I percorsi grafici di Giovanni D’Alessandro
Organizzata su iniziativa dell’Associazione Culturale Italo-Ellenica AIAL di Leros e con il sostegno dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, viene proposta in circuitazione in Grecia ed in Sicilia una mostra itinerante che riunisce una selezione di opere del M° Giovanni D’Alessandro.
La mostra, realizzata con il supporto di FSC Group di Atene e di Casa Vinicola Nico Lazaridi di Drama, ha ricevuto il Patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene, della Regione Siciliana e del Comune di Palermo.
Le opere esposte sono state selezionate dal curatore della mostra dr Luisa Maria Leto sulla scorta di un ipotetico asse conduttore che si ispira alla Genesi, rivisitandola in chiave informale.
I trenta monotipi presentati costituiscono un ideale percorso grafico che si snoda attraverso la recentissima produzione dell’Artista con una peculiare armonia di linee e di colori, produzione realizzata in questi ultimi anni prevalentemente con questa tecnica grafica
La tecnica del monotipo viene generalmente attribuita a Giovanni B. Castiglione (detto il Grechetto) nella prima metà del ‘600, ma trovò riscoperta e largo uso (a partire da Edgar Degas) nella seconda metà dell’800.
Il monotipo (in inglese: monotype, da non confondere con il meccanismo per la stampa di testi, erede del linotype) nasce, per definizione in esemplare unico, come semplificazione del principio della xilografia: steso uniformemente a rullo l’inchiostro su una superfice piana e rigida (metallo, vetro, plexiglass), la matrice viene lavorata “per sottrazione” lasciando in situ l’inchiostro che verrà trasferito con un torchio da stampa sul foglio finale. Ma può essere realizzato, analogamente alla litografia, “per addizione” di colore alla matrice, e talvolta anche con aggiunta di materiale vario (come nel caso di arte informale della seconda metà del ‘900 e dello stesso D’Alessandro). Il risultato non è rigorosamente prevedibile, a causa della pressione esercitata sull’inchiostro, e la stampa finale può essere ulteriormente lavorata (come spesso in Degas) con ritocco a pastelli o acquarelli. La matrice non è riutilizzabile (salvo il caso di una “ghost copy” piuttosto lontana dalla prima impressione).
La mostra è dedicata alla memoria del compianto M° Riccardo Mazzarino (Palermo, 19572024), Docente di Grafiche d'Arte - Tecnica dell'incisione e litografia presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo, recentemente scomparso.
Enzo Bonanno
Segr.Gen. AIAL e coordinatore della mostra
Giovanni D’Alessandro.
Giovanni D’Alessandro
Grechetto
Degas
Luisa Maria Leto
Giovanni B. Castiglione
Mazzarino
Enzo Bonanno
Da una Genesi apocrifa
Certo non doveva esserci granchè di bello prima del Big Bang. Non esisteva il tempo, non esisteva lo spazio, non esisteva il caldo e il freddo, non esisteva la luce!
Esisteva soltanto lo spirito di Dio, che doveva essersi parecchio annoiato di questo nulla, di questa estrema monotonia. E allora decise con la sua divina saggezza di dare una botta di vita a questo stato di cose e, per prima cosa, dopo il cielo e la terra, creò la luce.
Era difficoltoso anche per il Padreterno creare al buio.
Una volta creata la luce fu tutto più facile: e quindi separò il cielo dalla terra e dal mare, ma non prima di avere prelevato un poco di azzurro e di blu e averli messi da parte.
E Dio disse: “La terra produca germogli ed erbe!” e così avvenne... Quindi prelevò un poco di verde e lo mise da parte.
Poi si interessò del firmamento e mise in cielo le due luci maggiori, una per il giorno e una per la notte… ed anche ora tolse un poco di giallo dal sole e di bianco dalla luna e li pose sulla sua divina tavolozza assieme al rosso e agli altri colori…
Ora era giunto il momento di popolare il mare, il cielo e la terra. E la fantasia del grande Vecchio si scatenò inventando forme e sistemi di estrema bellezza. Poi fu il moment o del colore e, stanco di forme precise, intraprese un viaggio nell’informale e vennero fuori meraviglie come le livree dei pesci tropicali, come le ali delle farfalle, il mantello della tigre del Βengala, la coda del pavone e le sue iridescenze…
Poi fece l’uomo e mise tutto questo nelle sue mani…
Ma, dopo parecchio tempo, essendogli rimasto il pallino del bello, pensò ad una mostra: l’esposizione di una sua opera, una soltanto, bella grande, da mostrare a tutto il creato. D’altra parte non aveva certo problemi di spazi espositivi, quindi scelse come sede il cielo e presentò l’opera prescelta: l’arcobaleno.
