Fondamentale gennaio 2017

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Numero 1 - gennaio 2017 - Anno XLV - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

Numero 1 - gennaio 2017

EPENDIMOMA

MICROBIOMA Come i batteri

che vivono nel nostro corpo influenzano la nostra salute

Nuove speranze per i piccoli pazienti grazie al progetto di AIRC CHIRURGIA

Anche gli interventi sono cambiati grazie alla ricerca

Omaggio a Veronesi, uno dei fondatori di AIRC

Scienziato visionario e tenace


SOMMARIO

FONDAMENTALE gennaio 2017

In questo numero: 04 VITA DA RICERCATORE 07 RUBRICHE 08 TERAPIE 11 RICERCA 14 FARE CHIAREZZA 16 PROGETTI PEDIATRICI 18 TESTIMONIANZE 20 PSICONCOLOGIA 22 RICONOSCIMENTI 24 VIAGGIO DENTRO AIRC 27 LASCITI 28 FIRC-PREMIO GUIDO VENOSTA 30 I GIORNI DELLA RICERCA

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L’eredità di Umberto Veronesi non è solo scientifica: è un approccio alla scienza che continuerà a ispirare AIRC

Un padre per la ricerca e uno scienziato lungimirante Progressi della ricerca AIRC

La chirurgia oncologica avanza nel silenzio Il microbiota incontra il cancro

Perché il cibo basico non ci aiuterà a curare il cancro

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Concedersi il diritto alla rabbia e trasformarla in energia per combattere la malattia

Raccogliere le informazioni per battere l’ependimoma Le aspettative e la realtà

La libertà e il diritto di sentirsi furiosi

Dall’ossigeno all’epatite C, i premi Lasker 2016

La valutazione della ricerca al servizio della qualità Il paziente discolo a fianco di FIRC

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24 GESTIONE E CONTROLLO DEI FONDI

Contro la leucemia senza chemioterapia

Dal Presidente della Repubblica parole di elogio e di speranza A scuola e all’università La generosità degli italiani porta 5,4 milioni alla ricerca

37 INIZIATIVE 38 IL MICROSCOPIO

Un pieno di vitamine per battere il cancro Unire il rigore scientifico al rapporto umano

FONDAMENTALE

Anno XLV - Numero 1 Gennaio 2017 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

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EROGAZIONE DEI FONDI

Termina con questo numero il viaggio nella struttura di AIRC

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EDITORIALE

Pier Giuseppe Torrani

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Presidente AIRC

L’importante non è sapere ma cercare

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l titolo di questo editoriale è una frase che ho sentito pronunciare allo scienziato che 50 anni fa ha cambiato la storia dell’oncologia nel nostro Paese. Sto parlando di Umberto Veronesi, tra i fondatori di AIRC, che in un’epoca in cui il cancro era una malattia di cui non si poteva nemmeno pronunciare il nome, ha creduto che grazie alla ricerca si sarebbe potuto un giorno curare. Non solo: ha anche creduto che fosse possibile, qui in Italia, convincere le persone a contribuire attivamente alla sua sconfitta. La sua è una storia unica e probabilmente irripetibile. Oggi nel ricordarlo a pagina 4 non dobbiamo piangere la sua scomparsa ma ripeterci che è stato un privilegio averlo avuto. Ora spetta a noi portare avanti il suo insegnamento e mantenere viva l’attenzione del pubblico sui grandi temi della ricerca, con l’idea che un Paese non può crescere se non cresce anche l’alfabetizzazione scientifica dei suoi cittadini. Spetta a noi mantenere la ricerca vicina alle persone, continuare a raccontarla come il più affascinante dei viaggi, lo strumento che sopra ogni altro è capace di avvicinarsi al mistero della vita. Di questa fiducia ha parlato anche il Presidente della Repubblica in occasione della tradizionale cerimonia al Quirinale in apertura de I Giorni della Ricerca. A pagina 30 troverete il suo intervento integrale, un testo che riconosce il ruolo di AIRC nei progressi per la cura del cancro e che non si sarebbe potuto scrivere senza il vostro sostegno. Come ha detto lo stesso Presidente Mattarella: unire le persone attorno a un medesimo obiettivo è un grande moltiplicatore di fiducia e di possibilità di successo. E oltre che di fiducia, il Presidente ha parlato anche di speranza dandoci appuntamento all’anno prossimo quando potremo raccontare nuove scoperte e altre vite saranno state salvate, altri malati avranno avuto la possibilità di tante giornate serene con i loro cari. Siamo certi che senza la lungimiranza di Umberto Veronesi, la sua granitica convinzione nel potere della scienza e della conoscenza e la sua fiducia nella grande generosità della società civile, AIRC oggi non sarebbe quello che è diventata ed è stata raccontata dal Presidente della Repubblica: uno strumento dalle enormi potenzialità al servizio dei malati.

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VITA DA RICERCATORE Umberto Veronesi

Un padre per la ricerca e uno scienziato lungimirante Ricordiamo in questo numero Umberto Veronesi, uno dei fondatori di AIRC insieme a Giuseppe Della Porta. Grande scienziato e cittadino impegnato, un uomo al servizio della ricerca, dei pazienti e del suo Paese

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a cura della REDAZIONE n padre della ricerca sul cancro: così il New York Times ha definito Umberto Veronesi nell’articolo pubblicato il 9 novembre scorso per annunciarne la morte. La scelta della maggiore testata statunitense non è casuale: sebbene l’articolo non manchi di menzionare il fatto che Veronesi sia stato anche ministro della Salute e senatore della Repubblica italiana, è per le sue ricerche sul trattamento chirurgico conservativo del tumore della mammella, la cosiddetta quadrantectomia, che i giornalisti della maggiore testata statunitense hanno scelto di ricordarlo.

Il padre fondatore Per AIRC Umberto Veronesi è stato qualcosa di più di un brillante scienziato e di un medico attento fino a sfiorare la maniacalità: è stato uno dei padri fondatori, il lungimirante giovane medico dell’Istituto nazionale tumori di Milano che nel 1965 ha pensato di importare in Italia il modello delle charity anglosassoni, per dare una possibilità alla ricerca contro il cancro, malattia che all’epoca aveva quasi sempre un esito infausto. 4 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

Quando AIRC è stata fondata, Veronesi aveva 40 anni esatti. Nato nel 1925 nella periferia di Milano, laddove la città si stemperava nella campagna lombarda, il futuro oncologo aveva perso il padre a soli sei anni ed era cresciuto con la madre, quattro fratelli maggiori e una sorella minore. La figura materna ricorre in molte delle interviste rilasciate negli anni e nel suo libro Dell’amore e del dolore delle donne, dove la descriveva così: “Mia madre mi ha fatto da padre, da sorella maggiore, da compagna di viaggio, perché io ho perso mio padre a sei anni... un bambino ha bisogno di una guida e mia madre è stata la grande guida... Mi ha insegnato due cose importanti: una è la tolleranza, e l’altra è ricercare le cause degli eventi”. Dal padre, invece, Veronesi ereditò la fede socialista turatiana, come raccontava nel libro Da bambino avevo un sogno: “Mio padre conservava una vecchia bandiera rossa. Aveva le sue idee di socialista alla Turati, riformista, che ho ereditato. E un giorno arrivarono gli squadristi per dargli una lezione. Ma lui si era nascosto nei campi e loro se ne andarono. Qualche anno dopo, quando ero entra-

to in clandestinità, sarebbe capitato anche a me di scappare. Fascisti e tedeschi mi davano la caccia, una soffiata li avvisò che mi trovavo in città. Mi salvai grazie all’Angiolina, la portinaia, che fece una cosa molto coraggiosa: li lasciò salire in ascensore, poi tolse la corrente”. Con gli anni Veronesi aderì a un razionalismo ateo che ne caratterizzò sempre l’approccio scientifico e civile. Anche a questa scelta attribuiva l’energia che gli permise di ribellarsi al destino di morte che aleggiava all’epoca intorno alle malattie oncologiche. “Lavorare nel campo dei tumori era considerata una scelta poco appetibile quando mi sono laureato” ha raccontato in una intervista al Corriere della Sera. “A me però interessava poter cambiare davvero il destino dei malati e studiare le cause della malattia. Erano gli anni in cui a Milano si sviluppava la scuola di medicina del lavoro guidata da Giulio Maccacaro, che dimostrò anche che l’ambiente può essere un fattore di rischio per lo sviluppo del cancro. Sembra poca cosa, ma ha aperto la via alla ricerca sulle cause molecolari della malattia”.

Otto anni di sperimentazione

Per quarant’anni Veronesi ha lavorato all’Istituto tumori di Milano. E, presso l’ospedale milanese, ha osato promuovere, contro il parere della maggioranza della comunità scientifica mondiale, un intervento limitato al quadrante del seno in cui si è formato il tumore. Era il 1973 quando prese il via lo studio destinato a cambiare per sempre il modo di intendere la chirurgia del tumore del seno, fatta fino ad allora di interventi demolitivi come la mastectomia radicale. Veronesi era convinto che per i tumori molto piccoli gli interventi radicali fossero eccessivi e sperimentò la nuova tecnica più limitata, messa a punto negli Stati Uniti ma subito abbandonata per la diffidenza dei chirurghi. I risultati della sperimentazione vennero pubblicati sul New England Journal of Medicine nel 1981. I dati non lasciavano dubbi: non

Una vita basata sull’etica del lavoro


In questo articolo: Umberto Veronesi quadrantectomia ricerca oncologica

c’erano differenze tra i due tipi di intervento per quanto riguardava la sopravvivenza e il tempo trascorso prima di una eventuale ricaduta. Una grande differenza però c’era: la quadrantectomia riduceva gli effetti negativi dell’intervento sul corpo della donna ed evitava il disagio psicologico di fronte a una mutilazione tanto grande come quella della mastectomia tradizionale. Infine, elemento non meno importante, l’idea di poter affrontare la rimozione di un tumore mantenendo quasi intatto il proprio seno spingeva sempre più donne a controllarsi periodicamente e a rivolgersi al senologo ai primi dubbi. “Per anni sono stato considerato un paria nei congressi di oncologia. Molti colleghi mi accusavano di esporre le donne al rischio di recidiva. Ma io ero convinto che le cose non stessero così e che questo attaccamento alla mastectomia totale fosse solo il frutto di una concezione sbagliata della terapia oncologica. All’epoca si sosteneva che la chirurgia dovesse essere la massima tollerabile. Grazie ai nostri studi la mentalità è cambiata e oggi si dice che il trattamento deve essere il minimo efficace” raccontava Veronesi. “Certo ho rischiato anch’io: se la mia intuizione si fosse rivelata sbagliata, la mia

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periodo si è battuto per rendere più semplice la prescrizione dei farmaci oppiacei in grado di alleviare i dolori dei malati di cancro e per costruire ospedali più a misura d’uomo dal punto di vista sia archimberto Veronesi è sempre stato convinto, fin dalla più tettonico sia organizzativo. giovane età, che un vero Veronesi si è speso anche a favoscienziato debba esprimersi anche re di tutte le grandi battaglie etiche su temi civili e debba favorire il pro- degli ultimi decenni, e sempre gresso della collettività. Questa sua con la scienza come guida: non ha visione fortemente etica e laica del mai nascosto di essere favorevole all’energia nucleare e agli OGM, ruolo di cittadino lo ha portato, dal 2000 al 2001, a ricoprire la carica di oggetto di campagne denigratorie non basate su evidenze scientifiche; ministro della Salute nel secondo governo guidato da Giuliano Amato. si è battuto a favore dell’aborto, del testamento biologico e dell’eutaIn quel periodo ha messo a punto la legge antifumo poi approvata dal nasia, per la legalizzazione delle ministro Girolamo Sirchia, che gli droghe leggere e per le unioni civili è succeduto nel ruolo. Nello stesso tra persone omosessuali.

L’IMPEGNO CIVILE

Ex partigiano, sposato a una reduce dai campi di sterminio nazisti, Veronesi ha sempre mostrato una profonda avversione per la guerra. Convinto sostenitore delle potenzialità della scienza come mediatrice dei conflitti, ha creato, con la Fondazione che porta il suo nome, nata nel 2003, un evento pubblico per promuovere la pace nel mondo. Fino alla fine ha tenuto fede, con la sua abbondante produzione di libri e articoli, all’idea che non vi possa essere vero progresso scientifico se la conoscenza non viene diffusa fuori dal ristretto cerchio degli scienziati, e se non si tengono in considerazione anche le ricadute etiche e sociali del progresso scientifico.

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VITA DA RICERCATORE Umberto Veronesi

si” racconta Lucia Del Mastro, direttore dell’Unità sviluppo terapie innovative al San Martino - Istituto tumori di Genova.

Una nuova avventura

carriera sarebbe crollata ma soprattutto avrei portato sulla coscienza il peso di aver offerto alle donne una cura meno efficace. Sono stati anni di grande angoscia, finché il tempo non mi ha dato ragione”. Dalla sua esperienza, Veronesi ha tratto una grande fiducia nel potere della ricerca scientifica, l’unica lente attraverso cui leggere gli accadimenti del mondo. E il suo impegno per promuovere i valori della scienza presso i giovani non si è mai fermato: “Abbiate il coraggio di osare e seguire le vostre intuizioni, anche contestando l’autorità corrente. Solo così può esserci un reale progresso scientifico” ha dichiarato ancora pochi giorni prima di morire rivolgendosi ai giovani ricercatori. “Quando nel 2000 lo invitai a tenere una lezione magistrale alla conferenza nazionale sul tumore al seno, mi disse ‘Con un titolo così non posso rifiutare’. Il titolo era: ‘La ricerca nel carcinoma mammario: una storia italiana’. Una storia scritta da Umberto Verone6 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

Nel 1994 Veronesi abbandonò l’Istituto nazionale tumori per fondare l’Istituto europeo di oncologia (IEO), un centro all’avanguardia nella cura dei pazienti, ma anche nella ricerca clinica e di base. Così Pier Paolo Di Fiore, scienziato esperto di biologia dei tumori, richiamato in Italia proprio da Veronesi al momento della fondazione dell’IEO, ricorda il suo impegno per la ricerca: “Umberto Veronesi ha avuto un ruolo essenziale nell’internazionalizzazione della ricerca italiana. Ma è bene ricordare che tutto ciò che ha fatto, dal far tornare in Italia le persone che giudicava di valore alla creazione di una massa critica di ricercatori che si sono formati all’estero, non era il suo obiettivo primario ma una conseguenza della sua idea principale: dotare l’Italia di una vera ricerca sul cancro, che fosse efficace e di qualità e che integrasse la ricerca di base, la ricerca traslazionale e la clinica. Alla base del suo operato c’è stata l’idea vincente che si cura bene solo dove si fa ricerca, perché questa è una filiera continua che va dal bancone del laboratorio al paziente” racconta Di Fiore, e continua: “Non si è mai vista una tale lungimiranza in un chirurgo: in genere i chirurghi fanno una ricerca molto tecnica mentre lui era interessato a discutere di tutto, dalla ricerca di base all’uso delle staminali in clinica, passando per la genetica. Per lui non esistevano ricerche di serie A e di serie B: metteva entrambe sullo stesso piano, perché le riteneva ugualmente importanti, la sperimentazione sul tamoxifene nel cancro al seno e quella sulla creazione degli organismi modelli per lo studio in laboratorio delle diverse forme di tumore”.

