Onda Verde n.59

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La sicurezza emergenza globale Dichiarazione di Marrakech

Gli incidenti in Europa e in Italia Nuovo schema di rating Euro NCAP Report ETSC sui feriti gravi in UE

Ready2Go: formazione per la PA Proposta modifica controlli tecnici

Articoli da pagina 3

Incidenti e anzianità del parco Ricarica: l'impegno dei costruttori

Megawatt in test a Barcellona Mercato eTruck: studio IDTechEx

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In collaborazione con Ufficio Stampa ACI

Hanno collaborato inoltre a questo numero:

Antida Aversa, Marco Cilione, Simona Dardari, John Li, Roberta Mordini, Enrico Pagliari, Lucia Pennisi, Marco Perugini, Stefania Spaziani,Rita Speranza, Alessandro Vasserot, Legambiente, Redazione Network ACI-Ready2Go

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Chiuso in redazione il 28 aprile 2025

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Safety First

"Safety

First": né un convenzionale principio né una semplice raccomandazione, ma un vero e proprio monito rivolto a tutti i Paesi del mondo, Italia compresa, perché prendano atto sempre più seriamente delle drammatiche conseguenze dell'incidentalità stradale.

Alla luce delle più recenti statistiche globali e nazionali, nonché dei risultati emersi dalla recente Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale che si è svolta lo scorso febbraio in Marocco, la sicurezza stradale si conferma infatti la principale emergenza sanitaria a livello mondiale, con oltre 3.200 decessi registrati quotidianamente e un numero tragicamente inaccettabile di feriti, che nei casi più gravi comportano lunghe degenze in ospedale, invalidità permanenti e perdita di autonomia, con conseguenti costi sociali molto elevati. Incidenti, occorre sottolineare, che coinvolgono troppo spesso gli attori più vulnerabili della mobilità, soprattutto all'interno dei centri urbani: bambini, giovani e anziani. Un'emergenza per cui occorre, anno dopo anno, impegnarsi implementando nuove misure per rafforzare la tutela della vita sulle strade, prendendo in dovuta considerazione tutti i fattori chiave della sicurezza

(comportamenti, veicoli e infrastrutture stradali) e integrando tra loro le diverse misure per creare un vero e proprio sistema, organico e coerente, in grado di rispondere alle esigenze di un mondo della mobilità in continua e rapida trasformazione.

Al di là delle differenze riscontrabili nella situazione e nei risultati finora conseguiti dai diversi Stati nazionali, che evidenziano il permanere di un profondo iato tra Paesi economicamente avanzati e Paesi ancora in via di sviluppo, la lotta contro l'incidentalità stradale resta per tutti un imperativo categorico a cui non è ammissibile sottrarsi.

Un impegno a cui da sempre l'Automobile Club d'Italia contribuisce con azioni mirate sia sul fronte della formazione dei conducenti e degli altri utenti della strada sia su quello della comunicazione e della sensibilizzazione nei confronti della sicurezza stradale, affinché nel nostro Paese cresca una nuova cultura della mobilità imperniata su principi di responsabilità e consapevolezza, come documentano le innumerevoli campagne promosse sul territorio nazionale e l'informazione puntualmente veicolata sul nostro periodico "Onda Verde"

IV CONFERENZA MINISTERIALE GLOBALE SULLA SICUREZZA STRADALE (18-20 FEBBRAIO)

Un impegno globale a difesa della vita

“Impegnarsi per la vita”: questo il tema della quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale che si svolta a Marrakech, in Marocco, dal 18 al 20 febbraio scorso, con l’obiettivo di valutare i progressi compiuti nell’attuazione del Piano Globale 2021-2030, durante i suoi primi anni di implementazione, e di accelerare le azioni necessarie per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile relativi al dimezzamento del numero di morti e feriti gravi per incidente stradale entro il 2030.

Questo quarto incontro, preceduto da altre tre Conferenze Ministeriali

Con oltre 3.200 decessi ogni giorno registrati su strada a livello mondiale l’incidentalità resta ancora un’emergenza a cui occorre rispondere con urgenza.

quinquennali (la prima in Russia nel 2009, la seconda in Brasile nel 2015 e la terza in Svezia nel 2020), ha visto la partecipazione di circa 2.500 tra leader ed esperti di settore, quali: delegati parlamentari, ministeriali, governativi, di autorità locali e di settori collegati, rappresentati delle Nazioni Unite, delle agenzie nazionali per la sicurezza stradale, della società civile, del mondo imprenditoriale e di quello accademico.

Il fenomeno dell‘incidentalità stradale resta un’emergenza sanitaria globale che può essere prevenuto e alla quale occorre porre rimedio con urgenza. Ogni anno infatti gli incidenti stradali causano la morte di circa 1,2 milioni di persone in tutto il mondo (oltre 3.200 ogni giorno), a cui si aggiungono milioni

di persone che subiscono lesioni non mortali, spesso con conseguenti disabilità permanenti (vedi articolo a pag. 12 su Onda Verde n. 56). Il tasso medio di mortalità stradale si attesta oggi su un’inaccettabile valore di 15 morti per 100.000 abitanti, con notevoli differenze tra continenti e singoli Stati. L’incidentalità rappresenta, inoltre, la principale causa di morte tra i bambini e i giovani di età compresa tra 5 e 29 anni.

Sebbene il numero di vittime della strada a livello mondiale stia diminuendo, questo virtuoso processo sta procedendo ancora in modo troppo lento.

I maggiori progressi sono stati registrati soprattutto nei Paesi più avanzati, tra cui quelli della Regione Europea, che stanno adottando il più volte caldeggiato “Safe System Approach”, ovvero un approccio olistico e integrato finalizzato a creare e rafforzare più livelli di protezione per gli utenti della strada, sia per impedire che si verifichino incidenti sia, in caso di sinistro, per ridurre al minimo i danni causati alle persone coinvolte. Oltre la metà degli Stati membri delle Nazioni Unite segnala un calo dei morti negli ultimi anni e 10 di questi Paesi hanno dimezzato i decessi in 10 anni, dimostrando che l’obiettivo di riduzione del 50% è possibile. Tuttavia tra i 40 Paesi monitorati

dall’OCSE (IRTAD) solo 7 sono attualmente sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo ONU di dimezzare il numero di morti sulle strade nel decennio 2021-2030. Inoltre la Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU, adottata il 31 agosto del 2020 e che ha proclamato il secondo Decennio di iniziative per la sicurezza stradale 2021-2030, chiede anche una riduzione del 50% degli infortunati gravi. Questi ultimi dati, tuttavia, non risultano ancora ad oggi del tutto comparabili tra i diversi Paesi.

DALL’ANALISI

ALLE PROPOSTE

La Conferenza di Marrakech ha inteso condividere le

ANAS e PIARC Italia, insieme alla SITEB, sono stati tra i protagonisti dello stand italiano allestito in occasione dell’esposizione internazionale ospitato dalla Conferenza di Marrakech, a cui hanno partecipato attivamente anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Aiscat, Polizia Stradale, Polizia di Stato, Politecnico di Milano e Fred Engineering.

esperienze di strategie dimostratesi efficaci, rivitalizzare gli impegni nazionali, promuovere le partnership e la cooperazione tra i diversi settori, nonché tra soggetti pubblici e privati, sostenere l’utilizzo delle nuove tecnologie nella gestione della sicurezza stradale e integrare ulteriormente la sicurezza stradale nell’ambito dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottolineando quanto essa sia strettamente legata al tema della salute pubblica. Numerosi gli argomenti approfonditi nelle diverse sessioni, tra le quali segnaliamo: “Decennio di azione per la sicurezza stradale 2021-2030 e Futuro della sicurezza stradale: cambiamenti climatici, trasporti sostenibili e tendenze emergenti della mobilità”; “Strategie per la sicurezza stradale”; “Politiche pubbliche e settoriali in materia di Trasporti”; “Legislazione e Salute Pubblica”; “Gestione locale e territoriale di competenza di sindaci e amministrazioni territoriali”; “Sicurezza della mobilità in area urbana ed extraurbana”; “Sviluppo e manutenzione delle infrastrutture”; “Primo soccorso ed assistenza alle vittime di incidenti”.

Oltre alle sessioni scientifiche durante la Conferenza si sono

svolti anche eventi a latere, tra cui l’International Road Safety Film Festival e l’Assemblea dei Giovani con la partecipazione di oltre 150 ragazzi delegati di 130 Paesi.

La Conferenza si è conclusa con la firma, da parte dei rappresentanti ministeriali di circa 190 Paesi da tutto il mondo, della Dichiarazione di Marrakech in cui si riafferma l’impegno collettivo per garantire che la sicurezza stradale diventi una priorità universale, guidata dai principi di equità, accessibilità e sostenibilità, senza lasciare indietro nessuno. Tra le varie raccomandazioni la Dichiarazione invita anche tutti gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per attuare il Piano Globale per la sicurezza stradale 20212030, incoraggiandoli a istituire un coordinamento interministeriale - in particolare tra i ministeri della Salute, delle Infrastrutture e Trasporti, dell’Industria, delle Finanze, dell’Istruzione, degli Interni e dell’Ambiente - al fine di affrontare le questioni trasversali che più impattano sulla sicurezza stradale. Pubblichiamo di seguito, in traduzione integrale, il testo integrale della Dichiarazione unitamente alla sintesi dello studio predisposto dagli esperti in occasione della Conferenza di Marrakech.

Tasso di mortalità stradale per 100.000 abitanti
Fonte: World Health Organization

Quarta Conferenza Ministeriale sulla Sicurezza Stradale: un Mondo, una Strada, Impegnarsi per la vita (18-20/2/2025)

Dichiarazione di Marrakech

Noi, Ministri e Capi Delegazione, nonché rappresentanti di organizzazioni governative e non governative, internazionali, regionali e subregionali, e del settore privato, riuniti a Marrakech, Marocco, il 18, 19 e 20 febbraio 2025 per la Quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale, sotto l'Alto Patrocinio di Sua Maestà, il Re Mohammed VI;

Accogliamo con favore l'adozione della risoluzione 78/290 dell'Assemblea Generale sullo sviluppo della sicurezza stradale a livello mondiale, presentata dal Regno del Marocco il 24 giugno 2024;

Esprimiamo il nostro profondo apprezzamento al Regno del Marocco per aver ospitato la Quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale, e ringraziamo sentitamente il Paese per la sua calorosa accoglienza e per tutte le misure adottate dalle autorità marocchine a garanzia del successo di questo evento mondiale, plaudendo inoltre al ruolo da loro svolto nella preparazione di questa conferenza;

Ringraziamo la leadership del Regno del Marocco per aver preparato e ospitato questa Quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale;

Esprimiamo un profondo apprezzamento per la Decisione di Alto Livello adottata da Sua Maestà Re Mohammed VI di lanciare il prestigioso Premio Internazionale Mohammed VI per la Sicurezza Stradale, il cui obiettivo è premiare il miglior progetto innovativo tecnico e scientifico nel campo della sicurezza stradale;

Riconosciamo l'importanza della Dichiarazione di Mosca, adottata in occasione della prima Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale nel 2009, della Dichiarazione di Brasilia adottata dalla seconda Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale nel 2015 e della Dichiarazione di Stoccolma adottata dalla terza Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale nel 2020;

Mettiamo in risalto che la Quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale sia la prima del suo genere ad essere ospitata in Africa, e riconosciamo che debba essere prestata un'attenzione particolare a tale continente che, secondo il Rapporto 2023 dell'OMS sullo Stato Globale della Sicurezza Stradale, è quello in cui si registra il più alto tasso di mortalità, con il 24% di decessi per incidenti stradali, nonostante questo continente possieda solo il 4% dei veicoli immatricolati su scala mondiale;

Esprimiamo profonda preoccupazione per il fatto che la sicurezza stradale nei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa, rimanga gravemente sottofinanziata da fondi pubblici o privati e che, malgrado la presenza di strategie nazionali per la sicurezza stradale nella maggior parte degli Stati membri gran parte di esse non vengano né finanziate né attuate;

Dichiariamo che i Paesi africani necessitano di un sostegno rafforzato per integrare gli obiettivi di sicurezza stradale nelle rispettive politiche di sviluppo, in linea con le priorità dell'Agenda 2063 dell'Unione Africana;

Prendiamo atto del ruolo critico che la mobilità e i sistemi di trasporto svolgono nelle nostre società e riconosciamo il diritto di ogni individuo a disporre di opzioni di mobilità sicure, accessibili e sostenibili;

Riconosciamo l'ingente onere globale che gli incidenti stradali continuano a rappresentare per la società in termini di sofferenza umana, con circa 1,2 milioni di vittime prevenibili e un numero stimato di 50 milioni di feriti l'anno, che secondo l'OMS comportano per i Paesi una spesa economica media equivalente al 3-5% del loro prodotto interno lordo, il che rende la sicurezza stradale un'urgente priorità, sia di salute pubblica che di sviluppo;

Riaffermiamo l'importanza di un'azione continuativa fino al 2030 e oltre, su tutti i target dell'Agenda 2030 correlati alla sicurezza stradale, come il 3.6 e l'11.2, e ne riconosciamo la valenza per poter raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 3 e 11;

Teniamo in cosiderazione il quinto Rapporto sullo Stato Globale della Sicurezza Stradale, pubblicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel dicembre 2023, che ha fornito una valutazione dei progressi compiuti dagli Stati Membri durante il Decennio d'Azione per la Sicurezza Stradale 2011-2020;

Prendiamo atto che, seppure tra il 2010 e il 2021 c'è stata una riduzione del 5% nel numero di decessi a livello globale, l'obiettivo generale di riduzione del 50% di vittime e feriti da incidenti stradali nel mondo entro il 2020, come indicato nel target 3.6 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, non è stato raggiunto; e riconosciamo che i finanziamenti aggiuntivi necessari per raggiungere tale target nell'arco temporale di 10 anni si aggirano da 200 fino a oltre i 700 miliardi di dollari statunitensi;

Prendiamo nota che, nonostante il lento progresso tra il 2010 e il 2021, 35 Stati Membri hanno ottenuto riduzioni del numero di decessi da incidenti stradali dal 30 al 49% e 10 Stati Membri (1) hanno raggiunto il 50% del target di riduzione di vittime della strada durante lo stesso periodo;

Esprimiamo profonda preoccupazione per la notevole e perdurante insufficienza dei finanziamenti per la sicurezza stradale, sia da parte del settore pubblico che di quello privato;

Osserviamo l'evoluzione del sistema dei trasporti e notiamo con preoccupazione i problemi derivanti dal loro cambiamento, incluso il numero crescente di decessi tra i pedoni, i conducenti di veicoli a due e a tre ruote, di biciclette elettriche e di dispositivi per la micromobilità;

(1) Bielorussia, Brunei Darussalam, Danimarca, Giappone, Lituania, Norvegia, Federazione Russa, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti e Venezuela (Rep. Bolivariana del Venezuela).

Consideriamo, inoltre, le necessità di pedoni e ciclisti, nonché l'importanza di garantire la centralità delle persone all'interno dei sistemi di trasporto;

Riconosciamo l'impatto degli incidenti stradali, in particolare per le vittime e le loro famiglie, per i bambini e i giovani, e sottolineiamo l'importanza di tener conto della loro voce e di quella degli utenti della strada vulnerabili, tra cui anziani e persone con disabilità, e di ridurre al minimo i rischi di violenza contro donne e ragazze;

Riconosciamo il ruolo delle Associazioni delle vittime di incidenti stradali nel sensibilizzare e stimolare azioni per prevenire decessi e feriti sulle strade;

Teniamo conto, inoltre, delle sfide emergenti in materia di sicurezza e dell'aumento delle pressioni sulle infrastrutture di trasporto esistenti dovuto alla crescita di servizi di trasporto basati su Internet, incluse le attività delle compagnie di ride-sharing e le piattaforme di servizi di delivery;

Aderiamo al presupposto fondamentale che il sistema dei trasporti dovrebbe causare zero vittime e zero feriti gravi, e che la sicurezza non dovrebbe essere compromessa da altri elementi, come i costi o il desiderio di tempi di percorrenza più veloci;

Evidenziamo, inoltre, la necessità di approcci multisettoriali e del coinvolgimento di diversi attori, che comprendano la società civile, il mondo accademico, nonché le imprese e le industrie, che possono dare contributi importanti al miglioramento della sicurezza stradale a livello mondiale, attenzionandosi alla sicurezza stradale lungo tutto il processo produttivo;

Riconosciamo l'importanza di finanziamenti internazionali adeguati, certi, sostenibili e tempestivi, per dare sostegno e complemento agli sforzi dei Paesi nel mobilitare le risorse interne, specialmente nei Paesi a basso e medio reddito; e prendiamo atto dell'erogazione di finanziamenti per la sicurezza stradale forniti dalle Banche Multilaterali di Sviluppo e del ruolo della Global Road Safety Facility nel catalizzare tali finanziamenti;

Sollecitiamo il sostegno alle richieste di finanziamento dei Paesi in via di sviluppo, anche facendo leva sul Fondo per la Sicurezza Stradale delle Nazioni Unite, sulla Global Road Safety Facility e su altri meccanismi dedicati, a seconda dei casi, per promuovere infrastrutture stradali sicure per i trasporti e per supportare l'implementazione di misure necessarie per raggiungere gli obiettivi globali di prestazione volontariamente assunti;

Lodiamo l'Organizzazione Mondiale della Sanità per il suo ruolo di guida nella prevenzione degli incidenti stradali e per l'attuazione del mandato, conferitole dall'Assemblea Generale, di agire, in stretta collaborazione con le commissioni regionali delle Nazioni Unite, per coordinare le questioni relative alla sicurezza stradale nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite;

Notiamo che un numero molto ridotto di Paesi africani dispone per le infrastrutture stradali di standard tecnici allineati a quelli internazionali, il che rappresenta una causa di aumento di vittime in Africa rispetto ad altri Paesi nel resto del mondo;

Lodiamo gli sforzi dell'Inviato Speciale del Segretario Generale per la Sicurezza Stradale, nel mobilitare un impegno costante ad alto livello per la sicurezza stradale, sostenendo l'adesione e la sensibilizzazione agli strumenti giuridici delle Nazioni Unite in materia di sicurezza stradale, condividendo le buone prassi, anche attraverso la partecipazione a conferenze globali e regionali, e svolgendo attività di advocacy a favore dell'aumento di fondi per la sicurezza stradale globale;

Lodiamo le commissioni regionali delle Nazioni Unite per il lavoro volto ad aumentare le attività di sicurezza stradale e a sostenere un maggiore impegno politico per la sicurezza stradale, e a operare per definire target nazionali e regionali di riduzione delle vittime da incidenti stradali; in particolare elogiamo l'attività della Commissione Economica per l'Europa per l'elaborazione di strumenti giuridici per la sicurezza stradale a livello globale;

Lodiamo le iniziative intraprese da molti Paesi del mondo, che hanno adottato politiche pubbliche di alto impatto sulla sicurezza stradale e che costituiscono modelli e buone pratiche in grado di ispirare altri Paesi del mondo, dimostrando che gli incidenti stradali sono evitabili e che è possibile ridurre il rischio di decessi e infortuni;

Richiamiamo la tappa intermedia nel 2026 del Decennio d'Azione per la Sicurezza Stradale 2021-2030 e il cronoprogramma per il raggiungimento dell'obiettivo della riduzione del 50% di decessi e infortuni nel 2030.

1. Accogliamo la Decisione di Altissimo livello di Sua Maestà, Re Mohammed VI, di lanciare il Premio di Eccellenza intitolato "Premio Internazionale Mohammed VI per la Sicurezza Stradale", che sarà assegnato dal Marocco in occasione di ciascuna Conferenza Ministeriale, e riconosciamo che tale iniziativa riflette l'impegno fermo e risoluto del Regno del Marocco di promuovere la sicurezza stradale a livello mondiale;

2. Esortiamo gli Stati Membri e le parti interessate ad accelerare e intensificare gli sforzi per l'attuazione del Piano Globale per il Decennio d'Azione per la Sicurezza Stradale 2021-2030, rendendo la sicurezza stradale una priorità politica, garantendone la rilevanza come catalizzatore della più ampia agenda dello sviluppo sostenibile, e tenendo conto delle opportunità e delle sfide presentate dall'attuale contesto geopolitico;

3. Accogliamo con favore gli impegni assunti dagli Stati Membri e invitiamo quelli tuttora inadempienti a sviluppare, finanziare, realizzare e comunicare gli Impegni nazionali per la Sicurezza Stradale, compresa la creazione di agenzie nazionali per la sicurezza stradale, l'elaborazione di strategie e target nazionali, nonché l'adozione di modelli sostenibili di finanziamento interno;

4. Incoraggiamo gli Stati Membri a realizzare meccanismi di coordinamento interministeriale, in special modo nell'ambito della sanità, trasporti, industria, finanza, istruzione, infrastrutture, ministeri dell'Interno e dell'Ambiente, al fine di affrontare problemi trasversali che hanno un impatto su tutti i settori coinvolti nelle questioni relative alla sicurezza stradale;

5. Invitiamo gli Stati Membri e i relativi stakeholder a usare a proprio vantaggio il Decennio delle Nazioni Unite per i Trasporti Sostenibili annunciato di recente e che inizierà nel 2026, come opportunità per inserire la sicurezza stradale nell'agenda per i trasporti sostenibili quale sua parte integrante, soprattutto oltre l'attuale termine degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del 2030;

6. Inoltre, incoraggiamo gli Stati Membri a prendere provvedimenti per garantire che gli elementi essenziali di sicurezza siano realizzati a livello di progettazione, produzione, utilizzo, funzionamento e mantenimento, sia per i veicoli motorizzati che per quelli non motorizzati, in linea con il quadro normativo internazionale, nonché con gli standard e le migliori pratiche corrispondenti, al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi sulla sicurezza e sull'ambiente del comportamento dei veicoli nei confronti degli utenti della strada, compresi pedoni, ciclisti, motociclisti e infrastrutture;

7. Sollecitiamo gli Stati Membri a ratificare le Convenzioni delle Nazioni Unite relative alla sicurezza complessiva (delle persone e della circolazione) dei veicoli e ad adottare le migliori pratiche nella valutazione e regolamentazione dei veicoli stessi per migliorarne i livelli di sicurezza;

8. Invitiamo gli Stati Membri a implementare politiche per una mobilità e per trasporti multimodali basate sui principi del Safe System (Sistema Sicuro) in tutte le fasi di pianificazione, progettazione, costruzione e manutenzione delle infrastrutture stradali urbane ed extraurbane; a fissare limiti di velocità adeguati e sicuri supportati dalla gestione appropriata della velocità, come, ad esempio, la riprogettazione delle infrastrutture stradali per consentire l'autoimposizione di limiti di velocità mediante l'applicazione dei concetti di strade "autoesplicative" ("self-explaining": progettate per indurre comportamenti sicuri e appropriati degli utenti, N.d.T.) e "indulgenti" ("forgiving": progettate per ridurre le conseguenze degli errori degli utenti, N.d.T.), nonché attraverso misure di controllo; a creare condizioni di sicurezza che consentano il trasporto multimodale e la mobilità attiva; a stabilire, laddove possibile, un mix ottimale di trasporti motorizzati e non motorizzati, dando particolare enfasi ai trasporti pubblici, alla mobilità pedonale e ciclistica, inclusi i servizi di bike-sharing, a infrastrutture sicure per pedoni e ciclisti e attraversamenti adeguati e accessibili, soprattutto nelle aree urbane;

9. Promuoviamo l'educazione alla sicurezza stradale, introducendo specifici programmi negli istituti scolastici e nella formazione dei giovani conducenti;

10. Incoraggiamo gli Stati Membri e le parti interessate a dare priorità agli interventi e agli investimenti laddove, sulla base di riscontri concreti, può essere salvato il numero più alto di vite umane, considerando anche l'assistenza e la riabilitazione post-incidente dei feriti, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, e a garantire che i principi dei sistemi di sicurezza integrata (Safe Systems) siano adattati alle specifiche necessità di quei contesti in cui, in particolare, sta aumentando rapidamente il tasso di circolazione di auto e di veicoli a due-tre ruote;

11. Incoraggiamo gli Stati Membri ad assegnare autorità e risorse adeguate alle amministrazioni provinciali e locali per assicurare la realizzazione di interventi di miglioramento della sicurezza stradale, considerato che molte politiche relative alla pianificazione urbana, all'utilizzo del territorio e ai limiti di velocità sono decise a livello locale;

12. Invitiamo gli Stati Membri ancora inadempienti a considerare l'adozione di una normativa organica sui principali fattori di rischio, compreso il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, dei sistemi di ritenuta per i bambini e dei caschi certificati, la guida distratta o sotto l'effetto di alcool o di altre sostanze, e la velocità, e di implementare una normativa adeguata, efficace e basata su riscontri concreti e/o scientifici su altri fattori di rischio relativi alla guida distratta o alterata;

13. Incoraggiamo gli Stati Membri ancora inadempienti a prendere in considerazione di aderire agli strumenti legali delle Nazioni Unite in materia di sicurezza stradale e, oltre l'adesione, di applicare, implementare e promuovere le loro disposizioni o regolamenti di sicurezza;

14. Incoraggiamo le imprese e le industrie a prestare un'attenzione particolare alla sicurezza stradale nella gestione sistematica del proprio ambiente di lavoro, come richiesto dalla normativa sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro, nonché a monitorare e riferire in merito all'impatto sulla sicurezza stradale delle operazioni in tutto il processo produttivo utilizzando sistemi adeguati di reportistica;

15. Incoraggiamo le imprese e le industrie ad adempiere ai requisiti legali e a garantire il rispetto delle norme stradali come standard minimo, nonché esortiamo le organizzazioni pubbliche e private ad applicare un sistema di gestione della sicurezza, come l'ISO 45001 o l‘ISO 39001, al fine di internalizzare la responsabilità della sicurezza stradale nell'intero processo produttivo;

16. Incoraggiamo gli attori finanziari, come banche, investitori, compagnie assicurative e revisori dei conti, in collaborazione con le Agenzie tecniche competenti, a imporre alle organizzazioni pubbliche e private di occuparsi attivamente della sicurezza stradale nei loro processi produttivi, come prerequisito per il finanziamento a tassi ragionevoli;