Fu un successo strepitoso. Quell’opera, sintesi sublime di armonia, equilibrio e serenità, tenne tutti con il naso all’aria, con la bocca aperta, incapaci financo di tessere le lodi di tanto meraviglioso artista.
E allora la galleria, di Sua proprietà anch’essa, decise di prolungare la mostra all’infinito, di renderla itinerante e, se necessario, ubiquitaria per ricordare a tutti e in ogni tempo la mano tesa, il messaggio di pace, l’offerta al mondo di serenità e l’obbligo di fratellanza.
P.S. Giovanni D’Alessandro, fedele discepolo di cotanto Maestro, con un occhio alla natura ed un altro alla tavolozza, si esprime con forme e colori che si ispirano all’e nergia scaturita dal caos nell’atto della formazione dell’universo fino all’equilibrio finale, alla regolazione fine dell’ordine e del movimento del cosmo, serenità acquisita assieme alla certezza della inviolabilità della regia del Grande Inventore.
Luisa Maria Leto Saggista
Luisa Maria Leto
D’Alessandro, artista e docente
Giovanni D'Alessandro è un maestro nell'arte dell'incisione, capace di trasformare la tradizione in innovazione e di raccontare storie senza tempo attraverso segni e contrasti, luci e ombre, coniugando il rigore con l'invenzione. Le sue opere si collocano in un territorio unico, dove l’eccellenza tecnica si fonde con una sensibilità artistica profonda, dando vita a creazioni che parlano al tempo presente pur affondando le radici nella classicità.
La poetica di D’Alessandro si nutre della potenza espressiva del bianco e nero, un linguaggio che utilizza per esplorare la purezza del segno e l'intensità del contrasto. Quando introduce il colore, lo fa con l'intento di creare atmosfere vibranti, capaci di evocare emozioni quasi sinestetiche. Ogni sua incisione è una composizione musicale visiva, un equilibrio tra suono e silenzio, luce e ombra, ordine e caos.
Al centro della sua arte c'è il segno, protagonista indiscusso di un racconto che si muove tra realtà e immaginazione. D’Alessandro sembra guidato da una memoria collettiva e personale, traducendo paesaggi, figure e oggetti in immagini che trascendono il visibile, sfociando in una dimensione quasi metafisica. Ogni opera è un frammento di un racconto più ampio, un dialogo aperto tra l’artista, la materia e lo spazio.
Le sue creazioni non si limitano a rappresentare il mondo, ma lo interpretano, trasformando le tensioni e le armonie della realtà in narrazioni visive di straordinaria potenza. Le linee nervose e istintive convivono con quelle studiate e precise, creando una gamma di emozioni che cattura e coinvolge lo spettatore.
Caro Giovanni, con il tuo suo impegno instancabile come artista e docente, hai saputo rendere l’arte dell’incisione un linguaggio contemporaneo, vivace e in continua evoluzione. A Palermo e oltre, il tuo lavoro ha ispirato generazioni di studenti, portando avanti una tradizione che grazie alla tua visione si rinnova costantemente. Le tue opere, vere e proprie finestre sull’infinito, ci invitano a osservare il mondo con occhi nuovi, oltrepassando i confini del visibile per scoprire l’essenza stessa dell’arte.
Umberto De Paola
Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Palermo Presidente della Conferenza nazionale dei Direttori di Accademia
Umberto De Paola
Visioni riflesse metropolitane.
L’opera grafico-pittorica di Giovanni D’Alessandro.
Quando si osservano per la prima volte le opere di D’Alessandro, definite da lui stesso “visioni” si può pensare ad alcuni brani del capolavoro di uno dei maestri della letteratura americana postmoderna, Underworld, dello statunitense Don DeLillo, pubblicato nel 1997:
Guardò tutta quella spazzatura in perenne aumento e per la prima volta capì in cosa consistesse il suo lavoro. Non in progettazione o trasporto o riduzione alla fonte. Lui si occupava di comportamento umano, delle abitudini e degli impulsi della gente, dei loro incontrollabili bisogni e innocenti desideri, forse delle loro passioni, sicuramente dei loro eccessi e delle loro debolezze ma anche della loro gentilezza, della loro generosità, e la domanda era come impedire a questo metabolismo di massa di sopraffare l’umanità.