Nani e giganti All’IEO, insieme ad altri colleghi, Veronesi mise a punto la tecnica del linfonodo sentinella nel tumore al seno, che prevede di analizzare il linfonodo più vicino alla sede di comparsa del tumore per valutare la presenza di eventuali metastasi. Se il linfonodo è “pulito”, si evita di svuotare il cavo ascellare, prevenendo una complicanza comune e invalidante, il linfedema. In seguito la tecnica del linfonodo sentinella è stata applicata ad altre forme tumorali, in particolare al melanoma. “Pensando a Umberto Veronesi mi viene subito in mente il mio primo incontro con lui: era il giugno del 1973 e, fresco della mia laurea in medicina, mi sono presentato perché volevo trascorrere un periodo all’INT. Ricordo, come fosse ieri, la sua affabilità e il suo atteggiamento privo di qualunque supponenza e ricco di grande apertura nei confronti di un giovane che aveva appena terminato gli studi”. Così racconta Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’istituto Humanitas di Rozzano e docente di Humanitas University, uno degli scienziati italiani più noti al mondo per i suoi lavori nel campo dell’immunologia e dell’infiammazione. “Veronesi è sempre stato un uomo lungimirante, convinto che nel nostro Paese fosse possibile fare ricerca scientifica ad alto livello coniugando pubblico e privato al servizio di tutti. Questa visione ha contribuito a far nascere AIRC e prestigiosi centri di ricerca, ed è legata strettamente al concetto di responsabilità sociale della scienza, che AIRC rappresenta perfettamente. Pensando a lui mi viene in mente Bernard de Chartres che diceva ‘Siamo nani sulle spalle di giganti’, frase ripresa da Isaac Newton. Io mi sento un nano che può guardare lontano perché poggia sulle spalle di giganti, uno dei quali è proprio Umberto Veronesi”.

Si cura bene solo dove si fa anche ricerca


della ricerca AIRC PML, il freno al tumore Dall’Università di Ferrara arrivano nuove indicazioni su come frenare le cellule tumorali. la chiave si chiama PML, una proteina che, quando è alterata o mancante, consente al tumore di svilupparsi più facilmente. Il gruppo di ricerca guidato da Carlotta Giorgi ha fatto luce su alcuni meccanismi che legano PML al tumore. In particolare, con esperimenti condotti anche grazie al contributo di AIRC, i ricercatori hanno capito che PML è coinvolta nel processo chiamato autofagia, attivato nei momenti di difficoltà per recuperare energia dai prodotti di scarto. Come si legge sulla rivista Cell Reports, se PML è attiva il processo è ben regolato e le cellule tumorali muoiono, ma, se PML manca, le cellule riescono a sopravvivere e moltiplicarsi. La buona notizia è che sono già disponibili farmaci capaci di bloccare l’autofagia. “Si tratta di antimalarici già in commercio che per ora hanno dimostrato la loro efficacia in sperimentazione animale” dice Giorgi. Il prossimo passo è verificarne l’efficacia anche sull’uomo.

Far cadere le resistenze Nonostante i grandi progressi ottenuti nella cura del tumore del colon-retto non mancano i casi in cui, dopo un iniziale successo, la terapia perde efficacia e il tumore diventa resistente ai farmaci. Su questa resistenza si è concentrata Federica di Nicolantonio, ricercatrice di Candiolo (Torino), che assieme ai colleghi ha lavorato sul caso di un singolo paziente per comprendere le ragioni della resistenza e porvi rimedio. “Nel caso analizzato, il tumore presentava, oltre alla mutazione nel gene BRAF, anche una inattesa nel gene MET” spiega la ricercatrice, che ha pubblicato i risultati sulla rivista Cancer Discovery. Il passo successivo è stato la messa a punto di una combinazione mirata di farmaci somministrata in via sperimentale al paziente. I sintomi sono migliorati e le metastasi sono regredite. Lo studio deve essere riproposto su un numero maggiore di casi, ma i dati indicano che la terapia personalizzata e i farmaci intelligenti possono davvero fare la differenza.

... altre ricerche su: airc.it/ricerche-airc

La diffusione dipende da p63 Una particolare forma della proteina p63 – chiamata DeltaNp63 – è più abbondante del normale nelle cellule tumorali metastatiche che dal seno si diffondono al resto dell’organismo. “Le metastasi rappresentano il vero pericolo legato a un tumore” spiega Matilde Todaro, ricercatrice dell’Università di Palermo e coordinatrice di uno studio da poco pubblicato sulla rivista Oncotarget. Proprio questa variante di p63 sembra avere un ruolo di primo piano nel rendere più maligne le cellule del tumore al seno e nel conferire loro la capacità di dare origine a metastasi. Ciò che emerge è che l’abbondanza della variante “pericolosa” di p63 dipende soprattutto dal microambiente tumorale, ovvero dalle cellule e dalle sostanze che circondano il tumore. La ricercatrice, assieme ai colleghi, ha mostrato anche che DeltaNp63 è a monte della cascata molecolare che rende più maligno il tumore. Farmaci che bloccano questa cascata sono già disponibili e la loro efficacia è stata dimostrata in modelli sperimentali.

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TERAPIE Bisturi e robot

La chirurgia oncologica avanza nel silenzio A fronte di grandi titoli sui media dedicati al nuovo farmaco o alla nuova tecnica diagnostica, la chirurgia non gode dei riflettori. Eppure negli ultimi anni ha fatto grandi progressi dal punto di vista sia tecnico sia concettuale a cura di AGNESE CODIGNOLA on una grande rivoluzione copernicana, ma tanti piccoli progressi quasi sempre impercettibili ai più. Così, con un andamento lento ma inesorabilmente progressivo, è cambiata la chirurgia oncologica negli ultimi vent’anni, sospinta da molti e diversi fattori di carattere tanto tecnico quan-

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to culturale. Per questo oggi è molto più difficile che i malati non sopravvivano all’intervento o che ne escano menomati. E per questo oggi il chirurgo fa parte a pieno titolo dell’équipe che decide come impostare le cure, e non è più solo il collega cui inviare il malato ogni volta che si può, ma che esce di scena subito dopo l’intervento. Spiega Ugo Pastorino, responsabile della Chirurgia toracica dell’Istituto naziona-

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le tumori di Milano, uno dei settori che ha visto i maggiori progressi negli ultimi anni: “Innanzitutto bisogna inquadrare i mutamenti culturali. Fino agli anni ottanta si pensava che più l’intervento era radicale, maggiori erano le probabilità di successo. E poiché, in effetti, la farmacologia e la radioterapia offrivano un apporto limitato, l’idea aveva un suo fondamento, anche se negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale era stata portata a eccessi oggi impensabili. Coloro che intervenivano sul malato,

e cioè, oltre al chirurgo, il radioterapista e l’oncologo medico, erano chiusi ciascuno nel proprio mondo, non si parlavano se non raramente e gestivano la propria parte di cura come meglio potevano, ma quasi mai in un’ottica di assistenza globale. Poi tutto è cambiato”. MAI PIÙ DA SOLI Pastorino si riferisce alla progressiva penetrazione del concetto di multidisciplinarietà che, se per molti anni è sembrato solo uno slogan, oggi è davvero una realtà. “Ogni


In questo articolo:

LA STORIA

chirurgia robot cancro della prostata

situazione viene analizzata da team che prevedono tutte le figure professionali, dal chirurgo all’oncologo medico, dal radioterapista al nutrizionista a, quando è possibile e necessario, altri protagonisti. Anche l’intervento, di conseguenza, viene inserito in un contesto globale, programmato con tempi e modalità improntati alla massima efficacia e alla minima compromissione della qualità di vita”. A influenzare le decisioni, spiega ancora il chirurgo, sono tanti fattori, tra i quali i farmaci: oggi ne esistono a decine, e in molti casi altamente specifici; decidere se somministrarne uno o più prima o dopo l’intervento è una scelta importante, che va fatta su ogni paziente in base alle sue specificità. Lo stesso vale per la radioterapia, ancora più potente e circoscritta. Le valutazioni globali sono quindi ormai imprescindibili, anche perché i pazienti, sempre più spesso, vivono a lungo, ed è quindi indispensabile approntare per ciascuno di loro un piano di cura che ne salvaguardi il più possibile la salute a tutti i livelli. “Si pensi, per esempio, agli anziani” continua Pastorino, “oggi si provvede a inquadrare il ma-

FIGLIA DI UN DIO MINORE lato anche per quanto riguarda tutte le malattie concomitanti e, per esempio, a portare entro limiti di sicurezza la situazione cardiaca, o renale, o epatica, prima di iniziare le cure per il tumore”. MINI NON È SEMPRE MEGLIO Oltre a questo aspetto c’è poi quello tecnico, fondamentale. Spiega il chirurgo: “Ogni passaggio ha subito grandi miglioramenti: dalla preparazione preoperatoria all’anestesia, dall’asportazione del tumore alla gestione delle fasi post operatorie fino alla prevenzione delle complicanze. Il risultato è un netto miglioramento degli esiti”. Ma oggi la chirurgia oncologica è anche parte attiva della ricerca a tutti i livelli, mentre un tempo ciò che veniva asportato era semplicemente buttato. Capire con quale tipo di tumore si sta combattendo è cruciale per la cura, e i chirurghi collaborano strettamente con gli anatomopatologi, così come con chi fa ricerca a livello biologico, genetico e molecolare valutando, per esempio, se un paziente ha risposto e come a una terapia assunta prima dell’intervento, o cercando le mutazioni specifiche e inserendo i dati raccolti in grandi banche dati. La ricerca, ricorda ancora l’esperto, contribuisce così non solo ad approfondire le conoscenze e a curare meglio il singolo, ma anche a migliorare le tecniche chirurgiche. E anche da questo punto di vista i progressi sono conti-

I farmaci influenzano anche la chirurgia

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i chirurgia oncologica, nei mezzi di comunicazione, si parla poco. Eppure è imprescindibile in moltissime forme tumorali. Come mai? E che conseguenze può avere questo scarso interesse? I motivi sono da ricercarsi soprattutto in un retaggio storico: per anni, nella seconda metà del Novecento, le procedure sono state sempre improntate a un unico scopo: l’asportazione più radicale possibile delle masse tumorali. Ciò avveniva perché non c’era molto a disposizione e si sapeva che ogni cellula tumorale rimasta poteva costituire un rischio mortale. Poco importava, quindi, se la qualità di vita del malato (che non di rado non sopravviveva all’operazione, nei casi di tumore più avanzato) diventava pessima. D’altro canto, la chemioterapia prima e le terapie a bersaglio molecolare poi e, da ultimo, l’immunoterapia, trasmettevano ai malati la sensazione che la farmacologia stesse facendo grandi progressi, e avrebbe forse presto potuto garantire l’addio al bisturi. Risultato: secondo uno studio della BBC, tra il 1998 e il 2006 il 20 per cento di tutte le notizie pubblicate dalla principale televisione britannica e dai suoi siti internet ha riguardato farmaci contro il cancro. Ma il fenomeno ha importanti ripercussioni perché influenza i finanziamenti e le scelte di politica sanitaria. E non riflette la realtà. Fortunato Ciardiello, presidente della European Society for Medical Oncology, di recente così ha commentato, sulla rivista Cancer World, la situazione attuale: “L’opinione pubblica non si rende conto del fatto che curare il cancro è una questione molto complessa e richiede la competenza di diverse figure professionali, che devono lavorare in istituzioni sanitarie che funzionino bene e il cui ruolo si armonizzi con quelli degli altri specialisti nell’ambito di una rete che parte dal medico di base e arriva fino ai centri ad altissima specializzazione oncologica. La chirurgia, in molte forme tumorali, è fondamentale, per la sopravvivenza a lungo termine. È necessario aumentare il numero di sperimentazioni cliniche che coinvolgono direttamente l’aspetto chirurgico, in modo che gli interventi entrino a pieno titolo nelle linee guida internazionali”.

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TERAPIE Bisturi e robot

NUOVE TECNOLOGIE

IL ROBOT? SOLO IN CASI SPECIFICI

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l chirurgo può essere sostituito, almeno in alcuni casi, dal robot? La domanda aleggia ormai da anni, da quando cioè ha iniziato a diffondersi la chirurgia robotica. Le casistiche pubblicate hanno sempre dato risultati contrastanti, dalle quali emerge che non c’è una regola buona per tutti: in alcuni casi il robot può essere una soluzione, in altri è meglio continuare ad affidarsi all’operatore umano. Una delle ultime ricerche in ordine di tempo, pubblicata su Lancet, conferma che nel carcinoma della prostata effettivamente il robot può aiutare, almeno per quanto riguarda alcune complicanze post operatorie, ma non garantisce un netto vantaggio rispetto alle mani dello specialista per quanto riguarda il tumore. Nello studio gli esperti dell’Ospedale universitario di Brisbane, in Australia, hanno reclutato circa 300 malati, tutti con un’età compresa tra i 35 e i 70 anni, senza altre malattie gravi, e li hanno sottoposti a un intervento tradizionale oppure a uno effettuato con il robot, e sono andati poi a vedere gli effetti sulla continenza urinaria e sulla funzionalità sessuale, trovando che non vi erano differenze significative a 6 e 12 settimane dall’intervento, e che lo stesso valeva per quanto riguarda il successo in termini di asportazione della massa; tuttavia, la procedura robotizzata è risultata associata a un tasso minore di sanguinamenti post chirurgici, e potrebbe essere indicata in alcuni malati più fragili di altri. Il dato è in linea con altre casistiche pubblicate negli ultimi anni, ma è valido solo per quanto riguarda il carcinoma prostatico, mentre per altri tumori la discussione è ancora aperta.

Il vantaggio di lavorare come fa la natura

nui: “Si è passati da una fase nella quale il mantra ‘mini è meglio’ aveva portato a errori anche gravi, perché si riteneva che quasi tutti gli interventi dovessero essere trasformati in qualcosa di meno invasivo, spesso eseguito in laparoscopia, a una fase più razionale, nella quale ogni tipo di approccio ha una sua collocazione specifica, quasi sempre supportata da sperimentazioni e valutazioni di grandi casistiche. Se si può e si è in grado di assicurare le stesse probabilità di guarigione, si procede in modo mininvasivo, ma quando questo non è possibile, come avviene quasi sempre in chirurgia toracopolmonare, non si sacrifica più la possibilità di asportare la massa all’estetica, anche perché si riesce a intervenire molto meglio rispetto al passato”.

Un continuo miglioramento dei risultati per i pazienti

PROGRESSI TECNOLOGICI Ciò avviene anche perché gli ausili tecnologici disponibili oggi, sia per la diagnosi sia per le visualizzazioni durante l’operazione, e gli strumenti chirurgici stessi possono offrire supporti impensabili fino a pochissimo tempo fa. Uno dei casi più interessanti, da questo punto di vista, è quel10 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

lo dell’avvento della chirurgia robotica. Se per molti versi ha deluso le aspettative (vedi box a fianco), dal momento che non assicura grandi benefici se non in sedi molto limitate e non consente di modificare rapidamente il tipo di asportazione una volta analizzata la situazione, per altri ha permesso un avanzamento tecnologico anche nella chirurgia gestita direttamente dal medico. “Oggi disponiamo di strumenti miniaturizzati che in parte sfruttano la tecnologia messa a punto per i robot chirurgici, e in questo modo abbiamo la possibilità di vedere molto meglio, e di intervenire con strumenti davvero inimmaginabili solo una trentina di anni fa” spiega Pastorino. “Inoltre possiamo ricostruire interi segmenti, sia con protesi sia con trapianti autologhi, e anche questo aiuta a preservare la qualità di vita e la funzionalità degli organi colpiti”. Anche da questo punto di vista, quindi, la rivoluzione c’è stata ed è tuttora in corso. Non uno tsunami, ma una serie di sommovimenti che danno un contributo fondamentale al continuo miglioramento dei tassi di sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore.


