(Direttore Centrale - Direzione Presidenza e Segreteria Generale)
Vincenzo Pensa
(Direttore Centrale - Direzione per lo Sviluppo, la Gestione e Sicurezza dei Sistemi Informativi e l'Innovazione Digitale)
Giuseppe Cesaro
(Capo Ufficio Stampa ACI)
Alessia Grande (Coordinatrice Area Professionale Statistica ACI)
Luigi Di Matteo (Coordinatore Area Professionale Tecnica ACI)
Francesco Mazzone
(Direttore Generale ACI Infomobility S.p.A.)
Alfredo Scala (Direttore Generale ACI Vallelunga S.p.A.)
In collaborazione con Ufficio Stampa ACI
Hanno collaborato inoltre a questo numero:
Elisabetta Anatriello, Antida Aversa, Andrea Cauli, Marco Cilione, Simona Dardari, Marco Perugini, Stefano Rossi, Stefania Spaziani, Rita Speranza, Alessandro Vasserot
Progetto Grafico
ACI Informatica S.p.A.
Realizzazione Editoriale
Franco Donnini
(Centro Servizi Grafica e Cartografia ACI)
Editore e Proprietario
Automobile Club d'Italia - Via Marsala, 8 - 00185 Roma
Service Provider
Telecom Italia
Indirizzo web https://aci.gov.it/comunicazione/riviste-aci/onda-verde/
OndaVerde
Registrazione Tribunale di Roma n. 67 del 28/04/2015
La riproduzione su qualsiasi tipo di supporto cartaceo o digitale degli articoli pubblicati su "Onda Verde" è consentita solo previo espresso consenso della direzione della rivista e dei singoli autori. L'editore si scusa per eventuali omissioni o errori di attribuzione del materiale fotografico pubblicato.
Conla pubblicazione di questo numero di “Onda Verde” si conclude la mia trentennale esperienza di lavoro nell’Automobile Club d’Italia.
Nel 2001, già caporedattore dell’house organ dell’ACI “L’Automobile”, mi è stato proposto di riprogettare e rilanciare la storica testata “Onda Verde”: il periodico fondato nel 1988 con l’obiettivo - per la prima volta in Italia - di porre al centro dell’attenzione la sostenibilità del nostro sistema dei trasporti, preso atto della crescita esponenziale del traffico stradale e delle sue ricadute negative in termini di sicurezza e qualità dell’ambiente. Obiettivo dichiarato a chiare lettere dal 2002 nel nuovo sottotitolo della testata: “La rivista ACI per la mobilità sostenibile”.
Compito forse più complesso è stato quello successivo di trasferire la redazione di “Onda Verde” dall’allora casa editrice dell’ACI (L’Editrice dell’Automobile - LEA) direttamente nella sede centrale dell’Ente, dando vita ad un nuovo progetto editoriale condotto nel rispetto di tutte quelle regole e procedure, spesso piuttosto rigide, che l’ACI in quanto Pubblica Amministrazione (P.A.) è tenuta a rispettare. E nel 2015 un’ulteriore sfida: rendere digitale la pubblicazione della rivista e realizzarla “a costo zero”, facendo ricorso alle professionalità interne dell’ACI e delle sue Società collegate, nonché consentendone a tutti l’accesso gratuito sul sito istituzionale dell’Ente e non più soltanto a decisori pubblici e professionisti di settore, destinatari esclusivi in origine della rivista cartacea. Sfide superate - ritengo - con successo, a dimostrazione di come una P.A. possa competere con l’iniziativa privata anche sul piano editoriale, senza fini commerciali, ma offrendo gratuitamente ai cittadini uno strumento di informazione indipendente, utile per comprendere le dinamiche del mondo dei trasporti e orientare politiche e comportamenti di mobilità verso un futuro più sostenibile.
Tutto questo grazie al costante supporto garantito dai vertici ACI e, soprattutto, grazie alla presenza dei tanti collaboratori che nel corso di questa lunga storia hanno permesso, con impegno e professionalità, di rendere “Onda Verde” una rivista sempre più completa e autorevole. Giornalisti, ingegneri, esperti di settore, dirigenti e funzionari pubblici che non hanno mai mancato di assicurare il loro costruttivo contributo e che qui ringrazio, in modo speciale, con stima e amicizia.
In questi intensi anni di lavoro “Onda Verde” ha così potuto rendere l’ACI sempre più protagonista nel poliedrico mondo della mobilità delle persone e delle merci, affrontando di volta in volta le tematiche più attuali e più “scottanti” con l’equilibrio, l’imparzialità e la competenza che si richiede ad una P.A. moderna. Un impegno perseguito con caparbia, arricchendo nel corso degli anni la foliazione della rivista, producendo studi originali e collaborando a quelli realizzati dall’ACI, assumendo il ruolo di media partner in eventi nazionali di rilievo, partecipando con un proprio team ai primi Ecorally organizzati in Italia sotto l’egida della Commissione Energie Alternative della FIA per favorire la diffusione dei veicoli a basse o nulle emissioni e, non certo ultimo, ottenendo importanti riconoscimenti pubblici, quali in primis nel 2005 l’assegnazione da parte del Ministero dell’Ambiente del “Premio stampa per la comunicazione sul Car Sharing” (allora nascente alternativa all’utilizzo indiscriminato dell’auto privata).
Lascio dunque con orgoglio il timone di questa storica e coraggiosa testata che l’ACI mi ha fin qui affidato a chi dovrà proseguirne il viaggio verso nuove mete, navigando nel mare oggi più che mai agitato della mobilità. A “Onda Verde” e alla sua redazione il mio più sincero augurio: buon vento!
IMPORTANZA E PROSPETTIVE DEL RICICLO DELLE BATTERIE DEI VEICOLI ELETTRICI
Una miniera preziosa per la mobilità green
di Paolo Benevolo
Ilriciclo dei materiali è un pilastro fondamentale per la costruzione di un’economia sostenibile e resiliente, soprattutto in ambito europeo, laddove la carenza di materie prime vergini crea in molti casi una significativa dipendenze dalle importazioni. L’utilizzo di materie prime seconde, ovvero di materiali recuperati dai rifiuti o da prodotti giunti a fine vita, pertanto non solo contribuisce ad una maggiore tutela dell’ambiente, ma offre anche importanti benefici in termini economici, sociali e industriali, con vantaggi tangibili per l’intera collettività.
Recuperare materie prime strategiche da batterie esauste di auto elettriche nuova frontiera dell’economia circolare a supporto di ambiente e industria UE.
Sul piano ambientale il riciclo, come risaputo, riduce la necessità di estrarre nuove risorse naturali, limitando gli impatti associati all’estrazione e alla lavorazione delle materie prime e contribuendo parimenti a ridurre le emissioni di gas serra, in quanto i processi di riciclo in genere consumano meno energia rispetto alla produzione da materie prime vergini.
Le conseguenze positive per l’economia, per altro verso, sono numerose e di grande rilievo per i Paesi membri UE. Il settore infatti non solo stimola l’innovazione tecnologica e contribuisce a generare nuova occupazione (l’UE stima che un aumento del tasso di riciclo al 70% potrebbe creare oltre mezzo milione di nuovi posti di lavoro), ma promuovendo un ciclo continuo di utilizzo dei
materiali consente di far fronte alla dipendenza dai Paesi esteri per la fornitura di risorse naturali e di massimizzare il valore dei prodotti, con un risparmio annuo dei costi energetici che la Commissione europea, auspicando l’adozione di modelli di maggiore circolarità, stima in circa 45 miliardi di euro per i 27 Paesi UE.
In conclusione, un modello di sostenibilità che preservando le risorse naturali e tutelando l’ambiente, nel contesto europeo è in grado di alimentare la competitività delle imprese dei Paesi membri e di favorirne la crescita economica,
garantendo un costante approvvigionamento di materie prime, spesso di valore strategico, che diversamente esporrebbero l’UE ai rischi di un mercato internazionale oggi piuttosto instabile e animato da forti spinte di concorrenza.
L’ECCELLENZA ITALIANA
L’impegno dell’Automobile Club d’Italia nella gestione degli pneumatici fuori uso dei veicoli (PFU), basato su una piattaforma informatica che collega migliaia di operatori economici e governata dal Comitato di gestione degli PFU, istituito per legge proprio presso l’ACI nel 2011 (D.M. 82/20 abrogato e sostituito dal D.M. 182/2019), è un valido esempio di quanto l’Italia stia investendo da tempo nel settore del riciclo. Come documenta il Rapporto 2025 sull’economia circolare del Circular Economy Network (CEN), promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con l’ENEA e presentato a Roma il 15 maggio scorso, il nostro Paese conferma il suo primato per livelli di circolarità, secondo solo a quello dei Paesi Bassi tra i 27 Paesi UE, ma in prima posizione nel confronto con le altre principali economie europee (Germania, Francia e Spagna). Da segnalare, come sottolinea il Rapporto 2025, l’aumento in Italia della produttività delle risorse del 20% rispetto al 2019, nonostante la dipendenza dalle importazioni rimanga ancora elevata (nel 2023 pari al 48% del fabbisogno complessivo, valore nettamente superiore a quello dell’UE che nello stesso anno si è attestato al 22%).
Secondo una stima della Cassa Depositi e Prestiti, inoltre, l’adozione di pratiche circolari nel 2024 ha generato nel nostro Paese un risparmio di 16,4 miliardi di euro per le imprese manifatturiere, con
impatti positivi sull’ambiente e sulla collettività, in particolare per il contributo offerto al percorso europeo di decarbonizzazione e di contrasto alla crisi climatica.
RIFLETTORI PUNTATI SULLE BATTERIE
Ultima frontiera in ordine di tempo sulla strada della circolarità è oggi il riciclo dei preziosi materiali utilizzati per produrre le batterie dei veicoli elettrici. Una tecnologia, quella delle batterie, su cui le istituzioni europee puntano fortemente per decarbonizzare i trasporti stradali e conseguire gli ambiziosi obiettivi stabiliti dal Green Deal UE, rilanciando la produzione automotive nei Paesi membri e rafforzando la competitività delle nostre imprese.
Nel marzo del 2024 è stato infatti adottato il primo Regolamento europeo sulle materie prime critiche, che contiene un elenco di ben 34 elementi tra metalli, minerali e materiali naturali, considerati di grande importanza economica per l’UE, con un elevato rischio di perturbazione dell’approvvigionamento a causa della concentrazione delle fonti e della mancanza di sostituti validi e a prezzi accessibili. Di questi ben 17 sono stati identificati come “strategici” (c.d “terre rare”), in buona parte utilizzati proprio nella produzione di batterie per la mobilità elettrica, assegnando al settore del riciclo il compito fondamentale di garantirne la disponibilità.
In questo numero di “Onda Verde” abbiamo quindi scelto di approfondire quanto si sta facendo, nel mondo e in Europa, per avviare un efficace processo di recupero di materie prime dalle batterie esauste e il ruolo che in questo contesto l’Italia del riciclo intende conquistare con nuovi progetti e cospicui investimenti.
Le "terre rare", ovvero le materie prime strategiche individuate dall'UE sono un gruppo di 17 elementi chimici di cui si prevede una crescita esponenziale in termini di approvvigionamento e che risultano fondamentali per cinque settori strategici europei: energie rinnovabili, mobilità elettrica, industria, tecnologie dell'informazione e della comunicazione e settore aerospaziale e della difesa.
Nonostante l'appellativo, questi elementi non sono necessariamente "rari" nella crosta terrestre, ma la loro estrazione è complessa, costosa e spesso dannosa per l'ambiente.
L'aumento della domanda globale, unito alla concentrazione della produzione in pochi Paesi (principalmente la Cina), espone queste 17 materie prime a un rischio piuttosto elevato di problemi di approvvigionamento e rende di conseguenza il loro riciclo una priorità strategica per l'UE.
• assicurare la disponibilità di materie prime critiche per le tecnologie verdi;
• promuovere l'economia circolare e l'efficienza delle risorse.
Riciclare le "terre rare" è tuttavia un processo complesso per vari motivi:
• bassa concentrazione nei prodotti: sono presenti in quantità minime e per di più in componenti difficili da separare;
• processi chimici sofisticati: servono metodi avanzati per estrarle senza contaminazioni;
• scarsità di infrastrutture dedicate: mancano impianti su larga scala dedicati esclusivamente al recupero di terre rare.
Tutto ciò nonostante negli ultimi anni la ricerca scientifica abbia fatto importanti passi avanti nello sviluppo di tecniche di riciclo sempre più efficienti.
In questo contesto il riciclo delle batterie esauste delle auto elettriche rappresenta dunque una preziosa opportunità sulla quale punta oggi l'UE per rendere economicamente sostenibile il suo ambizioso programma di decarbonizzazione.
(Marco Cilione)
In Primo Piano
Il riciclo delle "terre rare"
SVILUPPI E PROSPETTIVE DELL’ECONOMIA CIRCOLARE NEL SETTORE DELLE BATTERIE
Nel cuore critico della mobilità sostenibile
di
Rita Speranza (Direzione ACI per lo Sviluppo, la Gestione e Sicurezza dei Sistemi Informativi e l’Innovazione Digitale)
L a mobilità è al centro della transizione verde promossa dal Green Deal europeo, che punta alla neutralità climatica entro il 2050, e i veicoli elettrici nell’impostazione stabilita dall’Esecutivo di Bruxelles giocano un ruolo da protagonisti: grazie alle loro emissioni ridotte rispetto ai motori a combustione interna, rappresentano un passo decisivo verso un sistema di trasporto stradale più sostenibile. Ma la rivoluzione elettrica va ben oltre la semplice sostituzione dei motori a combustione. Per i sostenitori del “full electric”
Riciclo e riuso non sono semplici opzioni ma basilari leve strategiche per trasformare batterie esauste in risorse per ridurre danni ambientali e dipendenza da materie prime.
rappresenta un asse portante dell’economia circolare, orientata alla riduzione degli sprechi e alla valorizzazione delle risorse attraverso il riutilizzo e il riciclo. In questo contesto, l’adozione delle batterie agli ioni di litio (LIB) - tecnologia attualmente dominante, con diverse varianti chimiche e prestazioni specifiche - nei veicoli elettrici, così come nei dispositivi elettronici
portatili e nei sistemi di accumulo di energia stazionaria, solleva crescenti interrogativi riguardo alla sostenibilità della loro produzione e al corretto trattamento a fine vita.
Le batterie agli ioni di litio, infatti, contengono, oltre al litio (Li), metalli preziosi e spesso critici, come cobalto (Co), nichel (Ni) e manganese (Mn), che che ne aumentano il valore economico ma anche
l’impatto ambientale.
L’estrazione primaria di queste risorse è sempre più frequentemente associata a problematiche ambientali, economiche e sociali di rilievo. Le operazioni minerarie causano il degrado degli ecosistemi, un elevato consumo di energia e acqua ed emissioni significative di gas serra, oltre alla contaminazione di suolo e acque.
Secondo il Global Footprint Network (GFN), nel 2025 l’Overshoot Day mondiale - il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse rigenerabili dell’anno e inizia a consumare quelle
future - cadrà il 24 luglio. Per l’Italia, la data è stata addirittura anticipata al 6 maggio, rispetto al 19 maggio del 2024, segnalando un preoccupante trend di sovrasfruttamento, con gravi conseguenze per gli ecosistemi e le generazioni future.
A peggiorare il quadro si aggiunge la forte concentrazione geografica delle materie prime, spesso situate in aree politicamente instabili, con conseguente rischio di interruzioni delle forniture, volatilità dei prezzi e dipendenza strategica dei paesi importatori. Inoltre, in luoghi chiave per l’estrazione - come la Repubblica Democratica del Congo per il cobalto - sono state documentate condizioni di lavoro precarie, sfruttamento minorile e conflitti legati al controllo delle risorse. Anche la fase finale del ciclo di vita delle batterie solleva problematiche significative. Lo smaltimento improprio delle batterie esauste dei veicoli elettrici (BEV), ad esempio tramite discarica o incenerimento, comporta gravi rischi ambientali e sanitari. In discarica possono rilasciare sostanze tossiche nel suolo e nelle falde, mentre l’incenerimento può generare gas altamente pericolosi come l’acido fluoridrico (HF). Inoltre, le batterie al litio, se non trattate adeguatamente, presentano rischi di autocombustione ed esplosione. E il recupero dei metalli attraverso la lisciviazione chimica (processo di estrazione mediante solventi) comporta rischi ambientali se mal gestito, a causa della possibile contaminazione di terreni e falde acquifere. Affrontare le criticità lungo l’intera filiera delle batterie - dalla produzione al trattamento a fine vita - è pertanto fondamentale per non vanificare i benefici connessi alla mobilità elettrica.
Dalle batterie esauste a nuove materie prime: le fasi del riciclo avanzato
Il riciclo delle batterie agli ioni di litio (LIB) si basa su una sequenza di operazioni tecniche volte a recuperare metalli strategici e reimmetterli nel ciclo produttivo. Il processo si articola in tre fasi principali:
1) pre-trattamento meccanico: le batterie esauste vengono scaricate, disassemblate e triturate in ambienti controllati (inerti o criogenici). Da questo processo si ottiene la cosiddetta massa nera, ricca di materiali catodici e anodici (litio, nichel, cobalto, grafite), separata da componenti metallici e plastici. Questa fase è cruciale per garantire l'efficienza delle fasi successive;
2) processi metallurgici di estrazione: a partire dalla massa nera, si procede al recupero dei metalli attraverso due approcci distinti ma spesso complementari:
• idrometallurgia, che utilizza soluzioni acquose e reazioni chimiche a bassa temperatura per l'estrazione selettiva dei metalli. Si tratta del metodo oggi preferito per la sua elevata efficienza (fino al 99%) e la capacità di produrre sali metallici di alta purezza (grado batteria). È particolarmente adatta per valorizzare anche il litio e il manganese, oltre a nichel e cobalto. Recenti sviluppi introducono reagenti più sostenibili, come acidi organici e solventi ecologici;
• pirometallurgia, che impiega forni ad alta temperatura (fino a 1600°C) per fondere i metalli e separare gli organici. Genera una lega contenente i metalli preziosi (Co, Ni, Cu, Fe), mentre litio e alluminio finiscono nelle scorie. Pur meno efficiente nel recupero del litio, è robusta, adatta a flussi di materiali eterogenei e compatibile con i design complessi delle batterie. L'integrazione con forni elettrici alimentati da rinnovabili e agenti riducenti alternativi (biocarbone) ne sta migliorando il profilo ambientale.
In molti casi industriali, i due metodi sono combinati in una strategia ibrida: la pirometallurgia pretratta la massa nera, rimuovendo plastiche e metalli facilmente riducibili, e l'idrometallurgia completa la separazione e la purificazione;
3) raffinazione e produzione di precursori catodici (pCAM): i metalli recuperati vengono convertiti in sali e idrossidi con elevato grado di purezza, da cui si possono sintetizzare materiali attivi catodici precursori (precursor Cathode Active Material). Questo passaggio è fondamentale per chiudere il ciclo in ottica di economia circolare.
In Primo Piano
Economia circolare delle batterie agli ioni di litio
A tal fine, serve un approccio integrato, che includa: un quadro normativo chiaro e ambizioso, l’innovazione tecnologica nella progettazione delle batterie e nelle soluzioni di riciclo, un rafforzamento delle catene di approvvigionamento in chiave di sostenibilità e resilienza e investimenti mirati. Solo così sarà possibile superare una sfida complessa e trasformarla in un’opportunità concreta per la transizione ecologica ed energetica. L’economia circolare deve diventare un modello centrale, in cui il riciclo e il riutilizzo dei materiali non sono più opzioni, ma leve strategiche capaci di trasformare le batterie esauste da rifiuto in risorse fondamentali per ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini, mitigare i rischi geopolitici, abbattere l’impatto ambientale e creare nuove opportunità economiche e occupazionali.
LE DINAMICHE
DELLA DOMANDA
Il punto di partenza imprescindibile per affrontare efficacemente le sfide legate alla diffusione delle batterie per veicoli elettrici è l’analisi dei dati sulla dinamica della domanda, sulle materie prime (soprattutto quelle critiche) e sulle possibilità di recupero e riuso.
Secondo il rapporto “EV Battery Supply Chain Sustainability” dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) di fine 2024, la domanda di batterie è in rapida crescita, spinta sia dalle vendite di veicoli elettrici sia dall’aumento delle installazioni di stoccaggio di energia. Si prevede che entro il 2030 la domanda sarà 4,5 volte superiore a quella del 2023, per poi superare di oltre 7 volte il livello attuale entro il 2035. Nel 2023 i veicoli elettrici a batteria (BEV) hanno costituito circa il 90% della domanda di batterie e, secondo le
Battery demand by mode and by region in the Stated Policies Scenario, Announced Pledges Scenario and Net Zero Emissions by 2050 Scenario, 2023-2035
Notes: STEPS = Stated Policies Scenario; APS = Announced Pledges Scenario; NZE = Net Zero Emissions by 2050 Scenario; LDV = light-duty vehicle, including cars and vans; EMDEs (exc. China) = emerging markets and developing economies excluding China; AEs = Advanced economies. Battery storage refers to the demand for new installations.
Source: IEA (2024), Global EV Outlook 2024
previsioni, entro il 2035 la richiesta settimanale di batterie per BEV supererà quella dell’intero 2019. Nel 2023 la Cina ha rappresentato circa il 55% della domanda globale di batterie, seguita da Unione Europea e Stati Uniti con circa il 15% ciascuno. I mercati emergenti e le economie in via di sviluppo (esclusa la Cina) hanno costituito il 3% della domanda, ma si stima che arriveranno
Battery production set to diversify
al 10% entro il 2030. Oltre allo scenario basato sulle politiche attuali (APS), una proiezione più ambiziosa a zero emissioni (NZE) prevede una crescita della domanda di batterie oltre 10 volte entro il 2035, spinta da una rapida transizione verso energia pulita e mobilità elettrica in tutti i settori (Grafico 1) Di conseguenza, secondo l’AIE, in uno scenario APS, si deve ipotizzare, entro il 2035,
un significativo aumento della domanda di materie prime critiche per le batterie, come litio, nichel, cobalto e manganese. In particolare, spinta dalla produzione di batterie per veicoli elettrici, la domanda di litio potrebbe crescere di 7-8 volte, quella di nichel di 4-6 volte, di cobalto di 3-4 volte e di manganese di 4-5 volte. Tuttavia, l’entità di questa crescita dipenderà molto anche dal tipo di
Efforts to boost domestic demand for EVs and batteries in EMDEs other than China would also be beneficial to attract investments in domestic manufacturing. Long-term visibility and clarity on policy, together with support for domestic demand and production, are central to giving confidence to investors to commit to new projects.
In 2023, China accounted for the lion’s share of the production of battery cells –more than three-quarters – as well as of critical battery components like cathode (over 80% of production) and anode (over 90%) active materials. In the STEPS, battery cell production diversifies, mainly as a result of investments in North America and Europe, with production outside China accounting for almost 40% of the total by 2035. In the APS, alongside higher global demand, battery manufacturing diversifies further, thanks to much larger production of batteries in Africa,
The increase in production in EMDEs other than China is enabled by higher and access
battery and battery component production has been announced in Morocco thanks to its large phosphate
In Primo Piano
IEA.
Grafico 1 - Domanda di batterie per modalità e per regione
Grafico 2 - Capacità di riciclo per continente e principali attori del settore
Notes: Capacity in megatonnes of cell-equivalent mass of total recyclable material. Announcements include both those that are committed (i.e. under construction or having reached final investment decision) and preliminary announcements (i.e. those that have not reached final investment decision)
Source: IEA (2024), Recycling of Critical Minerals
batterie che domineranno il mercato, in quanto se le batterie NCM (NichelCobalto-Manganese) e NCA (Nichel-Cobalto-Alluminio) richiedono elevate quantità di nichel e cobalto, le batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato) ne sono prive e, pertanto, sono più sostenibili sul piano ambientale e sociale.
Quanto allo stato delle attività di riciclo e al potenziale di sviluppo di questo mercato, il rapporto aggiornato di IDTechEx “Li-ion Battery Recycling Market 2025–2045: Markets, Forecasts, Technologies, and Players”, stima che, alla fine del 2024, la capacità globale di riciclaggio delle batterie agli ioni di litio (LIB) a fine vita (EOL) sia di circa 879 kiloton per anno (ktpa).
Nel rapporto “EV Battery Supply Chain Sustainability” dell’AIE si mette inoltre in evidenza che i benefici del riciclo dipenderanno dalla disponibilità di impianti e materiali da trattare. Oggi la Cina domina il settore, con l’80% della capacità globale di pretrattamento e l’85% di quella di recupero, e manterrà una posizione dominante anche nel 2030 (rispettivamente 80% e 75%).
volumi di batterie a fine vita – comprese quelle danneggiate, a fine seconda vita e gli scarti di produzione – raggiungeranno circa 3,4 milioni di tonnellate in Europa, con circa 0,4 milioni in Italia;
• impianti e investimenti previsti: per trattare questi volumi sarà necessario costruire impianti di riciclo adeguati, con investimenti stimati in circa 2,6 miliardi di euro a livello europeo e 0,3 miliardi per l’Italia.