17. Invitiamo gli organismi internazionali a sviluppare linee guida e strumenti collegati per accedere al mercato finanziario sostenibile, nonché a incidere sul finanziamento della sicurezza stradale come mezzo per mobilitare capitali privati, e a considerare di alzare il livello di finanziamento della sicurezza stradale in vista della Quarta Conferenza per il Finanziamento dello Sviluppo che si svolgerà a Siviglia, in Spagna, nel giugno 2025;

18. Incoraggiamo la promozione del capacity building, della condivisione di conoscenze, del supporto tecnico e dei programmi e iniziative di trasferimento di tecnologie sulla base di condizioni reciprocamente concordate nell'area della sicurezza stradale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo che affrontano sfide uniche e, laddove possibile, incoraggiamo l'integrazione di tali

programmi e iniziative nei programmi di assistenza allo sviluppo sostenibile mediante forme di cooperazione Nord-Sud, Sud-Sud e triangolare, nonché di collaborazione tra pubblico e privato;

19. Promuoviamo la condivisione di tecnologie e di know-how in infrastrutture sanitarie essenziali per fornire servizi sanitari alle vittime di incidenti stradali;

20. Invitiamo gli attori di riferimento e gli organismi delle Nazioni Unite a monitorare e a condurre ricerche sull'impatto dell'evoluzione tecnologica sui trasporti terrestri e sulla sicurezza stradale, incluse l'intelligenza artificiale e le nuove tecnologie, al fine di ispirare lo sviluppo di linee guida e di raccomandazioni per affrontare le opportunità e le sfide prodotte da tali realtà;

21. Chiediamo agli attori del settore di accelerare la diffusione di tecnologie sia per i veicoli sia per le infrastrutture stradali che forniscano prestazioni salvavita, e di garantire che le stesse prestazioni di sicurezza siano rese disponibili a costi ragionevoli in tutti i mercati a livello mondiale;

22. Chiediamo agli Stati Membri di rafforzare la raccolta di dati e definire e monitorare gli indicatori chiave di prestazione per la sicurezza stradale, compresi i target basati su riscontri concreti per infortuni non mortali, allo scopo di contribuire all'attuazione del Piano Globale per il Decennio d'Azione per la Sicurezza Stradale 2021-2030;

23. Incoraggiamo i governi nazionali, le amministrazioni provinciali e comunali, e le organizzazioni delle Nazioni Unite a far uso della loro influenza quali leader e modelli di riferimento, nonché dei loro poteri in qualità di grandi datori di lavoro e della loro autorità in ambito normativo e di tutela dell'ordine, per accrescere gli interventi in materia di sicurezza stradale, per esempio negli appalti seguendo l'approccio Safe System;

24. Incoraggiamo gli Stati Membri a sostenere i Paesi a basso reddito, specialmente in Africa, perché includano la sicurezza stradale nelle loro politiche, dando priorità ad azioni, interventi e investimenti per sviluppare gli indicatori di sicurezza stradale, garantendo condivisione di conoscenze, capacity building, scambio di dati, adozione di standard di progettazione delle infrastrutture stradali e degli interventi post incidenti e di sup-

porto alle vittime, nonché rafforzando e sviluppando sistemi di trasporto sicuri e sostenibili;

25. Sosteniamo l'organizzazione di un incontro regionale dedicato all'Africa a metà mandato in Marocco, organizzato dal Ministero dei Trasporti e Logistica, per dare seguito alle raccomandazioni della Dichiarazione di Marrakech; sosteniamo la creazione di un comitato ad hoc, presieduto dall'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Stradale, per armonizzare le politiche e le pratiche nazionali in Africa al fine di promuovere i sistemi di sviluppo della sicurezza stradale nell'ottica degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030;

26. Invitiamo l'Organizzazione Mondiale della Sanità a monitorare l'implementazione da parte di ciascun Stato Membro degli impegni presi durante la Quarta Conferenza Ministeriale sulla Sicurezza Stradale e nella Dichiarazione di Marrakech, compresi i report periodici all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite;

27. Invitiamo l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ad adottare una risoluzione finalizzata a diffondere e promuovere i contenuti della Dichiarazione di Marrakech in riconoscimento del suo ruolo cruciale nella promozione della sicurezza stradale a livello mondiale, e per supportare la realizzazione degli impegni stabiliti nella Dichiarazione.

Noi, Ministri e Capi Delegazione, nonché rappresentanti di organizzazioni governative e non governative, internazionali, regionali e subregionali, e del settore privato, riuniti a Marrakech, riaffermiamo il nostro impegno collettivo per garantire che la sicurezza stradale diventi una priorità universale, guidata dai principi di equità, accessibilità e sostenibilità, e senza lasciare indietro nessuno. Riconosciamo che, sebbene permangano sfide significative, le soluzioni risiedono in una volontà politica più forte, in maggiori investimenti, in collaborazioni in partnership e nell'impegno attivo di tutti gli stakeholder. Collaborando, possiamo ridurre i decessi e gli infortuni da incidenti stradali, specialmente nelle situazioni di maggiore vulnerabilità, e infine costruire un futuro in cui la sicurezza stradale sia pienamente integrata negli impegni di sviluppo sostenibile. Guardando alle prossime tappe fondamentali del Decennio d'Azione per la Sicurezza Stradale, ci impegniamo a proseguire i nostri sforzi con rinnovata determinazione, responsabilità e solidarietà per dare attuazione alla vision di strade sicure e accessibili per tutti.

https://unece.org/sites/default/files/datastore/fileadmin/DAM/road_Safety/Documents/UN_Conventions_brochure_FINAL.pdf

Sicurezza

Raccomandazioni del Gruppo di esperti accademici per la Quarta Conferenza Ministeriale Globale sulla Sicurezza Stradale

SALVARE VITE OLTRE IL 2025 - Compiere Ulteriori Passi Avanti

Sintesi e priorità

Le raccomandazioni contenute nel presente report riflettono l'esperienza e le analisi del Gruppo di Esperti Accademici e delineano un percorso di miglioramento della sicurezza stradale che integra le attività in corso e che ha il potenziale di imprimere un ulteriore, significativo slancio alla nostra ambizione di ridurre il numero di decessi e infortuni gravi stradali nel mondo.

Le raccomandazioni mirano principalmente a incoraggiare organizzazioni di ogni tipo a migliorare la sicurezza stradale come parte dei propri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Questo approccio crea opportunità e progressi considerevoli:

• in primo luogo, l'entità del problema degli incidenti sul lavoro richiede attenzione. Circa un terzo di tutti i decessi stradali a livello mondiale, ben 400.000 l'anno, coinvolge un conducente in servizio;

• in secondo luogo, il datore di lavoro ha il potere - e la responsabilità - di gestire i propri fattori di rischio mediante vari approcci, come tecnologie e prassi di sicurezza. I maggiori fattori di rischio, tra cui velocità, problemi di salute e utilizzo di cinture di sicurezza, possono essere controllati con la tecnologia;

• in terzo luogo, le organizzazioni hanno l'obbligo di tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro, sia dei propri dipendenti quando utilizzano la strada per motivi professionali, sia degli altri membri della comunità con cui essi condividono la strada. Quasi ogni Paese ha un'Autorità che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro;

• infine, le pratiche di prevenzione sono molto efficaci, e strumenti come gli standard del sistema di gestione della sicurezza, gli audit e le procedure di certificazione sono largamente disponibili.

Le raccomandazioni si focalizzano su alcuni stakeholder e interventi fondamentali:

• i governi possono assumere un ruolo di guida stabilendo che le previsioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro si estendono anche alla circolazione su strada. Le città possono usare il proprio potere di innovazione per riformare le proprie procedure di appalto a vantaggio della società, e della sicurezza stradale.

• I finanziatori possono includere la sicurezza stradale tra i fattori ESG (Ambientali, Sociali e di Governance) utilizzati per la valutazione del profilo di rischio aziendale di un investimento.

• Il settore automobilistico può fornire veicoli commerciali dotati di dispositivi di sicurezza di altissimo livello per consentire ai datori di lavoro di gestire i rischi stradali con efficacia.

• Le organizzazioni possono fare un primo passo usando le tecnologie disponibili per garantire che i propri veicoli rispettino tutte le norme sulla circolazione e percorrano strade più sicure. Rispettando semplicemente il proprio mandato e le leggi sulla circolazione, le organizzazioni sono in grado di ridurre di almeno il 50 % la mortalità stradale connessa all'attività lavorativa.

Il Gruppo di Esperti Accademici formula tali raccomandazioni come mezzi efficaci per il miglioramento della sicurezza stradale a livello globale. Non sono necessarie nuove Autorità per estendere alle strade gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, né sono necessarie ulteriori ricerche per indurre le organizzazioni a ottemperare alle proprie responsabilità. Risolvere il problema della mortalità stradale connessa all'attività lavorativa non basterà a vincere la sfida globale della sicurezza stradale, ma già solo un primo passo - che garantisca che gli spostamenti per lavoro siano effettuati nel rispetto del codice della strada - potrebbe salvare almeno 200.000 vite l'anno, dando il contributo necessario per il raggiungimento del nostro obiettivo.

Per prevenire vittime e feriti tra dipendenti e terze parti a causa di incidenti stradali:

1. La sicurezza stradale nelle norme e nelle procedure di sicurezza sul posto di lavoro

2. Le organizzazioni governative danno l'esempio con città che fanno da apripista

3. La sicurezza stradale nelle decisioni finanziarie

4. I livelli più alti di sicurezza nelle catene del valore organizzative

5. Le organizzazioni adottano la cultura della sicurezza

6. Il settore automobilistico promuove i massimi livelli di sicurezza dei veicoli e delle organizzazioni

Sicurezza

• le organizzazioni pubbliche e private dovrebbero prestare particolare attenzione alla sicurezza stradale nella gestione sistematica del proprio ambiente di lavoro, come richiesto dalla normativa sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro (SSL).

• La conformità alle migliori prassi in materia di sicurezza stradale dovrebbe essere uno standard chiave SSL e una responsabilità primaria dell'organizzazione.

• Le attività di prevenzione dovrebbero essere implementate per affrontare i rischi di sicurezza stradale in tutta l'organizzazione, ed essere misurate e segnalate nel monitoraggio della conformità alla SSL.

• La conformità dovrebbe essere perseguita anche attraverso il controllo delle forze dell'ordine quando si verificano violazioni su strade pubbliche, con sanzioni comminate all'organizzazione per non aver adottato adeguate precauzioni ai sensi delle norme SSL.

Per sfruttare appieno il potenziale delle organizzazioni governative ai fini del miglioramento della sicurezza stradale su scala mondiale:

• I governi nazionali, le amministrazioni comunali e l'organizzazione delle Nazioni Unite dovrebbero esercitare la loro influenza quali leader e modelli di riferimento, nonché il loro potere quali grandi datori di lavoro e la loro autorità in quanto enti di regolamentazione e vigilanza per promuovere azioni in materia di sicurezza stradale seguendo l'approccio Safe System

• Le città, in particolare, possono svolgere un ruolo cruciale, sfruttando il proprio potere di innovazione per dimostrare come la LSS possa essere fondamentale per far progredire la sicurezza stradale.

• Le amministrazioni municipali, nazionali e le altre autorità di governo dovrebbero indicare chiaramente le responsabilità delle organizzazioni in merito alla sicurezza stradale come parte dei loro obblighi LSS. I governi dovrebbero, inoltre, esprimere con chiarezza la propria volontà di monitorare regolarmente tali obblighi e farli rispettare. Le amministrazioni municipali, nazionali e di altre giurisdizioni dovrebbero far uso dei propri poteri di appaltatori per incentivare la prestazione di sicurezza stradale tra le organizzazioni con cui intrattengono rapporti commerciali e nell'ambito di programmi e progetti finanziati dal governo.

• Il sistema delle Nazioni Unite dovrebbe essere un modello di riferimento nel dimostrare attenzione alla sicurezza stradale come parte della normativa sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro (SSL), in virtù dell'influenza leader delle Nazioni Unite sui paesi di qualsivoglia livello di reddito.

Per incentivare le azioni organizzative volte a sviluppare la sicurezza stradale, gli attori finanziari, come banche, investitori, compagnie assicurative e revisori dei conti, dovrebbero:

• Imporre esplicitamente agli enti di occuparsi attivamente della sicurezza stradale nelle loro catene del valore, come prerequisito per il finanziamento.

• Richiedere specificatamente che le organizzazioni che ricevono i fondi di investimento adottino una procedura di garanzia che includa: una reportistica sull'impronta di sicurezza stradale lungo la propria catena del valore; la definizione di obiettivi di riduzione degli incidenti, e l'attuazione di interventi basati su dati concreti, laddove necessari, per ridurre o eliminare incidenti gravi.

• Le iniziative di collaborazione finanziaria, come i Principi di Investimento Responsabile (PRI) e i (Principi per l'Attività Bancaria Responsabile (PRB), dovrebbero specificatamente includere la sicurezza stradale come elemento essenziale dei fattori Ambientali, Sociali e di Governance (ESG), in base ai quali si valuta la sostenibilità degli investimenti e si sviluppano le linee guida a uso degli investitori e delle banche per valutare le prestazioni in materia di sicurezza stradale.

Al fine di internalizzare la responsabilità della sicurezza stradale lungo l'intera catena del valore, adempiere ai requisiti legali e garantire il rispetto delle regole stradali come standard minimo, le organizzazioni pubbliche e private dovrebbero:

• Applicare un sistema di gestione della sicurezza come l'ISO 45001 o l'ISO 39001.

• Per ogni utilizzo della strada connesso alle operazioni della propria catena di valore, le organizzazioni dovrebbero almeno acquistare veicoli che abbiano le massime prestazioni di sicurezza, nonché assumersi le responsabilità legate ai limiti di velocità, all'idoneità alla guida, all'utilizzo di adeguati dispositivi di protezione, e alla selezione dei tragitti da percorrere.

• L'organizzazione dovrebbe redigere un report relativo alla propria impronta di sicurezza, nonché agli obiettivi, alle azioni e ai risultati.

Per instaurare una cultura della sicurezza che vada oltre il rispetto delle regole, le organizzazioni dovrebbero introdurre e coltivare il principio "Safety First" (la sicurezza prima di tutto) in base al quale i dipendenti possono aspettarsi un ambiente di lavoro il più sicuro possibile, che includa:

• l'invito ai dipendenti a individuare e segnalare i rischi per la sicurezza senza timore di punizioni o rappresaglie, e con la fiducia che l'organizzazione indaghi e risponda con azioni correttive che tengano conto dei suggerimenti dei dipendenti, laddove possibile, per migliorare la sicurezza di procedure e prodotti;

• l'impegno e le azioni della leadership organizzativa volte ad adottare politiche e procedure per una comunicazione trasparente sulle prestazioni di sicurezza, che comprenda la segnalazione di incidenti dovuti a una scarsa sicurezza e l'attuazione di misure per il miglioramento della sicurezza, in accordo col principio Safety First.

Per supportare l'impegno delle organizzazioni ad adempiere agli obblighi della normativa sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro (SSL), ad assumersi la responsabilità della sicurezza stradale all'interno della propria organizzazione e ottenere i vantaggi potenziali di un parco auto mondiale costituito da veicoli più sicuri, il settore automobilistico, comprese le case produttrici di veicoli e attrezzature, dovrebbe:

• assumersi la responsabilità della sicurezza stradale all'interno della propria organizzazione, compresa la raccolta dati, l'individuazione di problemi, l'implementazione degli interventi basati su dati concreti, e la reportistica sui progressi;

• produrre e commercializzare veicoli ad uso commerciale o di flotta aziendale il più possibile sicuri, compresa l'intera gamma di soluzioni lavorative e organizzative, dai mezzi pesanti alle due ruote a motore;

• includere nei veicoli ad uso commerciale o di flotta aziendale tecnologie di sicurezza, che aiutino le organizzazioni a garantire che i propri veicoli rispettino tutte le regole del codice della strada e che tutelino le terze parti da infortuni, come i sistemi di adattamento intelligente della velocità (Intelligent Speed Adaptation - ISA), di prevenzione dell'alterazione delle capacità di guida, di frenata automatica d'emergenza (AEB), di rilevamento dell'angolo cieco (Blind Spot Detection - BSD), di sostegno al mantenimento della corsia (Lane Support System - LSS) e di tutela degli utenti vulnerabili della strada;

• commercializzare veicoli con il più alto livello di prestazioni di sicurezza in tutti i mercati globali;

• sottoporre i veicoli posti in vendita ad uso commerciale o di flotta aziendale alle verifiche da parte di programmi indipendenti di test per i consumatori, per informare le organizzazioni acquirenti in merito alle prestazioni disicurezza dei propri prodotti. in merito alle prestazioni di sicurezza dei propri prodotti.

I PIÙ RECENTI TREND DELL’INCIDENTALITÀ STRADALE IN EUROPA E IN ITALIA

Alla ricerca di nuove leve nella lotta agli incidenti

Vittime della strada in diminuzione anche nel 2024 nell’Unione Europea, ma il ritmo complessivo dei progressi registrati risulta troppo lento e la maggior parte degli Stati membri non sembra sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo UE di dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2030 (e, per la prima volta, anche dei feriti gravi), primo passo per raggiungere il loro totale azzeramento entro il 2050. È la sentenza inappellabile che segue alla lettura dei dati preliminari sull’incidentalità stradale nel 2024 pubblicati il 18 marzo scorso dalla Commissione europea.

Circa 19.800 persone sono infatti decedute sul territorio europeo lo scorso anno a seguito di un incidente stradale, contrassegnando un calo del 3% del vittime, l’equivalente di 600 vite perse in meno, sicuramente più significativo rispetto ai risultati ottenuti nel 2023, anche se ancora insufficiente per conseguire gli ambizioni obiettivi che l’UE si è posta a tutela della vita di tutti gli utenti della strada.

In occasione del report sui dati preliminari 2024 la Commissione ha pertanto ribadito il proprio impegno a favore della sicurezza stradale, ricordando di aver già presentato nel marzo 2023 uno specifico pacchetto di proposte, compresi requisiti aggiornati per le patenti di guida e una migliore applicazione applicazione transfrontaliera del Codice

UE 2024: vittime in calo del 3% ma l’obiettivo 2030 resta lontano. Nuovo Codice e Bologna Città 30 rafforzano la sicurezza in Italia.

della Strada, e prospettando la prossima adozione di una nuova legislazione sui controlli tecnici per ridurre la circolazione di veicoli privi di adeguati standard di sicurezza sulle strade dell’UE.

I dati 2024 pubblicati dalla Commissione Europea. ricordiamo, si basano per la maggior parte dei Paesi su dati preliminari e sono quindi soggetti a modifiche al momento della pubblicazione dei dati definitivi nell’autunno 2025. Le stime per il 2024 coprono l’intero anno e tutte

le strade e si riferiscono ai decessi entro 30 giorni. Solo per i seguenti Paesi si basano su dati parziali: Belgio e Portogallo (dati riferiti ai primi sei mesi del 2024).

TREND DIVERGENTI

TRA GLI STATI UE

Come emerge dai dati preliminari pubblicati dall’Esecutivo di Bruxelles, i progressi ottenuti nel 2024 in materia di sicurezza stradale in tutta l’UE rimangono disomogenei, con alcuni Paesi

che possono vantare risultati significativi, mentre altri lottano ancora per ridurre il numero delle vittime. “Negli ultimi cinque anni Grecia, Spagna, Francia e Italia hanno registrato solo un modesto calo delle vittime della strada, mentre Irlanda ed Estonia hanno registrato un aumento, sebbene le fluttuazioni annuali nei Paesi più piccoli tendano a essere più pronunciate”, scrive in nota stampa la Commissione europea, “Al contrario, Bulgaria, Danimarca, Lituania,

Polonia e Slovenia stanno realizzando forti progressi verso l’obiettivo UE di riduzione del 50%”. Appurata una media UE di 44 vittime della strada per milione di abitanti, la Svezia e la Danimarca si confermano i Paesi più sicuri in termini di tutela della vita sulle strade, con bassi tassi di mortalità (rispettivamente 20 e 24 decessi per milione di abitanti), mentre al contrario la Romania (77 decessi per milione di abitanti) e la Bulgaria (74 decessi per milione di abitanti), presentano tuttora i più alti tassi di mortalità, pur avendo compiuto progressi significativi nella riduzione delle vittime della strada, con un calo di oltre il 20% dal 2019. Sulle strade rurali, prosegue l’analisi di Bruxelles, si continuano a registrare i rischi maggiori, con il 52% dei decessi complessivi che si verificano a seguito di un incidente stradale. La maggior parte delle vittime (77%) è riscontrabile tra le persone di sesso maschile, con gli anziani (65+) e i giovani (18-24) in prima fila, che tra tutti gli utenti della strada rappresentano la categoria più esposta agli esiti fatali dei sinistri.

Gli occupanti delle automobili, in questo contesto, presentano la quota maggiore di decessi sulle strade europee, seguiti da motociclisti (20%), pedoni (18%) e ciclisti (10%), tutti utenti vulnerabili che costituiscono quasi il 70% delle vittime in ambito urbano, evidenziando l’urgente necessità di migliorare le misure di sicurezza proprio all’interno delle città.

ITALIA: ALLA PROVA IL NUOVO CODICE

Per quanto riguarda l’Italia, al di là delle ultime statistiche ufficiali ISTAT-ACI relative al 2023 (vedi articolo a pag. 50 su Onda Verde n.56) e al primo semestre 2024, particolarmente significativi

sono i primi dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) in relazione all’andamento dell’incidentalità stradale dopo l’entrata in vigore delle nuove norme del Codice della Strada, seppure limitatamente ai dati trasmessi dalla Polizia Stradale e dai Carabinieri e condivisi con il MIT dal Viminale. Un calo superiore al 12,5% delle vittime degli incidenti stradali e quasi dell’8% per quanto riguarda i feriti, sono infatti gli effetti della riduzione dei sinistri (-5,2%) che si è registrata sulle strade italiane nei primi quattro mesi di entrata in vigore del nuovo Codice della Strada

(14 dicembre 2024 - 13 aprile 2025) rispetto allo stesso periodo di un anno prima. Un primo bilancio decisamente positivo, come comunicato il 15 aprile scorso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In particolare, evidenzia il comunicato pubblicato sul sito del MIT, nel periodo preso in esame sono state registrate 348 vittime della strada (398 un anno prima), 21.494 incidenti (22.676 un anno prima) e 11.686 persone ferite (12.664 un anno prima). Con l’introduzione del nuovo Codice della Strada, continua pertanto l’impegno costante del nostro Governo

per la sicurezza stradale, con un focus primario sul contrasto alla distrazione e, in particolare, sull’utilizzo improprio del cellulare alla guida, che si conferma la principale causa di ritiro delle patenti.

Come evidenziato dal MIT in una nota precedente, relativa ai primi tre mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme (14 dicembre 2024 - 13 marzo 2025), questa maggiore attenzione ha già portato al ritiro di 17.607 patenti, con 203.753 conducenti sottoposti a controllo con etilometri e/o precursori. Di questi solo l’1,7% ha subìto sanzioni per guida in stato di ebbrezza (con

Andamento del numero di vittime della strada nell'UE (dati preliminari 2024)
Vittime della strada per milione di abitanti (dati preliminari 2024)

3.464 patenti ritirate) e lo 0,2% per guida “dopo aver assunto stupefacenti” (con 407 patenti ritirate), mentre oltre la metà delle patenti ritirate (8.912, pari al 50,6% del totale) è imputabile all’utilizzo del cellulare alla guida. L’auspicio, come dichiarato dallo stesso ministro Matteo Salvini, è ovviamente che questi dati possano migliorare ulteriormente, soprattutto per quanto riguarda il numero delle vittime e dei feriti (“anche una sola vita salvata rispetto al passato è un grande successo”). Ma i risultati ottenuti in termini di controlli e relative sanzioni nei primi mesi di applicazione confermano come il nuovo Codice della Strada stia portando a una maggiore consapevolezza tra gli utenti della strada riguardo ai pericoli della distrazione, senza un aumento indiscriminato delle sanzioni per alcol e droga. Un dato che conferma la completa infondatezza delle preoccupazioni che erano state da più parti sollevate in merito a possibili controlli “irrazionali” sull’uso di droghe e farmaci, così come sul consumo di alcol al volante. Proprio per quanto riguarda i controlli sulla guida in stato di ebbrezza, il MIT ha infatti colto l’occasione per ribadire

che i limiti per il consumo di alcol non sono affatto cambiati con il nuovo Codice, restando sempre gli stessi stabiliti in precedenza.

Si alza di livello, invece, l’azione di contrasto nei confronti dell’utilizzo del cellulare mentre si guida, che come detto in precedenza si conferma di gran lunga la prima ragione di ritiro della patente, in coerenza con la pericolosità e la diffusione di questo comportamento scorretto.

IL CASO CITTÀ 30 A BOLOGNA

Meritano infine un’attenta riflessione i dati riportati dal Comune di Bologna in merito agli esiti del primo anno di attuazione del discusso provvedimento che limita a 30 km/h la velocità massima dei veicoli sulle strade urbane. “Il primo anno di Bologna Città 30 consegna un bilancio che vede in forte calo il numero delle persone decedute sulla strada, quasi dimezzate (10, il 49% in meno), toccando su base annua il minimo storico dal 2013 a oggi (salvo il periodo Covid a mobilità limitata). Inoltre, per la prima volta dal 1991 (il dato ISTAT più vecchio disponibile a livello

cittadino), nessuna persona a piedi è stata uccisa sulle strade di Bologna: sono infatti 0 i pedoni deceduti, e si riducono del 16% quelli investiti”. Un annuncio eclatante che apre la nota pubblicata sul sito istituzionale del capoluogo emiliano, in cui sono sintetizzati i dati sull’incidentalità stradale rilevati dalla Polizia Locale sulle strade del territorio comunale (escluse Autostrade e Tangenziale) dal 15 gennaio 2024 al 12 gennaio 2025 (dati a 52 settimane), confrontati con la media dei corrispondenti periodi dei due anni precedenti (17 gennaio 202215 gennaio 2023 e 16 gennaio 2023 - 14 gennaio 2024).