RICERCA Batteri benefici

Il microbiota incontra il cancro I microrganismi che convivono con ciascuno di noi stanno diventando protagonisti della ricerca oncologica dati i loro numerosi legami con lo sviluppo dei tumori e per le possibilità terapeutiche che sembrano offrire

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a cura di CRISTINA FERRARIO essun uomo o donna sulla terra è davvero solo. No, questo non è un articolo dedicato alla psicologia, ma a milioni di microrganismi – il microbiota – con i quali conviviamo e che nel corso di migliaia di anni di evoluzione hanno dato origine al cosiddetto “superorganismo”, ovvero l’unione dell’uomo e dei suoi numerosissimi compagni di viaggio invisibili. “Viviamo in completa e perfetta simbiosi con il nostro microbiota; ormai è chiaro che la nostra salute, e la possibilità di sviluppare tumori, è profondamente legata a queste comunità di microrganismi, tanto importanti ma anche tanto delicate” spiega Maria Rescigno, direttrice dell’Unità di immunobiologia delle cellule dendritiche e immunoterapia all’Istituto europeo di oncologia di Milano, che da anni studia il microbiota e la sua influenza sulla risposta immunitaria.

Un legame ormai certo

Quando si parla di microbiota, si pensa spesso a quella che un tempo era

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DI CHE ENTEROTIPO SEI?

utti conoscono i gruppi sanguigni, ma in pochi sanno che è possibile “schedare” le persone sulla base di quello che gli esperti chiamano enterotipo, ovvero la tipologia di microbiota che caratterizza ciascun individuo. Ci sono tre diversi enterotipi che potrebbero aiutare in futuro

chiamata “flora intestinale” ovvero un gruppo di microrganismi (non solo batteri, ma anche virus, funghi eccetera) che ci aiutano a svolgere le varie funzioni legate alla digestione e all’assorbimento del cibo. “Quella legata all’alimentazione è una delle funzioni più note e importanti del microbiota intestinale, ma non è certo l’unica” afferma Rescigno, ricordando che i microrganismi intestinali influenzano anche molte altre funzioni sia a livello locale sia a distanza, controllando per esempio l’in-

a predire il rischio di determinate malattie o la risposta alla terapia. Inoltre, a differenza del gruppo sanguigno, l’enterotipo può essere modificato. Le trasformazioni ottenute con una dieta mirata non sono permanenti, ma resistono fino a quando si porta avanti un certo regime alimentare.

terazione con il sistema immunitario e con il sistema nervoso. “Non dobbiamo dimenticare che i geni del microbiota aumenGENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 11


RICERCA Batteri benefici

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NUTRIRE BENE I NOSTRI OSPITI

uando ci alimentiamo, nutriamo anche il microbiota intestinale, modificandolo a seconda della composizione della nostra dieta. “L’alimentazione è stata spesso messa in secondo piano dagli oncologi anche se negli

tano di circa 100 volte il nostro genoma per cui molte delle funzioni del nostro organismo sono eseguite proprio dai microrganismi che lo compongono”. Con la sua enorme complessità, il microbiota può avere effetto anche su varie patologie, incluso il cancro, con cui esiste un legame dimostrato da molti esperimenti scientifici. Si stima che circa il 20 per cento dei tumori sia in certo modo legato alla sua composizione e, in particolare, al suo rapporto con il sistema immunitario e alla sua capacità di generare uno stato di infiammazione che può favorire la comparsa della malattia. È stato osservato che l’immunoterapia è meno efficace nel tumore del 1 2 3 4

ultimi anni l’interesse verso il legame cibo-cancro è aumentato” dice Rescigno. E oggi, grazie alle nuove scoperte legate al microbiota, alla sua capacità di influenzare lo sviluppo dei tumori e alla possibilità di modularlo con il cibo

colon che in tumori localizzati fuori dal tratto gastrointestinale, probabilmente a causa di un certo microbiota. Vi sono anche alcuni esempi noti di microrganismi legati allo sviluppo di tumori, primo tra tutti l’Helicobacter pylori che, quando prende il sopravvento, causa uno stato di infiammazione cronica e aumenta il rischio di cancro dello stomaco.

Amici o nemici? Studiare il microbiota non è semplice: i tradizionali metodi per lo studio dei

Nel 2016 vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Queste ricerche rispondono alle sfide 2 e 3. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide 12 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

o con supplementi ad hoc, l’alimentazione potrebbe avere un ruolo da vero protagonista in oncologia. “Questo non significa eliminare la carne o mangiare solo biologico, ma cercare di capire quali alimenti sono più adatti al singolo individuo, con un determinato microbiota e in un momento preciso della sua vita” sottolinea la ricercatrice. microrganismi riescono a identificare solo una piccola parte (circa il 30 per cento) dei suoi componenti e solo di recente, grazie alle moderne tecniche di sequenziamento, si è ottenuta una fotografia più nitida di questa popolazione di microrganismi e del suo patrimonio genetico. E non è tutto. “Negli studi sul microbiota c’è il problema della riproducibilità dei risultati” afferma la ricercatrice milanese, che poi spiega: “Un animale usato per lo studio del cancro, nato e cresciuto in un certo stabulario, ha un microbiota diverso da quello proveniente da un altro stabulario e ciò a volte porta a risultati opposti nello stesso tipo di esperimento. Volendo semplificare il quadro, si possono considerare due grandi gruppi di microrganismi presenti nel microbiota: i simbionti e i patobionti” continua Rescigno. Si defini-


In questo articolo:

microrganismi sistema immunitario fattori di rischio

scono simbionti tutti i microrganismi che hanno un basso potenziale negativo nei confronti dell’organismo, patobionti quelli che, pur fondamentali, possono diventare pericolosi se aumentano in modo incontrollato: un esempio su tutti il citato Helicobacter pylori. Se si guarda nello specifico del cancro, si nota che ci sono alcuni microrganismi pro-tumorigenici (cioè che favoriscono i tumori) e altri antitumorigenici. “Così come ci sono geni che favoriscono lo sviluppo del cancro (oncogeni) e ce ne sono altri che lo tengono a bada (oncosoppressori)” precisa l’esperta, ricordando che in alcuni casi il microbiota influenza tumori anche lontani dall’intestino producendo molecole – dette MAMPS (Microbial Associated Molecular Pattern) – che servono proprio per attivare una risposta immunitaria o altre che aiutano la formazione di nuovi vasi sanguigni.

rilievo che dimostrano come il microbiota sia in grado di influenzare la risposta al trattamento” afferma la ricercatrice. Per esempio, alcuni farmaci chemioterapici come l’oxaliplatino agiscono rendendo visibile il tumore al sistema immunitario ed è chiaro che se il microbiota del paziente è alterato e tende a sopprimere la risposta immunitaria, il farmaco sarà meno efficace. La risposta alla cura dipende quindi anche dall’alimentazione, che è in grado di modulare la composizione del microbiota, e può cambiare “in corso d’opera”. Si pensi per esempio a un paziente in trattamento chemioterapico costretto a prendere un antibiotico che modifica il suo microbiota: a questo punto la risposta al farmaco può cambiare, aumentando o diminuendo. E che dire poi degli effetti collaterali delle terapie anticancro? “Il microbiota potrebbe essere utilizzato anche per ridurre tali effetti, soprattutto quelli legati alla componente immunitaria come rash cutanei o mucositi” dice Rescigno.

Importante in tutte le fasi di un tumore

Sempre presente Il microbiota interviene in tutte le fasi del tumore, dalla diagnosi fino alla terapia e al mantenimento dei risultati ottenuti. “Il microbiota cambia notevolmente in presenza o in assenza del tumore e, dal momento che alcuni di questi cambiamenti sono visibili molto prima della manifestazione clinica della malattia, la sua analisi può essere utile per la diagnosi precoce” commenta Rescigno. Ma la presenza di una particolare comunità di microrganismi potrebbe anche dare indicazioni sulla prognosi e aiutare a capire se la malattia avrà un decorso più o meno aggressivo o se il paziente risponderà al trattamento. “Ci sono almeno quattro grandi studi pubblicati su riviste scientifiche di grande

Un gioco di modulazione

Il potenziale del microbiota nella lotta contro il cancro è molto vasto. La ricerca in questo settore è però solo agli inizi e restano tante domande alle quali bisognerà trovare risposta prima di poter intervenire per modificarlo a nostro favore. Lo studio è complesso e deve tener conto di molte variabili, come il patrimonio genetico della persona che può modificare l’effetto di un microrganismo sul tumore. E non solo. Sappiamo che la comunità che compone il microbiota è molto varia nelle persone sane e le diverse spe-

IL MICROBIOTA NON È SOLO INTESTINALE

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a maggior parte degli studi sul microbiota si è finora concentrata sulla popolazione di microrganismi che popola l’intestino e che rappresenta in effetti il 99 per cento del microbiota totale, ma non bisogna dimenticare che questi nostri compagni di viaggio sono presenti anche altrove. Li si ritrova infatti su tutte le mucose (per esempio quelle di bocca e vagina), ma anche sulla pelle e nei diversi organi. “Anche i microrganismi che risiedono al di fuori dell’intestino potrebbero svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei tumori e nella regolazione dei processi che portano al cancro o lo sostengono, ma le informazioni a riguardo oggi sono ancora troppo poche per poter arrivare a un intervento mirato” spiega Rescigno, che poi conclude: “Di certo in futuro gli studi si allargheranno anche a questi microrganismi, magari con una disciplina tutta nuova dedicata solo al microbiota”.

cie di microrganismi vivono in perfetto equilibrio in una condizione chiamata eubiosi, che diventa disbiosi quando l’equilibrio si altera e alcune specie prendono il sopravvento. Capire come spostare questo equilibrio naturale verso uno capace di combattere la malattia è sicuramente una delle prossime sfide. Prima però è necessario conoscere bene tutti gli abitanti della comunità del microbiota e la loro influenza sulla salute. “Lo studio del microbiota ci sta aprendo molte strade e ci permetterà di agire per la prevenzione e la cura del cancro a diversi livelli attraverso una medicina davvero personalizzata che tenga conto della malattia, della persona e del suo microbiota” dice Rescigno, che poi conclude: “Quando si lavora con il microbiota bisogna avere sempre gli occhi e la mente bene aperti perché le risposte alle domande possono arrivare anche da vie del tutto inaspettate”. GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 13


FARE CHIAREZZA La dieta alcalina

Perché il cibo basico non ci aiuterà a curare il cancro Inauguriamo con questo numero una nuova rubrica già presente sul sito web di AIRC, il cui scopo è chiarire aspetti controversi legati al cancro, ma anche smontare le innumerevoli bufale che circolano su questa malattia e mettono a rischio la sicurezza e la salute dei pazienti

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a cura di DANIELA OVADIA a cosiddetta dieta alcalina, cioè basata su alimenti che, secondo chi la sostiene, dovrebbero portare il pH del corpo verso la basicità (il contrario dell’acido), gira in rete ormai da anni. Secondo alcuni avrebbe proprietà benefiche addirittura contro il cancro. La “base teorica” (se così si può chiamare) di questa credenza non scientifica è il cosiddetto “effetto War-

LA TRAPPOLA DELLE CORRELAZIONI

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li studi che hanno dichiarato di aver osservato un nesso tra l’alcalinità della dieta e gli effetti benefici per la salute sono tutti costruiti sul meccanismo della correlazione, che può facilmente trarre in inganno. Immaginiamo per esempio che una persona osservi un miglioramento delle capacità di concentrazione e veglia in chi beve caffè e che attribuisca questo effetto al fatto che il caffè è acido: in realtà l’acidità non influenza

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burg”, dal nome del fisiologo tedesco Otto Heinrich Warburg, vincitore, nel 1931, del premio Nobel per la medicina per le sue scoperte sul metabolismo dei tumori. Warburg scoprì che, tra i tanti cambiamenti che i tessuti tumorali inducono a livello locale, nell’organo in cui proliferano, vi era anche un aumento della produ-

zione di energia da parte delle cellule, attraverso un fenomeno chiamato glicolisi, ovvero attraverso il consumo di glucosio. Questo meccanismo si attiva in genere solo quando i tessuti sono a corto di ossigeno: nel caso dei tumori, invece, la glicolisi parte anche in presenza di quantità di ossigeno 200 volte superiori a quelle normali. Produrre energia in questo modo ha un effetto collaterale: nei tessuti rimangono, come scorie, alcune sostanze acide, tossiche per l’organismo, che richiedono un po’ di tempo per essere smaltite. Un esempio noto a tutti è quello della glicolisi muscolare, che si attiva durante sforzi fisici intensi, al termine dei quali i muscoli risultano indolenziti per accumulo di acido lattico. L’ambiente acido, hanno scoperto dopo Warburg altri scienziati, è favorevole alla proliferazione dei tumori perché corrode i tessuti sani e crea spazio per quelli malati. Ecco perché alcuni affermano che è possibile usare sostanze molto basiche (per esempio il bicarbonato o una dieta basica), per neutralizzare l’effetto degli acidi prodotti dal tessuto tumorale. Il termine “alcalino” si riferisce a una delle caratteristiche dei tessuti: il grado di basicità (o alcalinità) che è indicato dal valore del pH.

Il corpo corregge le variazioni di pH

minimamente la concentrazione ma è un altro componente, la caffeina, che ne è responsabile. Gli studi di correlazione possono quindi fornire informazioni importanti ma vanno valutati con attenzione. Nel caso della dieta alcalina, si può certamente affermare che ridurre l’apporto di carne e fritti e favorire il consumo di frutta e verdura è una mossa intelligente, al di là della basicità o acidità dell’alimento, e corrisponde a ciò che noi sappiamo oggi essere la migliore dieta preventiva nei confronti del cancro. Di certo, nessuno studio rigoroso ha mai dimostrato che queste diete alcaline abbiano alcun effetto di prevenzione o cura del cancro per via del loro pH.

Acidi o basi nell’organismo

La scala che misura il pH parte dallo zero – e dagli acidi più forti – e arriva al 14, valore massimo che rappresenta il livello più alto di alcalinità. Il valore intermedio della scala, il sette o neutro, è quello dell’acqua distillata, ovvero acqua in cui non è disciolta alcuna sostanza. L’acqua distillata quindi non è né acida né alcalina. Nel corso della vita quotidiana veniamo in contatto con sostanze più o meno acide – come il succo di limone, l’aceto e il caffè – o più o meno basiche, dall’acqua di mare ai saponi alcalini, da


In questo articolo: dieta basica prevenzione bufale

ammoniaca e varechina fino alla soda caustica (che brucia i tessuti proprio perché è estremamente basica). I succhi gastrici necessari alla digestione dei cibi sono fortemente acidi (con un pH compreso tra 1 e 2), poiché contengono acido cloridrico, lo stesso venduto diluito e impuro con il nome di acido muriatico. Il sangue, invece, è neutro, leggermente alcalino, con lievi oscillazioni attorno al valore di pH 7,4: l’equilibrio attorno a questo valore (con brevi escursioni fino a 7,3 o a 7,5 per qualche minuto) è cruciale per il funzionamento dell’organismo, ed è mantenuto con meccanismi di compenso automatici molto efficienti, basati sulla respirazione (che insieme all’aria espirata fa uscire dall’organismo le sostanze volatili in eccesso) e in misura minore sull’attività dei reni, che con le urine eliminano le sostanze non volatili responsabili dello squilibrio. Quando ingeriamo una sostanza acida (come una spremuta di agrumi, o un succo di pomodoro) o una alcalina (come un cucchiaio di bicarbonato di sodio) il corpo si mette subito in moto: i recettori avvertono lo squilibrio e attivano i meccanismi che permettono al pH del sangue di tornare al valore di 7,4: se qualcosa non funziona, l’organismo entra in uno stato di “acidosi metabolica”, o al contrario di “alcalosi metabolica”, che rischia di portare alla morte in breve tempo.