La discarica gli mostrava senza mezzi termini come finiva il torrente dei rifiuti, dove sfociavano tutti gli appetiti e le brame, i grevi ripensamenti, le cose che si desideravano ardentemente e poi non si volevano più.
E ancora:
Granelli, scintille e squarci di colore facevano capolino nella massa stratificata del terriccio superficiale, pezzi di stoffa residui dell’industria dell’abbigliamento […].
Che cosa hanno a che fare questi frammenti con l’opera di D’Alessandro? a prima vista nulla. Attraverso Brian Glassic, amico e socio del protagonista Nick Shay, imprenditore della spazzatura, personaggio presente in Underworld, DeLillo ci racconta uno straordinario frammento della società americana e di riflesso della società consumistica.
La genesi delle visioni di D’Alessandro però si trova lì: in una discarica a cielo aperto che ancora studente del liceo artistico tanti anni fa a Palermo attraversava durante il tragitto per andare a scuola; da lì nascevano delle visioni frutto di esplorazioni urbane, luoghi densi di architetture e assemblaggi metropolitani, ricolmi di oggetti consumati, prodotti della società dei consumi, di rottami abbandonati per essere distrutti, che sopravvivevano di intrecci senza fine, di trame a doppio filo, di riflessi specchianti che abbagliano l’osservatore, di storie immaginate nelle storie della nostra vita di tutti i giorni, soffocata dalla tecnologia.
La sua capacità di osservare il mondo si rispecchia nei rapporti di forza esistenti tra le linee diagonali e orizzontali, caratteristiche principali delle sue monotipie, ma anche nella spontaneità dei segni.
L’abilità immaginativa e la natura segnica presenti nelle opere di Giovanni D’Alessandro possono aprire, sorprendendoci, paesaggi urbani e scorci naturalistici: i codici culturali cui si rifanno risultano a prima vista estranei.
Il linguaggio segnico in cui appassionata appare la narrazione della realtà e la rievocazione dei suoi misteri però ci invitano all’esplorazione della sua tecnica e un vocabolario ricco di cromatismo ci immerge in diverse narrative tanto universali quanto personali.
È una forza espressiva quella dell’opera di D’Alessandro che si sviluppa all’interno di una composizione vigorosa quanto intima e personale.
Al centro poi dei suoi interessi ci sono le ricerche appassionate e rivolte ad una figurazione frutto anche dell’osservazione e della comprensione dei luoghi che ha vissuto e attraversato l’artista, del suo universo percettivo e un legame forte e incondizionato fra la città e le vicende umane.
Le sue qualità grafico-pittoriche costruiscono con grande padronanza uno spazio che dà proporzione al foglio di stampa e supporto scelto, si esprimono attraverso la tecnica del monotipo, contribuendo alla costruzione di disparate architetture e sviluppando contemporaneamente nella composizione un ritmo stilistico sospeso tra le forme “apparentemente” rigide e quelle quasi tradizionali che attingono dai colori e dalle forme della tradizione della pittura astratta novecentesca. La tecnica scelta d’altronde permette di realizzare linee dure e morbide, sfumature, sfondi uniformi e pittoreschi stabilendo rapporti di forza tra le linee diagonali e orizzontali.
Le opere finali sono uniche. Un linguaggio artistico quello di D’Alessandro, capace di stabilire con lo spettatore una comunicazione in cui l’intrecciarsi dei segni e l’intersecarsi delle linee trasmettono significati legati al passato, per attualizzarli e per renderli familiari affinché il mistero della città e della realtà che ci circonda possano proseguire nel presente e l’opera possa rivelarsi campo di esplorazione del sensibile e concreto.
La forza dell’arte di D’Alessandro e della sua ricerca grafico-pittorica sta appunto nell’essere espressione di un mondo che tocca le corde del nostro immaginario tecnicistico, che attinge dal passato e anche da luoghi a noi sconosciuti, e si rispecchia nella natura che ci circonda, nel nostro quotidiano frenetico e nella nostra capacità di osservare il mondo.
Roberta Priori
Docente di Pedagogia e Didattica dell'arte
Giovanni D'Alessandro.