Con l’entrata in vigore del limite urbano dei 30 km/h la radicale svolta impressa dal Comune di Bologna alla lotta all’incidentalità stradale e alle sue più gravi conseguenze ha trovato piena documentazione nelle statistiche: in un anno gli incidenti stradali sono calati del 13,10%, il numero delle vittime è diminuito del 48,72% (nessuna vittima per la prima volta tra i pedoni), quello dei feriti dell’11,08% e quello degli incidenti più gravi, classificati dalla Centrale operativa Emilia Est del 118 con “codice rosso”, si è drasticamente ridotto

del 31%, con un aumento tuttavia del 36% delle persone ricoverate in prognosi riservata (in termini assoluti 17 persone “ma storicamente l’andamento di questo dato è sempre stato molto variabile negli anni”, precisa in proposito il Comune di Bologna).

“Il calo generalizzato di incidenti e persone ferite, il dimezzamento delle persone decedute e l’azzeramento dei pedoni uccisi segnano una netta inversione di tendenza rispetto al passato sulla sicurezza stradale in città, confermano in concreto che velocità più basse sono decisive per ridurre la probabilità e la gravità degli incidenti, e sostanziano quel “Vai piano, salva una vita” al centro della campagna di comunicazione di Bologna Città 30”. Così commenta la già richiamata nota pubblicata dal Comune di Bologna, sottolinenando come il trend registrato sul proprio territorio sia “in totale controtendenza con quello nazionale” e come il dato relativo all’azzeramento dei pedoni morti sulle strade cittadine nel periodo preso in esame sia unico nelle statistiche ISTAT relative all’intera rete viaria nel Comune di Bologna dal 1991 (dato più vecchio disponibile a livello cittadino).

Per quanto riguarda infine le possibili cause dell’incidentalità, è interessante l’analisi delle violazioni alle norme di comportamento del Codice della Strada accertate dalla Polizia Locale in occasione di incidenti stradali nell’intero 2024: nettamente in cima alla classifica risulta la velocità eccessiva (40,3% ) e a seguire: la mancata precedenza a veicoli a motore, biciclette e pedoni (19,9%), le manovre non corrette (11%), il mancato rispetto dei semafori e della segnaletica orizzontale e verticale (9,2%), per finire con la guida sotto effetto di alcol o sostanze stupefacenti (5,3%).

Zero morti a Bologna nel primo anno di applicazione del limite di 30 km/h su tutte le strade urbane.

Prevenire gli incidenti: un must per l’automotive

l consorzio Euro NCAP (Euro New Car Assessment Program), programma europeo di valutazione dei nuovi modelli di autovetture, nasce nel 1997 grazie alla collaborazione di 7 governi europei (Germania, Gran Bretagna, Olanda, Lussemburgo, Spagna mediante la regione della Catalogna, Svezia e Francia) e di alcune associazioni di consumatori in primis la Federazione Internationale dell’Automobile (FIA) e il Club tedesco ADAC. L’Italia, forte delle sue tradizioni motoristiche, ha deciso di

Seguendo il costante progresso tecnologico dei sistemi avanzati di sicurezza attiva (ADAS) il consorzio Euro NCAP aggiorna i protocolli di valutazione della sicurezza dei veicoli.

aderire con l’Automobile Club d’Italia nel 2011.

Oggi i soci del consorzio, tra ordinari e aderenti, sono 16. E 16 sono anche i laboratori accreditati per le valutazioni sui veicoli. Tra gli ultimi laboratori accreditati da segnalare tre laboratori cinesi: CAERI a Chongquing, CATARK a Tianjin e SMIVIC a Shanghai, forti anche del

numero di veicoli cinesi ormai presenti nei mercati europei. Il laboratorio italiano utilizzato per i test dei veicoli sponsorizzati da ACI è il CSI di Bollate (MI). Gli obiettivi di Euro NCAP e di ACI, sono i seguenti:

• offrire ai consumatori una valutazione oggettiva e indipendente delle

tecnologie per la sicurezza delle vetture più diffuse in Europa;

• promuovere l’aspetto della sicurezza nella progettazione dei veicoli, azione di lobbing verso i costruttori di auto;

• sviluppare una maggior consapevolezza sulla sicurezza dei veicoli degli utenti consumatori.

METODOLOGIA DI VALUTAZIONE

Il risultato finale della valutazione della sicurezza del veicolo è misurato con

il “famoso” sistema delle “stelle”, che da cinque stelle a una stella contrassegna i livelli di protezione offerti dai diversi modelli di veicolo sottoposti a test.

• Sicurezza 5 stelle: buona protezione globale in caso di impatto. Veicolo equipaggiato con una robusta tecnologia anticollisione.

• Sicurezza 4 stelle: buona protezione in caso di impatto; si incoraggiano miglioramenti della tecnologia anticollisione.

• Sicurezza 3 stelle: media protezione degli occupanti, ma manca una tecnologia anticollisione.

• Sicurezza 2 stelle: protezione nominale in caso di impatto, ma mancanza di una tecnologia anticollisione.

• Sicurezza 1 stella: protezione da impatto scarsa.

Inizialmente la valutazione di sicurezza era riferita alla sicurezza “passiva” del veicolo, ossia quale livello di protezione per

gli occupanti, una volta avvenuto l’incidente. Dal 2009 è stata introdotta anche la valutazione della sicurezza “attiva”, ossia quanto la tecnologia presente sul veicolo è in grado di prevenire l’incidente o mitigarne le conseguenze. Nel tempo sono stati variati i pesi tra sicurezza attiva e passiva, dando sempre maggiore importanza alla presenza di sistemi tecnologici in grado di intervenire prima che l’incidente avvenga. Oltre alla valutazione complessiva della sicurezza, attualmente vengono forniti quattro “sotto giudizi”, secondo lo schema sottostante:

1. protezione degli adulti a bordo del veicolo;

2. protezione dei bambini a bordo del veicolo;

3. protezione degli utenti vulnerabili (pedoni e ciclisti);

4. valutazione dei sistemi di assistenza alla guida.

Per le valutazioni 1 e 2 viene valutato quanto il veicolo sia in grado di proteggere

gli occupanti in caso di incidente, ovvero di fatto la sicurezza passiva del veicolo. La valutazione 3 misura invece sia la sicurezza attiva che passiva. Da un lato si misura quanto il veicolo è in grado di prevenire gli incidenti con utenti vulnerabili (sicurezza attiva), dall’altro quanto il veicolo risulti “aggressivo” o “offensivo” in caso di incidenti che vedono coinvolti utenti vulnerabili.

La valutazione 4 riguarda infine la sicurezza attiva, misurando quanto i sistemi presenti nel veicolo sono in grado di evitare un incidente o di mitigarne le conseguenze.

La media ponderata dei quattro giudizi fornisce quindi il giudizio complessivo sulla sicurezza del veicolo.

Una caratteristica fondamentale della valutazione di Euro NCAP è quella di incrementare periodicamente le soglie di valutazione. Generalmente ogni due anni vengono previsti livelli di sicurezza maggiori, quindi una

maggior severità nei test con conseguente stimolo a investire sulla sicurezza per i costruttori.

IL NUOVO RATING

Nel tempo si è assistito ad una evoluzione tecnologica dei veicoli con sempre più presenza di sistemi di assistenza alla guida. I veicoli sono oggi in grado di assistere la guida in modo significativo, automatizzato in certe circostanze particolari, come la guida in autostrada.

Nello sviluppo di nuovi veicoli è dunque in atto una vera e propria transizione dalla mitigazione degli incidenti (sicurezza passiva) alla prevenzione degli incidenti (sicurezza attiva). Ma il fatto che le tecnologie assistite e automatizzate sono destinate a svolgere un ruolo sempre più importante nella riduzione degli incidenti comporta anche un approccio diverso alla valutazione della sicurezza dei veicoli.

Schema della tradizionale valutazione espressa da Euro NCAP: un giudizio complessivo a stelle e quattro “sotto giudizi”.
Inizialmente limitata alla sicurezza passiva la valutazione Euro NCAP è stata estesa a partire dal 2009 alle nuove tecnologie di sicurezza attiva.

Per tutte queste considerazioni Euro NCAP ha deciso, a partire dal 2026, di ritirare l’attuale sistema incentrato sui 4 “sotto giudizi” e sostituirlo con un nuovo approccio.

Il nuovo sistema, ispirato alla matrice di Haddon (Peden, 2004), prevederà sempre un giudizio complessivo, ma suddividerà i test e le valutazioni in base alle quattro fasi distintive di un incidente:

• guida sicura;

• prevenzione degli incidenti;

• protezione dagli incidenti;

• sicurezza post-incidente.

Il nuovo schema di valutazione consente pertanto di testare le funzioni rilevanti che contribuiscono a ciascuna fase, ma può anche valutare e gestire la tecnologia che copre più di una fase d’incidente, creando collegamenti.

La transizione al metodo di valutazione di nuova generazione prende avvio con l’adozione di una nuova struttura che si basa, tuttavia, sulla classificazione e sul consolidamento dei protocolli esistenti, evitando un impatto troppo radicale sulla valutazione con le stelle.

Guida sicura.

In questa fase viene valutata la tecnologia che supporta una “guida sicura”, ossia come i sistemi di assistenza alla guida dialogano e coinvolgono il conducente; nella valutazione si fa riferimento a tre elementi principali:

• monitoraggio degli occupanti: prevista la valutazione dei sistemi di promemoria delle cinture di sicurezza, dei sistemi di classificazione degli occupanti e della tecnologia di rilevamento della presenza degli occupanti; verranno premiate le tecnologie di promemoria delle cinture di sicurezza più immediate ed efficienti; nella valutazione rientrano anche la disattivazione automatica degli airbag e il rilevamento della presenza dei bambini;

• coinvolgimento del conducente: la valutazione consiste nel monitoraggio del conducente e nei controlli di guida assistita; la valutazione dei sistemi di monitoraggio del conducente include l’affaticamento del

conducente e la distrazione; per i controlli di guida è previsto un nuovo elemento di valutazione che riguarda la facilità di utilizzo dei sistemi;

• assistenza al veicolo: prevista la valutazione dei sistemi di assistenza alla velocità, prestazioni del sistema di adattamento della velocità e assistenza allo sterzo, con

l’obiettivo di supportare il conducente durante le normali condizioni di guida; per l’importanza è valutato anche l’aspetto dell’adeguato coinvolgimento del conducente.

Prevenzione degli incidenti (sicurezza attiva) La fase valuta le tecnologie di prevenzione degli incidenti che attenuano o evitano

Nuovo Rating Euro NCAP
Valutazione in stelle
Il laboratorio italiano utilizzato per i test dei veicoli sponsorizzati dall’Automobile Club d’Italia è il CSI di Bollate (MI).

I protocolli Euro NCAP permettono di valutare sia l’efficienza dei sistemi avanzati di ausilio alla guida finalizzati a prevenire gli incidenti quanto i livelli di protezione assicurati in caso di impatto inevitabile.

gli incidenti in situazioni o scenari critici tramite avvisi o interventi automatici; sono tre le situazioni critiche in cui vengono valutate l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di assistenza alla guida, nel dettaglio:

• collisioni frontali: sono valutati tutti gli scenari della frenata automatica di emergenza (AEB e AEBS) come gli scenari con i pedoni e i ciclisti; una novità è anche l’utilizzo dei test virtuali per la valutazione;

• collisioni da cambio di corsia: vengono valutati gli scenari del veicolo singolo, in arrivo e in fase di sorpasso; in aggiunta saranno presi in considerazione anche dei test di accettazione dei conducenti/consumatore, con prove reali su strada;

• collisioni a bassa velocità: oltre ai già valutati impatti con pedoni, ciclisti e moto, una novità assoluta è la valutazione delle tecnologie che impediscono gli incidenti da

attenuare le lesioni; sono valutati i seguenti scenari o impatti:

• impatto frontale e laterale: riferimento a due crash test frontali e due crash test laterali su scala reale, integrati da test con slitta e simulazioni virtuali;

• impatto posteriore (colpo di frusta): rispetto agli attuali test sono previste piccole modifiche alla valutazione geometrica del poggiatesta del colpo di frusta per i sedili anteriori, rimuovendo la penalità implicita per le stature più piccole;

• impatti con utenti vulnerabili (VRU): vengono considerati gli effetti derivati dagli impatti con gli utenti vulnerabili (pedoni ciclisti e motocicli).

Sicurezza post-incidente. Nella fase immediatamente successiva al verificarsi dell’incidente viene valutata cosa il veicolo mette a disposizione nella “golden hour”, fase importantissima dell’incidente: un rapido ed efficace intervento può salvare vite umane! La risposta a questa fase di emergenza viene valutata mediante:

accelerazione involontaria o improvvisa (prevenzione dell’accelerazioni improvvise), lo scenario inizialmente valutato sarà la partenza da fermo.

Protezione dagli incidenti (sicurezza passiva) Viene valutato quanto il veicolo è in grado di proteggere gli occupanti in caso di incidente; sono valutati i tradizionali sistemi di protezione dagli urti, come cinture di sicurezza, airbag, strutture antiurto e poggiatesta, progettati per

• informazioni di soccorso: valutate le informazioni di soccorso contenute nella “rescue sheet” del veicolo, che consentono di tenere sempre aggiornata l’app Euro Rescue; in questo modo la squadra dei soccorritori dalla targa del veicolo incidentato risale al modello del veicolo e utilizzando l’app Euro Rescue dispone immediatamente della “rescue sheet” del veicolo incidentato, per intervenire nel miglior modo possibile;

• intervento post-incidente: valutazione delle performance dei sistemi esistenti, quali l’eCall e il

Sicurezza

Multi-Collision Braking insieme ad alcuni nuovi elementi come l’attivazione automatica delle luci di emergenza;

• estricazione: valutazione dei requisiti e modalità di estrazione degli occupanti dal veicolo incidentato.

I PROSSIMI PASSI DEL RANKING

Diversamente da quanto si è verificato negli ultimi anni, il consorzio Euro NCAP adotterà un sistema di aggiornamento triennale e non più biennale.

La nuova tempistica di aggiornamento dei protocolli concederà in tal modo più tempo per lo sviluppo di protocolli e apparecchiature di prova, oltre che per un confronto migliore con i costruttori che disporranno di più tempo per adeguarsi alle novità.

Nella Road Map 2030, documento che programma le evoluzioni a cui è costantemente sottoposto il sistema di valutazione Euro NCAP, sono già introdotte le modifiche dei quattro pillar della “nuova” valutazione, prevista per il 2029, con inserimento di ulteriori criteri, nuovi scenari e nuovi sistemi di assistenza alla guida.

In un’ottica di Vision Zero, Euro NCAP crede fermamente di avere le potenzialità per migliorare ulteriormente la sicurezza dei veicoli nel prossimo decennio.

Nello stesso periodo, sempre come annunciato nella road map 2030, verranno implementate e completate anche le valutazioni di sicurezza dei Veicoli commerciali e delle due ruote motorizzate. È inoltre prevista una maggiore integrazione tra il protocollo della sicurezza dei veicoli (Euro NCAP) e quello della sostenibilità ambientale (protocollo Green NCAP).

eCall: la telefonata che salva la vita

Dal 31 marzo 2018 è scattata una rivoluzione per il mondo automobilistico: è diventato obbligatorio in tutta Europa il nuovo sistema di emergenza "eCall", abbreviazione di "emergency call". Il sistema è molto semplice. Dopo un grave incidente, la chiamata d'emergenza si attiva automaticamente. La vettura stabilisce una comunicazione vocale con la centrale dei soccorsi. Se a bordo non risponde nessuno, viene avvisato subito il più vicino servizio di pronto intervento. Quest'ultimo, tramite il satellite di navigazione europeo Galileo, riceve l'esatta posizione Gps della vettura e ulteriori importanti informazioni, come il numero delle persone rilevate a bordo (sulla base dei dispositivi di chiusura delle cinture di sicurezza scattati) e il senso di marcia dell'automobile, prima dell'incidente. Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, l'allerta lanciata tempestivamente dal servizio "eCall" e la conoscenza delle coordinate relative al luogo dell'incidente consentirebbero di dimezzare i tempi di arrivo dei soccorsi. Ogni anno con questo sistema potrebbero essere salvate 2.500 vittime della strada.

Il nuovo sistema salvavita è diventato obbligatorio per tutte le autovetture nuove e omologate dal 30 marzo 2018. Per i veicoli omologati anteriormente è invece possibile installare a posteriori un sistema "eCall" su base volontaria.

Per quanto riguarda la privacy, la Commissione Europea assicura che la chiamata automatica registra solo il tipo di veicolo e di carburante, la tempistica dell'incidente, la posizione esatta del veicolo e il numero di passeggeri.

Euro NCAP valuta con molta attenzione anche i requisiti per ottimizzare i soccorsi in caso di incidente.

NUOVO

ETSC SULL'INCIDENTALITÀ STRADALE IN EUROPA

La sottostima dei feriti gravi offre un quadro fuorviante

Le statistiche ufficiali dei 27

Paesi dell’Unione Europea sottostimano fortemente il numero dei feriti gravi a seguito degli incidenti stradali, così come si verifica anche nelle statistiche annuali elaborate in Israele, Norvegia, Regno Unito, Serbia e Svizzera. È quanto denuncia il Rapporto “Reducing Serious Injuries On European Roads” pubblicato il 31 marzo scorso dall’European Transport Safety Council (ETSC), organizzazione internazionale indipendente, senza scopo di lucro, impegnata a ridurre i decessi e i feriti nel

Dimezzare entro il 2030 il numero di morti e feriti gravi sulle strade: obiettivo difficile da centrare senza dati certi, condivisi e confrontabili.

settore dei trasporti. Il nuovo Rapporto, stilato da un autorevole panel di esperti in rappresentanza delle principali autorità nazionali e associazioni di settore, tra cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano e l’Automobile Club d’Italia, rientra nel più ampio programma Road Safety Performance Index

(PIN), che attraverso la raccolta e l’analisi di dati e ricerche intende supportare gli Stati europei nell’implementazione di politiche sempre più efficaci nel campo della sicurezza stradale. Di seguito pubblichiamo in traduzione italiana la sintesi dei risultati del Rapporto predisposta dall’ETSC, riassumendo le

principali raccomandazioni finali in un apposito box. Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, ricordiamo che i feriti gravi ammontano a circa l’8% del totale delle persone infortunate in incidente stradale, con livelli particolarmente elevati del tasso di lesività grave (numero di feriti gravi rispetto alla popolazione) - assai superiori alla media calcolata per tutte le età e costanti nel tempo - rilevati per gli individui più anziani, nelle classi di età 70-79 e 80+, per gli ultrasessantenni e tra i giovani di 20-29 anni.

RIDURRE I FERITI GRAVI SULLE STRADE EUROPEE (PIN Flash 48 ETSC)

Il Rapporto sottolinea che gli infortuni gravi rappresentano un aspetto critico, ma spesso sottovalutato, della sicurezza stradale. Sebbene le morti sulle strade ricevano giustamente un'attenzione significativa, le conseguenze a lungo termine degli infortuni gravi, tra cui sofferenza, disabilità e relativi costi sociali, richiedono una maggiore considerazione. Ogni anno nell'Unione Europea circa 1.291.000 persone riportano lesioni in incidente stradale, di cui 141.000 in modo grave. Tuttavia, questa cifra probabilmente sottostima la reale portata del problema a causa di incongruenze nella raccolta dei dati e, talvolta, di mancanza di informazioni certe.

Una delle principali sfide individuate nel Rapporto è colmare la significativa incoerenza nella raccolta e nella comparabilità dei dati tra i diversi Paesi. La diversità dei metodi di raccolta dati, delle definizioni di ciò che costituisce un infortunio grave e dei livelli di segnalazione porta a sostanziali discrepanze nei numeri registrati. Il rapporto rileva che il numero effettivo di infortuni gravi è spesso considerevolmente superiore al numero registrato ufficialmente dalle Autorità di Polizia. Ad esempio, i confronti tra i dati sugli incidenti nella Repubblica Ceca tratti dal database della Polizia e quelli del Sistema Sanitario Pubblico hanno rivelato che il primo conteneva solo il 43% dei dati presenti nel database sanitario.

Per affrontare la questione l'UE ha individuato una definizione comune di lesione stradale grave, ovvero quella in cui una persona ricoverata presenta un livello di gravità pari o superiore a MAIS3 (MAIS3+). La Abbreviated Injury Scale (AIS) è una classificazione delle lesioni traumatiche riportate in 9 diverse sezioni anatomiche accettata a livello globale. La Maximum Abbreviated Injury Scale (MAIS) rappresenta l'AIS massimo di tutte le diagnosi di lesione per una persona. Sebbene questa definizione comune rappresenti un passo nella giusta direzione, il Rapporto evidenzia che raggiungere la comparabilità nella pratica rimane una sfida, a causa della varietà di metodi applicati dagli Stati membri per valutare il numero di persone gravemente ferite. Oltre ai dati MAIS3+, l'UE incoraggia gli Stati membri a continuare a raccogliere dati basati sulle precedenti definizioni nazionali adottate da ciascun Paese.

La sottostima dei casi è un problema rilevante, in particolare tra gli utenti vulnerabili della strada, come pedoni, ciclisti e motociclisti. Uno studio condotto nei Paesi Bassi ha rilevato che le Autorità di Polizia registrano circa il 65% dei feriti gravi se negli incidenti è coinvolto un veicolo a motore, ma solo circa il 12% nei casi nei casi in cui non è coinvolto alcun veicolo a motore. Ciò è particolarmente rimarchevole considerato che una percentuale significativa di utenti vulnerabili della strada subisce gravi lesioni in incidenti "a solo", senza il coinvolgimento di veicoli a motore.

Nel 2018, la Commissione Europea ha annunciato l'obiettivo di ridurre del 50% i feriti gravi da incidenti stradali tra il 2020 e il 2030. Questo ambizioso obiettivo è in linea con la Dichiarazione di La Valletta sulla sicurezza stradale del 2017, che ne richiamava l'importanza. In risposta, molti Paesi dell'Unione Europea hanno integrato obiettivi di riduzione dei feriti gravi nelle loro strategie nazionali per la sicurezza stradale. Tuttavia, il Rapporto evidenzia che i progressi nella riduzione dei feriti sia gravi che lievi sono in ritardo rispetto alla riduzione dei decessi sulle strade. I feriti gravi nell'UE-24 sono diminuiti del 13% tra il 2013 e il 2023, un calo più lento rispetto al calo del 16% dei decessi sulle strade, ma più rapido rispetto alla riduzione dei feriti lievi. Il Rapporto sottolinea che l'entità della diminuzione nel periodo 2013-2023 non lascia sperare di raggiungere una riduzione del 50% nel decennio 2020-2030.

La distribuzione dei feriti gravi tra i diversi gruppi di utenti della strada varia considerevolmente tra i Paesi che partecipano al Road Safety Performance Index (PIN). In media nell'UE, gli occupanti di autovetture rappresentano il 35% dei feriti gravi (il 24% conducenti di auto e l'11% passeggeri), mentre i ciclisti rappresentano una percentuale sproporzionatamente elevata (il 25% rispetto al 10% dei decessi sulle strade). Ciò evidenzia la vulnerabilità dei ciclisti e la necessità di misure mirate per migliorare la loro sicurezza.

Si riscontrano anche notevoli differenze di genere nelle lesioni gravi. In tutta l'UE, gli uomini rappresentano il 66% dei feriti gravi, mentre le donne il 34%. La percentuale di utenti della strada di sesso maschile gravemente feriti varia dall'81% in Grecia al 55% in Estonia. (…)

Il presente Rapporto sottolinea pertanto l'urgente necessità di uno sforzo concertato per migliorare la sicurezza stradale in tutta Europa. Affrontando le incongruenze nella raccolta dei dati, implementando interventi basati sull'evidenza e adottando un approccio Safe System completo, sia i governi nazionali che l'UE possono contribuire a ridurre gli infortuni gravi e creare un ambiente stradale più sicuro per tutti.

Un urgente richiamo all'approccio Safe System

Per affrontare le sfide e raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei, gli esperti ETSC ribadiscono l'importanza dell'approccio Safe System alla sicurezza stradale, ovvero la necessità di creare un sistema di sicurezza stradale in grado di ridurre al minimo il rischio di decessi e lesioni gravi, articolato in sei punti chiave:

1. Governance: garantire che i leader si assumano la responsabilità, assicurare la trasparenza, garantire finanziamenti adeguati, migliorare la raccolta dati e sviluppare partnership.

2. Velocità sicure: adattare i limiti di velocità all'ambiente stradale e alla vulnerabilità degli utenti della strada.

3. Strade sicure: progettare e manutenere le infrastrutture in modo da ridurre il rischio di collisioni e minimizzare la gravità delle lesioni.

4. Veicoli sicuri: promuovere quelle tecnologie di sicurezza che aiutano a prevenire le collisioni (sicurezza attiva) e proteggono gli occupanti e gli utenti vulnerabili della strada (sicurezza passiva).

5. Utenti della strada sicuri: incoraggiare comportamenti responsabili attraverso l'educazione e la formazione degli utenti della strada, controlli adeguati e incentivi.

6. Assistenza post-incidente: garantire una risposta tempestiva ed efficace alle emergenze e cure mediche in grado di ridurre al minimo le conseguenze degli incidenti.

L'IMPEGNO DI ACI READY2GO NELLA FORMAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Esercito e Forze dell’Ordine a scuola di guida in sicurezza

a cura di Redazione Network ACI-Ready2Go

Consapevolezza, conoscenza e responsabilità sono i tasselli essenziali della sicurezza stradale, fondamentale per tutti gli utenti della strada e soprattutto per chi può trovarsi a dover gestire situazioni critiche anche durante l’attività lavorativa. Per questo motivo l’Automobile Club d’Italia, grazie ai professionisti della struttura ACI Ready2Go che gestisce il Network di autoscuole ACI, (più di 230 in tutta Italia), promuove appuntamenti formativi teorici e pratici non solo a favore dei singoli cittadini e

Dall’ultimo evento formativo a Gorizia (Brigata Cavalleria “Pozzuolo del Friuli”) ai prossimi corsi 2025 in programma il Network ACI offre supporto alla PA.

dei conducenti professionali, ma anche dell’Esercito Italiano, delle Forze dell’Ordine e, in generale, del personale della Pubblica Amministrazione.