• potenziale di recupero dei materiali: attraverso processi idrometallurgici si potrà recuperare fino a circa 2,1 milioni di tonnellate di materiali in Europa, di cui 0,2 milioni in Italia, entro il 2050;
Most battery recycling facilities have been planned next to battery manufacturing facilities because the main source of recycling feedstock this decade is expected to be manufacturing scrap (accounting for two-thirds of available stock in 2030) End-of-life EV and storage batteries are anticipated to become the main recycling feedstock only after 2035, representing over 90% of available stock by 2050 As such, in this decade, proximity to manufacturers ensures a competitive advantage for recyclers, with China set to remain the largest battery producer. Nonetheless, the announced recycling capacity in China is significantly higher than the projected available feedstock in the country. Globally, if all announced projects come online as scheduled, global recycling capacity in 2030 could be more than six times larger than total available material feedstock in the APS. This is set to lead to strong competition among recyclers to secure sufficient feedstock to remain profitable over the next decade. However, from 2040, global feedstock increases dramatically, driven by end-of-life EV batteries, reaching 5.5 TWh in the STEPS, almost 7 TWh in the APS, and more than 9 TWh in the NZE Scenario in 2050.
Inoltre, il rapporto, che include una mappa dettagliata delle capacità di riciclo per continente e dei principali attori del settore, prevede che il mercato del riciclo delle LIB raggiungerà un valore di 52 miliardi di dollari entro il 2045, spinto dall’aumento della disponibilità di batterie dismesse nei prossimi decenni (Grafico 2).
Tuttavia, si prevede una certa diversificazione, con Nord America ed Europa che raggiungeranno insieme il 15% della capacità di riciclo, mentre nuovi impianti emergeranno anche in Corea, India e Marocco (Grafico 3). La maggior parte degli impianti oggi si trova accanto ai siti produttivi di batterie, poiché fino al 2030 circa due terzi del materiale riciclato proverrà da scarti di produzione. Solo dopo il 2035 le batterie a fine vita diventeranno la principale fonte, superando il 90% del materiale disponibile entro il 2050.
In uno scenario prudenziale (APS), l’espansione del riciclo e l’aumento della raccolta
delle batterie a fine vita permetteranno, entro il 2050, di ridurre la domanda primaria di litio e nichel di circa il 25% e quella di cobalto del 40%. Rispetto allo specifico panorama europeo e italiano, infine, lo studio “Il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici @2050”, realizzato da Motus-E, Strategy& e Politecnico di Milano, prevede una significativa crescita nel settore del riciclo delle batterie per veicoli elettrici. Le proiezioni contenute nel rapporto evidenziano il potenziale di questo comparto, sia in termini economici che ambientali:
• capacità di seconda vita delle batterie: la capacità proveniente dal riutilizzo di batterie è destinata a raggiungere circa 647 GWh in Europa entro il 2050, di cui 77 GWh in Italia. Questo grazie alla diffusione di dispositivi per valutare lo stato di salute delle batterie esauste e all’aumento della densità energetica delle nuove batterie;
• crescita dei volumi destinati al riciclo: entro il 2050, si prevede che i
• valore economico dei materiali critici: i materiali strategici contenuti nei catodi – nichel, cobalto e litio – che rappresentano circa il 13% dei volumi riciclati, potranno generare ricavi compresi tra 4,1 e 6,1 miliardi di euro in Europa. In Italia si stima un valore tra 0,4 e 0,6 miliardi, con una marginalità compresa tra 1,2 e 3,2 miliardi a livello europeo e tra 0,1 e 0,3 miliardi in Italia.
POLITICHE UE E REGOLAMENTI
Rispetto a questo panorama previsionale di fondo le normative rappresentano uno strumento essenziale per orientare e accelerare la transizione verso modelli economici e ambientali più sostenibili. Esse riflettono una volontà politica condivisa e fungono da meccanismo di legittimazione, stimolo e obbligo verso comportamenti virtuosi lungo tutta la filiera produttiva. La loro efficacia è aumentata dal fatto che spesso prevedono anche strumenti finanziari di supporto, pensati per accompagnare le imprese nell’adeguamento ai nuovi standard e incentivare l’adozione di soluzioni
Battery Supply Chain Sustainability
Battery recycling capacity based on announced projects, 2021-2030
IEA. CC BY 4.0.
Grafico 3 - Capacità di riciclo delle batterie in base ai progetti annunciati, 2021-2030
innovative e circolari.
In un contesto in continua evoluzione, l’Unione Europea ha definito due pilastri normativi fondamentali per il settore delle batterie destinate ai veicoli elettrici: il Regolamento (UE) 2023/1542 sulle Batterie e il Regolamento (UE) 2024/1252 sulle Materie Prime Critiche (Critical Raw Materials Act – CRMA). Entrambi mirano a rafforzare l’autonomia strategica dell’UE, garantire approvvigionamenti sicuri e sostenibili, ridurre l’impatto ambientale, stimolare l’innovazione tecnologica e sviluppare un mercato europeo del riciclo competitivo.
In particolare, il Regolamento Batterie (che sostituisce la Direttiva 2006/66/CE) introduce obblighi e target stringenti per l’intera filiera delle batterie per veicoli elettrici, con le prescrizioni di:
• un contenuto minimo di materiale riciclato (16% cobalto, 6% lito e nichel a partire dal 2031 e con valori in aumento al 2036);
• obiettivi di recupero dei materiali contenuti nelle batterie esauste (entro il 2027, almeno 90% di cobalto, rame, piombo e nichel, e 50% di litio che sale all’80% al 2031);
• efficienza di riciclo dei processi con minimo 65% per le batterie al litio entro il 2025;
• responsabilità estesa del produttore (EPR) e un
passaporto digitale della batteria (obbligatorio dal 2027), per la tracciabilità e l’ottimizzazione del riciclo.
Il CRMA (Critical Raw Materials Act) a sua volta individua 34 materie prime critiche, tra cui manganese, grafite, nichel, rame e alluminio, tutte rilevanti per la produzione di batterie. Con l’obiettivo primario di potenziare la capacità europea di riciclo e ridurre la dipendenza dalle importazioni, il Regolamento adotta un approccio sistemico, articolato in una serie di disposizioni che:
• fissano per l’Europa al 2030 gli obiettivi del riciclo del 25% del consumo annuo di materie prime strategiche, della produzione di almeno il 10% delle materie prime e della trasformazione e raffinazione interna nella misura del 40%;
• impongono il miglioramento della raccolta e trattamento dei rifiuti critici, con incentivi tecnologici e normativi;
• prevedono sostegno a impianti di riciclo strategici, con iter semplificati e accesso agevolato ai finanziamenti;
• introducono meccanismi di monitoraggio dei flussi di rifiuti per garantire l’efficienza del recupero.
Nel loro insieme, i due Regolamenti riflettono la responsabilità strategica
di politica e legislatori nell’orientare un cambiamento tanto necessario quanto urgente. Non si limitano a dettare regole, ma mirano a costruire un ecosistema integrato: le batterie esauste diventano fonte di materie riciclabili, la domanda di materiali secondari viene sostenuta da obblighi normativi, e strumenti digitali come il passaporto della batteria garantiscono trasparenza, tracciabilità ed efficienza lungo tutta la filiera.
TECNOLOGIA E INNOVAZIONE
L’innovazione tecnologica è cruciale per garantire la sostenibilità nella produzione, gestione e riciclo delle batterie per veicoli elettrici. Oltre a ottimizzare i processi di recupero esistenti, è fondamentale progettare batterie fin dall’inizio in modo che siano facilmente smontabili, recuperabili e riutilizzabili. I fronti di ricerca e sviluppo aperti, ai quali quotidianamente se ne aggiungono di nuovi, sono numerosi e un richiamo ad alcuni tra i più rilevanti non vuole - e non può - avere carattere esaustivo. Tradizionalmente, il riciclo delle batterie agli ioni di litio si basa su due metodi principali: la pirometallurgia e l’idrometallurgia. Entrambi sono applicabili alle diverse composizioni chimiche oggi
in uso, come NMC (Nichel, Manganese, Cobalto), LFP (Litio, Ferro, Fosfato) e NCA (Nichel, Cobalto, Alluminio), anche se con risultati differenti. Le batterie NMC e NCA, contenendo metalli preziosi come cobalto e nichel, si prestano bene a entrambi i metodi. La pirometallurgia consente il recupero di questi metalli sotto forma di leghe, fondendo i componenti ad alte temperature. Tuttavia, questo processo è energivoro, non recupera efficientemente litio, grafite e plastiche, e necessita di ulteriori trattamenti chimici per la separazione dei metalli. L’idrometallurgia, invece, utilizza reazioni chimiche a basse temperature, permettendo un recupero più selettivo ed efficiente non solo di nichel e cobalto, ma anche di litio e manganese. Per le batterie LFP, prive di metalli di alto valore, la pirometallurgia è meno adatta, poiché il litio spesso finisce nelle scorie, difficilmente recuperabili. Tuttavia, recenti progressi nell’idrometallurgia hanno permesso l’estrazione di ferro, fosfato e litio anche da queste batterie, aumentando la sostenibilità e la convenienza del riciclo.
Migliorare l’efficienza e la sostenibilità dell’idrometallurgia è una delle priorità attuali, soprattutto di fronte alla volatilità dei prezzi dei metalli critici e alle crescenti pressioni ambientali. Innovazioni “verdi”, come l’impiego di acidi organici
A sinistra veduta aerea di una miniera di litio in Cile e a destra lo sfruttamento del lavoro per l’estrazione del cobalto nella Repubblica Democratica del Congo.
naturali e agenti derivati da biomasse promettono di ridurre l’impatto ambientale senza compromettere l’efficienza.
Parallelamente, la pirometallurgia sta vivendo una fase di rinnovamento, con l’introduzione di forni elettrici alimentati da energie rinnovabili e l’uso di agenti riducenti alternativi come il biocarbone, che contribuiscono a una significativa diminuzione delle emissioni di CO2.
In aggiunta, si stanno diffondendo processi ibridi che combinano pirometallurgia e idrometallurgia: la prima fase pretratta le batterie separando materiali organici e metalli riducibili, mentre la seconda estrae selettivamente i metalli preziosi, massimizzando il recupero.
Miglioramenti nel controllo delle condizioni operative e nella separazione preliminare dei materiali rendono la pirometallurgia più efficiente anche per le batterie LFP e alcune aziende stanno investendo in impianti integrati che confermano l’importanza crescente di questi metodi.
Il recupero della grafite, finora poco considerato, sta acquisendo rilievo grazie a tecniche innovative che ne consentono il riciclo e la reintroduzione nel ciclo produttivo.
Tra le tecnologie emergenti, il riciclo diretto permette di rigenerare i materiali catodici senza smontarli chimicamente, riducendo consumi energetici ed emissioni di CO2. In fase di sviluppo è anche la biolisciviazione, che sfrutta microorganismi per estrarre metalli dalle batterie con basso consumo energetico e impatto ambientale limitato. Oltre al riciclo, cresce l’interesse per l’upcycling, che mira a riutilizzare i componenti mantenendone la struttura e il valore, evitando la scomposizione completa.
Per favorire questi processi, è indispensabile ripensare la progettazione delle batterie sin dalla fase iniziale, applicando il principio del “Design for Recycling” (DfR). Batterie modulari, facilmente smontabili e con componenti standardizzati facilitano il recupero, a differenza dei design complessi attuali, spesso caratterizzati da collanti e formati diversi.
L’automatizzazione del disassemblaggio rappresenta un’ulteriore evoluzione: sistemi robotizzati intelligenti, supportati da intelligenza artificiale e visione artificiale, possono smontare le batterie in modo rapido, sicuro ed efficiente, adattandosi a molteplici design e migliorando il recupero dei materiali.
RAFFORZARE LE CATENE DI APPROVVIGIONAMENTO
Un altro pilastro fondamentali per la transizione verso un’economia circolare, in particolare nel settore delle batterie per veicoli elettrici, è il rafforzamento delle catene di approvvigionamento, che devono essere sempre più sostenibili e resilienti. Per costruire una filiera davvero responsabile, è essenziale lavorare su due dimensioni interdipendenti. Da un lato, la sostenibilità richiede pratiche estrattive
e di lavorazione che tutelino l’ambiente e i diritti umani, la riduzione dell’impronta di carbonio lungo l’intero ciclo produttivo e un maggiore impiego di materiali riciclati. Dall’altro, la resilienza implica la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, lo sviluppo di capacità produttive e di trasformazione a livello locale o regionale, e la capacità di assicurare continuità nelle forniture anche in contesti geopolitici instabili. Il panorama contemporaneo evidenzia una forte concentrazione geografica lungo la catena del valore delle batterie. La Cina detiene una posizione dominante non solo nella produzione di celle e componenti, ma anche nella raffinazione e, in molti casi, nel controllo indiretto dell’estrazione di materie prime strategiche. Molte delle materie prime necessarie per la transizione energetica continuano a essere estratte in Paesi emergenti - come il litio in Sud America, il nichel in Indonesia e il cobalto nella Repubblica Democratica del Congo - ma, al di fuori della Cina, questi paesi rappresentano oggi meno del 5% della capacità produttiva di batterie annunciata a livello globale.
L’attuale scenario mette in luce, da un lato, opportunità per nuovi attori industriali di partecipazione alla catena
del valore e, dall’altro, la vulnerabilità dell’attuale modello, esposto a rischi geopolitici e commerciali. Da queste criticità trae conferma la necessità di intervenire su più fronti: sviluppare miniere in aree geograficamente diversificate, inclusa l’Europa; investire in tecnologie di estrazione e raffinazione più sostenibili ed efficienti; implementare sistemi di tracciabilità per garantire la provenienza etica dei materiali; e incentivare l’uso di materiali alternativi, meno critici o più abbondanti. In questo contesto, il riciclo gioca un ruolo sempre più centrale. Filiere del riciclo realmente efficaci e sostenibili possono ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini e contribuire concretamente alla costruzione di un’economia pienamente circolare. Mentre l’Unione Europea sta investendo per rafforzare la propria autonomia strategica attraverso normative, incentivi e innovazione tecnologica, il caso italiano, come evidenziato dal “Rapporto 2025 sull’Economia Circolare” del Circular Economy Network (promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con ENEA), mostra un quadro con luci e ombre.
L’Italia, infatti, pur confermandosi tra le prime economie europee in termini di circolarità - classificandosi al secondo posto (con 65,2 punti) tra i 27 Stati membri - e registrando un miglioramento del 20% nella produttività delle risorse rispetto al 2019, mantiene un’elevata dipendenza dalle importazioni di materiali, con una percentuale del 48% del fabbisogno nazionale nel 2023, contro una media UE del 22%.
Questa situazione evidenzia la necessità di accelerare verso modelli industriali basati sull’uso efficiente delle risorse e sul potenziamento dell’impiego di materie prime seconde.
In Primo Piano
In Primo Piano
Si tratta di un’opportunità concreta per rafforzare la competitività e la sostenibilità del sistema produttivo italiano.
A tal fine, come ha sottolineato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, proprio in occasione della presentazione del rapporto a Roma il 15 maggio scorso, occorre rendere le scelte sostenibili più convenienti per tutti, anche attraverso incentivi fiscali e l’introduzione di criteri circolari negli acquisti pubblici.
Rispetto, poi, alle le materie prime critiche e strategiche, spesso presenti nelle batterie dei veicoli elettrici - sia nel nucleo chimico sia nelle componenti strutturali e conduttive - , lo stesso rapporto mette in risalto l’importanza di una loro inclusione nel futuro Circular Economy Act, la legge europea sull’economia circolare attesa entro il 2026.
Tra queste, l’alluminio merita attenzione: pur essendo riciclabile all’infinito senza perdere qualità, in Europa il tasso di riciclo a fine vita si ferma ancora al 21%, mentre l’UE continua a esserne il primo importatore al mondo. Il rame mostra, invece, performance migliori: attualmente il 32% proviene da riciclo e, con politiche adeguate, si potrebbe arrivare a soddisfare oltre il 40% della domanda entro il 2050, pari a più di 7 milioni di tonnellate di materiale riciclato. Infine, il fosforo - di cui l’UE produce solo lo 0,5% del fabbisogno globale - potrebbe essere recuperato dai fanghi di depurazione, grazie anche al nuovo impulso offerto dalla Direttiva europea sulle acque reflue urbane.
INVESTIMENTI MIRATI
NELL’INTERO LIFE CYCLE
La stima precisa degli investimenti necessari per migliorare il trattamento e il
riciclo delle batterie dei veicoli elettrici è resa complessa dalla dinamicità del mercato, dall’evoluzione tecnologica e dalla varietà di normative. Gli sforzi finanziari devono concentrarsi su una pluralità di obiettivi strategici per costruire un sistema di riciclo efficiente, sostenibile ed economicamente valido: dallo sviluppo di metodi di pretrattamento più efficaci al miglioramento dei processi, dalla creazione di infrastrutture su larga scala alla promozione della ricerca e innovazione, dalla riduzione dei costi alla standardizzazione e certificazione dei materiali riciclati. Vanno, inoltre, costantemente considerati due aspetti chiave: la riduzione della dipendenza da materie prime critiche, con tutte le implicazioni geopolitiche, e la necessità di una stretta cooperazione tra settore pubblico e privato per garantire investimenti coordinati e mirati. Secondo il rapporto di IDTechEx “Li-ion Battery Recycling Market 2025–2045”, i riciclatori hanno raccolto oltre 3,1 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2024 per sviluppare tecnologie e costruire nuovi impianti. Parallelamente, lo studio “Il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici @2050” realizzato da Motus-E, Strategy& e Politecnico di Milano stima che saranno
con l’obiettivo primario di creare una catena del valore dell’innovazione, competitiva e sostenibile per le batterie in Europa. Pur non fornendo non facendo direttamente né investimenti né finanziamenti, ha lo scopo di facilitare l’accesso a diverse fonti di finanziamento e investimento esistenti a livello europeo, nazionale e regionale.
necessari circa 2,6 miliardi di euro entro il 2050 solo per garantire la presenza di impianti adeguati a gestire i volumi di batterie destinabili al riciclo in Europa.
A partire da queste stime, si evidenziano numerose iniziative attive a livello europeo, con ricadute anche nel nostro Paese:
• Horizon Europe, il programma quadro dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione 2021-2027 finanzia progetti nel settore delle batterie attraverso il partenariato BATT4EU (Batteries European Partnership). Questo partenariato ha una dotazione di 925 milioni di euro e mira a stabilire in Europa il miglior ecosistema di innovazione al mondo per una catena del valore delle batterie competitiva, sostenibile e circolare entro il 2030;
• Innovation Fund è un fondo che finanzia progetti su larga scala per tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio. Nel 2024 è stata lanciata una call specifica (“IF24 Battery”) con un budget di 1 miliardo di euro dedicata alla produzione di celle di batterie per veicoli elettrici in Europa;
• European Battery Alliance (EBA) è un’iniziativa lanciata dalla Commissione Europea
Tra le azioni più recenti, lo scorso marzo la Commissione Europea ha adottato per la prima volta un elenco di 47 Progetti Strategici finalizzati a rafforzare la capacità dell’UE in materia di materie prime critiche. L’obiettivo è sostenere la catena del valore europea e diversificare le fonti di approvvigionamento, in linea con quanto previsto dal Critical Raw Materials Act. Con un investimento complessivo di 22,5 miliardi di euro, di questi 47 progetti 33 riguardano la filiera delle batterie e ben 4 - incentrati sul riciclo di materie prime critiche rilevanti anche per il settore delle batterie - sono stati assegnati all’Italia. In conclusione, in questo scenario in divenire, in cui sta prendendo corpo una trasformazione epocale del ciclo di vita delle batterie per veicoli elettrici, consistente nel passaggio da un modello lineare di consumo e smaltimento a un sistema virtuoso di riciclo e valorizzazione delle risorse, risalta una grande opportunità. Ma per poter sfruttare appieno il potenziale a disposizione, le leve attualmente in gioco e tutti gli attori coinvolti devono agire in maniera sinergica tra loro e in coerenza con l’obiettivo finale. Il successo di questo percorso dipenderà dalla capacità di integrare ogni fase della filiera, facendo della circolarità non solo un principio, ma un vero motore di innovazione e competitività a livello globale.
Tra le materie critiche l’alluminio ha in UE un tasso di riciclo fermo al 21%.
LA COMMISSIONE EUROPEA PUNTA SULL'ITALIA PER IL RICICLO DELLE TERRE RARE
Poker di progetti per l’Italia del riciclo
di Marco Cilione (Area Professionale Statistica ACI)
L’Unione Europea, così come gli Stati Uniti e il Giappone, sta progressivamente investendo nella ricerca e nello sviluppo delle filiere di riciclo interne. Nel prossimo decennio il riciclo, come riportato nel precedente articolo in particolare per quanto riguarda le batterie delle auto elettriche, è destinato a coprire una percentuale sempre più significativa del fabbisogno, contribuendo a costruire un’economia più resiliente e sostenibile. Appare chiaro che il riciclo delle terre rare non è solo una questione tecnica, ma una necessità strategica e che puntare sulla realizzazione di infrastrutture adeguate,
Portovesme (Sud Sardegna), Ceccano (FR), Rosignano (LI) e Cadoneghe (PD): i poli industriali italiani destinati al riciclo delle materie prime strategiche per l’UE.
ricerca scientifica e politiche di economia circolare sarà essenziale per affrontare le sfide del XXI secolo con risorse sicure, pulite e accessibili. In quest’ottica, martedì 25 marzo la Commissione Europea ha pubblicato una lista di 47 progetti strategici che dovranno rafforzare le capacità dell’UE sulle cosiddette “materie prime critiche” per la transizione energetica e per la difesa. La situazione è infatti al momento di forte
dipendenza dall’estero, che rappresenta un rischio per la sicurezza economica europea e la certezza degli approvvigionamenti, mettendo a repentaglio la transizione energetica in atto. Non a caso, come ha espressamente riconosciuto lo stesso commissario europeo Stéphane Séjourné, responsabile della strategia industriale: “Per molto tempo le materie prime sono state il punto cieco della nostra politica industriale”.
I magneti presenti nelle terre rare, utilizzati nei veicoli elettrici, nelle turbine eoliche e negli aerei da guerra sono forse la manifestazione più evidente e grave di questa mancanza di attenzione, visto che il 98% della domanda comunitaria è soddisfatta dalle importazioni dalla Cina. Ma come ha assicurato il commissario Séjourné: “Il litio cinese non può diventare il gas russo di domani”, ovvero un’arma geopolitica nelle mani di un governo problematico, che può sfruttarla a proprio vantaggio. La conclusione del discorso è scontata: “Dobbiamo estrarre, trasformare e riciclare le materie prime in Europa”.
IL CICLO VIRTUOSO DELLE MATERIE PRIME
A maggio dell’anno scorso, dopo un anno di gestazione, è entrato in vigore il Critical Raw Materials Act, che fissa per il 2030 alcuni obiettivi minimi di estrazione (10%), di lavorazione (40%) e di riciclo (15%) dei minerali critici consumati nell’UE.
La lista, presentata lo scorso 25 marzo, contiene dunque i progetti che dovranno permettere di raggiungere concretamente questi target, che riguardano in particolare 14 materie prime: dall’alluminio per i pannelli solari al rame per i cavi elettrici, dal litio e il nichel per le batterie, alle terre rare per i magneti.
I progetti selezionati dall’Esecutivo di Bruxelles sono localizzati nei seguenti 13 Stati membri: Belgio, Cechia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia.
Tutti i 47 progetti beneficeranno di un percorso autorizzativo semplificato, ridotto ad un massimo 27 mesi per le operazioni estrattive e a 15 mesi per le attività di raffinazione o di riciclo, così da aggirare lo scoglio del “permitting”, che attualmente può impiegare anche 5 o 10 anni.
Le iniziative selezionate richiederanno inoltre investimenti complessivi per 22,5 miliardi di euro e saranno supportate dalla Commissione, dai singoli Stati membri e dagli istituti finanziari.
In proposito il commissario Séjourné ha quindi parlato di un “momento storico per la sovranità europea come potenza industriale”, ricollegandosi al recente annuncio del Clean Industrial Deal (CID).
Tra i progetti approvati 25 sono progetti estrattivi, come quello di LKAB sulle terre rare in Svezia; 24 sono dedicati alla raffinazione, come quello a Sandouville, in Francia,
sui materiali per le batterie; 10, infine, si occupano propriamente di riciclo. In questo contesto acquisiscono particolare valore i progetti che avranno sede in Italia e che rappresentano per il nostro Paese un significativo riconoscimento degli impegni e degli investimenti finora effettuati per alimentare una virtuosa quanto necessaria economia circolare.
