Agricoltore cuneese luglio 2013

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Gocce di memoria

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bbiamo trovato un amico, un tranquillo pensionato, un nonnetto un po'all'antica, che si diverte a raccontare le sue storie, piccole o grandi che siano, che per lui sono ancora importanti, perchè gli fanno rivivere la sua infanzia ormai lontana. Se i lettori avranno la pazienza di sopportarlo, li intratterrà per alcuni mesi con i suoi racconti che egli ama definire "Gocce di memoria".

"Col lavoro si vince la natura avversa"

Anche grandi poeti romani hanno cantato la nobiltà del lavoro nei campi

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Il professore Luigi Fulcheri

20 L’Agricoltore cuneese N. 05 • luglio 2013

ono ancora vive le emozioni che destavano in me, fin dalla primissima infanzia, i racconti dei vecchi, sia quando narravano della guerra, della prima, o della seconda (su questa intervenivano anche le donne), sia quando, con lento discorrere, rivivevano le vicissitudini, o scandivano il lento fluire delle opere e dei giorni della vita di campagna, di cascina. Nel mio immaginario di fanciullo, quegli esordi sempre uguali, “una volta”, proiettavano vicende e personaggi in una dimensione che sapeva di eternità. Ancora oggi, quando rivivo le buie veglie invernali nella stalla, o risento i brividi delle gelide serate autunnali, trascorse sul frusciante cumulo di pannocchie da scartocciare, riprovo le stesse emozioni di allora, intrise del patos che, quegli umili e schietti narratori, sapevano infondere nei loro racconti. Solo più tardi ho scoperto come fossero grandi e degni di memoria quei quadri di vita e di storia. Quando poi, già adolescente ho incontrato, sui libri di scuola, poeti come Esiodo, Lucrezio, Virgilio e, da piccolo e povero studente ne ho, con umiltà e riverenza amato i messaggi, mi sono reso conto della affinità di sentire, se non anche dell’arte di dire, tra questi immortali e quei semplici contadini che rivivevano il loro passato con tutte le sfumature di sentimenti che l’umana creatura conosce. Fu allora che, per me, passato e presente si fusero insieme e la poesia divenne realtà. La fatica dei miei genitori e quella di tutti i contadini, vivevano già nelle loro opere: “Il lavoro ostinato e lo stimolo del bisogno nelle avversità vincono tutte le difficoltà”. Così Virgilio cantava il valore e la bellezza del lavoro umano nello sforzo voluto dagli dei per arrivare al cibo, a quel “pane quotidiano” che chiediamo a Dio, ancora oggi, nel “Padre nostro”. Anche Lucrezio mi incantò, quando in mezzo alla sua cupa visione dell’umano destino, proclamava che, con il lavoro dei campi, la natura si era ingentilita e il paesaggio, prima aspro e silvestre, aveva acquistato quella dolcezza che ancora oggi spira dalla campagna e dai colli coltivati. Straordinaria attualità di questi grandi nel richiamo all’amore dei campi! L’uomo riesce, con il suo lavoro, a vincere la natura avversa, a superare ogni difficoltà: diventa l’artefice della sua fortuna, il creatore della civiltà e la campagna non è solo più il luogo dove si svolge l’assidua e faticosa opera dell’uomo, ma anche il luogo dove, lottando e soffrendo, l’uomo si innalza e si redime. Questo era il messaggio di quegli antichi progenitori: mi piace pensare che sia ancora valido anche per noi. Gigi Fulcheri


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