Obiettivo formare e sensibilizzare sui temi dell’educazione e della sicurezza stradale, facilitando i partecipanti ai corsi nella professione di tutori della legge e del benessere

collettivo, oltre che nel loro specifico rapporto con la cittadinanza, grazie a una formazione che possa essere di completamento alla grande professionalità ed esperienza. Questo per salvaguardare la propria incolumità e per supportarli nel loro delicato lavoro, fatto molto spesso di interventi tempestivi ed in condizioni non facili.

UN FORMAT CONSOLIDATO

I corsi di formazione ACI Ready2Go seguono un format consolidato suddiviso in teoria e pratica. “Le lezioni teoriche forniscono delle basi indispensabili che vengono, poi, interiorizzate con la parte pratica”, ha spiegato Valerio Vella, responsabile nazionale ACI Ready2Go, “al fine di assimilare i comportamenti corretti da tenere alla guida, sia in situazioni critiche sia in condizioni di normalità”. Le sessioni teoriche, svolte dallo stesso Valerio Vella, sono studiate per coinvolgere

i partecipanti, immergendoli dinamicamente nelle tematiche trattate, grazie all’ausilio di dimostrazioni, video e simulazioni di circostanze che possono presentarsi mentre si è alla guida dell’auto.

La parte pratica, curata dai Formatori ACI Ready2Go e coordinata da Luca Pellicciari, responsabile della metodologia didattica, viene, invece, realizzata in aree protette e appositamente allestite per effettuare i “Driving Test”. Si tratta di un momento formativo durante il quale vengono affrontati esercizi utili a prevenire e gestire in maniera corretta eventuali situazioni di pericolo che potrebbero verificarsi in ambito stradale.

“ACI Ready2Go si basa sull’idea che la formazione stradale debba superare il mero conseguimento della patente di guida”, ha aggiunto Valerio Vella, “e grazie anche a questi eventi, con la teoria e la pratica riusciamo a integrare in modo efficace competenze e conoscenze tecniche di professionisti, come il personale della Pubblica Amministrazione, in particolare, dell’Esercito Italiano e le Forze dell’Ordine, maggiormente esposto al pericolo e a contatto diretto con la cittadinanza”.

DAL 2021 FORMATI

3.700 PROFESSIONISTI

L’ultimo evento formativo

ACI Ready2Go a favore dell’’Esercito Italiano si è tenuto lo scorso marzo a Gorizia e ha coinvolto oltre 90 militari della Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli”. Un’intensa tre giorni di formazione realizzata grazie alla sinergia con l’Automobile Club Gorizia. Nel corso della parte teorica sono stati affrontati i concetti fondamentali della Guida in Sicurezza utili a prevenire un incidente stradale: a partire dal rispetto

dei limiti di velocità, della sicurezza attiva e passiva, fino ad arrivare alla necessità di mantenere sempre la massima concentrazione al volante. La parte pratica, invece, è iniziata illustrando, per poi affrontare, lo slalom dinamico utile a comprendere le cause effetto del sotto e sovrasterzo, l’utilizzo del dispositivo ABS e alcuni esercizi su fondo a scarsa aderenza con evitamento dell’ostacolo. Le giornate formative, hanno avuto luogo presso la Caserma Montesanto, sede del Reparto Comando e Supporti Tattici “Cavalleggeri di Treviso” (28°) con due ore di teoria e tre ore di pratica al giorno. Oltre al Comando Brigata e al Reparto Comando e Supporti Tattici, hanno preso parte alla formazione anche il Rgt “Genova Cavalleria”, il Rgt Lagunari, il Rgt Artiglieria a Cavallo, il 3° Rgt Genio Guastatori e il Rgt Logistico. L’evento di Gorizia ha ricevuto un plauso da parte del Colonnello Diego Cicuto, Comandante del Distaccamento della Brigata “Pozzuolo del Friuli”, il quale ha dichiarato: “Ringrazio sentitamente, anche a nome del Generale Comandante della Brigata, attualmente impiegata in Libano, l’ACI e gli istruttori di Ready2Go per la bella sinergia instaurata di queste tre giornate. Il nostro personale, già altamente specializzato ed esperto nella conduzione di tutti i veicoli in dotazione, ha apprezzato quest’ulteriore momento formativo, perché il concetto di sicurezza stradale, pur essendo alla base del nostro quotidiano operare, per la sua importanza va sempre evidenziato cogliendo ogni possibile occasione”. Ha espresso il proprio personale apprezzamento anche S.E. Ester Fedullo, Prefetto di Gorizia, in quanto l’iniziativa “Risponde all’esigenza di riflettere sul tema della sicurezza stradale che rimane di fondamentale

In alto il corso per la Scuola Allievi Carabinieri di Campobasso e sotto il responsabile Ready2Go, Valerio Vella, durante l’evento formativo di Gorizia.

importanza per la nostra società. Per contrastare l’incidentalità stradale occorre un approccio integrato che coinvolga istituzioni e cittadini e che si avvalga di programmi di educazione e sensibilizzazione sui rischi della guida in violazione delle regole oltre che di incisivi controlli da parte delle Forze di Polizia e di interventi tesi al miglioramento delle infrastrutture. Solo con l’impegno collettivo possiamo garantire una circolazione sulle strade più sicura nella consapevolezza che la sicurezza stradale e la legalità sono strettamente correlate e che il contrasto all’incidentalità è una responsabilità di tutti noi”. Dalla fine del 2021 ad oggi ACI Ready2Go è stata impegnata in molteplici eventi a favore della Pubblica Amministrazione, formando complessivamente

oltre 3.700 professionisti. Hanno partecipato, tra gli altri: Brigata Taurinense (Rivoli, Fossano, L’Aquila e Milano), Brigata Sassari, Polizia municipale di Bari, Brigata Bersaglieri Garibaldi (Salerno), Scuola Carabinieri “Eugenio Frate” di Campobasso, Scuola Sottoufficiali della Guardia di Finanza de L’Aquila, Polizia locale di Adria e Rovigo e Questura di Rovigo, Polizia municipale di Salerno, 232° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito Italiano e della Questura di Avellino, personale RFI e la Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli” a Gorizia. Le iniziative ACI Ready2Go proseguiranno anche per il 2025. In calendario, ad oggi, tre eventi formativi che vedranno coinvolti la Guardia di Finanza a L’Aquila, il personale RFI di Firenze e la Polizia municipale di Bologna.

PROPOSTA DI REVISIONE DELLE NORME SU CONTROLLI TECNICI E IMMATRICOLAZIONI

La sfida UE ai veicoli più obsoleti e più insicuri

Rafforzare la sicurezza stradale e ridurre l’impatto negativo delle emissioni dei veicoli a motore sull’ambiente e sulla salute umana: è il duplice obiettivo espressamente dichiarato dalla Commissione Europea nel presentare, il 24 aprile scorso, una proposta di revisione globale delle norme dell’UE in materia di controlli tecnici e documenti di immatricolazione dei veicoli, mettendo mano a tre diverse direttive attualmente in vigore: quella relativa ai controlli tecnici periodici (PTI) dei veicoli, quella che riguarda i documenti di immatricolazione dei veicoli e quella che regolamenta i controlli su strada (RSI) dei

Presentata da Bruxelles il 24 aprile scorso una proposta per rafforzare i controlli sui veicoli più insicuri e più inquinanti a tutela della sicurezza e della salute.

veicoli commerciali. Una serie di modifiche di cui beneficeranno tutti i cittadini europei. La revisione del pacchetto controlli tecnici e immatricolazioni, secondo le stime di Bruxelles, permetterà infatti salvare tra il 2026 e il 2050 circa 7.000 vite umane sulle strade dell’UE e di evitare circa 65.000 feriti gravi. La revisione proposta contribuirà inoltre a creare un ambiente più sano grazie a una significativa riduzione delle emissioni nocive di

inquinanti atmosferici (in particolare particelle fini e ossidi di azoto) grazie a una migliore individuazione dei veicoli più inquinanti, difettosi o manomessi, nonché grazie ad una parallela riduzione anche delle emissioni acustiche. Vantaggi concreti infine, sono attesi anche sul fronte della tutela dei consumatori, che saranno protetti in modo più efficace dalle possibili frodi quando acquistano veicoli usati da un altro Stato membro.

UN RAFFORZAMENTO DEI CONTROLLI

Le nuove norme proposte tengono conto anzitutto della crescente presenza nelle flotte europee di veicoli elettrici e della diffusione dei nuovi sistemi di ausilio alla guida (ADAS), con l’intento di adattare le regole attualmente in vigore alle tecnologie emergenti. Altro fenomeno preso in attenta considerazione è poi quello dell’invecchiamento del parco circolante, soprattutto in alcuni Stati membri, che comporta la presenza sulle strade di veicoli altamente inquinanti e privi di quegli standard di sicurezza attiva e passiva che il progresso

tecnologico ha ormai garantito su tutti i veicoli di ultima generazione. La Commissione propone pertanto di introdurre controlli rafforzati, comprese ispezioni tecniche periodiche per i veicoli elettrici e per i sistemi avanzati di assistenza alla guida, ispezioni annuali per le auto e i furgoni più vecchi e metodi avanzati di prova delle emissioni per rilevare i veicoli ad alte emissioni al fine di ridurre l’inquinamento da polveri sottili. Di pari passo Bruxelles propone inoltre di introdurre certificati digitali di immatricolazione dei veicoli e di controllo periodico, in luogo dei tradizionali documenti cartacei, di semplificare la condivisione transfrontaliera dei dati e di proteggere i cittadini nell’acquisto di veicoli di seconda mano da attività fraudolente come la manomissione del contachilometri. Le ispezioni tecniche periodiche previste,

I punti chiave della proposta

infine, saranno agevolate per coloro che risiedono temporaneamente in un altro paese dell’UE.

IN CAMMINO VERSO IL FUTURO

La proposta della Commissione Europea, in conclusione, mette nel mirino soprattutto i veicoli più vecchi e meno sicuri, quelli stessi che che sulla base delle statistiche contribuiscono con più frequenza a causare incidenti, decessi e lesioni. Le norme attuali, aggiornate da ultimo nel 2014, come rileva l’Esecutivo di Bruxelles devono quindi tenere il passo con il progresso tecnologico per assicurare una migliore sicurezza sulle strade, contribuendo a conseguire l’ambizioso obiettivo di azzerare il numero di morti e feriti gravi sulle strade dell’UE entro il 2050 (“zero vittime”) e di ridurre del 50 % i decessi e i feriti gravi entro il 2030.

Parimenti la revisione proposta, partendo dall’assunto che le norme attuali non affrontano sufficientemente neppure il problema dell’inquinamento atmosferico e acustico, pone l’accento sul controllo dei veicoli più vecchi, più inquinanti e più rumorosi, che sono maggiormente responsabili delle emissioni inquinanti, anche se in numeri assoluti relativamente pochi rispetto al numero dei veicoli circolanti in nell’UE. Problema, quest’ultimo, che vede in campo attualmente procedure obsolete e un mancato utilizzo di tecnologie moderne che ostacolano l’applicazione delle norme e la cooperazione transfrontaliera. Le proposte saranno ora esaminate dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. Una volta concordato, la Commissione preparerà gli atti delegati e di esecuzione necessari per

Le misure proposte dalla Commissione Europea comprendono in sintesi quanto segue:

• Adeguamento delle prove ai veicoli nuovi: ispezioni tecniche periodiche per i veicoli elettrici e nuove prove per i sistemi elettronici di sicurezza, compresa la prova dell'integrità del software dei sistemi rilevanti per la sicurezza e le emissioni.

• Nuove prove delle emissioni: individuazione e rilevamento di veicoli ad alte emissioni, compresi quelli manomessi, utilizzando metodi avanzati per particelle ultrafini e NOx.

• Lotta contro la frode: registrazione delle letture dei contachilometri nelle banche dati nazionali per lo scambio transfrontaliero della cronologia dei contachilometri.

• Ispezioni annuali: per auto e furgoni di età superiore ai dieci anni.

• Digitalizzazione: rilascio di certificati elettronici di immatricolazione dei veicoli e di prove periodiche e scambio di dati attraverso una piattaforma comune per semplificare le procedure amministrative.

• Riconoscimento reciproco dei certificati di ispezione tecnica periodica: garantire il riconoscimento transfrontaliero dei controlli tecnici periodici effettuati in un altro Stato membro per le autovetture per sei mesi.

• Miglioramento della governance dei dati: semplificazione dell'accesso ai dati tecnici dei veicoli per i centri di prova.

taluni aspetti dell’attuazione delle norme.

Come ha dichiarato il Commissario europeo per i Trasporti sostenibili e il Turismo, Apostolos Tzitzikostas: “L’UE è fermamente impegnata a ridurre del 50 % gli incidenti stradali mortali e le lesioni gravi entro il 2030. L’iniziativa odierna segna un importante passo avanti per rendere le nostre strade più sicure, l’aria più pulita e la vita dei cittadini più facile. Modernizzando le nostre norme di controllo tecnico stiamo sfruttando le tecnologie più recenti, rafforzando l’applicazione e garantendo che siano al passo con le realtà in evoluzione della mobilità”.

Di seguito, per maggior chiarezza, pubblichiamo in versione integrale e in traduzione italiana, la sezione Q&A (Domane e Risposte) pubblicata in merito sul sito ufficiale della Commissione Europea.

Domande e risposte sulla revisione del pacchetto controlli tecnici

Perché è stato necessario rivedere la legislazione sui controlli tecnici? I veicoli non sicuri continuano a essere presenti sulle strade dell'UE. Causano incidenti, direttamente o indirettamente. Alcune carenze dei veicoli non sono ancora rilevate perché non sono soggette a prove durante l'ispezione tecnica periodica (ITP) o perché non vi è alcun obbligo di testare il veicolo stesso.

Inoltre, gli attuali metodi di prova non sono stati adattati ai progressi e all'introduzione di nuove tecnologie, come le funzioni di assistenza avanzata alla guida (ADAS) e le propulsioni elettriche. Per di più, il controllo delle emissioni di inquinanti atmosferici e di emissioni acustiche dei veicoli è ancora insufficiente, dal momento che alcune delle attuali prove ITP non sono sufficientemente sensibili da rilevare emissioni oltre i limiti di legge applicabili ai veicoli recenti e le attuali procedure di prova non sono idonee a contribuire a ridurre l'inquinamento atmosferico (emissioni di ossido di azoto (NOx) e nanoparticelle) e il rumore.

Per quanto riguarda il traffico transfrontaliero dell'UE, le norme attuali non sono efficaci. Ad esempio, alcuni dati sui veicoli non sono disponibili o semplicemente non sono aggiornati nei registri nazionali dei veicoli per far rispettare le infrazioni in materia di sicurezza stradale e garantire una concorrenza leale nel commercio di veicoli usati. Lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sul chilometraggio dei veicoli usati (che potrebbe contribuire a individuare e prevenire le frodi transfrontaliere relative ai contachilometri) e su altri dati pertinenti relativi ai veicoli, ad esempio i dati necessari per la reimmatricolazione, è insufficiente. Lo scambio efficiente di dati sui veicoli è inoltre impedito dall'uso di documenti in gran parte cartacei, come richiesto dalle norme vigenti. Per consentire la digitalizzazione, le norme devono pertanto essere modificate.

Quali sono gli elementi chiave della revisione?

Nuovi metodi di prova, estensione del campo di applicazione

• Adattare il ITP ai veicoli elettrici e includere nuovi elementi di prova per i sistemi automatici di sicurezza attiva attraverso un uso più ampio dell'interfaccia elettronica del veicolo (anche per la verifica dell'integrità del software dei sistemi rilevanti per la sicurezza e le emissioni);

• nuovi metodi di test delle emissioni di particelle ultrafini e ossidi di azoto per individuare i veicoli ad alte emissioni, compresi quelli manomessi;

• prova annuale delle emissioni dei veicoli commerciali leggeri (furgoni);

• misurazione delle particelle NOx e delle emissioni acustiche mediante telerilevamento nei controlli su strada di tutti i veicoli;

• registrazione delle letture dei contachilometri nelle banche dati nazionali e messa a disposizione di altri Stati membri di tali dati in caso di nuova registrazione;

• ITP obbligatorio per motocicli di cilindrata superiore a 125 cm3 o 11 kW;

• controllo obbligatorio della fissazione del carico durante i controlli su strada;

• ITP annuali obbligatori per auto e furgoni di età superiore a 10 anni. Governance dei dati, digitalizzazione, registri dei veicoli

• Digitalizzazione del certificato di controllo tecnico e del certificato di immatricolazione del veicolo;

• interconnessione dei registri nazionali dei veicoli ed estensione della serie di dati armonizzati sui veicoli contenuti in tali registri, ad esempio il Paese di prima immatricolazione, lo stato di immatricolazione e le informazioni sulle modifiche significative apportate al veicolo;

• requisito che lo Stato membro di immatricolazione riconosca un certificato ITP rilasciato da un altro Stato membro per i veicoli passeggeri per un periodo di sei mesi e possibilità di riconoscere a tempo indeterminato gli ITP effettuati in altri Stati membri dell'UE per qualsiasi categoria di veicoli;

• governance dei dati: definire le procedure e i mezzi di accesso alle informazioni tecniche del veicolo da parte dei centri di controllo a titolo gratuito.

Quali sono i principali vantaggi per i cittadini/consumatori?

Tutti i cittadini beneficeranno di una maggiore sicurezza stradale nell'UE. La revisione del pacchetto salverà vite umane e ridurrà gli infortuni sulle strade dell'UE: tra il 2026 e il 2050 si stima che si salveranno circa 7.000 vite e si eviteranno circa 65.000 feriti gravi.

Contribuirà a un ambiente più sano grazie a una significativa riduzione delle emissioni nocive di inquinanti atmosferici (particelle fini e ossidi di azoto) grazie a una migliore individuazione dei veicoli difettosi e manomessi. Proteggerà meglio i consumatori dalle frodi quando acquistano veicoli usati da un altro Stato membro. Affrontare le frodi relative al chilometraggio è importante dal punto di vista della protezione dei consumatori e anche per una concorrenza leale nel commercio di veicoli. Contribuirà inoltre a ridurre la manomissione del contachilometri nelle vendite nazionali e transfrontaliere di veicoli usati. Ciò dovrebbe avvantaggiare in particolare i consumatori dei Paesi con grandi flotte di veicoli usati.

Infine, i consumatori potranno anche avvalersi di un'ispezione tecnica periodica temporanea effettuata in un altro Stato membro, che offrirà flessibilità alle persone che soggiornano temporaneamente in un altro Stato membro. (Questa opzione si applicherà solo ai veicoli passeggeri, avrà una validità limitata nel tempo e può essere utilizzata a condizione che il successivo ITP abbia luogo nello Stato membro di immatricolazione). Lo Stato membro di immatricolazione di qualsiasi veicolo sarebbe inoltre autorizzato a riconoscere unilateralmente i controlli tecnici periodici effettuati in un altro Stato membro.

La revisione delle norme sui controlli tecnici apporterà altri vantaggi, quali la digitalizzazione, l'interconnessione di registri nazionali accurati e un maggiore scambio di informazioni tra gli Stati membri, contribuendo in tal modo anche alla libera circolazione delle persone e delle merci.

Quali sono i principali vantaggi per le autorità nazionali?

Si prevede che diverse misure ridurranno gli oneri amministrativi e comporteranno risparmi sui costi per le amministrazioni nazionali. I certificati di controllo tecnico in formato elettronico dovrebbero diventare obbligatori e sostituire gradualmente il formato cartaceo. La transizione verso il rilascio di certificati di registrazione digitali invece delle versioni cartacee e delle smart card consentirà un'ulteriore digitalizzazione delle procedure. Si prevedono risparmi grazie a un'interconnessione più efficace dei registri di immatricolazione nazionali. Si prevede inoltre un risparmio di costi grazie al tempo risparmiato per la reimmatricolazione di un veicolo in un altro Stato membro.

Perché la Commissione ha proposto un controllo (annuale) più frequente delle autovetture e dei furgoni più vecchi, invece dell'attuale requisito minimo di controllo ogni due anni?

In linea con Vision Zero, la Commissione è favorevole ad adottare ogni misura significativa che possa ridurre il numero di incidenti stradali e vittime. Solo nel 2024, circa 19.800 persone sono state uccise in incidenti stradali. Questo è uno dei motivi per cui stiamo rivedendo le norme sui controlli tecnici. L'altra riguarda le implicazioni per l'ambiente e la salute.

I veicoli più vecchi sono soggetti a guasti più frequenti e gli studi hanno anche dimostrato che sono più frequentemente coinvolti in incidenti e rappresentano anche una quota più elevata di veicoli ad alte emissioni. Dal momento che le automobili sono responsabili della maggior parte dei decessi stradali, anche se i difetti tecnici rappresentano solo una quota relati-

vamente piccola tra le cause degli incidenti, ispezionare le auto più vecchie ogni anno può fare una differenza significativa. Ciò vale in particolare per la sicurezza.

La maggior parte degli Stati membri (AT, BE, BG, EE, ES, FI, HR, IE, LV, LU, NL, PL, PT, RO, SE e SI) applica già verifiche annuali alle autovetture e ai furgoni di età superiore a 10 anni, mentre alcuni lo fanno già dopo 3 o 4 anni (in tutti gli Stati membri dell'UE i veicoli pesanti sono sottoposti a prove annuali a partire dall'anno 1). Negli altri 11 Stati membri, l'introduzione di controlli annuali su autovetture e furgoni porterebbe a una riduzione di circa l'1% degli incidenti mortali e delle lesioni. Ciò significa quasi 1.850 vite salvate e 21.400 lesioni gravi e 120.500 lesioni lievi evitate nell'arco di 25 anni (o circa 74 decessi, 850 lesioni gravi e 4.800 lesioni lievi evitate ogni anno).

Ciò porterebbe inoltre a una riduzione di circa il 15 % del numero di veicoli altamente inquinanti in tali Stati membri (il che significherebbe una riduzione del 7-8% a livello dell'UE).

Perché la Commissione propone requisiti più rigorosi per il controllo tecnico periodico dei motocicli e dei veicoli della categoria L?

I controlli periodici dei motocicli hanno un notevole impatto positivo sulla sicurezza stradale, come dimostrano gli Stati membri che li utilizzano. In base alle norme vigenti, i motocicli con cilindrata superiore a 125 cm3 sono tenuti a sottoporsi all'ITP dal gennaio 2022, sebbene gli Stati membri dispongano di un ampio margine di discrezionalità in termini di portata e frequenza dell'ITP per questi veicoli. Gli Stati membri hanno anche la possibilità di applicare invece "misure alternative efficaci di sicurezza stradale". Dati i chiari vantaggi per la sicurezza stradale derivanti dal controllo tecnico dei motocicli e la mancanza di chiarezza giuridica e di attuazione per quanto riguarda le attuali disposizioni in materia di deroga, la Commissione ha proposto di eliminare l'attuale possibilità di deroga e di introdurre un ITP obbligatorio per i motocicli di cilindrata superiore a 125 cm3.

Quali soluzioni propone la Commissione per affrontare il problema delle frodi relative ai contachilometri?

Per ridurre le frodi relative ai contachilometri, l'attuale direttiva ITP impone la registrazione del chilometraggio del veicolo in ogni ITP e che la sua manipolazione sia un reato punibile. Tuttavia, i ITP vengono condotti solo ogni anno al massimo (in molti casi solo ogni due anni), con il primo ITP che si svolge solo dopo quattro anni nella maggior parte dei casi. Una parte significativa delle frodi sui contachilometri si sarà dunque già verificata in quel momento, poiché è possibile ottenere maggiori guadagni di prezzo manomettendo i contachilometri di veicoli relativamente nuovi. La misura proposta per contrastare le frodi relative ai contachilometri riproduce i sistemi nazionali istituiti dal Belgio (Car-Pass) e dai Paesi Bassi (Nationale Auto Pas, NAP) in tutti gli Stati membri. Per attuare la proposta, gli Stati membri dovranno istituire banche dati nazionali delle letture dei contachilometri. Le letture dovranno essere registrate ogni volta che il veicolo viene sottoposto a manutenzione o riparazione. Poiché la questione è particolarmente preoccupante nel caso di autovetture e furgoni, tali veicoli dovrebbero come minimo essere compresi. Se l'immatricolazione di un veicolo è spostata in un altro Stato membro, lo Stato membro di immatricolazione dovrà condividere la storia del chilometraggio di tale autovettura o furgone con lo Stato membro di nuova immatricolazione.

La proposta consentirà il riconoscimento reciproco dei certificati ITP in tutta l'UE?

Già ai sensi delle attuali norme ITP, per un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, il certificato ITP rilasciato in tale altro Stato membro deve essere riconosciuto da ciascuno Stato membro come se avesse rilascia-

to esso stesso tale certificato, a condizione che il certificato ITP sia ancora valido. Ma ciò vale solo ai fini della libera circolazione e della reimmatricolazione. Tuttavia, l'attuale direttiva ITP prevede che l'ITP sia effettuato dallo Stato membro di registrazione o da organismi o stabilimenti designati e controllati da tale Stato membro. La proposta odierna introduce la possibilità di effettuare un controllo tecnico in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di immatricolazione del veicolo (vedi il seguente Q&A).

La Commissione non ha proposto di attuare il pieno riconoscimento dei certificati ITP in quanto ciò richiederebbe livelli ancora più elevati di armonizzazione dei metodi di prova ITP e quindi costi sproporzionati. Potrebbe inoltre incidere sull'organizzazione e sulla fissazione dei prezzi delle ITP negli Stati membri.

Qual è la possibilità di un'ispezione tecnica periodica temporanea in un altro Stato membro e a quali condizioni può essere utilizzata?

La proposta introduce la possibilità di effettuare un controllo tecnico in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di immatricolazione del veicolo. Il risultato di tale controllo tecnico sarà incluso in un certificato di controllo tecnico temporaneo, con una validità di sei mesi. La misura si applicherà alle autovetture e il successivo ITP dovrà essere effettuato nello Stato membro di immatricolazione. Contribuirà a rafforzare la libera circolazione e andrà a beneficio dei cittadini che attualmente possono incontrare ostacoli quando lavorano o studiano all'estero.

Inoltre, e facoltativamente, gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione anche un più ampio riconoscimento delle ITP.

Quali sono le modifiche relative alle prove sulle emissioni? L'attuale raccomandazione di applicare il test del numero di particelle (PN) diventerà obbligatoria?