La relazione col cancro Queste premesse sono necessarie per rispondere alla domanda cruciale: che senso ha una “dieta alcalina” che dice di puntare ad “alcalinizzare l’organismo”, dal momento che tutto il nostro metabolismo lavora per evitare che ciò accada? Di fatto è praticamente impossibile modificare in modo sostanziale il pH dei tessuti perché siamo costruiti per im-

pedire che ciò accada e perché se così non fosse correremmo gravi rischi. Si possono davvero avere benefici anticancro mangiando cibi che al di fuori dell’organismo tendono a essere basici, come alcuni tipi di frutta e alcuni legumi? La risposta è no, perché qualunque cibo viene rapidamente in contatto con i succhi gastrici presenti nello stomaco, che sono molto acidi. Questo neutralizza la sua alcalinità, rendendo il cibo neutro o addirittura acidificato prima di essere assimilato. Se anche esistesse un cibo capace di mantenere la sua alcalinità dopo aver attraversato lo stomaco, e quindi capace di alterare il pH del sangue e dei tessuti, l’organismo metterebbe in funzione i sofisticati ed efficienti meccanismi automatici, per riportare immediatamente il pH ai valori di normalità, attorno a 7,4. In caso contrario, l’organismo si troverebbe in pochi minuti in stato di alcalosi metabolica e avrebbe bisogno dell’intervento urgente di un’équipe medica per scampare alla morte.

GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 15


PROGETTI PEDIATRICI Tumori cerebrali

Raccogliere le informazioni per battere l’ependimoma Il progetto sui tumori cerebrali pediatrici (e in particolare l’ependimoma) finanziato da AIRC ha portato alla creazione di un percorso di cura per una malattia rara ma oggi affrontabile con fiducia a cura di AGNESE CODIGNOLA casi di ependimoma, tumore che colpisce la parte posteriore del cervello in bambini piccoli, per lo più con meno di dieci anni, per fortuna, sono pochissimi: in Italia, le diagnosi sono circa 20-30 all’anno. Ma questo, storicamente, ha rappresentato anche un grande limite alla messa a punto di protocolli condivisi e convalidati: i piccoli malati, spesso, venivano trattati solo in base all’esperienza del centro cui facevano riferimento, in modo piuttosto artigianale, poiché non c’erano iter diagnostici e terapeutici chiari. E la conoscenza delle caratteristiche biologiche e molecolari del tumore segnava il passo. Poi la svolta, l’avvio di

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un grande progetto nazionale, coordinato da Maura Massimino, responsabile dell’Oncologia pediatrica dell’Istituto tumori di Milano, e finanziato da AIRC. Spiega la pediatra: “Per la prima volta siamo riusciti a far confluire tutti coloro che si occupavano di questi tumori su un unico protocollo, e abbiamo verificato diverse modalità di cura, al fine di identificare le procedure più adeguate per ogni caso. Contemporaneamente abbiamo sistematizzato la raccolta dei campioni istologici provenienti dagli interventi, inviandoli tutti a un unico laboratorio (quello di neuropatologia dell’Università La Sapienza di Roma), in modo da disporre di dati che aiutassero a progredire nella conoscenza della malattia”.

Un database nazionale per raggiungere la casistica

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TRE STRUMENTI DI ATTACCO Tutto ciò, chiarisce l’esperta, è necessario in tumori così delicati per il tipo di paziente (a volte sono bambini che non hanno neppure un anno di età) e perché, con casistiche così ridotte, l’improvvisazione è un pericolo sempre pre-

sente. In particolare, dal punto di vista della cura, i centri coinvolti dovevano stabilire che cosa è meglio fare dopo l’asportazione chirurgica della massa. Spiega ancora Massimino: “L’intervento è imprescindibile e, quando riesce ad asportare tutto il tumore, è determinante per la progno-

LA CASISTICA

UNO STUDIO FONDAMENTALE

U

na casistica così ampia, costituita da 160 bambini dell’età media di circa cinque anni, non era mai stata studiata in modo scientificamente inattaccabile. Ci ha pensato Maura Massimino che, con pazienza e scrupolo (e il supporto economico di AIRC), ha raccolto i dati dei piccoli pazienti curati all’Istituto dei tumori di Milano, aggiungendoli a quelli raccolti in tutta Italia (impressionante la lista dei centri che hanno contribuito) tra il 2002 e il 2014, fino a tracciare un percorso di cura scientificamente valido per le diverse situazioni, e di cui è stato dato conto in un articolo pubblicato su NeuroOncology nello scorso mese di marzo. Tutti i bambini sono stati seguiti per almeno cinque anni (67 mesi in media). Più di un centinaio (110) è stato operato in maniera completa fin dall’e-


In questo articolo:

tumori cerebrali oncologia pediatrica Maura Massimino

lecolare, ma per ora si tratta di protocolli sperimentali), e anche in questo caso abbiamo stabilito diverse combinazioni e confrontato le une con le altre. Il risultato è stato l’individuazione di una procedura valida per i diversi tipi di malati e, insieme, la base per un grande progetto europeo già partito”.

si. Per questo è assolutamente fondamentale che a eseguirlo sia un neurochirurgo esperto di tumori pediatrici con riferimenti sul territorio nazionale, per poter intervenire nel miglior modo possibile. Poi si aprono diverse opzioni: senz’altro la radioterapia che, ancora una volta, deve essere

eseguita in centri specializzati, poiché l’irradiazione deve essere estremamente precisa e mirata, in modo da non compromettere lo sviluppo del cervello del bambino. In alcuni casi, poi, c’è la chemioterapia, per ora con farmaci classici (sono in corso alcuni studi con molecole a bersaglio mo-

UNO SFORZO INTERNAZIONALE I dati aggregati nella prima fase (vedi box), racconta l’oncologa, riguardavano 160 pazienti: una delle più grandi casistiche mai raccolte, e sono stati utilissimi anche per estendere il modello centralizzato a tutta l’Europa dove, al momento, è in corso uno studio che dovrebbe arruolare non meno di 350 malati. Ancora Massimino: “I Paesi coinvolti sono ben 17, e per ora sono già partiti la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna, oltre all’Italia. Ogni Paese ha i suoi centri di riferimento per i diversi pas-

saggi, dalla chirurgia alla radioterapia alla chirurgia alla ricerca sui materiali biologici, e il confronto con i colleghi è già molto attivo”. Lo scopo di questo grande sforzo è garantire a ogni bambino le migliori possibilità di cura a livello continentale e, al tempo stesso, raccogliere più dati possibili sia sugli aspetti clinici, sia su quelli più prettamente biologici quali, ad esempio, la presenza di marcatori che possano indirizzare la terapia, o che siano utili per le prognosi. Questo tipo di iniziativa, inoltre, appare ancora più utile se si pensa al fatto che non esistono quasi finanziamenti pubblici (in Italia nessuno) su queste malattie, e la ricerca deve quindi fare ogni sforzo per sfruttare al massimo le risorse a disposizione, non disperdendo nulla di ciò che associazioni come AIRC riescono a finanziare. E che, come la storia dell’ependimoma dimostra, possono portare a grandi risultati.

Il modello milanese è esteso a tutta Europa

sordio, mentre 46 bambini (pari al 28,8 per cento del totale) hanno avuto bisogno di un secondo, e a volte di più interventi (evenienza non rara in questi malati, data la localizzazione complessa). Tra i pazienti che presentavano un residuo di tumore dopo la chirurgia, la sopravvivenza senza segni di ripresa della malattia è stata riscontrata nel 58,1 per cento dei casi, mentre la percentuale di bambini che alla chiusura dello studio era ancora in vita è stata del 68,7 per cento. Osservando invece il gruppo nel suo insieme, la sopravvivenza libera da ricadute dopo cinque anni è risultata pari al 65,4 per cento, quella generale all’81,1 per cento, e non si sono registrati decessi dovuti alla tossicità delle cure ricevute. L’ependimoma risulta quindi spesso curabile, laddove vi sia una gestione ottimale, anche se va ricordato che è un tumore che tende a dare recidive, eventualmente anche, dopo molti anni. Per questo i malati devono essere sottoposti a controlli per molto tempo.


TESTIMONIANZE Marina Morpurgo

Le aspettative e la realtà Questo testo è nato come un post su Facebook, sulla pagina della giornalista e scrittrice milanese Marina Morpurgo. Scritto di getto, come uno sfogo e come un monito verso chi crede troppo poco nei progressi della medicina e verso chi crede troppo ai venditori di sogni

In questo articolo: farmaci biologici melanoma recensioni

Sono andata a leggere le ricerche originali. Certo, è una fatica, e non sempre ci si riesce. Certo, non ti dicono quello che vorresti sentire, ovvero che tutto andrà bene. Ho letto questi papiri e li ho trovati molto onesti. Davano delle percentuali, e io ho avuto modo di fare i conti. Parlavano di una remissione di mesi, cosa che c’è stata. Parlavano di cellule tumorali che dopo qualche tempo purtroppo si fanno furbe e obbligano a intervenire con un secondo farmaco di rinforzo (nel caso della mamma non è stato possibile perché avrebbe rischiato di renderla cieca). Di questo parlavano: di mesi. Di mesi di tregua e benessere, e poi di mesi di sopravvivenza alla malattia. E facendo i raffronti ho visto che a ogni nuovo abbinamento di farmaci che si sperimenta, questi mesi diventano di più. Non si guarisce, no. Ma si sopravvive di più. Sono i primi passi di una strada molto, molto promettente.

Descrizioni oneste

L’ultimo libro di Marina Morpurgo

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di MARINA MORPURGO on sono un medico (in gioventù ho dato qualche esame di medicina, e leggevo per hobby prontuari clinici dei quali era piena la mia casa, dato che sono figlia di due medici). Non sono una studiosa di forme tumorali, men che meno. Però quando la malattia mi ha toccato in prima persona, sono andata a documentarmi. Quando la mamma si è ammalata, ho saputo che era una diagnosi senza speranze. La sua era una condanna, e di quelle che, nella mia fantasia, prevedevano una sentenza eseguita dolorosamente. Gli amici medici con cui ne parlavo sanno della mia disperazione e dei miei terrori. Dal passato, e dalla morte di genitori di amici, conoscevo la cattiveria del melanoma non preso per tempo. Per questo mi controllo periodicamente i nei, e seguo scrupolosamente le indicazioni dei medici che mi hanno detto di non prendere il sole sulla schiena e sulle spalle (sono un soggetto a rischio). La malattia della mamma mi ha permesso di scoprire i passi avanti che si sono fatti nella terapia di alcune forme di cancro, tra cui il tipo di melanoma che la affliggeva. Sono primi passi, piccoli, ma danno speranze.

Il valore dell’informazione Paradossalmente, tra i mille annunci sensazionalistici, tra le cure miracolistiche, io degli anticorpi monoclonali con cui è stata curata non avevo mai sentito parlare. 18 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

È poi andata così. Abbiamo avuto in regalo qualche mese in cui la mamma è andata al cinema, ha visto le amiche. Non ha sofferto quel che temevo avrebbe sofferto: ho ancora negli occhi l’agonia di mia nonna Irma intontita dalla morfina che non bastava mai. L’andamento è stato quello descritto onestamente nelle ricerche. Gli effetti collaterali ci sono stati, ma modesti. Nessuno si è accanito. Nessuno voleva avvelenarla per chissà quale sordido complotto. Proprio per questo nei mesi scorsi ho faticato a non rispondere male alle persone che proponevano le cure alternative dell’amico naturopata, o del medico tedesco che (chissà come mai!) è pure finito in galera. Oppure che suggerivano con grande insistenza di usare il farmaco chemioterapico tradizionale che aveva usato con tanto benefi-

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L’AUTRICE

x giornalista dell’Unità e del settimanale Diario, dove ha diretto per anni la sezione culturale, Marina Morpurgo ha pubblicato sette libri per ragazzi, tra i quali il ciclo dell’iraconda strega Sofonisba (tutti editi da Feltrinelli). Nel 2010 è uscita per Astoria la raccolta di racconti Sono pazza di te (ma fino a un certo punto). Ha scritto con l’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo Le regole raccontate ai bambini (Feltrinelli). Sempre per Astoria ha pubblicato La scrittrice criminale (2011) e Risorse disumane (2012). Attualmente si dedica alle traduzioni letterarie dall’inglese.


cio lo zio Gigi, come se ogni tumore non fosse un caso a sé, con protocolli suoi (per la mamma era stata fatta una tipizzazione molecolare per identificare la presenza di un gene mutato). Queste persone dispensatrici di consigli senza basi scientifiche si prendono delle enormi responsabilità nei confronti dei malati, alcuni dei quali potrebbero prestare loro ascolto, e farebbero bene a rendersene conto.

MARINA MORPURGO Nata a Milano nel 1958, ha lavorato per molti anni come giornalista di cronaca e di cultura. Ha cominciato a scrivere per i ragazzi ma presto ha esteso il suo pubblico. È traduttrice dall’inglese: sue sono alcune delle traduzioni dei romanzi dei fratelli Singer e la serie di gialli che ha per protagonista la “detective per caso” Agata Raisin.

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È SOLO UN CANE (DICONO)

un caso letterario (dato che in poche settimane ha venduto migliaia di copie), il piccolo libro di Marina Morpurgo dedicato a una doppia storia: quella dei membri della propria famiglia, di origini ebraiche, scampati alle persecuzioni nazifasciste grazie al coraggio di un prete e di alcune suore che li hanno nascosti a Gambassi, un piccolo comune della Toscana; e quella di Blasco, cane d’acqua portoghese, arrivato quasi per caso nella vita di Marina e molto amato, che a Gambassi è nato, per uno strano percorso del destino. Un giorno, però, dopo anni di passeggiate in montagna e grandi feste con amici, Blasco si ammala di tumore, un sarcoma che non lascia speranze. La sua “infermiera”, come con leggerezza e ironia l’autrice si

autodefinisce nel libro, non getta la spugna e lotta per allungargli la vita, finché questa merita di essere vissuta. Una storia di malattia canina, intercalata a una storia di sopravvivenza umana, che merita di essere letta. Si ride (molto), si ascoltano i pensieri dell’autrice e del suo cane (nel libro dotato di parola) e talvolta si piange. Come quando, nel corso di una passeggiata, Blasco, ormai senza più una zampa, amputata per cercare di eradicare il più possibile il tumore, incontra un “collega” umano, un ragazzino con la testa calva, contento di poter condividere con il simpatico animale un destino di lotta contro la malattia. È solo un cane (dicono) di Marina Morpurgo Astoria, 2016 - 112 pagine, 12 euro GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 19


PSICONCOLOGIA La rabbia

In questo articolo: rabbia psicologia stress

La libertà e il diritto di sentirsi furiosi Per molti pazienti (e familiari) la rabbia è un sentimento inadatto a un malato di cancro. Invece è normale provarla e può persino essere utile se si impara a incanalarla e trasformarla in energia positiva e forza di lottare

il sopravvento. Alcune volte, può trattarsi anche dell’effetto di uno dei farmaci prescritti. “Molto spesso, nel mio lavoro con malati di cancro, ho dovuto affrontare la rabbia dei pazienti e sembra che moltissimi di loro si sentano in colpa, o che non sappiano come gestire questo sentimento” spiega Sheryl Ness, infermiera esperta nel sostegno psicologico dei pazienti oncologici alla Mayo Clinic di Rochester, nel Minnesota. “È normale provare un’emozione come la rabbia quando si ha a che fare con la diagnosi, le terapie e la vita dopo le terapie. Il cancro è una grande interruzione della vita: un’inattesa e indesiderata interruzione per chiunque”.