I PROGETTI IN ITALIA
In Italia, sono ben quattro i progetti selezionati a livello UE per il recupero di terre rare. Nello specifico hanno sede nel Lazio, in Toscana, in Veneto e in Sardegna. I progetti italiani che hanno ottenuto il riconoscimento della Commissione Europea, secondo il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, daranno così avvio ad una nuova visione del settore delle materie prime in Italia, incentrata sulla competitività ma anche sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale, confermando la fiducia dell’Europa nei confronti del nostro sistema industriale “anche in ragione del forte orientamento del nostro Paese verso la circolarità, la valorizzazione e l’uso efficiente delle risorse”. Di
seguito, in sintesi, i quattro progetti approvati.
Nel Lazio a Ceccano, in provincia di Frosinone, si trova l’impianto INSPIREE di Itelyum per il recupero delle terre rare dai magneti contenuti nei motori elettrici a fine vita e dagli hard disk. È stato il primo impianto inaugurato in Europa per il recupero delle terre rare. Il progetto, coordinato da Erion (socio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e multi-consorzio per la gestione dei rifiuti) vede tra i protagonisti anche Glo Eco, azienda specializzata nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti elettronici, che si occuperà della fornitura di magneti esausti a Itelyum, e l’Università degli Studi dell’Aquila, con il suo Laboratorio di trattamento integrato dei rifiuti e reflui industriali, che collaborerà allo sviluppo del processo idrometallurgico. Altri partner sono Osai, Ku Leuven, Treee e Smart Waste Engineering. Il progetto, in estrema sintesi, si fonda sul disassemblaggio dei magneti e sull’applicazione di un processo idrometallurgico (i magneti vengono dissolti con degli acidi e le terre rare vengono separate attraverso una pulitura a basso impatto ambientale con acidi organici riutilizzabili fino a 5 volte).
Nello specifico, lo stabilimento di smontaggio sarà in grado di trattare mille tonnellate di rotori elettrici l’anno, mentre quello idrometallurgico sarà in grado di raggiungere una capacità di duemila tonnellate l’anno di magneti permanenti, dai quali verranno “estratte” all’incirca 700 tonnellate di ossalati di terre rare, più in particolare neodimio, praseodimio e disprosio: una quantità sufficiente al funzionamento di un milione di hard disk e laptop e di dieci milioni di magneti per automobili elettriche.
In Toscana a Rosignano, in provincia di Livorno, c’è l’Alpha Project di Solvay Chimica Italia sul riciclo dei metalli del gruppo del platino, utilizzato tra gli altri scopi negli elettrolizzatori per l’idrogeno, ovvero il platino stesso, il palladio, il rodio, il rutenio, l’iridio e l’osmio, materie prime critiche necessarie per l’industria della difesa e dell’aerospazio, l’elettronica, la mobilità elettrica e lo sviluppo delle energie rinnovabili. In particolare, platino e palladio (essenziale, tra l’altro, per la produzione di perossido di idrogenoacqua ossigenata) servono per realizzare i catalizzatori; rutenio e iridio vengono impiegati nell’elettronica
Il processo di recupero di materie prime critiche dai catalizzatori esausti alle batterie all’Alpha Project di Rosignano (LI).
e l’osmio, infine, si utilizza per strumenti chirurgici ed esperimenti scientifici. Anche la Toscana, dunque, sta dando il proprio contributo per l’approvvigionamento europeo delle terre rare. Con questo progetto, Solvay mira a raggiungere il 100% di circolarità, ridurre i tempi e i costi di lavorazione, minimizzare le perdite di palladio e migliorare la sua competitività globale. L’investimento consentirà di garantire una fornitura sicura di materiali critici per l’Europa, di rafforzare la posizione nel mercato della produzione delle terre rare e l’impegno verso operazioni responsabili ed efficienti.
A Cadoneghe, provincia di Padova in Veneto, ha sede Circular Materials, il cui progetto RECOVERIT consente di recuperare metalli critici (rame, nichel e platinoidi) dalle acque reflue industriali attraverso una tecnologia proprietaria. L’azienda si impegna a prevenire la dispersione di preziose risorse nell’ambiente fornendo processi e tecnologie innovative e sostenibili per recuperare e valorizzare metalli e critical raw materials disciolti nelle acque industriali. Viene prolungata quindi la vita utile degli elementi (metalli di transizione e metalli preziosi) mantenendo la
catena del valore, impedendo che risorse preziose vengano disperse nell’ambiente dopo l’enorme impatto estrattivo. Il sito produttivo fornisce un approccio unico per rendere semplice ed efficace il recupero dei metalli dai reflui industriali, proponendo una soluzione circolare unica nel suo genere e riutilizzando e valorizzando in loco il metallo recuperato per generare materia prima. Lo stabilimento ha un’efficienza del 99% ed è in grado di processare il refluo in flusso continuo, in modo totalmente automatico, per recuperare materia prima e acqua pulita. Il tutto tramite tecnologia brevettata e supportata dalla
Commissione Europea tramite l’European Innovation Council (EIC). La startup ha peraltro già fatto sapere di voler aprire altri cinque siti tra Francia, Germania, Spagna e Polonia, e un secondo in Italia nel 2026, puntando al recupero di tremila tonnellate di nichel e rame.
Dei quattro progetti italiani, il più controverso sembra essere quello della compagnia mineraria anglo-svizzera Glencore a Portovesme, frazione del comune di Portoscuso nel provincia del Sud Sardegna. Glencore, infatti, dopo una fase di crisi e di possibile chiusura del sito produttivo alla fine del 2023 (a causa delle incertezze autorizzative e delle tensioni con gli enti regionali), vorrebbe riconvertire la fonderia di zinco e piombo di Portovesme in uno stabilimento per il recupero di litio, nichel e cobalto dalle batterie delle automobili elettriche e dai dispositivi elettronici, ma anche per l’estrazione di rame e manganese. Il nuovo impianto e il piano da circa 400 milioni di euro dovrebbero essere pronti per il 2027 e il sito produttivo dovrebbe essere in grado di lavorare 50.00070.000 tonnellate l’anno di “massa nera” (black mass), così chiamata per via del colore dei materiali derivato dalla triturazione delle batterie esauste. Dalla black mass si estraggono quindi il litio, il cobalto e altri metalli che verranno riutilizzati in nuove batterie. La previsione aziendale è quella di produrre fino a 10.000 tonnellate di carbonato di litio, 14.000 di nickel, 2.000 di cobalto, 1.000 di rame e 700 di manganese. Rimarrebbe da risolvere la vertenza legata allo stop della linea zinco e piombo, determinato dagli alti costi energetici; sindacati e regione hanno chiesto alle istituzioni nazionali (MIMIT) di affrontare il tema e risolvere il problema energetico.
L’impianto dell’azienda Circular Materials a Cadoneghe (PD) in cui sarà realizzato il progetto RECOVERIT.
Il sito produttivo di Portovesme (SU) di proprietà della compagnia mineraria anglo-svizzera Glencore.
RICICLARE IL LITIO (E NON SOLO) PER SALVARE IL PIANETA
La rivoluzione verde di Amelie
di Marco Perugini (Ufficio Stampa ACI)
Secondo la Commissione
Europea, il fabbisogno di litio aumenterà di 57 volte entro il 2050, aggravando pesantemente il bilancio green del pianeta. Ogni batteria agli ioni di litio è infatti una miniera portatile al cui interno non c’è solo litio, ma anche altri elementi come cobalto, nichel e manganese che l’Unione Europea elenca tra le materie prime “critiche” a livello globale. A tutto ciò vanno poi aggiunti gli alti costi economici ed ambientali dell’estrazione del litio, soprattutto in termini di consumo intensivo di acqua e l’inquinamento di aree particolarmente fragili come plateaux andini e deserti.
Un progetto italiano stravolge l’approvvigionamento delle materie prime puntando sulla circolarità e la sostenibilità.
INVESTIMENTI RECORD
Prima ancora di estrarre e produrre, diventa quindi fondamentale raccogliere, riciclare e rigenerare le materie prime scartate o a fine vita, tagliando drasticamente il consumo di nuove risorse naturali. In quest’ottica risulta molto promettente il progetto Amelie (sigla di “New approaches to recovery criticAl MEtals from spent LIthium-
ions battEries”), scaturito dal partenariato MICS - Made in Italy Circolare e Sostenibile che conta 12 partner istituzionali e 13 marchi industriali, ed è finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca attraverso fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ad oggi, il MICS ha ricevuto oltre 125 milioni di euro (per il 90% da fondi PNRR e la restante parte da investimenti privati): la
somma più alta mai erogata per progetti di ricerca nell’ambito dell’economia circolare e sostenibile.
Il timone di Amelie è nelle mani dell’Università degli Studi di Brescia, che coordina il lavoro di 34 ricercatori provenienti anche dall’Università degli Studi di Padova e dai Politecnici di Torino, Milano e Bari. Gli obiettivi del progetto si raggruppano su tre filoni: sviluppare una filiera nazionale per il recupero dei metalli strategici da batterie al termine del ciclo vita; creare una fabbrica a “zero scarti” che rispetti gli obiettivi UE per il 2030; impiegare
materiali sostenibili anche per la produzione della grafite, minimizzando i costi e l’impatto ambientale.
TECNOLOGIA A MICROONDE
Il cuore di Amelie è una metodologia brevettata che sfrutta forni a microonde per trattare la “black mass”, ossia la miscela di materia derivante dall’anodo e dal catodo delle batterie esauste. Rispetto ai metodi tradizionali a base di acidi ad alto impatto ambientale, questo approccio presenta vantaggi sotto il profilo energetico (richiede tempi molto più rapidi: fino a 5 minuti a 600W), non comporta l’uso di reagenti chimici e recupera più dell’80% del litio, del cobalto e del nichel contenuti nelle batterie esauste, senza produrre scarti tossici a valle dei processi. In collaborazione con Italtel, Amelie mira anche allo sviluppo di un passaporto elettronico per ogni batteria, che a fine vita avrà così un’identità digitale a supporto della tracciabilità totale e della valorizzazione del materiale di recupero, garantendo al tempo stesso una gestione responsabile secondo principi trasparenti.
nell’approvvigionamento delle materie prime, creando una supply chain nazionale. Sotto il profilo ambientale, riduce le emissioni legate all’estrazione di metalli, tutelando la conservazione della biodiversità e lo sviluppo di una vera economia circolare. Nel sociale, infine, crea nuovi posti di lavoro qualificati nella ricerca, nell’industria e nella logistica, implementando le competenze digitali legate al tracciamento dei prodotti.
DAL RICICLO IL 20% DEL FABBISOGNO DI LITIO
Il mercato del riciclo delle batterie agli ioni di litio è in rapida crescita. Secondo un’analisi di Allied Market Research, il settore potrebbe superare i 38 miliardi di euro a livello globale entro il 2030, con un CAGR (tasso annuo di crescita composto) del 20–25%. Il fabbisogno europeo di litio, cobalto e nichel è oggi coperto quasi al 100% con importazioni da Cina, Repubblica Democratica del Congo, Cile ed Australia. Per fronteggiare i rischi derivanti dall’incertezza internazionale, l’Unione Europea ha stabilito con il Critical Raw Materials Act l’obiettivo di innalzare al 25% l’approvvigionamento da riciclo entro il 2030 ed Amelie
potrà contribuire in modo significativo a questo target. Secondo i dati MICS, il progetto riuscirebbe a coprire fino al 20% del fabbisogno nazionale di litio entro i prossimi cinque anni, evitando costose importazioni, sostenendo l’economia circolare locale e consentendo all’Italia di entrare in un settore strategico ad alta redditività.
PROTAGONISTA
ALL’EXPO DI OSAKA
Amelie è molto più di un’innovazione tecnologica: rappresenta una scommessa sul futuro dell’industria italiana, capace di coniugare sostenibilità ambientale, autonomia strategica e sviluppo economico. Sostenuto con risorse adeguate ed incardinato nelle politiche nazionali ed internazionali, potrà non solo recuperare materiali preziosi da una criticità ambientale crescente, ma anche generare ricchezza, lavoro e competenze per il futuro dell’Italia e dell’Europa. Non a caso Amelie è stato uno dei protagonisti all’Expo di Osaka 2025: ad aprile la prof.ssa Elza Bontempi dell’Università di Brescia che guida il team di 34 ricercatori ha illustrato il progetto al Padiglione Italia, alla presenza
anche del Vice Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Valentino Valentini.
VANTAGGI STRATEGICI
Le aziende italiane della filiera automotive e dell’energia potrebbero beneficiare di materie prime secondarie più economiche rispetto alle importazioni, una supply chain più stabile e sostenibile in linea con i requisiti ESG e l’accesso a tecnologie brevettate in grado di creare vantaggi sui mercati nazionali e mondiali.
L’industrializzazione del progetto Amelie genererà non solo nuovi posti di lavoro, ma nuove figure professionali qualificate: tecnici e operatori di impianti per il trattamento della black mass; esperti in data science e tracciabilità delle batterie (blockchain, IoT); ricercatori nel settore chimico e ambientale; manager per la sostenibilità e l’economia circolare.
Si stima che il settore del riciclo delle batterie possa generare fino a 20.000 nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2030.
SCENARI FUTURI
Entro i prossimi tre anni, il progetto Amelie potrebbe trasformarsi in un impianto industriale pilota e in un modello replicabile sul territorio: sarebbe il primo impianto europeo a microonde per il trattamento su larga scala della black mass e un punto di riferimento per il riciclo senza reagenti chimici in Europa. Ciò richiederebbe investimenti per decine di milioni di euro, con possibili ritorni già nel medio termine, a partire dal 2028. La tecnologia esplorata da Amelie può allargare i propri orizzonti ben oltre l’automotive, estendendo il campo di applicazione anche al riciclo dei rifiuti elettronici (RAEE), al trattamento dei catalizzatori industriali e dei rifiuti chimici, fino ad arrivare al recupero di grafite, terre rare e addirittura CO2₂ industriale.
In Primo Piano
Serve ora il salto di Amelie dal progetto alla fase industriale (immagini TGR Leonardo)
METODOLOGIA IRAP/EURORAP: I RISULTATI DELLE ISPEZIONI STRADALI ACI 2024
Focus su 62 km di strade in Friuli Venezia Giulia
di Alessia Grande (Coordinatrice Area Professionale Statistica ACI) e Stefano Rossi (Area Professionale Tecnica ACI)
Nel
2024 è proseguito con successo il progetto, secondo i protocolli iRAP/ EuroRAP, di ispezioni di sicurezza su alcune tratte stradali italiane, avviato dall’ACI insieme alla società FRED Engineering a partire dal 2021.
Di tale progetto la nostra rivista “Onda Verde” ha dato puntualmente conto nei precedenti numeri (vedi articoli pubblicati a pag. 12 su Onda Verde n. 41, pag. 19 su Onda Verde n. 44, pag. 18 su Onda Verde n. 46 e pag. 8 su Onda Verde n. 54).
In accordo con ANAS, nel corso del 2024 il progetto è stato implementato con nuove ispezioni condotte su circa 62 km di tratte stradali presenti nella Regione Friuli Venezia Giulia:
Individuazione dei livelli di rischio e contromisure concrete di prevenzione: così le analisi condotte dall’ACI aiutano ad incrementare la sicurezza.
• SS 54 “del Friuli” dal km 4+320 al km 13+850 (9,5 km) e dal km 15+950 al km 34+121 (18,2 km);
• SS 54 var “Variante di Cividale del Friuli” dal km 0+000 al km 2+410 e da innesto con la SS54 (km 13+850) presso rotatoria località Grupignano –innesto con la SS54 (km 15+950) presso Cividale –rotatoria viale Foramitti (2,1 km);
• SS 13 dal km 213+000 al km 228+881 (15,8 km) da Ugovizza al confine di stato con l’Austria;
• SS 55 dal km 2+922 al km 18+520 (15,6 km) dall’innesto con la SS14 racc, presso Sablici, a Gorizia.
LE CARATTERISTICHE DELLE TRATTE ANALIZZATE
La SS 54 rappresenta un collegamento fondamentale con la Slovenia; le tratte analizzate vanno dalla località di San Gottardo, nei pressi di Udine, alla località Grupignano e da Cividale del Friuli al confine di stato con la Slovenia; la SS 54 var costituisce una
variante alla SS 54, e collega le due località di Grupignano e Cividale del Friuli; la SS 13 consente il collegamento con l’Austria; la tratta analizzata si estende dalla località di Ugovizza al confine di stato con l’Austria stessa; la SS 55 costituisce un importante elemento di collegamento inter e intraregionale; la tratta analizzata parte dal raccordo con la SS 14, presso la località Sablici, e arriva fino alla rotatoria di Via Trieste, presso Gorizia, da dove si accede all’Autostrada Vilesse-Gorizia, che permette di raggiungere la Slovenia. Una prima analisi delle tipologie di incidenti rilevati nel triennio 2019-2022 (escludendo il 2020 causa pandemia) evidenzia una bassa
mortalità (6 morti complessivi nel triennio considerato) ma al contempo un’alta percentuale di incidenti con veicoli a due ruote a motore, il 21% del totale; è risultata altresì elevata anche l’incidenza di scontri con bici, oltre l’11% di incidenti complessivi nelle tratte ispezionate, nonostante si tratti di strade statali. In merito alla natura di incidente, gli scontri fronto-laterali e laterali hanno rappresentato la quota più alta, 32%, seguiti dalle fuoriuscite, quasi il 25%. Nella suddivisione delle tratte analizzate è emerso un numero elevato di feriti sulla SS 55, 42 feriti nei quasi 16 km di strada selezionati con 5 decessi, rispettivamente 2,7 feriti/km e 0,3 morti/km. L’unica ulteriore vittima è stata registrata nella tratta della SS 54 dal km 4,3 al km 13,85 con 24 feriti (0,1 morti/km e 2,5 feriti/km).
LIVELLI DI RISCHIO: LO STAR RATING
La valutazione è stata eseguita applicando i protocolli iRAP relativamente agli Star Ratings, che forniscono una stima semplice e obiettiva del livello di sicurezza offerto da una strada, al Fatality Estimation Mapping, che in sede di analisi elabora una stima dei morti e dei feriti gravi attesi su una rete stradale, e ai Safer Road Investment Plans (SRIP), che individuano proposte infrastrutturali efficaci ed economicamente sostenibili per ridurre il rischio di incidentalità.
I risultati sono restituiti attraverso una valutazione sintetica, lo Star Rating appunto, che fornisce, per i quattro gruppi di utenti della strada considerati (passeggeri degli autoveicoli, motociclisti, ciclisti e pedoni) una misura oggettiva del livello di sicurezza “intrinseco” della strada espressa in “stelle”: le strade a cinque stelle sono le più sicure mentre le strade a una stella sono quelle meno sicure.
dalla località di Ugovizza al confine di stato con l’Austria stessa. ▪ SS55 che costituisce un importante elemento di collegamento inter e intra regionale; la tratta analizzata parte dal raccordo con la SS14, presso la località
Sablici e arriva fino alla rotatoria di Via Trieste, presso Gorizia, da dove si accede all’Autostrada Vilesse-Gorizia, che permette di raggiungere la Slovenia.
In Figura 3 vengono illustrate le tratte esaminate.
Incidentalità 2019 - 2022 sulle tratte ispezionate
Valori assoluti
Incidenti 81
Incidenti mortali 5
Morti 6
Feriti 102
Incidenti 2ruote a motore 17
Incidenti merci 5
Incidenti bici e micromobilità 9
Scontro frontale 6
Scontro fronto/laterale scontro laterale 26
Tamponamento 14 Investimento pedoni 7
20
8
Le tratte stradali ispezionate nel 2024.
Figura 3 - Tratte esaminate
L’output finale riguarda la proposta di piani di investimento (SRIP) che tengano in conto la valutazione dell’efficacia di eventuali contromisure da realizzare per il miglioramento della sicurezza stradale.
finale | v01
Le strade esaminate presentano standard di sicurezza inadeguati per gran parte del loro percorso. Il livello di rischio registrato sulla SS 54 e SS 54 var risulta alto per tutte le categorie di utenti considerate. Questo è dovuto, tra l’altro, alle elevate
velocità di percorrenza, non compatibili con il contesto e con le caratteristiche della strada, e all’assenza di barriere di sicurezza lungo una parte considerevole del tracciato. Mancano, inoltre, percorsi dedicati per pedoni e ciclisti, che si vedono quindi costretti a condividere la carreggiata con il traffico motorizzato. Il 90% di questa tratta è valutata con un massimo di 2 stelle per gli occupanti degli autoveicoli, mentre per i motociclisti questa percentuale arriva al 95%; per tutte le categorie di utenti non vengono
mai superate le 3 stelle di valutazione. Per gli occupanti degli autoveicoli lo Star Rating è pari a 3 solamente per il 10% dei tratti esaminati e tale percentuale risulta ancora più ridotta per le altre categorie di utenti. Per quanto riguarda i pedoni, il 63% delle tratte in cui è prevista attività pedonale è classificato con una sola stella, il restante 37% con 2 stelle. Analogamente, il 49% delle tratte in cui è previsto un flusso di ciclisti è classificato con 1 stella e il 38% con 2 stelle.
A seguire, vengono mostrati in forma grafica i risultati dello Star Rating per ogni categoria di utente.
Rapporto
Tabella 6 - Risultati dello Star Rating per la SS54 ed SS54var
Risultati dello Star Rating per la SS 54 e SS 54 var
Engineering
I risultati dello Star Rating vengono illustrati in forma grafica nelle immagini riportate in seguito.
cui si svolge attività pedonale, lo Star Rating risulta pari a 3 per il 59% del tracciato e a 2 per il 41% restante. Nei tratti invece in cui è consentito il flusso dei ciclisti, per questa tipologia di utenti la tratta è valutata con 3 stelle per il 34% tracciato e con 2 stelle per il 66%. Anche in questo caso, nessun tratto risulta superiore alle 3 stelle per nessuna categoria di utenti.
Rating
2
Figura 10 - Star Rating per gli occupanti degli autoveicoli sulla SS13
Le immagini riportate in seguito illustrano in forma grafica i risultati dello Star Rating
6 Esempi di Star Rating
La tratta analizzata della SS 13 presenta un livello di rischio complessivamente più basso, tranne che per i motociclisti. Gli standard di sicurezza risultano accettabili per gli occupanti degli autoveicoli: per questa categoria di utenti
Le immagini riportate in seguito illustrano alcune sezioni delle tratte stradali ispezionate. In particolare, esse evidenziano quegli attributi che influenzano la valutazione dello Star Rating per le diverse categorie di utenti della strada. Gli attributi in rosso sono associati ad un livello di rischio elevato, quelli in giallo ad un livello di rischio medio e quelli in verde ad un livello di rischio moderato.
il 74% del tracciato presenta, infatti, uno Star Rating pari a 3. Per i motociclisti, invece, il livello di rischio risulta molto elevato, in quanto per quasi tutta la sua estensione il tracciato è caratterizzato da uno Star Rating pari a 1
o 2 stelle. Questo è dovuto principalmente alla presenza di curve di raggio modesto non correttamente segnalate e all’assenza di dispositivi di ritenuta progettati appositamente per questa categoria di utenti. Nei tratti in
Engineering
La tratta della SS 55 presenta un livello di rischio significativo per tutte le categorie di utente. I fattori che più incidono sul rischio sono le velocità operative –che tra il km 14+800 e il km 15+730 raggiungono i 105 km/h –, l’assenza di barriere di sicurezza e di strutture utili a garantire il transito sicuro di pedoni e ciclisti. Per gli occupanti degli autoveicoli lo Star Rating è pari o superiore a 3 per il 35% del tracciato; il 41% dell’intera tratta è classificato con 1 stella, il 24% con 2 stelle. Per i motociclisti la percentuale della tratta classificata 3 stelle si riduce significativamente, attestandosi al 15%; il 41% è classificato 1 stella e il 44% 2 stelle. Per gli utenti vulnerabili il livello di rischio risulta molto alto: quasi l’intera estesa, infatti, presenta per i pedoni uno Star Rating pari a 1 (97%). Per i ciclisti, il 42% dell’intera tratta è classificato con 1 stella e il 34% con 2 stelle.
dei motociclisti sulla SS 55 (a sinistra) e dei guidatori di autoveicoli sulla SS 13 (a destra).