Le emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto sono tra gli impatti negativi più significativi del trasporto su strada. Anche alcuni dei veicoli più recenti superano i limiti di emissione legali. Il trasporto su strada è responsabile di oltre il 35% delle emissioni di NOx e di circa il 9% di quelle di particolato, causando circa 70.000 morti premature nell'UE ogni anno.

L'esperienza con i test PN negli Stati membri che li hanno introdotti (Belgio, Paesi Bassi e Germania) è stata molto positiva.

L'applicazione della prova del tubo di scappamento su veicoli dotati di filtri antiparticolato diesel ha dimostrato i limiti dell'autodiagnosi dei veicoli moderni: mentre circa lo 0,3% dei veicoli Euro 6 indicherebbe un malfunzionamento del sistema di controllo delle emissioni, circa il 6% di essi non supera la prova di misurazione effettiva. Il tasso di guasti tra auto e furgoni Euro 5 è ancora più alto.

L'uso della misurazione del numero di particelle per la prova delle emissioni di gas di scarico sostituirà la prova di opacità dei gas di scarico attualmente richiesta in primo luogo per i veicoli diesel dotati di filtri antiparticolato al ITP e per i veicoli pesanti ai controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali. I requisiti di prova si baseranno sulla procedura descritta nella raccomandazione della Commissione sulla misurazione del PN per il ITP dei veicoli dotati di motori ad accensione spontanea, che consente una prova rapida, semplice e poco costosa. Sarebbe necessario utilizzare il limite attualmente raccomandato di 250.000/cm3.

Come per le prove PN, sarà richiesto anche il test prova delle emissioni di NOx nelle ITP e nei controlli tecnici su strada per i veicoli leggeri e pesanti, concentrandosi sull'identificazione di sistemi di riduzione catalitica selettiva (SCR) malfunzionanti, in primo luogo per il diesel. Una volta adattato il metodo di prova ai motori ad accensione comandata, potrebbero essere sottoposti a prova anche i veicoli alimentati a benzina. La procedura di prova è stata impostata in modo da allinearla con la procedura applicata per il test del PN, per consentire prove simultanee di PN e NOx. Ciò manterrà il tempo di test come è oggi e limiterà i costi aggiuntivi delle attrezzature.

INCIDENTI STRADALI E ANZIANITÀ DEL PARCO CIRCOLANTE 2023

Quando il peso dell’età compromette la sicurezza

L’anzianità media del parco circolante italiano dei veicoli pesanti (autocarri, autoveicoli speciali/specifici, autoarticolati e motrici con peso complessivo superiore a 3,5 t) non consente di garantire sulle nostre strade migliori livelli di sicurezza per tutti gli utenti, autisti professionali compresi. È quanto emerge da una analisi dei dati statistici ISTAT-ACI sugli incidenti stradali rilevati in Italia negli ultimi anni, accuratamente incrociati con i dati dei veicoli registrati presso il Pubblico Registro Automobilistico.

L’integrazione dei dati degli incidenti stradali con quelli dei veicoli coinvolti desunti dal PRA – elaborazione

ACI00013 nel Programma

Statistico Nazionale – offre la possibilità di analizzare più nel dettaglio l’incidentalità dei veicoli industriali, a prescindere dalle cause e dalle responsabilità dell’evento, permettendo di distinguere diverse categorie di mezzi in base al peso del veicolo. Le elaborazioni che presentiamo sono, dunque, limitate ai soli veicoli con targa italiana e non sono compresi i veicoli con targa estera.

Va inoltre premesso che gli incidenti stradali per cui sono stati effettuati gli abbinamenti con i veicoli per il 2023 (ultimo anno disponibile con dati consolidati) sono stati 144.296 (87% degli incidenti totali), i morti sono stati 2.710 (89% del totale) e i feriti sono stati 198.205 (88% del totale).

Necessario un decisivo rinnovo del parco: l’anzianità dei camion in circolazione sulle nostre strade si conferma fattore di rischio nell’analisi degli incidenti.

I veicoli per cui è stato possibile effettuare un link tra database degli incidenti stradali e archivio PRA sono stati 237.075 (78% dei veicoli totali coinvolti in incidente nel 2023).

PARCO CIRCOLANTE E INCIDENTALITÀ

Il parco circolante dei veicoli industriali, comprese alcune delle più diffuse categorie di trasporti speciali quali autocisterne e refrigerati, come risulta dal PRA al 31 dicembre 2023 contava complessivamente 814.302 veicoli, con un’anzianità mediana stimata di oltre 18 anni; gli autocarri contribuiscono ad accentuare la vecchiaia dei veicoli industriali con un’anzianità mediana di quasi 23 anni, dal momento che i soli trattori

stradali sono abbastanza “giovani”, avendo riportato un’anzianità mediana di quasi 7 anni. Circa il 59% di tali veicoli risponde ancora a direttive di emissione precedenti all’Euro IV. Nei veicoli più pesanti (≥ 16 t) l’età mediana migliora e, pur restando ancora molto alta, si è attestata intorno ai 13 anni. I veicoli pesanti con targa italiana con peso complessivo >3,5 t coinvolti in incidente stradale nel 2023, desunti dall’integrazione di cui sopra, sono stati 4.385, causando 273 vittime e 5.794 feriti.

La prima evidenza è che su 100 veicoli coinvolti in incidente 83 avevano un ptt ≥ 16 t.

La seconda evidenza è che all’aumentare della massa del veicolo aumenta lievemente la gravità dell’incidente: più di 5 vittime ogni 100 veicoli industriali coinvolti di peso

<16 t a fronte di più di 6 morti ogni 100 veicoli coinvolti di peso ≥ 16 t.

La terza evidenza che emerge dall’analisi è che le conseguenze più gravi sono pagate dagli altri soggetti coinvolti nell’incidente: per ogni deceduto a bordo del veicolo industriale se ne contano 7 tra gli altri soggetti coinvolti se il veicolo industriale ha peso < 16 t e più di 10 se il peso è ≥ 16 t. Inoltre, emerge la pericolosità degli incidenti stradali in cui sono coinvolti veicoli industriali anche per gli stessi conducenti, quando il mezzo ha un peso complessivo ≥ 16 t. Un ulteriore aspetto rilevante riguarda i pedoni deceduti in tali incidenti: 14 complessivi registrati unicamente quando il mezzo è superiore a 16 t.

Arrivando all’analisi dell’anzianità del mezzo, tramite la composizione percentuale per anno di immatricolazione dei veicoli pesanti coinvolti negli incidenti stradali, emerge una distinzione a seconda del peso totale del veicolo. Per i veicoli con PTT < 16 t si evidenzia un picco in corrispondenza dell’anno 2004, equivalente a 19 anni di anzianità: si tratta di uno degli anni in cui è concentrato il 25% del parco circolante di tali mezzi (da 17 a 23 anni di anzianità), oltre al fatto che l’anzianità mediana relativa è di quasi 26 anni, decisamente elevata.

Rispetto ai veicoli con PTT ≥ 16 t la situazione è fortunatamente differente: la percentuale più elevata di veicoli pesanti coinvolti in incidente stradale si osserva in corrispondenza degli anni più recenti, in particolare nel 2021; evidentemente, come già detto, sono veicoli più giovani e, pertanto, moderni, dotati di sistemi di sicurezza attiva e passiva che offrono ai conducenti un valido supporto per prevenire

le situazioni di pericolo e, in caso estremo, per contenere i danni più gravi qualora l’incidente risulti inevitabile. Un contributo, quello offerto dalle nuove tecnologie, oggi indispensabile per assicurare a tutti gli utenti della strada un’adeguata e doverosa tutela della propria vita e di cui solo un sempre più deciso impegno delle istituzioni per favorire l’ammodernamento dell’attuale parco circolante può concretizzare le

potenzialità, a beneficio dell’intera collettività. La curva dell’incidentalità all’innalzarsi dell’età dei mezzi coinvolti decresce poi rapidamente, sia per la esigua quantità di mezzi circolanti di vecchia generazione sia a causa delle limitate percorrenze medie dei veicoli pesanti più vecchi.

C’è infine da aggiungere che quasi il 90% dei veicoli industriali coinvolti in

incidente è alimentato a gasolio, di conseguenza, un parco veicoli industriali rinnovato e più efficiente può significare non solo una migliore occasione di redditività per le aziende di autotrasporto, ma anche una riduzione delle emissioni di gas serra e sostanze inquinanti nell’ambiente e, soprattutto, una maggiore sicurezza sulle nostre strade con una minore perdita di vite umane.

Veicoli industriali coinvolti in incidenti stradali
Anno 2023 (valori assoluti)
Quantità veicoli industriali coinvolti in incidente stradale suddivisi per anno di immatricolazione (%)

INFRASTRUTTURE DI RICARICA: LE INIZIATIVE DELLE CASE COSTRUTTRICI

Work in progress per la rete pubblica

Cinque corsie disponibili equipaggiate con quattro caricatori CCS2 da 300 a 400 kW, con il progetto di implementare presto in loco anche le tanto attese colonnine MCS, la tecnologia di nuova generazione che consentirà una velocità di ricarica fino a 1.000 kW, permettendo ai veicoli pesanti a batteria che effettuano lunghe percorrenze di essere ricaricati in 30-45 minuti. È quanto offre la prima infrastruttura di ricarica pubblica destinata esclusivamente ai veicoli pesanti (camion e autobus) realizzata in Italia da Milence, la joint venture tra Volvo Group, Daimler Truck e Traton Group (di cui fanno parte i costruttori MAN e Scania)

L’inaugurazione del primo hub Milence in Italia per la ricarica degli e-truck ripropone l’urgenza di una rete ad hoc non solo efficiente ma anche capillare.

che si è posta l’obiettivo di attivare in Europa entro il 2027 almeno 1.700 punti di ricarica ad alta prestazione. Il primo “charging hub” Milence sul territorio italiano (il tredicesimo ad entrare in funzione in Europa) è stato inaugurato lo scorso febbraio a Bagnolo San Vito (MN), in una posizione strategica a soli 40 km da Verona - sulla direttrice Bologna-Bolzano - e non lontana dall’intersezione con l’Autostrada del Sole (A1) lungo l’Autostrada del Brennero (A22) e il corridoio

Scandinavia-Mediterraneo, che giocano un ruolo chiave nell’economia europea. L’A22 è infatti un’autostrada fondamentale in Italia, in quanto collega la Pianura Padana e l’Autostrada A1 con l’Austria. L’area prescelta funge inoltre da importante porta d’accesso al nostro Paese, collegando il cuore industriale dell’Italia settentrionale ai porti dell’Italia meridionale. Oltre alla possibilità di ricaricare i veicoli pesanti a batteria, il nuovo hub è

stato progettato anche per supportare i conducenti con servizi studiati ad hoc, fornendo loro uno spazio strutturato per riposare. Un approccio integrato che mira dunque a migliorare la transizione verso il trasporto sostenibile, rispondendo alle esigenze pratiche sia dei veicoli elettrificati che dei loro conducenti.

Come dichiarato da tutte le case costruttrici protagoniste della joint venture Milence, l’inaugurazione del nuovo hub in Italia “rappresenta un passo concreto verso un futuro più sostenibile per il trasporto pesante, in linea con la strategia di decarbonizzazione del settore” (Scania), ovvero “segna un’ulteriore pietra

miliare nella missione di Milence di accelerare e sostenere la transizione verso le emissioni zero, dando priorità all’accesso efficiente e affidabile per gli operatori di veicoli elettrici pesanti in tutta Europa” (Volvo), per citare solo alcuni dei commenti espressi nei comunicati inviati alla stampa per l’occasione. Commentando l’apertura dell’hub di Bagnolo San Vito, lo stesso CEO di Milence, Anja van Niersen, ha dichiarato: “L’apertura del nostro primo hub in Italia dimostra il nostro impegno a riunire tutti gli operatori del settore, per creare una piattaforma che guidi la prossima svolta nel trasporto sostenibile. Questo hub fornisce all’Italia una solida base per soddisfare la crescente domanda di soluzioni di trasporto a emissioni zero. Segna un salto significativo verso il futuro del trasporto su strada in Italia e in tutta Europa, mentre ci muoviamo verso un futuro sostenibile e a zero emissioni”.

IL PROBLEMA DELLA RICARICA

Nonostante la significativa iniziativa promossa da Milence, resta tuttavia ancora aperto il problema di come l’Unione Europea e i singoli Stati membri si stiano concretamente organizzando per incentivare la creazione di una capillare rete di ricarica adeguata alle esigenze dei veicoli pesanti a batteria, conditio sine qua non per una rapida diffusione sulle strade europee dei nuovi camion e autobus ad emissioni zero, a tutti i livelli operativi, compreso il trasporto merci locale e quello regionale. La Commissione Europea, come previsto nel recente “Industrial Action Plan for the European Automotive Sector” presentato il 5 marzo scorso, ha ribadito la propria attenzione al problema e ha assunto

nuovi impegni per realizzare una rete paneuropea di punti di ricarica ad hoc per i veicoli pesanti lungo i corridoi TEN-T, facendo affidamento sull’attuazione del Regolamento sulle infrastrutture per i carburanti alternativi (AFIR).

In questa prospettiva già lo scorso febbraio sono stati stanziati 422 milioni di euro dall’Alternative Fuels Infrastructure Facility (AFIF), uno di meccanismi di finanziamento specifico connessi agli obiettivi dell’AFIR, per sostenere un totale di 39 iniziative finalizzate a guidare la transizione verso un trasporto più sostenibile. Tra queste anche il progetto MILES (Mobility Infrastructure for Logistics - Electric & Sustainable) presentato da Milence, che ha ricevuto una sovvenzione di oltre 111 milioni di euro per potenziare l’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici lungo la rete TEN-T, compresi tutti i nove corridoi di trasporto europei e gli hub urbani.

Al di là della rinnovata attenzione e dei nuovi impegni assunti dalla Commissione Europea con

il suo nuovo piano d’azione, gran parte dell’onere di garantire la disponibilità di punti di ricarica pubblici per il trasporto merci regionale e locale (circa il 70% del totale a livello UE) sembra tuttavia ricadere, al momento, soprattutto sull’iniziativa privata.

“Gli operatori di trasporto hanno bisogno di una strategia infrastrutturale completa che espanda le infrastrutture di ricarica e rifornimento oltre la rete TEN-T per supportare le operazioni di trasporto nel mondo reale”, ha commentato in proposito il direttore IRU UE Raluca Marian.

Un problema, come dimostra anche l’esperienza della joint venture Milence, che vede coinvolti in prima fila i costruttori europei, spinti ad investire in servizi e impianti per la ricarica sotto la spada di Damocle delle previste sanzioni europee per chi non rientrerà nei prefissati parametri di riduzione delle emissione di CO2, ad oggi non modificati dalla Commissione Europea ma soltanto posticipati dal 2025 al 2027. Numerose, pertanto, le

iniziative e le alleanze avviate a livello nazionale o locale dalle case costruttrici per favorire presso i propri clienti una maggiore diffusione dei veicoli pesanti a batteria assicurando loro, oltre ad una accurata consulenza iniziale e alla fornitura di impianti di ricarica ad hoc nei depositi, un proficuo utilizzo su strada dei nuovi mezzi sulla base delle loro effettive esigenze.

DAF IN CAMPO CON TOTALENERGIES

Risale all’11 marzo scorso l’annuncio della firma di un protocollo di intesa tra il costruttore europeo di veicoli pesanti DAF e la società energetica integrata globale TotalEnergies al fine di sviluppare congiuntamente soluzioni di mobilità sostenibili ad emissioni zero per il trasporto su strada. Un impegno comune che intende contribuire fattivamente alla transizione energetica in atto in Europa e al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, facilitando nel contempo le operazioni di ricarica per tutti i clienti in possesso di un veicolo elettrico DAF.

Veduta aerea del nuovo “charging hub” realizzato da Milence a Bagnolo

L’accordo sottoscritto, come spiega in nota stampa la casa costruttrice di Eindhoven, si concentra su 3 iniziative fondamentali:

• valutazione delle opportunità per i clienti DAF di utilizzare in modo ottimale la rete di ricarica TotalEnergies e i suoi servizi di roaming;

• accelerazione dello sviluppo di sistemi di ricarica MCS per la ricarica ultrarapida di veicoli elettrici con un’iniziativa pilota che contribuisca a delineare il futuro delle infrastrutture di ricarica;

• offerta di una gamma di soluzioni energetiche da parte di TotalEnergies, per fornire prodotti e soluzioni energetiche a bassa emissione di carbonio ai siti di produzione DAF, al fine di supportare DAF nella riduzione delle emissioni CO2 scope 1 e 2.

“Questa collaborazione con TotalEnergies è una grande opportunità per unire le nostre rispettive competenze e offrire ai nostri clienti soluzioni di trasporto sostenibili e innovative”, ha commentato il presidente di DAF Trucks, Harald Seidel, che ha poi aggiunto: “DAF è all’avanguardia nel settore dei veicoli elettrici a batteria e offre autonomie a emissioni zero fino a 500 chilometri con una singola carica. Il memorandum of understanding offre maggiori opportunità per accelerare la transizione verso soluzioni sostenibili di trasporto”.

“LA VIA DELL’ELETTRICO” PER VOLVO ITALIA

È invece del 28 febbraio scorso la notizia l’annuncio della partnership locale tra Volvo Trucks Italia, l’azienda mantovana Autotrasporti Rutili e il fornitore di energia Tea Energia (Gruppo Tea), che unendo le proprie competenze hanno dato vita

ad un significativo progetto infrastrutturale ribattezzato “La via dell’elettrico”. In partnership con Tea Energia, l’azienda Autotrasporti Rutilli, leader nel trasporto di merci per la fashion supply chain in Italia ed Europa e pionieristico cliente dei veicoli elettrici a marchio Volvo, ha infatti effettuato investiti per creare una rete di trasporto su gomma interamente elettrica in grado di sfruttare unicamente energia da fonti rinnovabili.

L’investimento operato dalle due aziende ha quindi portato alla realizzazione delle infrastrutture necessarie per la ricarica rapida di camion e furgoni collegando tra loro quattro Regioni italiane (Lombardia, Veneto, Friuli

Venezia Giulia e Toscana, alle quali si aggiungeranno dal 2026 anche Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Lazio), con una fornitura di energia “green” certificata GO (Garanzie di Origine da fonti rinnovabili) assicurata da Tea Energia.

Un’iniziativa significativa che si aggiunge alla notizia diramata il 7 marzo scorso della partnership sul mercato nazionale stretta tra Volvo Truck Italia e Fleet220 (parte di ROUTE220, gruppo italiano leader nella mobilità elettrica e nella gestione delle infrastrutture di ricarica) per accelerare l’elettrificazione del trasporto stradale pesante, offrendo ai clienti del costruttore svedese una soluzione di ricarica completa e integrata.

Grazie a questa collaborazione per ogni camion elettrico Volvo acquistato in Italia ai clienti verrà offerto un apposito pacchetto “Bundle Volvo”, che prevede l’installazione e la gestione da parte di Fleet220 di una stazione di ricarica Elinta City Charge AC da 43 kW presso la sede del cliente per garantire le ricariche notturne. “La nostra missione è rendere la transizione verso l’elettrico più semplice e accessibile per le aziende di trasporto”, ha affermato la direttrice eMob|Product|Homologation di Volvo Trucks Italia, Sabrina Loner, “e questa nuova partnership con Fleet220 rappresenta un passo concreto per garantire ad ogni cliente un’infrastruttura di ricarica efficiente e su misura

Mappa AFIR della rete di trasporto transeuropea (TEN-T).

per le proprie esigenze. Tale soluzione si adatta infatti in modo modulare alle richieste di trasporto del cliente, con la possibilità di essere integrata sia a livello di hardware che di servizio”.

NUOVI SERVIZI SCANIA E MAN

Presupposto che la ricarica dei veicoli in azienda rappresenta comunque un requisito indispensabile per l’elettrificazione delle flotte dell’autotrasporto, al di là dell’impegno assunto nella joint venture Milence i costruttori del gruppo Traton MAN e Scania hanno messo in campo utili servizi per aiutare i conducenti nella ricerca di stazioni di ricarica anche lungo i loro percorsi.

Il servizio Scania “Charging Access” infatti offre informazioni precise sulla disponibilità e la dislocazione in tutta Europa delle infrastrutture pubbliche di ricarica ad alta potenza gestite da partner qualificati. Un servizio in grado di supportare tutte le marche, non solo i veicoli Scania, e di assicurare un accesso alla ricarica senza interruzioni.

Tramite l’apposita “card” viene inoltre garantito, Paese per Paese, un prezzo fisso al kWh presso i fornitori partner, con la possibilità per le aziende di ricevere una fattura consolidata per tutte le sessioni di ricarica.

Anche MAN, oltre ad assistere i clienti nella realizzazione di una propria infrastruttura di ricarica, ha

punti di ricarica compatibili con gli autocarri sulla base dei severi criteri MAN. Sulla mappa digitale sono elencati in due livelli: eTruck ready ed eTruck limited: eTruck ready mostra punti di ricarica per autocarri senza restrizioni, mentre eTruck limited indica quelli che presentano limitazioni, per esempio in termini di lunghezza del veicolo”.

predisposto specifici servizi per gli autotrasportatori che necessitano di ricaricare il proprio veicolo utilizzando colonnine pubbliche. Con la formula “MAN Charge&Go”, lanciata a maggio in tutti i principali mercati UE, il costruttore tedesco offre un pacchetto di soluzioni completo che facilita la ricerca dei punti di ricarica compatibili con ciascun tipo di veicolo mediante una dettagliata mappa digitale, garantendo inoltre una struttura dei prezzi molto chiara, anche per flotte miste, e il pagamento presso gli stessi punti.

“In questo contesto”, aggiunge MAN in nota stampa, “va sottolineato il nuovo standard eTruck ready che per la prima volta mostra

Sempre a marchio MAN, infine, l’ulteriore servizio digitale SmartRoute, integrato nel RIO Fleet Monitor, rivolto ai gestori delle flotte per pianificare al meglio gli itinerari, individuando i punti di ricarica ideali in considerazione del livello di ricarica della batteria e della capacità di ricarica delle stazioni. Un servizio compreso nel pacchetto digitale integrato che i clienti MAN eTGX ed eTGS possono utilizzare senza costi aggiuntivi per i primi cinque anni.

TRUCKCHARGE BY DAIMLER TRUCK

Consentire ai clienti di rendere disponibile la loro infrastruttura di ricarica in deposito per l’utilizzo a pagamento da parte di operatori terzi. È l’idea che sta alla base del progetto annunciato a fine marzo da Daimler Truck e che prenderà il via nel terzo trimestre di quest’anno di dare vita con il marchio TruckCharge alla

Collegate quattro Regioni italiane grazie alla partnership tra Autotrasporti Rutilli, Volvo Trucks e Tea Energia.
Le carte di ricarica Scania Charging Access e MAN Charge&Go semplificano la ricarica

più grande rete di ricarica semi-pubblica in Europa per veicoli pesanti a batteria, con la realizzazione entro il 2030 di oltre 3.000 punti di ricarica ad elevata prestazione presso aziende private di autotrasporto e imprese industriali con una flotta di camion di proprietà o gestita esternamente, nonché presso tutti i dealer europei Mercedes-Benz Trucks. Un progetto destinato a integrare la rete di ricarica pubblica per i veicoli pesanti gestita dalla joint venture Milence, di cui Daimler Truck è partner, e che contribuirà a raggiungere più facilmente i target di riduzione delle emissioni di CO2 stabiliti dall’Unione Europea, compensando seppur parzialmente l’attuale deficit di punti di ricarica rapida appositamente sviluppati per i commerciali elettrici a batteria.

I nuovi clienti che entreranno a far parte di questa innovativa rete di ricarica semi-pubblica ideata da TruckChargemarchio Daimler Truck che riunisce tutte le sue offerte esistenti e future relative

alle infrastrutture elettriche e alla ricarica di camion elettrici, indipendentemente dalla marca dei veicoli di cui sono in possesso - in quanto proprietari dei depositi potranno quindi aprire ad altri operatori le proprie stazioni di ricarica nei momenti in cui non ne hanno necessità, per un utilizzo esterno a pagamento, con un guadagno aggiuntivo che consentirà loro di ammortizzare più rapidamente gli investimenti effettuati per costruire l’infrastruttura di ricarica. Ulteriori vantaggi, al contempo, sono previsti per tutti i proprietari di camion elettrici, che avranno a disposizione a livello europeo una rete di ricarica locale più capillare per le proprie flotte, con una scala più ampia di vantaggiose opportunità economiche di ricarica, grazie ai servizi offerti da Daimler Truck per la prenotazione della ricarica con costi e pagamenti semplificati. TruckCharge assume infatti in questo contesto il ruolo di intermediario tra gli operatori di siti e gli operatori di flotte, creando per entrambi opportunità sia in termini

di processi di pianificazione delle infrastrutture sia in termini di loro utilizzo: gli operatori di siti che mettono a disposizione le proprie stazioni di ricarica possono generare entrate aggiuntive dalla ricarica semi-pubblica, mentre gli operatori di flotte che utilizzano queste opzioni di ricarica beneficiano di un vantaggio in termini di costi rispetto alle strutture di ricarica pubbliche, hanno a disposizione una rete più ampia e possono prenotare le stazioni di ricarica in anticipo. Come ha commentato Martin Hink, responsabile di eMobility/H2 Business Solutions presso MercedesBenz Trucks: “Con il nostro concetto TruckCharge per la ricarica semi-pubblica, puntiamo a colmare un ampio divario nell’infrastruttura di ricarica per i camion. Con oltre 1.000 concessionari solo in Europa, abbiamo i migliori prerequisiti per costruire rapidamente la nostra rete. Parallelamente, offriremo ai nostri clienti una soluzione completa che consenta loro di unirsi alla rete. Da un lato, l’idea è di aiutare i nostri clienti a rendere più redditizia

la propria infrastruttura di ricarica poiché può essere utilizzata meglio. Dall’altro, vogliamo offrire agli operatori di camion elettrici ulteriori e interessanti opzioni per ricaricare i loro veicoli”. Ricordiamo, infine, che come tutti gli altri costruttori, i clienti Daimler Truck possono continuare a utilizzare la collaudata carta di ricarica Mercedes ServiceCard, che fornisce accesso alla rete di ricarica pubblica in rapida crescita di UTA Edenred in 28 Paesi europei, già disponibile per i clienti in Germania, Austria e Francia e che nel corso del 2025 sarà resa disponibile anche ai clienti in altri mercati europei.