Alcuni consigli da tenere a mente

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a cura di FABIO TURONE rima o poi, la rabbia monta. Può arrivare in modi diversi, in tempi diversi, ma quando ci si trova a fare i conti con un tumore per molti è quasi inevitabile sentirsi arrabbiati. Arrabbiati con il mondo, con se stessi, con la famiglia e con i curanti. È un sentimento naturale, soprattutto quando ci si sente particolarmente vulnerabili, ed è naturale che in certi momenti prenda

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La gestione di un’emozione forte come la rabbia può non essere facile, soprattutto per chi, per carattere, prima della malattia non era solito provarla. E non è facile affrontare la naturale riprovazione, o gli affettuosi rimbrotti di amici e familiari quando un sentimento così violento riesce a manifestarsi all’esterno. C’è chi cerca di minimizzare, chi addirittura afferma che la “rabbia peggiora il cancro”, contribuendo ad accrescere il senso di colpa del malato che non ha modo di controllare l’origine di questo sentimento. È bene anche ricordare che la naturale tendenza a minimizzare e a nascondere la rabbia non ha nulla a che vedere con le cause del cancro, come alcune teorie pseudoscientifiche affermano, ma spesso può incidere significativamente sulla qualità della vita dei malati e di chi li assiste quotidianamente. Anche i familiari – che possono essere bersaglio della rabbia e del tourbillon di emozioni insolitamente violente che spesso la accompagnano, dallo shock al senso di colpa, dalla paura alla tristezza, fino alla depressione – sono infatti spesso in profonda difficoltà, e sono preda a loro volta di emozioni analoghe, ancora più difficili da gestire.


TRASFORMARE LA RABBIA IN ENERGIA

L’

Associazione americana di oncologia medica (ASCO) ha raccolto di recente una serie di suggerimenti pratici per provare a usare gli sfoghi di rabbia in chiave positiva, continuando a sperimentare nuovi modi finché non si trova quello più adatto ed efficace, caso per caso. • Prendi coscienza della tua rabbia: alle volte ci si lascia trasportare dalla rabbia prima di aver realizzato completamente i sentimenti e le emozioni che l’hanno provocata. • Evita di indirizzarla sugli altri: è meglio convogliare la propria rabbia verso ciò che la causa, piuttosto che su altre persone. • Non lasciare che mascheri altri sentimenti: ogni tanto la rabbia viene usata, in modo più o meno consapevole, per nascondere sentimenti dolorosi e difficili da esprimere, come tristezza e senso di disperazione. • Non aspettare che diventi ingestibile: se si esprime subito questa emozione, appena la si riconosce, si può evitare che continui a covare, e che finisca per essere espressa in un modo negativo. • Cerca una maniera salutare per esprimere la tua rabbia; ci sono vari modi, tra cui: - discutere le ragioni della rabbia con un familiare o con un amico in cui si ha fiducia; - dedicarsi a un’attività fisica quando la rabbia raggiunge il culmine; - sfogarsi picchiando un cuscino con i pugni o con una mazza di plastica; - urlare a pieni polmoni chiusi in automobile, o in una stanza privata; - sperimentare le terapie di rilassamento, i massaggi, la musicoterapia o l’arte-terapia. • Prendi in considerazione l’idea di un sostegno professionale: se la rabbia continua a essere difficile da gestire, può essere utile avviare una sessione di sostegno individuale o di gruppo, per individuare, con l’aiuto di un professionista, quali sono i fattori scatenanti della rabbia, imparare a evitare le risposte di tipo distruttivo e scoprire come esprimere il proprio malessere in modo salutare. “Quando viene espressa in modo sano, positivo, la rabbia può aiutare a cambiare le cose in meglio” spiegano gli esperti dell’ASCO. “Per esempio, la rabbia verso il cancro può dare a una persona l’energia e la forza necessarie a superare i momenti difficili della terapia”.

In questi casi possono essere molto utili le raccomandazioni elaborate dalla task force della Mayo Clinic: “Provare rabbia è normale, e quindi non bisogna soffocarla; meglio imparare a riconoscerla quando la si esprime piutto-

sto che tenerla dentro di sé” suggerisce Ness. “Semmai può essere utile provare a indirizzarla verso qualcosa di positivo, attivo e creativo: scrivere, fare attività fisica, dipingere, lavorare a maglia. Ogni soluzione è buona se permette di

convogliare l’energia della rabbia verso un’altra attività. Se si riesce a spiegare a familiari e persone amate che si sta provando rabbia, e si sta cercando un modo per sfogarla, anche loro possono contribuire a ideare una soluzione creativa. Anche la partecipazione alle attività di gruppi di supporto di malati può essere utile”.

Esplorarne le radici “Io suggerisco di suddividere la rabbia nei suoi diversi elementi, una attività che in psicologia si chiama compartimentalizzare” spiega Midge Myhre, esperta dell’M. D. Anderson Cancer Center di Houston. “Innanzitutto occorre domandarsi cos’è che ci fa arrabbiare: la malattia in sé o qualche elemento specifico, come il dolore o la difficoltà di lavorare? L’atteggiamento dei medici o quello dei familiari? Poi è utile individuare tre strategie con un diverso orizzonte temporale: che cosa posso fare, per migliorare un po’ le cose, nell’arco della giornata di oggi? Che cosa nel corso della settimana? Che cosa nel prossimo mese? Occorre porsi obiettivi semplici e rimanere concentrati su di essi, così da non lasciare che la rabbia prenda il sopravvento”. L’identificazione dell’origine permette molte volte di trovare una soluzione concreta al problema: per esempio, una situazione dolorosa è certamente fonte di rabbia, ma un buon terapista del dolore può porvi rimedio. Un compagno o una compagna iperprotettivi o, al contrario, assenti, possono generare frustrazione, ma con l’aiuto di uno psicologo è possibile affrontare la questione a viso aperto e trovare un compromesso accettabile. Gli esperti utilizzano inoltre la mindfulness (una forma di meditazione), lo yoga e altre tecniche per combattere lo stress. È importante non fermarsi a una tecnica sola, specie se non funziona del tutto: rabbia e stress possono essere, per alcune persone, sentimenti nuovi e intensi e non si può prevedere con certezza che cosa apporterà benefici. GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 21


RICONOSCIMENTI I premi della Lasker Foundation

In questo articolo: ricerca di base epatocarcinoma epatite C

Dall’ossigeno all’epatite C i premi Lasker 2016 Il prestigioso riconoscimento nel 2016 ha premiato medici e ricercatori per i loro studi sull’epatite C e sulla risposta delle cellule ai cambiamenti nelle concentrazioni di ossigeno

U

a cura di CRISTINA FERRARIO n premio per la ricerca di base e uno per la ricerca medica per sottolineare il contributo di quei ricercatori che con il loro lavoro hanno aiutato la comunità scientifica a comprendere meglio le malattie e le possibili strategie di prevenzione, diagnosi e cura. È questo il premio Lasker, un prestigioso riconoscimento istituito dalla Albert and Mary Lasker Foundation che da sempre si batte per la salute, spingendo a finanziare la ricerca. I premi assegnati quest’anno hanno però qualcosa di particolare e sono la dimostrazione più chiara e immediata del fatto che la dicotomia tra ricerca di base, che scopre i meccanismi e il funzionamento dell’organismo, e ricerca clinica, che applica queste scoperte al paziente, non ha più molto senso nella pratica quotidiana. Il premio Lasker per la ricerca di base è stato infatti assegnato a tre medici, mentre quello per la ricerca clinica a tre ricercatori che si occupano di ricerca di base.

Una boccata di ossigeno

Il primo è stato assegnato a tre medici che, come spiegano dalla Fondazione stessa, “hanno svelato i segreti di una delle pietre miliari della vita sulla terra”. 22 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

Il lavoro di William Kaelin, Jr. del DanaFarber Cancer Institute, Harvard Medical School (USA), di Peter Ratcliffe della University of Oxford, Francis Crick Institute (Regno Unito) e di Gregg Semenza della Johns Hopkins University School of Medicine (USA) ha infatti spiegato in dettaglio i meccanismi che permettono alle cellule dell’organismo di percepire i cambiamenti nella concentrazione di ossigeno e di adeguare le loro risposte a tali modifiche. L’ossigeno è indispensabile per la vita di ogni cellula che proprio grazie a questo gas riesce a ottenere l’energia di cui ha bisogno e che senza di esso rischia di morire in pochi minuti. Lo dimostrano i casi di ictus o di infarto nei quali l’assenza di ossigeno a cervello e cuore provoca danni a volte irreversibili. Il sensore dell’ossigeno si trova a livello del rene e in situazioni di ipossia (ovvero mancanza di ossigeno) produce la proteina EPO che stimola la produzione di nuovi globuli rossi, i trasportatori dell’ossigeno in tutto il corpo. I vincitori del premio Lasker 2016 hanno identificato i responsabili dell’attivazione di EPO e del controllo di tutti i meccanismi legati alle concentrazioni di ossigeno, in particolare le proteine HIF e VHL. E il cancro? Il legame è stretto e si basa soprattutto sul fatto che HIF control-

la non solo EPO, ma circa 200 geni, alcuni dei quali coinvolti nella formazione di vasi sanguigni che nutrono il tumore, altri che promuovono direttamente la crescita tumorale. Lavorando su questi meccanismi si potranno trovare soluzioni per tenere a bada anche il cancro.

Riflettori sull’epatite C

“Di solito non prestiamo molta attenzione al nostro fegato a differenza di quanto facciamo con cuore e cervello, eppure il fegato è un organo indispensabile per la nostra salute”. Con queste parole Harold Varmus, uno dei giudici che hanno assegnato il premio Lasker per la medicina, ha iniziato il suo discorso per la consegna del riconoscimento a Ralf Bartenschlager della Heidelberg University (Germania), Charles Rice della Rockefeller University (USA) e Michael Sofia della Arbutus Biopharma. Si tratta di ricercatori che hanno lavorato e pubblicato sull’epatite C e sullo sviluppo di sistemi per lo studio della replicazione del virus HCV. In realtà, la scoperta del virus risale al 1989, ma ci sono voluti anni di studi, di fallimenti e di ricerche portate avanti con tenacia anche da Bartenschlager e Rice per arrivare a riprodurre la replicazione del virus in laboratorio. E ci sono voluti anni anche per trovare una terapia capace non solo di tenere a bada il virus, ma di eliminarlo completamente dall’organismo, senza generare quegli effetti collaterali tipici delle terapie precedenti come l’interferone, talmente importanti da impedire a molti pazienti di curarsi. Una vera e propria rivoluzione quindi per i 130-170 milioni di persone infettate ogni anno dal virus dell’epatite C, malattia che predispone allo sviluppo del cancro del fegato, contro la quale non esiste ancora un vaccino e che causa annualmente oltre 350.000 decessi.


“ M

INVESTIRE IN RICERCA, INVESTIRE IN SALUTE

ary Woodart Lasker ne è sempre stata fermamente convinta: i fondi destinati alla ricerca in campo medico si trasformano in grandi benefici per la salute di tutta la popolazione. Con questa idea fissa in mente la signora Lasker, classe 1901, divenne una delle più note attiviste della causa per

aumentare i finanziamenti pubblici alla ricerca medica con particolare attenzione, sin dall’inizio, agli studi sul cancro. Nel dicembre 1969, il Citizens Committee for the Conquest of Cancer (fondato proprio da Lasker) pubblicò un messaggio a tutta pagina sul New York Times e il Washington Post affermando a gran voce “Signor

Nixon: lei può curare il cancro”. E non è certo un caso se l’allora presidente USA Richard Nixon firmò un paio di anni più tardi il National Cancer Act, un documento grazie al quale presero vita diversi istituti di ricerca come il National Cancer Institute e fu apertamente dichiarata negli Stati Uniti la guerra al cancro.

I vincitori dei Premi Lasker 2016: a pagina 22 dall’alto, Charles M. Rice, e Michael J. Sofia; in questa pagina dall’alto, in senso antiorario, Gregg L. Semenza, William G. Kaelin, Peter J. Ratcliffe, Bruce Alberts e Ralf Bartenschlager

... l’articolo continua su: airc.it/lasker2016 GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 23


VIAGGIO DENTRO AIRC Missione possibile / 5

In questo articolo:

finanziamenti bandi Direzione scientifica

La valutazione della ricerca al servizio della qualità Il ruolo della Direzione scientifica di AIRC è di seguire la corretta attribuzione dei fondi raccolti ai progetti di ricerca più promettenti, di controllare l’andamento delle sperimentazioni e di aiutare i ricercatori a svolgere al meglio il compito che è stato loro affidato

S

fica non raccoglie soldi, ma li spena cura della REDAZIONE ono il cuore dell’attività de. Abbiamo quindi un preciso dovescientifica di AIRC, scrivo- re morale: quello di usarli nel migliono i bandi per i ricercato- re dei modi per adempiere al compito ri e gestiscono la comples- che i donatori ci hanno affidato: trovasa macchina della valuta- re nuove terapie contro il cancro” . zione, in modo che i soldi raccolti dai donatori e dal 5 per mille vengano attribuiti agli scienziati con le idee migliori. Tengono i rapporti con il ComiLisa Vozza, chief scientific officer, tato tecnico scientifico di AIRC, com- descrive l’evoluzione che questo settoposto da ricercatori italiani, che con- re di AIRC ha avuto negli ultimi quintribuisce alla valutazione dei proget- dici anni. “Quando sono arrivata qui, i ti e seleziona i candidati alle borse di fondi a disposizione erano molto più studio, e tirano anche le fila degli ol- limitati di quelli attuali e anche il nutre 600 esperti stranieri che sono chia- mero di progetti da vagliare era contemati a giudicare le richieste di finan- nuto. Ci occupavamo dei bandi e dei ziamento. Sono i membri della Direrapporti finali che arrivavano zione scientifica, guidati dal didai ricercatori finanziarettore scientifico di AIRC Feti”. Negli anni, maderico Caligaris Cappio che no a mano che così spiega l’obiettivo di tutsono cresciute le to il suo gruppo di lavoro: risorse e le riGESTIONE “La Direzione scientichieste, il la-

RACCOLTA FONDI E COMUNICAZIONE

Verifiche in itinere

“Il modello degli NIH, che prevede che ogni progetto venga inviato a un trio di revisori esperti scelti all’interno di un gruppo che conta oramai oltre 600 specialisti in tutti i possibili rami dell’oncologia e della biologia, è stato adattato alle dimensioni di AIRC ma è rimasto invariato in termini di qualità rispetto all’originale. Anche la modalità di gestione della riunione di valutazione coi revisori segue il protocollo degli NIH” spiega Mazzoni. “I progetti prescelti vengono verificati anche durante lo svolgimento, per esempio con le site visit, cioè con controlli effettuati dagli stessi esperti esterni presso i laboratori finanziati. Questo permette di capire se ci sono problemi e, talvolta, proprio grazie all’aiuto degli esperti esterni, di trovare soluzioni efficaci per rimettere gli esperimenti sulla carreggiata giusta e ottenere il risultato atteso”. Il processo di peer-review di AIRC, che è gestito anche da Laura Galbiati e Ilaria Guerini, è trasparente e imparziale, come spiega ancora Mazzoni: “I criteri in base ai quali vengono scelti i miglioEROGAZIONE ri progetti da finanziare DEI FONDI sono esplicitati già nei bandi e i revisori sono tenuti ad attenervisi. Inoltre, gra-

Sempre professionali

E CONTROLLO DEI FONDI

voro è cambiato ed è stato strutturato il peer-review office (cioè l’ufficio che si occupa delle “revisioni tra pari”), di cui è responsabile Alessandra Mazzoni, che prima di arrivare in AIRC ha lavorato all’Ufficio qualità della ricerca dei National Institutes of Health (NIH) statunitensi. “Grazie alla sua esperienza è stato perfezionato il sistema di valutazione meritocratica dei progetti che costituisce una delle eccellenze di AIRC” spiega ancora Vozza. “Siamo ormai considerati un modello virtuoso per quanto riguarda la valutazione della ricerca scientifica anche dalle istituzioni private e pubbliche e dalla Comunità europea”.