Tabella 7 - Risultati dello Star Rating per la SS13
Figura 11 - Star Rating per i motociclisti sulla SS13
Tabella 8 - Risultati dello Star Rating per la SS55
gli occupanti degli autoveicoli sulla SS55
Risultati dello Star Rating per la SS 55
FRED Engineering
Figura 18 - Esempio di attributi che influenzano il rischio dei motociclisti lungo la SS55
Segnaletica parzialmente adeguata (assenza di delineatori di curva)
Barriera di sicurezza sul solo bordo dx della strada Banchina inferiore a 1m
Raggio di curvatura inferiore a 200 m FRED
Figura 21 - Esempio di attributi che influenzano il rischio degli occupanti degli autoveicoli lungo la SS13
Raggio di curvatura inferiore a 200 m
Barriera di sicurezza a bordo strada
Segnaletica verticale ed orizzontale adeguata
Delineatori di curva
Esempio di attributi che influenzano il rischio
che, allo stato
PIANI SOSTENIBILI DI INVESTIMENTO
Nelle valutazioni iRAP, i Safer Roads Investment Plans (SRIP) vengono prodotti direttamente dallo Star Rating. Essi costituiscono un elenco prioritario di contromisure finalizzate a migliorare lo Star Rating e ridurre i rischi legati all’infrastruttura. Il modello di iRAP consente l’analisi di più di 90 contromisure utili a generare dei piani di investimento sostenibili ed economicamente vantaggiosi che possono permettere di salvare vite umane e di ridurre i costi sociali associati all’incidentalità. Gli SRIP e la selezione delle relative contromisure si basano sul confronto, nel periodo di analisi, dei costi di implementazione e di manutenzione di ogni singola contromisura con la riduzione del costo dell’incidentalità ottenibile a partire dall’attuazione della contromisura stessa. Per poter essere inserite nello SRIP, le contromisure devono superare determinate soglie economiche e di efficienza, la più significativa delle quali è il rapporto benefici-costi (BCR). Per ogni tratta esaminata, sono stati predisposti e valutati tre scenari: lo scenario “base” contempla tutte le contromisure proposte dal software di elaborazione; lo scenario “light” considera le contromisure che implicano interventi di sola manutenzione dell’infrastruttura, ovvero non invasivi. Lo scenario “light+slow” è analogo allo scenario “light” ma, in aggiunta, prevede una riduzione delle velocità operative, che a valle dell’implementazione delle contromisure risulterebbero: non superiori a 75 km/h in extraurbano e a 55 km/h in urbano (da garantire principalmente attraverso l’intensificazione dei controlli, non essendo prevista l’ipotesi di ridurre i limiti di velocità).
▪ Non superiori a 70 km/h in ambito extraurbano.
▪ Non superiori a 50 km/h in ambito urbano.
SS 54 e SS 54 var: percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari SRIP (grazie all’implementazione delle contromisure)
In Figura 22 vengono confrontati i diversi scenari proposti, oltre quello allo stato attuale e denominato “baseline”, in termini di % di Star Rating superiore a 3 stelle per ogni categoria di utente.
FRED Engineering
Nello scenario “light+slow”, le condizioni dell’infrastruttura migliorano significativamente rispetto agli altri due scenari. Gli occupanti degli autoveicoli, infatti, godono di una valutazione pari o superiore a 3 per il 91% della tratta Per i motociclisti invece, si ha una valutazione pari a 3 per il 61% della tratta. Migliorano le condizioni di sicurezza anche per pedoni e ciclisti, laddove lo Star Rating è applicabile, seppure in maniera meno evidente rispetto alle altre due categorie di utenti. In particolare, la tratta esaminata presenta una valutazione pari a 3 per l’11% della tratta per i pedoni e pari o superiore a 3 per il 20% per i ciclisti.
In Tabella 10 vengono riportati il numero di morti e feriti e il rapporto costi-benefici che si ottiene con l’applicazione delle contromisure proposte da ViDA. Si può osservare come, a fronte di una differenza poco significativa in termini di numero di morti e feriti gravi evitati, lo scenario “light+slow” offra un BCR più elevato rispetto a quello “base” e quello “light”.
Star Rating not applicable
Risultati degli SRIP analizzati per la SS 54 e SS 54 var (periodo di analisi: 20 anni)
Tabella 10 - Risultati degli SRIP analizzati per la SS54 ed SS54 var (periodo di analisi: 20 anni)
Scenario
Figura 22 - Percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari SRIP (grazie all’implementazione delle contromisure) – SS54 ed SS54var Nello scenario “base” si ha un netto miglioramento per quanto riguarda gli occupanti degli autoveicoli Si raggiunge, infatti, uno Star Rating pari a 3 per il 57% della tratta analizzata. I motociclisti beneficiano anch’essi di un miglioramento, seppure di gran lunga inferiore rispetto agli occupanti dei veicoli. Per questa categoria di utenti, infatti, solamente il 12% della tratta raggiunge una valutazione a stelle pari a 3. Per i pedoni, lo Star Rating non è applicabile per il 51% dell’estesa, poiché la categoria stradale non ne consente la circolazione nei tratti extraurbani. Anche per i ciclisti lo Star Rating non è applicabile su gran parte dell’estesa (52%), non essendo previsti flussi significativi di questa particolare categoria di utenti. Tuttavia, sia per i pedoni che per i ciclisti, l’implementazione delle contromisure proposte da ViDA non è in grado di migliorare, rispetto allo stato attuale, le condizioni di sicurezza offerte dall’infrastruttura.
Morti/feriti gravi evitati
Valore attuale dei benefici [EUR] Costo stimato [EUR]
per morti/feriti gravi evitati [EUR]
In seguito, vengono riportate le principali contromisure per i diversi scenari ipotizzati.
GLI SCENARI DI INTERVENTO
Tabella 11 - Principali contromisure proposte per lo scenario "base" della SS54 e SS54var
Sulle tratte analizzate della
SS 54 e SS 54 var, lo scenario “base” riporta un netto miglioramento per quanto riguarda gli occupanti degli autoveicoli, raggiungendo Star Rating pari a 3 per il 57% della tratta analizzata. Anche i motociclisti beneficerebbero di un miglioramento, seppur molto inferiore rispetto agli occupanti dei veicoli. Per questa categoria di utenti, infatti, solamente il 12% della tratta raggiunge una valutazione a stelle pari a 3. Per i pedoni, lo Star Rating non è applicabile per il 51% dell’estesa, poiché la categoria della strada non ne consente la circolazione nei tratti extraurbani.
Contromisura Estesa Morti / feriti evitati
Anche per i ciclisti lo Star Rating non è applicabile su gran parte dell’estesa (52%), non essendo previsti flussi significativi di questa categoria di utenti. Tuttavia, sia per i pedoni che per i ciclisti, l’implementazione delle contromisure proposte dal software non è in grado di migliorare, rispetto allo stato attuale, le condizioni di sicurezza offerte dall’infrastruttura. Nello scenario “light” le percentuali rimangono pressoché invariate rispetto allo scenario “base”, con l’eccezione degli occupanti dei veicoli, per i quali si ottiene uno Star Rating pari a 3 per il 51% della tratta esaminata. Nello scenario “light+slow”, le condizioni dell’infrastruttura migliorano significativamente
attuale dei benefici (EUR)
rispetto agli altri due scenari. Gli occupanti degli autoveicoli, infatti, godono di una valutazione pari o superiore a 3 per il 91% della tratta; per i motociclisti invece, la valutazione pari a 3 per il 61% della tratta. Per i tratti in cui lo Star Rating è applicabile, migliorano le condizioni di sicurezza anche per pedoni e ciclisti, anche se in maniera molto meno evidente rispetto alle altre due categorie di utenti. In particolare, le tratte esaminate presentano una valutazione pari a 3 per l’11% della tratta per i pedoni e pari o superiore a 3 per il 20% per i ciclisti. Nella figura in alto vengono confrontati i diversi scenari ipotizzati in termini di percentuale di infrastruttura con una valutazione pari o superiore a 3 stelle.
Nello scenario “light” le percentuali rimangono pressoché invariate rispetto allo scenario “base”, con l’eccezione degli occupanti dei veicoli, per i quali si ottiene uno Star Rating pari a 3 per il 51% della tratta esaminata.
Il grafico a pagina 21 riporta un raffronto sintetico dei risultati ottenuti per ogni scenario in un periodo di 20 anni. Si nota come, a fronte di una differenza poco significativa in termini di vittime e feriti gravi evitati, lo scenario “ligh+slow” offra un BCR più elevato rispetto agli altri due scenari.
Per quanto riguarda la SS 13, lo scenario “base” assicura per l’intera tratta indagata uno Star Rating pari a 3 per gli occupanti dei veicoli.
Anche per i motociclisti si ha, rispetto allo stato di fatto, un netto miglioramento, giacché viene garantita una valutazione pari a 3 per il 74% dell’estesa. L’infrastruttura non risulta altrettanto sicura
FRED Engineering
per le altre categorie di utenti; ove applicabile, infatti, lo Star Rating risulta almeno pari a 3 per il 34% della tratta per i pedoni e pari a 3 per il 26% della tratta per i ciclisti. Considerando lo scenario “light” le percentuali rimangono circa le stesse di quelle relative allo scenario “base”, con lievi diminuzioni per quanto riguarda le categorie di utenti vulnerabili (pedoni e ciclisti).
Lo scenario “light+slow”, infine, conferma le percentuali offerte dallo scenario “base”, con dei miglioramenti significativi, tuttavia, per i motociclisti, per i quali si ottiene una valutazione pari a 3 per il 90% dell’estesa.
Nella tabella relativa alla SS 13 pubblicata qui sotto vengono confrontati i diversi scenari ipotizzati in termini di percentuale di infrastruttura con una valutazione pari o superiore a 3 stelle. Nella tabella è invece riportato un raffronto sintetico dei risultati ottenuti per ogni scenario in un periodo di 20 anni. Lo scenario “base” risulta il più efficace in termini di vittime e feriti gravi che si potrebbero evitare, a fronte di costi stimati per la realizzazione delle contromisure più alti.
Con riferimento alla SS 55, il criterio adottato per la selezione degli scenari è
SS 13: percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari SRIP (grazie all’implementazione delle contromisure)
In Figura 23 viene illustrato il confronto, in termini di percentuale di infrastruttura caratterizzata da una valutazione a stelle pari o superiore a 3, tra i diversi scenari ipotizzati
analogo a quello descritto nei casi precedenti, con la differenza che nello scenario “light+slow”, oltre alle consuete misure di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’infrastruttura, è stato ipotizzato di ridurre il limite di velocità da 90 a 70 km/h tra il km 14+800 e il km 15+730. Questa soluzione ha permesso, su questa tratta, di allineare le velocità operative con quelle che caratterizzano le altre tratte il cui limite di velocità è di 70 km/h. In questo caso lo scenario “base” offre dei miglioramenti significativi sia per gli occupanti dei veicoli che per i motociclisti; l’intera tratta, infatti, assicura una valutazione almeno pari a 3 per entrambe le categorie di utenti. Per i ciclisti i miglioramenti non risultano così netti, ma viene comunque garantito uno Star Rating pari a 3 per il 65% dell’estesa. I pedoni non trarrebbero particolari vantaggi dall’implementazione delle contromisure previste dallo scenario “base”, poiché solo il 35% della tratta esaminata fornisce uno Star Rating pari a 3 per questa categoria di utenti.
Rating not applicable
Figura 23 - Percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari di SRIP preparati (grazie all’implementazione delle contromisure) – SS13
FRED Engineering
Risultati degli SRIP analizzati per la SS 13 (periodo di analisi: 20 anni)
Tabella 15 - Risultati degli SRIP analizzati per la SS 13 (periodo di analisi: 20 anni)
Scenario Morti/feriti gravi evitati
Nello scenario “base” l’intera tratta indagata assicura uno Star Rating pari a 3 per gli occupanti dei veicoli. Anche per i motociclisti si ha, rispetto allo stato di fatto, un netto miglioramento, giacché viene garantita una valutazione pari a 3 per il 74% dell’estesa. L’infrastruttura non risulta altrettanto sicura per le altre categorie di utenti; ove applicabile, infatti, lo Star Rating risulta almeno pari a 3 per il 34% della tratta esaminata per i pedoni e pari a 3 per il 26% della tratta per i ciclisti.
attuale dei benefici [EUR]
Nello scenario “light” le percentuali rimangono circa le stesse di quelle relative allo scenario “base”, con delle lievi riduzioni per quanto riguarda le categorie di utenti vulnerabili (pedoni e ciclisti).
Nelle tabelle riportate in seguito vengono illustrate le principali contromisure associate ai diversi scenari di progetto.
22
Nello scenario “light+slow”, infine, si torna alle percentuali offerte dallo scenario “base”, con dei miglioramenti significativi, tuttavia, per i motociclisti, per i quali si ottiene una valutazione pari a 3 per il 90% dell’estesa.
Nello scenario “light” le percentuali si riducono per tutte e quattro le categorie considerate. Gli occupanti dei veicoli traggono maggiore beneficio dalla realizzazione dello scenario; per il 92% della tratta, infatti, si ha uno Star Rating almeno pari a 3. Per i motociclisti, la riduzione è più marcata e la valutazione è di 3 stelle per il 59% dell’estesa. Per pedoni e ciclisti, nei tratti in cui lo Star Rating è applicabile, non si arriva quasi mai ad una valutazione pari a 3. Le condizioni offerte dallo scenario “light+slow” per gli occupanti degli autoveicoli e i motociclisti sono analoghe a quelle ottenute nello scenario “base”. Per ciclisti e pedoni, invece, le
Tabella 16 - Principali contromisure proposte per lo scenario " base" della SS13
In Tabella 15 è possibile osservare il numero di morti e feriti, nonché costi e benefici ottenibili a valle dell’implementazione delle diverse contromisure proposte da ViDA. Lo
per luglio-agosto 2025
Morti / feriti
attuale dei
percentuali di estesa con Star Rating almeno pari a 3 sono significativamente più basse (13 e 38% rispettivamente). Dall’analisi degli SRIP (tabella a fianco), emerge come lo scenario “base” sia quello che eviti il maggior numero di morti e feriti. Lo scenario “light+slow”, a fronte di un’efficacia minore in termini di vittime e feriti gravi evitati, offre un valore di BCR significativamente più elevato.
Nel complesso, implementando le infrastrutture con le contromisure proposte negli SRIP per le intere tratte stradali in esame, si stima che, a seconda dello scenario scelto, nei prossimi 20 anni si potrebbero prevenire:
• per la SS 54 e SS 54 var, dagli 11 ai 13 morti/ feriti gravi, per un costo complessivo di investimenti variabile tra 880.000 e 1.140.000 euro;
• per la SS 13, dai 13 ai 17 morti/feriti gravi, con un investimento complessivo variabile tra 855.000 e 1.320.000 euro;
• per la SS 55, dai 98 ai 176 morti/feriti gravi, ad un costo complessivo variabile tra 2.890.000 e 13.100.000 euro.
Le contromisure proposte più frequentemente in tutti e tre gli scenari analizzati sono: la zebratura centrale (central hatching), l’installazione di bande sonore (rumble strips), misure di moderazione del traffico (traffic calming), l’installazione di barriere di sicurezza (roadside barriers) e la rimozione degli ostacoli sul bordo della carreggiata (clear roadside hazards). Va notato, tuttavia, che l’implementazione delle contromisure non sempre consente di raggiungere una valutazione di almeno 3 stelle per le varie categorie di utenti.
SS 55: percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari SRIP (grazie all’implementazione delle contromisure)
FRED Engineering
Star Rating not applicable
Figura 24 - Percentuale di strada classificata a 3 o più stelle allo stato attuale (baseline) e nei tre scenari di SRIP preparati (grazie all’implementazione delle contromisure) – SS55
Risultati degli SRIP analizzati per la SS 55 (periodo di analisi: 20 anni)
Tabella 20 - Risultati degli SRIP analizzati per la SS 55 (periodo di analisi: 20 anni)
Lo scenario “base” offre dei miglioramenti significativi sia per gli occupanti dei veicoli che per i motociclisti; l’intera tratta, infatti, assicura una valutazione almeno pari a 3 per entrambe le categorie di utenti. Per i ciclisti i miglioramenti non risultano così netti, ma in ogni modo viene garantito uno Star Rating pari a 3 per il 65% dell’estesa. I pedoni non trarrebbero particolari vantaggi dall’implementazione delle contromisure previste dallo scenario “base”, poiché solo il 35% della tratta esaminata fornisce uno Star Rating pari a 3 per questa categoria di utenti.
Nello scenario “light” le percentuali si riducono per tutte e quattro le categorie considerate Gli occupanti dei veicoli traggono maggiore beneficio dalla realizzazione dello scenario; per il 92% della tratta, infatti, si ha uno Star Rating almeno pari a 3. Per i motociclisti, la riduzione è più marcata, la valutazione è di 3 stelle per il 59% dell’estesa. Per pedoni e ciclisti, nei tratti in cui lo Star Rating è applicabile, non si arriva quasi mai ad una valutazione pari a 3
Nelle tabelle riportate in seguito è possibile osservare le principali contromisure selezionate per i vari scenari proposti.
Contromisure proposte nel caso di una specifica tratta della SS 54 ispezionata
Le condizioni offerte dallo scenario “light+slow” sono analoghe a quelle offerte dallo scenario “base” per occupanti degli autoveicoli e motociclisti. Per ciclisti e pedoni, invece, le percentuali di estesa con Star Rating almeno pari a 3 sono significativamente più basse (13 e 38% rispettivamente).
Tabella 21 - Principali contromisure proposte per lo scenario "base" della SS 55
• Installare dei limiti di velocità in prossimità dell'intersezione;
• installare segnaletica verticale e migliorare le condizioni di quella orizzontale in corrispondenza dell'intersezione;
• rimuovere alberi e altri ostacoli fissi dislocati lungo il margine della carreggiata;
• installare marciapiedi e attraversamenti, in modo che i pedoni possano raggiungere la fermata dell'autobus in condizioni di sicurezza;
Rapporto finale | v01
• prevedere delle misure di rallentamento del traffico in prossimità dell'intersezione.
non
in condizioni di sicurezza.
In Figura 26 viene illustrato un tratto della SS13 che
un
Dall’analisi degli SRIP (Tabella 20), emerge come lo scenario “base” sia quello che eviti il maggior numero di morti e feriti. a fronte di un’efficacia minore in termini di vittime e feriti gravi evitati, offre un valore di BCR significativamente più elevato.
di
di
▪ Prevedere delle misure di rallentamento del traffico in prossimità dell’intersezione.
di rischio
per gli occupanti degli autoveicoli e per i motociclisti (per pedoni e ciclisti la valutazione non è applicabile). Con l’applicazione dello scenario “light+slow”, non si è riusciti ad incrementare lo Star Rating, il che è dovuto a: Presenza di diverse curve di raggio ridotto ravvicinate
▪ Presenza di un elemento rigido sul lato del passeggero, a una distanza inferiore a 1
FRED Engineering
Figura 25 - Esempio di attributi
CORSI VOLONTARI DI FORMAZIONE PER I MOTOCICLISTI EUROPEI
Impara, guida, divertiti e ripeti!
di Antida Aversa (Ufficio Mobilità e Sicurezza Stradale ACI)
Lo scorso aprile, all’inizio della bella stagione, l’Associazione europea dei costruttori di motociclette (ACEM) – che rappresenta i maggiori produttori di ciclomotori, motocicli, tricicli e quadricicli - e la Federazione Internazionale di Motociclismo (FIM) - organismo di governo internazionale dello sport motociclistico e promotore globale del motociclismohanno lanciato la campagna europea “Learn – Ride – Enjoy – Repeat” (Impara – Guida –
Al via dallo scorso aprile la campagna promossa da ACEM e FIM per ridurre gli incidenti sulle due ruote favorendo una guida più consapevole e sicura.
Divertiti – Ripeti), finalizzata ad incoraggiare i motociclisti, principianti ed esperti, a seguire corsi di formazione volontari di alta qualità. Partendo dalla considerazione che l’uso delle due ruote a motore rappresenta una modalità di spostamento per milioni di persone in
Europa e che vari studi hanno dimostrato come il fattore umano sia il principale responsabile degli incidenti stradali, la campagna mira a promuovere una guida più consapevole e sicura, stimolando nei motociclisti europei il desiderio di iscriversi a programmi di
formazione post-patente certificati, per accrescere le loro conoscenze, competenze ed esperienze e così godersi la moto in modo più sicuro e responsabile.
Gli studi finora condotti suggeriscono infatti che molti incidenti motociclistici potrebbero essere prevenuti o il loro impatto notevolmente ridotto se i motociclisti affinassero la loro percezione del pericolo e la capacità di interpretare e di anticipare il traffico per evitare situazioni potenzialmente pericolose,
oltre a migliorare le proprie abilità motorie essenziali per una guida in sicurezza. Il miglioramento del livello di sicurezza dei motociclisti, attraverso una formazione continua di alta qualità, è quindi una fondamentale priorità che consentirebbe di ottenere il massimo beneficio da tutti i vantaggi offerti dall’uso delle moto, come mezzo di mobilità per i singoli individui e per la società in generale, contribuendo inoltre al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza dell’Unione Europea, verso la Vision Zero.
UN PILASTRO PER LA SICUREZZA
La campagna promossa da ACEM e FIM si basa sul successo dell’European Motorcycle Training Quality Label, l’iniziativa che promuovendo corsi di formazione post-patente di alta qualità in tutta Europa ha ricevuto nel 2019 l’European Road Safety Award, come riconoscimento del relativo contributo al miglioramento della sicurezza stradale. Sebbene esistano molti buoni programmi di formazione in tutta Europa, questo marchio evidenzia i corsi che promuovono pratiche di guida sicure e che soddisfano specifici criteri orientati alla sicurezza (come la presenza di istruttori qualificati e di metodologie di formazione efficaci), aiutando i motociclisti a identificare i migliori programmi di formazione post-patente presenti nei propri paesi, erogati da scuole di formazione che hanno superato valutazioni rigorose. Antonio Perlot, Segretario Generale dell’ACEM, ha così commentato la nuova iniziativa “l’European Motorcycle Training Quality Label è un pilastro fondamentale della strategia di sicurezza dell’industria motociclistica. La formazione volontaria offre ai motociclisti
l’opportunità di migliorare ulteriormente le proprie competenze, accrescere la consapevolezza del traffico e sviluppare comportamenti di guida strategici. L’ACEM è fiduciosa che questa campagna renderà le strade europee più sicure per i motociclisti, contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza dell’UE e alla costruzione di una cultura della sicurezza stradale inclusiva, a vantaggio di tutti”.
Jesper Christensen, Direttore della Commissione Mobilità
della FIM, per parte sua ha aggiunto: “Guidare una moto è conveniente e piacevole, offrendo una sensazione di libertà. Tuttavia, i motociclisti devono essere consapevoli dei potenziali rischi stradali e riconoscere i pericoli specifici dei veicoli a due ruote. La FIM è impegnata a promuovere una formazione volontaria di alta qualità e contiamo pienamente sui nostri partner europei e nazionali per amplificare la portata e l’impatto della campagna. Questa campagna dimostra ancora una volta l’importanza degli sforzi
collettivi dell’industria e delle organizzazioni dei motociclisti per un motociclismo più sicuro e sostenibile”.
Tra le diverse associazioni dislocate nei vari Paesi europei, che hanno aderito alla campagna, sono compresi anche l’European Transport Safety Council (ETSC) e la Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA), delle quali ACI è membro. In Italia la campagna è promossa da ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) e dalla Federazione Motociclistica Italiana.
Qui e nella pagina a fianco due momenti dei corsi di guida volontari proposti dalla campagna ACEM - FIM.
EMERGENZA
CONDUCENTI PROFESSIONALI: L'ANALISI DELL'IRU
Una crisi strutturale che frena l’Europa
di Stefania Spaziani (Data Analyst ACI Informatica)
N el cuore delle economie europee si agita una crisi silenziosa ma profonda: mancano autisti professionali. Dai camionisti ai conducenti del trasporto pubblico locale (TPL), la carenza di personale è diventata un collo di bottiglia strategico per la logistica delle merci e la mobilità dei cittadini.
Secondo l’ultimo Global Truck Driver Shortage Report 2024 dell’IRU (International Road Transport Union) risultano vacanti 3,6 milioni di posizioni da autista in 36
Indagine dell’IRU in 36 Paesi del mondo che rappresentano il 70% del PIL globale. In Europa mancano 426.000 conducenti pari al 12% del fabbisogno totale stimato.
Paesi monitorati, il 7% del fabbisogno globale. L’indagine copre 36 Paesi che rappresentano il 70% del PIL mondiale e conferma la natura strutturale della crisi nel settore dell’autotrasporto, con ricadute economiche e sociali di portata globale. In molti Paesi coinvolti nello studio,
oltre la metà delle aziende segnala gravi difficoltà nel reperire conducenti: la situazione appare particolarmente critica in Europa, dove il 70% delle imprese lamenta carenze, in Messico (67%), in Argentina (44%) e in Australia (43%).
In Europa si regista una carenza di 426 mila autisti
pari al 12% del fabbisogno totale soprattutto in Germania, Polonia, Italia e Spagna e si prevede nel 2028 un raddoppio dei numeri, fino ad arrivare ad una carenza di 745 mila conducenti pari al 17% del totale.
Nodo aggiuntivo si dimostra anche l’invecchiamento della forza lavoro: oltre il 31,6% degli autisti attualmente in attività ha infatti più di 55 anni, mentre i giovani sotto i 25 rappresentano appena il 6,5% del totale. Con una media anagrafica così elevata, molti conducenti andranno
Figure 21. How much difficulty are trucking companies having to fill driver positions due to driver shortages?
