Fondamentale gennaio 2015

Page 1

Numero 1 - gennaio 2015 - Anno XLIII - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped.

in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

001_cop_gen15_anniversary_ok3.qxd

1-01-1970

1:22

Pagina 1

SPERIMENTAZIONI

Per il malato molti vantaggi dai farmaci innovativi LAVORO

Il percorso per dimostrare il nesso tra inquinanti ambientali e cancro GIORNI DELLA RICERCA

Dal Quirinale alle scuole, tutti intorno ad AIRC

TRAPIANTO DI MIDOLLO

I ricordi di chi per primo in Italia si è salvato grazie a questa tecnica In questo numero

1965 - 2015

1965 - 1974

Gli anni della nascita

1975 - 1984

Il consolidamento

1985 - 1994

I Giorni della Ricerca

1995 - 2004

Il nuovo millennio

Da 50 anni con coraggio, 2005 / 2014 I traguardiilraggiunti contro cancro


02-03_somm_edit_doppio presidente_gen15.qxd

1-01-1970

1:29

Pagina 2

SOMMARIO

FONDAMENTALE gennaio 2015

In questo numero: 04 08 10 11 14 16

GLI ESORDI 1965-1974

20 22

NOTIZIE FLASH Dal mondo

26 28 30 33 34 36 37 38

I GIORNI DELLA RICERCA L’Italia della ricerca è un sistema che funziona

04

Per festeggiare i 50 anni di AIRC ascoltiamo i protagonisti, pazienti e ricercatori

SPERIMENTAZIONI Sempre più vantaggi con le cure sperimentali VIVERE SANO Lo yoga PREVENZIONE La misurazione del PSA non è un test di screening PREVENZIONE Il cancro si sconfigge anche rispettando il Codice

08

Partecipare a una sperimentazione è vantaggioso per il paziente, dicono le ultime ricerche in materia

MEDICINA DEL LAVORO Seguire le norme e fare ricerca: le armi per ridurre i rischi

SISTEMA SANITARIO Al centro la cura della persona, facendo ricerca

In quattro atenei vanno in cattedra i ricercatori AIRC

14

22

6,4 milioni di euro per dire “Contro il cancro, io ci sono” RUBRICHE I Progressi della ricerca AIRC PREMIO VENOSTA Dai geni mutati al letto del paziente LASCITI Un gesto per dare continuità alla ricerca INIZIATIVE La salute inizia dalla tavola

La versione aggiornata del Codice anticancro, 12 punti salvavita

Gli hospice, luoghi di assistenza e di ricerca

IL MICROSCOPIO Mezzo secolo di risultati

FONDAMENTALE Anno XLIII - Numero 1 Gennaio 2015 - AIRC Editore

DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - www.airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO EDITORIALE Giulia Cauda, Cristina Zorzoli

FOTOGRAFIE Annachiara Lodi (copertina e servizio a p. 5), Corbis, Thinkstock, Istockphoto, Giuliano Marchisciano

REDAZIONE Paola Dottor, Martina Perotti, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli TESTI Agnese Codignola, Paola Dottor, Cristina Ferrario, Daniela Ovadia, Fabio Turone, Cristina Zorzoli

Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.


02-03_somm_edit_doppio presidente_gen15.qxd

1-01-1970

1:29

Pagina 3

EDITORIALE

TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito www.airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, www.fondazionefirc.it oppure tel. 02 794 707; • in banca: Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 0000 0103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT 87 E 01030 01656 000001030151; Unicredit PB SPA IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349 176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

Pier Giuseppe Torrani Presidente AIRC

Buon compleanno AIRC

N

el 2015 l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro taglia il traguardo dei 50 anni di attività: 50 anni spesi al servizio della ricerca scientifica per portare i risultati dal laboratorio al paziente. Nel 1965, quando è nata, pensare di raccogliere fondi per la ricerca scientifica, secondo un modello di finanziamento che era comune negli Stati Uniti ma non certo in Italia, era un’idea coraggiosa e all’avanguardia. È stato quindi il coraggio a guidare la nascita di AIRC, dai suoi fondatori alla lunga presidenza di Guido Venosta, che ha saputo trasformarla da una realtà solo milanese in una realtà nazionale con la costituzione dei 17 Comitati regionali. E se inizialmente la raccolta fondi poteva contare su pochi illuminati industriali, in 50 anni ha allargato la sua platea e oggi vi sono 4,5 milioni di sostenitori che aiutano in vario modo la ricerca scientifica. AIRC è oggi una delle più importanti charities europee, che sostiene economicamente il lavoro di circa 5.000 ricercatori e che ha portato l’Italia ai primi posti tra le nazioni con la migliore produzione scientifica in ambito oncologico per qualità e quantità. I risultati ottenuti hanno ripagato gli sforzi compiuti, ma ci sono ancora molti traguardi da raggiungere anche perché, aumentando il sapere, crescono anche i dubbi da risolvere. Nel frattempo possiamo dirci soddisfatti dei nostri primi 50 anni: e in questo plurale comprendiamo anche i soci, i sostenitori, i volontari e i ricercatori che non hanno mai smesso, in questo mezzo secolo, di credere che la battaglia contro il cancro possa essere vinta.

AIRC ha ricevuto dall’Istituto italiano della donazione il marchio di eccellenza per le organizzazioni non profit che forniscono elementi di garanzia sull’assoluta trasparenza ed efficacia nella gestione dei fondi raccolti.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 3


04-07_50_anni_airc_gen15.qxd

1-01-1970

1:32

Pagina 4

1965-1974

50 anni di AIRC

Gli esordi

1965-1974 ________________

La nascita di AIRC coincide con l'inizio della moderna ricerca oncologica: compaiono le prime terapie che fanno la differenza nella cura del cancro

LA RISCOSSA DELLE DONNE ________________ 568 SOCI

________________ Nel 1966, un anno dopo la sua costituzione formale, AIRC conta meno di 600 soci, ma eroga i primi 40 milioni di lire all’Istituto tumori di Milano

Nel decennio 60-70 le donne diventano protagoniste e, attraverso la rivendicazione della loro autonomia, scoprono anche le misure di prevenzione oncologica

GIUSEPPE DELLA PORTA ________________

GUIDO VENOSTA ________________

EMIL FREIREICH ________________

Cofondatore di AIRC, ha dato impulso alla ricerca oncologica in Italia, introducendo la raccolta fondi per la ricerca

Si deve al primo presidente di AIRC la trasformazione dell’Associazione da realtà locale a realtà nazionale, sul modello delle charities negli USA

Nel 1965 arrivano le prove dell’efficacia della chemioterapia nella cura dei tumori, grazie agli studi di scienziati come Freireich


04-07_50_anni_airc_gen15.qxd

1-01-1970

1:32

Pagina 5

1965-1974

50 anni di AIRC Terapie sperimentali

Vite parallele, nel segno del trapianto di midollo ________________

Parla il primo paziente italiano ad aver sperimentato la tecnica che oggi salva milioni di persone. Con lui c’è l’ematologo che all’epoca era un giovane specializzando e che oggi dirige un centro di ricerca all’avanguardia

a cura di FABIO TURONE ra accaduto tutto molto rapidamente, in quei giorni caotici di oltre quarant’anni fa. Pino, che aveva ventitre anni, era per lavoro in trasferta in Lucania. Lavorava come saldatore elettrico in un cantiere quando subito dopo l’estrazione di un dente cominciò a non stare bene: “Ero stato dal dentista il mercoledì e la domenica presi l’aereo da Napoli, per tornare a casa: arrivai con febbre alta e un forte mal di testa e mia moglie Angela si accorse che ero di colorito giallognolo, anemico” ricorda oggi, parlando con una leggera cadenza ligure che nasconde le origini sarde. Nato nel 1952 a Sassari, Pino Tosi si era infatti trasferito nel capoluogo ligure da bambino, nel 1963, con i genitori Leone e Pasqualina. “Il medico di famiglia inizialmente pensò che si trattasse di una bronchite un po’ trascurata e mi prescrisse la penicillina, che però non impedì alla febbre di aumenta-

E

re. Mi presentai quindi all’Ospedale Evangelico dove mi ricoverarono e in breve tempo mi fecero un prelievo di sangue e un prelievo di midollo dallo sterno, diagnosticandomi una forma leucemica”. Il fratello Aldo chiese un consulto ad Alberto Marmont, all’epoca uno dei più noti ematologi italiani, che studiò il vetrino, corresse la diagnosi in anemia aplastica e lo ricoverò nel suo reparto all’Ospedale San Martino.

Un giovane medico Andrea Bacigalupo, di tre anni più grande di Tosi, si era laureato da poco più di un anno e lavorava lì come specializzando. Certo non immaginava che la sua vita sarebbe rimasta per sempre intrecciata con quel reparto e con il trapianto di midollo che sarebbe stato tentato nelle settimane successive, per la prima volta in Italia: “All’inizio degli anni settanta era stato pubblicato su

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 5


04-07_50_anni_airc_gen15.qxd

1-01-1970

1:32

Pagina 6

1965-1974

50 anni di AIRC

un’importante rivista un articolo che descriveva tutti i tentativi di trapianto compiuti nel mondo, circa 200, tutti funestati da un esito fatale, per colpa del rigetto o della cosiddetta malattia del trapianto contro l’ospite, in cui le cellule del donatore attaccano gli organi del ricevente” rievoca Bacigalupo (che da allora di specializzazioni ne ha ottenute due – in oncologia e in ematologia – e di quel reparto è oggi il direttore, dopo una carriera di ricercatore finanzia-

ta anche da AIRC). “Aveva funzionato solo in pochissimi casi in cui il donatore e il ricevente erano gemelli identici. Però la recente scoperta del sistema maggiore di istocompatibilità (che oggi sappiamo essere l’espressione di una ‘somiglianza genetica’ tra due individui) aveva da poco cambiato la situazione, permettendo di migliorare la compatibilità, e si cominciavano a registrare i primi casi coronati da successo nelle aplasie”.

TRE GENERAZIONI ________________ In alto Pino Tosi insieme alla moglie Angela, alla figlia Rita, nata pochi giorni prima del suo trapianto, e al nipotino Leonardo. Nella foto piccola, Tosi con Andrea Bacigalupo


04-07_50_anni_airc_gen15.qxd

1-01-1970

1:32

Pagina 7

1965-1974

50 anni di AIRC Ultimo di nove figli, Pino era un buon candidato per il primo tentativo italiano: aveva qualche probabilità in più di trovare un donatore compatibile tra i suoi fratelli, che si sottoposero a un esame insieme ai genitori. Inoltre, le sue condizioni erano destinate a peggiorare: “Una sera Edoardo Rossi, uno dei medici che mi curava, mi chiamò e mi spiegò che la situazione era grave. L’unica via di uscita era il trapianto, con il quale Marmont mi disse che si stavano ottenendo risultati eccellenti” ricorda. “Più tardi ebbi la sensazione di essere stato un po’ una cavia”.

Una scelta quasi obbligata Erano altri tempi e la sensibilità di medici e pazienti era molto lontana da quella di oggi in tema di consenso informato, ma era chiaro a tutti che la situazione comportava una scelta tra due scenari entrambi pieni di rischi: “Mio fratello Paolo, che era risultato il più compatibile, si offrì come donatore e io cominciai la lunga preparazione al trapianto, isolato dal resto del mondo sotto una tenda di plastica a flusso laminare montata nel reparto”. Fuori dalla tenda lo attendevano il figlio Massimiliano, che aveva quattro anni, e la moglie Angela alle

LAVORO DI SQUADRA ________________ Nella foto a sinistra, Andrea Bacigalupo con Pino Tosi e tutta l’équipe dell’ematologia dell’IRCCS San Martino di Genova.

ultime settimane di gravidanza: “Quando arrivò la notizia che era nata mia figlia Rita, Marmont mi autorizzò ad andare a vederla, con la mascherina sul volto, all’ospedale di Sanpierdarena. Piansi per la commozione, pensando che non le avrei più riviste. Proprio in quei giorni avevo saputo che a Roma era stato effettuato un tentativo su un ragazzo di quindici anni che non ce l’aveva fatta”. Nel suo caso invece il trapianto attecchì, ma quasi subito si verificò una forma di rigetto, con problemi al fegato: “Stavo male un giorno sì e l’altro no e tornavo più volte a settimana in reparto, ma alla mia diffidenza i medici reagivano nascondendo le cose brutte, consapevoli che il morale è molto importante. Finché finalmente dopo alcune settimane il mio organismo riuscì a sopportare una nuova terapia che inizialmente mi aveva provocato una reazione allergica e nel giro di pochi giorni tutti i valori epatici tornarono normali”. Per festeggiare si concesse una passeggiata nei boschi, in cerca di funghi: “Tornai a casa a sera dopo diversi chilometri a piedi su e giù dalla montagna senza essere stanco” ricorda, tenendo in braccio un nipotino (ne ha due, Lorenzo e Leonardo). Il ritorno alla normalità completa ci fu dopo un anno, quando riprese a lavorare come saldatore su una petroliera (“un lavoro duro, fino a 11 ore al giorno”) e a fare immersioni con il fucile subacqueo, in apnea. Da allora ha un legame inscindibile con il reparto di Bacigalupo, che ogni anno organizza un pranzo cui sono invitati tutti i pazienti operati: “Io faccio un po’ da psicologo, che conforta. Tutti mi fanno un sacco di domande. Quanto a me, dopo questa esperienza apprezzo moltissimo la vita”.

UNA LUNGA STORIA DI TENACIA ________________ C’è una cartolina che lo scienziato americano di origine tedesca Egon Lorenz, esperto di radiobiologia, spedì nell’agosto del 1950 a una collaboratrice, per condividere un’intuizione avuta mentre era in vacanza: “Probabilmente il modo migliore per salvare i topi irradiati è quello di ripopolare il loro midollo con sospensioni cellulari midollari da altri topi, piuttosto che trasfonderli periodicamente con sangue periferico”. “In quell’intuizione, venuta alla mente a un grande scienziato durante le ferie, erano racchiusi gli elementi chiave del trapianto di midollo, o meglio di cellule staminali ematopoietiche” spiega Bacigalupo. “Senza la sperimentazione animale, che ha anche permesso di studiare in dettaglio le cause del rigetto, questa tecnica che ha già salvato la vita a un milione di persone non sarebbe mai stata messa a punto”. L’applicazione sull’uomo si deve alla tenacia di Edward Donnall Thomas, che lo testò dal 1959 al 1970, fino a ottenere i primi successi e anche il Premio Nobel per la medicina nel 1990. Il risultato è stato ottenuto grazie alla grandiosa intuizione dell’immunologo olandese Jan van Rood, che negli anni sessanta partecipò alla scoperta dei meccanismi della compatibilità e poi convinse il mondo intero a creare un unico registro che oggi raccoglie i dati di tipizzazione dei 25 milioni di donatori di midollo ed è consultabile in tempo reale. Grazie a questi progressi, la mortalità è scesa dal 50 al 10 per cento circa.