Da sinistra: Laura Galbiati, Alessandra Mazzoni, Federico Caligaris Cappio, Lisa Vozza, Ilaria Guerini

zie al fatto che chi valuta non lavora in Italia, evitiamo anche situazioni di conflitto di interesse: la comunità italiana dei ricercatori in oncologia è relativamente piccola e le persone si conoscono, per cui è importante poter contare su esperti estranei alle logiche locali”. Sono loro che valutano sia la persona che chiede il finanziamento (per esempio se ha un curriculum che offre sufficienti garanzie per il tipo di ricerca proposta) sia l’idea (che deve avere caratteristiche di innovatività e originalità, oltre a una solida base teorica che garantisca il raggiungimento dei risultati). Dato che i controlli non sono mai abbastanza, il peer-review office si occupa anche di rileggere i giudizi degli esperti, per accertarsi che i criteri di valutazione siano stati applicati in modo rigoroso e corretto. “C’è anche un ulteriore passo da compiere, ed è informare dei giudizi ottenuti tutti gli scienziati che ci hanno chiesto un finanziamento” spiega ancora Mazzoni. “In questo modo permettiamo anche a chi non ha raggiunto il punteggio necessario di comprendere quali sono i punti deboli del progetto ed eventualmente ripresentarlo dopo averlo migliorato in base ai suggerimenti. È un modo per far crescere i ricercatori, specie quelli più giovani”.

Il ruolo dell’informatica Per gestire una macchina complessa è essenziale un buon supporto informatico. È il compito di Luca Urbinati, responsabile del settore informatico della Direzione scientifica, dove lavora anche Marco Chiapasco. “Nel 2006 è stata sviluppata la prima applicazione web che permetteva ai ricercatori di interagire a distanza con AIRC. Dal 2012 disponiamo di una nuova piattaforma creata ad hoc per i ricercatori, per renderla più adatta alle modalità di scambio tra chi vuole presentare il suo progetto, l’ufficio di peer-review, gli esperti stranieri che devono inviare la valutazione e persino il sistema amministrativo di AIRC, in cui vengono riversate le informazioni che riguardano la gestione dei progetti di ricerca” spiega Urbinati. Tra i problemi che AIRC ha dovuto affrontare, anche la confidenzialità dei dati legati alle singole sperimentazioni: “Nel sistema confluiscono i risultati dei progetti o i dati epidemiologici a supporto della richiesta di finanziamento: tutte informazioni che non devono assolutamente finire nelle mani di persone non autorizzate, per cui poniamo grande attenzione agli aspetti di sicurezza” conclude Urbinati.

QUESTIONI DI STRATEGIA

P

er raggiungere l’obiettivo di ottenere risultati utili per i pazienti, AIRC ha elaborato due tipi di bandi. I primi sono aperti, cioè non hanno un tema specifico. “I bandi aperti vengono valutati sulla base delle competenze del ricercatore e dell’originalità del progetto” spiega Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico di AIRC. “È importante lasciare briglia sciolta all’immaginazione degli scienziati: se si forniscono temi preconfezionati si rischia di perdere per strada qualche buona idea perché non è congruente con le richieste”. Esistono però anche bandi più orientati, legati al 5 per mille: “Anche in questo caso si tratta di orientamenti molto ampi, per esempio si chiede di concentrarsi su aspetti molecolari legati alla diagnosi precoce, oppure a progetti già avanzati, che possono dare risultati in pochi anni, ma non si indica mai né l’argomento esatto né la malattia specifica. D’altronde non avrebbe senso, oggi sappiamo che gli aspetti molecolari di un tumore sono molto più importanti, per ottenere risultati con la cura, della sua localizzazione”.

GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 25


VIAGGIO DENTRO AIRC

Da sinistra: Alessandra Cipollina, Andrea Ferrari, Daniela De Lucia, Luca Urbinati, Maria Giarratana, Luana Grimolizzi, Marco Chiapasco, Luisa Bacchetta

Un aiuto gestionale Il ruolo della Direzione scientifica non si ferma all’erogazione dei fondi. Sempre nel 2012 è stato istituito, insieme alla Direzione amministrativa, l’ufficio di Post-award grant management, che aiuta a gestire i fondi ottenuti nel migliore dei modi, a rendicontarne l’utilizzo e a inviare i rapporti scientifici periodici obbligatori. A occuparsene è Luana Grimolizzi, ingegnere chimico, che prima di approdare in AIRC ha lavorato nella ricerca in un’industria chimica. “La differenza tra la ricerca industriale e quella accademica sta nel controllo del processo” spiega Grimolizzi. “L’industria investe una certa somma, stabilisce tappe temporali rigorose e vuole raggiungere gli obiettivi entro i tempi previsti, per ottimizzare l’investimento. È una modalità di lavoro eccessivamente rigida per un mondo come quello della ricerca indipendente, e se applicato con troppo rigore può interferire con la creatività del ricercatore, ma c’è anche qualcosa da imparare. In questi quattro anni in AIRC abbiamo cercato di mettere più attenzione al controllo della gestione dei progetti, a garanzia della correttezza dei comportamenti e della bontà dei risultati”. Quando uno scienziato ottiene un finanziamento, il denaro viene versato alla sua istituzione di appar26 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

tenenza ma AIRC vigila affinché venga speso effettivamente per lo scopo previsto. “È un lavoro complesso perché ogni istituzione ha le sue regole, ma queste non devono, a nostro avviso, intralciare il progresso della ricerca” spiega Grimolizzi. “Per esempio, se un ricercatore ha bisogno di materiali, deve poter accedere ai propri fondi in tempi ragionevoli e deve poter acquistare il prodotto che ritiene più adatto. Vi è poi una ulteriore complicazione: talvolta i fondi che AIRC eroga vengono da cofinanziamenti (per esempio da altre fondazioni, dalla Comunità europea, o ancora dal 5 per mille, che a sua volta proviene da tre diversi ministeri, ciascuno con le proprie regole). La provenienza dei fondi implica anche un modo diverso di giustificare le spese; noi siamo qui per aiutare gli istituti di ricerca a non sbagliare”. L’ufficio di Grimolizzi, dove lavorano anche Daniele De Lucia e Maria Giarratana, ha lo scopo di aiutare gli istituti di ricerca in modo da permettere al ricercatore di dedicare il maggior tempo possibile alla ricerca e non alle scartoffie. In compenso, tocca ai ricercatori compilare i rapporti scientifici periodici per spiegare ad AIRC e ai revisori stranieri i traguardi raggiunti.“Un capo progetto deve essere non solo un buono scienziato, ma anche un buon manager del proprio gruppo di ricerca e un buon ammi-

nistratore di fondi. Per questo stiamo pensando di offrire una formazione specifica ai ricercatori AIRC, specie ai più giovani” conclude Grimolizzi.

Un gruppo affiatato La Direzione scientifica di AIRC, che collabora anche alla divulgazione dei progressi della ricerca al pubblico, può contare su un valido aiuto in segreteria: Luisa Bacchetta, Alessandra Cipollina e Andrea Ferrari, che fanno inoltre da collante con l’ufficio Post award grant management. “Sentiamo il dovere di fornire un lavoro di alta qualità non solo ai donatori, ma al Paese, facendo crescere il livello della ricerca oncologica” spiega il direttore scientifico Caligaris Cappio. “Per questo ci poniamo sempre la domanda: stiamo facendo il meglio per raggiungere questo obiettivo? I bandi che proponiamo sono quelli giusti? Negli ultimi anni ci stiamo anche aprendo a un maggiore confronto internazionale. La ricerca non è un’attività nazionale, ma cresce nella collaborazione internazionale. Per questo avvieremo dei bandi in collaborazione con Cancer Research UK, l’associazione gemella in Gran Bretagna, per gruppi di ricerca che lavoreranno insieme sullo stesso obiettivo, ma ciascuno nel proprio Paese”.


UN LASCITO PER LA RICERCA

LASCITI Chi ha scelto di sostenere FIRC-AIRC

Il paziente discolo a fianco di FIRC Giornalista e scrittore di inchieste, Gian Antonio Stella conosce bene l’Italia e sa che è capace anche di grande generosità. Per questo, con la sua testimonianza, invita a disporre un lascito a favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC di cui ha piena fiducia

“D

a cura di GIAN ANTONIO STELLA obbiamo toglierle un rene”, sospirò il primario, accasciandosi affranto sulla seggiola. “Che sfiga…” risposi io di getto. Mi spiegò, con la semplicità dei medici bravi che non usano paroloni, che non c’era niente da fare : i polipetti alla vescica avevano attaccato il rene sinistro. “Sempre colpa del fumo?” chiesi. “Colpa del fumo, quasi sicuro”, rispose. Aggiunse: “Mi dispiace”. Scosso, diedi la risposta più ebete che mi potesse venire in mente: “Si figuri”. Mi dispiaceva anche per lui. Dopo tanti anni che aveva speso nel curarmi quei polipetti quasi a dispetto dei “buchi” che gli tiravo eravamo diventati amici, con Giuseppe Signorelli. E sapevo che viveva quella scelta obbligata come una sconfitta che non era solo mia, ma anche sua. Quando uscì, a capo chino, chiamai il mio amico Mario, un altro di quei dottori che sa dire le parole giuste. Disse: “Amen. Ormai è andata. C’è uno del Milan che gioca da

dieci anni a San Siro e in Nazionale con un rene solo. Ci si può vivere benissimo. Basta badare un po’ più a se stessi”. Mi ricordai la volta in cui, qualche mese prima, mi aveva consigliato di sottopormi a degli esami che io, maledetto lavoro, mi ero dimenticato di fare. Gli chiesi, masochista, se sarebbe cambiato qualcosa, a scoprire prima i danni al rene. Rispose: “Boh… forse”. Mi restò il dubbio. Spesso ho pensato a quanto ero stato stupido a non cogliere tutti i segnali che mi erano stati mandati dal destino. O, se volete, dal buon Dio. Su un solo punto, se guardo indietro a tutti gli errori fatti nel mio ruolo di paziente discolo, posso trovare consolazione: se è vero che la prima medicina è guardare avanti, lì me la cavai bene. L’ultima sera a casa prima dell’intervento, convinto che nelle guerre muoiono prima i soldati con la faccia triste, chiamai gli amici a cena. “Cosa si festeggia?” chiesero. “Il rene-day”. In tavola c’era del Teroldego. Chiudemmo con un Ferrari millesimato. Prosit…”

S

cegliere di fare testamento in favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC, lasciandole anche solo una parte dei propri beni, significa dare un sostegno concreto e significativo alla ricerca oncologica in Italia. Pur riconoscendo i diritti dei propri eredi si può sempre lasciare una parte del patrimonio a favore della ricerca sul cancro. Per questo FIRC-AIRC offre gratuitamente la Guida al testamento, uno strumento utile per sapere come si effettua un lascito testamentario: chi sono gli eredi e come vengono stabiliti; quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge e tante altre informazioni pratiche. Il testamento può essere: olografo: basta scrivere su un foglio cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso. Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice, per tutti: richiedila gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

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FIRC-PREMIO GUIDO VENOSTA Francesco Lo Coco

Contro la leucemia senza chemioterapia Il premio Guido Venosta, attribuito ogni due anni a un ricercatore che si è particolarmente distinto nel portare al letto del malato un’innovazione efficace, è andato a chi ha contribuito a fare della leucemia promielocitica una malattia guaribile.

I

a cura della REDAZIONE l premio Guido Venosta 2016 è stato attribuito a Francesco Lo Coco, ricercatore dell’Università Roma Tor Vergata, per i suoi studi sulla leucemia acuta promielocitica. Gli studi del professor Lo Coco hanno contribuito significativamente allo sviluppo di terapie innovative che hanno permesso di ottenere una percentuale elevatissima di guarigione in una malattia una volta mortale. Inoltre hanno dimostrato concretamente

D

avanti ai rappresentanti delle istituzioni e a una platea di centinaia di donne e uomini di scienza e di sostenitori della ricerca, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il direttore generale AIRC Niccolò Contucci, il direttore scientifico AIRC Federico Caligaris Cappio e il direttore dell’unità sviluppo terapie innovative al San Martino-Istituto Tumori di Genova Lucia Del Mastro hanno illustrato al Presi-

la possibilità e l’importanza delle terapie “chemotherapy free” in oncologia. Fondamentale pubblica di seguito il discorso che il professor Lo Coco ha pronunciato al Quirinale in occasione della premiazione. La leucemia promielocitica è una forma di leucemia acuta che origina dalla crescita incontrollata di progenitori dei globuli bianchi (detti appunto promielociti) i quali risultano “bloccati” durante il normale processo di matura-

zione che avviene nel midollo osseo. L’accumulo di queste cellule immature determina anemia e frequenti fenomeni emorragici legati al diminuito numero delle piastrine e ad anomalie della coagulazione. Si tratta per fortuna di una forma rara (ogni anno vengono diagnosticati circa 120-150 casi in Italia) che può colpire soggetti di qualsiasi età, bambini, adolescenti, adulti e anziani, con una età mediana intorno ai 40 anni, e con una simile prevalenza nei due sessi. La malattia può insorgere in modo improvviso e ha spesso un decorso aggressivo, a volte addirittura fulminante per via di possibili gravi emorragie interne. Senza una rapida e accurata diagnosi e senza le terapie adeguate, questa leucemia ancora oggi può avere esito fatale in poche ore o giorni, soprattutto se non riconosciuta in tempo.

Cambiamenti radicali in pochi anni

GUARIGIONI POSSIBILI Grazie a una serie di scoperte in campo biologico e cli-

LA CERIMONIA

GLI INTERVENTI AL QUIRINALE dente Sergio Mattarella un anno di impegno sul fronte della ricerca oncologica. L’apertura è stata affidata a Niccolò Contucci con la lettura del messaggio del presidente AIRC Pier Giuseppe Torrani, impossibilitato a essere presente alla cerimonia: “Il futuro della ricerca è

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nico, avvenute negli ultimi 25 anni, oggi possiamo guarire la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da questa malattia. Inoltre, da una prognosi il più delle volte infausta, con circa il 70-80 per cento dei pazienti che morivano entro uno o due anni fino ai primi anni novanta, oggi siamo passati alla cura di questa malattia, nella maggior parte dei casi, addirittura senza fare ricorso alla chemioterapia e utilizzando soltanto farmaci “mirati”, in particolare l’acido retinoico e il triossido di arsenico. La combinazione di acido retinoico e triossido di arsenico agisce distruggendo in modo specifico la proteina “sbagliata” che si trova all’interno delle cellule maligne. Poiché questa proteina anomala non è presente nelle cellule normali, gli effetti collaterali sono assai ridotti, con grande beneficio per i pazienti e per la loro qualità di vita. La ricerca italiana ha avuto un ruolo assai importante nei

nel dialogo e nella collaborazione con tutti i soggetti che operano in Italia e all’estero. I laboratori di ricerca non devono avere muri, dobbiamo promuovere sempre più una vocazione internazionale per consentire alla nuova generazione di scienziati italiani di avere

le condizioni favorevoli per partire e tornare, così come il nostro Paese deve diventare sempre più un polo d’attrazione”. La complessità della sfida al cancro e la centralità della ricerca per vincere questa sfida sono state ribadite nell’intervento di Federico Caligaris Cappio: “Il cancro è una malattia eterogenea che si manifesta in più di 200 forme differenti. Il proble-


In questo articolo: ricerca scientifica premio Venosta leucemia mieloide

progressi ottenuti nella cura di questa leucemia. In campo clinico, ciò si deve in particolare al gruppo GIMEMA (Gruppo italiano per lo studio delle malattie ematologiche dell’adulto), fondato più di 30 anni fa da Franco Mandelli. Il GIMEMA si occupa di standardizzare e diffondere in tutti i centri ematologici italiani la diagnostica e la terapia delle leucemie e di altre malattie del sangue, e coordina studi clinici che coinvolgono centri universitari e ospedalieri diffusi in tutto il territorio nazionale. DALLA DIAGNOSI ALLA CURA Già negli anni novanta, i risultati ottenuti con chemioterapia e acido retinoico avevano migliorato sensibilmente la prognosi della leucemia promielocitica. Negli stessi anni, grazie al contributo di Pier Giuseppe Pelicci in campo biologico, la ricerca italiana sostenuta da AIRC rendeva possibile identificare il marcatore molecolare della malattia, permettendo così di diagnosticare questa pericolosa leucema è che le cure attuali assicurano la guarigione o una vita migliore per alcuni tipi di tumore, ma non per tutti. Se vogliamo che il cancro diventi una malattia sempre più curabile dobbiamo continuare a investire nella ricerca, puntando su menti giovani e preparate, capaci di sfruttare in modo innovativo le risorse offerte da una evoluzione tecnologica esplosiva”.

mia in modo più rapido e accurato. Ancora oggi, alcune forme più aggressive di leucemia promielocitica (ad alta conta di globuli bianchi) sono contrastate da terapie con farmaci mirati, associate a basse dosi di chemioterapici tradizionali. È importante ricordare in proposito, che i cosiddetti farmaci bersaglio non sono ancora applicabili in alcune forme tumorali e che queste possono essere curate efficacemente in molti casi ricorrendo alla chemioterapia convenzionale. Inoltre, uno dei vantaggi dei farmaci mirati consiste proprio nel fatto che essi consentono di ridurre notevolmente l’intensità della chemioterapia che si utilizza in combinazione. Un esempio è rappresentato in proposito dalla cura dei linfomi, che si avvale oggi di un’associazione assai efficace di anti-

corpi diretti contro le cellule tumorali e di basse dosi di chemioterapia.