Figure 22. Share of companies facing severe or very severe difficulties filling driver positions due to driver shotages
Rispetto al 2023, si registrano dinamiche differenziate. In Argentina e in Messico le difficoltà sono diminuite, grazie a evoluzioni economiche che hanno probabilmente incentivato l’ingresso di nuovi lavoratori nel settore. In Europa, Turchia e Uzbekistan, invece, la situazione è rimasta pressoché invariata, consolidando una tendenza già evidenziata l’anno precedente. L’Uzbekistan continua a rappresentare un’eccezione nel panorama globale: solo il 18% delle aziende riporta difficoltà elevate nel reclutamento di conducenti, un dato significativamente più basso rispetto agli altri Paesi. In questo caso, la professione mantiene un buon livello di attrattività grazie a salari elevati e a costi di formazione contenuti.
Fonte IRU, Global Truck Driver Shortage Report 2024
in pensione entro i prossimi 5-10 anni. Senza interventi strutturali il fenomeno della carenza rischia di aggravarsi ulteriormente. Nei prossimi cinque anni, si prevede che 3,4 milioni di camionisti andranno in pensione nei
paesi oggetto di indagine. Ulteriore aspetto critico, oltre alla carenza e all’invecchiamento della forza lavoro, riguarda infine la scarsa presenza femminile tra i conducenti di autobus e pullman in Europa, ferma al
12%, ben al di sotto del 22% di donne impiegate nell’intero settore trasporti e soprattutto del 45% della popolazione lavorativa attiva femminile. Questa discrepanza segnala un potenziale bacino di forza lavoro inutilizzato,
che potrebbe contribuire in modo significativo a colmare la carenza, se accompagnato da politiche di inclusione mirate.
Questo squilibrio generazionale e di genere riflette una problematica più profonda: la professione dell’autista appare oggi poco attrattiva agli occhi dei giovani, spesso percepita come faticosa, poco valorizzata e difficile da conciliare con una vita privata stabile. Le condizioni operative –turni impegnativi, scarso riconoscimento sociale, retribuzioni poco competitive – contribuiscono a disincentivare il ricambio generazionale.
In Italia, questa situazione è poi aggravata da una burocrazia piuttosto complessa, tempi lunghi per conseguire le patenti professionali, nonché costi elevati e scarsa valorizzazione professionale.
LE RAGIONI
DELLA CRISI
La crisi fin qui descritta, occorre subito chiarire, non appare giustificata dalla retribuzione e dalla soddisfazione per la professione. IRU in proposito ha collaborato con Truckfly di Michelin per intervistare 1.100 camionisti in sette importanti mercati europei. Da tale indagine è emerso che gli stipendi medi dei camionisti sono superiori del 30-135% rispetto al livello base del costo della vita in tutte le regioni e che il 57% dei camionisti è soddisfatto del proprio lavoro, dichiarandosi “molto o estremamente soddisfatto”. Solo il 18% si dichiara abbastanza o molto insoddisfatto.
I conducenti britannici, francesi e italiani sono i più soddisfatti. I giovani conducenti sotto i 25 anni rappresentano la fascia di
Source: Share of female truck drivers: IRU 2024 survey of trucking companies 2024 except for the United States (US Bureau of Labor Statistics—NAICS 484 Truck transportation); Share of female transport employees: ILOSTAT 2024 for US, Australia, ILOSTAT 2023 for Türkiye, Argentina, Mexico, ILOSTAT 2020 for Uzbekistan, EUROSTAT 2023 for Europe; Share of female employees: ILOSTAT 2024 for US, Australia, ILOSTAT 2023 for Türkiye, Argentina and Mexico, ILOSTAT 2020 for Uzbekistan, ILOSTAT 2010 for China, EUROSTAT (LFSA_EGAN2) 2023 for Europe.
Difficoltà a reperire autisti professionali
Distribuzione autisti per genere donna 2024
Figure 52. Gender representation in 2024
Fonte IRU, Global Truck Driver Shortage Report 2024
età con i più alti livelli di soddisfazione sul lavoro. In Italia il 17% dichiara di essere estremamente soddisfatto (13% la media europea) e il 45% molto soddisfatto (44% la media europea).
Note: Response to the question: “Overall, how satisfied are you with your job?”
The “Europe” bar shows the average of country results weighted by the number of truck drivers in each country
Source: Truck driver 2024 survey by IRU and Truckfly by Michelin. Eurostat 2022, Labour Force Survey 20240321_ R18813_1_20240321 _160652_ESTA61229_ 04_AA extracted 21/03/2024 (Heavy truck and Lorry drivers)
Quali sono allora le barriere all’accesso alla professione? Il percorso per diventare autista professionale non è uguale ovunque: le barriere all’ingresso nella professione variano sensibilmente da Paese a Paese, influenzando la capacità del settore di attrarre nuovi lavoratori. Dall’analisi comparativa contenuta nel Report dell’IRU 2024 emergono cinque ostacoli principali:
1. l’età minima superiore ai 18 anni;
2. i costi elevati per ottenere patente e qualifiche;
3. le difficoltà nel reclutare autisti stranieri;
4. la burocrazia legata al rilascio dei titoli abilitanti;
5. la scarsità di centri formativi o corsi disponibili.
Nel contesto europeo, le principali barriere che ostacolano l’accesso alla professione di autista sono i costi elevati per ottenere la patente e la qualifica professionale e le difficoltà nel reclutamento di conducenti stranieri, entrambe considerate barriere significative. A queste si aggiungono due ostacoli di livello moderato: l’età minima superiore ai 18 anni e la scarsa disponibilità di percorsi formativi adeguati. Sorprende invece che la burocrazia e la lentezza nel rilascio dei titoli abilitanti non vengano percepite, nella media europea, come un fattore rilevante. Un dato che potrebbe riflettere una media continentale, ma che non tiene conto delle differenze nazionali, come nel caso dell’Italia, dove le procedure amministrative sono spesso citate dagli operatori come uno dei principali freni all’ingresso nella professione.
Notes:
5.2 Access to the profession
5.2.1 Barriers to access the profession
Table 1 presents the main barriers to entering the profession across various countries. Most of these barriers are seen as moderate to
significant, further underscoring the challenges people face to enter the truck driving profession.
Notes: 1. Costs are very high, but trucking companies usually cover such costs.
1. Costs are very high, but trucking companies usually cover such costs.
2. In Mexico, the minimum age to drive internationally is 21, but it is not a significant barrier to attracting young people. In addition to the minimum age, there is a maximum age to drive a truck in Italy and Türkiye (67 years old, temporarily increased to 69 in Türkiye in 2021 due to the pandemic but is still applicable).
2. In Mexico, the minimum age to drive internationally is 21, but it is not a significant barrier to attracting young people. In addition to the minimum age, there is a maximum age to drive a truck in Italy and Türkiye (67 years old, temporarily increased to 69 in Türkiye in 2021 due to the pandemic but is still applicable).
3. The broader issue here is soaring inflation rather than the qualification costs themselves.
4. A growing lack of instructors.
5. The big issue is obtaining Schengen visas for drivers driving to Europe.
3. The broader issue here is soaring inflation rather than the qualification costs themselves.
4. A growing lack of instructors.
6. Costs are below the monthly cost of living and the profession is attracting a lot of young people. Additionally, many companies are paying for driver training.
7. The issue here is the lack of capacity to train enough drivers to compensate for the ones immigrating to other countries.
5. The big issue is obtaining Schengen visas for drivers driving to Europe.
Source: IRU and national road transport associations
6. Costs are below the monthly cost of living and the profession is attracting a lot of young people. Additionally, many companies are paying for driver training.
7. The issue here is the lack of capacity to train enough drivers to compensate for the ones immigrating to other countries.
Livello complessivo di soddisfazione lavorativa degli autotrasportatori nel 2024
Fonte IRU, Global Truck Driver Shortage Report 2024
Figure 70. Overall truck driver job satisfaction level in 2024
Principali
IRU, Global Truck Driver Shortage Report 2024
Truck Driver Shortage Report
Table 1. Main barriers to entering the profession, by country
LE SOLUZIONI POSSIBILI
Affrontare la crescente carenza di autisti nel trasporto merci e nel TPL richiede una strategia integrata che combini riforme normative, interventi strutturali e innovazione tecnologica.
Una delle risposte più significative è arrivata dall’Unione Europea, che nel 2024 ha avviato un’importante riforma della Direttiva Patenti, con l’obiettivo di facilitare l’accesso alla professione, soprattutto da parte dei più giovani e dei lavoratori provenienti da Paesi terzi. Le novità riguardano l’età minima per la guida professionale, l’introduzione della patente digitale e il riconoscimento delle patenti extra-UE, contribuendo a rendere il settore più aperto e moderno (vedi box qui a fianco).
Servono interventi su più fronti: incentivi economici; percorsi formativi mirati per attrarre nuove leve; valorizzazione sociale del lavoro di conducente, anche attraverso il miglioramento delle condizioni; politiche di inclusione, per aumentare la presenza femminile e migliorare il benessere lavorativo; semplificazione del reclutamento internazionale, tramite accordi bilaterali e percorsi rapidi per il riconoscimento delle qualifiche professionali. Guardando al futuro, la transizione tecnologica si configura come una leva potenziale per ridisegnare il settore attraverso l’adozione di tecnologie digitali, per ottimizzare la gestione delle flotte, ridurre il carico operativo e aumentare la sicurezza.
Aziende estere come Einride e Aurora, inoltre, stanno già sperimentando veicoli a guida autonoma su tratte pubbliche, mentre i profili occupazionali del settore tenderanno
a evolversi: meno guida, più supervisione remota, manutenzione e gestione tecnologica.
Tuttavia, la piena adozione della guida autonoma resta ancora lontana: sono necessari investimenti infrastrutturali, norme armonizzate a livello internazionale e soprattutto
piani di riconversione professionale per i lavoratori attuali.
Serve dunque una risposta sistemica, capace di tenere insieme politiche del lavoro, formazione, inclusione e innovazione.
L’IRU ha lanciato il programma “Green Compact” per guidare il settore verso
la neutralità carbonica entro il 2050. Ma senza autisti, nessuna strategia green o digitale potrà funzionare. La sfida demografica e professionale, come ribadisce l’IRU, deve essere affrontata ora, con urgenza e con misure strutturali e condivise a livello europeo. Senza autisti, l’Europa si ferma.
Nel 2024 l'Unione Europea ha avviato una riforma strategica delle regole sulla patente e nel maggio 2025 ha compiuto un passo decisivo: la Commissione Trasporti del Parlamento Europeo ha approvato l'accordo provvisorio sulla revisione della Direttiva Patenti, già convalidato dal Consiglio. Si tratta di un segnale politico forte che recepisce le richieste del settore trasporti, puntando ad affrontare in modo strutturale la carenza di autisti e a promuovere una mobilità più moderna e digitale. Tra i principali elementi della riforma:
• Chiarezza sull'età minima per la guida professionale: sarà possibile guidare mezzi pesanti già a 18 anni, se in possesso del Certificato di Competenza Professionale (CPC); per autobus e pullman l'età minima resta fissata a 21 anni.
• Guida accompagnata dai 17 anni: gli Stati membri potranno introdurre programmi obbligatori o facoltativi di guida accompagnata per le patenti di categoria B, C, C1 e C1E, aumentando la sicurezza e l'esperienza dei giovani.
• Patente digitale entro il 2030: verrà introdotto un modello armonizzato di patente digitale, integrato nel Portafoglio Digitale Europeo, pur mantenendo la possibilità di richiedere una versione fisica. Questo semplificherà i controlli e la mobilità tra Stati membri.
• Apertura ai veicoli a carburanti alternativi: chi è titolare di una patente B potrà guidare veicoli passeggeri e commerciali fino a 4,25 tonnellate alimentati da combustibili alternativi, rispondendo alle esigenze della transizione green.
• Verso il riconoscimento delle patenti extra-UE: sarà creato un quadro normativo comune per facilitare il riconoscimento delle patenti di guida di Paesi terzi, semplificando le procedure. Tuttavia, resta irrisolta la questione cruciale del riconoscimento delle qualifiche professionali degli autisti extracomunitari, senza il quale non possono essere assunti da operatori europei.
Come ha dichiarato Raluca Marian, direttrice della divisione EU Advocacy dell'IRU, "l'approvazione odierna conferma il forte sostegno politico a un sistema più moderno, sicuro e accessibile per tutti i conducenti, anche professionali". La riforma, una volta formalmente adottata dal Parlamento in plenaria e dal Consiglio, dovrà essere recepita dagli Stati membri entro un periodo che varia dai 4 ai 6 anni.
Rappresenta un'opportunità concreta per migliorare l'attrattività del settore, a patto che venga accompagnata da investimenti in formazione, valorizzazione del lavoro e diritti contrattuali.
Focus riforma europea
I NUOVI DATI ICCT SUL MERCATO TRUCK UE NEL PRIMO TRIMESTRE 2025
Una strada in salita per il camion alla spina
di Paolo Benevolo
R addoppia nel primo trimestre del 2025 la quota di mercato degli autocarri leggeri e medi ad emissioni zero venduti nell’Unione Europea, che raggiunge un massimo storico del 18% rispetto al totale delle prime immatricolazioni di veicoli commerciali compresi tra 3,5 e 12 tonnellate, con 1.653 nuove unità operative su strada (erano 929 nel primo trimestre del 2024, pari ad un quota di mercato dell’8%).
Un inizio d’anno in apparenza assai promettente
Elettrico in crescita sul mercato UE ma per pesanti e lunghe percorrenze il primato resta all’endotermico, rinnovato e sempre più efficiente.
per il comparto dei truck elettrici in Europa, come documenta l’ultimo rapporto pubblicato lo scorso giugno dall’International Council on Clean Transportation (ICCT), ma che analizzando meglio i dati di mercato costringe a ridimensionare gli entusiasmi dei fautori europei del “full electric”.
Occorre anzitutto sottolineare, infatti, che lo specifico comparto degli autocarri leggeri e medi nel primo trimestre 2025 ha rappresentato solo il 12% dell’intero mercato europeo dei veicoli pesanti (HDV, autobus compresi).
Ma ancora più rilevante risulta il fatto, ben evidenziato nel
rapporto ICCT, che nel periodo preso in esame un solo Paese europeo - i Paesi Bassi - ha fatto registrare un aumento record di vendite di autocarri leggeri e medi ad emissioni zero, con 510 nuove unità a trazione elettrica, pari all’83% di tutti gli autocarri tra le 3,5 e le 12 tonnellate venduti e quasi tre volte superiore al totale venduto nell’intero 2024. Dato quest’ultimo che spinge a riflettere non solo sulle profonde differenze che caratterizzano i diversi mercati nazionali europei, ma anche sul peso tutt’altro che
indifferente che sulle scelte di acquisto esercitano le politiche assunte a livello locale: nella fattispecie l’introduzione in 15 Comuni dei Paesi Bassi di rigorose area urbane “zero emission” a partire dal 2025. “Le vendite nella maggior parte degli altri Paesi sono rimaste stagnanti”, precisa quindi il rapporto ICCT, “ad eccezione dell’Italia, dove la quota di veicoli a zero emissioni ha raggiunto il 17% nel primo trimestre del 2025, in aumento rispetto al 6% del primo trimestre del 2024”.
IL NODO CRITICO DEL LUNGO RAGGIO
Situazione decisamente più complessa per gli autocarri che superano le 12 tonnellate, che nel primo trimestre di quest’anno hanno rappresentato il 77% del mercato complessivo dei veicoli HDV (autobus compresi).
Sempre guardando ai dati pubblicati a giugno da ICCT la crescita delle vendite di truck pesanti a zero emissioni nel primo trimestre di quest’anno risulta assai poco pronunciata: 849 veicoli venduti pari solo all’1,5% del mercato (58.000 il totale delle nuove unità >12 t vendute nell’Unione Europea tra gennaio e marzo 2025), seppure in leggero aumento rispetto ai 750 nuovi veicoli e alla quota di mercato dell’1,0% raggiunti nel primo trimestre del 2024.
Da aggiungere, come prosegue il rapporto ICCT, che tale incremento “è dovuto in gran parte all’aumento delle vendite in Francia, dove la quota di mercato è passata dallo 0,7% al 2,2% nello stesso periodo”.
Se pertanto la crescita delle trazioni elettriche anche in questo specifico comparto appare progressiva e incontrovertibile, come
attestano i dati annuali di vendita, soprattutto a partire dal 2023, l’abbandono dei tradizionali veicoli con motore a combustione interna sembra tutt’altro che scontato. Veicoli, questi ultimi, che continuano ad attirare l’interesse di chi deve percorrere lunghe distanze con carichi consistenti e che le case costruttrici continuano a perfezionare, riducendone emissioni, costi di gestione e performance, come documentano gli esempi riportati negli articoli che seguono.
E non ultimo, da tenere in attenta considerazione, il contributo offerto al trasporto lungo raggio dalla disponibilità di sempre più efficaci alternative di alimentazione “green” grazie all’utilizzo di innovativi carburanti di nuova generazione interamente prodotti da fonti rinnovabili. A partire da questo mese di
luglio gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 15% si dovranno applicare alla maggior parte dei nuovi truck pesanti venduti nell’UE-27, conclude il rapporto ICCT, “è possibile che le vendite di camion pesanti a zero emissioni aumentino nel terzo trimestre per adeguarsi. Ma questi obiettivi non si applicheranno ai nuovi camion leggeri e medi né agli autobus e ai pullman fino al 2030”. La transizione all’elettrico nel settore del trasporto merci (diversamente da quanto accade per il trasporto passeggeri) è dunque destinata a procedere, seppure non a passo di carica e senza evidenti ostacoli, ma gli innumerevoli appelli al principio di neutralità tecnologica nel perseguire gli obiettivi europei di neutralità climatica trovano oggi piena giustificazione a fronte del reale andamento del mercato.
Figure 3.2
Figure 2.1
UE27: vendite truck > 12
Fonte: International Council on Clean Transportation (ICCT), giugno 2025
Il diesel si rinnova nel nome dell’efficienza
di Paolo Agostino
Autisti e carburante sono notoriamente le voci di spesa più importanti per un autotrasportatore, piccolo imprenditore o grande flotta che sia.
Al contempo la transizione energetica, per la verità oggi meno di ieri, sembra aver decretato la fine dei motori endotermici, anche se con quali tempi è sempre meno chiaro.
Queste due considerazioni sottolineano la coraggiosa scelta di MAN Truck & Bus che, in uno scenario ancora
Consumi di carburante ridotti fino al 4% grazie soprattutto alla recente driveline D30 PowerLion rendono il truck MAN nuovo punto di riferimento del settore.
così incerto, non ha esitato ad affrontare un importante investimento per consegnare al mercato un motore diesel completamente nuovo, il D30, completato dal cambio automatizzato TipMatic a 14 rapporti, due in più di quelli finora conosciuti. Il tutto completato da un
ulteriore e importante iniezione di tecnologia al servizio dell’autista, del suo comfort di guida e della sua sicurezza, nonché di alcuni significativi interventi in fatto di design finalizzati a migliorare l’aerodinamica del veicolo e, di conseguenza, contribuire a ridurre i
consumi di carburante e le connesse emissioni di CO2. Assicurare alle aziende di trasporto la massima redditività, mantenendo sempre alta l’attenzione alle esigenze degli autisti e alla sicurezza di tutti gli utenti della strada, è dunque il principio che sta alla base del nuovo MAN TGX 18.520 D30 PowerLion Model Year 2025 che abbiamo provato su strada lo scorso maggio, affrontando il traffico ordinario come in un normale giorno di operatività.
RISULTATI DA RECORD
Per mettere alla prova il nuovo MAN TGX 18.520 D30
PowerLion abbiamo scelto un percorso autostradale che è certamente il suo futuro principale terreno d’azione. Poco più di 370 km che alternano due tratti tendenzialmente pianeggianti e due invece impegnativi per affrontare la salita al passo della Cisa.
Abbiamo anche scelto di separare le rilevazioni dei quattro step, così da avere un dato preciso della performance del veicolo in ogni specifica situazione, con il risultato finale dato dalla somma dei litri consumati e dalla media delle prestazioni nei quattro parziali.
Proprio il risultato finale è la conferma che il nuovo MAN TGX 18.520 D30
PowerLion costituisce un’importante evoluzione nel mondo del trasporto merci “endotermico”, al punto da diventare di forza un nuovo punto di riferimento per l’intero settore.
La performance è di per sé molto chiara e non avrebbe neppure bisogno di essere commentata: oltre 6 km/l nel tratto pianeggiante, poco meno di 3 km/l sulla Cisa, per un consumo medio ben oltre i 4 km/l che fino a pochi anni fa
Nota: pneumatici trattore Continental Con Efficienty Pro ant. 385/55 R22.5 post. 315/70 R22.5 e pneumatici rimorchio Michelin X Line Energy 385/65 R22.5
erano visti come un miraggio. Certamente il merito di questi notevoli risultati va ascritto anche all’oculata scelta del rapporto al ponte di 2,53, ideale per un uso misto come la geografia italiana impone, che permette al TGX di viaggiare a 80 km/h con un regime di rotazione bassissimo: solo 845 giri/min; a questo si aggiunge che il minimo è di soli 500 g/min.
Tutto serve per risparmiare gasolio. Senza dimenticare i tanti accorgimenti aerodinamici che di certo offrono importanti contributi. Un’ultima annotazione: il consumo di AdBlue è stato di 8,96 litri, quindi circa il 10% di quello del gasolio, anche questo un ottimo dato considerando anche i bassissimi livelli di emissioni del nuovo D30.
IMPRESSIONI DI GUIDA
Consumi ma anche comfort e sicurezza dell’autista si era detto all’inizio e quindi ecco che alla prova viene messo tutto quello è stato allestito attorno alla nuova driveline. Anche in questo caso il MAN TGX 18.520 D30 PowerLion è promosso a pieni voti: il comfort di viaggio è assoluto
Cockpit ergonomico, ampia visibilità, efficace isolamento acustico e spazi strutturati per il massimo comfort i plus della cabina del MAN TGX MY
anche grazie alla speciale incapsulatura del motore che riduce sensibilmente il rumore in cabina, adesso più che mai a livello di una lussuosa berlina. L’efficienza e la sicurezza garantita dalle telecamere e dai monitor interni non la scopriamo certo adesso, ma non possiamo che restare piacevolmente sorpresi per il funzionamento del nuovo cambio MAN 14.33 TipMatic con tutta l’elettronica sviluppata in casa MAN: oltre alle 14 marce che garantiscono sempre un rapporto ideale, il passaggio da una marcia all’altra è davvero impercettibile, rapido e sempre appropriato, così l’autista può concentrarsi sulla strada.
A tutto questo si aggiunge l’eccellente supporto garantito dal cruise control con Predictive Drive ancora più evoluto nel software per un’azione ancora più tempestiva nel “dare” potenza prima della salita e sfruttare l’abbrivio quando ci si avvicina allo scollinamento. Una nota di merito anche al freno motore, ulteriormente migliorato, più reattivo e deciso nell’azione, in particolare efficacemente morbido quando è usato in combinazione con il MAN BrakeMatic. Come se non bastasse la sua azione è ulteriormente supportata da nuovo Retarder (optional ma sul veicolo in prova c’era) che nello stadio massimo genera una coppia frenante di 4.700 Nm, e garantiamo che si sentono tutti.
In conclusione, driveline a parte, il MAN TGX 18.520 Model Year 2025 non è solo un restyling del modello precedente, ma a tutti gli effetti un nuovo truck in grado di soddisfare le necessità del trasporto merci in un complesso momento di transizione verso un futuro più sostenibile, sia in termini di impatto ambientale sia, come richiede da sempre il settore, in termini di redditività, comfort di guida e sicurezza.
Il design esterno ha visto un affinamento del flusso d’aria che lambisce il veicolo riducendo le fessure che favorirebbero la formazione di vortici, con significative ricadute sull’abbattimento dei consumi e delle emissioni di CO2, oltre che un’ulteriore valorizzazione estetica del veicolo.
Come ogni nuovo modello, il MAN TGX Model Year 2025 promette, grazie soprattutto alla nuova catena cinematica D30 PowerLion, una riduzione del consumo di carburante, e quindi anche delle emissioni di CO2, fino al 4%.
Tutto ruota attorno al nuovo motore D3066, in breve D30, sei cilindri in linea di 12,7 litri, che non è azzardato definire uno dei motori per veicoli industriali più avanzati al mondo. Ampia la gamma di potenze in sei diverse tarature da 380 a 560 CV per una coppia che varia da 2.100 a 2.800 Nm, tutte accoppiate alla nuova generazione di cambi MAN TipMatic 14.
L'efficienza di questo nuovo motore, progettato da zero per sostituire gli apprezzati D26 e D15, è nell'efficace combustione con doppio post-trattamento dei gas di scarico SCR: grazie all'interazione con l'agente riducente (urea), i due catalizzatori SCR disposti in serie sono in grado di ridurre in modo affidabile le emissioni grezze di NOX al di sotto del valore limite di 0,46 g/kWh prescritto da Euro 6. Questa elevata efficienza si traduce in un valore di consumo di 169 g/kWh ed un rendimento superiore al 50%.