D'Alessandro
Roberta Priori
Nulla è più astratto del reale
Se ben ricordo Giorgio Morandi affermava che Nulla è più astratto del reale. Perché, mi chiedo, non fare nostra questa frase e applicarla nelle nostre ricerche grafico-pittoriche?
Il reale, la realtà che ci circonda della quale anche noi ne facciamo parte, anche la più banale, ad osservarla, si rivelerà una inesauribile miniera di suggerimenti creativi.
Guardo le incisioni che mi ha portato Giovanni D’Alessandro, da me ben conosciuto quando capitò come allievo al Liceo Artistico, in una delle mie classi. Mi ha chiesto un parere.
Da vecchio patito della Grafica, noto un segno nervoso, quasi alla Wols che le caratterizza, inducendo l’osservatore a seguire l’intrecciarsi dei segni, l’intersecarsi delle linee, che ci suggeriscono paesaggi, momenti e stati d’animo. Un continuo dinamismo le sostiene, pertanto Giovanni D’Alessandro si rivela incisore autentico e padrone dei mezzi espressivi, facendo presagire sempre maggiori affermazioni.
Gli auguro di cuore di continuare le sue ricerche e come ultimo suggerimento mi permetto di ricordargli quanto affermava Morandi. Alla mia età, non posso farne a meno e continuo ad osservare quanto mi circonda e di trarne ancora stimoli e suggerimenti da tradurre e riportare sulla carta.
Tino Signorini [corrispondenza privata, 23.07.2011]
Tino Signorini
Segno e colore, l’arte incisa di Giovanni D’Alessandro
Il segno è l’elemento essenziale dell’espressione, il primo grado di una forma, l’articolazione di un linguaggio. Antonio Sanfilippo
[...] Ma veniamo alle sue opere, alla sua ricerca tutta incentrata, a mio avviso, sulla varietà dei toni luminosi e delle forze in movimento di intrecci di linee che si espandono; linee come coinvolte nel bel mezzo di un vortice di vento. Il segno proliferante e sorvegliato di Giovanni, a volte evoca paesaggi bucolici, altre volte quelli metropolitani (strutture industriali dismesse), altre volte ancora presenze umane, animali o, semplicemente, cose (oggetti) ma, in verità, evoca sé stesso. È il regno del segno che lotta, opera dopo opera, per affermarsi in quanto segno; a volte sereno, altre volte nervoso oppure istintivo, altre volte ancora misurato e progettato.
Il segno, in Giovanni, fin dagli inizi, è stato sempre il protagonista assoluto delle sue opere. Il suo è un racconto continuo e senza fine; un racconto fatto con un alfabeto personale ed unico, costituito da una melodia calli-grafica senza precedenti. I suoi lavori hanno la forza dell'inciso, del graffio felino nel gioco infinito fra il “chiaro” e lo “scuro”. L’arte incisa di Giovanni D’Alessandro, quindi, ha la forza, la raffinatezza e l’eleganza del nero ma, anche, la leggerezza, la purezza e l’innocenza del bianco.
Giovanni, artista sincero, preferisce il di-segno perché, come ebbe a dire Le Corbusier, "lascia meno spazio alle bugie" convinto com’è che “il disegno è la sincerità nell’arte e non ci sono possibilità di imbrogliare: o è bello o è brutto” (Salvador Dalì).
Giacomo Cuttone [Spiragli - A.5° N.3-4, 2024]
Giovanni D'Alessandro
Corbusier,
" (Salvador Dalì).
Giacomo Cuttone [Spiragli - A.5° N.3-4, 2024]
big apple
quelli
dritto al cuore
tra Scilla e Cariddi |
la capanna dello zio Tom |
Edizione virtuale del catalogo pubblicata su piattaforma online a cura di Enzob. - giugno 2025
: Enzob. -
2025
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ideazione, selezione delle opere e preparazione della mostra | επιμέλεια: Luisa Maria Leto, saggista programmazione e coordinazione della circuitazione in Grecia | συντονισμός : Enzo Bonanno, SG AIAL traduzione testi | μετάφραση: Alexandra Drantaki, Vicepres. AIAL impaginazione catalogo | κατάλογος: Enzo Terzi, editore e ricercatore sostegno tecnico | υποστήριξη: Leonardo Curatolo, Federico Lazaridis