I GIORNI DELLA RICERCA Quirinale 2016

In questo articolo:

Quirinale Sergio Mattarella Premio Credere nella Ricerca

Dal Presidente della Repubblica parole di elogio e di speranza

possibile, a procedere con passo più sicuro e veloce, con il sostegno generale.

Fiducia nel futuro

Pubblichiamo integralmente il discorso che il Presidente della Repubbblica Sergio Mattarella ha pronunciato al Quirinale in occasione dell’annuale incontro con AIRC, con i suoi donatori e i ricercatori di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica ono lieto di darvi il benvenuto al Quirinale in una ricorrenza importante per tutta la nostra società, e di rinnovare così la consuetudine di questo incontro nella sede della Presidenza della Repubblica. Non si tratta soltanto di un atto che vuol sottolineare il vostro prezioso lavoro. Rappresenta, ancor prima, il riconoscimento del grande valore di questa impresa collettiva – la ricerca sul cancro – che incide sulla qualità della vita di tante persone e sull’esercizio di diritti fondamentali. L’Organizzazione mondiale della sanità stima una crescita consistente dei

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In questa foto il Presidente Sergio Mattarella; a destra la ricercatrice AIRC Lucia Del Mastro

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tumori nei prossimi quindici anni su scala globale. Segno che il tema davanti a noi è prioritario, e va affrontato con impegno, serietà e continua innovazione evitando di affidarsi all’inerzia del ritmo delle abitudini. Del resto, i dati che registriamo nel nostro Paese ci forniscono indicazioni incoraggianti. La mortalità complessiva causata dai tumori è in diminuzione, ed è aumentata la sopravvivenza alla malattia, grazie a misure di prevenzione, a diagnosi precoci, agli avanzamenti delle terapie, ai risultati positivi di numerose ricerche. Questi risultati incoraggiano ad andare avanti. Anzi, se

Il dramma personale e familiare che il tumore porta con sé può essere illuminato, oggi più di ieri, dalla speranza. Lo sconforto può trasformarsi in fiducia; in una accresciuta voglia di vivere. Una volta scoperto, la guarigione dal cancro è possibile in molti casi. E la stessa convivenza con il male può offrire ampi spazi di vita attiva, sempre dignitosi, spesso normali. Consente il proseguimento e, talvolta, il rafforzamento dei legami familiari, sociali, affettivi. Tutto questo anche in virtù di nuove tecniche che consentono trattamenti meno invasivi. Ogni giorno scopriamo che nuovi passi avanti vengono compiuti. La nostra esperienza quotidiana ci insegna che tanti aspetti cambiano velocemente, che nuove opportunità si presentano, e che si sta vincendo quel pregiudizio che, talvolta, induce alla paura, alla passività, alla rassegnazione. Queste finestre che si aprono sulla vita delle persone dipendono molto dall’opera vostra e di chi vi ha preceduto nella ricerca, nella sperimentazione, nella organizzazione delle cure. E in quello straordinario impegno culturale, di diffusione delle conoscenze, di sensibilizzazione al tema,

Mobilitare i cittadini per una giusta causa


PREMIO CREDERE NELLA RICERCA

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l premio Credere nella Ricerca viene attribuito ogni anno a una persona o un’istituzione che si è distinta nel suo supporto alla causa di AIRC. Quest’anno è stato conferito, dalle mani del Presidente Mattarella, a Pippo Baudo “per il suo impegno ventennale al fianco di AIRC e per aver ideato e lanciato nel 1995 Storie al Microscopio in RAI, iniziativa che ancora oggi è il cardine dei Giorni della Ricerca. La sua dedizione, la sua professionalità e la sua testimonianza personale hanno contribuito a far conoscere il lavoro dei ricercatori e a coinvolgere il grande pubblico a sostegno della ricerca sul cancro”. Insieme a Baudo è stata premiata anche la Fondazione Cariplo “per aver scelto, insieme ad AIRC, di investire sul bando TRIDEO, programma dedicato a giovani ricercatori di talento con progetti di assoluta avanguardia nell’ambito della prevenzione, diagnosi e cura del cancro. TRIDEO ha offerto a ventitré ricercatori un sostegno concreto per trasformare la ricerca oncologica, con un approccio inedito, capace di unire la ricerca, l’esplorazione e il rischio, per trovare risposte a una malattia che in alcune forme è ancora poco curabile”.

che costituisce sempre condizione e premessa di un autentico progresso della scienza e della medicina.

Una causa importante In occasione della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro desidero ringraziare in particolare l’AIRC, che da oltre cinque decenni si dedica alla promozione degli studi nelle diverse branche dell’oncologia e che, in nome di una battaglia a tutto campo contro il tumore, continua a sollecitare la solidarietà dei cittadini e la responsabilità delle istituzioni. L’Associazione italiana per la ricerca sul cancro è stata capace di raccogliere risorse rilevanti da destinare a gruppi di ricerca, ha aiutato le università a compiere scoperte di straordinario valore, ha mobilitato testimoni in ogni campo sociale e promosso tanto impe-

gno volontario. Vi ringrazio. Siete riusciti a costruire unità attorno a una causa giusta e importante. Avete sollecitato energie pubbliche e private a integrarsi tra loro, come sempre dovrebbe avvenire. Avete aiutato il nostro Paese a rendere migliori i servizi, ad accrescere la qualità di un ambito cruciale della vita italiana. Grazie ai finanziamenti dell’AIRC, anche nell’anno in corso, squadre di ricercatori italiani hanno potuto realizzare scoperte di valore assoluto, delle quali potranno beneficiare i nostri concittadini e la medicina di tutto il mondo. Ricordo, tra le ricerche importanti presentate nel 2016, la tipizzazione dei tumori al pancreas, traguardo raggiunto da scienziati dell’Università e dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona, e la nuova terapia contro la leucemia linfatica cronica, messa a pun-

Ogni giorno nuovi passi avanti nella cura

In alto, Giuseppe Guzzetti (Fondazione Cariplo) ritira il premio. In basso, Pippo Baudo

to da ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Peraltro, nel campo delle leucemie il nostro Paese ha conseguito nel tempo una serie di risultati di rilevanza mondiale, grazie anche al lavoro del gruppo GIMEMA. Sono esempi – e diversi altri potrebbero essere proposti – che mostrano il talento e l’eccellenza presenti nella nostra Italia: abbiamo risorse umane straordinarie e tanto possiamo dare al cantiere di un futuro migliore. Ai ricercatori italiani, nel nostro Paese e nel mondo, va tutta la nostra grande riconoscenza. È opportuno ricordarlo costantemente: investire nella ricerca è sempre una scelta vincente. Avverto che questa convinzione si sta radicando sempre più nella coscienza civile, anche se il limite delle risorse non consente di fare tutto ciò che sarebbe necessario. È importante, naturalmente, spingere per GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 31


I GIORNI DELLA RICERCA Quirinale 2016

fare sempre meglio e di più, e tuttavia è necessario valorizzare – e far conoscere – i risultati che si conseguono. Forse mai, come nella ricerca medica, il progresso scientifico procede, oggi, così vicino a sentimenti profondi, che nella sofferenza scaturiscono dall’animo delle persone e che sono condivisi dall’intera società. Unire le persone attorno a un medesimo obiettivo è un grande moltiplicatore di fiducia e di possibilità di successo.

Una promessa per tutti Naturalmente non vi può essere alcuna discriminazione tra i malati: è indispensabile che i progressi della scienza, delle terapie e delle tecniche diagnostiche vadano a vantaggio di tutti, confermando quel principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, senza che vi siano esclusioni o discriminazioni sulla base delle condizioni economiche dei pazienti. È necessario che la speranza di vita dignitosa si consolidi come un bene comune, del quale l’intera comunità sia garante e partecipe. Nella lotta contro il cancro rivestono grande importanza – accanto alle cure, ai farmaci, alle terapie – la prevenzione e la diagnosi precoce. Bisogna compiere ogni sforzo perché la prevenzione entri nel nostro costume e nei modi di vita.

Tanto più va detto in questo mese di ottobre, dedicato alla prevenzione del tumore al seno che, come abbiamo ascoltato, è oggetto di grandi contributi di ricercatori italiani. Bisogna diffondere la cultura della diagnosi precoce, rendendo possibili screening di massa per le patologie più ricorrenti e insidiose. Anche questo è un impegno di comunità, a cui tutti – le istituzioni pubbliche in primo luogo – siamo chiamati. È un impegno che coinvolge lo stesso mondo della ricerca, i cui avanzamenti possono rendere più sostenibili i costi dei farmaci e delle terapie, e sempre più precisi gli strumenti di diagnosi. Occorre contrastare con decisione gravi involuzioni, come accade, ad esempio, quando vengono messe in discussione, sulla base di sconsiderate affermazioni, prive di fondamento, vaccinazioni essenziali per estirpare malattie pericolose e per evitare il ritorno di altre, debellate negli anni passati. Lo stesso contrasto va posto quando, con scelte causate soltanto da ignoranza, si negano a figli o altri familiari cure indispensabili. O ancora quando ci si affida a guaritori; o a tecniche di cui è dimostrata scientificamente l’inutilità. Sulla salute pubblica occorre essere rigorosi e usare fermezza quando la scelta tocca così direttamente la vita di un bambino, o di qualunque persona; e comporta conseguenze per la condizione di sa-

Nuove cure accessibili a tutti nel Paese

In questa foto Lucia del Mastro (intervenuta al Quirinale) insieme al suo gruppo. A destra, Aldo Scarpa (AOUI Verona) con il suo team, uno dei gruppi finanziati da AIRC a Verona

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lute degli altri, dell’intera società. La lotta che, insieme, conduciamo contro il cancro è collegata all’affermazione di un più generale diritto alla salute, e un ruolo di grande rilievo ha l’informazione. Notizie infondate o campagne di indicazioni sbagliate possono provocare comportamenti gravi e condizionare in senso negativo la vita di persone sofferenti. Attenzione e serietà devono essere massimi. In materia di salute, pubblicare notizie senza adeguata verifica viola i principi basilari dell’informazione. È necessaria una alleanza virtuosa tra scienza e mondo della comunicazione. Sui costi dei nuovi farmaci, dei nuovi esami diagnostici, delle nuove terapie, le istituzioni sono sfidate a garantire il diritto universale alla salute e a monitorare un mercato difficile, influenzato da imprese transnazionali che, se contribuiscono in modo positivo alle attività di ricerca, vanno sollecitate a condividere la responsabilità della comunità internazionale per la salute nel ventunesimo secolo, superando la contrapposizione tra diritti di proprietà intellettuale e diritti umani. L’accessibilità alle cure è parte importante della coesione stessa di una società. Va apprezzata la scelta – annunciata dal governo – di destinare un fondo ai farmaci innovativi per la cura del cancro. È questa una tendenza che va incoraggiata e spero si sviluppi. Fonte: Quirinale.it


I GIORNI DELLA RICERCA Università 2016

A scuola e all’università Milano, Palermo, Verona e Salerno le università che hanno incontrato AIRC, così come circa 70 scuole in tutta Italia

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a cura della REDAZIONE el corso degli incontri che si sono tenuti nelle università di Milano, Verona, Salerno e Palermo sono intervenuti nomi illustri della ricerca oncologica per spiegare al pubblico, attento e partecipe, le direzioni future della ricerca. “Gli ultimi quarant’anni hanno portato a numerose scoperte che hanno rivoluzionato la capacità di diagnosi e cura dei tumori” ha spiegato a Milano Antonio Moschetta, dell’Università degli Studi di Bari, descrivendo alcuni momenti fondamentali dell’oncologia, dalla diagnosi per immagini fino alle nuove terapie intelligenti. “La moderna strategia per la lotta contro il cancro è basata su due armi molto potenti: la diagnosi precoce e il miglioramento delle terapie” ha ricordato da Palermo Pier Paolo Di Fiore, dell’IFOM di Milano. E Salvatore Pece, dell’Università degli Studi di Milano, da Verona ha puntato sulle terapie molecolari nate grazie ai progressi nel sequenziamento del DNA. “Siamo sulla strada verso l’obiettivo di una medicina personalizzata e di precisione” ha affermato. Lucia Del Mastro, del San Martino di Genova, ha ricordato che il cancro è un problema sociale di enorme rilevanza, con 1.000 nuovi casi al giorno solo in Italia. “La ricerca ha bisogno di fondi per sostenere i progetti migliori, ma anche di persone convinte che fare ricerca non è un mestiere ma una missione” ha detto all’incontro di Salerno.

L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE PARTE DALLE SCUOLE

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on è mai troppo presto per parlare di salute e prevenzione. AIRC ne è convinta, come dimostra il grande impegno che dedica al progetto “AIRC nelle scuole”, rivolto a docenti e studenti dall’infanzia alla secondaria di secondo grado. L’obiettivo, nel quale rientrano anche gli incontri organizzati in occasione dei Giorni della Ricerca, è confrontarsi con i ragazzi su temi come salute, benessere, stili di vita e prevenzione, senza dimenticare naturalmente scienza e ricerca. Agli incontri organizzati il 3 e 4 novembre 2016 hanno aderito oltre 70 scuole in tutto il territorio nazionale e sono stati coinvolti attivamente più di 10.000 studenti. In occasione degli incontri dei Giorni della Ricerca è stato anche presentato un concorso legato al videogioco L’Isola dei fumosi (www. scuola.airc.it/isoladeifumosi.asp) rivolto alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, che chiede ai ragazzi di elaborare una Campagna contro il fumo, mettendo in palio microscopi da utilizzare nelle classi e giornate da ricercatori in laboratori all’avanguardia. Tutti i dettagli sul sito www.scuola.airc.it.

in Italia dopo un dottorato in chimica computazionale conseguito in Belgio. “Avere passione per quello che si fa quotidianamente è un privilegio e aiutare la ricerca scientifica ad avanzare nella lotta contro il cancro è un sogno che si realizza” ha spiegato la ricercatrice, che, al San Raffaele di Milano, si occupa di identificare nuovi farmaci antitumorali. Anche gli interventi di Veronica De Rosa, ricercatrice presso l’IEOS-CNR di Napoli, e di Riccardo Taulli dell’Università di Torino hanno lasciato poco spazio al dubbio: passione e curiosità – uniti al necessario sostegno finanziario – sono alla base di una ricerca di successo.