Una menzione merita anche il freno motore ad alte prestazioni CRB dove è possibile configurare la valvola a farfalla sullo scarico standard che, in via opzionale, può essere sostituita dal Compression Release Brake (CRB) come freno motore ad alte prestazioni. L'ulteriore apertura delle valvole di scarico alla fine del ciclo di compressione porta la potenza frenante del motore da 200 kW (valvola a farfalla sullo scarico) a 355 kW (CRB). La potenza frenante del CRB è richiamabile gradualmente dal conducente e con MAN BrakeMatic è regolata in modo continuo.
Completa la nuova driveline il cambio MANTipMatic 14 a 14 rapporti che garantisce un'ottima fruibilità grazie a marce adeguate in tutte le condizioni di guida, con conseguente riduzione del consumo di carburante. Il software della centralina elettronica
è stato sviluppato da MAN con tempi di innesto brevi e quindi un'interruzione minima della trazione e una ridotta perdita di potenza grazie alla sua elevata efficienza. Altre caratteristiche: elevata coppia frenante (4.700 Nm) con il retarder e velocità di manovra molto ridotte.
Non fanno strettamente parte della driveline, ma sono altrettanto importanti, i nuovi freni a disco ad azionamento pneumatico dotati di dischi ventilati internamente che, grazie alla loro perfetta cessione del calore, garantiscono una potenza frenante elevata e duratura e, grazie al sistema di ritorno delle pastiglie, minori perdite ed usure per attrito.
La nuova catena cinematica D30 PowerLion
NUOVE SOLUZIONI VOLVO PER RIDURRE LA RESISTENZA AERODINAMICA DEI TRUCK
Meno consumi ed emissioni ispirandosi ad aerei e F1
di Paolo Agostino
Una maggiore efficienza nel consumo di carburante che può arrivare fino al 7% rispetto ad un analogo modello della generazione precedente. Così il nuovo truck Volvo FH Aero, al di là delle brillanti prestazioni della sua catena cinematica e della sua rinnovata cabina aerodinamica (fattori che sono valsi all’FH Aero l’assegnazione dell’ambito riconoscimento 2025 Green Truck Award), è ora in grado di offrire alle aziende di autotrasporto un’ulteriore importante vantaggio per
Discrete ma di forte impatto le modifiche apportate alla cabina del nuovo FH Aero permettono di ridurre di un ulteriore 2% consumi di carburante ed emissioni di CO2.
contenere il costo complessivo di proprietà del veicolo, il cosiddetto “Total Cost of Ownership” (TCO) che rappresenta da sempre un criterio basilare nelle decisioni di investimento degli operatori del settore. Un vantaggio aggiuntivo, fruibile a prescindere dal tipo di alimentazione del
truck (elettrico, diesel o gas), che è stato ottenuto dal costruttore svedese grazie alla recente introduzione di soluzioni innovative per contrastare la resistenza dell’aria, ispirate tanto all’industria aerospaziale quanto alle vetture da corsa di Formula Uno e alle turbine eoliche. Tecnologie
appositamente sviluppate per sfruttare al massimo le potenzialità dell’aerodinamica ai fini di un’ottimizzazione dell’efficienza dei consumi dei veicoli pesanti. Stabilizzatori del flusso d’aria della cabina, estensioni su spoiler, fender laterali cabina e minigonne del telaio modificate sono le nuove soluzioni sviluppate da Volvo, “discrete ma potenti che fanno la differenza per l’aerodinamica”, come sottolinea lo stesso costruttore nella nota stampa inviata il 12 maggio scorso per annunciare
le significative modifiche apportate all’FH Aero di ultima generazione.
“Grazie a questi accorgimenti”, puntualizzano i responsabili Volvo, “l’autonomia, il consumo di carburante e le emissioni di anidride carbonica possono essere migliorati fino al 2%, oltre alle efficienze già raggiunte”, portando dunque fino al 7% l’incremento complessivo dell’efficienza del nuovo Volvo FH Aero rispetto al suo predecessore. Le nuove caratteristiche, ad eccezione degli stabilizzatori del flusso d’aria della cabina, sono peraltro disponibili in varie combinazioni non solo per i modelli FH e FH Aereo, ma anche per il Volvo FM, a vantaggio di tutte le aziende interessate all’acquisto di veicoli pesanti a basso consumo, indipendentemente dal tipo di alimentazione prescelta (elettrico, diesel o gas).
Come ha commentato Jan Hjelmgren, Head of Product Management di Volvo Trucks: “Tutto il tempo trascorso nelle simulazioni e nella galleria del vento ha dato i suoi frutti: con queste nuove modifiche alla cabina, aggiungiamo ulteriori miglioramenti all’aerodinamica dello scorso anno, che andranno a vantaggio dei nostri clienti”
IL PRINCIPIO
1+1 = 3
L’aggiunta più significativa, tra quelle introdotte sui nuovi truck a marchio Volvo, è rappresentata dagli stabilizzatori del flusso d’aria della cabina, situati agli angoli superiori della stessa, accanto al parabrezza. Grazie a uno schema accuratamente progettato, composto da piccole pale oblique, questi stabilizzatori controllano e ottimizzano il flusso dell’aria intorno agli angoli della cabina.
“Gli angoli superiori della cabina sono estremamente critici per l’aerodinamica”, ha
spiegato in proposito Anders Tenstam, Senior Technology Expert Aerodynamics di Volvo Trucks, “ma grazie al nostro nuovo sistema di monitoraggio con telecamera siamo stati in grado di accedere a nuove potenzialità in quest’area, utilizzando piccole palette per controllare il flusso d’aria su scala micro, creando un effetto su scala macro. Queste conoscenze ci permetteranno inoltre di introdurre altri concetti aerodinamici in futuro”. Gli stabilizzatori del flusso d’aria della cabina, inoltre, non solo migliorano l’aerodinamica nella parte anteriore del veicolo, ma contribuiscono anche a creare le condizioni per due ulteriori aggiornamenti: i fender laterali estesi di 50 mm per ridurre lo spazio tra la cabina e il rimorchio e le minigonne del telaio modificate per creare un migliore allineamento con il parafango posteriore. “Queste tre nuove caratteristiche”, evidenzia in conclusione la nota stampa Volvo, “si completano a vicenda secondo il principio 1+1 = 3, che significa che l’impatto positivo complessivo è maggiore della somma dei singoli benefici di ciascun componente”.
Il nuovo modello FH Aero di Volvo si candida dunque a rappresentare la prova concreta di quanto l’aerodinamica possa essere d’impatto per migliorare l’efficienza dei consumi dei veicoli pesanti dotati di una moderna cabina di camion. Grazie all’estensione della cabina di 24 cm e all’introduzione delle diverse modifiche introdotte per ridurre la resistenza aerodinamica, infatti, i miglioramenti in termini di risparmio di carburante offerti dal nuovo FH Aero risultano decisamente significative, soprattutto considerato l’elevato chilometraggio di un mezzo pesante destinato a percorrere tratte a lungo raggio.
Gli stabilizzatori del flusso d’aria della cabina del Volvo FH Aero e l’estensione su spoiler e fender laterali per ridurre lo spazio tra cabina e rimorchio.
SCANIA
+ Potenza e - Carburante
il Super 11 eleva l’efficienza
di Paolo Agostino
Disponibile per l’acquisto già a partire dagli inizi di giugno sbarca sul mercato l’ultima innovazione prodotta del costruttore Scania in fatto di sistemi di propulsione: il nuovo motore Super 11, che ambisce a contrassegnare un livello superiore di prestazioni e flessibilità nel segmento dei motori da 11 litri, con occhio molto attento alle più attuali esigenze di tutela dell’ambiente.
Posizionato tra le consolidate piattaforme di motori da 9 litri e da 13 litri, il Super 11 si presenta anzitutto come un motore compatto, leggero,
Risparmio di carburante fino al 7%, ingombro compatto e peso ottimizzato i plus del motore Scania da 11 litri per la logistica urbana e regionale.
appositamente progettato per ottimizzare le prestazioni in ogni tipo di applicazione. Pur condividendo l’85% della sua architettura e dei suoi componenti con il collaudato motore Super 13, il che ne garantisce robustezza e modularità avanzata, il nuovo motore Scania da 11 litri è stato alleggerito, risparmiando 85 kg rispetto al
13 litri. Un risparmio di peso che, unitamente al design compatto, si traduce in un significativo vantaggio per gli operatori di trasporto, in quanto consente di aumentare i carichi utili nelle operazioni in cui proprio il peso è un fattore critico, senza compromettere potenza, efficienza nei consumi o affidabilità.
Rispetto all’attuale motore Scania da 9 litri, invece, il Super 11 è in grado di offrire una efficienza nei consumi migliorata nell’ordine del 7%, come dichiarato dalla casa costruttrice, che lo pone in vetta alle classifiche di settore in termini di risparmio di carburante.
Infine, nonostante si tratti ancora una volta di un motore a combustione interna, in funzione della sua compatibilità con carburanti alternativi quali HVO e FAME il Super 11 consente alle aziende di autotrasporto di ridurre le emissioni di gas
serra senza dover investire in nuove infrastrutture. Una soluzione, dunque, che nel difficile e incerto processo europeo di transizione energetica supporta sia gli obiettivi operativi che quelli di sostenibilità a lungo termine. Come ha pertanto sintetizzato Ayyoob Zarmehri, Product Manager, Trucks Sales and Marketing di Scania: “Questo motore apre nuove possibilità per un trasporto efficiente dal punto di vista energetico e conveniente. È più leggero, più snello e più flessibile, pur mantenendo la robustezza e l’affidabilità che contraddistinguono Scania. È quindi una scelta smart per gli operatori che devono bilanciare prestazioni, carico utile e sostenibilità nel loro lavoro quotidiano”.
L’INNOVAZIONE
SOTTO LA SUPERFICIE
Il Super 11, disponibile in tre livelli di potenza - 350 CV (1.800 Nm), 390 CV (2.000 Nm) e 430 CV (2.200 Nm) - presenta diversi miglioramenti chiave, frutto di anni di test di innovazioni tecniche (guarda il video). Il nuovo motore è infatti dotato della tecnologia Cam Phaser di Scania per la fasatura variabile delle valvole, che controlla il flusso d’aria in ingresso e in uscita da ciascun cilindro, ottimizzando la gestione termica del processo di combustione. Il sistema brevettato di dosaggio dell’AdBlue Turbo Dosing, inoltre, inietta l’urea anche direttamente nel turbocompressore, garantendone una nebulizzazione ottimale e un migliore assorbimento, con conseguente riduzione dei consumi.
A ciò si aggiungono un nuovo software del motore e alberi di bilanciamento per ridurre le vibrazioni, oltre al robusto freno ausiliario Variable Valve Brake (VVB), con potenza fino a 344 kW (optional) o 230 kW (standard).
Il tutto si traduce in un motore più efficiente che offre un’esperienza di guida fluida e confortevole e che, grazie a una coppia maggiore a regimi più bassi, migliora non solo controllo e reattività, ma anche la sua longevità.
Non ultimo, gli intervalli di manutenzione sono fino al 30% più lunghi rispetto ai motori
Scania da 9 litri in caso di utilizzo di olio motore LDF-5, il che aiuta a migliorare l’uptime e ridurre i costi di assistenza.
UN MOTORE PIÙ APPLICAZIONI
Il consistente risparmio di carburante e il peso ottimizzato, come afferma il costruttore svedese, sono già di per sé argomenti convincenti a favore delle credenziali di sostenibilità del nuovo Scania Super 11. Ulteriore aspetto da considerare si conferma però l’ampia flessibilità di utilizzo del nuovo motore, in grado di offrire prestazioni ottimali in molte applicazioni di trasporto, dalla logistica urbana al trasporto regionale. Compatto, leggero e potente il Super 11 è infatti progettato per un’ampia gamma di operazioni di trasporto, quali:
• trasporto con cassone ribaltabile e alla rinfusa;
• trasporto di carburante e merci voluminose;
• raccolta rifiuti e trasporto a temperatura controllata;
• merci varie;
• scarrabile e pianale con gru;
• autopompe e mezzi antincendio.
“Il motore Super 11 rappresenta la prossima generazione di trasporto smart”, ha commentato in conclusione Ayyoob Zarmehri, “perché combina il meglio dell’ingegneria Scania con l’efficienza e l’adattabilità richieste dagli operatori di oggi. Che si tratti di percorsi urbani o più lunghi, questo motore è costruito per garantire prestazioni impeccabili, chilometro dopo chilometro”.
SUMMIT UITP 2025 DI AMBURGO (15-18 GIUGNO 2025)
Un festival globale della mobilità urbana
di Paolo Benevolo
Amburgo capitale mondiale del trasporto pubblico. Dal 15 al 18 giugno scorso la città anseatica, secondo centro urbano più popoloso della Germania dopo la capitale Berlino e sede di uno dei porti commerciali più importanti del mondo, ha ospitato l’edizione 2025 del Summit annuale della UITP, l’associazione che con oltre 1.900 membri in 100 Paesi riunisce e collega in una rete globale tutti gli attori del trasporto pubblico e tutte le modalità di trasporto sostenibile.
Un Summit di prestigio che ha preso i toni di un vero e proprio “festival della mobilità urbana” per tutti i delegati e i partecipanti, anche grazie alla presenza di una vasta area espositiva coperta di 30.000 mq nella quale hanno trovato posto le più recenti innovazioni di prodotto e le più moderne tecnologie destinate a rafforzare il ruolo indispensabile del trasporto collettivo per una mobilità realmente sostenibile e inclusiva.
Ad attestare il successo dell’evento ospitato ad Amburgo bastano pochi numeri: 10.000 presenze e ben 262 giornalisti provenienti da quasi 30 Paesi, 108 Stati nazionali rappresentati dai propri delegati UITP, 401 autorevoli espositori da 40 Paesi e 223 relatori da 50 Paesi, con oltre 230 tra workshop e sessioni congressuali in programma durante il Summit.
Oltre 10.000 presenze e 401 espositori provenienti da tutti i Paesi del mondo hanno ribadito il ruolo centrale del TPL nell’innovazione per la sostenibilità.
ESSERE PRONTI AL CAMBIAMENTO
Un messaggio forte quello lanciato quest’anno dai vertici UITP ad Amburgo: il trasporto pubblico ha come obiettivo prioritario quello di rafforzare l’empowerment delle persone e costruire un futuro resiliente, ma le occasioni più importanti continuano ad arrivare e il settore deve essere pronto a recepire ogni novità e renderla un’opportunità per compiere ulteriori passi in avanti. Al di là delle soluzioni esemplari già adottate in molte città - in primis Amburgo - per offrire agli utenti servizi sempre più efficaci ed inclusivi, e al di là delle complesse
questioni di sostenibilità, ambientale ed economica, in discussione a livello mondiale e che coinvolgono direttamente anche il ruolo del TPL, proprio la capacità di affrontare l’innovazione e il cambiamento, a fronte del rapido incedere del progresso tecnologico, si delinea infatti come sfida principale a cui tutti gli operatori del settore sono oggi chiamati a rispondere. Un nuovo “impegno hitech” mirato non solo a migliorare la qualità della vita e il benessere economico, sostenendo e promuovendo il trasporto sostenibile nelle aree urbane di ogni parte del mondo, ma anche a rendere il TPL protagonista e volàno
della rivoluzione digitale e dell’innovazione tecnologica. Nel complesso, come dichiarato dalla stessa UITP a consuntivo delle quattro giornate del Summit di Amburgo, “i partecipanti hanno portato via con sé il messaggio che il futuro è un’opportunità per un impatto positivo creativo e che tutti in questo contesto dovremmo abbracciare l’idea di essere changemaker”. Senza tuttavia tralasciare le problematiche relative allo sfruttamento degli strumenti finanziari disponibili per uno sviluppo infrastrutturale a lungo termine, in linea con la rapida e costante crescita dei centri urbani e le conseguenti rinnovate dinamiche della domanda di mobilità individuale. Problematiche a cui il Summit 2025 ha riservato ampio spazio in apposite sessioni di approfondimento e discussione.
Rinnovate infine le cariche sociali e ribadita in particolare l’importanza dei servizi integrati e dell’armonizzazione dei sistemi, la UITP ha dato appuntamento a tutti gli associati e agli operatori interessati a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, per il prossimo Summit 2026, lanciando un appello alle città di ogni parte del mondo affinché si facciano promotrici di una mobilità sostenibile e inclusiva in occasione della Giornata Mondiale del Trasporto Pubblico, annunciata per il giorno 17 aprile 2026 dalla riconfermata presidente UITP, Renée Amilcar.
SUMMIT UITP 2025 DI AMBURGO (15-18 GIUGNO 2025)
“Mentalità digitale”per il futuro del TPL
Le innovazioni tecnologiche stanno trasformando rapidamente la mobilità urbana e questo presenta sia nuove sfide sia nuove opportunità per il settore del trasporto pubblico (TPL). Utilizzare al meglio la tecnologia per ottimizzare le operazioni, ridurre i costi, abbattere le emissioni e, in definitiva, dar seguito nel modo più estensivo ai valori della sostenibilità è oggi un must per tutte le aziende di TPL, al quale il Summit UITP ha riservato quest’anno particolare attenzione. I quattro giorni di workshop e convegni ospitati dal 15 al 18 giugno alla Fiera di Amburgo hanno infatti offerto occasione a esperti e professionisti del TPL mondiale di approfondire le nuove problematiche che si prospettano per il settore a seguito del forte impatto del progresso tecnologico sui sistemi di trasporto collettivo e sull’intera organizzazione della mobilità, soprattutto nelle grandi città.
Dall’intelligenza artificiale (AI) alla sicurezza informatica, dalla gestione dei dati ai sistemi intelligenti di biglietteria, dall’assistenza digitale agli utenti all’ottimizzazione dei consumi energetici delle flotte elettrificate fino alle sperimentazioni nell’ambito della guida autonoma, i numerosi argomenti affrontati dagli esperti hanno contribuito a definire orizzonti e linee d’azione strategiche affinché le innovazioni tecnologiche possano esplicare le proprie potenzialità a vantaggio dell’efficienza, della sicurezza e dell’inclusività dei servizi di TPL.
Il tutto senza dimenticare il fondamentale punto di riferimento del TPL: l’utente
finale, che nel trasporto collettivo deve poter riconoscere un’alternativa al mezzo privato efficace, affidabile e di facile accesso. Punto di riferimento da non perdere mai di vista, come ha spiegato a chiare lettere il General Manager di OC Transport (primaria agenzia di TPL nella città di Ottawa, in Canada) Renée Amilcar, riconfermata ad Amburgo alla presidenza della UITP per il triennio 2025-2027, che in merito si è così espressa: “Il passeggero deve essere sempre al centro di tutto ciò che facciamo. Qualsiasi sviluppo tecnologico deve
essere implementato per soddisfare le esigenze del passeggero, non per ostacolarle. Le applicazioni di AI stanno progredendo rapidamente. Oggi vengono utilizzate principalmente per supportare l’analisi dei dati e la modellazione predittiva. Molte aziende di TPL in tutto il mondo utilizzano già la potenza di questi strumenti per rendere i servizi più sicuri, efficienti e confortevoli per i passeggeri e la manutenzione più predittiva e meno costosa. Esistono dunque enormi opportunità per migliorare il modo in cui ci spostiamo e per offrire informazioni e
servizi migliori ai passeggeri. La mobilità come servizio (Mobility-as-a-Service), la mobilità on-demand e la biglietteria intelligente sono sviluppi che stanno ampliando l’offerta per i nostri passeggeri. Ma dobbiamo anche assicurarci che questi ultimi non vengano lasciati indietro dall’espansione del mondo digitale”.
GESTIONE DATI E SISTEMI “MAAS”
IL TPL può diventare una piattaforma per promuovere una positiva trasformazione della
La piattaforma digitale che raccoglie tutti i dati di mobilità urbana sviluppata dalla città di Amburgo.
società, ma questo richiede anzitutto una costruttiva azione per trarre maggiori vantaggi dall’immensa mole di dati che vengono raccolti quotidianamente dagli operatori e dalle amministrazioni locali. Un concetto ribadito più volte nel corso delle sessioni di dibattito organizzate da UITP e ben sintetizzato nelle parole del CEO di Alstom, Henri Poupart-Lafarge: “Generiamo gigabyte di dati ogni giorno. I passeggeri desiderano aggiornamenti in tempo reale e i dati aiutano anche gli operatori a ottimizzare i propri servizi e attrarre investimenti. I dati sono pertanto vitali a ogni livello, dall’esperienza dei passeggeri alla pianificazione e al finanziamento delle reti”. Parole a cui hanno fatto riscontro quelle del CEO di Transdev, Thierry Mallet, che ha evidenziato come l’attuale frammentazione normativa e l’inaccessibilità di molti sistemi ostacolino attualmente la realizzazione di strutture collaborative in grado di aprire le porte all’innovazione “in tempo reale”, essenziale tanto per agevolare gli utenti quanto per rafforzare l’efficienza operativa delle aziende.
“Troppo spesso i dati sono bloccati in sistemi proprietari”, ha affermato in proposito Mallet, “per scalare l’innovazione dobbiamo quindi collaborare con governi e organismi internazionali come l’UITP per standardizzare e rendere accessibili i dati, offrendo interfacce di programmazione aperte”. Particolare attenzione, in questo contesto, riveste la creazione dei c.d. sistemi “MaaS” (Mobility-as-aService), che raccolgliendo l’offerta di TPL in un’unica piattaforma digitale consentono agli utenti di pianificare, prenotare e pagare più tipi di servizi di mobilità, favorendo l’intermodalità e incentivando una proficua collaborazione tra i diversi fornitori. Una rivoluzione digitale che migliora l’efficienza dei servizi offerti, rendendoli più comodi da usare per i passeggeri e finanziariamente più vantaggiosi da gestire per le aziende.
Esemplare in tal senso l’esperienza condotta nella città di Amburgo, dove già a partire dal 1967 è stato possibile unire i numerosi operatori di trasporto
urbano in un unico sistema di tariffazione e biglietteria, arrivando a proporre oggi una app MaaS che centralizza tutte le opzioni di mobilità collettiva, incluso il noleggio dei veicoli in sharing e la fornitura di informazioni in tempo reale sulla posizione degli autobus. App che trova fondamento in una più complessa e strutturata piattaforma digitale sviluppata dall’amministrazione locale per la raccolta e l’analisi di tutti i dati disponibili sulla mobilità urbana, facendo uso delle più moderne applicazioni di AI.
Se digitalizzazione e AI offrono dunque rilevanti opportunità per migliorare i servizi e soddisfare le esigenze in continua evoluzione dei passeggeri e se, per altro verso, sfruttare tutta la potenza dei dati può portare a operazioni e pianificazioni più “smart”, nonché finanziariamente più convenienti, resta di fatto che ogni nuovo segmento di infrastruttura digitale si dimostra anche un elemento particolarmente vulnerabile agli attacchi informatici. E questo, come da più parti evidenziato durante il Summit di Amburgo, non
perché le aziende di TPL siano prese di mira in modo specifico per il loro ruolo, ma a causa della loro ancora insufficiente preparazione sui temi della cybersecurity. Formazione del personale, discipline di sicurezza, buoni principi di gestione dei progetti e dati attentamente protetti fanno pertanto parte dei più recenti standard e regolamenti che gli esperti di sicurezza informatica nel TPL hanno approfondito nelle apposite sessioni di dibattito che si sono svolte durante il Summit UITP.
MOBILITÀ AUTONOMA PROSSIMA VENTURA
Nuove opportunità e nuove sfide tecnologiche in primo piano. Ma il TPL è pronto anche per l’implementazione su larga scala di veicoli automatizzati? La domanda è stata inevitabilmente posto al centro della discussione, considerati gli sviluppi delle tecnologie di guida autonoma nel settore automotive.
L’impatto della mobilità autonoma merita infatti una attenta riflessione in tutto il settore del TPL, dispiegandosi dall’uso pratico dell’automazione negli autobus e nei tram a ciò che questo comporta per l’attuale e futura forza lavoro impiegata nel TPL, sia in termini di competenze che di livelli occupazionali.
Già alcune città, come è stato evidenziato al Summit UITP, gestiscono veicoli autonomi senza conducenti e hanno implementato appositi quadri normativi per gestirli. Ma gli operatori e le autorità di trasporto che operano in altre realtà urbane sarebbero in grado di perfezionare le loro strategie per lanciare analoghi progetti?
Preso atto delle esperienze finora condotte e della connesse problematiche, tecniche e normative, la risposta data dagli esperti non è stata univoca.
L’assistente virtuale presentato ad Amburgo dall’azienda di trasporto Deutsche Bahn.