Edward Donnall Thomas riceve il premio Nobel per la medicina


8-9_trial_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

1:34

Pagina 8

SPERIMENTAZIONI Nuovi farmaci

C

a cura della REDAZIONE onsentire ai pazienti di capire come funziona la ricerca scientifica, e in particolare quella sui farmaci, per aiutarli a decidere autonomamente se entrare o meno in una sperimentazione: è questo lo scopo del progetto ECRAN, finanziato nel 2012 dalla Comunità europea e coordinato dall’Istituto Mario Negri di Milano. Del consorzio hanno fatto parte anche diverse realtà straniere, soprattutto ospedali universitari, e il network Cochrane, un gruppo indipendente di esperti e medici che negli anni si è distinto per la promozione di una medicina sempre più basata sulle prove di efficacia scientifica,

in grado di coinvolgere i pazienti e i cittadini in ogni fase della cura, a partire dall’informazione necessaria per poter decidere. “Il progetto è partito nel settembre del 2012 ed è stato finanziato per 24 mesi” spiega Paola Mosconi del Laboratorio di ricerca per il coinvolgimento dei cittadini in sanità dell’Istituto M a r i o Negri. “L’obiettivo era di promuovere la ricerca clinica indipendente, cioè quella condotta grazie a finanziamenti pubblici o di enti non profit, spiegando ai cittadini, attraverso materiali informativi ed educativi, come si fanno gli esperimenti sulla salute e come distinguere una ricerca dall’altra”. Ora che il progetto è giun-

Per informare serve materiale comprensibile a tutti

8 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

Sempre più vantaggi con le cure sperimentali Mentre un progetto europeo fornisce ai pazienti le conoscenze necessarie a partecipare in modo consapevole alle sperimentazioni cliniche, gli esperti segnalano grandi cambiamenti (per lo più in meglio) nel mondo dei nuovi farmaci


8-9_trial_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

In questo articolo: farmaci profilo genetico trial clinici

to finalmente al termine, rimane a disposizione degli utenti un ricchissimo sito internet (ecranproject.eu), dove si trova materiale esplicativo e filmati sui principi di base della ricerca, su come si organizzano gli studi clinici e, soprattutto, un utile glossario per capire a che tipo di studio si sta eventualmente partecipando e cosa significano i termini statistici che danno la misura dei possibili benefici (o rischi). Se l’informazione rimane la chiave per una scelta consapevole (e soprattutto, per chi è malato, per poter venire a conoscenza dell’esistenza di sperimentazioni adatte al proprio caso), gli studi dicono che in 20 anni i benefici che i pazienti traggono dalla partecipazione a cure sperimentali sono aumentati in modo impressionante. “Solo 25 anni fa gli studi di fase I, cioè quelli che vengono condotti con molecole appena uscite dal laboratorio e quindi testate solo in provetta e su animali, venivano riservati, in ambito oncologico, ai malati senza speranza. Il loro scopo era essenzialmente quello di valutare la tossicità della nuova cura e solo un paziente su 10 ne traeva un qualche beneficio” spiega Jean-Charles Soria, direttore del Dipartimento di sviluppo dei farmaci dell’O-

1:34

Pagina 9

spedale Gustave Roussy di Parigi, che ha analizzato i dati e tratto le conclusioni pubblicate alcuni anni fa sulla rivista Annals of Oncology. “Oggi invece un paziente su due vede la propria malattia rallentare anche in sperimentazioni di fase molto precoce”. CONOSCENZA PREVENTIVA Il merito va tutto alla maggiore conoscenza che gli scienziati hanno dei meccanismi molecolari di funzionamento dei farmaci che spesso, quando arrivano al letto dei primi pazienti, sono stati creati in laboratorio per agire solo ed esclusivamente su alcuni target cellulari. Anche nel caso di farmaci chimici, cioè dei classici chemioterapici, oggi si conosce in anticipo l’interazione di questi con l’organismo e si possono largamente prevedere sia gli effetti positivi sia quelli collaterali. Tanto che alcuni esperti cominciano a chiedersi se i criteri usati finora per invitare un paziente a partecipare a uno studio di fase I siano ancora validi. “Un tempo si proponeva un farmaco in fase iniziale di sperimentazione solo a pazienti senza speranza, che avessero già sperimentato di tutto” prosegue Soria. “Oggi non è più così: in alcuni casi anche un farmaco in fase I può essere un’opportunità per un malato che ha caratteristiche genetiche o molecolari che lo rendono idoneo a rispon-

Oggi sappiamo come funziona un farmaco

SPERIMENTAZIONI CLINICHE

ANCHE IN PICCOLI CENTRI

S

e in passato gli studi farmacologici, specie quelli di fase I (cioè quelli iniziali) coinvolgevano solo grandi centri ospedalieri specializzati, l’introduzione di terapie mirate adatte solo a pazienti con precise caratteristiche genetiche e molecolari sta cambiando le carte in tavola. Da un lato è molto probabile che farmaci disegnati a tavolino siano effettivamente utili e in grado di prolungare la vita dei pazienti, dall’altro non è facile reclutare un numero sufficiente a dimostrare gli eventuali benefici. Ecco quindi che anche i piccoli centri sono sempre più frequentemente coinvolti nella sperimentazione di queste molecole, magari per non più di uno o due pazienti. È il risultato della diffusione dei test di profilazione molecolare dei tumori, che consentono di stilare una vera e propria carta d’identità molecolare della malattia, che a sua volta permette di accedere a un’eventuale sperimentazione mirata. Ciò costituisce una nuova sfida per la ricerca farmacologica, perché bisogna formare clinici che operano in piccoli centri a far fronte agli obblighi, anche metodologici, imposti da uno studio scientifico.

dere positivamente al trattamento”. Questo tipo di scelta rimane comunque oggetto di dibattito anche tra i medici, perché proporre a un malato una cura che potrebbe essere più efficace di quella già sperimentata solo sulla base di un calcolo teorico (dal momento che non è mai stata provata in precedenza su esseri umani)

solleva non pochi dubbi etici. In questo senso la decisione individuale (e ben informata) del paziente sembra essere l’unica soluzione possibile per non lasciare solo nelle mani del medico una scelta cruciale ma, nello stesso tempo, per non precludere al malato i possibili benefici.


10_scheda scient_yoga_gen15b.qxd

1-01-1970

1:40

Pagina 16

VIVERE SANO

Lo yoga a cura della REDAZIONE o yoga è una forma di attività fisica non aerobica (che quindi non aumenta il consumo di ossigeno e la frequenza cardiaca) che comprende un programma preciso di posture, esercizi respiratori e meditazione. Si tratta di una pratica legata alla tradizione indiana, modificata in tempi recenti per adattarsi alle abitudini e necessità occidentali.

L

Non è una cura ma un aiuto per stare meglio

UNO, CENTO YOGA DIVERSI Lo yoga è praticato, in Occidente, in molti modi diversi. Alcune versioni si allontanano molto da quella originale, privilegiando la performance atletica e avvicinandosi più al fitness che alla meditazione. In altri casi vi sono maestri di yoga che puntano tutto sull’aspetto mentale della disciplina più che su quello fisico. I pazienti oncologici possono trarre giovamento dalla pratica dello Hatha Yoga, la forma più classica che miscela in modo equilibrato stretching, posture, respirazione e rilassamento. Oltre alle lezioni, di solito con cadenza settimanale, lo yoga andrebbe praticato due volte al giorno, per 20 minuti ciascuna, la mattina e la sera.

LA STORIA Lo yoga è una disciplina nata nella penisola indiana più di 5.000 anni fa. È parte integrante di alcune pratiche religiose legate all’induismo ed è utilizzata nella medicina tradizionale indiana. La moda dello yoga è arrivata in Europa negli anni settanta, ma la sua introduzione in Occidente è molto più antica: già nella prima metà del XIX secolo, negli Stati Uniti, veniva praticato dai membri di una corrente filosofica chiamata trascendentalismo. Alla fine del XIX secolo viene tradotto in inglese il volume Yoga Sutra, che contiene la descrizione precisa della maggior parte delle posture ancora oggi praticate.

Ovviamente lo yoga non è una terapia contro il cancro e non ha effetti preventivi specifici: nonostante ciò è stato studiato in molte malattie croniche (oncologiche comprese) per la sua capacità di migliorare la qualità della vita e, in alcuni casi, di alleviare dolori e tensioni, favorendo l’efficacia dei trattamenti farmacologici. Varie ricerche hanno dimostrato che lo yoga può contribuire a controllare alcune funzioni fisiche come la pressione del sangue, la temperatura corporea, la forma delle onde cerebrali (che sono un indice dell’attività del cervello) e la resistenza cutanea (a sua volta una misura dello stress). Solo persone sufficientemente allenate raggiungono una capacità autonoma di controllo dei parametri fisiologici: per tutti gli altri si tratta di una pratica che da un lato favorisce l’elasticità delle articolazioni attraverso esercizi graduali e dolci, dall’altro il rilassamento generale attraverso il respiro e la meditazione. Uno studio dei National Institutes of Health statunitensi ha dimostrato l’efficacia delle tecniche yoga nel ridurre il dolore associato ad alcuni tipi di tumore, oltre alla depressione, attraverso il rilascio di particolari sostanze che per queste proprietà sono dette “neurotrasmettitori del benessere”. In alcuni casi, il rilassamento dello yoga si è dimostrato efficace nel combattere l’insonnia da addormentamento (cioè quella legata alla difficoltà di prendere sonno più che ai risvegli notturni). Prima di praticare lo yoga (e qualsiasi attività fisica) è comunque opportuno parlarne con il proprio medico curante, per capire quali posture possono essere inadatte o pericolose per la propria situazione fisica. È necessario anche avvisare il maestro della propria condizione perché sorvegli i movimenti del malato con particolare attenzione.


11-13_prostata_SCI_gen15c.qxd

1-01-1970

1:42

Pagina 11

PREVENZIONE Cancro della prostata

La misurazione del PSA non è un test di screening Ormai gli esperti hanno pochi dubbi: fare il test del PSA per la prostata tutti gli anni non serve e può indurre una cascata di esami e cure inutili. Ma questo non vuol dire che non si debba fare niente

I

a cura di DANIELA OVADIA l cancro della prostata è un problema di salute pubblica importante: con quasi 40.000 casi l’anno costituisce infatti uno dei tumori più diffusi. Prevenirlo con un test di screening che lo identifichi precocemente è stata, fino a pochi anni fa, la strategia di scelta dei medici, che avevano a disposizione un esame, che misura il livello nel sangue dell’antigene prostatico-specifico (PSA). Dopo quasi trent’anni di utilizzo e di studi sul suo impatto, la strategia dello screening a tappeto deve essere rivista alla luce

dei dati scientifici sugli esiti ottenuti, per lasciare posto a nuovi approcci più complessi e personalizzati. “Il problema è che il cancro della prostata si è dimostrato essere, in molti casi, una malattia relativamente benigna con un’evoluzione lentissima” spiega Ottavio De Cobelli, direttore della Chirurgia urologica dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. “Nel momento in cui il test di screening rileva che qualcosa non va, non siamo però in grado di dire se l’evoluzione sarà lenta o veloce

... approfondisci su: www.airc.it/testPSA

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 11


11-13_prostata_SCI_gen15c.qxd

1-01-1970

1:42

Pagina 12

PREVENZIONE Cancro della prostata

In questo articolo: prostata PSA controversie

e quindi il più delle volte si tende a intervenire. Le linee guida suggeriscono l’alternativa della “vigile attesa”, cioè la possibilità di sorvegliare l’andamento della malattia con appuntamenti ravvicinati nel tempo, ma questo approccio richiede un’organizzazione che hanno solo i centri specializzati e anche una buona esperienza, che si acquisisce solo vedendo molti pazienti”. Nella maggior parte dei casi, però, sono gli stessi pazienti che di fronte a un PSA fuori dai valori di norma non se la sentono di stare a guardare. SOLO QUANDO SERVE Da molti anni ormai la misurazione del PSA è stata “derubricata” da test di screening a test di diagnosi su base individuale: andrebbe prescritta dal medico solo in casi specifici in cui vi siano ragioni per sospettare la comparsa della malattia, ma così non è. In Ita-

INDICAZIONI

TROPPI TEST AGLI ANZIANI

A

lcuni test di screening, tra i quali la misurazione del PSA, non dovrebbero essere consigliati a persone che hanno un’aspettativa di vita di meno di 10 anni, perché questo può provocare più danni che benefici. Lo afferma uno studio pubblicato su Jama Internal Medicine curato da Ronald Chen e collaboratori, che sono andati a vedere che cosa accade a individui molto avanti con gli anni

12 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

oppure molto malati. “Il danno procurato da test inutili non è solo economico per la collettività, come si potrebbe pensare, ma incide sulla salute e la qualità di vita della persona stessa” spiega Chen nel suo lavoro. Analizzando le cartelle cliniche di migliaia di statunitensi, Chen ha scoperto che oltre la metà degli over 65 ad alto rischio di mortalità per altre malattie viene sottoposto al test per il PSA. In Italia il fenomeno è più circoscritto perché la presenza di un Sistema sanitario nazionale frena gli sprechi, ma l’errore di ragionamento che sta dietro queste prescrizioni è lo

stesso: la convinzione che diagnosticare precocemente abbia sempre un senso, indipendentemente dall’aspettativa di vita della persona. Invece non è così: i tumori della prostata (ma anche quelli della cervice uterina e alcuni di quelli al seno nella donna sopra i 70 anni) si evolvono molto lentamente, soprattutto in età avanzata. Per queste persone è più pericoloso e invalidante un intervento chirurgico o una chemioterapia del tumore stesso, che il più delle volte rimarrebbe non diagnosticato fino al decesso per altre cause.


11-13_prostata_SCI_gen15c.qxd

1-01-1970

1:42

Pagina 13

5 su 1.000

Uomini che muoiono di cancro alla prostata e non si erano sottoposti allo screening

I pro... 4-5 su 1.000

lia, come in Uomini che muoiono di cancro molti altri alla prostata e si erano sottoposti Paesi, si continua a vasivi e inutili, allo screening usare que- non privi di efUomini che sopravvivono al cancro sto test nella fetti collaterali. convinzio- N o n o s t a n t e alla prostata grazie allo screening il rischio di incorrere in prone che un ciò, gli stessi blemi per via di eventuali esame in autori non se la esami successivi è ancora più più non possa far male. Pro- sentono di escluelevato) e non andrebbe nemprio contro questa mentalità dere del tutto la possibilità di meno proposto. (spesso condivisa dai pazien- prescrivere il test: “Solo gli NON INDICATO “In Italia Uomini non siamo così di cancro alla pro ti) si sono scagliati diversi uomini che esprimono una PER I MALATI che muoiono non scienziati, primi fra tutti Julia preferenza spiccata per lo Ancora più negativi nei drastici e, soprattutto, senza screening Hayes del Dana Farber Institu- screening dovrebbero essere confronti dello screening usiamo più la singola misute of Technology Assessment sottoposti al PSA, dopo aver sono gli esperti britannici, razione di PSA per decidere e Michael Barry della Harvard ricevuto un’informazione due dei quali, Timothy Wilt e se sottoporre un paziente a Medical School, che hanno re- completa sui possibili danni. Philipp Dahm, hanno pubbli- biopsia” specifica De Cobelcentemente pubblicato sulla Altre strategie possibili per cato l’anno scorso sul British li. “La scelta dipende dal quarivista JAMA una revisione ridurre i rischi consistono Medical Journal un’analoga re- dro generale, dai sintomi eUomini che scampan dei principali studi sulla que- nel considerare uno scree- visione, estesa anche ad alcu- da altri esami, come l’ecogra-morte per via dello s stione. “Abbiamo preso in ning biennale invece che an- ni importanti studi condotti fia. E poi osserviamo l’andaconsiderazione i due più nuale, un livello limite di in Scandinavia. Le loro racco- mento del PSA nel tempo, grossi studi randomizzati PSA più alto di quello attuale mandazioni consentono lo più che il singolo dato: se si controllati sullo screening per procedere con la biopsia screening solo agli uomini tra mantiene stabile o scende, con PSA: uno statunitense, il oppure una terapia iniziale 55 e 69 anni che lo richiedono nessun pericolo. Se sale, alPLCO, e uno europeo, di tipo conservativo e non e che non siano affetti da altre lora è bene approfondire i l’ERSPC. Lo studio europeo è chirurgica”. malattie (perché in quel caso controlli”. particolarmente importante perché è l’unico, tra i più recenti, ad aver mostrato un limitato beneficio dai Uomini che sviluppano controlli a tappeto”. complicanze per le cure tra Grazie alla combicoloro che sono stati sottoposti nazione di queste riUomini che hanno un risultato falsamente a screening cerche, i due esperti hanno confermato positivo con lo screening quanto altri studi (la maggior parte dei falsi positivi farà una biopsia, un terzo avevano già mostrato Casi di gravi effetti cardiovascolari delle quali darà disturbi come febbre, dolore, sanguinamenti, in modo statisticainfezioni e difficoltà transitorie a urinare; l’1 per cento mente meno solido: avrà bisogno di un ricovero) lo screening del PSA Casi di trombosi venosa aumenta l’incidenza profonda o embolia del cancro prostatico (cioè il numero di casi che vengono diagnosticati) ma Casi di disfunzione erettile non ha effetti sulla mortalità. Uomini che ricevono una In pratica, sottoporsi o meno diagnosi di cancro alla prostata al test non cambia l’aspettati(nel caso della prostata si stima che il 90 per Casi di incontinenza urinaria va di vita degli uomini tra i cento degli uomini possa subire un qualche 55 e i 69 anni di età, mentre effetto negativo legato alle cure, anche se un aumenta il rischio di essere sottoposti a esami e cure innumero sostanziale di essi non svilupperebbe Nella grafica sono illustrati benefici e rischi legati allo screening secondo uno studio pubblicato dal British Medical Journal