Pochi esempi quelli fin qui illustrati, certamente non esaustivi e soprattutto molto diversi tra loro, che tuttavia documentano come la disponibilità di stazioni di ricarica pubbliche su strada per i veicoli pesanti a batteria si confermi come uno dei principali “fattori abilitanti” per consentire - e possibilmente accelerare - la diffusione in Europa e in Italia dei veicoli ad emissioni zero.

Con il progetto TruckCharge Daimler Truck si appresta a realizzare la più grande rete semi-pubblica di ricarica per camion
in Europa.

MCS

TESTIVAL EUROPE 2025 (BARCELLONA 1-2 APRILE 2025)

Ricarica Megawatt in cerca di standard

Advantics, Autel, Bosch, BTC Power, Chargebyte, IDIADA, MAN, Keysight, Ekoenergetyka, Kempower, Power Electronics, Vector Informatik e Watt & Well: sono le 13 aziende che hanno preso parte alla due giorni di test del nuovo sistema di ricarica Megawatt Charging System (guarda il video) organizzati a Barcellona, a inizio aprile, da Charging Interface Initiative eV (CharIN), la più grande associazione globale con oltre 300 membri impegnati a promuovere standard nel campo dei sistemi di ricarica per veicoli elettrici di ogni genere in molte parti del mondo.

L’evento, ribattezzato MCS

Controller Testival Europe 2025 e sponsorizzato da bp, Comemso, Milence, Phoenix Contact. Volvo, ha registrato la presenza di oltre 60 operatori e ha permesso di sperimentare 8 controller SECC (Supply Equipment Communication Controller) e 7 EVCC (Electric Vehicle Communication Controller) di nuova generazione, effettuando ben 8 slot di test dedicati, grazie anche alla partecipazione dei fornitori di tecnologia e del partner strategico Hubject, specialista di eMobility che con la propria piattaforma eRoaming Intercharge collega Charge Point Operators (CPO) ed eMobility Service Providers (EMP) per fornire un accesso standardizzato alle infrastrutture di ricarica.

L’MCS Controller Testival ha previsto sessioni di abbinamento EVCC-SECC

Oltre 60 partecipanti e 13 aziende alla due giorni di test per convalidare i controller di nuova generazione e promuoverne la standardizzazione.

nel mondo reale, garantendo funzionalità multipiattaforma e conformità con gli standard del settore. Le aree di test chiave hanno incluso: efficienza elettrica, gestione termica e compatibilità meccanica.

I partecipanti sono stati in grado di autenticare reciprocamente le sessioni di ricarica utilizzando il meccanismo di sicurezza obbligatorio reciproco TLS1.3, segnando un primo passo verso un’integrazione Plug&Charge più sicura e fluida in conformità con lo standard ISO 15118-20. Questo progresso apre la strada a un ecosistema

di ricarica a prova di futuro, interoperabile e sicuro, accelerando la standardizzazione e l’adozione globale della tecnologia MCS per il trasporto pesante.

MCS: TECNOLOGIA IN EVOLUZIONE

Il Megawatt Charging System (MCS) sta avanzando rapidamente in Europa, aprendo la strada a soluzioni ad alta potenza per il trasporto pesante.

A dicembre 2024 il porto di Anversa-Bruges ha lanciato un hub di ricarica con 22 baie, offrendo 4 MW CCS e 2,8 MW di capacità MCS e consolidando

il suo ruolo nel trasporto merci elettrificato.

Nel frattempo la joint venture Milence, fondata da importanti produttori europei di camion, sta sviluppando la più grande rete di ricarica pubblica d’Europa ed entro la fine del 2025, mira a stabilire il primo corridoio MCS da Anversa a Stoccolma, rendendo più fattibile il trasporto elettrico a lungo raggio.

Questi progressi normativi e infrastrutturali sottolineano l’impegno dell’Europa nei confronti del trasporto merci su strada a zero emissioni, tenuto conto che già a partire da luglio 2025 i nuovi veicoli pesanti in Europa dovranno rispettare precisi obiettivi di emissione di CO2. Per garantire un’adozione senza soluzione di continuità, CharIN ha lanciato dunque il primo MCS Controller Testival per convalidare i controller di nuova generazione e promuoverne la standardizzazione Dal 2018 CharIN ha infatti guidato lo sviluppo del sistema MCS, basandosi sugli standard CCS (Combined Charging System) esistenti. Attraverso la sua MCS Task Force, CharIN riunisce i leader del settore per guidare l’innovazione e stabilire uno standard globale unificato per la ricarica ad alta potenza.

CharIN è inoltre attivamente coinvolta in implementazioni MCS nel mondo reale, come il primo sito di ricarica pubblico per camion elettrici a Portland, in Oregon, sviluppato in collaborazione con PGE e DTNA.

Foto: © CharIN e.V.

LE PROSPETTIVE DI MERCATO DEI CAMION ELETTRICI: NUOVO STUDIO IDTECHEX

Una partita da giocare su pesi e applicazioni

I camion medi e pesanti sono stati responsabili di 1,8 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2022, pari a circa il 25% delle emissioni del settore trasporti a livello globale. Nonostante il loro numero relativamente basso rispetto alla flotta globale di veicoli la stragrande maggioranza dei camion utilizza motori diesel e percorre ogni giorno oltre 160 km, significativamente più di un veicolo passeggeri.

L’elettrificazione dei camion medi e pesanti resta una sfida, ma per diverse applicazioni si prevede una crescente diffusione dei BEV con soluzioni a fuel cell per il lungo raggio.

Una situazione insostenibile che ha spinto numerosi Paesi, in Europa e nel mondo, a prendere seri provvedimenti in proposito e promuovere una transizione verso nuove tecnologie di propulsione elettrica.

Partendo da questa rapida analisi gli esperti del centro di ricerca indipendente IDTechEx di Cambridge, nel Regno Unito, hanno pubblicato lo scorso febbraio un nuovo rapporto dal titolo “Electric and Fuel Cell Trucks 2025-

2045: Technologies, Markets, Forecasts” , nel quale vengono presentate stime e analisi sulle prospettive di mercato dei camion a trazione elettrica, prendendo in esame sia le soluzioni a batteria sia la tecnologia delle fuel cell a idrogeno. Pubblichiamo di seguito la sintesi dei principali risultati emersi dallo studio in un apposito articolo firmato dal Technology Analyst di IDTechEx John Li.

MEDIA PORTATA

ALLA SPINA

In ragione del loro peso complessivo inferiore rispetto ai veicoli più pesanti, i camion di media portata (circa 3,516 t in Europa, Classe 4-7 negli Stati Uniti) risultano generalmente i più facili da elettrificare.

Le batterie utilizzate per i camion elettrici, tuttavia, pesano diverse tonnellate e aumentano il peso complessivo del veicolo, rendendo la propulsione più impegnativa. Allo stesso tempo, le limitazioni della

densità energetica nelle attuali batterie EV creano un collo di bottiglia per l’autonomia che questi veicoli sono in grado di raggiungere. Di conseguenza, per ogni diversa applicazione, dovrebbe esistere una capacità di batteria “ideale”, tenendo conto dei cicli di lavoro giornalieri, dell’infrastruttura di ricarica disponibile e dei requisiti di carico utile. Considerata la capacità media della batteria inferiore rispetto ai camion pesanti nel caso dei camion di media portata non è comunque necessario adottare sistemi di

ricarica MW al fine di adattare i tempi di rifornimento di energia a quelli di pausa obbligatori degli autotrasportatori. L’attrattiva principale dei camion elettrici a celle a combustibile, per altro verso, è la densità energetica superiore dell’idrogeno rispetto ai pacchi batteria agli ioni di litio. Tuttavia, poiché i camion di media portata generalmente non vengono utilizzati per trasporti a lungo raggio e hanno requisiti complessivi di autonomia, carico utile e tempo di ricarica inferiori ai

veicoli più pesanti, IDTechEx prevede che l’elettrificazione in questo segmento possa procedere a un ritmo più rapido proprio attraverso la tecnologia delle batterie, con oltre il 50% delle vendite di nuovi camion di media portata elettrici a batteria entro il 2045 (nel 2024, meno del 2% dei nuovi camion di media portata venduti erano elettrici a batteria).

Ciò nonostante anche i camion a celle a combustibile svolgeranno un ruolo importante in questo segmento, raggiungendo quasi il 10% delle nuove immatricolazioni nel 2045, concentrate soprattutto in regioni come Cina, California e Giappone, dove già vengono effettuati ingenti investimenti nelle infrastrutture di rifornimento di idrogeno.

CAMION PESANTI IN VERSIONE BEV

In generale, i camion pesanti possono essere suddivisi in cinque principali categorie di applicazioni: distribuzione, rifiuti, trasporto regionale, edilizia e lunghe distanze. I camion per la distribuzione operano principalmente nelle aree urbane e trasportano merci come generi alimentari e prodotti al dettaglio, con elevata probabilità di accedere alle Zone a basse/ zero emissioni, in sensibile aumento negli ultimi anni e già da tempo presenti a Londra, Amsterdam e Berlino, per citare solo alcune delle principali metropoli europee. Considerato inoltre che questi camion operano in un’area più ristretta, le distanze normalmente coperte risultano ben inferiori rispetto a quelle dei camion destinati al lungo raggio. Con una maggiore densità di punti di ricarica per i veicoli elettrici all’interno delle aree urbane e con la progressiva diffusione nelle Sintesi

Le prospettive di mercato dei camion elettrici di media portata (3,5 -16 t)
Con il marchio “RIZON” Daimler Truck commercializza negli USA (2023) e in Canada (2024) camion a batteria di classe 4-5.

città dei divieti di circolazione per i veicoli alimentati con combustibili fossili, IDTechEx prevede quindi che il processo di elettrificazione dei camion pesanti sia destinato a prendere avvio proprio nel segmento della distribuzione locale.

I camion per la raccolta dei rifiuti urbani operano a loro volta in condizioni simili a quelle appena descritte e sono raramente a pieno carico. Anche la raccolta dei rifiuti urbani sarà pertanto una delle prime applicazioni di camion pesanti ad essere elettrificata, come dimostrano le numerose implementazioni già registrate nel Regno Unito, in Germania, in Cina e negli Stati Uniti a partire da gennaio 2025.

I camion utilizzati per il trasporto regionale variano invece nei requisiti di carico utile e autonomia. Le considerazioni chiave per questo segmento di veicoli sono dunque la distanza da coprire tra i centri regionali e la disponibilità di appositi punti di ricarica lungo il percorso. L’attuale sviluppo di un’efficiente rete di infrastrutture di ricarica, comprese le implementazioni di punti di ricarica MW nel 2024 e la loro forte crescita che si prospetta nel corso del 2025, guiderà dunque il processo di elettrificazione di questi veicoli. Mentre il potenziamento della rete si conferma un probabile requisito per la ricarica dei camion a batteria in meno di un’ora, i centri regionali e gli hub dove si registra un grande volume di camion in transito o in fermata possono diventare il fulcro di un investimento iniziale per accelerare la crescita.

L’edilizia richiede il trasporto di merci pesanti tra cantieri, fabbriche e centri di distribuzione. Pertanto, molti camion anche in futuro continueranno a viaggiare con carichi utili elevati per almeno una parte del loro tempo operativo. Va peraltro

aggiunto che alcuni cantieri sono anche piuttosto difficili da raggiungere. I veicoli con motore a combustione interna (ICE), in questi casi, possono essere riforniti di carburante utilizzando un serbatoio in loco. La mancanza di una rete affidabile per l’alimentazione dei punti di ricarica in luoghi remoti può invece rappresentare una sfida per i camion elettrici a batteria, che presentano autonomie inferiori rispetto agli equivalenti camion ICE. Soluzioni di ricarica fuori rete, caricabatterie portatili per veicoli elettrici e generatori diesel sono tutte potenziali soluzioni per fornire l’energia elettrica

necessaria, ma tutte presentano serie difficoltà di implementazione. I camion elettrici rimangono quindi una sfida da integrare per operazioni che si svolgono in luoghi remoti e in continuo movimento. Tuttavia, con un’efficace pianificazione delle operazioni e miglioramenti nelle infrastrutture di ricarica e nell’implementazione di caricabatterie fuori rete, IDTechEx prevede che i veicoli elettrici penetreranno anche in questo segmento, anche se inizialmente a un ritmo più lento rispetto ai camion pesanti per raccolta rifiuti, trasporto regionale e distribuzione locale.

LA SFIDA ELETTRICA DEL LUNGO RAGGIO

I camion a lungo raggio percorrono centinaia di miglia al giorno, potenzialmente oltre mille. Trasferiscono merci, spesso con carichi pesanti, attraversando diversi territori e confini nazionali, con la possibilità di viaggiare per oltre 10 ore al giorno. Anche tenendo conto dei miglioramenti previsti nella densità energetica delle batterie, i camion per il lungo raggio sono di gran lunga il tipo di veicolo stradale più difficile da elettrificare.

È infatti assai improbabile

Le prospettive di mercato dei camion elettrici pesanti (oltre 16 t)
Il Renault Trucks E-Tech C cinque assi con betoniera elettrica presentato lo scorso aprile al Bauma di Monaco.

La diffusione dei camion a celle a combustibile, sottolinea IDTechEx, potrà essere limitata da eventuali considerazioni sul TCO e dallo stato di sviluppo della rete di infrastrutture per il rifornimento di idrogeno. Inoltre, avvertono gli esperti del centro di ricerca britannico, attualmente la maggior parte dell'idrogeno disponibile è "idrogeno grigio", molto pesante sulle emissioni e più paragonabile al gasolio che alle batterie elettriche. Solo idealmente, infatti, viene utilizzato l'idrogeno verde, la cui offerta oggi è ancora estremamente limitata. "Con un maggiore spostamento della rete energetica globale verso le energie rinnovabili", sottolineano tuttavia gli analisti di IDTechEx, "sorge l'argomento che questa elettricità dovrebbe essere utilizzata per i camion elettrici a batteria piuttosto che per la produzione di "idrogeno verde", in quanto nel caso dei BEV il 75% dell'energia prodotta raggiunge le ruote, rispetto al 25% nei camion a celle a combustibile". Prendendo infine in considerazione l'utilizzo dell'idrogeno come combustibile per alimentare direttamente motori endotermici (H2ICE), nonostante il fatto che l'energia prodotta raggiunga le ruote in modo ancor più limitato (circa 15%) lo studio IDTechEx conclude che "con oltre il 90% di universalità nelle componenti di un motore diesel tradizionale e con la capacità di utilizzare idrogeno di minore purezza, per i camion H2ICE si presenta un'opportunità di mercato a breve termine". Un mercato, tuttavia, al momento ancora in fase nascente, guidato dal costruttore europeo MAN Truck & Bus, come evidenziano gli esperti IDTechEx, che si è impegnato a produrre nel 2025 una serie iniziale di 200 camion H2ICE.

che le attuali tecnologie delle batterie raggiungano l’autonomia richiesta per queste applicazioni, rendendo fondamentale affidarsi allo sviluppo delle infrastrutture di ricarica, e soprattutto ai sistemi di ricarica MW, per ottenere l’autonomia giornaliera richiesta per effettuare trasporti su lunghe distanze. La ricarica MW, in particolare, consentirà di effettuare la ricarica nei circa 30-45 minuti di pausa previsti generalmente per gli autisti.

Tuttavia, considerato che la ricarica MW ancora in fase pilota a partire da gennaio 2025, IDTechEx ritiene che i camion pesanti per il lungo raggio siano il segmento in cui i sistemi di propulsione a celle a combustibile potrebbero emergere come migliore soluzione a zero emissioni.

Attualmente la batteria elettrica domina tutti i segmenti dei veicoli stradali a zero emissioni, mentre le automobili a celle a combustibile si stanno notevolmente riducendo entro il piccolo volume che avevano negli ultimi due anni. Il rifornimento di un camion a celle a combustibile si adatterebbe però facilmente ai tempi di pausa di 30 minuti previsti nella maggior parte dei casi. Inoltre, l’elevata densità di energia gravimetrica dell’idrogeno come combustibile si coniuga bene in termini di autonomia di marcia e di potenziale vantaggio di carico utile con le esigenze dei camion pesanti destinati ai trasporti su lunghe distanze. IDTechEx prevede pertanto che entro il 2045, quasi il 20% delle vendite di camion elettrici pesanti sarà di veicoli a celle a combustibile e che in questo contesto i camion utilizzati per applicazioni a lungo raggio costituiranno una quota significativa delle vendite.

Stima delle emissioni gCO2/km per differenti sistemi di alimentazione dei camion
Il MAN hTGX dotato di motore endotermico a idrogeno con meno di 1 g di CO2/tkm

NUOVA RICERCA CONDOTTA DAL POLITECNICO DI

MILANO PER SYNGENTA

Fino a -50% di CO2 se il carico è ottimizzato

Ottimizzare il carico dei veicoli nelle operazioni logistiche non solo comporta vantaggi concreti per le aziende in termini di efficienza economica, ma consente di ridurre significativamente l’impatto ambientale, arrivando a dimezzare le emissioni di CO2. È quanto dimostra una recente analisi condotta dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano per conto di Syngenta, una delle aziende leader nell’agri-industria a livello globale, impegnata nello sviluppo di un’agricoltura sostenibile attraverso ricerca e tecnologie innovative. Un esempio tangibile di come la sostenibilità possa essere integrata in modo efficace e scalabile nei processi aziendali, con l’obiettivo di

L’ottimizzazione del carico dei veicoli tra le soluzioni concrete e scalabili che consentono di generare benefici sia per l’ambiente sia per il business.

generare un impatto positivo sia sull’ambiente che sul business, trasformando radicalmente lo stesso concetto di sostenibilità nel settore dei trasporti su gomma.

L’approccio sviluppato dalla ricerca condotta ha messo a punto una metodologia, implementabile in contesti aziendali reali, per la valutazione e la riduzione delle emissioni di CO2 (e CO2 equivalente) nel trasporto su strada, un settore chiave per la sostenibilità. “Un modello per la valutazione dell’impatto ambientale

conforme al framework Glec (Global logistics emissions council), che è uno degli elementi utilizzati oggi dalle aziende per sviluppare una metodologia condivisa che consenta di avere benchmark per misurare le proprie performance di sostenibilità”, ha spiegato al Sole 24 Ore Sara Perotti, professore associato di Logistica e Green Logistics presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico e responsabile del progetto insieme al professore associato di Logistica e Supply Chain Management Claudia Colicchia.

Questo modello è stato applicato quindi al caso di Syngenta Italia, focalizzandosi su due ambiti principali: l’ottimizzazione del carico dei veicoli e l’aumento dell’utilizzo del trasporto intermodale.

I RISULTATI DELL’INDAGINE

I risultati emersi dall’indagine condotta dal Politecnico hanno confermato l’efficacia delle due soluzioni proposte, ponendo particolare accento sull’importanza e sui vantaggi apportati da una ottimizzazione della saturazione dei veicoli. L’ottimizzazione del carico sperimentata nelle operazioni logistiche aziendali di Syngenta ha infatti ridotto le emissioni di CO2 fino al

50%, mentre l’incremento del ricorso al trasporto intermodale ha contribuito all’abbattimento delle emissioni di CO2 nella misura del 22%.

Risultati che dimostrano come sia possibile applicare soluzioni scalabili che abbiano un impatto significativo tanto sull’ambiente quanto sul business e come una più

attenta azione sui carichi, nello specifico, possa contribuire in modo significativo alla decarbonizzazione del sistema dei trasporti stradali nel comparto merci. In questo contesto Syngenta ha giocato un ruolo attivo, contribuendo allo sviluppo delle soluzioni proposte e alla loro sperimentazione diretta nel proprio processo logistico.

LE DICHIARAZIONI DEI PROTAGONISTI

Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, è stato così possibile testare in un contesto reale le due soluzioni, validandole e fornendo indicazioni pratiche utili per ridurre l’impatto ambientale delle attività logistiche. Al di là dei risultati ottenuti tramite intermodalità e

ottimizzazione dei carichi, l’impegno di Syngenta è attualmente rivolto anche a garantire una piena sostenibilità degli stessi veicoli utilizzati, investendo soprattutto per l’ultimo miglio in nuovi mezzi ad alimentazione alternativa, con particolare riferimento all’utilizzo dei biocarburanti di ultima generazione.

Claudia Colicchia, professore associato di Logistica e Supply Chain Management del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano "Con questo progetto abbiamo voluto dimostrare che è possibile misurare e migliorare concretamente l'impatto ambientale delle attività logistiche, partendo da un approccio scientifico e operativo allo stesso tempo, in linea con i principali standard e linee guida europee. Il valore di questa ricerca sta nella possibilità di estendere il modello a molte altre realtà industriali: non si tratta solo di un caso di successo, ma di un metodo replicabile che può guidare le imprese nella transizione verso pratiche più sostenibili".

Stefano Maksimovic, CP Supply Chain Head Syngenta Italia e MEDA "In Syngenta, la sostenibilità rappresenta il cuore della nostra visione aziendale. Il nostro impegno per ridurre le emissioni, infatti, non è semplice dichiarazione d'intenti, ma una parte integrante di chi siamo e di come operiamo ogni giorno. Per questo motivo siamo particolarmente orgogliosi di questa collaborazione e di aver contribuito a sviluppare un sistema che offre soluzioni concrete per ridurre l'impatto ambientale nel nostro settore. L'obiettivo di questo studio, infatti, non è solo migliorare le nostre operazioni logistiche, ma anche offrire uno strumento utile a tutte le aziende che desiderano adottare soluzioni sostenibili".

La saturazione dei carichi nella GDO

Tra le pochissime indagini condotte in Italia in merito al problema della saturazione dei carichi nel trasporto merci su gomma merita di essere menzionata l'ultima edizione (2024) dello studio "Mappatura ed evoluzione dei flussi logistici nella filiera del largo consumo", realizzata da GS1 Italy in ambito ECR Italia, con la collaborazione di un gruppo di ricerca congiunto del Politecnico di Milano e della LIUC Università. Un aspetto, la saturazione dei carichi, fondamentale al fine di ottimizzare il lavoro degli operatori della filiera, alla costante ricerca di un equilibrio tra i due paradigmi della logistica moderna: l'efficienza (massimizzazione della saturazione delle risorse in gioco, tra cui gli automezzi) e l'efficacia (raggiungimento delle prestazioni obiettivo, quali il rispetto dei tempi e delle modalità di consegna). Qui sotto il calcolo della saturazione per il secco riportata nello studio e messa a confronto con l'analogo dato rilevato nel 2018.

Nel caso specifico della GDO va segnalato che la saturazione "vista in ingresso al CeDi" è condizionata da numerose variabili, quali i tempi di consegna, la distanza tra CeDi di arrivo e punto di partenza delle merci, la presenza di un punto di transito intermedio (TP) e la compresenza di carichi di più fornitori destinati a più punti di consegna (multi-drop), nonché dalle sagome stivate e dall'altezza del vano di carico dei mezzi utilizzati.

IL

MERCATO EUROPEO DEGLI AUTOBUS ELETTRICI E LE NOVITÀ IN ARRIVO AL BUSWORLD 2025

Sempre più “zero emission” dagli urbani agli interurbani

Nel 2024 il mercato degli autobus e dei pullman superiori a 3,5 t nei 27 Stati membri dell’Unione Europea è cresciuto del 31% rispetto al 2023, raggiungendo le 35.000 unità, pari a circa il 10% di tutte le vendite di veicoli pesanti (HDV).

Di questi nuovi veicoli per il trasporto passeggeri ben 6.000 (17%) risultano essere autobus e pullman a emissioni zero, numero in aumento rispetto alle 4.900 unità vendute nel 2024 e alle 3.400 unità del 2023.

I dati sono quelli pubblicati lo scorso febbraio dall’International Council on Clean Transportation (ICCT) e documentano senza ombra di dubbio come il cammino del trasporto stradale europeo verso gli obiettivi di decarbonizzazione prefissati

In significativa crescita anche nel 2024 il mercato degli eBus conquista il TPL e già si appresta ad espandersi anche nel trasporto a medio e lungo raggio.

a livello comunitario sia stato intrapreso con particolare determinazione proprio nel comparto del trasporto collettivo.

Tanto più, come evidenziano sempre i dati ICCT, che nell’ultimo trimestre del 2024 per la prima volta in assoluto le vendite di autobus urbani elettrici a batteria hanno superato nell’UE quelle dei modelli alimentati a gasolio (compresi gli ibridi) e a gas, superando la quota del 50% su tutte le nuove vendite registrate in questo specifico segmento. E nello stesso trimestre, sottolinea ancora il

report ICCT, anche la quota di vendita di autobus interurbani e pullman a zero emissioni ha dato risultati piuttosto significativi, raggiungendo una quota del 6% sul totale del segmento, seppure guidata in gran parte dalla vendita di minibus elettrici a marchio Iveco, Mercedes-Benz e Ford. Un progressivo successo in costante crescita, quello dell’elettrificazione del trasporto collettivo su gomma, a cui non è certo estranea la nuova discussa regolamentazione europea sui limiti di emissione dei veicoli pesanti, ma a cui hanno

fortemente contribuito anche le politiche “green” sempre più adottate a livello locale, soprattutto a livello urbano con l’estensione delle zone a emissioni zero e la previsione di obiettivi più stringenti per le flotte del TPL in servizio nelle città.

Analizzando con maggiore accuratezza i dati generali, ovviamente, balzano agli occhi inevitabili differenze a livello nazionale, con Paesi come la Finlandia e la Danimarca in cui negli ultimi due anni (2023 e 2024) le vendite di nuovi autobus e pullman a emissioni zero hanno coperto oltre due terzi del mercato totale del comparto, mentre altri Paesi risultano al contrario ancora piuttosto in ritardo. Ciò nonostante non è azzardato affermare che nel

of

segmento degli autobus urbani il mercato si sta indirizzando in modo irreversibile verso le soluzioni tecnologiche a emissione zero molto più velocemente di quanto finora prospettato dalle direttive europee. Un progresso che lascia ben sperare e che sta lentamente coinvolgendo anche il segmento degli interurbani, ma che non è tuttavia esente da problematiche. Prima tra tutte l’effettiva capacità economica delle aziende, pubbliche o private, che operano nel settore del trasporto collettivo, non sempre in grado di sostenere i necessari investimenti per rinnovare “alla spina” le proprie flotte. Problema che in tempi di incertezza sul futuro dell’economia europea, rischia di porre un grave freno alla transizione energetica in atto.