INCONTRI NEGLI ATENEI In basso, la conferenza a Palermo

La passione dei giovani “Ho sempre voluto fare la ricercatrice e, con il tempo, la passione e lo studio, ho capito che fare ricerca non è non solo un’esperienza personale fantastica ma anche molto utile all’intera comunità” ha affermato Sofia Avnet, dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, una dei quattro giovani ricercatori sostenuti da AIRC intervenuti negli incontri con gli studenti universitari. Le ha fatto eco da Palermo Federica De Leo, rientrata

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I GIORNI DELLA RICERCA Media e partner

La generosità degli italiani porta 5,4 milioni* alla ricerca

nale considerando l’imprevista concomitanza con la raccolta fondi della Protezione civile per le popolazioni terremotate. Gli italiani hanno risposto con straordinaria generosità, sostenendo entrambe le raccolte fondi e confermando, anche in un momento di estrema emergenza, la loro fiducia e il loro sostegno ad AIRC.

Il campione di scherma Paolo ha battuto il cancro. Per lui è stato fondamentale l’aiuto di ricercatori come Paola e di volontari come Francesca

*alla data di stampa

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al 31 ottobre al 6 novembre 2016, I Giorni della Ricerca hanno informato gli italiani su quattro grandi sfide scientifiche – immunità, prevenzione, microambiente e medicina di precisione –, che rappresentano presente e futuro della battaglia contro il cancro, nella quale sono coinvolti circa 5.000 ricercatori, al lavoro grazie al sostegno di 4,5 milioni di sostenitori e 20.000 volontari che hanno scelto di essere al fianco dell’Associazione. Il programma dei Giorni ha preso il via con la cerimonia al Palazzo del Quirinale (vedi pp. 30-32), per proseguire con le trasmissioni televisive e radiofoniche della RAI, gli incontri in quattro università e circa 70 scuole (vedi p. 33), gli stadi di calcio della Serie A, oltre 900 piazze dove, sabato 5 novembre, i volontari AIRC hanno distribuito i Cioccolatini della Ricerca, a cui si sono unite 1.500 filiali UBI Banca. Un grande sforzo comune che ha portato 5,4 milioni di euro alla ricerca sul cancro: un risultato eccezio-

UBI Banca, una costellazione di impegni

I

Cioccolatini della Ricerca sono arrivati nelle filiali UBI Banca, grazie all’impegno del Gruppo che si è rinnovato anche quest’anno: proprio con questa iniziativa hanno preso avvio, il 7 novembre, le attività “UBI per AIRC 2016-2017”. Clienti e non hanno potuto donare 10 euro a favore della ricerca oncologica, ricevendo una confezione di cioccolatini in omaggio. Proseguono, inoltre, tutte le iniziative di collaborazione con AIRC, come l’emissione della carta Enjoy Social Edition e l’utilizzo di una speciale funzione dell’app UBI Pay che consente di effettuare donazioni tramite smartphone, attraverso il circuito interbancario Jiffy. Dal 2013 a oggi UBI Banca ha contribuito a sostenere la ricerca AIRC con più di 3 milioni di euro. L’impegno del Gruppo prosegue

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anche nel mondo della scuola, con un contributo, per il secondo anno, alla campagna educativa Una costellazione luminosa. Le parole di AIRC per stare bene, dedicata ai bambini delle classi IV e V delle scuole primarie. Per l’anno scolastico 2016-17 100.000 bambini vengono coinvolti in un percorso di educazione ai corretti stili di vita, dall’alimentazione al movimento, per diventare adulti consapevoli e capaci di fare scelte salutari e di prevenzione. E, grazie a questa campagna, possono scoprire l’importanza della ricerca scientifica e del tema del dono.


La ricerca in programma sulla RAI I GIORNI DELLA RICERCA L’impegno dei partner

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n nuovo, importante tratto di strada si è aggiunto quest’anno al percorso che RAI e AIRC hanno costruito insieme in oltre vent’anni, per portare il tema “cancro” nelle case degli italiani e invitare il pubblico a sostenere le sfide dei ricercatori per rendere il cancro sempre più curabile. Un percorso che ha

Da sinistra la ricercatrice Paola, il campione di scherma Paolo e la volontaria Francesca

informato il pubblico sui progressi della ricerca scientifica e ha contribuito a cancellare il tabù del “male incurabile”, con le testimonianze dei protagonisti della ricerca nelle trasmissioni di radio e tv, rendendo tangibile l’impegno dei ricercatori perché la malattia sia sempre più curabile. Per una settimana la RAI ha ospitato medici, ricercatori e persone che

hanno testimoniato i concreti benefici della ricerca. Fondamentale è stato l’impegno degli ambasciatori AIRC, in particolare di Carlo Conti, Pippo Baudo e Antonella Clerici. Il 30 ottobre, a Domenica In, Pippo Baudo, ha acceso il numeratore dei Giorni della Ricerca, ospitando i volti della campagna: la ricercatrice Paola Guglielmelli, la volontaria Francesca e l’ambasciatrice Loretta Goggi. Il campione Paolo Pizzo è stato ospite da Baudo domenica 6. Ampio spazio è stato offerto anche da RadioRAI, i Tg, i due speciali AIRC Eredità e Tutta Salute. A questi si è aggiunto l’impegno quotidiano di Uno Mattina, che ha raccontato il lavoro dei ricercatori, della Prova del Cuoco, che ha visto la campionessa olimpica Margherita Granbassi ospite nella cucina di Antonella Clerici, e della Vita in Diretta, che ha raccontato le storie di chi ha superato la malattia grazie alla ricerca. La generosità degli italiani è confluita nel numero 45510 attivato dai gestori telefonici (TIM, Vodafone, WIND, 3, Coopvoce, Tiscali, Infostrada, Fastweb, TWT).

Da sinistra, Rita Forte, Carlo Conti e Margherita Granbassi

GENNAIO 2017 | FONDAMENTALE | 35


I GIORNI DELLA RICERCA Media e partner

La ricerca con gusto

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er garantire continuità al lavoro dei ricercatori i volontari AIRC si sono spesi in oltre 900 piazze, sabato 5 novembre, per distribuire I Cioccolatini della Ricerca. La distribuzione è continuata la settimana successiva in 1.500 filiali del Gruppo UBI Banca. A fronte di una donazione minima di 10 euro, i sostenitori hanno ricevuto un’elegante confezione con 200 grammi di cioccolato fondente e una preziosa Guida che ha offerto informazioni utili su prevenzione, diagnosi e cura del cancro. Tanti i testimonial – tra i quali Loretta Goggi, nella foto – che si sono spesi per ricordare l’appuntamento, insieme ai media (TV, radio, testate giornalistiche e siti web). Un ringraziamento speciale va a tutti i volontari AIRC, ai sostenitori scesi in piazza e nelle filiali e a tutti coloro che hanno sostenuto la missione di AIRC.

Alla Milano Marathon di corsa per AIRC

A

lla Milano Marathon, il 2 aprile 2017, si corre con AIRC, per rendere il cancro sempre più curabile. È possibile fare l’intera maratona o la staffetta, dividendo l’impegno con un gruppo di amici o colleghi. AIRC fornirà tutto il sostegno durante il percorso, dall’allenamento alla raccolta fondi. I gruppi aziendali sono la giusta occasione per sperimentare un’attività originale di team building e un’ottima iniziativa all’insegna del benessere. L’invito a tutte le squadre è di correre con migliaia di persone lungo le strade di Milano, per affermare il proprio impegno verso il traguardo più importante: un futuro libero dal cancro. Per ricevere informazioni, partecipare, sostenere il progetto: www.retedeldono.it/it/oggicorroperAIRC partnership@airc.it

In campo, contro il cancro

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abato 5 e domenica 6 novembre anche il mondo del calcio – le squadre di Serie A TIM, arbitri e media sportivi – si è schierato compatto al fianco di AIRC con Un Gol per la Ricerca, promosso in collaborazione con FIGC, Lega Serie A, TIM e AIA. Calciatori, allenatori e arbitri hanno invitato i tifosi a sostenere AIRC con un SMS al 45510, per investire su una nuova generazione di ricercatori di talento. Capitano di questa eccezionale squadra è stato Alessandro Del Piero, volto dello spot di Un Gol per la Ricerca, che ha voluto conoscere di persona due giovani ricercatori italiani che si stanno specializzando, grazie a un finanziamento AIRC, alla University of California di San Diego. Accanto a lui sono scesi in campo Francesco Acerbi, Stephan El Shaarawy e Claudio Marchisio. Anche gli Azzurri hanno giocato la loro partita contro il cancro, il 15 novembre, in occasione dell’incontro amichevole Italia-Germania. 36 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2017

#oggicorroperAIRC


INIZIATIVE Le Arance della Salute

Un pieno di vitamine per battere il cancro Sana alimentazione, attività fisica, corretti stili di vita, ricerca e solidarietà: sono le parole d’ordine delle Arance della Salute, che tornano sabato 28 gennaio in circa 2.500 piazze e 600 scuole, grazie all’aiuto di 15.000 volontari

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a cura della REDAZIONE abato 28 gennaio circa 2.500 piazze e 600 scuole in tutta Italia si colorano d’arancione, in occasione delle Arance della Salute: un’iniziativa resa possibile dall’aiuto prezioso di 15.000 volontari e di tutti i sostenitori che si recano ai banchetti offrendo un contributo minimo di 9 euro per una reticella da 2,5 kg di arance rosse, per raccogliere nuove risorse da destinare al lavoro di circa 5.000 ricercatori e per promuovere i corretti stili di vita nel prevenire il cancro. Il nuovo anno di raccolta fondi si apre per AIRC proprio con il simbolo dell’alimentazione sana e protettiva: le arance rosse che vengono distribuite in piazza, rigorosamente di origine italiana, contengono gli antociani, pigmenti naturali dagli eccezionali poteri antiossidanti, e circa il 40 per cento in più di vitamina C rispetto agli altri agrumi. Le reticelle sono accompagnate da una guida con preziose informazioni per scegliere i cibi da porta-

re in tavola e per una lettura consapevole delle etichette alimentari. Inoltre, spazio a gustose e sane ricette a tema arance, realizzate appositamente dallo chef Sergio Barzetti in collaborazione con La Cucina Italiana. Secondo l’American Institute for Cancer Research tre tumori su dieci sono prevenibili con una sana alimentazione. Il cibo che consumiamo rimane uno dei fattori di rischio

più importanti, subito dopo il fumo e appena prima della sedentarietà. La sana alimentazione da sola non basta, è importante anche l’esercizio fisico regolare che diminuisce del 20-40 per cento il rischio di tumore al colon, all’endometrio e al polmone, oltre a contribuire alla prevenzione del cancro al seno. Le Arance della Salute arrivano anche sui banchi di scuola con Cancro io ti boccio: in circa 600 istituti in tutt’Italia, venerdì 27 gennaio, bambini e ragazzi, insieme ai genitori e agli insegnanti, diventano volontari per un giorno, distribuendo le arance rosse.

Per trovare Le Arance della Salute chiama il numero 840 001 001 (attivo dal 18 gennaio) o vai sul sito www.airc.it/arance17

I bambini di una scuola primaria partecipano a Cancro io ti boccio, distribuendo le arance

RICERCA E SALUTE, PAROLE D’ORDINE PER UBI BANCA

UBI Banca è sempre al fianco di AIRC e dei suoi ricercatori. Il Gruppo Bancario e i suoi dipendenti sanno che la ricerca oncologica deve essere alimentata costantemente per permettere un flusso continuo di fondi agli oltre 5.000 ricercatori al lavoro ogni giorno grazie ad AIRC. Per questo, in tutte le filiali del Gruppo è possibile sottoscrivere una donazione ricorsiva: con un piccolo impegno di 8 euro al mese si contribuisce al fondo per le Borse di Studio di giovani ricercatori che passeranno un triennio nelle più importanti Università straniere per accrescere le proprie competenze e poi tornare nel nostro Paese. Con la prima sottoscrizione di una donazione ricorsiva, si riceve la guida di AIRC con informazioni sui corretti stili di vita e con ricette sane e gustose. Un invito a prendersi cura di sé, ogni giorno, e a sostenere in maniera costante il lavoro dei ricercatori. Entra in UBI e scopri come sostenere AIRC!


IL MICROSCOPIO

Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC

Unire il rigore scientifico al rapporto umano

ATTENTI ALLE TRUFFE AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando la polizia (113) o i carabinieri (112).

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a tragica morte di giovani pazienti con tumore che avrebbero potuto salvarsi se non avessero rifiutato le terapie di efficacia dimostrata per affidarsi alle pseudo-terapie di ciarlatani fa riflettere su una delle espressioni più usate (e abusate) in oncologia: la cosiddetta medicina personalizzata, o, come oggi usa anche dire, medicina di precisione. Medicina personalizzata significa “dare la medicina giusta al paziente giusto nel momento giusto”. Questa definizione così semplice, quasi banale, si scontra con l’immane complessità scientifica e clinica del cancro, legata all’eterogeneità della malattia – esistono più di 200 forme tumorali differenti –, e al fatto che le cellule tumorali costituiscono un mondo nel quale vigono regole che aggirano in modo sottile e subdolo le normali regole di comportamento cellulare. La risposta di AIRC è da anni la stessa: la soluzione è la ricerca. L’avere affrontato il problema cancro attraverso la ricerca e riuscendo poi a tradurne i risultati in reali benefici per i pazienti ha portato a importanti successi. Oggi infatti disponiamo di cure che assicurano per alcuni tipi di tumore la guarigione o la possibilità di convivervi a lungo: per alcuni, ma purtroppo non (ancora) per tutti. Di conseguenza la ricerca scientifica è la via maestra per arrivare a identificare le caratteristiche molecolari specifiche del singolo tumore e poter scegliere la terapia più adeguata per il singolo paziente. Alcune terapie innovative biologiche (cioè capaci di interferire specificamente con alcuni dei meccanismi molecolari del cancro) sono già entrate

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nella pratica clinica e, almeno in parte, affiancano la classica chemioterapia. Va però chiaramente sottolineato che esse allargano il ventaglio delle possibilità terapeutiche, migliorano le strategie, ma non sostituiscono la chemioterapia a cui molto spesso vengono associate e che continua a salvare molte vite umane. La scelta del trattamento dipende dal tipo di tumore e dalle caratteristiche del singolo paziente. L’espressione medicina personalizzata implica quindi la massima attenzione alla persona, la necessità di considerare la paura del paziente, che ha bisogno di chiedere e soprattutto ha bisogno di essere ascoltato. Medicina personalizzata significa non soltanto dare al paziente il meglio in termini di farmaci, significa l’obbligo di unire l’indispensabile rigore scientifico al rapporto umano, dunque ascoltare i pazienti e spiegare in termini comprensibili. Sottolineo con grande forza questo punto: infatti, se questo aspetto viene trascurato, i pazienti, soprattutto i pazienti più indifesi e fragili, possono correre il grave rischio di sentirsi soli, inascoltati, se non addirittura trattati come numeri. Questo li può portare a cercare strade alternative, oggi favorite dall’accesso a informazioni prive di qualsiasi controllo scientifico, e a rifugiarsi tra le braccia di falsi profeti che offrono cure miracolistiche prive di base scientifica. Purtroppo la cronaca recente ci ricorda che questo rischio è drammaticamente concreto: AIRC intende combatterlo promuovendo l’educazione e l’informazione, senza trionfalismi, ma raccontando la verità in modo semplice e chiaro.


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DAI VOSTRI MOMENTI SPECIALI PRENDE FORMA NUOVA RICERCA. La vita è piena di occasioni che vale la pena di celebrare: dal matrimonio al battesimo, dalla cresima alla laurea. Scegliendo le idee solidali AIRC donerete un sostegno concreto a chi lavora ogni giorno per rendere il cancro sempre più curabile.

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