0-1 su 1.000

5 su 1000

0-1 su 1

...e i contro

100-120 su 1.000

2 su 1.000

1 su 1.000

110 su 1.000

29 su 1.000

18 su 1.000

mai i sintomi nel corso della propria vita)

5s

Uomini senza s


14-15_codice_anticancro_ATT_gen15f2.qxd

1-01-1970

1:45

Pagina 14

PREVENZIONE Dodici punti chiave

Il cancro si sconfigge anche rispettando il Codice Dopo più di dieci anni è stata pubblicata la versione aggiornata del Codice europeo contro il cancro, un documento che spiega a tutti i cittadini dell’Unione come ridurre il proprio rischio oncologico. Il tutto in 12 semplici regole

U

a cura di CRISTINA FERRARIO n’iniziativa della Commissione europea per informare la gente sulle azioni da compiere per se stessi e le proprie famiglie allo scopo di ridurre il rischio di tumore”. Così viene definito il Codice europeo contro il cancro sul sito internet dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC; www.iarc.fr) di Lione, l’ente che ha coordinato i lavori di preparazione del testo finale e che mette a disposizione tutti i dettagli tecnici sul Codice e molti interessanti approfondimenti sulle singole raccomandazioni. Grazie al lavoro congiunto di tanti esperti europei è stato possibile arrivare quest’anno alla quarta edizione del testo, dopo quella del 2003, costituita

da 12 punti che racchiudono le principali regole di prevenzione oncologica emerse dagli studi pubblicati nel corso degli anni. “Più alto è il numero delle raccomandazioni seguite, più basso è il rischio di ammalarsi di tumore” spiega Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto nazionale tumori di Milano, che ha preso parte ai lavori per la preparazione del Codice nel gruppo dedicato all’alimentazione; aggiunge poi l’epidemiologo: “Se tutti seguissero queste 12 semplici regole, potremmo evitare almeno la metà di tutti i decessi per cancro in Europa”. Ripercorrendo una a una le 12 raccomandazioni e confrontandole con quelle della precedente edizione appare chiaro che la ricerca non si ferma e che tenere lontano il cancro non è una missione impossibile.

... approfondisci su: www.airc.it/codice

COME NASCE IL CODICE

A prima vista le 12 regole per la prevenzione del cancro possono sembrare consigli semplici, basati sul buon senso e sull’esperienza, ma dietro a ciascuna raccomandazione si cela il grande sforzo compiuto da un team di esperti provenienti dai Paesi dell’Unione 14 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

europea. Ecco come nasce il Codice. Il progetto che ha portato alla stesura della quarta edizione del documento è stato coordinato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (IARC) e si è svolto nel periodo 2012-2013, durante il quale oncologi ed

epidemiologi esperti – suddivisi in sei diversi gruppi di lavoro – hanno valutato tutta la letteratura scientifica disponibile per poter poi formulare le raccomandazioni. Consigli che sono stati passati al vaglio di esperti di comunicazione e ricerca comportamentale per verificare che i messaggi pubblicati fossero chiari e arrivassero a destinazione.


14-15_codice_anticancro_ATT_gen15f2.qxd

“ 1

1-01-1970

1:45

Pagina 15

IL CODICE

Non fumate. Non usate alcuna forma di tabacco. Per rendere attuale una raccomandazione che potrebbe sembrare vecchia, basta ricordare che il fumo causa nel mondo circa 15.000 morti al giorno. Inoltre, oggi non si parla solo dei rischi legati alla sigaretta, ma anche di quelli che derivano da altri modi di consumare tabacco (pipa, tabacco da masticare eccetera). Rendete la vostra casa “smoke free” (libera dal fumo). Sostenete le misure contro il fumo nel vostro ambiente di lavoro. 2 L’attenzione all’ambiente in cui si vive e si lavora è importante se si vuole evitare davvero il fumo passivo. Una curiosità: è stato dimostrato che fumare sul balcone non basta per avere davvero una casa senza fumo: bisognerebbe aspettare almeno tre minuti prima di rientrare per essere certi di chiudere tutte le particelle pericolose fuori dalla finestra. Impegnatevi a mantenere un peso corporeo sano. 3 Sovrappeso e obesità sono fattori di rischio ben noti per diversi tipi di tumore come quelli del seno, della prostata, del colon-retto e molti altri ancora. quotidianamente esercizio fisico. Limitate il tempo che trascorrete seduti. Non bisogna dimenticare che, tra l’altro, la sedentarietà contribuisce anche all’aumento di peso. 4Fate Mantenete una dieta sana: consumate in abbondanza cereali integrali, legumi, verdura e 5 frutta; limitate i cibi molto calorici (ricchi in zuccheri e grassi) ed evitate le bevande zuccherate; evitate le carni conservate; limitate le carni rosse e i cibi ricchi di sale.

Portare in tavola ogni giorno cibi sani e nelle giuste quantità è uno dei cardini della prevenzione e non solo di quella oncologica. Se consumate bevande alcoliche, di qualunque tipo, limitatene la quantità. Per prevenire 6 il cancro è meglio non bere alcol. L’eccesso di alcol è particolarmente dannoso per il fegato, ma bastano anche piccole quantità per provocare danni all’organismo.

Evitate esposizioni prolungate al sole, specialmente nei bambini. Usate protezioni solari. 7 Non esponetevi a lampade abbronzanti. Ciò che rende pericoloso esporsi al sole sono le radiazioni ultraviolette emesse anche dalle

lampade abbronzanti. Ecco perché in questa edizione del Codice lettini solari e simili sono messi al bando.

Nei luoghi di lavoro proteggetevi da sostanze cancerogene rispettando le regole di 8 sicurezza. Sono molte le sostanze che possono risultare cancerogene sui luoghi di lavoro, ma le

raccomandazioni e gli strumenti per proteggersi ci sono (vedi articolo “Seguire le norme e fare ricerca: le armi per ridurre i rischi” a p. 16). Controllate se nella vostra abitazione c’è un’alta concentrazione di radon e nel caso fate in 9 modo di ridurre il livello di radiazioni. Il radon è un gas radioattivo naturale presente in molte abitazioni. Può essere pericoloso, ma per non rischiare in molti casi è sufficiente aerare spesso il locale aprendo le finestre. Nella precedente versione del Codice i punti otto e nove erano più generici e non si parlava nello specifico di radon.

Per le donne: allattare al seno riduce il rischio di cancro nella madre. Se potete 10 allattate il vostro bambino; la terapia di sostituzione ormonale (TOS) aumenta il rischio di alcuni tumori. Limitatene l’uso. Sono queste le raccomandazioni più recenti e tutte dedicate alle donne.

Fate partecipare i vostri bambini ai programmi di vaccinazione: epatite B per i neonati; 11 Papilloma virus (HPV) per le ragazze. Rispetto all’edizione precedente si aggiunge anche la vaccinazione contro l’HPV, un virus responsabile della quasi totalità dei tumori della cervice

uterina. Nel 2003, anno di pubblicazione della terza edizione del Codice, il vaccino non era ancora disponibile.

Partecipate ai programmi organizzati di diagnosi precoce per: tumori dell’intestino; 12 tumori della mammella; tumori della cervice uterina. Gli screening sono fondamentali per scoprire tumori ancora nelle fasi iniziali; purtroppo sono ancora troppo poche le persone che sfruttano queste opportunità di prevenzione, offerte gratuitamente dal servizio sanitario.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 15


16-19_medicina_lavoro_ATT_gen15e.qxd

1-01-1970

1:51

Pagina 16

MEDICINA DEL LAVORO Rischi oncologici

In questo articolo:

rischi professionali prevenzione sostanze tossiche

Seguire le norme e fare ricerca, le armi per ridurre i rischi Le malattie professionali, che includono anche diverse forme di tumore, rappresentano un capitolo molto importante della medicina moderna, ma grazie alla ricerca e a leggi ad hoc abbiamo oggi gli strumenti per prevenirle e tenerle sotto controllo

a cura di AGNESE CODIGNOLA e CRISTINA FERRARIO ostanze chimiche, radiazioni e comportamenti sbagliati sono alla base anche di numerosi tumori che compaiono tra i lavoratori, tanto che oggi si pensa che il quattrosei per cento di tutti i casi di cancro debba essere considerato “occupazionale”, un dato che si traduce in Italia in circa 6.500-7.000 decessi l’anno. “Non è affatto semplice studiare i tumori professionali” dice Pier Alberto Bertazzi, professore ordinario di medicina del lavoro all’Università statale di Milano e direttore della Clinica del lavoro del capoluogo lombardo. Come spiega l’esperto, i tumori sono malattie dovute a un complesso di cause e non è sempre facile comprendere il ruolo dei fattori professionali nel loro sviluppo. Un altro ostacolo è rappresentato dal fatto che, nel caso dei tumori occupazionali, passano in genere molti anni (anche 30-40) tra l’esposizione a un fattore di rischio e la malattia. Infine bisogna tener presente che non è affatto semplice disporre di dati completi e aggiornati e, di conseguenza, è

S

16 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

possibile che i dati disponibili sottostimino il fenomeno.

I pericoli più comuni E se non è semplice studiare i tumori professionali, non lo è nemmeno identificare in modo chiaro tutte le sostanze e i processi lavorativi potenzialmente cancerogeni. È chiaro che molti lavoratori sono esposti a questi rischi sul luogo di lavoro. “In Europa il sistema Carex (CARcinogen EXposure) – che valuta il numero degli esposti a cancerogeni per motivi professionali – suggerisce che oltre il 20 per cento dei lavoratori italiani possa essere a rischio” precisa Sergio Iavicoli, direttore del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL. Riassumendo, forse all’eccesso, è possibile identificare tre grandi classi di fattori di rischio oncologico per i lavoratori: di tipo chimico, di tipo fisico e di tipo biologico. Appartengono al

primo gruppo moltissime sostanze chimiche utilizzate a vario scopo nell’industria o derivate dai processi produttivi come per esempio l’amianto, molti metalli (nichel, cromo, cadmio), il benzene, il cloruro di vinile usato per produrre il PVC, le amine aromatiche tipiche dei lavori che hanno a che fare con pigmenti e coloranti, le polveri della lavorazione del legno e del cuoio e molte altre ancora che fanno parte di una lista piuttosto lunga ma non ancora completa. Il rischio di tipo fisico è legato invece a fattori diversi, come per esempio le radiazioni. Possono essere le radiazioni ultraviolette dei raggi del sole, per chi svolge attività all’aperto: non è da invidiare chi trascorre per lavoro intere giornate all’aria aperta, magari sotto il sole a picco di mezzogiorno, perché in questi casi può aumentare il rischio di sviluppare tumori della pelle, dai più “tranquilli” basaliomi, fino ad altri tipi di carcinomi, mentre sui melanomi ancora si discute sul ruolo dei raggi UV. Il rischio professionale da radiazione è però legato in primo luogo alle radiazioni ionizzanti, derivanti per esempio dall’utilizzo di fonti radioattive nelle industrie nucleari o a scopi medici, oppure da sorgenti naturali come il radon, gas radioattivo che si forma per decadimento dell’uranio, di cui sono ricche naturalmente alcune aree geografiche e che si concentra in genere nei seminterrati, creando un rischio per chi lavora in questi ambienti, se non vengono adegua-


16-19_medicina_lavoro_ATT_gen15e.qxd

1-01-1970

tamente controllati. Quanto al rischio biologico, può essere causato per esempio da batteri e virus, importante soprattutto per chi lavora in ambiente medico-sanitario. Le fabbriche non sono dunque gli unici luoghi di lavoro a rischio e quindi è fondamentale, anche per chi non lavora nell’industria, applicare tutte le normative di sicurezza e verificare per non vedere aumentare il proprio rischio di cancro. “Anche in ambito agricolo sono segnalati casi di tumore che potrebbero avere un’origine occupazionale” spiega Bertazzi. “E questo anche se non ci sono, tra i pesticidi autorizzati all’uso, composti riconosciuti come cancerogeni”.

1:51

Pagina 17

... l’articolo continua su: www.airc.it/cancro-lavoro

Medicina del lavoro, 300 anni di successi L’attenzione al lavoro e al rapporto tra occupazione e malattie ha origine nel 1.700 con Bernardino Ramazzini, medico italiano di Carpi (Modena), considerato il padre della medicina del lavoro grazie alla sua opera De Morbis Artificum Diatriba (Le malattie dei lavoratori), il primo trattato che descrive in modo sistematico gli effetti del lavoro sulla salute dei lavoratori e che rappresenta ancora oggi il testo italiano di medicina più tradotto nel mondo. L’Italia in questa disciplina è una vera eccellenza, come riconobbe già un secolo fa il direttore di quella che era l’INAIL statunitense nella sua visita alla Clinica del lavoro di Milano, la prima nel mondo e modello per altre strutture simili, sorte anche fuori dall’Europa, concepita dopo un grave incidente avvenuto durante gli scavi della ferrovia del Sempione. “Il malato è il lavoro ed è questo che deve essere curato, affin-

SOTTO STRETTA SORVEGLIANZA

L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) è l’ente che in Italia si occupa di tenere sotto controllo le malattie professionali, tumori inclusi. E il decreto legislativo 81 del 2008 – che sostituisce la vecchia legge 626 – è il testo normativo di riferimento, il cosiddetto “Testo unico in materia di

salute e sicurezza sul lavoro”, che ha istituito per esempio l’obbligo di raccogliere in un registro dedicato i casi di tumori di sospetta origine professionale. A questo si aggiungono anche il registro specifico per i casi di mesotelioma (ReNaM) e quello specifico per i tumori delle fosse nasali e dei seni paranasali (TuNS), oltre a numerosi altri

progetti come OCCAM (OCcupational CAncer Monitoring) e l’applicazione SERICO (Sorveglianza epidemiologica dei rischi cancerogeni occupazionali). Una fitta rete di sorveglianza che ha lo scopo di fornire dati utili per aumentare le conoscenze nel settore e creare strumenti di prevenzione sempre più efficaci.


