselline venduta dal 4 al 13 maggio, Conad devolverà parte del ricavato alla nostra Associazione. Con questa iniziativa parte un percorso di collaborazione e di condivisione di valori fra AIRC e una delle più grandi catene della grande distribuzione italiana. La devoluzione di Conad sarà finalizzata al finanziamento di una annualità di due borse di studio nell’ambito dei tumori femminili.

GIUGNO 2017 | FONDAMENTALE | 29


IL MICROSCOPIO

Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC

La ricerca fa crescere l’Italia ATTENTI ALLE TRUFFE AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando la polizia (113) o i carabinieri (112).

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IRC è da sempre impegnata nel finanziare la miglior ricerca oncologica italiana. Al fine di tenere il passo con i rapidissimi progressi scientifici e soprattutto tecnologici e di migliorare l’efficacia dei propri sforzi volti a favorire il trasferimento dei risultati delle ricerche a beneficio dei pazienti, AIRC ha lanciato, a partire dal 2010, due programmi speciali AIRC 5 per mille. Programmi di ricerca ambiziosi, di ampio respiro e di lunga durata (5+2 anni) finanziati con le donazioni dei cittadini attraverso lo strumento del 5 per mille e che vengono ad aggiungersi ai progetti che AIRC finanzia attraverso i classici bandi annuali. Il programma 5 per mille 2010 era incentrato sull’oncologia clinica molecolare, il programma del 2011 affrontava il tema della diagnosi precoce e l’analisi del rischio di sviluppare un tumore. Lo scopo di entrambi era trasferire in clinica i risultati ottenuti in studi di base sui meccanismi che rendono tumorale una cellula. Un importante aspetto era il reclutamento e la formazione di giovani capaci di lavorare sia in laboratorio sia in clinica per favorire il rapido trasferimento al paziente dei risultati ottenuti in laboratorio. Con i programmi speciali 5 per mille AIRC ha contribuito alla competitività internazionale della ricerca oncologica italiana. L’impegno di oltre 1.000 ricercatori sta portando a terapie sempre più efficaci e a metodi innovativi di diagnosi precoce, alcuni giunti alla fase di sperimentazione clinica, che stanno riscuotendo grande interesse a livello europeo e non solo. Probabilmente il ri-

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sultato più significativo per il futuro della ricerca oncologica italiana e delle sue ricadute a vantaggio dei pazienti è il fatto che i ricercatori hanno creato una rete nazionale. Hanno cioè capito che lavorare assieme facendo “sistema” produce risultati migliori e in tempi più rapidi, che il concetto “l’eccellenza attrae l’eccellenza” non è uno slogan, ma una verità concreta che permette a giovani talenti di emergere e sviluppare le proprie potenzialità. Non meno importante è il fatto che la collaborazione tra gruppi di ricerca che lavorano in città diverse ha contribuito a smussare le asimmetrie del nostro Paese che impediscono la crescita di gruppi situati in aree meno fortunate o che lavorano in sedi periferiche in cui è più difficile disporre della massa critica indispensabile per raggiungere obiettivi importanti. In considerazione dei risultati raggiunti dai programmi precedenti, AIRC intende lanciare nell’estate 2017 un nuovo programma speciale AIRC 5 per mille per studiare uno dei problemi cruciali del cancro, cioè lo sviluppo della malattia metastatica che attualmente rende il tumore in molti casi incurabile. Lo scopo del nuovo progetto è sviluppare nuovi approcci al trattamento delle metastasi, fondati sulla comprensione dei meccanismi biologici che stanno alla base della disseminazione tumorale. Affinché la ricerca possa arrivare a proporre strumenti per terapie sempre più efficaci e risolutive occorre un grande sforzo coordinato: è necessario l’aiuto di tutti per galvanizzare gli sforzi di ricerca che AIRC si impegna a sostenere.


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Nel loro viaggio verso nuove cure tanti ricercatori italiani hanno bisogno di sentirla più vicino. Beatrice Rondinelli | Dana-Farber Cancer Institute, Boston

“IN VIAGGIO CON LA RICERCA”, PER SVILUPPARE NEL NOSTRO PAESE LE TERAPIE PIÙ INNOVATIVE. La sua scelta di aderire a “In Viaggio con la Ricerca” con una donazione automatica è preziosa per i nostri ricercatori. Grazie al suo sostegno continuativo, infatti, potremo pianificare e organizzare il percorso di crescita di tanti giovani promettenti attraverso un programma di formazione di 5 anni: i primi all’estero presso Istituti di ricerca internazionali d’eccellenza e gli ultimi in Italia, per mettere a frutto i loro studi e sviluppare nel nostro Paese le migliori cure contro il cancro.

Scopra le storie dei ricercatori in viaggio e di quelli già rientrati su inviaggioconlaricerca.airc.it

Ci aiuti a farli partire per tornare: aderisca al programma di donazione continuativa “In Viaggio con la Ricerca” in modo semplice e veloce chiamando il Numero Verde 800.350.350.


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