La mobilità autonoma rappresenta senz’altro un’occasione unica e sostanziale per le aziende di TPL di imprimere un cambiamento radicale ai propri servizi. Tuttavia, per realizzare le opportunità offerte dai veicoli autonomi è necessario oggi concentrarsi maggiormente su alcuni aspetti abilitanti, quali la formazione degli operatori e degli utenti, e il coinvolgimento di questi ultimi tramite esperienze dirette per favorire l’accettazione dei sistemi di trasporto “driverless”.
“Dobbiamo comunicare i vantaggi dei veicoli autonomi al grande pubblico per ottenere il suo consenso”, ha spiegato con chiarezza Nicola Hare, rappresentante di PAVE Europe (Partners for Automated Vehicles Education), associazione nonprofit impegnata ad elevare il livello di conoscenza e accettazione dei veicoli a guida autonoma. Problema più volte affrontato a livello europeo e al quale anche l’Automobile Club d’Italia ha dato il suo contributo partecipando al progetto PAsCAL con altri 12 partner europei nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 (https://aci.gov.it/attivitae-progetti/iniziative-eprogetti/).
“La tecnologia arriverà, che lo vogliamo o no. Dobbiamo offrire un’alternativa all’auto privata. I veicoli autonomi possono supportare il trasporto pubblico, in particolare nelle aree scarsamente servite dai trasporti collettivi a linea fissa. Ma il futuro non è solo autonomo. È connesso, multimodale e demandresponsive”, ha quindi concluso Magda Kopczyńska, Direttore Generale per la Mobilità e i Trasporti della Commissione Europea, che ha poi aggiunto: “L’obiettivo è quello di integrare soluzioni - veicoli condivisi, autobus, treni ecc. - in un sistema
senza soluzione di continuità, non di sostituirle l’una con l’altra”.
Un ruolo, dunque, ancora tutto da costruire per la mobilità “driverless”, che tuttavia ancora una volta proprio nella città di Amburgo sta offrendo interessanti spunti di riflessione a seguito sia dei primi test effettuati dall’azienda specializzata MOIA , che in occasione del Summit UITP ha presentato l’ID. Buzz AD, primo veicolo
completamente autonomo di Volkswagen, ottimizzato per l’utilizzo nei servizi di mobilità e parte di una soluzione completa endto-end che include anche software e servizi per gli operatori di mobilità autonoma, sia del progetto pilota avviato dall’autorità locale di TPL Hochbahn, la seconda più grande società di trasporto collettivo in Germania, utilizzando l’innovativo “mover”
prodotto dal costruttore hitech Holon e i suoi sofisticati software di gestione. A completare il quadro del futuro dei trasporti collettivi, ricordiamo infine la presenza nello spazio espositivo di numerosi proposte di forte valore innovativo, quali il futuribile Hyperloop, che presto potrebbe arrivare anche in Italia, e il TBS (Transport System Bögl) basato sulla tecnologia di levitazione elettromagnetica.
In alto lo shuttle a guida autonoma prodotto da Holon già in test ad Amburgo e sotto l’innovativo ID. Buzz AD Volkswagen presentato in anteprima al Summit UITP 2025 dall’azienda specializzata MOIA.
SUMMIT UITP 2025 DI AMBURGO (15-18 GIUGNO 2025)
E-bus in pole position con nuove batterie
Dai primi autobus elettrificati alla generazione dei veri e propri “nativi” elettrici per arrivare, oggi, allo sviluppo di catene cinematiche sempre più efficienti e di batterie all’avanguardia in grado di garantire maggiori potenze e maggiori autonomie. Il processo di decarbonizzazione delle flotte su gomma del TPL avviato a livello globale tramite l’elettrificazione ha avuto al Summit UITP di Amburgo un posto di tutto riguardo, interessando una specifica sessione di dibattito che ha incluso relatori esperti provenienti da tutto il mondo e occupando un intero padiglione espositivo con i più recenti prodotti presentati dalle case costruttrici (vedi pagine seguenti).
Gran parte del comparto gomma, infatti, ha ormai superato la fase iniziale della transizione energetica verso il “full electric” e si trova oggi ad affrontare una nuova fase di ottimizzazione energetica. Mentre già si affaccia all’orizzonte la ricerca di sistemi alternativi di alimentazione elettrica, ancora più efficienti, orientati al momento soprattutto verso l’utilizzo della tecnologia delle fuel cell a idrogeno. I dati di mercato, d’altra parte, documentano come l’elettrico sia arrivato a rappresentare nel 2024 oltre la metà delle immatricolazioni di autobus urbani > 8 t a trazione alternativa in Europa (compreso il Regno Unito), con una crescita del 22%
rispetto al 2023 che ha consentito di raggiungere il significativo record di 7.779 nuove registrazioni. Un exploit trainato da una offerta di mercato sempre più concorrenziale e diversificata e dai servizi di consulenza e assistenza messi in campo da tutte le case costruttrici. Ma il successo registrato dagli autobus elettrici a batteria non si esaurisce all’interno dei centri urbani. Come si è potuto toccare con mano negli stand allestiti ad Amburgo dalle principali case costruttrici lo step successivo degli autobus interurbani di Classe 2 è ormai già una realtà, grazie soprattutto alla disponibilità di motori elettrici e pacchi batteria che garantiscono sufficienti autonomie anche
per le linee a più lunga percorrenza, senza incidere sulla capacità di trasporto dei veicoli.
IL NODO IRRISOLTO DEGLI INVESTIMENTI
Unico delicato nodo ancora da risolvere, in modo coerente e definitivo, resta oggi quello della effettiva capacità economica delle aziende di TPL, per loro natura soggette ai contributi pubblici che ne dovrebbero assicurare le attività in funzione del rilevante valore sociale che riveste il settore nel garantire a tutti i cittadini l’inalienabile diritto ad una mobilità libera, autonoma e senza barriere.
L’acquisto degli autobus elettrici richiede infatti un investimento che va ben oltre il semplice acquisto di un veicolo, implicando la necessità di approntare un intero ecosistema che va dalla predisposizione di adeguati sistemi di ricarica, con conseguente inevitabile rinnovo delle strutture di rimessaggio aziendali, alla gestione dei sistemi di fornitura e produzione dell’energia elettrica che deve alimentarli, senza escludere gli ulteriori investimenti relativi all’assistenza e alla gestione delle linee. Un investimento che non tutte le aziende di TPL, soprattutto quelle di minor dimensione, sono attualmente in grado di sostenere.
Situazione particolarmente complessa in tutti quei Paesi in cui l’anzianità del parco autobus circolante resta ancora molto alta, con l’esigenza di sostituire in tempi rapidi i più obsoleti veicoli diesel ancora presenti in misura importante nelle flotte.
Vendite annuali di autobus urbani a trazione alternativa in Europa
MAN - In attesa del debutto al Buworld Europe di Bruxelles del MAN Lion's Coach 14, primo autobus turistico "full electric" lanciato sul mercato da un costruttore europeo, il marchio del Leone ha messo in mostra ad Amburgo il modello 2025 del Lion's City 10 E (27 posti a sedere e 54 in piedi), dotato di innovativi sistemi di assistenza alla guida e, soprattutto, di quattro pacchi di batterie NMC di ultima generazione con una capacità installata di 356 kWh. Proprio le nuove batterie, interamente prodotte da MAN nello stabilimento di Norimberga, hanno catalizzato l'attenzione degli operatori, in quanto più efficienti, più leggere, con una maggiore densità energetica e una migliore profondità di scarica, nonché testate per garantirne la massima sicurezza. Tali pertanto da richiedere negli autobus urbani un minor numero di pacchi a parità di autonomia, creando spazio per un maggior numero di passeggeri. Come hanno inoltre spiegato i responsabili MAN le nuove batterie possono percorrere un totale di 1 milione di km per una durata di vita fino a 14 anni e sono riciclabili fino al 96%.
DAIMLER - Anteprima mondiale al Summit UITP 2025 per il Mercedes-Benz eCitaro con nuova generazione di batterie NMC4. Il best seller a due porte della Stella esposto ad Amburgo, oltre a vantare eccellenti livelli di comfort e sicurezza, presenta per la prima la quarta generazione di batterie al litio-nichel-manganese-cobalto (NMC), che combinano una più alta densità energetica, consentendo maggiori autonomie, con una durata più lunga. Quest'ultima è ottenuta grazie a una ricarica più delicata, con una potenza di carica massima di 150 kW, così come a processi di ricarica rapida regolari, con una potenza di carica fino a 300 kW. Le nuove batterie NMC4, fornite dall'azienda polacca BMZ, saranno disponibili nei modelli eCitaro, eCitaro G ed eCitaro K a partire dal 2026. Ampio spazio anche per i nuovi servizi di assistenza Omniplus, che da quest'anno offrirà su tutti gli autobus di nuova consegna un Pacchetto di Servizi Digitali opzionale con tre anni di uso gratuito per i diesel e sei per gli elettrici. Ulteriore novità, infine, il servizio di localizzazione Omniplus On Monitor plus per il geofencing basato sulla velocità.
SOLARIS - Presentato per la prima volta al Mobility Move 2024 di Berlino e premiato nella categoria "Urban" con il prestigioso Sustainable Bus Award 2025, l'autobus elettrico a batteria Urbino 12 è stato esposto da Solaris al Summit UITP 2025. L'e-bus di Solaris presenta una innovativa architettura di propulsione modulare che ha permesso di eliminare la tradizionale torre motore, con conseguente aumento della capacità di trasporto a fronte di una maggiore autonomia. Questo design ha permesso inoltre di posizionare tutte le batterie (di nuova generazione) sul tetto, che con la loro capacità complessiva di oltre 600 kWh offrono un'autonomia dichiarata di 600 km. Inoltre, l'Urbino 12 elettrico è conforme ai più recenti standard di sicurezza e sicurezza informatica, tra cui il cosiddetto regolamento GSR2.
Trasporto collettivo
JBM - Produttore indiano leader nel settore degli autobus elettrici, JBM Electric Vehicles (azienda di punta del conglomerato globale da 3 miliardi di dollari JBM Group) ha colto il Summit UITP 2025 per lanciare in anteprima mondiale il suo veicolo urbano "full electric" ECOLIFE e12. Evento che ha anche contrassegnato l'ingresso ufficiale di JBM EV sul mercato europeo. Il 12 metri low floor ECOLIFE, progettato in modo specifico per l'Europa, è dotato di una struttura monoscocca leggera interamente in acciaio inossidabile e di funzionalità all'avanguardia, tra cui un sistema di trasporto intelligente conforme alle norme UE e una telematica avanzata che consente l'accesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, allo stato di salute del veicolo. La catena cinematica è composta da un motore sincrono a magneti permanenti alimentato da batterie al Litio-Ferro-Fosfato (LFP) ad alta efficienza da 424 kWh, con sistema di gestione termica e frenata rigenerativa, per un'autonomia dichiarata fino 400 km con una singola carica (compatibile con ricarica ultraveloce). Molteplici i sistemi di assistenza alla guida installati a garanzia della massima sicurezza di viaggio.
YUTONG - All'insegna dello slogan "Pensa Eco, Muoviti Green", il costruttore cinese Yutong ha presentato ad Amburgo le sue tecnologie d'avanguardia: dalla connettività digitale, all'efficienza energica e alle immancabili novità di prodotto nel campo degli autobus elettrici ad alta capacità. In primo piano il nuovo intercity IC12E, "full electric" di Classe 2 basato sulla piattaforma leader per i veicoli elettrici YEA sviluppata dal costruttore cinese. La sua capacità massima di trasporto è di 59 passeggeri a sedere e il bagagliaio presenta un ampio volume di 4,5 metri cubi. Disponibile con una configurazione standard delle batterie da 400 kWh e una opzionale da 466 kWh, l'IC12E è in grado di percorrere fino a 610 km, come dichiarato dalla casa costruttrice. Il motore elettrico ad alta potenza con coppia massima di 3.800 Nm consente inoltre di superare pendenze anche del 20%, garantendo una migliore adattabilità alle condizioni stradali. Nello stand del colosso cinese, primo costruttore di autobus al mondo per volumi, esposto anche l'elettrico urbano U12, con capacità fino a 528 kWh per il trasporto di 95 passeggeri (40 i posti a sedere).
IVECO -In evidenza ad Amburgo l'approccio globale di Iveco Bus a supporto di tutti i progetti di elettrificazione del TPL. Nello stand di 400 m² hanno trovato posto diverse aree dedicate a tecnologia e servizi avanzati, a testimonianza dell'ecosistema completo offerto dal costruttore. In esposizione il 12 metri elettrico E-WAY in versione BRT, che offre una capacità di 416 kWh e può ospitare fino a 95 passeggeri, di cui 24 seduti. I veicoli E-WAY (disponibili in quattro lunghezze e versioni BRT per i 12 e 18 metri) sono dotati di 5-9 pacchi batteria NMC, ciascuno con capacità di 69,3 kWh. Questa tecnologia fornisce più energia a bordo e un'eccellente densità di energia (180 Wh/kg). La capacità estesa della batteria consente fino a 400 km di autonomia, mentre il motore elettrico SIEMENS Elfa III fornisce una potenza massima di 310 kW per i modelli da 9 a 12 metri e 375 kW per la versione articolata. luglio-agosto
KARSAN - Appositamente sviluppato per soddisfare ad emissioni zero le esigenze delle linee suburbane e interurbane a distanza ravvicinata, l'e-ATA LE del costruttore turco Karsan ha fatto il suo debutto al Summit UITP 2025. Un autobus elettrico di Classe 2 in grado di trasportare fino a 90 passeggeri, compresi i posti in piedi, che si propone come veicolo ideale per servire linee particolarmente trafficate. Disponibile con quattro diverse opzioni di batteria ad Amburgo è stato presentato nella sua versione superiore con capacità fino a 528 kWh (450 kWh nel modello base), che permette di coprire una distanza di oltre 500 km. La potenza del motore da 250 kW e la coppia di 22.000 Nm garantiscono all'e-ATA LE prestazioni elevate anche su percorsi impegnativi. Il nuovo autobus include inoltre un'infrastruttura di ricarica rapida fino a 200 kW e un caricabatterie per pantografo che può caricare gran parte delle batterie in soli cinque minuti. Esposti nello stand anche un e-JEST e l'Autonomous e-ATAK.
BYD - Debutto europeo al vertice di Amburgo per l'interurbano elettrico Low Entry BYD eBus B13.b, progettato per viaggi anche a lunga distanza e costruito sulla base della piattaforma proprietaria eBus di nuova generazione. La tecnologia utilizzata (Cell-to-Chassis) incorpora nel telaio le batterie "a lama" al Litio-Ferro-Fosfato (LFP) del costruttore cinese (Blade Battery), contribuendo a ridurre il peso e ad incrementare la rigidità strutturale, rendendo possibile un layout a pianale ribassato che facilita l'accessibilità e il flusso di passeggeri (capacità massima 78 unità). La capacità delle batterie per il B13.b arriva fino a 560 kWh, con autonomia massima dichiarata di oltre 700 km. La potenza è fornita tramite due motori a forcella del mozzo della ruota da 150 kW, supportati dall'efficiente controller BYD 6-in-1 basato su carburo di silicio. Nello stand, accanto al nuovo Classe 2 a batteria, BYD ha esposto anche la versione urbana B12.b a pianale ribassato presentata al Busworld Europe 2023.
HIGER - Nello stand del costruttore cinese l'urbano Fencer f1 Integral EV, con motore centrale da 155 kW e batterie LFP da 350 kWh fino a 510 kWh.
ISUZU - In mostra il Citivolt 12, disponibile con batterie NMC da 247 kWh fino a 495 kWh, e il midibus Novociti Volt, con batterie LFP da 211 kWh o 268 kWh.
VDL - Primo piano per il Citea LF-18 di nuova generazione, con assale a portale elettrico ZF AxTrax AVE (6x4) e batteria VDL ad alta capacità da 791 kWh.
FOTON - Presentato dal costruttore cinese il minibus BJ6605 con nuovo motore sincrono a magneti permanenti e batterie LFP di diverse capacità.
TOUR D'EUROPA: I BENEFICI DEI CARBURANTI RINNOVABILI ALLA PROVA DEI FATTI
Un’alternativa sostenibile per la decarbonizzazione
di
Simona Dardari (Direzione ACI per lo Sviluppo, la Gestione, la Sicurezza dei Sistemi Informativi e l’Innovazione Digitale)
Nel
cuore dell’ambizioso
Green Deal europeo, che punta alla neutralità climatica entro il 2050, è nato il Tour d’Europa, un’iniziativa promossa dalla catena del valore automobilistica europea per mettere in luce il potenziale dei carburanti rinnovabili (liquidi e gassosi) nella decarbonizzazione del trasporto su strada. L’obiettivo è stato duplice: da un lato, sensibilizzare cittadini, media e decisori politici sulla disponibilità e l’efficacia di questi carburanti; dall’altro, affermare un approccio tecnologicamente neutrale alla transizione ecologica.
Svoltosi da marzo a giugno 2025, il tour ha coinvolto 11
Una flotta di 16 veicoli leggeri e pesanti ha attraversato l’Europa per dimostrare il potenziale dei carburanti rinnovabili nella corsa verso la neutralità climatica.
autovetture e 5 camion con motore a combustione interna alimentati esclusivamente con combustibili prodotti da fonti rinnovabili.
I veicoli hanno percorso complessivamente 77.500 km attraversando 16 Paesi europei, con 289 rifornimenti lungo il tragitto. Sono stati inoltre organizzati oltre 70 eventi con la partecipazione di policy maker europei, nazionali e locali, per dimostrare concretamente
il contributo dei carburanti rinnovabili alla riduzione delle emissioni climalteranti.
Di seguito le tappe principali del tour:
• 25 marzo – Madrid (Spagna): evento inaugurale con la partecipazione di Bosch Spain, Platform for Renewable Fuels, Repsol e altre associazioni europee;
• 26 marzo – Huelva (Spagna): test su strada presso Moeve Energy Park con focus su HVO;
• 10 aprile – Stoccarda (Germania): incontro tecnico sul ruolo dell’HVO100 con Neste, VSL e SVG Süd;
• 29 aprile – Porvoo (Finlandia): visita al sito produttivo Neste e tavola rotonda politica;
• 6 maggio – Torino (Italia): evento Bosch-IVECO da Enilive, con focus su biometano e Digital Fuel Twin;
• 19 maggio – Milano (Italia): presentazione del Manifesto dei carburanti rinnovabili da parte di Regione Lombardia;
• 5 giugno – Roma (Italia): tappa istituzionale con il ministro dell’Ambiente e
della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, presso Palazzo Mattei;
• Giugno – Gela e Porto Marghera (Italia): visite tecniche agli impianti di bioraffinazione Enilive;
• 24 giugno – Bruxelles (Belgio): evento conclusivo ad Autoworld e presentazione del report finale.
RISULTATI CONCRETI E MISURABILI
Il Tour d’Europa è arrivato in un momento cruciale del dibattito sulle politiche UE per la mobilità sostenibile. La decisione dell’Unione Europea di vietare la vendita di nuove autovetture ICE (Internal Combustione Engine - motori a combustione interna) dal 2035 ha infatti sollevato numerosi interrogativi su impatti occupazionali, industriali e infrastrutturali.
I carburanti rinnovabili utilizzati dai veicoli che hanno partecipato al tour, tra cui HVO100, B100, E85, bio-LNG e benzina rinnovabile, di fatto hanno permesso una riduzione media delle emissioni GHG del 67%, con picchi fino al 77% rispetto ai carburanti fossili, calcolata lungo tutto il ciclo “well-to-wheels”.
Questi dati sono stati misurati e certificati dal sistema Digital Fuel Twin sviluppato da Bosch e validati da istituzioni accademiche come KIT e IIT Darmstadt. Il sistema ha tracciato e certificato l’origine e l’impatto ambientale dei carburanti lungo l’intero percorso.
Il messaggio del tour è stato dunque chiaro: l’elettrificazione dei trasporti stradali è solo una delle possibili soluzioni. I carburanti rinnovabili, per parte loro, si dimostrano una soluzione alternativa molto efficace, soprattutto in quanto sono già disponibili, scalabili, tracciabili, compatibili con il parco veicoli esistente e certificabili in termini di emissioni.
Come ha pertanto conclusoin occasione della tappa italiana del tour il ministro Pichetto Fratin: “Bloccare i motori a combustione interna dal 2035 senza alternative equivalenti è una follia normativa.
L’Europa deve riconoscere i carburanti rinnovabili come tecnologie a emissioni zero”.
PROPOSTE POLITICHE E RACCOMANDAZIONI
Il 24 giugno, a Bruxelles, si è tenuto l’evento conclusivo con la presentazione di un importante report finale, alla presenza tra gli altri di FuelsEurope, ePURE, EBB, IRU, Enilive, Neste, Bosch e IVECO.
Il report ha confermato i risultati ambientali ottenuti e ha lanciato proposte politiche chiave nella convinzione condivisa che i carburanti rinnovabili debbano essere parte integrante della strategia europea per il clima e la mobilità:
• riconoscere i carburanti rinnovabili come tecnologie “a zero emissioni” nella regolamentazione post-2035;
• adottare un approccio tecnologicamente neutrale nella decarbonizzazione dei trasporti;
• integrare criteri well-towheels nelle normative europee;
• sostenere con fondi pubblici la diffusione dei carburanti rinnovabili e delle relative infrastrutture;
• promuovere la standardizzazione e certificazione digitale tramite strumenti come il Digital Fuel Twin.
Il Tour d’Europe, in conclusione, non è stato solo un viaggio, ma una prova concreta che l’Europa ha già a disposizione soluzioni credibili per affrontare la sfida climatica, senza sacrificare occupazione, competitività e libertà di movimento.
Al via la prima automotrice passeggeri europea a BioGNL
Non solo autovetture e veicoli pesanti su gomma. Anche su ferro i carburanti rinnovabili dimostrano di poter essere una soluzione alternativa praticabile ed efficiente. Il 16 aprile 2025 è infatti partita da Ancona la prima automotrice passeggeri europea alimentata a Biometano Liquido (BioGNL). Il veicolo, una storica ALn668, è stato completamente riconvertito grazie alla collaborazione tra Fondazione FS Italiane, Snam, Hitachi Rail ed Ecomotive Solutions.
Il cuore dell'innovazione
Ecomotive Solutions, con sede a Serralunga di Crea (AL), ha:
• trasformato i motori diesel in motori ciclo Otto alimentati a BioGNL;
• sviluppato un sistema elettronico proprietario per la gestione motore;
• mantenuto intatti i comandi meccanici originali, integrandoli con tecnologie moderne.
Perché è importante
• –80% di CO2 (fino a carbon negative);
• quasi zero NOx, SOx e particolato;
• oltre 500 km di autonomia;
• soluzione replicabile su oltre 500 automotrici diesel esistenti in Italia.
Un treno storico per il futuro
Il progetto, operativo e certificato, è un modello concreto di decarbonizzazione ferroviaria a basso costo e impatto immediato, anche per linee non elettrificate e tratte turistiche. Come ha concluso il portavoce di Ecomotive Solutions, Roberto Roasio: "Questo progetto dimostra che la decarbonizzazione ferroviaria è possibile oggi, con tecnologie disponibili e sicure".
LA FEDERAZIONE SPORTIVA ACI SOSTIENE LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE
Formula 1 e rally diventano “green”
di Marco Perugini (Ufficio Stampa ACI)
L e competizioni automobilistiche in Italia possono diventare a impatto ambientale nullo: è l’obiettivo del progetto “Ogni pilota un albero”, lanciato dall’Automobile Club d’Italia d’intesa con i Carabinieri Forestali e le istituzioni locali che ospitano le gare. L’iniziativa mira a piantare un arbusto per ogni equipaggio al via, compensando così
Con “Ogni pilota un albero” un bosco compensa la CO2 delle gare. Ne parliamo con il Generale Raffaele Pio Manicone, Comandante del Raggruppamento Carabinieri Biodiversità.
le emissioni di anidride carbonica prodotte dalle auto nelle manifestazioni sportive.
Dal suo lancio nel 2021, il progetto ha portato alla nascita di un grande bosco
diffuso lungo tutto lo Stivale con più di 1.000 alberi, di cui solo quest’anno sono ne stati piantati 20 a Imola in occasione del Gran Premio di F1, 136 in Sardegna per l’appuntamento italiano con
il Mondiale WRC e 240 nella Città Eterna per il Rally Roma Capitale. Il Generale Raffaele Pio Manicone, Comandante del Raggruppamento Carabinieri Biodiversità, risponde alle domande di Onda Verde spiegando nel dettaglio la sinergia istituzionale con l’ACI che produce risultati concreti per l’ambiente, la sicurezza del territorio e lo sviluppo sociale del Paese.