16-19_medicina_lavoro_ATT_gen15e.qxd

1-01-1970

1:51

Pagina 18

MEDICINA DEL LAVORO Rischi oncologici

ché siano prevenute le malattie dei lavoratori". Così rispondeva Luigi Devoto, fondatore nel 1910 della clinica milanese che oggi porta il suo nome, a quanti gli chiedevano perché non avesse chiamato la nuova struttura “Clinica dei lavoratori”. Fu chiaro sin da subito quindi che la medicina del lavoro non ha come obiettivo principale la cura delle malattie professionali, ma la loro prevenzione. “Questa branca della medicina si occupa oggi di diversi aspetti della relazione tra lavoro e malattia” dice il direttore della Clinica del lavoro milanese: “Identifica nell’ambiente di lavoro i fattori che possono essere nocivi per la salute; cerca di capire se i disturbi che insorgono nei lavoratori sono collegati all’occupazione svolta; interviene sul legame lavoromalattia, dando indicazioni su come può essere migliorato un ambiente di lavoro e il rapporto tra il lavoratore e l’ambiente in cui lavora e infine si impegna a promuovere la salute, cioè cerca di creare condizioni che la favoriscano, come la cessazione del fumo o l’adozione di una dieta salutare”. I risultati di questi anni di ricerca e di interventi mirati sono oggi chiaramente visibili. Molte sostanze identificate come cancerogene sono state vietate – un esempio tra i più classici è la messa al bando nel 1992 dell’amianto e di tutti i prodot-

ti da esso derivati – e sono state fornite a datori di lavoro e lavoratori le indicazioni su come lavorare al meglio per rendere sani e sicuri gli ambienti professionali. Ciò ha portato anche alla quasi totale eliminazione di tumori un tempo più comuni come l’angiosarcoma epatico legato all’esposizione al cloruro di vinile monomero che si utilizza per fare il PVC. “Ora di PVC se ne produce più di prima, ma in impianti chiusi, ermetici e il lavoratore non è più esposto, a differenza di quanto accadeva qualche decennio fa, quando l’esposizione era molto maggiore e causava tumori del fegato” spiega Bertazzi. “Forte dei traguardi raggiunti, la medicina del lavoro è in evoluzione” aggiunge Iavicoli “oggi si sta muovendo in direzione del benessere complessivo del lavoratore, dalla prevenzione alla cura passando dalla promozione della salute. Un approccio che negli Stati Uniti chiamano Total Worker’s Health, salute totale del lavoratore”.

Oggi si punta alla prevenzione e alla diagnosi tempestiva

Dalle fogne al DNA Ramazzini prese spunto per la sua opera dall’osservazione dei lavoratori che pulivano le fogne: persone di umile origine che cercavano di svolgere il lavoro velocemente, per limitare il tempo di esposizione ai miasmi delle latrine, irritanti per gli occhi e spesso causa di cecità. Ancora per molto tempo gli studi del settore continuaro-

no a basarsi sull’osservazione delle occupazioni cercando eventuali malattie in chi le svolgeva. Come ricordano gli esperti, la ricerca più classica nel campo dei tumori professionali è basata soprattutto su studi retrospettivi, che valutano cioè popolazioni di lavoratori esposti in passato a sostanze note oggi per essere cancerogene, e ha permesso, tra gli anni settanta e novanta del secolo scorso, di identificare un numero molto ampio di agenti cancerogeni presenti nell’ambiente di lavoro. “Oggi la ricerca è cambiata e sono cambiati anche i suoi obiettivi” spiega Bertazzi. Si punta, per esempio, a una diagnosi più precoce includendo le persone esposte a rischi professionali in particolari programmi di valutazione. “Assieme ai medici dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, stiamo cercando di valutare se anche le persone esposte a cancerogeni pericolosi per il polmone nella loro vita professionale possano essere inclusi nel programma di screening previsto dallo studio Cosmos, oggi riservato ai forti fumatori” afferma Iavicoli. “E con la ricerca si cerca di capire anche cosa succede a livello molecolare” aggiunge Bertazzi. In altre parole si cerca di arrivare molto prima della malattia. “Noi ci occupiamo di alcuni specifici cambiamenti nel DNA, cerchiamo quali sono i marcatori più precoci dell’interazione tra ambiente e organismo e di intervenire a quel punto, senza aspettare che si sviluppi una malattia” conclude.

A fianco i principali agenti o processi lavorativi responsabili di alcuni tumori

NUOVE PROFESSIONI, NUOVE ATTENZIONI

Il mondo del lavoro è molto diverso rispetto al passato e anche la medicina che se ne occupa deve tenere il passo, studiando i rischi legati alle nuove professioni. “Parliamo per esempio del lavoro a turni che coinvolge anche molte donne” spiega Bertazzi. “È stato visto, anche se non stabilito in modo definitivo, che tale lavoro, e in particolare il lavoro

notturno, può causare un aumento del rischio di tumore mammario nelle lavoratrici”. Il tutto a causa dell’inversione dei ritmi tra giorno e notte che provoca un’alterazione nella funzione ormonale. “Se si altera a lungo tale equilibrio ormonale si rischia di favorire un tumore che è sotto l’influenza di questi ormoni” dice l’esperto, che poi ricorda un altro

18 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

fattore di rischio oncologico tipico del lavoro di oggi: la sedentarietà. Sono sempre di più i lavoratori che trascorrono intere giornate seduti davanti a un computer e ciò è legato spesso a un aumento di peso e di grasso addominale con il conseguente aumento del rischio di molti tumori tra i quali quelli di colonretto, seno, prostata ed endometrio.


16-19_medicina_lavoro_ATT_gen15e.qxd

1-01-1970

1:51

Pagina 19

Mesotelioma pleurico Amianto

Non c’è prevenzione senza consapevolezza

Polmone Amianto, idrocarburi aromatici

“Parlando di tumori professionali policiclici (benzene) legati è importante sottolineare che nella all’industria del carbone e del maggior parte dei casi oggi disponiamo delle conoscenze e degli stru- petrolio, metalli (cromo, nichel, menti per poterli prevenire” affer- cadmio), polveri sottili, cloruro di ma Bertazzi, che ricorda i numerosi vinile, catrame, fumi esausti dei passi avanti compiuti nel settore motori diesel prevenzione e protezione. Uno dei cardini della prevenzione è senza dubbio la regolamentazione a livello di legge di tutte le norme che portano a lavorare in modo sicuro. “A Polveri di legno e di cuoio, metalli (cromo, nichel), formaldeide livello normativo siamo decisamente a buon punto” spiega. “Non ci servono nuove leggi e nuove conoscenze, ma è importante che quelle esistenti venga- p e v o l e z z a no applicate al meglio”. E in aggiunta del rischio Radiazioni UV, paraffina, al datore di lavoro, che oltre a garantire oncologico” un ambiente di lavoro salubre deve spiega Iavi- alcune sostanze chimiche mettere a disposizione dei dipendenti coli “e se tutti gli strumenti per proteggersi (dai non si ha la corsi di formazione alle maschere, gli percezione indumenti protettivi, gli impianti che una sostanza o un atteggiamento adatti eccetera), anche il singolo lavo- sul lavoro possono essere pericolosi ratore ha un ruolo importante e una per la salute, diventa difficile mettere responsabilità in atto le misure di prevenzione e di forte nel manteneprotezione più adatte”. re la propria saluChi lavora al sole dovrebbe per te. “Un problema esempio indossare sempre indumenti che si riscontra che coprano la pelle e spesso è quello la proteggano dai della poca consaraggi UV, dovrebbe usare creme solari e cercare di trascorrere le ore più calde all’ombra per quanto possibile. “Quello che vediamo però nella pratica di tutti i giorni è che i lavoratori stessi non sempre mettono in pratica le buone norme e le regole di protezione (fa caldo, perché devo indossare anche questo eccetera)” ricorda Bertazzi. “In un’industria

Fosse nasali e seni paranasali

Pelle

Vescica Amine aromatiche tipiche dell’industria che utilizza pigmenti e coloranti, sostanze chimiche della lavorazione di pelle, plastica e tessuti

Leucemie e linfomi Benzene, pesticidi, insetticidi, radiazioni

chimica o in una fonderia è molto più semplice mettere in atto le norme di prevenzione, e inoltre c’è anche una maggior consapevolezza da parte del lavoratore del rischio che corre, maneggiando determinate sostanze in modo non corretto”. Tutte le conoscenze e i dispositivi di sicurezza non contano se il lavoratore stesso le ignora: servono quindi informazione e tanta responsabilità individuale, oltre a quella, ovvia e obbligatoria per legge, del datore di lavoro. Non ultima c’è la consapevolezza dei medici. “Che lavoro fai?” chiedeva Ramazzini nel 1700 ai propri pazienti, una domanda che non sempre i medici di oggi pongono a chi hanno di fronte. “Informarsi sulla professione svolta anche in passato dal proprio paziente può essere importante per capire l’origine di alcuni disturbi che si manifestano anche dopo anni dalla fine della vita lavorativa” conclude Iavicoli.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 19


20-21_news_gen15b.qxd

1-01-1970

1:53

Pagina 20

NOTIZIE FLASH

Dal mondo

L’aspirina aiuta anche la prostata

I chili di troppo aumentano il rischio Aumento del rischio di tumore del rene, del pancreas, dell’esofago, dell’endometrio e del seno nelle donne in menopausa. A queste conseguenze vanno incontro i pazienti che hanno superato un tumore del colon-retto e che prima della diagnosi avevano un peso che andava oltre quello ideale. “I risultati dello studio non ci dicono che l’eccesso di peso rende più probabile il ritorno del tumore del colon-retto, ma che le persone obese e in sovrappeso hanno un rischio maggiore di sviluppare un secondo tumore legato ai chili di troppo” affermano Todd Gibson e colleghi, dalle pagine del Journal of Clinical Oncology, che per la loro ricerca hanno valutato i dati di oltre 11.500 persone sopravvissute a tumore colorettale. E anche se il rischio appare circa doppio nei pazienti sovrappeso o obesi rispetto a quelli normopeso già sopravvissuti a carcinoma del colon-retto, la probabilità di sviluppare un tumore legato all’eccesso ponderale resta bassa. Alla luce dei risultati ottenuti, gli autori sottolineano l’importanza delle linee guida che raccomandano a chi ha già superato un tumore del colonretto di fare pace con la bilancia tornando al peso ideale.

Non è la prima volta che l’aspirina viene chiamata in causa come farmaco efficace nella prevenzione del cancro, in particolare di quello del colon-retto, ma un articolo da poco pubblicato sul Journal of Clinical Oncology ne ha studiato l’effetto sul tumore della prostata, dimostrando che in alcuni casi grazie all’aspirina il tumore è meno fatale. Ricercatori statunitensi guidati da Eric Jacob hanno coinvolto nel proprio studio uomini che avevano ricevuto diagnosi di tumore della prostata non metastatico tra il 1992 e il 1993 (quando sono stati inclusi nella Cancer Prevention Study-II Nutrition Cohort) e il 2009, per molti dei quali erano disponibili informazioni sull’uso di aspirina prima o dopo la diagnosi. E dall’analisi dei dati raccolti fino al 2010 è stato possibile dimostrare che con l’uso giornaliero di aspirina anche a basse dosi (circa 80 mg al giorno) si riduce la mortalità legata a questo tipo di tumore e che la relazione vale in particolare per i casi ad alto rischio, classificati come stadio uguale o superiore a T3 o con un grado di Gleason maggiore o uguale a otto.

Attenzione ai lassativi Il tipo di lassativo utilizzato e la durata del trattamento possono avere influenze diverse sul rischio di tumore del colon-retto. Lo si legge sull’American Journal of Gastroenterology dove sono stati recentemente pubblicati i risultati di uno studio sull’argomento che ha coinvolto oltre 75.000 uomini e donne statunitensi di età compresa tra 50 e 76 anni. Grazie a questionari specifici, gli autori hanno raccolto informazioni sull’uso di diversi tipi di lassativi (a base di fibre o non a base di fibre), sulla durata e la frequenza dell’utilizzo e sugli episodi di stipsi

20 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

e le hanno confrontate con i casi di tumore colorettale alla ricerca di eventuali legami. L’uso di lassativi a base di fibre per almeno quattro giorni a settimana per un periodo di quattro anni è associato a una riduzione del rischio di tumore colorettale rispetto al non utilizzo, mentre il rischio aumenta del 50 per cento circa con l’uso di lassativi non a base di fibre per quattro-cinque volte l’anno, ripetto a un uso meno frequente (inferiore a una volta l’anno). Nessun legame invece tra tumore del colon-retto e stipsi.


20-21_news_gen15b.qxd

1-01-1970

1:53

Pagina 21

Il gene cattivo arriva al cinema Da un lato c’è Annie Parker (l’attrice Samantha Morton), una donna con la vita segnata dal tumore al seno che prima le ha portato via mamma e sorella e poi ha colpito anche lei a soli 29 anni, distruggendo oltre alla sua salute anche il suo matrimonio. Dall’altro c’è Mary-Claire King (Helen Hunt), brillante ricercatrice convinta dell’esistenza di un legame genetico nella trasmissione di alcuni tipi di tumore del seno. Le storie di queste due donne coraggiose e determinate, che

hanno sfidato lo scetticismo e i pregiudizi della società in cui vivevano, si intrecciano in un film arrivato nelle sale italiane il 30 ottobre con il titolo Annie Parker, un racconto fatto di scene inevitabilmente tristi e tragiche, che si alternano però ad altre piene di humor e speranza. C’è anche la scena dell’autopalpazione, che, con il

linguaggio immediato del cinema, punta l’attenzione sulla prevenzione e i controlli tanto importanti per “battere sul tempo” la malattia. Di fronte a questa pellicola si è parlato di filmantropia, cioè di film che puntano a rendere consapevole il pubblico e a sensibilizzarlo su tematiche tanto importanti come il tumore del seno.

Tabacco e HPV, Istruire il sistema una relazione immunitario pericolosa Dalle pagine della rivista JAMA arriva un’altra buona ragione per smettere di fumare e per stare alla larga dal tabacco: sigarette, pipe, tabacco da masticare o in qualunque altra forma sono legati a un maggior rischio di infezioni orali da Papillomavirus (HPV) di tipo 16, uno di quelli più pericolosi dal punto di vista oncologico. Lo dimostrano i dati ottenuti dai ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora che, sotto la guida di Carole Fakhry hanno raccolto dati da poco meno di 7.000 persone - uomini e donne. In base a quanto osservato, fumare anche solo tre sigarette al giorno aumenta del 31 per cento il rischio di infezione orale da HPV e il rischio sale al 68 per cento se le sigarette fumate diventano quattro. Si tratta di dati ottenuti misurando diversi prodotti derivati dal tabacco nel sangue o nelle urine, che non dimostrano un rapporto causaeffetto, ma solo un legame tra tabacco e infezione orale da HPV. “Non sappiamo quale sia la ragione di tale legame” spiega l’autrice. “Forse il tabacco aumenta le possibilità di infezione e riduce quelle di eliminare il virus e inoltre il fumo ha un’azione infiammatoria che rende più facile l’attacco dei tessuti orali da parte di HPV ”.