BUSES AND COACHES

GLI INTERCITY

“ALLA SPINA”

WITH A GROSS VEHICLE

WEIGHT ABOVE 3.5 TONNES

2024, buses and coaches were 10% of HDV sales. Out of 35,000 buses and coaches sold, 6,000 (17%) were zeroemission vehicles. The bus and coach market grew by 31% relative to 2023 when 27,000 vehicles were sold. The volume zero-emission buses and coaches also increased in 2024 relative to 2023, when 4,500 zero-emission vehicles were sold; the sales share remained relatively constant 17% in 2024 compared with 16% in 2023.

the fourth quarter of 2024, 2,000 zeroemission buses and coaches were sold, 26% of total sales and an increase in both volume and share compared with the last quarter of 2023, when 1,600 (22% share) were sold. Over 50% of all city buses sold in the fourth quarter of 2024 were battery electric—zero-emission powertrains were more popular than combustion engines for the first time ever. Seven countries (Belgium, Ireland, Latvia, Lithuania, Luxembourg, the Netherlands, and Romania) only sold zero-emission city buses in the fourth quarter of 2024. That same quarter, sales share of zero-emission interurban buses and coaches increased to 6%, largely driven by a surge in electric minibuses sold by Iveco, Mercedes, and Ford.

Il mercato europeo degli autobus si appresta dunque ad affrontare la transizione energetica con sempre maggiore dinamismo anche nel caso del trasporto sulle medie e lunghe distanze. Tra le più recenti novità di prodotto in arrivo o già presenti sul mercato nel segmento degli interurbani a batteria alcune meritano senz’altro di essere citate, a dimostrazione di quanto velocemente stia progredendo la tecnologia delle batterie.

buses (top) and interurban buses and coaches (bottom) by powertrain in Q4 2024

Mentre nell’UE il processo di elettrificazione degli autobus per il TPL urbano, come appena visto, sembra ormai irreversibile, anche nei segmenti del trasporto collettivo più difficili da elettrificare (medio e lungo raggio) l’offerta dei costruttori si va progressivamente ampliando, conquistando terreno verso l’obiettivo “emissioni zero”.

Se c’è oggi un accordo abbastanza diffuso sui veicoli industriali a fuel cell a idrogeno come futura alternativa al diesel per i viaggi a medio e lungo raggio, dalle rotte suburbane al trasporto turistico, la tecnologia delle batterie di ultima generazione e i costanti investimenti delle case costruttrici in ricerca e sviluppo stanno dando vita ad un vero e proprio mercato degli interurbani elettrici, proponendo soluzioni fino a pochi anni fa del tutto inimmaginabili e consentendo di elettrificare anche autobus di classe III.

Figure 4.2
Historic sales
Figure 4.3
Sales of city buses by Member State and powertrain
Figure 4.1
Figure 4.2
Figure 4.3
Sales of city buses by Member State and powertrain
Figure 4.1
Sales of city buses (top) and interurban buses and coaches (bottom) by powertrain in Q4
Vendite di autobus e pullman a emissioni zero >3,5 t per Paese (UE27)

Iveco Crossway Elec Presentato lo scorso dicembre in occasione dell’ottava edizione dell’Autocar Expo di Lione, il Crossway Elec a pianale alto nella versione 12 metri è la proposta di Iveco Bus per il nascente mercato degli interurbani elettrici a batteria (classe II), aprendo orizzonti anche per il lungo raggio con una seconda versione 13 metri (classe III). Con un’autonomia massima

dichiarata fino a 500 km, grazie ai pacchi batteria NMC da 69 kWh ad alta densità energetica assemblati da Fpt Industrial e un motore elettrico Siemens Elfa III da 290 kW con 3.000 Nm di coppia, il Crossway Elec fa perno sulla modularità per soddisfare le diverse esigenze degli operatori. In base alle necessità sono infatti possibili equipaggiamenti alternativi installando da

3 fino a 6 pacchi batteria. Il ciclo di vita dei moduli, garantiti per 10 anni, è di 15 anni. La loro collocazione, per ottimizzare pesi, capacità di trasporto e volumi delle bagagliere, è prevista sul tetto e nella sezione posteriore del veicolo (fino a 4 pacchi batteria), mentre gli eventuali ulteriori due pacchi sono alloggiati nei vani bagagli laterali. Il Crossway Elec può pertanto ospitare fino a 57 persone nella versione da 12 metri e fino a 63 passeggeri nella versione da 13 metri.

Mercedes-Benz eIntouro Reduce da una lunga e accurata fase di test, sia in condizioni estreme (un test invernale è stato effettuato al Circolo Polare Artico con temperature fino a -30°C) sia in regolare servizio su strada (il più recente è il test drive di circa 380 km a/r da Bassersdorf, in Svizzera, fino all’Europa-Park di Rust, in Baden-Württemberg, svolto in collaborazione con l’operatore svizzero Eurobus) e ormai pronto per la produzione di serie prevista nel 2026, il nuovo autobus interurbano elettrico a batteria di Daimler Buses, Mercedes-Benz eIntouro, celebrerà la sua anteprima mondiale il prossimo ottobre alla fiera Busworld di Bruxelles. Il MercedesBenz eIntouro si basa sul noto autobus MercedesBenz Intouro a pianale alto alimentato a gasolio, ma è dotato di una trazione puramente elettrica a batteria con motore centrale ZF. Le due batterie ad alto voltaggio LFP di CATL che equipaggiano il veicolo, con capacità totale di 414 kWh, offrono riserve più che sufficienti per coprire un singolo viaggio di quasi 200 km in ogni condizione meteo, anche con riscaldamento o aria condizionata accesi. Due le lunghezze disponibili: l’eIntouro da 12,18 metri e l’eIntouro M da 13,09 metri.

Questo consente varianti di posti a sedere da 50 fino a un massimo di 63 posti, rendendo possibile il passaggio all’elettrico per i classici percorsi interurbani, gli scuolabus e le brevi escursioni. Per la prima volta inuma autobus europeo, va inoltre sottolineato, gli aggiornamenti software possono essere installati “over the air”, senza dover necessariamente passare in officina.

Yutong IC12E

Leader incontrastato nel 2024 sul mercato europeo degli e-bus, il costruttore cinese Yutong ha annunciato l’imminente introduzione sul mercato europeo del suo nuovo modello IC12E, “premium battery-electric intercity bus” (12.660 mm di lunghezza, 2.550 mm di larghezza e 3.500 mm di altezza) appositamente progettato per operazioni di trasporto a medio e lungo raggio. Il veicolo alimentato a batteria presenta in configurazione standard una capacità complessiva di 400 kWh, elevata a 466 kWh in configurazione opzionale, per un’autonomia massima dichiarata di 610 km. La garanzia offerta Yutong copre 1,5 milioni di km o 15 anni, assicurando in questo arco di tempo un degrado minimo della batteria. La capacità di trasporto arriva fino a 59 passeggeri, con ampio spazio per i bagagli (fino a 4,5 metri cubi). Data e modalità del lancio ufficiale al momento in cui scriviamo non sono state ancora comunicate, ma di certo l’esposizione europea Busworld 2025 potrebbe rappresentare per la casa cinese un’imperdibile occasione.

LE ANTEPRIME DEL BUSWORLD

Busworld Europe 2025, il più importante salone commerciale per il mercato degli autobus in Europa,

Dall’alto: Iveco Crossway Elec, Mercedes-Benz eIntouro e Yutong IC12E.

aprirà le porte il prossimo ottobre a Bruxelles, ma già sono state annunciate alcune delle anteprime che sicuramente catalizzeranno l’interesse degli operatori di settore. Nuovi veicoli elettrici, a batteria e a idrogeno, sistemi telematici avanzati e componenti innovativi con cui i fornitori intendono spingere soprattutto su integrazione e manutenzione intelligente, sono i prodotti destinati ad accelerare la transizione dell’intero comparto verso l’obiettivo “emissioni zero”, guardando sempre con molta attenzione al criterio fondamentale del Total Cost of Ownership.

Con diversi mesi di anticipo i primi annunci diramati dagli espositori stanno dunque suscitando molta attesa, come ben risulta dalle prime anticipazioni fornite lo scorso aprile alla stampa specializzata dalla stessa organizzazione del Busworld e che riportiamo qui di seguito.

MAN Truck & Bus accelera nella sua tabella di marcia per la mobilità elettrica con l’annuncio di due importanti anteprime al Busworld Europe 2025:

• il lancio del MAN eCoach, primo autobus da turismo completamente elettrico del marchio del Leone, sviluppato come alternativa a emissioni zero al Lion’s Coach. Offrirà un’autonomia fino a 500 km e spazio per oltre 50 passeggeri, utilizzando i collaudati pacchi batteria eTruck prodotti in proprio da MAN e sull’architettura per il lungo raggio;

• il debutto della seconda generazione del MAN Lion’s City 12 E, un autobus urbano “full electric” alleggerito di circa 500 kg rispetto al modello precedente. Con una trasmissione migliorata, un sistema di rigenerazione ottimizzato e un’autonomia

fino a 500 km il veicolo è progettato per percorsi urbani pesanti senza necessità di ricarica a metà giornata. Gli aggiornamenti apportati includono anche un’area guida rinnovata e un nuovo sistema di infotainment.

Solaris Bus & Coach svelerà a Bruxelles il suo nuovo Urbino 10.5 Electric. Il modello è stato annunciato il 12 marzo scorso in occasione della presentazione dei risultati aziendali 2024. Progettato per operazioni urbane compatte, l’autobus elettrico da 10,5 metri è dotato di una tecnologia di trasmissione modulare, anche se le specifiche tecniche di dettaglio al momento non sono state ancora comunicate. Il lancio del nuovo modello testimonia il continuo investimento di Solaris nell’offerta di autobus a emissioni zero su misura per le città europee.

VDL Bus & Coach, come comunicato alla stampa dagli organizzatori del Busworld 2025, dovrebbe lanciare una nuova generazione della sua piattaforma elettrica

Citea, concentrandosi su una maggiore efficienza della batteria, un peso ridotto del veicolo e un’architettura completamente modulare adatta sia per utilizzo urbano che regionale.

Irizar e-mobility presenterà un modello rinnovato del suo autobus 100% elettrico ie tram, che promette di offrire una migliore accessibilità, interni aggiornati e un nuovo sistema di ricarica rapida in grado di ridurre i tempi di ricarica fino al 30%.

BYD, produttore cinese tra i più importanti a livello mondiale nel settore della mobilità elettrica, ha invece annunciato il debutto europeo di un nuovo autobus urbano dotato di un’innovativa tecnologia di batterie allo stato solido, in grado di aumentare la densità energetica e la stabilità termica e, dunque, le performance su strada del veicolo in termini di autonomia e velocità di ricarica.

VinFast, emergente produttore di veicoli elettrici in Vietnam, sarà il primo marchio vietnamita a fare il suo debutto sul mercato europeo presentando al Busworld Europe un autobus urbano elettrico da 12 metri, già in servizio nel proprio Paese, con un’autonomia di 300-350 km. Il veicolo è stato sviluppato in collaborazione con Pininfarina ed è alimentato alimentato da tecnologia Siemens. Il marchio enfatizza la piena integrazione verticale, dalla produzione di batterie

all’assemblaggio finale, e mira ad entrare in cinque mercati dell’UE entro il 2026.

Alfabus, OEM cinese, presenterà a Bruxelles due modelli di autobus elettrici (12 m e 18 m) costruiti appositamente per il mercato europeo e con completa omologazione UE. Questa presenza contrassegna il rinnovato tentativo del marchio cinese di conquistare quote di mercato in Europa.

UNVI, produttore spagnolo, metterà in vetrina il SIL Electric, un autobus con accesso ribassato sviluppato per i servizi regionali di linea. Con posti a sedere per un massimo di 59 passeggeri e un’autonomia di 400 km questo veicolo si rivolge in particolare agli operatori che necessitano di flessibilità sulle medie e lunghe distanze.

“Mentre molti produttori mantengono ancora coperte le loro carte fino alle ultime settimane prima dell’evento, l’entusiasmo sta già prendendo il via”, conclude la nota stampa del Busworld, “dai progressi della batteria e dell’idrogeno alla mobilità elettrica su lunga distanza e all’intelligenza della flotta basata sul software, Busworld Europe 2025 promette di essere più di una fiera: sarà una dimostrazione dal vivo di ciò di cui l’industria è capace”.

Il salone Busworld Europe 2025 aprirà le porte a Bruxelles il prossimo ottobre ospitando molte novità del settore.

Trasporto collettivo

PRIMA SPERIMENTAZIONE IN ITALIA PER L’AUTOBUS AUTONOMO KARSAN E-ATAK

Nuovi traguardi nel TPL in test drive a Bolzano

Dopo il successo in Spagna, Karsan, marchio globale nel settore del trasporto pubblico, ha compiuto un altro significativo passo avanti nel campo della mobilità autonoma presentando la sua innovativa tecnologia in Italia. L’evento, organizzato in collaborazione con SASA, l’autorità dei trasporti pubblici di Bolzano, si è svolto nel capoluogo della Provincia autonoma il 10 marzo scorso e ha offerto ai partecipanti l’opportunità di testare l’Autonomous e-ATAK dell’azienda turca Karsan, un autobus a trazione 100% elettrica dotato di tecnologie di guida autonoma di livello 4 (SAE) e completamente connesso sul cloud in grado di operare senza conducente su

Elettrico

e con sensori d’avanguardia

l’e-ATAK Karsan raggiunge il livello 4 di guida autonoma, con un’autonomia di 300 km e una velocità fino a 40 km/h.

percorsi prestabiliti. Un veicolo a guida autonoma per il trasporto collettivo, già utilizzato da tempo con successo in Paesi come la Norvegia, con il quale Karsan intende espandere la sua presenza in Europa, prevedendo consegne nel corso di quest’anno in Svizzera, Paesi Bassi e Svezia. Mentre finora in Italia sono stati testati soprattutto modelli più piccoli di autobus a guida autonoma, come ad esempio sempre in TrentinoAlto Adige uno shuttle

dell’azienda francese Navya da 15 posti a Merano nel 2020 (vedi articolo a pag. 35 su Onda Verde n. 29), il Karsan e-ATAK con i suoi 8,3 metri di lunghezza e spazio a disposizione per 50 passeggeri rappresenta per il nostro Paese una vera e propria novità assoluta.

BUS“DRIVERLESS” ALLA PROVA

Il Karsan e-ATAK in test drive a Bolzano è un autobus completamente elettrico

alimentato con batterie agli ioni di litio BMW e in grado con una sola carica di supportare un’autonomia di circa 300 km, più che sufficiente per portare agevolmente a termine operazioni quotidiane di TPL urbano.

Equipaggiato con un efficientissimo Advanced Sensor Package, che integra LiDAR, radar, telecamere RGB, GNSS e sensori all’avanguardia, e supportato da applicazioni di intelligenza artificiale e sistemi di navigazione ad alta precisione, tanto da essere il primo veicolo autonomo capace di attraversare un tunnel in condizioni di traffico aperto, l’e-ATAK è stato progettato per garantire una navigazione precisa e una piena

consapevolezza situazionale anche in diverse condizioni meteorologiche, raggiungendo velocità fino a 40 km/h. La possibilità di ricarica completa in sole 5 ore con unità AC e 3 ore con unità DC assicura inoltre che il veicolo sia sempre pronto per un servizio continuo.

Il test drive a Bolzano è stato organizzato presso il Vadena Safety Park Circuit, un’area appositamente progettata per simulazioni di guida sicura e test di automazione avanzati. Qui, l’Autonomous e-ATAK ha dimostrato le sue capacità operando completamente in autonomia, gestendo con successo situazioni di traffico complesse e dimostrando un’eccellente manovrabilità, aprendo la strada anche in Italia per un futuro dei trasporti collettivi sempre più tecnologicamente avanzato, sicuro e “green”. La dimostrazione ha visto la partecipazione del Vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano, Daniel Alfreider, e di Astrid Kofler, Presidente di SASA. Tutti gli intervenuti hanno sottolineato l’importanza dell’innovazione nel settore dei trasporti, evidenziando come l’e-ATAK a guida autonoma possa contribuire a plasmare il futuro della mobilità pubblica in Europa.

LE DICHIARAZIONI DEI PROTAGONISTI

Daniel Alfreider, Vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano

"Il trasporto pubblico si sta evolvendo: non solo i sistemi di guida sostenibile, ma anche la digitalizzazione e la guida autonoma avranno un impatto fondamentale sulla guida del futuro. Come Provincia, vogliamo familiarizzare con le nuove tecnologie in una fase precoce e testarle a livello locale, al fine di plasmare attivamente la mobilità del futuro. Non esiste ancora un quadro normativo standardizzato per l'utilizzo di questi veicoli negli spazi pubblici in tutta Europa".

Astrid Kofler, Presidente di SASA

"SASA vuole essere sempre al passo con i tempi e negli ultimi anni ha testato nuove tecnologie in modo attivo. In futuro, gli autobus autonomi potrebbero ricoprire un ruolo importante nel trasporto pubblico. Tuttavia, i dipendenti sono e rimarranno centrali. Come SASA e Provincia siamo sempre molto interessate alle nuove tecnologie, sia in termine di trazione (idrogeno ed elettrico), sia in termini di esecuzione del servizio: la guida autonoma è una frontiera affascinante che offre importanti possibilità per il futuro del trasporto persone. Ci piace essere pionieri".

Semir Aydın, Responsabile vendite veicoli autonomi di Karsan

"Questi autobus funzionano con LiDAR, una tecnologia che utilizza un laser per mappare ambienti, oltre a radar e telecamere per riconoscere ostacoli, segnali stradali e pedoni in tempo reale. I veicoli autonomi possono rendere il traffico più sicuro, più efficiente e più sostenibile, riducendo gli errori umani e ottimizzando i flussi di traffico".

Trasporto collettivo
L’e-ATAK Karsan è equipaggiato con tecnologie d’avanguardia che consentono una guida autonoma di livello 4.

MOBILITÀ ELETTRICA: LE RICADUTE SU COMPONENTISTICA E OCCUPAZIONE IN ITALIA

Automotive in bilico tra passato e futuro

N egli ultimi anni, il settore automotive si è trovato ad affrontare una fase di profonda trasformazione, inserita in un contesto economico complesso e in continua evoluzione.

Un settore strategico per l’economia europea e per quella italiana che come stimato dalla Commissione Europea nel suo complesso vale a livello UE il 7% del PIL, fornendo 12,7 milioni di posti di lavoro (il 6,6% del totale dei posti di lavoro nell’UE).

In un quadro economico generale post-Covid caratterizzato da incertezze

La transizione verso i veicoli elettrici comporta sia sfide sia opportunità legate all’innovazione e alla creazione di nuove competenze avanzate.

geopolitiche, inflazione elevata e tensioni sui mercati energetici, l’industria automobilistica ha risentito fortemente delle oscillazioni economiche.

La pressione normativa dell’Unione Europea, rafforzata dal Gran Deal UE, che mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e dal pacchetto Fit for

55, che prevede di ridurre le emissioni nette di CO2 di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, ha inoltre dato avvio ad un radicale, quanto discussa, transizione dell’intero settore verso le nuove alimentazioni elettriche, innescando una crescente produzione di veicoli a batteria (BEVBattery Electric Vehicles) e

ibridi plug-in (PHEV - Plugin Hybrid Electric Vehicles), sotto la spada di Damocle di ingenti sanzioni per i costruttori.

Un ulteriore elemento di instabilità è infine rappresentato oggi dalla minaccia della politica protezionistica adottata dall’Amministrazione Trump, imponendo dazi fino al 25% sulle auto europee importate negli Stati Uniti. Una prospettiva che ha generato forte preoccupazione in particolare in Germania, ma anche in Italia, dove alcune produzioni sono

integrate nelle filiere internazionali. L’aumento dei dazi penalizzerebbe infatti l’export, aumentando i costi di esportazione verso gli Stati Uniti e potenzialmente riducendo la competitività delle nostre imprese, con serie ripercussioni anche sulla filiera della componentistica.

Per guardare più in particolare ai numeri italiani, secondo i più recenti dati disponibili pubblicati lo scorso aprile dall’ISTAT, a febbraio 2025 l’indice della produzione industriale in Italia denota un calo del 2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’indice della produzione del settore automotive, come rilevano i dati specifici comunicati sempre nel mese di aprile dall’ANFIA, è in calo del 31,3% rispetto a febbraio 2024 e se si analizzano i singoli comparti sia l’indice della produzione di autoveicoli (cod. ATECO 29.1) sia quello della componentistica (indice della produzione di parti e accessori per autoveicolicod. ATECO 29.3) risultano in diminuzione rispettivamente del 33,5% e del 25,6%. Solo il comparto relativo a carrozzerie R&S (cod. ATECO 29.2) rileva un incremento del 2,3%.

FUTURO ELETTRICO: CRESCITA E SFIDE

La transizione verso i veicoli elettrici nel contesto appena descritto rappresenta senz’altro uno dei driver che più stanno trasformando radicalmente il settore automotive, con significative ripercussioni sia sui processi di produzione sia sull’occupazione. Secondo i dati dell’Associazione dei costruttori ACEA, nell’Unione Europea nel 2024 sono stati venduti complessivamente 2.206.878 veicoli elettrici (veicoli a batteria e ibridi plug-in). Sebbene sia stata

registrata una flessione del 6,2% rispetto al 2023, la crescita è stata esponenziale se si considera che 10 anni fa il numero dei veicoli si attestava a 55.356 unità. E come comunica ancora l’ACEA nei primi due mesi del 2025 le vendite di auto

elettriche a batteria sono cresciute nell’Unione Europa del 28,4%, raggiungendo con 255.489 unità una quota di mercato del 15,2%. Un trend di crescita, che tuttavia, a livello nazionale presenta profonde differenze tra i diversi Paesi, soprattutto

se si prendono in analisi anche Paesi extra UE come Norvegia e Islanda. Se si guarda infatti alle quote di mercato nazionali, emerge con estrema evidenza che a guidare la transizione sono i Paesi nordici, dove le BEV rappresentano ormai la forma

Trend auto BEV-PHEV UE Fonte:

dominante di alimentazione nelle nuove immatricolazioni.

Nei primi due mesi di quest’anno, infatti, in Norvegia il 95,3% delle auto immatricolate è elettrico, in Danimarca il 65,4% e in Islanda il 38%. Questi valori superano di gran lunga la media dell’Unione Europea, pari al 15,2%, e mettono in

veicoli equipaggiati con batterie ad alta tensione. Operare su questi veicoli richiede infatti una conoscenza avanzata delle nuove architetture elettriche e una rigorosa applicazione di protocolli di sicurezza. Per questo motivo, è stato necessario formare il personale tecnico e dotarlo delle certificazioni previste dalla normativa. Parallelamente, le imprese hanno dovuto rafforzare i propri team con nuove figure specializzate, come ingegneri elettronici, capaci di affrontare le sfide progettuali legate a motori elettrici, batterie e sistemi di controllo avanzati.

evidenza il ritardo dell’Italia, dove le auto elettriche rappresentano ancora a inizio 2025 appena il 5% del mercato. Il ritardo italiano nella transizione energetica risulta evidente anche rispetto a grandi economie come Francia (17,7%) e Germania (17,1%), ma anche rispetto

a Paesi di dimensioni più contenute come Belgio (33,1%) e Paesi Bassi (35,2%). Un ritardo legato a diversi fattori, tra cui l’inadeguatezza della rete di infrastrutture di ricarica, il costo ancora elevato dei veicoli elettrici e una percezione culturale e tecnologica meno favorevole al cambiamento.

La dimensione della filiera della componentistica italiana

La dimensione della filiera della componentistica italiana

Fonte: ANFIA

• E&D - Engineering e Design: imprese attive sia nell'ingegneria di prodotto e di processo

Fonte ANFIA, Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità 2024, riproduzione parziale tab.2.3

• SUB – Subfornitori: produttori di componenti standardizzate secondo specifiche fornite dai clienti e facilmente replicabili, suddivisi in

- subfornitori tout court: producono componenti complementari a prodotti più complessi;

La componentistica automotive è caratterizzata da

- subfornitori di lavorazioni: realizzano lavorazioni meccaniche quali tornitura, fresatura, laminatura a caldo e a freddo, stampaggio a caldo o a freddo, o trattamenti (galvanici, termici, verniciatura, ecc.)

• SPEC – Specialisti: produttori di componenti con un contenuto di innovazione e specificità tale da costituire un vantaggio competitivo. Si distinguono in:

- specialisti "puri": producono per il primo impianto, ma possono produrre anche per il mercato del ricambio;

- specialisti (Mobilità elettrica): producono parti e componenti per la fornitura di veicoli elettrici, infrastrutture (es. sistemi di ricarica) o servizi per il sistema di Mobilità (es. trasformazione dei veicoli con un kit dedicato);

- specialisti (Servizi mobilità): offrono una gamma di servizi legati alla fornitura di mezzi di trasporto e l'accesso facilitato a questi, specialmente tramite modelli alternativi di utilizzo come la condivisione o il noleggio.

• Specialisti (Motorsport): progettano componenti per competizioni sportive e per produzioni di serie.

• Specialisti (Aftermarket): producono e vendono componenti sul mercato tramite reti distributive o consorzi.

• SIST/MOD: multinazionali che producono sistemi complessi con elevata competenza produttiva e li forniscono direttamente ai produttori finali, svolgendo un ruolo di raccordo tra i produttori di componenti di base e i costruttori automobilistici.

Il processo di transizione in atto a livello europeo comporta comunque sfide significative. Da un lato, la produzione su larga scala di batterie richiede una disponibilità costante di materie prime critiche come litio, cobalto e nichel, risorse limitate e concentrate in pochi Paesi del mondo. E questo solleva questioni geopolitiche, ambientali e di sostenibilità lungo tutta la filiera estrattiva e produttiva. Dall’altro lato, la diffusione capillare delle auto elettriche impone un potenziamento rapido ed efficiente delle infrastrutture di ricarica, ancora oggi insufficienti in molte aree, soprattutto extra-urbane. La mancanza di colonnine accessibili e distribuite in modo omogeneo rischia di frenare la crescita del mercato e alimentare il timore dell’“ansia da ricarica” nei consumatori, rallentando di fatto la transizione.