Come nasce l'iniziativa e quali risultati ha conseguito finora? "Ogni pilota un albero" è frutto dell'intesa tra Carabinieri Forestali ed ACI che si sviluppa all'interno di un progetto più grande, denominato "Un albero per il futuro", in collaborazione con il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica: nel 2027 raddoppieremo l'obiettivo raggiunto l'anno scorso con la messa a dimora di 50.000 piante, per un totale di 100.000 alberi, grazie alla disponibilità di scuole, enti, associazioni e cittadini. In questo solco si inserisce "Ogni pilota un albero", che punta alla compensazione delle emissioni dei Gran Premi di Formula 1, del Mondiale Rally in Sardegna e di tutte le principali gare che si svolgono ogni anno sotto l'egida della Federazione ACI. Sono stati piantati finora più di mille arbusti che aiutano l'ambiente e contribuiscono allo sviluppo di ecosistemi in aree altrimenti spoglie e più esposte ai rischi idrogeologici. Gli interventi costituiscono il volano di una ricostituzione forestale che favorisce la biodiversità del territorio, non solo sotto il profilo botanico ma anche faunistico: i vantaggi si estendono perfino agli insetti, soprattutto quelli impollinatori che sono fondamentali per la sopravvivenza dell'uomo.
I tifosi di F1 quest'anno hanno scoperto il Villaggio della Biodiversità. Di cosa si tratta?
Il nostro impegno non è solo ambientale, ma anche culturale per stimolare una maggiore consapevolezza sul ruolo di ciascuno di noi nella salvaguardia del pianeta. "Ogni pilota un albero" nasce come un progetto di educazione ambientale, sfruttando l'appeal dello sport per sollecitare la coscienza delle persone. Questa, però, non può radicarsi senza il comune rispetto delle regole ed è per questo motivo che il bosco che stiamo creando nel Paese è dedicato alla legalità: il rispetto non deve essere solo reciproco tra individui, ma va orientato anche alle altre specie. In quest'ottica abbiamo allestito all'Autodromo di Imola il Villaggio della Biodiversità con tanti stand, ognuno dedicato a una tematica connessa alla salvaguardia della biodiversità: ne è scaturito un percorso alla scoperta degli habitat naturali, a sottolineare l'importanza della conservazione del patrimonio genetico forestale e delle funzioni ecosistemiche degli alberi, nonché della biocomplessità animale e vegetale.
Oltre a quelli assegnati ai piloti in gara, c'è un albero speciale nei programmi di quest'anno: qual è la sua straordinarietà?
Il Raggruppamento Biodiversità gestisce 130 riserve naturali e 20 foreste demaniali. Al loro interno sorgono tre centri di ricerca della biodiversità forestale, animale e vegetale, con laboratori dove viene riprodotto il genoma delle piante più rare o ad alto valore culturale, come il cipresso di San Francesco: l'albero radicato da otto secoli nel monastero di Villa Verucchio, nato - secondo la tradizione - dal bastone da cammino che San Francesco piantò nel terreno durante un suo pellegrinaggio nel riminese. L'arbusto riprodotto in vitro è il simbolo dell'impegno am-
bientale di tutti e un clone lo abbiamo piantato a Imola e in Sardegna, in aggiunta ai 156 messi a dimora per compensare le emissioni delle vetture protagoniste in gara. La natura non è solo piante ed animali, ma anche cultura e spiritualità: nel 2025 ricorrono dieci anni dall'Enciclica "Laudato sì" di Papa Francesco per l'ambiente, nonché 800 anni dalla stesura del Cantico delle Creature.
C'è ancora un protagonista dalle solide radici nel bosco piantato con ACI.
Non può esserci tutela ambientale senza rispetto della legalità e a questa è dedicato l'albero di Falcone: il ficus macrophillacolumnarismagnoleides che cresce nei pressi della casa del giudice assassinato nel 1992 è stato riprodotto in 500.000 piantine che il Raggruppamento Biodiversità ha donato a migliaia di istituti scolastici. I Carabinieri non fanno solo formazione ambientale, ma più in generale educazione alla legalità, anche ambientale. L'albero di Falcone, simbolo della legalità che si radica e si sviluppa, da Palermo è arrivato ovunque: lo ritroviamo perfino al Parlamento Europeo a Strasburgo, nonché in Albania e in Svezia.
Nelle aree protette quanto è importante che anche il presidio sia green? Tutti siamo protagonisti della salvaguardia del pianeta, anche noi che ci muoviamo in contesti con equilibri delicati. Per ridurre al massimo il nostro impatto sull'ambiente, dove possibile ci muoviamo con vetture elettriche e biciclette a pedalata assistita, nonché con pattuglie a cavallo nelle zone difficilmente accessibili. I centri di allevamento e selezione equestre dell'Arma stanno inoltre riscoprendo le potenzialità del mulo, animale fondamentale per la manutenzione forestale a impatto zero.
ALLA SCOPERTA DEI MILLE "TESORI" DELLA BIBLIOTECA ACI
Per una archeologia dell’auto d’epoca
di Elisabetta Anatriello (Conservatrice Biblioteca ACI)
Tanto il relitto di una nobile vettura “veterana” quanto il frammento di una squisita scultura classica costituiscono senza dubbio, ciascuno nel proprio campo, una testimonianza di tradizioni che la cultura moderna, intesa nel significato più vasto, ha in ogni caso il dovere di conoscere e valorizzare.
Una guida completa e approfondita per i cultori di vetture storiche: è il volume firmato da Angelo Tito Anselmi “Il restauro delle automobili d’epoca”, edito dalla casa editrice dell’ACI L’Editrice dell’Automobile (LEA) nel 1966, con sovraccoperta di Adriano Zannino e corredato da un ciclo completo di sequenze fotografiche delle varie fasi di restauro; un testo dedicato a chi voglia cimentarsi in una ricostruzione fedele di “relitti” di nobili vetture del passato, per parafrasare Anselmi, frugando tra rottami e lamiere con minuziosità archeologica.
Siamo negli anni Sessanta, nel corso dei quali cambia la concezione dell’automobile in chiave espressamente utilitaristica e va affermandosi l’idea, da parte dei collezionisti, che l’automobile di pregio sia un bene il cui valore estetico può essere oggettivato, trasformandosi da strumento voluttuario in bene culturale usufruibile dalla collettività, siccome portatore di tradizioni della cultura moderna.
In quest’ottica assume un’importanza fondamentale regolamentare il restauro dell’auto storica, affinché, da mezzo strumentale, passi allo status di oggetto d’arte, ponendo criteri e limiti alla libertà della ristrutturazione. Può sembrare infatti un processo semplice riportare veicoli storici al loro stato originale, mantenendo o migliorandone le condizioni estetiche, funzionali e
meccaniche, ma in realtà richiede una conoscenza dettagliata del veicolo da sottoporre al procedimento e, più in generale, delle tecniche di costruzione e dei materiali utilizzati all’epoca. Anselmi espone dunque in questo volume i principi fondamentali che devono guidare il restauro di un’auto d’epoca, sottolineando l’importanza di mantenere il più possibile l’autenticità del veicolo. E in questa prospettiva distingue tra restauro conservativo, volto a preservare il più possibile il modello originale, dal restauro integrativo, che può comportare l’uso di pezzi moderni, diversi da quelli originali, per migliorarne la funzionalità.
Punto imprescindibile da cui partire resta comunque la ricerca storica: l’autore sottolinea che, prima di iniziare qualsiasi intervento, è fondamentale avere una conoscenza approfondita del modello che si sta restaurando, per evitare di incorrere in errori che possano compromettere l’autenticità del veicolo. Il restauro, infatti, deve essere basato su dati storici precisi, come fotografie originali, manuali contemporanei e testimonianze di esperti. Ogni epoca esprime al meglio le proprie abilità e tecnologie, impossibili non solo in un periodo precedente ma anche in uno successivo, per questo motivo talvolta le stesse case costruttrici, pur essendo in possesso di tutta la documentazione esistente,
diverse
che giacciono nei cassetti di vecchi negozi di ricambi o tra reperti di collezionisti: Anselmi sottolinea che tutto ritorna utile nella fase iniziale, poiché il primo restauro comincia proprio dalla ricerca “a tavolino”.
in successione cronologica.
LE DIVERSE FASI
DEL RESTAURO
Nella fase preparatoria del restauro è buona norma reperire documentazione e immagini varie in biblioteche specializzate, in volumi originali coevi, ma anche nei cataloghi macchiati d’olio
Sul campo si comincia poi con lo smontaggio e la valutazione: si esamina l’auto in tutte le sue componenti, al fine di testare lo stato di conservazione di ogni parte e identificare quelle che necessitano di riparazioni o sostituzioni.
Innanzitutto, si procede al trattamento della carrozzeria, che viene smontata dal telaio per rimuovere la ruggine, le ammaccature e i danni causati dall’usura e dal tempo. Le carrozzerie delle vetture d’epoca non sono scocche monolitiche, ma si dividono in varie parti: l’operazione di smontaggio è quindi molto delicata, poiché è facile deformare le lamiere sagomate. É buona norma seguire il criterio generale di dividere la vettura in una serie di sub-assemblaggi.
Successivamente si passa a motore e meccanica, di cui le parti vengono smontate per essere ripulite e reintegrate. La pulizia di parti interne e l’integrazione di componenti usurate deve garantire il funzionamento dell’apparato come in origine, ottimizzando le prestazioni. Quando si procede al restauro, però, non si può sostituire quello che è danneggiato, sicché tutto ciò che si smonta deve essere accuratamente tesaurizzato per essere riutilizzato o, quanto meno, essere usato come modello per cercare, nella peggiore delle ipotesi, un ricambio o rifare una parte sostitutiva.
Quanto agli interni, rivestimenti, tappezzeria, sedili e cruscotto, si devono rifare utilizzando elementi originali o il più affini possibile, nella sostanza e nelle tecniche di esecuzione, per garantirne l’autenticità effettiva.
Qui sopra e nelle immagini seguenti le
fasi dell’impegnativo restauro di un’Alfa Romeo 1750 GS Zagato, “Il restauro delle automobili d’epoca”
Per ricostruire una parte danneggiata o mancante occorrono essenzialmente i disegni originali di fabbrica, conservati generalmente negli archivi della casa costruttrice, o i pezzi campione; in loro assenza, in caso di scomparsa della casa produttrice e dispersione degli archivi, si realizza una replica in maniera sperimentale, dal disegno all’esecuzione.
CONCLUSIONI
Il saggio di Tito Anselmi offre in conclusione una visione del restauro delle automobili basato su un approccio etico e filologico, che fa da leitmotiv a tutte le molteplici fasi di restauro descritte; lo scopo è non tanto quello di preservare l’oggetto, quanto di conservare una parte di storia e cultura che l’ha prodotto. E il valore storico dell’auto si ottiene rispettando l’originalità delle sue componenti. Restauro, pertanto, significa non modificare ma recuperare tutte le sue parti attraverso una rigorosa ricerca storicofilologica, fondata sullo studio della documentazione. Intraprendere un’opera di restauro significa inoltre documentare ogni fase del procedimento, dallo smontaggio alla scelta dei materiali, fino alla messa a punto finale; ciò garantisce la trasparenza dell’attività svolta, insieme all’integrità del veicolo, certificando che non venga danneggiato involontariamente, e rispettando la sua storia. Se dunque il restauro è sostanzialmente un atto di conservazione e non di reinvenzione, mirato a preservare l’auto nel suo stato originale senza modifiche integrative al fine di migliorarne prestazioni ed estetica, il suo campo di applicazione deve riguardare necessariamente solo auto di grande valore storico o di particolare rilevanza, per tramandarne cultura e storia di cui sono l’espressione.
Angelo Tito Anselmi (1925-2010) è stato uno storico dell'automobile e del design automobilistico italiano. Ha dedicato gran parte della sua carriera alla ricerca della storia della carrozzeria, lasciando un'impronta significativa nella valorizzazione della cultura della carrozzeria italiana. È stato autore e curatore di diversi volumi: per i tipi della LEA, oltre a "Il restauro delle automobili d'epoca" (1966), ha pubblicato "Le grandi Fiat" (1967); inoltre ha scritto "Storia della carrozzeria italiana" (1978), fondamentale per comprendere l'evoluzione del design automobilistico italiano, "Isotta Fraschini" (1977), "Carrozzeria Touring", in collaborazione con Carlo Felice Bianchi Anderloni (1982), "Automobili FIAT" (1986) E "ALFA ROMEO 6C 2500" (1993).
Oltre al suo impegno editoriale, Anselmi ha svolto un ruolo chiave nell'organizzazione di mostre dedicate alla cultura e alla storia della carrozzeria italiana. La sua passione per l'automobile e il design lo ha portato a collaborare con diverse istituzioni culturali; per sua iniziativa sono nati il Registro Fiat ed il Registro Alfa Romeo.
L’Alfa Romeo 1750 GS Zagato dopo il lavoro di restauro effettuato.
"Motori al femminile"
di Andrea Cauli (Ufficio Stampa ACI)
La consegna del Premio d'Eccellenza ACI Storico 2024. Da sinistra: Sub-Commissario Straordinario ACI e Presidente ACI Storico, On. Giovanni Battista Tombolato; Capo Dipartimento Sport della Presidenza del Consiglio, Flavio Siniscalchi; Direttore ACI Responsabile Attività ACI Storico, Alessandra Zinno; Presidente della Fondazione Macaluso, Monica Mailander Macaluso; Presidente del Museo Nicolis, Silvia Nicolis; fondatrice Museo Fratelli Cozzi, Elisabetta Cozzi; Responsabile Comitato Scientifico Museo Mille Miglia, Donato Benetti; Commissario Straordinario ACI, Gen. C.A. cong. Tullio Del Sette; Dirigente dell'Ufficio Cerimoniale e Relazioni Istituzionali ACI, Federico Zerilli.
L'Automobile Club d'Italia ha reso omaggio ai cinque maggiori musei italiani dell'automobile affiliati ad ACI Storico, per la maggior parte guidati da donne, con la consegna il 26 maggio scorso della "Targa d'ottone del Premio d'Eccellenza ACI Storico 2024", in occasione dell'inaugurazione di una nuova esposizione di vetture d'epoca dedicata all'eccellenza delle donne nei Musei dell'Automobile.
Premiati: Donato Benetti, responsabile del Comitato Scientifico del Museo Mille Miglia, Elisabetta Cozzi, fondatrice del Museo Fratelli Cozzi, Davide Lorenzone, curatore del MAUTO - Museo Nazionale dell'Automobile, Monica Mailander Macaluso, presidente della Fondazione Gino Macaluso per l'Auto Storica, e Silvia Nicolis, presidente del Museo Nicolis di Villafranca di Verona. Come ha dichiarato il Commissario Straordinario ACI, Tullio Del Sette: "Con questa iniziativa siamo orgogliosi di celebrare la straordinaria visione delle donne direttrici dei musei dell'auto nella promozione della cultura del Motorismo Storico in Italia e nel mondo".
"I musei premiati sono delle vere e proprie eccellenze del nostro Paese, che custodiscono dei pezzi di storia del design e dell'ingegneria italiana", ha aggiunto durante la cerimonia il Sub-Commissario Straordinario ACI e Presidente di ACI Storico, Giovanni Battista Tombolato. Dal 26 maggio fino a metà giugno lo Spazio espositivo ACI - ACI Storico, all'interno della Galleria Filippo Caracciolo a Roma, ha quindi ospitato una nuova mostra dal titolo "Motori al Femminile: l'eccellenza delle
Donne nei Musei dell'Automobile". Cinque le vetture esposte, una per ogni museo coinvolto: Fiat 508 CS Mille Miglia (1939) dal Museo Mille Miglia; Alfa Romeo 1900 C52 "Disco Volante" (1952) dal MAUTO (realizzata in soli 5 esemplari, velocità massima vicina ai 240 km/h e peso di soli 735 kg); Lancia Aurelia B20 GT VI Serie (1957) dal Museo Nicolis; Lamborghini Miura P400 SV (1971) dalla Fondazione Macaluso (solo 150 gli esemplari prodotti, monta un motore V12 da 3.929 cc che sviluppa 385 CV) e, infine, Alfa Romeo SZ (1990) dal Museo Fratelli Cozzi. La mostra ha attirato l'interesse di migliaia di persone grazie a queste vere e proprie "opere d'arte", affascinando i passanti e contribuendo a diffondere la cultura delle auto storiche.
Parco circolante auto in Europa
di Alessia Grande (Area Professionale Statistica ACI)
I
n accordo con la definizione statistica internazionale, lo “stock” di veicoli di un Paese è pari al numero di veicoli che risultano registrati al 31/12 di ogni anno. Di conseguenza il parco veicolare in Italia si determina partendo direttamente dall’iscrizione dei veicoli al Pubblico Registro Automobilistico, pur sottolineando che può esserci un qualche scostamento tra il cosiddetto circolante teorico (iscritto al P.R.A.) e quello effettivamente circolante su strada, ed è individuato in base alla fotografia dell’insieme dei veicoli che circola sul territorio nazionale al 31 dicembre di ogni anno. Dal confronto internazionale del parco veicolare autovetture in Europa al 31/12/2023, contenuto nel Report di ACEA “Report Vehicles on European Roads”, emerge il valore assoluto più elevato in Germania, 49.098.685 autovetture, seguito da Italia e Francia, rispettivamente con 40.915.229 e 39.258.632 unità. La variazione percentuale tra 2023 e 2022 in EU, come in EU+EFTA +UK, è pari a +1,4%; si va dalla forte contrazione rilevata in Estonia, -22,2%, alla crescita osservata in Croazia pari a +4,3%. Tale dato non fornisce di per sé particolari indicazioni se non confrontato con la popolazione corrispondente: analizzando il parco autovetture ogni 1.000 abitanti, risulta che l’Italia è prima in classifica, 694 automobili circolanti (in crescita in confronto alle 681 rilevate nel 2022), seguita da due realtà a livello territoriale decisamente inferiori, il Lussemburgo, 692 vetture per 1.000 abitanti e Cipro, 680 auto ogni 1.000 abitanti. In media nell’Unione Europea si registrano 563 vetture per 1.000 abitanti. L’indice più basso appartiene alla Latvia con 381 autovetture. Relativamente all’anzianità media delle auto al 31/12/2023, tra i 4 principali mercati dell’UE più il Regno Unito, spicca la Spagna con 14,2 anni, seguita dall’Italia con 12,8 (quantità di poco più elevata della media nell’Unione Europea, 12,5 anni), subito dopo la Francia con 11,2 anni; chiudono il gruppo Regno Unito, 10,6 anni e Germania con 10,3 anni, tutti valori in aumento rispetto alla media calcolata fino al 2022. Considerando i restanti Paesi dell’Unione Europea, le auto più vetuste si trovano in Grecia ed in Repubblica Ceca, rispettivamente con 17,5 e 16,2 anni di anzianità media. È stato detto che il Lussemburgo è il secondo Stato con più auto ogni 1000 abitanti, tuttavia, al contrario dell’Italia, si tratta di auto relativamente giovani, con 8 anni di anzianità media, la più bassa in confronto ai restanti Paesi analizzati. Passando alla distribuzione del parco circolante delle autovetture suddiviso per tipo di alimentazione, si distingue la percentuale elevata di auto elettriche circolanti in Norvegia, 24,2%, rispetto alle incidenze degli altri Paesi Europei, che in pochi casi superano il 5% (si tratta di Danimarca, 7,1% e Svezia, 5,9%); unico caso oltre il 10% è rappresentato dall’Islanda con l’11%. In Italia siamo ancora solamente allo 0,5% di incidenza delle auto elettriche pure sul totale parco autovetture; più alta è la quota di auto ibride elettriche comprensive di plug in, 5,4%. Seconda, dietro la Polonia (12,7%), risulta l’Italia con la percentuale di auto alimentate a GPL, 7,4%. Al Lussemburgo spetta il primato per la quota più elevata di auto ibride elettriche, pari al 7%.
In merito alle auto con alimentazioni tradizionali, emerge l’incidenza molto elevata di vetture a benzina in Grecia ed in Olanda, rispettivamente con l’88,4% ed il 76,5%; il diesel domina nei Paesi di Latvia e Lituania, con il 62,6% e 58,4%.
Grazie alla elevata quota di auto elettriche ed ibride circolanti a fine 2023, la Norvegia detiene il migliore risultato a livello di emissioni medie di CO2, solamente 14,5 g/km, in confronto ad una media europea, incluse Norvegia e Islanda, pari a 106,6 g/km. A Slovacchia e Repubblica Ceca spetta il record negativo di emissioni: rispettivamente 137,6 e 136,3 g/km CO2. L’Italia si pone leggermente al di sopra del valore mediano (115,8 g/km CO2 ascrivibile alla Croazia) con 120,1 g/km CO2, in lieve aumento rispetto al valore registrato nel 2022, 119,3 g/km CO2, crescita che denota ancora la scarsa diffusione di vendite di auto elettriche nel nostro Paese. Relativamente al cammino verso il Green Deal, Il Parlamento europeo ha deciso lo scorso 8 maggio di applicare una procedura d’urgenza nel modificare la legislazione nel campo delle emissioni nocive delle auto. La scelta è giunta dopo che la Commissione europea ha presentato in marzo una modifica che permetterà nei fatti di rinviare eventuali multe per le case automobilistiche in difetto. Attualmente la legislazione comunitaria prevede che nel 2025 i produttori di auto a livello di flotta debbano produrre una quantità emissioni di Co2 inferiore del 15% rispetto al 2021. Gli obiettivi erano stati decisi in un momento in cui si pensava che l’arrivo di auto elettriche sul mercato avrebbe permesso alle case automobilistiche di diminuire radicalmente il tasso d’inquinamento delle loro flotte. Così non è stato, almeno per alcuni produttori di autoveicoli. La modifica permette di evitare le multe previste già dal 2025 per il mancato adeguamento ai target. Di fatto, il calcolo sarà sulla base di una media delle prestazioni di ciascun costruttore in tre anni (20252026-2027), anziché annualmente, andando a introdurre un principio di compensazione delle prestazioni all’interno del triennio. Parallelamente la normativa euro 7, che stabilisce nuovi limiti sulle emissioni inquinanti dei veicoli, entrerà in vigore in due fasi: dal 1° luglio 2025 per auto e furgoni e dal 1° luglio 2027 per veicoli pesanti come autobus e camion. Le case automobilistiche avranno 30 mesi per adeguarsi alle nuove normative per le nuove tipologie di auto e furgoni, e una scadenza di 42 mesi per i nuovi veicoli. Per autobus, camion e rimorchi, il periodo di adattamento sarà di 48 mesi, mentre per i nuovi veicoli sarà esteso a 60 mesi. Da questi periodi in avanti, tutte le auto nuove vendute in Europa dovranno rispettare il nuovo standard di emissioni, coprendo non solo CO2 e particolato “allo scarico”, ma anche quelli provenienti da freni e gomme. Il regolamento stabilisce, inoltre, requisiti più rigorosi per la durata della batteria dei veicoli elettrici e ibridi, migliorando la loro affidabilità e riducendo gli impatti ambientali. Le emissioni potranno essere verificate tramite il nuovo sistema OBM. L’On-board Monitoring (OBM) sarà un sistema di monitoraggio continuo installato direttamente a bordo della centralina di gestione del veicolo, con l’obiettivo di controllare e registrare i dati sulle emissioni. Prosegue pertanto l’iter dell’Europa verso il Green Deal: ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
United Kingdom 2,020,1371,626,4871,630,0661,565,4282,233,6172,260,6272,391,2102,518,4242,438,6302,256,41516,813,44037,754,481106
Parco veicolare autovetture 2023 per anzianità
Parco veicolare autovetture 2023: emissioni medie di CO2
Parco veicolare in Italia 2024: focus auto “green”
a cura di Alessandro Vasserot (Area Professionale Statistica ACI)
InItalia il parco autovetture con alimentazioni alternative a basso o nullo impatto ambientale (GPL, metano, elettriche e ibride) è in costante aumento. Nel 2024 le alimentazioni “green” rappresentano il 17,6% circa del totale, contro il 15,7% del 2023. Nel complesso le autovetture con alimentazioni alternative a basso o nullo impatto ambientale sono cresciute del 140% negli ultimi dieci anni. Analizzando la distribuzione per Regione, la Valle D’Aosta e l’Emilia Romagna risultano quelle con la percentuale più elevata di autovetture “geen” rispetto al proprio parco autovetture complessivo (27,1% e 26,3% rispettivamente), seguite dalle Marche (25,9%) e dal Trentino Alto Adige (24,8%). Sono 9 complessivamente le regioni che presentano una percentuale di autovetture a basso o nullo impatto ambientale maggiore di quella media dell’Italia (17,6%). In termini assoluti, la Lombardia è la regione con il maggior numero di autovetture con alimentazioni “green” (1.100.000 unità), seguita dal Lazio e dall’Emilia Romagna (entrambe poco più di 810.000).
Le Regioni che hanno incrementato in misura maggiore il numero di autovetture a basso o nullo impatto ambientale tra il 2023 ed il 2024 sono la Sardegna (con una variazione percentuale del 20,2%), il Friuli Venezia Giulia (18,6%), Toscana (18,4%) e Calabria (17,4%), seguite da Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Molise, Sicilia e Trentino Alto Adige, tutte regioni con una variazione percentuale superiore al 14%.
Nota:
La classe "Emissioni Zero" è stata inclusa nella somma Euro 4-5-6 in quanto comprende esclusivamente veicoli elettrici.