Una cellula del sistema immunitario modificata ad hoc per riconoscere le cellule della leucemia linfoblastica acuta e distruggerle. È questo lo strumento proposto da Stephan Grupp e colleghi e che, in base a quanto pubblicato sul New England Journal of Medicine, è in grado di aiutare anche quei pazienti che non rispondono più alle terapie oggi disponibili. Per arrivare a tali risultati i ricercatori d’oltreoceano hanno coinvolto nel loro studio 30 persone con leucemia linfoblastica acuta - sia adulti sia bambini - e li hanno sottoposti al nuovo trattamento: prelievo dei linfociti T (cellule del sistema immunitario) che sono poi stati modificati con tecniche di ingegneria molecolare. Questa modifica permette di istruire i linfociti e insegna loro a riconoscere una specifica proteina chiamata CD19 presente sulle cellule tumorali. Una volta reintrodotti nei pazienti, i linfociti “cacciatori” si sono riprodotti e hanno svolto il loro dovere: in 27 dei 30 pazienti la malattia è scomparsa (remissione completa) e in 19 di loro l’effetto è durato per almeno sei mesi, in alcuni casi anche fino a due anni. Come ricordano gli autori, la terapia è ancora in fase sperimentale e non è disponibile per il trattamento clinico e inoltre comporta effetti collaterali che, anche se curabili, possono creare problemi, ma di certo rappresenta una speranza per tanti pazienti per i quali oggi non ci sono terapie efficaci.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 21


22-25_hospice_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

1:54

Pagina 22

SISTEMA SANITARIO Gli hospice

Al centro la cura della persona, facendo ricerca Gli hospice, reparti specializzati per la terapia del dolore e dei pazienti terminali, sono oggi parte integrante di un sistema complesso, che punta a migliorare la qualità di vita dei malati e a valorizzarne la dignità, grazie a un approccio multidisciplinare che comprende anche la ricerca su questa fase della vita

a cura di AGNESE CODIGNOLA e CRISTINA FERRARIO uogo di ricovero per le persone malate, finalizzato a offrire le migliori cure palliative, quando non possono essere attuate le cure a domicilio, e di accoglienza anche per i loro familiari: questa è una delle possibili definizioni del termine hospice, strutture spesso (ma non sempre) inserite all’interno degli ospedali

L

e dedicate a chi è affetto da una malattia che richiede terapie intensive ma non più risolutive. “È importante sottolineare che quando si parla di hospice non si parla necessariamente di cancro, ma anche di tutte le altre malattie in fase terminale” spiega Augusto Caraceni, direttore della Struttura complessa di cure palliative, terapia del dolore e riabilitazione dell’Istituto nazionale tumori di Milano, che poi aggiunge: “Per quanto riguarda l’oncologia possiamo

dire che l’hospice rappresenta un momento spesso finale di un progetto più ampio: le cure palliative come affiancamento delle cure attive della malattia avanzata metastatica, che può durare anche tempi molto lunghi”. PROTAGONISTA È IL MALATO L’essenza delle cure palliative, e dell’hospice in particolare, è il frutto del rispetto e dell’attenzione verso l’essere umano sofferente. Spiega Caraceni: “È molto importante ricordare che tali strutture rientrano a pieno titolo nell’ambito delle cure palliative, un sistema complesso che ha come finalità la lotta farmacologica al dolore, ma anche il miglioramento della qualità di vita e delle condizioni fisiche e psicologiche del malato e la presa in carico degli aspetti emozionali, spirituali, sociali e personali della malattia. In

Sono luoghi molto curati anche nella logistica

... l’articolo continua su: www.airc.it/hospice

22 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

questo senso, l’hospice può essere utile quando si deve migliorare la cura dei sintomi o quando si entra nella fase terminale, ma non è detto che sia il luogo dove si muore”. Come ricorda il medico, infatti, alcuni pazienti riprendono il proprio iter terapeutico, altri tornano a casa (quasi sempre con un atteggiamento diverso rispetto alla propria situazione) e solo una parte termina in hospice il proprio percorso. Ovviamente non in tutti gli ospedali sono presenti hospice, che, per essere accreditati, devono garantire un’assistenza alberghiera per il malato e per un familiare, che quasi sempre alloggia nella stessa stanza. Nella maggior parte dei casi la permanenza dura un paio di settimane, salvo situazioni specifiche. “Qui nell’hospice l’organizzazione ruota attorno alla persona malata e non alla malattia, contro la quale, di solito, si


22-25_hospice_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

1:54

Pagina 23

UN DIRITTO DEL MALATO

In questo articolo:

LO DICE LA LEGGE

cure palliative malati terminali assistenza psicologica

può fare poco se non migliorare – a volte in maniera decisamente significativa – la qualità di vita del paziente alleviando il dolore e altri sintomi” afferma Caraceni. Ogni essere umano è però molto più di un malato e di tutto quello che egli racchiude e rappresenta si tiene conto in questi luoghi. Ciò che fa la differenza, e che conferisce all’hospice un ruolo molto importante, è che tutta la struttura è stata pensata così, con il malato e la sua famiglia al centro dell’attenzione, a differenza dei reparti ospedalieri più classici che hanno a volte altre priorità. CURARE PRIMA, CURARE MEGLIO Integrare le cure palliative sin da subito nel programma di cura conviene a tutti: malati, professionisti e finanze della sanità. “L’idea dell’hospice come parte integrante delle cure palliative – presenti in tutte le fasi della malattia – è impor-

S

ono in molti a pensare che la sofferenza e il dolore siano componenti inevitabili nelle fasi finali della vita di un malato oncologico o affetto da un’altra malattia in fase terminale. La legge però non dice questo: le cure palliative sono infatti un diritto del malato e sono gratuite. La legge 38 del 2010 “tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore”, servizi che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale dal momento che le cure palliative rientrano nei cosiddetti “Livelli essenziali di assistenza” (LEA). Un’assistenza che non si limita a curare il paziente dal punto di vista fisico cercando di alleviarne il dolore o altri sintomi più o meno gravi, ma si occupa anche della sofferenza psicologica, del sostegno spirituale e dei programmi di supporto al lutto per i familiari. E anche se le modalità per accedere alla rete locale di cure palliative sono diverse da Regione a Regione, è sempre possibile contattare il medico di famiglia, lo specialista, le ASL o le associazioni di volontariato che sapranno indicare la via da seguire.

tante perché se il paziente incontra gli specialisti di questo settore in un periodo precedente all’hospice, la transizione alle fasi più avanzate è più progressiva e si evita la percezione di essere stato abbandonato dagli oncologi, concepiti come gli unici in grado di prendersi davvero cura del malato” precisa Caraceni. Lo dimostrano anche due studi, pubblicati quasi contemporaneamente, dai quali emerge un miglioramento complessivo della gestione della malattia nei casi in cui la terapia del dolore e degli altri sintomi, e l’eventuale ingresso in hospice, sono parte integrante delle cure fin dai primi istanti. Nel primo studio, i palliativisti del Duke University Hospital hanno valutato gli effetti dell’inserimento delle cure palliative negli iter terapeutici di oltre 2.300 pazienti. Chiari i risultati: ci sono state riduzioni nel nu-

mero di pazienti che sono dovuti tornare in ospedale entro una settimana dalla dimissione, di quelli che hanno avuto bisogno di un trasferimento in terapia intensiva, del tempo necessario per la dimissione dopo una cura e, contemporaneamente, un aumento del trasferimento in hospice, a dimostrazione del fatto che spesso queste strutture non sono sfruttate appieno, secondo tutte le loro potenzialità. Nel secondo, svolto dai ricercatori del Center for Hospice and Palliative Care di Cheektowaga (New York), sono stati messi a confronto i costi e i tempi di dimissione di due tipi di malati: in un caso trattati contemporaneamente fin da subito da oncologi e palliativisti, nell’altro no. Si è visto che per i primi scendono i costi e si abbassano le percentuali di coloro che hanno bisogno di più ricoveri. “È

anche un discorso di salute pubblica: attraverso le cure palliative e le strutture dedicate, si realizza una migliore organizzazione dell’assistenza, con la giusta ripartizione tra cure territoriali, domiciliari, ambulatoriali e ospedaliere. Molti studi hanno mostrato che laddove il sistema delle cure palliative e degli hospice funziona ed è integrato con quello ospedaliero, non solo i malati vengono curati meglio, ma si riducono le spese, per un aumento dell’efficienza di tutto il sistema” chiarisce l’esperto milanese.

Si deve innovare anche negli hospice

IL GRUPPO E LA COMUNICAZIONE Come avviene la presa in carico del malato da parte del team dell’hospice, che è sem-


22-25_hospice_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

1:54

Pagina 24

SISTEMA SANITARIO Gli hospice

pre multidisciplinare? Risponde Caraceni: “Innanzitutto si attua una valutazione multidimensionale, che comprende cioè tutti gli aspetti clinici (per esempio, oltre al dolore, le difficoltà respiratorie, la confusione mentale, l’indebolimento e così via), ma anche quelli psicosociali, e si mettono a fuoco i bisogni”. Prosegue poi l’esperto: “Per fornire un intervento davvero completo, si organizzano incontri settimanali di valutazione dei singoli casi, ai quali partecipano, oltre ai medici, anche gli infermieri, che riescono a recepire bisogni diversi da quelli intercettati dagli specialisti, e poi un filosofo, con cui il paziente può discutere delle questioni esistenziali cui deve far fronte (si pensi, per esempio, a quando ci sono figli minori, o quando si lascia un coniuge anziano e a sua volta non in buona salute) e uno psicologo”. Queste figure, che affiancano il medico, sono fondamentali anche perché molto spesso i pazienti e le loro famiglie hanno bisogno di qualcuno che “non indossi il

camice bianco” con il quale aprirsi e parlare di temi particolarmente delicati. Tutto ciò permette, tenendo conto anche della situazione familiare e sociale, di modulare un intervento a tutto tondo e davvero personalizzato. Resta poi da valutare il capitolo della comunicazione. “È meglio che il passaggio tra le cure oncologiche e le cure palliative non sia brusco” ribadisce Caraceni, “e ciò diventa possibile se la comunicazione rispetto alla malattia e alle sue fasi, al vero significato che le cure oncologiche hanno nelle fasi avanzate, diviene più aperta, più trasparente, più condivisa”. Ecco allora che diventa indispensabile che nei reparti dove si effettuano le cure oncologiche si lavori di più in termini di comunicazione: “Il paziente si sente alleato dell’oncologo nella lotta ma lo può essere se ha una percezione realistica della situazione” dice l’esperto, che sottolinea come una comunicazione sincera e completa non sia in contrapposizione con la speranza. “La speranza non è solo quel-

La famiglia è presa in carico come il malato

la di guarire. Ci sono diversi livelli di speranza che si possono sostenere” afferma. “Si deve ‘giocare lealmente’ come dicono gli inglesi, anche perché, in base alle statistiche, la percentuale di pazienti che non vuole sapere quale sarà il suo destino arriva solo al 20 per cento. Anche questi vanno rispettati e bisogna trovare per loro un modo diverso di rapportarsi”. SPAZIO ALLA RICERCA Per sottolineare ancora una volta come gli hospice non siano solo luoghi di attesa del peggio, basta ricordare che in alcuni casi si può trattare di centri di ricerca. “Tra quelle condotte dal nostro gruppo, e spesso finanziate anche da AIRC, ve ne sono alcune sulla suscettibilità genetica al dolore e sulla variabilità della risposta agli oppioidi, un ambito nel quale c’è ancora molto da lavorare anche perché, fino a non molti anni fa, il settore era considerato una sorta di cenerentola della ricerca e chi vi lavorava procedeva essenzialmente per tentativi ed esperienza diretta” dice Caraceni. Ma al giorno d’oggi un approccio del genere non è più ammissibile, e ogni azione deve essere

supportata anche da un’evidenza scientifica: la ricerca nel campo specifico del dolore oncologico in fase avanzata ha bisogno di migliorare, c’è ancora spazio per progredire. “C’è scarsità di nuovi farmaci perché ci sono pochi fondi destinati a queste ricerche” spiega Caraceni, che assieme al suo gruppo collabora con la European Association for Palliative Care curando le linee guida europee sul dolore da cancro. Ma la ricerca non è solo legata al dolore. “Ci si può focalizzare anche su altri sintomi come per esempio nausea, vomito, anoressia, cachessia, tenendo conto del fatto che per molti pazienti, in queste fasi, l’aspetto nutrizionale è di estrema importanza” ricorda l’oncologo che poi aggiunge: “E ci sono anche sintomi che quasi nessuno studia ma sono molto comuni e fondamentali per il paziente, come la dispnea e la confusione mentale”. Chiude la gamma di ricerche possibili – ma senza esaurirla – tutto il filone dedicato ad aspetti meno clinici, ma di certo non meno importanti per chi affronta le fasi finali della vita. “Negli anni sono state effettuate ricerche per approfondire il tema della comunicazione al paziente rispetto alle sue scelte oppure relative agli aspetti spirituali che per qualche paziente si sovrappongono alla religione, per altri invece hanno un significato del tutto diverso” precisa Caraceni. Una cosa è certa: tutti gli sforzi puntano a migliorare e valorizzare questa fase della vita che spesso invece viene messa in secondo piano o addirittura rimossa.


22-25_hospice_SCI_gen15d.qxd

1-01-1970

1:54

Pagina 25

UN POMERIGGIO NELL’HOSPICE Il diario di una giornalista che varca la soglia del reparto e che dice: “In un luogo dove mi aspettavo di trovare solo emozioni negative, ho trovato invece tanto entusiasmo e tanta serenità” a cura di CRISTINA FERRARIO uando mi è stato chiesto di parlare di hospice ho avuto qualche dubbio. Temevo fosse troppo complicato descrivere ciò che accade in queste strutture senza utilizzare i toni cupi, che si associano in genere alla fine della vita. Ma mi sono dovuta ricredere. Al termine del pomeriggio trascorso nell’hospice dell’Istituto nazionale tumori di Milano posso dire, a rischio di sembrare paradossale, di essere stata in uno dei reparti più ricchi di vita che mi sia capitato di visitare. Sono arrivata in Istituto in tarda mattinata, accolta da Augusto Caraceni. Prima di iniziare la nostra chiacchierata, il direttore mi ha mostrato il reparto e ho subito capito di essere in un luogo particolare: c’è una sala da pranzo colorata, una cucina e un frigorifero

Q

a disposizione dei familiari dei pazienti ricoverati, una sorta di sala lettura dove andare a rilassarsi, un terrazzino con tanto verde e persino dei canarini. DEDIZIONE TOTALE L’hospice non è solo un luogo confortevole, una sorta di albergo: è fatto soprattutto di tante persone preparate che ogni giorno si dedicano agli altri, anima e corpo. Una professionalità e una dedizione che ho percepito chiaramente già dalle prime battute della lunga chiacchierata con Giuseppe Baiguini, infermiere caposala dell’hospice milanese, presente nonostante un piede dolorante e la possibilità di rimanere a casa in malattia. “Nella fase delle cure palliative il bisogno primario del malato e della sua famiglia è sentirsi accolti” mi ha spiegato Giuseppe. “E noi mettiamo

PERSONAGGI

LA DAMA DEL DOLORE

C

icely Saunders nasce a Londra, nel 1918. Diventa infermiera, poi assistente sociale e infine medico. Molti gli incontri importanti della sua vita, ma uno su tutti la segnerà per sempre: quello con due lavoratori polacchi. Dal primo, morente per un tumore, riceverà un lascito di 500 sterline con le quali inizierà a lavorare sull’idea della terapia del dolore, e dal secondo, anch’egli morto poco dopo, la convinzione a proseguire. Con quest’ultimo l’incontro è presso l’ospizio di S. Joseph di Hackney, per indigenti e malati terminali: lì Saunders ottiene la prima autorizzazione all’impiego della morfina

questo bisogno al centro del nostro lavoro, assieme alla convinzione che possiamo e dobbiamo prenderci in carico tutte le necessità fisiche e non, per limitare il disagio. In questo senso chi accompagna il malato è molto importante per noi, perché ci permette di entrare nel cuore dei problemi non solo fisici del paziente”. Questa idea di accoglienza e di famiglia allargata non può che colpire: nel reparto si sono celebrati matrimoni e battesimi, si organizzano pizzate e altro ancora, come succede nella vita di tutti i giorni. IL DIRITTO AL TEMPO C’è però il fattore “tempo”, che spesso chi è estraneo a una situazione di salute così grave non è in grado di comprendere fino in fondo. “Tutti hanno diritto ad avere il tempo di dire: perdonami, grazie, ti amo, addio” ho letto su un foglio appeso nella bacheca dell’ufficio del caposala. Il tempo è un elemento centrale al termine dell’esistenza umana, un momento di bilanci e di riflessioni che il personale del reparto riesce a comprendere grazie a quel rapporto profondo che si crea con i pazienti e i parenti. Sono questi gli infermieri dell’hospice: professionisti spe-

cializzati e preparati, ma soprattutto persone motivate anche dal punto di vista etico, capaci di non abbandonare mai chi si trova in una fase tanto delicata della vita. E ci sono anche gli assistenti sociali come Valentina, che pur non essendo stata chiamata in reparto, ha deciso di passare comunque a vedere “se era tutto ok”; ci sono i massaggiatori shiatzu che possono aiutare il malato a imparare le tecniche di rilassamento e gestire meglio la propria fisicità modificata; c’è un cappellano per chi lo desidera e ci sono i volontari che ogni giorno dedicano all’hospice parte del loro tempo. E prima di congedarmi, ho avuto anche la possibilità di dare un’occhiata a quello che Giuseppe ha definito “il forziere dei ricordi” e “il carburante per il nostro lavoro”: una raccolta di lettere e pensieri che i pazienti e i loro familiari hanno inviato nel corso degli anni. Ho portato a casa con me un messaggio fondamentale: la morte non è una malattia, è una fase della vita che implica il coinvolgimento di tutte le dimensioni della persona; serve l’intervento clinico mirato a ridurre il sintomo, ma le cure palliative e l’hospice non sono solo questo.

La famiglia è presa in carico come il malato

orale ogni quattro ore, per lenire il dolore. Nel 1967 fonda il primo hospice. Da quel momento la sua attività di promozione a livello nazionale prima, e internazionale poi, delle cure palliative e degli hospice è pressoché instancabile: fonda charities, scrive libri e divulga in ogni modo la sua fermissima convinzione nel diritto alla dignità e alla risposta ai bisogni emotivi, spirituali, umani dei malati. Membro di numerose commissioni etiche, conia il termine “dolore totale”, per indicare l’insieme di tutti i tipi di dolore fisico e psicologico con il quale spesso fanno i conti i malati terminali. Muore lei stessa per un tumore, nel 2005: è universalmente riconosciuta come fondatrice del movimento internazionale per la terapia del dolore e gli hospice. GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 25


26-27_quirinale_gen15.qxd

1-01-1970

1:56

Pagina 26

I GIORNI DELLA RICERCA Quirinale 2014

L’Italia della ricerca è un sistema che funziona Malgrado le oggettive difficoltà, gli scienziati italiani, specie nell’ambito dell’oncologia, rimangono tra i migliori al mondo. Merito anche di AIRC che sostiene questo settore importante della scienza grazie al contributo di tutti i suoi sostenitori. Se ne è parlato al Quirinale, nel corso della cerimonia per i Giorni della Ricerca

A

a cura della REDAZIONE nche quest’anno, come è ormai tradizione, si è svolta, presso il Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’annuale cerimonia dedicata ad AIRC, appuntamento centrale dei Giorni della Ricerca, promossi per informare l’opinione pubblica sui risultati ottenuti dalla ricerca contro il cancro e per sostenere con le donazioni dei cittadini

26 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

nuovi programmi scientifici. Davanti a una platea di centinaia di ricercatori e rappresentanti delle Istituzioni, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, Pier Giuseppe Torrani (presidente di AIRC), Umberto Veronesi, (già direttore scientificio dell’Istituto europeo di oncologia di Milano), Carlo Croce (direttore dell’Istituto di genetica

presso il Cancer Center Ohio University) ed Eleonora Guzzi (testimonial di AIRC e dei risultati raggiunti dalla ricerca) hanno rivolto al Presidente Giorgio Napolitano il loro messaggio sull’importanza di sostenere la ricerca sul cancro. “La medicina del futuro deve essere medicina dell’anima, senza perdere la sua scientificità” ha sottolineato Umberto Veronesi. “La novità rispetto al passato è che questa sfida oggi non riguarda solo il clinico, ma anche il ricercatore. L’idea della ricerca oncologica come regno asettico e imperscrutabile di laboratori e provette è tramontata e la divisione rigida fra ricerca clinica e ricerca di base è superata dal diffondersi di un’unica scienza traslazionale, che mette insieme lo studio delle cellule con quello della persona a cui appartengono”. Pier Giuseppe Torrani, per la prima volta presente in veste di presidente di AIRC, ha messo l’accento sulla diffusione della malattia e soprattutto sull’impatto che AIRC ha nel sistema della ricerca italiana: “Il nemico da battere è il cancro: mille nuovi casi di

AIRC ha un grande impatto sulla scienza italiana


26-27_quirinale_gen15.qxd

1-01-1970

1:56

Pagina 27

“ N

tumori vengono diagnosticati ogni giorno in Italia. È una lotta senza quartiere condotta in tutto il mondo con il nostro Paese in posizione rilevante. Lo sforzo dei ricercatori si è sempre più affinato e si sviluppa in un dialogo a confronto globale con tutti gli scienziati e i clinici nel mondo. Nel solo 2013 AIRC ha sostenuto la ricerca di oltre 5.000 ricercatori, di cui 3.500 hanno meno di 40 anni. Da sempre, infatti, facciamo crescere nuove generazioni di scienziati grazie a borse di studio e a finanziamenti ad hoc, perché sappiamo bene che alla ricerca servono le idee, la fantasia e l’azzardo dei giovani”.

La voce dall’estero Carlo Croce ha messo in evidenza il contributo dei ricercatori italiani, in patria e all’estero, per la comprensione dei meccanismi alla base del cancro e per lo studio di nuove strategie terapeutiche. “Sappiamo tutti a quali difficoltà i nostri ricercatori, e in particolare i giovani ricercatori, sono esposti in Italia: pochissimi posti di lavoro, salari ridicoli, pochi fondi per la ricerca, strutture arcaiche e così via. È del tutto sorprendente quindi, che in tale situazione, direi estremamente difficile, l’Italia rappresenti il settimo Paese al

mondo in produttività scientifica. I ricercatori italiani sono più produttivi dei ricercatori di altri Paesi più ricchi, disciplinati e organizzati del nostro. Questo fatto dovrebbe far pensare a come l’Italia potrebbe contribuire al benessere mondiale se facesse uno sforzo maggiore nel sostenere la ricerca, l’educazione e l’interesse dei giovani nella ricerca e nella conoscenza scientifica”. L’impegno di AIRC e dei ricercatori è finalizzato a portare nuove cure ai pazienti. È questo il tema che è stato affidato alle parole della giovane testimone della ricerca Eleonora Guzzi, scelta per rappresentare quei 2,9 milioni di persone (quasi il cinque per cento della popolazione) che convivono con una precedente diagnosi di tumore. “Nove anni fa, all’età di quindici anni, mi fu diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta. Iniziai le cure e non mi sfiorò mai il pensiero di non farcela perché stavo combattendo per me e per tutti coloro che mi stavano accanto: familiari, amici, medici, infermieri e ricercatori che mi stavano donando una speranza di vita. È per questo che, con convinzione e appena le forze me lo hanno permesso, ho scelto di fare di me stessa una testimone. Non solo AIRC ha scelto me, ma anche io ho scelto AIRC. E giorno dopo giorno rinnovo intensamente la mia missione”.

I PREMI

el corso della cerimonia al Quirinale, il Presidente Giorgio Napolitano ha consegnato il Premio FIRC Guido Venosta a Brunangelo Falini “per i suoi studi innovativi e creativi sul genoma delle leucemie acute mieloidi e della leucemia a cellule capellute, che hanno portato risultati concreti per la diagnosi e la terapia antileucemica personalizzata” (per maggiori dettagli si veda l’articolo a p. 34). Il Premio AIRC “Credere nella Ricerca” 2014 è stato attribuito a Carlo Conti per aver saputo coinvolgere il grande pubblico televisivo, mettendo al servizio di AIRC la propria credibilità e popolarità. Ha saputo trasmettere con garbo l’impegno dell’Associazione, sostenendone con continuità le principali iniziative. Inoltre a UBI Banca per aver interpretato i valori della responsabilità sociale d’impresa con progetti concreti e pluriennali a favore di AIRC. Per aver saputo coinvolgere dipendenti e clienti, con il supporto costante del proprio management.

L’Italia contribuisce al benessere mondiale

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 27


28-29_università_giornata_gen15.qxd

1-01-1970

1:58

Pagina 28

I GIORNI DELLA RICERCA Università e scuole 2014

In quattro atenei vanno in cattedra i ricercatori AIRC Gli incontri nelle università e nelle scuole sono stati l’occasione per sviluppare davanti ai giovani e con l’aiuto dei ricercatori AIRC le tematiche scientifiche dei Giorni della Ricerca

INCONTRI NEGLI ATENEI A sinistra la conferenza a Ferrara, a destra a Trento

G

a cura della REDAZIONE li Incontri nelle università sono uno degli appuntamenti tradizionali dei Giorni della Ricerca e rientrano tra le attività che rispondono alla necessità di informare l’opinione pubblica sui progressi della ricerca sul cancro nel nostro Paese. Nato nel 2011, anno dopo anno il progetto universitario è stato condiviso dai più importanti atenei italiani, toccando a oggi ben 17 sedi e raggiungendo migliaia di studenti: non solo studenti di medicina e di biologia, ma anche chi si dedica alle altre discipline scientifiche, che si stanno rivelando fondamentali per la ricerca sul cancro. Finalità delle conferenze è, da sempre, trasmettere ai ragazzi l’entusiasmo e la passione che anima

28 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

la ricerca oncologica italiana attraverso la viva voce dei suoi protagonisti.

Mille casi al giorno Quest’anno gli incontri partivano dall’analisi di un dato: ogni giorno ci sono 1.000 nuovi casi di cancro. Un dramma quotidiano che si ripete, per centinaia di migliaia di famiglie che ogni anno affrontano la malattia. Gli scienziati selezionati da AIRC per parlare con gli studenti hanno spiegato come l’Associazione affronta questa emergenza: innanzitutto con una serissima selezione dei progetti, per cui più di 600 scienziati esperti, senza conflitti di interesse, valutano gli oltre 1.000 candidati per progetti e borse di studio. E soltanto i migliori ottengono un finanziamento. Se oggi sappiamo curare buona parte di quei 1.000 tumori, è grazie alla migliore ricerca selezionata per merito. Nell’esperienza dei ricercatori AIRC la missione di trovare nuove cure per il cancro è insepara-

bile dalla loro storia personale e dalla passione per la ricerca. Ne sono testimoni i pazienti sopravvissuti alla diagnosi grazie ai risultati ottenuti, che hanno accettato di raccontare ai più giovani cosa significa poter contare su ricercatori dediti alla migliore ricerca possibile.

Le sedi ospiti Sono state quattro le università selezionate per ospitare il faccia a faccia tra scienziati, giovani ricercatori, pazienti e volontari di AIRC. A Bari Angelo Vacca, Ordinario di medicina interna dell’Università di Bari e componente del Comitato Scientifico Borse di AIRC, ha aperto la discussione ricordando l’importanza sempre


28-29_università_giornata_gen15.qxd

1-01-1970

1:58

maggiore di far parte di una rete di ricerca che lavori sullo stesso progetto, piuttosto che portare avanti da soli un laboratorio isolato: una situazione favorita dalla natura dei finanziamenti erogati da AIRC. Antonio Moschetta, ricercatore dell’Università degli studi di Bari ha raccontato la sua esperienza di giovane ricercatore: dagli esordi a oggi, AIRC è sempre stata al suo fianco. I giovani universitari hanno ascoltato con particolare empatia la storia di Sara Caldarola, che da ricercatrice in oncologia si è trovata a dover affrontare il cancro come paziente. Una battaglia che ha vinto e che non le ha impedito di crearsi una famiglia. A Ferrara è stato Pierpaolo Di Fiore, dell’Istituto europeo di oncologia e Università degli studi di Milano, a esordire ricordando le sfide del futuro, prima tra tutte la necessità di affiancare a capacità diagnostiche sempre più raffinate capacità altrettanto raffinate di cura. Paolo Pinton, a capo del Laboratorio di trasduzione del segnale della locale università, ha illustrato il lavoro del suo gruppo, concentrato sulla scoperta dei meccanismi che rendono immortale la cellula tumorale e sulle modalità per contrastarli. Cristian Morisi ha infine raccontato la sua esperienza di sopravvissuto alla diagnosi. Alessandro Vannucchi, a capo di uno dei programmi 5 per mille di AIRC presso l’Università di Firenze, ha parlato ai suoi studenti nel capoluogo toscano e ha raccontato due esempi di perspicacia e spirito di osservazione che hanno permesso ai ricercatori di trovare soluzioni per due gravi forme di leucemia. Attilio Bondanza, giovane ricercatore finanziato da AIRC, ha cercato di attirare i suoi futuri colleghi verso la ricerca traslazionale, quella che si occupa di portare al letto del malato i risultati del laboratorio. Anche Firenze ha accolto con calore la testimonianza di un paziente guarito: Letterio Visigalli, ex giocatore di basket professionista, ha giocato una partita difficile ma è oggi presente per testimoniare la sua vittoria. Infine l’Università di Trento ha ospitato Andrea Mattevi, dell’Università di Pavia, che ha parlato dei progressi dell’immunoterapia e del ruolo che giocano nella ricerca sul cancro discipline come la matematica e la fisica. Infine Livio Moiana ha raccontato la sua storia di paziente guarito. Tutti gli incontri hanno visto la presenza di un membro della direzione scientifica di AIRC, che ha spiegato il meccanismo di selezione dei progetti più meritevoli, e di volontari e presidenti di comitati, che hanno raccontato come funziona l’Associazione ma anche la loro esperienza nelle piazze e nei comitati regionali e sono stati pronti e disponibili a spiegare come si può dare concretamente una mano alla causa di AIRC.

Pagina 29

RICERCATORI, VOLONTARI E STUDENTI, UN CORO CONTRO IL CANCRO

I

l coro di voci contro il cancro rieccheggia anche tra le aule scolastiche: ricercatori, volontari e rappresentanti AIRC sono entrati in oltre 50 scuole in tutt'Italia, per incontrare 7.000 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Gli scienziati hanno trasmesso ai ragazzi la passione e l'impegno che li animano nel proprio lavoro e le ragioni profonde che li hanno spinti a scegliere questa professione, superando spesso molti ostacoli. Emergono dai loro racconti le serate o i weekend trascorsi in laboratorio, per portare avanti un esperimento che non può essere interrotto; la tenacia di chi non cede finché non ha composto tutti i tasselli e compreso a fondo il meccanismo oggetto del proprio studio. La passione per la ricerca sul cancro anima anche i volontari AIRC che in diverse occasioni durante l'anno offrono parte del proprio tempo per distribuire arance, azalee, cioccolatini o partecipare a eventi locali e sostenere l'Associazione. Un impegno che viene proposto anche a studenti, insegnanti e famiglie nelle scuole stesse: aderendo all'iniziativa “Cancro io ti boccio”, per distribuire le Arance della Salute a gennaio. Gli incontri con la ricerca sono una delle tante iniziative e attività proposte da AIRC nelle scuole e disponibili sul sito www.scuola.airc.it: kit didattici, giochi educational, Cancro io ti boccio, il blog biocomiche per AIRC, concorsi e iniziative speciali sono lo spunto per parlare di ricerca sul cancro e prevenzione in tutti gli ordini e gradi di scuola.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 29


30-32_eventi_RAI_gen15.qxd

1-01-1970

2:01

Pagina 30

I GIORNI DELLA RICERCA L’impegno dei partner

6,4 milioni di euro per dire “Contro il cancro, io ci sono”* *alla data di stampa

D

al Palazzo del Quirinale alle aule delle università di Bari, Ferrara, Firenze e Trento, dai 7.000 studenti di oltre 50 scuole secondarie alle 600 piazze su tutto il territorio, dalle trasmissioni TV e radio della RAI alle 1.600 filiali UBI Banca, fino ai campi di calcio: tantis-

simi italiani anche quest’anno hanno fatto un coro unico intorno ad AIRC, in occasione dei Giorni della Ricerca, consentendo di raccogliere 6,4 milioni di euro da destinare alla ricerca sul cancro. In particolare, i fondi raccolti sosterranno il percorso di formazione e specializzazione di ricercatori under 40.

I volti di AIRC protagonisti in RAI

V

ent’anni di collaborazione e oltre 85 milioni di euro raccolti sono i numeri dello straordinario lavoro fatto da RAI e AIRC negli anni, in occasione dei Giorni della Ricerca, per informare l’opinione pubblica sui risultati della ricerca sul cancro, presentare le nuove sfide e coinvolgere il pubblico a donare. Un lavo-

ro importante che negli anni ha consentito anche di superare quelle resistenze culturali per le quali non si poteva parlare apertamente di cancro. Come ha sottolineato Anna Maria Tarantola: "Lo slogan scelto quest’anno, ‘Contro il cancro, io ci sono’ mi sembra molto indovinato perchè sollecita tutti noi direttamente a fare qualcosa, a non smettere di lottare per la ricer-

Alcuni dei ricercatori protagonsti della settimana RAI per AIRC

30 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

In linea con la ricerca

I

l sostegno ad AIRC passa dal telefono: sono infatti 1,3 milioni gli atti di donazione attraverso il numero solidale, attivato dai principali gestori di telefonia mobile e fissa, durante i Giorni della Ricerca, per sostenere la ricerca oncologica, in risposta agli appelli lanciati nel corso delle campagne RAI per AIRC e Un gol per la Ricerca. Grazie a TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce, Nòverca, Telecom Italia, Infostrada, Fastweb TeleTu e TWT .

ca". Da lunedì 3 a domenica 9 novembre RAI ha dedicato numerosi spazi ai volti di AIRC – ricercatori, medici, volontari, sostenitori e pazienti – per raccontare le loro storie e documentare i progressi. Da Unomattina fino allo Speciale Elisir, passando ogni giorno per le più seguite trasmissioni TV e radio la RAI ha messo a disposizione tutte le sue strutture per informare il pubblico e sostenere il percorso di crescita dei giovani ricercatori italiani. Ambasciatori di AIRC e RAI sono stati Antonella Clerici, Carlo Conti e Michele Mirabella, insieme ai colleghi della radio e della TV e a tanti personaggi dello spettacolo, tra i quali Remo Girone, Rocco Papaleo, Ricky Memphis, Miriam Leone, Geppi Cucciari, Carlotta Ferlito, Emiliano Mondonico. Molte testate giornalistiche regionali hanno realizzato un ideale “Giro d’Italia della ricerca” per valorizzare l’eccellenza della scienza oncologica italiana attraverso le testimonianze di medici, ricercatori e rappresentanti istituzionali AIRC e promuovere le iniziative dei Giorni.


30-32_eventi_RAI_gen15.qxd

1-01-1970

2:02

Pagina 31

UBI Banca corre con AIRC

I

l coinvolgimento di UBI Banca si inserisce all’interno della partnership triennale siglata con AIRC lo scorso anno che conferma l’impegno del gruppo nella promozione dei valori di solidarietà sociale. La raccolta resa possibile da UBI e dai suoi canali contribuisce a finanziare i giovani ricercatori di talento dedicati alla ricerca oncologica nel nostro Paese. Per sostenere AIRC in questa speciale maratona di solidarietà, UBI Banca è scesa in campo con i suoi dipendenti, le Banche Rete e i clienti, con una staffetta, “UBI Banca corre per la ricerca”, con la partecipazione dei dipendenti “runner” del gruppo. La staffetta partita da Torino si è conclusa a Bari sabato 8 novembre, percorrendo circa 1.100 chilometri in dieci tappe, toccando durante il percorso 62 filiali del Gruppo e 121 comuni italiani. Tutti i dipendenti che hanno aderito hanno acceso la raccolta fondi nei territori di riferimento del gruppo, confermando la vicinanza dell’istituto bancario ad AIRC; a partire

Groupon fa bene

G

rande successo per la campagna promossa da Groupon, coinvolgendo le migliori strutture di benessere, estetica, relax e sport in Italia con AIRC per sostenere la ricerca sul cancro. L’iniziativa, conclusa il 15 ottobre, ha raccolto 50.000 euro, che andranno a sostenere l’Associazione nel finanziare giovani borsisti italiani. “Siamo orgogliosi di questa collaborazione e dei risultati: ringraziamo di cuore tutti i nostri clienti e partner commerciali che hanno aderito all'iniziativa. Groupon è da sempre vicino a coloro che soffrono e alle realtà locali che svolgono un prezioso lavoro di prevenzione e ricerca. Speriamo di tornare a collaborare con AIRC, cui auguriamo di continuare questo percorso con la stessa dedizione ed energia” è l’augurio di Giuliomario Limongelli, AD Groupon Italia.

dal 10 novembre, in tutte le filiali UBI Banca sono stati distribuiti i Cioccolatini della Ricerca, coinvolgendo ancora una volta i dipendenti e i clienti. Sabato 15 novembre, 23 filiali hanno eccezionalmente aperto le proprie porte per uno speciale Open-Day in favore di AIRC. L’evento, “Mamma portami in UBI”,

ha coinvolto i bambini e i loro genitori con attività ludiche e di intrattenimento e con azioni di sensibilizzazione sul tema della sana alimentazione. Sono stati allestiti corner per i più piccoli dove i bambini attraverso il gioco hanno imparato le regole della buona alimentazione disegnando le tovagliette da portare con sé a casa.

Un gol contro il cancro

A

l successo dei Giorni della Ricerca ha contribuito l’iniziativa Un Gol per la Ricerca, in collaborazione con Federazione italiana giuoco calcio, Lega Serie A TIM, Associazione italiana arbitri. El Shaarawy, Marchisio, Zanetti e Del Piero sono stati ambasciatori di AIRC, invitando i tifosi a sostenere il lavoro dei ricercatori. Un'iniziativa che ha visto scendere in campo compatti per AIRC il mondo del calcio e i media sportivi tra i quali RaiSport, SkySport, Fox Sports, Gazzetta dello Sport e RTL 102,5. Dalle squadre della Serie A TIM, nell’undicesima giornata di campionato, alla Nazionale italiana in occasione della partita di qualificazione a Euro 2016 Italia–Croazia, i tifosi sono stati invitati a donare per sostenere i “futuri campioni” della ricerca sul cancro.

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 31


30-32_eventi_RAI_gen15.qxd

1-01-1970

2:02

Pagina 32

I GIORNI DELLA RICERCA

Due volte buoni

A

Claudio Lippi, testimonial per AIRC

Banzai con la ricerca

I

l gruppo Banzai è ancora al fianco di AIRC per i Giorni della Ricerca 2014. I portali e-commerce SaldiPrivati ed ePRICE hanno fatto proprio l’appello "Contro il cancro, io ci sono" e hanno confermato il sostegno ai ricercatori oncologici: grazie alla spedizione gratuita in tutta Italia, dal 10 al 16 novembre, è stato possibile fare un dolce regalo donando on line e ricevendo o spedendo i Cioccolatini della Ricerca. “Siamo contenti di aver aiutato AIRC sostenendo la ricerca e di aver ottenuto una grande adesione; i cioccolatini sono piaciuti molto ai nostri iscritti; per questo abbiamo deciso di scendere in campo per il secondo anno, dando la possibilità di aderire con un clic” afferma Bruno Decker. “Promuovere l’attività di AIRC anche con l’aiuto delle nostre piattaforme web è un segnale di come l’e-commerce abbia acquistato rilevanza in Italia. Siamo onorati di aver partecipato attivamente alle iniziative e dato la possibilità anche a tutti i nostri clienti di contribuire alla raccolta fondi” conclude Raul Stella.

32 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2015

nche quest’anno i Cioccolatini della Ricerca si sono rivelati doppiamente buoni: sono gustosi e aiutano i ricercatori a rendere il cancro sempre più curabile. 600 piazze in tutta Italia l’8 novembre e 1.600 filiali UBI Banca, fino al 21 novembre, si sono colorate con le confezioni di cioccolatini Lindt pensate apposta per AIRC. Hanno svolto un ruolo fondamentale per rilanciare l’iniziativa tutti i testimonial che hanno invitato gli italiani ad andare nelle piazze, insieme a TV, radio, testate giornalistiche e siti web che hanno ricordato i Cioccolatini di AIRC. Il dono gustoso è sempre un’occasione per informarsi anche sui progressi della ricerca sul cancro e sulla prevenzione, grazie allo speciale che ha dato spazio al coro di voci che si schierano a fianco di AIRC, contro il cancro: dai sostenitori, i volontari, i ricercatori fino ai pazienti, per i quali la ricerca corre, perché possano beneficiare dei traguardi raggiunti.

Esselunga per AIRC

D

a oltre trent’anni Esselunga è a fianco di AIRC, e anche per quest’anno l’azienda non è stata da meno, come partner istituzionale dei Giorni della Ricerca 2014. Grazie al generoso contributo di Esselunga molti ricercatori e borsisti AIRC hanno potuto portare avanti i loro studi all'interno di importanti centri di ricerca italiani. Prima azienda a collaborare con l'Associazione, costituisce un esempio per tutto il settore della Grande distribuzione.


33_risultati_gen15.qxd

1-01-1970

2:04

Pagina 33

Progressi

NOTIZIE FLASH

Endotelio invasore Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Candiolo (Torino) guidati da Luca Primo, ha studiato il ruolo dei podosomi (piccole strutture che mantengono attaccate tra loro le cellule) in campioni di tessuto tumorale umano e ha scoperto che i podosomi dell'endotelio hanno un ruolo nella disseminazione della malattia. L’endotelio è lo strato cellulare che riveste la parete interna dei vasi. In seguito alla produzione di fattori di crescita tumorali, i podosomi dei vasi presenti nel tumore si organizzano in strutture chiamate “rosette” capaci di distruggere la membrana basale su cui poggia l'endotelio stesso, permettendo così alla cellula di invadere il tessuto circostante. Il tumore promuove anche la crescita di nuovi vasi, un fenomeno chiamato angiogenesi, che garantisce alla massa tumorale il nutrimento necessario alla sua crescita abnorme. La scoperta è stata pubblicata su Nature Cell Biology.

Il numero dei guariti Un quarto della popolazione italiana cui è stato diagnosticato un tumore tra il 1985 e il 2005 ha oggi la stessa aspettativa di vita di chi non si è mai ammalato. È quindi ufficialmente guarita. È quanto emerge da uno studio che il Centro di riferimento oncologico di Aviano, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, ha condotto su oltre 800.000 pazienti italiani, pubblicato su Annals of Oncology. Per dare una risposta basata sui numeri alle domande “quanti sono i pazienti guariti dal tumore?” e “quanti anni devono trascorrere dalla diagnosi perché un paziente possa ritenersi guarito?”, gli epidemiologi hanno utilizzato tra i primi al mondo nuovi modelli matematici. Nell’80 per cento dei casi di tumore del colon-retto la causa di morte non è il tumore e il malato può dirsi guarito dopo circa otto anni dalla diagnosi. Oltre il 70 per cento di donne con cancro del seno non morirà a causa della malattia, ma occorreranno quasi 20 anni affinché le pazienti recuperino un’attesa di vita simile alle non ammalate. Per il tumore della prostata, la percentuale degli uomini che non morirà a causa della malattia supera il 60 per cento. Per altri tumori (testicolo, tiroide), il paziente si può considerare libero dalla malattia in meno di 5 anni.

della ricerca AIRC

L’interruttore del neuroblastoma Tra i piccoli frammenti di RNA, detti microRNA, che svolgono nella cellula funzioni di regolazione, miR34a è particolarmente prezioso: blocca l’attività di geni che favoriscono lo sviluppo di vari tumori solidi come i carcinomi del polmone, del pancreas, del colon-retto e della mammella. I ricercatori dell'Università Federico II di Napoli, coordinati da Massimo Zollo e sostenuti da AIRC, si sono focalizzati su un tumore pediatrico aggressivo del sistema nervoso, il neuroblastoma. I ricercatori napoletani hanno modificato geneticamente le cellule di neuroblastoma in modo da studiare dettagliatamente il fenomeno. Grazie a sofisticate analisi bioinformatiche effettuate da un team di scienziati belgi, hanno identificato oltre cento nuove proteine, fino ad oggi sconosciute, la cui espressione varia in seguito all'accensione di miR34a. Alla luce di questi dati sarà ora più facile sfruttare il potenziale terapeutico di questo microRNA, bloccando l'azione delle proteine su cui agisce.

... altre ricerche su: www.airc.it/ricerche-airc


34-35_ifom_falini_venosta_SCI_gen15.qxd

1-01-1970

2:05

Pagina 34

FIRC-PREMIO GUIDO VENOSTA Brunangelo Falini

Dai geni mutati al letto del paziente

Armando Rotoletti

Il premio che FIRC assegna ogni due anni a un ricercatore che ha ottenuto risultati eccellenti per i pazienti è andato a uno degli ematologi italiani di punta

Brunangelo Falini nel suo giardino di Perugia

I

a cura di FABIO TURONE l giorno in cui il Presidente Giorgio Napolitano mi ha conferito il premio intitolato a Guido Venosta è stato di sicuro uno dei più belli della mia vita: essere premiato dal capo dello Stato, avendo accanto a me mia moglie Gabriella e le mie figlie Lorenza ed Eugenia, è stata davvero un’esperienza che ha lasciato il segno”: c’è ancora un’eco dell’emozione provata, nella voce di Brunangelo Falini. “La presenza della mia famiglia ha avuto un significato particolare perché il mio percorso professionale non sarebbe stato possibile senza il loro fondamentale sostegno”. Un percorso professionale che, come recitano le motivazioni del prestigioso riconoscimento, è stato costellato di “studi innovativi e creativi

sul genoma delle leucemie acute mieloidi e della leucemia a cellule capellute che hanno portato risultati concreti per la diagnosi e la terapia antileucemica personalizzata”. UNA CARRIERA INTERNAZIONALE Nato nel 1951 a Perugia, dopo la laurea in medicina e la specializzazione in medicina interna nel capoluogo umbro, Brunangelo Falini ha condotto ricerche all’Università della California del Sud a Los Angeles, grazie a una

IL PREMIO

borsa di studio della NATO, e poi a Oxford, in Inghilterra, dove ha cominciato nel 1982 a occuparsi di anticorpi monoclonali. Ai tumori del sangue comincia a dedicarsi dopo il ritorno in Italia, nella natìa Perugia, dove oggi è professore ordinario di ematologia all’Università degli studi e dirige il reparto di ematologia dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia. È lì che ha avviato diversi filoni di ricerca che lo hanno portato, insieme al suo gruppo, a pubblicare sulle più importanti riviste

Il Premio è stato istituito nel 1996 e dal 1998 è stato intitolato a Guido Venosta, storico presidente di AIRC e FIRC, ideatore del premio stesso. Da allora è assegnato con cadenza biennale a ricercatori italiani che si sono particolarmente distinti nell'ambito della ricerca per lo sviluppo di

mediche del mondo e a provare la profonda soddisfazione di riuscire a trasferire in pochi anni le proprie scoperte dal laboratorio al letto del malato. La prima scoperta importante, per la quale ha ricevuto nel 2010 un altro premio internazionale prestigioso, il José Carreras Award, ha riguardato la mutazione di un gene, chiamato NPM1, che nei malati di leucemia acuta mieloide ha permesso di modificare radicalmente l’approccio diagnostico e terapeutico alla malattia.

nuovi approcci terapeutici alle neoplasie. Accompagnato da un assegno di 50.000 euro, è stato in passato assegnato a clinici e ricercatori del calibro di Stefano Piccolo, Lisa Licitra, Vincenzo Bronte, Ruggero De Maria, Lorenzo Moretta, Alberto Mantovani, Pier Paolo Di Fiore, Fortunato Ciardiello, Gianpaolo Tortora, Massimo Santoro, Pier Giuseppe Pelicci e Vincenzo Mazzaferro.


34-35_ifom_falini_venosta_SCI_gen15.qxd

Oggi è uno strumento fondamentale perché aiuta a definire con precisione la prognosi per ciascun malato: “Non è ancora stato trovato un farmaco mirato, ma lo studio molecolare di questa particolare mutazione permette di prevedere l’efficacia della chemioterapia riservando così l’opzione del trapianto di midollo – che espone a rischi molto maggiori – solo ai casi in cui la chemioterapia non risulta efficace” spiega Falini. “Oggi questo esame è raccomandato dalle linee guida internazionali per la cosiddetta stratificazione diagnostica, che permette appunto di individuare l’approccio terapeutico più adatto a ciascun paziente”. Ma non solo: “Grazie all’uso di spe-

Il Presidente Giorgio Napolitano, Umberto Veronesi e Brunangelo Falini

1-01-1970

2:06

cifiche sonde capaci di individuare la mutazione del gene NPM1 oggi abbiamo anche la possibilità di vedere in tempo reale l’effetto delle cure e di tenere sotto controllo il rischio di una recidiva dopo la chemioterapia, scoprendola in genere tre o quattro mesi prima rispetto a quanto avveniva in passato: in questo modo si possono riprendere tempestivamente le cure”. MUTAZIONI CHIAVE L’altro filone di ricerca in cui l’ematologo umbro ha lasciato il segno – e che gli è valso l’assegnazione del premio intitolato a Karl Lennert, luminare tedesco dell’ematologia e padre della classificazione dei linfomi – è quello degli anticorpi monoclonali e della caratterizzazione molecolare dei linfomi. È stato lui infatti a sco-

Pagina 35

prire che la mutazione del gene BRAF è all’origine della leucemia a cellule capellute, che quindi può essere sconfitta con una terapia a base di specifici inibitori. Poiché si sapeva da tempo che lo stesso gene BRAF si presenta in forma mutata anche nel melanoma, erano già stati messi a punto e approvati dei farmaci mirati: “Abbiamo quindi avviato una sperimentazione clinica su un piccolo gruppo di 28 malati di leucemia a cellule capellute con farmaci fino ad allora usati per il melanoma, ottenendo un risultato davvero incoraggiante: oltre il 90 per cento di loro ha avuto un miglioramento netto e una normalizzazione dei valori ematici, cosa che ha eliminato la ne-

cessità di trasfusioni per i malati che dipendevano da esse. Nel 30 per cento dei casi, poi, c’è stata una remissione completa della malattia. Quello che è importante sottolineare è che anche quando la malattia non scompare del tutto si riesce a cronicizzarla”. I risultati preliminari di questa sperimentazione, finanziata da AIRC nell’ambito dei Programmi 5 per mille, sono in corso di pubblicazione ma sono già stati resi noti alla comunità scientifica: “Nel giugno scorso abbiamo avuto l’onore di presentarli in una sessione plenaria del congresso della Società europea di ematologia” ricorda con giustificato orgoglio Falini.

In tre casi su dieci la remissione è completa

GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 35


36_lasciti_GEN15.qxd

1-01-1970

2:07

Pagina 36

LASCITI Chi ha scelto di sostenere FIRC

UN LASCITO PER LA RICERCA

S

cegliere di fare testamento in favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, lasciandole anche solo una parte dei propri beni, significa dare un sostegno concreto e significativo alla ricerca oncologica in Italia. Pur riconoscendo i diritti dei propri eredi si può sempre lasciare una parte del patrimonio a favore della ricerca sul cancro. Per questo FIRC offre gratuitamente la Guida al testamento, uno strumento utile per sapere come si effettua un lascito testamentario: chi sono gli eredi e come vengono stabiliti; quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge e tante altre informazioni pratiche. Il testamento può essere: olografo: basta scrivere su un foglio cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso. Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice, per tutti: richiedila gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

Un gesto per dare continuità alla ricerca Per Enrico Vaime “viviamo in una comunità e ognuno di noi deve dare il proprio personale contributo”. Da qui l’impegno concreto a sostenere il lavoro di tanti ricercatori, destinando un lascito a FIRC

“E’

a cura della REDAZIONE prima di tutto un fatto culturale. C’è una mentalità che deve mutare in fretta”. Enrico Vaime si riferisce a un tabù, quello del testamento, tema che nel nostro Paese sembra ancora sotterrato da troppi pregiudizi. “Il prendere atto che le cose nella vita si possono guardare in un certo modo e dunque partecipare, con l’intervento nei limiti delle proprie possibilità, lo reputo un fatto naturale e di buona volontà, che non dovrebbe stupire, ma neanche incuriosire troppo”. Così Enrico Vaime chiosa in un’intervista rilasciata a Il Giornale dell’Umbria. Personalità eclettica del nostro panorama culturale, è autore e conduttore televisivo, scrittore, regista teatrale oltre che autore radiofonico. Noto per il suo acuto umorismo, sempre pungente e garbato, ha firmato per la televisione programmi entrati nella memoria collettiva oltre che nelle teche Rai. Tra gli altri: Quelli della domenica con Paolo Villaggio, Cochi e Renato; Canzonissima del ’68 con Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli; l’edizione del ’69 con Raimondo Vianello, Johnny

Dorelli e le gemelle Kessler; Fantastico ’88, Tante scuse, Risatissima. Per oltre 25 anni ha condotto il programma radiofonico Black Out, mentre al teatro ha regalato numerosi musical, scritti in collaborazione con Terzoli e destinati principalmente alla coppia Garinei e Giovannini. Negli ultimi anni, su Raiuno ha condotto con Maurizio Costanzo Memorie dal bianco e nero, Di che talento sei? e S’è fatta notte. Numerosi anche i volumi dati alle stampe. Nel 2014 ha pubblicato per Wingsbert House il suo ultimo libro: Cin cin. Bere troppo fa male. Non bere per niente, a volte, fa peggio. L’autore perugino ha scelto di disporre un lascito testamentario a favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro perché “partecipare a un progetto che riguarda il futuro di tutti non è solo un dovere morale, ma anche una responsabilità pratica che deve tradursi in un sostegno concreto al lavoro di tanti ricercatori”. Una scelta che ha condiviso con moglie e figli, con il loro pieno consenso. “Il cancro è un problema che tutte le famiglie hanno o devono prima o poi affrontare. Anche nella mia. Questo è il mio contributo per combattere la malattia”.


37_arance_eventi_gen15.qxd

1-01-1970

2:08

Pagina 37

INIZIATIVE Le Arance della Salute

La salute inizia dalla tavola Sabato 31 gennaio tornano Le Arance della Salute per ricordare l’importanza di una corretta alimentazione nella prevenzione dei tumori e sostenere la ricerca. I volontari AIRC sono presenti in 1.750 piazze con le reticelle di arance rosse

O

a cura della REDAZIONE ggi sappiamo che con una sana alimentazione, corretti stili di vita e l’adesione agli screening è possibile prevenire o diagnosticare in tempo il 70 per cento dei tumori. Per questo è importante scegliere una dieta varia, ricca di cereali, legumi, pesce, che contenga inoltre frutta e verdura di stagione. Fra i protagonisti di una corretta alimentazione troviamo le arance: ricche di antiossidanti e preziosa fonte di vitamina C. Quest’ultima è fondamentale per rafforzare le nostre difese immunitarie, ma non solo: protegge il sistema cardiovascolare e possiede importanti proprietà antinfiammatorie. Sabato 31 gennaio, tornano nelle piazze Le Arance della Salute che quest’anno celebrano anche il Cinquantesimo di AIRC. Con un contributo di 9 euro è possibile ricevere

AUTOGRILL PROPONE “IL MENÙ MATTINA”

una reticella di arance rosse e la Autogrill è da quest’anno partner guida 50 anni di ricerca a tavola, dove di AIRC. Nell'anno che celebra i 50 trovare le gustose ricette realizzate anni dell'Associazione e in occasione da Sergio Barzetti in collaborazione della campagna Le Arance della Salute, in più di 500 locali Autogrill, è con Cucina Italiana e gli utili consipossibile acquistare il “menù mattina gli per la prevenzione a tavola. Speciale AIRC” con un piccolo All’iniziativa partecipa anche il contributo aggiuntivo di 0,10 cent. mondo della scuola con “Cancro, io La discesa in campo di Autogrill ti boccio”. Insegnanti, genitori e raal fianco di AIRC conferma l’impegno gazzi diventano volontari per un che l’azienda da tempo dedica alle giorno, anticipando il loro impeiniziative di responsabilità sociale. gno nella distribuzione delle arance alla giornata di venerdì 30 gennaio. Inoltre, dal 15 gennaio al 15 EATALY Per tutto il mese di febbraio febbraio, in sette ristoranti della Eataly nei suoi locali di Torino, catena NH Hotels, per ogni piatMilano, Piacenza, Roma e Bari to dedicato ad AIRC, sarà devooffrirà una Special Edition di luto 1 euro all’Associazione. spremuta di Arance Rosse che Per trovare Le Arance della Salute chiama il numero 840 001 001 (attivo dal 15 gennaio) o vai sul sito www.airc.it

contribuirà a sostenere la ricerca scientifica oncologica. Per ogni spremuta infatti l’azienda donerà 0,50 cent. ad AIRC e offrirà ai propri clienti una pubblicazione informativa sui corretti stili di vita alimentari.


38_microscopio_NO_BARRA_GEN15.qxd

1-01-1970

2:10

Pagina 38

IL MICROSCOPIO

Maria Ines Colnaghi direttore scientifico AIRC

Mezzo secolo di risultati UN SERVIZIO PER I SOCI Per segnalare corrispondenza doppia, aggiornare i vostri dati o conoscere la vostra storia contributiva, potete contattarci, 7 giorni su 7, chiamando il nostro numero verde 800 350 350

C

inquant’anni: un’età in cui è lecito fare un bilancio di quanto si è compiuto e dei traguardi raggiunti. Anche AIRC ha raggiunto il mezzo secolo e si sofferma a guardare i frutti delle proprie fatiche e di tutti coloro che ne hanno sostenuto l’attività fin dal 1964 quando, nelle stanze dell’Istituto nazionale tumori di Milano (INT), Umberto Veronesi e Giuseppe Dalla Porta pensarono di creare anche in Italia un’associazione a sostegno della ricerca oncologica. Già pensare alla ricerca in un contesto come l’oncologia di quegli anni era un approccio lungimirante: all’INT si arrivava in molti casi per morire, pochissimo si sapeva sulla malattia e, soprattutto, su come curarla. Con la neonata AIRC nascono le prime attività di ricerca preclinica e i grandi progetti clinici di oncologia medica di Gianni Bonadonna e di chirurgia conservativa nel cancro della mammella di Veronesi. Sono anni in cui l’Italia non resta a guardare: non si limita a portare avanti filoni di ricerca iniziati all’estero ma fa propri approcci innovativi alla malattia, di cui la chirurgia conservativa è uno dei caposaldi. Non c’è solo la quadrantectomia per il cancro della mammella, ma anche le nuove tecniche di trapianto d’osso di Mario Campanacci all’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, che evitano l’amputazione degli arti nei ragazzi colpiti da sarcoma, e lo sviluppo delle tecniche che risparmiano la funzionalità intesti-

nale, portate avanti all’INT per il tumore del colonretto. Anche la ricerca di base ha un ruolo preponderante fin dai primi anni di vita dell’Associazione: appena esce dalla sua dimensione prettamente milanese, AIRC comincia a guardarsi attorno e supporta gli scienziati che lavorano sulle relazioni tra cancro e sistema immunitario, gli ematologi (soprattutto quelli della scuola di Perugia e quelli di Genova, ai quali si deve il primo trapianto di midollo in Italia) e, qualche anno dopo, i primi progetti sulla genetica del cancro, che apriranno la strada alla nuova era, quella che stiamo vivendo. La forza di AIRC è sempre stata di contribuire allo sviluppo della ricerca sul cancro adattando le proprie strutture ai cambiamenti che lei stessa aveva indotto: è così che dai primi network di ricercatori, incoraggiati dalla lungimirante guida del presidente AIRC Guido Venosta, si è arrivati alla grande rete attuale, con migliaia di scienziati selezionati attraverso un processo codificato e degno delle migliori istituzioni internazionali. AIRC ha vissuto, contribuendovi con generosità, un periodo glorioso della ricerca medica. Cinquant’anni fa chi si ammalava di cancro sapeva di avere i giorni contati nella grande maggioranza dei casi: oggi molti vengono curati con successo e la diagnosi può essere accolta con speranza e fiducia nelle possibilità di battere la malattia.

“IN VIAGGIO CON LA RICERCA” “In Viaggio con la Ricerca” è il programma di donazione continuativa di AIRC che dà la possibilità a tanti giovani ricercatori di compiere un percorso professionale di due anni all'estero e tre in Italia: un viaggio di andata e ritorno essenziale per garantire lo sviluppo e la disponibilità delle cure più innovative ed efficaci contro il cancro nel nostro Paese. Scegliere di aderire al programma consentirà ai nostri ricercatori di poter rientrare in Italia e sviluppare nuove terapie contro il cancro. Online il diario di viaggio dei nostri ricercatori www.inviaggioconlaricerca.airc.it


SCOPRI LE NUOVE IDEE SOLIDALI!

DAI VOSTRI MOMENTI SPECIALI PRENDE FORMA NUOVA RICERCA. La vita è piena di occasioni che vale la pena di celebrare: dal matrimonio al battesimo, dalla cresima alla laurea. Scegliendo le idee solidali AIRC donerete un sostegno concreto a chi lavora ogni giorno per rendere il cancro sempre più curabile. Potete scoprire tutte le nuove proposte su www.airc.it/ideesolidali o chiamando il numero 035 419.9029


31 GENNAIO

LE ARANCE DELLA SALUTE

®

Michela è diventata volontaria AIRC per aiutare persone come Camilla, che 5 anni fa è guarita dal cancro. Scopri la loro storia e tutte le altre su airc.it

CONTRO IL CANCRO, IO CI SONO. Sostieni la Ricerca, scegli anche tu Le Arance della Salute®.

I nostri volontari ti aspettano. Per sapere dove:

WWW.AIRC.IT - 840.001.001* *UNO SCATTO DA TUTTA ITALIA, ATTIVO A PARTIRE DAL 19 GENNAIO, 24 ORE SU 24.

1965-2015 Da 50 anni con coraggio, contro il cancro. Senza titolo-4 1

20/11/14 16.11


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.