LE RICADUTE IN ITALIA

La filiera della componentistica automobilistica riveste un ruolo fondamentale nell’economia italiana, costituendo un settore strategico sia per l’occupazione che per l’innovazione tecnologica. Attualmente, in Italia operano circa 2.135 imprese in questo comparto, che complessivamente impiegano circa 170.000 addetti diretti, inclusi gli operatori della subfornitura, con un fatturato di 58,8 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo tra export e import di 5,7 miliardi di euro (dati ANFIA relativi al 2023)

Uno degli elementi chiave che sottolinea il peso economico di questa filiera è il fatto che circa il 75% di una vettura è costituito da parti e componenti.

Tuttavia, rispetto ai motori a combustione interna

che richiedono oltre 1.400 componenti, un motore elettrico ne impiega meno di 200. Questo comporta una drastica riduzione della domanda di componenti tradizionali come alberi a camme, filtri olio e sistemi di scarico con effetti diretti sulla produzione e sull’occupazione in queste aree specifiche. Allo stesso tempo, la mobilità elettrica apre nuove possibilità di sviluppo e innovazione per il settore della componentistica, portando alla creazione di componenti sempre più avanzati e tecnologici. Ma se le imprese che sapranno adeguarsi ai nuovi standard tecnologici e produttivi potranno consolidare il proprio ruolo nel mercato, beneficiando di una domanda crescente di componenti innovativi, anche se a costo di ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, nonché per la riconversione di processi produttivi consolidati, l’impatto che desta oggi maggiore preoccupazione in Italia è quello diretto sul mercato del lavoro.

NUOVA OCCUPAZIONE E NUOVE COMPETENZE

La rivoluzione elettrica, secondo diverse stime, potrebbe mettere a rischio in Italia ben 40.000 posti di lavoro entro il 2030. I motori elettrici, richiedendo un numero inferiore di parti meccaniche, riducono infatti la necessità di manodopera impiegata nelle fasi di progettazione, assemblaggio e manutenzione. Questo fenomeno è accentuato dalla crescente automazione industriale e dalla necessità di affrontare una sfida significativa nella riconversione industriale, cioè nella capacità di adattare processi produttivi e competenze della forza lavoro alle nuove tecnologie. La transizione verde,

OTEA, Osservatorio

inoltre, sta rimodellando l’ecosistema automobilistico con un impatto significativo sulle competenze richieste nel settore.

alla produzione diretta e indiretta, mentre il 28% per le attività IT.

Per rispondere a tali sfide, il 70% delle imprese intende ricorrere a corsi di formazione interna e il 60% alla formazione sul posto di lavoro (training on the job). La metà delle imprese intervistate ricorrerà invece a scuole di formazione e consulenti.

L’indagine campionaria condotta dall’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano tra maggio e luglio 2024 ha analizzato l’impatto dell’elettrificazione del veicolo sull’occupazione per il periodo 20242027, rilevando una variazione positiva per quasi tutte le categorie professionali, eccetto per quelle amministrative e contabili (-13%), con un calo marcato soprattutto nelle microimprese (-24%).

Per rispondere a tali sfide, il 70% delle imprese intende ricorrere a corsi di formazione interna e il 60% alla formazione sul posto di lavoro (training on the job). La metà delle imprese intervistate ricorrerà invece a scuole di formazione e consulenti.

l’interfaccia con cui l’utente entra in relazione), oltre ad entrare in una nuova fase di progettazione dell’illuminazione del veicolo.

Se da un lato la transizione verso l’elettrico sta dunque eliminando alcune figure professionali, dall’altro sta però creando anche nuove opportunità occupazionali.

Se da un lato la transizione verso l’elettrico sta dunque eliminando alcune figure professionali, dall’altro sta però creando anche nuove opportunità occupazionali.

Da un sondaggio somministrato alle aziende associate al Gruppo Car Design & Engineering di ANFIA è infatti emerso che nella maggior parte delle realtà non ci sono state variazioni significative per la parte di progettazione del veicolo, salvo lo sviluppo, in alcuni casi, di competenze più ampie nel campo dell’elettronica, con l’inserimento di personale preparato su motore elettrico, batterie e componenti specifici. L’area del Design ha aggiornato il suo raggio di azione con nuovo know-how nell’ambito UX (User Experience, cioè l’esperienza reale vissuta dall’utente) e UI (User Interface, cioè l’interfaccia con cui l’utente entra in relazione), oltre ad entrare in una nuova fase di progettazione dell’illuminazione del veicolo.

Le imprese maggiormente orientate all’innovazione per l’elettrificazione registrano i maggiori aumenti occupazionali. Viceversa, quelle che non investono in innovazione mostrano una maggiore stabilità, ma con una tendenza negativa nei ruoli legati alla R&S e alla produzione.

L’indagine evidenzia infine anche le difficoltà nel reclutare personale qualificato: il 42% delle imprese ha problemi nel trovare risorse per R&S, progettazione e prototipazione; rispettivamente il 32% e il 31% per gli addetti

Da un sondaggio somministrato alle aziende associate al Gruppo Car Design & Engineering di ANFIA è infatti emerso che nella maggior parte delle realtà non ci sono state variazioni significative per la parte di progettazione del veicolo, salvo lo sviluppo, in alcuni casi, di competenze più ampie nel campo dell’elettronica, con l’inserimento di personale preparato su motore elettrico, batterie e componenti specifici. L’area del Design ha aggiornato il suo raggio di azione con nuovo knowhow nell’ambito UX (User Experience, cioè l’esperienza reale vissuta dall’utente) e UI (User Interface, cioè

Si è resa necessaria, inoltre, l’acquisizione di nuove competenze sui servizi di testing, CAE (Computeraided engineering) e omologazione, e questo conseguentemente ha comportato una riorganizzazione interna dei diversi reparti aziendali. In termini di figure professionali è stato necessario aggiornare anche le competenze specifiche sulle procedure di sicurezza per la gestione dei veicoli equipaggiati con batterie ad alta tensione. Operare su questi veicoli richiede infatti una conoscenza avanzata delle nuove architetture elettriche e una rigorosa applicazione di protocolli di sicurezza. Per questo motivo, è stato necessario formare il personale tecnico e dotarlo delle certificazioni previste dalla normativa. Parallelamente, le imprese hanno dovuto rafforzare i propri team con nuove figure specializzate, come ingegneri elettronici, capaci di affrontare le sfide progettuali legate a motori elettrici, batterie e sistemi di controllo avanzati.

Si è resa necessaria, inoltre, l’acquisizione di nuove competenze sui servizi di testing, CAE (Computer-aided engineering) e omologazione, e questo conseguentemente ha comportato una riorganizzazione interna dei diversi reparti aziendali.

Difficoltà ad assumere personale per ruolo professionale (%)
Fonte:
sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano 2024
Fonte OTEA, Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano 2024
DifHicoltà ad assumere personale per Ruolo professionale

PRESENTATO A ROMA L'OSSERVATORIO SUNRISE DEL MOST

Progettare il futuro della mobilità stradale

Èstato presentato a Roma il 10 marzo 2025, presso la sede della CDP (Cassa Depositi e Prestiti), l’Osservatorio SUNRISE (SUstaiNable Road InfraStructure Evolution) del MOST – Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile. Il progetto, coordinato dal professor Ennio Cascetta (nella foto qui sopra), vede la partecipazione di sei partner di primo livello attivi sui temi della sostenibilità, della mobilità stradale e della sua decarbonizzazione: Almaviva, Autostrade per l’Italia, Cassa Depositi e Prestiti, Eni, Fondazione Filippo Caracciolo e Iveco Group.

Obiettivo del nuovo osservatorio SUNRISE rendere il trasporto su strada più sostenibile e fornire analisi e indicazioni a supporto del processo di decarbonizzazione in Europa.

L’Osservatorio, uno dei progetti di punta del MOST assieme agli osservatori Freight Insights sulla logistica e IOSCA sul comparto aeronautico civile, si prefigge in particolare di monitorare l’evoluzione del trasporto su strada per passeggeri e merci in Italia, cercando di renderlo sempre più sostenibile. Questo attraverso piattaforme strategiche per leggere, comprendere e

guidare l’evoluzione della mobilità, con l’adozione di modelli avanzati, in grado di interpretare le attuali tendenze e stimare le evoluzioni future anche in relazione a scenari e politiche alternative.

Un’iniziativa che offre inoltre l’opportunità di proseguire nel monitoraggio del processo di decarbonizzazione e di innovazione della mobilità in Italia, mediante la

collaborazione di enti pubblici e privati di primario rilievo nel mondo della ricerca e del sistema della mobilità.

A determinare la costituzione di SUNRISE è stata infatti la necessità di creare un hub di ricerca e monitoraggio strutturato a livello europeo, in quanto seppure siano stati condotti molti studi sulla mobilità e i suoi sviluppi sostenibili non vi è ancora nessuna analisi sistematica e continuativa.

In questo contesto obiettivo dell’Osservatorio è dunque quello di fornire analisi puntuali e aggiornate sul processo di decarbonizzazione dei trasporti e indicare

le traiettorie di sviluppo all’interno del più ampio percorso di transizione energetica dell’Italia, coerentemente con l’evoluzione attesa del FIT for 55 e degli altri documenti nazionali e comunitari (-43% di CO2 entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005).

TRASPORTI STRADALI ASSET CRUCIALE

È noto come il trasporto su strada sia un asset cruciale del comparto, rappresentando in Italia circa l’89% del totale della mobilità dei passeggeri e l’84% di quella delle merci. Quindi da un lato è insostituibile, ma dall’altro produce un quarto delle emissioni di gas serra: come illustrato dal professor Cascetta durante l’evento, in Italia il 92% delle emissioni dei trasporti è imputabile al trasporto stradale. Il nostro paese è nelle prime posizioni in questo parametro,

superando di molto la media UE (72%), ma anche il Regno Unito (91%), gli Stati Uniti (88%) e la Cina (87%). A conferma di ciò, dal 2019 al 2024 sono cresciute le vendite di benzina in Italia, passando da 9,9 a 11,6 mld di litri venduti; al contrario il gasolio ha mostrato consumi costanti intorno a 28,5 mld di litri. Questo ha comportato un conseguente aumento dei gas serra, nonostante ci sia stato una riduzione dei veicoli immatricolati dal 2019 (1.950.000 circa nel 2019 e poco meno di 1.600.000 nel 2024).

Anche altri due fattori hanno contribuito all’aumento dei consumi e di conseguenza dei gas serra: l’aumento del Peso Totale a Terra dei veicoli e la diminuzione delle radiazioni. Quest’ultimo fattore ha comportato sia l’aumento dell’età media dei veicoli: per le autovetture è passata negli ultimi 5 anni da 11 anni e 5 mesi a poco meno di 13 anni

LE DICHIARAZIONI DEI PROTAGONISTI

Ferruccio Resta, Presidente di MOST

(ed è noto che automobili più anziane abbiano consumi più elevati); ma soprattutto l’aumento dei veicoli circolanti, passati da circa 52 milioni e mezzo di unità a circa 55 milioni. Tutti elementi da considerare nel processo di decarbonizzazione. A tutto ciò si aggiunga che la crescita dei veicoli più virtuosi nei consumi come i veicoli ibridi plug-in ed elettrici è ancora estremamente lenta in Italia; infatti lo scorso anno la percentuale di vendita dei primi è stata del 3,5% circa e dei secondi del 4,2 % circa. Per questo motivo, in un momento storico in cui al settore si chiede di diventare sostenibile, l’Osservatorio si afferma come punto di riferimento nazionale grazie alla sinergia tra università, competenze e imprese, essenziale per orientare il cambiamento e gettare le basi di un sistema più solido, resiliente e tecnologicamente avanzato”.

In particolare intende dare un contributo monitorando lo sviluppo del trasporto su strada per passeggeri e merci in Italia, l’andamento del traffico nelle diverse componenti urbano, extraurbano e autostradale; inoltre verrà analizzata la composizione del parco veicolare per auto e mezzi pesanti, la penetrazione dei diversi vettori energetici e le emissioni di CO2 e altri inquinanti, sia nella componente dal serbatorio alla ruota, sia in quella dal pozzo alla ruota che tiene anche in conto le emissioni prodotte per generare i diversi vettori energetici.

Nell’ambito del progetto sono stati anche annunciati i due i prossimi appuntamenti dell’Osservatorio SUNRISE. A luglio verrà presentato il focus sulla decarbonizzazione del trasporto stradale in Italia, mentre a dicembre verrà resa nota l’indagine sui comportamenti degli italiani verso la mobilità sostenibile.

"Gli Osservatori, come SUNRISE, non sono semplici strumenti di analisi, ma piattaforme strategiche per leggere, interpretare e guidare l'evoluzione della mobilità. Senza dati non c'è conoscenza, e senza conoscenza non c'è margine decisionale: questa è la logica che accompagna tutte le attività del Centro Nazionale MOST. Comprendere le dinamiche della mobilità significa individuarne le criticità, stimolare il progresso e intervenire con visione e determinazione. In un contesto in cui il settore fatica a stare al passo con l'innovazione e la pianificazione infrastrutturale, MOST si afferma come punto di riferimento nazionale grazie alla sinergia tra università, competenze e imprese, essenziale per orientare il cambiamento e gettare le basi di un sistema più solido, resiliente e tecnologicamente avanzato".

Ennio Cascetta, Coordinatore Scientifico dell'Osservatorio SUNRISE

"SUNRISE si pone obiettivi molto ambiziosi. Il settore dei trasporti in Italia è responsabile di circa il 25% delle emissioni di gas serra, con oltre il 92% di queste derivanti dal trasporto stradale. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal programma Fit for 55 della UE (-43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005), è dunque fondamentale concentrarsi sul trasporto su strada. Negli ultimi anni, diverse tendenze hanno seguito traiettorie inattese, come l'aumento del traffico stradale e delle emissioni di CO2, il rallentamento del mercato delle auto nuove e l'espansione del mercato dell'usato, la crescita delle auto ibride e la stagnazione dei veicoli completamente elettrici, insieme ad un uso crescente dei biocarburanti. L'Osservatorio si propone come uno strumento per monitorare le principali variabili e migliorare la capacità previsionale tramite l'adozione di modelli avanzati, in grado di interpretare le attuali tendenze e stimare le evoluzioni future anche in relazione a scenari e politiche alternative. Contribuirà così attivamente al dibattito nazionale ed europeo su questi temi cruciali e favorirà il networking con i principali stakeholder del settore".

Giuseppina Fusco, Presidente della Fondazione Filippo Caracciolo

"Siamo lieti di partecipare ai lavori dell'Osservatorio Sunrise, costituito all'interno del MOST - Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, per indirizzare, attraverso analisi multidisciplinari e la partecipazione dei più importanti stakeholder di settore, un percorso efficace di transizione ad una mobilità sempre più sostenibile. La contiguità degli intenti e dell'approccio metodologico del progetto Sunrise con gli studi, le analisi e gli approfondimenti realizzati dalla Fondazione sui temi della transizione energetica e dello sviluppo tecnologico dei trasporti sono alla base della nostra scelta di aderire all'iniziativa. Un'iniziativa che ci offre l'opportunità di proseguire nel monitoraggio del processo di decarbonizzazione e di innovazione all'interno di uno dei più importanti Tavoli di settore, in collaborazione con enti pubblici e privati di primario rilievo nel mondo della ricerca e del sistema della mobilità. Consentendoci di dare un contributo di analisi oggettive, dati e, know how consolidato in anni di lavoro, a supporto di politiche per una mobilità sempre più sostenibile, equa e accessibile per tutti".

ADR:

NUOVI

SERVIZI

AVANZATI

PER MIGLIORARE LA MOBILITÀ IN AEROPORTO

Fiumicino fa volare tutti con la forza dell’innovazione

L a customer experience e l’accessibilità degli spazi dell’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino si potenziano con le recenti partnership attivate da ADR Assistance, società del Gruppo Aeroporti di Roma, dedicate alla cura e all’assistenza dei passeggeri con disabilità.

Sono stati infatti lanciati nuovi servizi realizzati con due big player del settore inclusività: Be My Eyes e Whill, che sfruttano le nuove frontiere della tecnologia per offrire occhi e piedi virtuali ai turisti in transito nel primo aeroporto della Capitale.

App Be My Eyes e sedie a rotelle Will a guida autonoma: così ADR Assistance potenzia l’inclusività e l’accessibilità ai servizi dell’importante scalo romano.

ADR Assistance ha integrato la piattaforma di Service

Connect dell’hub Leonardo da Vinci con l’App “Be My Eyes”, per migliorare le condizioni di viaggio di non vedenti e ipovedenti, grazie a un sistema di intelligenza artificiale e a una rete di assistenti, che intervengono in tempo reale a soddisfare le

richieste degli utenti. Lanciata nel 2015, l’applicazione copre oggi 150 Paesi nel mondo, agevolando i servizi di mobilità di una community che conta 795 mila utilizzatori e 8,5 milioni di volontari in grado di parlare 180 lingue. L’App Be My Eyes permette all’utente di ricevere gratuitamente supporto nello svolgimento di attività quotidiane, in qualunque ambiente,

dalla strada fino alle mura domestiche, nonché negli spazi di lavoro.

La nuova partnership attiva presso gate e spazi aeroportuali migliora pertanto l’autonomia negli spostamenti dei viaggiatori nella Città eterna, con servizi che spaziano dall’orientamento fisico all’interno dei terminal fino all’accesso facilitato alle informazioni sui voli.

“I viaggi dovrebbero essere accessibili a tutti” - ha commentato Mike Buckley, CEO di Be My Eyes, “e l’accordo con Aeroporti di Roma ci avvicina a questo obiettivo.

Integrando strumenti basati sull’intelligenza artificiale e il supporto umano, garantiamo ai viaggiatori non vedenti ed ipovedenti di muoversi in aeroporto con maggiore facilità e sicurezza”.

Molto entusiasmo per l’accordo raggiunto anche da parte di ADR Assistance, come ha dichiarato Marina Maschio, Managing Director della società: “Siamo orgogliosi di essere leader nell’accessibilità e nell’innovazione. La partnership con Be My Eyes ci consente di migliorare ulteriormente l’esperienza di tutti i nostri passeggeri, garantendogli lo stesso livello di servizio ed assistenza”. All’interno dell’applicazione, più in particolare, l’utente può selezionare diverse modalità di assistenza, dalla videochiamata di un volontario fino al supporto dell’intelligenza artificiale per ricevere indicazioni ed informazioni, in abbinamento alla possibilità di avviare un contatto diretto con l’help desk.

I tempi di risposta sono istantanei per guidare l’utente negli spazi aeroportuali. In alcuni casi, le descrizioni delle procedure aeroportuali da seguire possono essere fornite automaticamente anche dall’IA, senza necessità di un contatto umano.

Il gradimento dei fruitori dell’app è elevato ed è in crescita soprattutto nell’ultimo anno: il 60% dei feedback pervenuti sono positivi e il 15% sono neutrali, con apprezzamenti diffusi verso l’assistenza fornita dai volontari coinvolti nel progetto. Sono proprio quest’ultimi i primi soddisfatti del servizio reso. Il tono dei volontari è infatti improntato sull’entusiasmo e l’empatia, con un alto numero di testimonianze positive: da “Ho aiutato un’altra persona e mi sono sentito migliore” fino a “Meraviglioso essere gli occhi di chi non vede!”.

GUIDA AUTONOMA IN SEDIA A ROTELLE

L’inclusione e l’accessibilità sono in prima linea nelle strategie operative di client service dell’aeroporto romano, grazie anche all’accordo stretto con WHILL, Inc- Innovative Airport Transportation, che ha consentito il lancio a marzo a Fiumicino di un servizio di 4 sedie a rotelle a guida autonoma, a vantaggio dei viaggiatori con mobilità ridotta.

È un passo in avanti verso l’efficienza del trasporto e la tutela dell’indipendenza negli spostamenti: una volta impostata la destinazione all’interno dell’hub, il dispositivo conduce il passeggero fino al gate in condizioni confortevoli e sicure, grazie ai sensori capaci di rilevare gli ostacoli lungo il percorso, per tornare poi autonomamente al punto di partenza e rendersi fruibile da un altro utilizzatore. Le apparecchiature sono già operative presso gli imbarchi del Terminal 3, coprendo il percorso verso il gate 14 (E11-E24) e tre lounge nell’area non Schengen. Whill mette a frutto a Roma l’esperienza e il know how perfezionato finora nei maggiori hub del Nord

America e del Giappone. “Siamo orgogliosi di estendere il servizio in Europa”, è quanto dichiarato in merito da Satoshi Sugie, cofondatore e CEO di Whill, “offrendo soluzioni di trasporto personale e di mobility-as-a-service, migliorando al tempo stesso l’accessibilità negli spazi pubblici. Siamo attivi in oltre 30 Paesi, spinti dall’entusiasmo di ampliare la nostra presenza in altre località”.

Parole a cui fanno riscontro quelle di Marina Maschio di ADR Assistance che ha evidenziato il successo degli sforzi compiuti sinergicamente con Whill perché “il nuovo servizio contribuisce concretamente a migliorare la fruibilità delle nostre infrastrutture, semplificando la customer journey di chi necessita di assistenza. Continueremo a rendere l’esperienza di viaggio sempre più accessibile, facendo dell’innovazione un driver strategico nel lavoro di riconoscimento tra i migliori hub al mondo per la qualità dei servizi offerti”.

FIUMICINO STELLA INTERNAZIONALE

L’aeroporto Leonardo da Vinci si conferma sempre più

un’eccellenza: nel 2024 ha infatti ottenuto da Airports Council International, per l’ottava volta consecutiva, il premio di World Best Airport. L’hub romano è inoltre uno dei 12 al mondo ad aver ottenuto la massima valutazione di 5 stelle da parte di SkyTrax, l’organizzazione britannica impegnata nella ricerca e nella valutazione del settore aereo e aeroportuale, con sondaggi continui su infrastrutture, compagnie, personale di bordo e di terra, intrattenimento e catering. Nel 2025, sempre SkyTrax premia Fiumicino come ottavo aeroporto al mondo e secondo in Europa, preceduto nel Vecchio Continente solo dallo Charles de Gaulle di Parigi.

Questi riconoscimenti premiano i continui progetti di miglioramento varati da Aeroporti di Roma negli ultimi anni, tra cui il potenziamento delle tecnologie per la sicurezza che ha minimizzato i tempi di attesa per i viaggiatori, i programmi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’ampliamento degli spazi dedicati allo shopping e all’intrattenimento, a tutto vantaggio del tessuto economico ed imprenditoriale che anima lo scalo romano.

In apertura la sedia a rotelle a guida autonoma Whill e qui sopra alcune schermate dell’app Be My Eyes.

I DATI DELL'OSSERVATORIO ONLINE CIRO PER LA NEUTRALITÀ CLIMATICA IN ITALIA

Un cruscotto per le Regioni accessibile a tutti

CIRO, acronimo di Climate

Indicators for Italian RegiOns, si propone come il primo database italiano per monitorare e confrontare le performance ambientali delle Regioni, affermandosi, ad un anno dal lancio, quale strumento essenziale e punto di riferimento per le politiche ambientali del nostro Paese. Realizzato dal Centro Studi Italy for Climate della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibileuno dei principali attori della green economy in Italia - in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il database online CIRO nasce dal presupposto del

Nel ruolo chiave assegnato alle Regioni il database di Italy for Climate e ISPRA offre fondamentale supporto per avviare pianificazioni e scambi di best practice.

riconoscimento delle Regioni tra i protagonisti della lotta alla crisi climatica e della transizione energetica. Grazie, infatti, alle loro competenze in settori strategici come energia, trasporti e infrastrutture green, le Regioni sono in grado di promuovere politiche sostenibili e implementare soluzioni innovative a livello territoriale. L’importanza del loro ruolo è amplificata dalla circostanza che la transizione

necessita di un’azione diffusa, ossia di interventi locali che, da un lato, siano coerenti con le strategie globali e, dall’altro, tengano conto delle peculiarità dei territori. L’imperativo del momento storico attuale è accelerare i progressi e intensificare gli sforzi per garantire il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, come previsto dal Green Deal Europeo. Gli obiettivi fissati richiedono

dunque azioni più rapide ed efficaci, e CIRO si fa carico di fornire alle Regioni un valido e concreto supporto, aiutandole a trasformare le strategie ambientali in risultati tangibili e duraturi.

Non ultimo, CIRO è anche in grado di favorire il dibattito pubblico su una tematica di cruciale importanza, mettendo a disposizione di tutti i cittadini alcuni dati critici e contribuendo alla diffusione della conoscenza sui fenomeni climatici e sulle loro cause. In questo modo, offre alle persone uno spazio di informazione e confronto, nel quale poter dare voce alle istanze della società civile e promuovere un esperimento

di partecipazione democratica, nella considerazione che una transizione efficace e condivisa non può che essere il risultato di un processo inclusivo e consapevole.

IL CONTESTO DI RIFERIMENTO

Per comprendere appieno l’importanza di un osservatorio come CIRO bisogna considerare le evidenze scientifiche che mostrano un percorso ancora lungo e pieno di difficoltà verso gli obiettivi del 2050 e le conseguenti indicazioni fornite a livello europeo e internazionale sull’indifferibilità di efficaci politiche climatiche. In particolare, nel documento “Delivering the EU Green Deal - Progress toward target” 2025, richiamato da Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nell’evento dello scorso marzo “Italy for Climate a KEY - The Energy Transition Expo” di presentazione di CIRO, la Commissione Europea ha messo in guardia contro il rischio che, in mancanza di un aumento del ritmo di riduzione delle emissioni di CO2 nel decennio in corso, non si possa raggiungere nel 2030 né lo step intermedio di riduzione del 55% rispetto al 1990 né l’obiettivo di riduzione del 40% nei settori del Regolamento Effort Sharing (trasporti, edilizia, agricoltura, piccola industria e rifiuti). Nel medesimo documento si paventa anche l’allontanamento dell’obiettivo, fissato dal Regolamento sugli assorbimenti, di eliminare 310 MtCO2₂ dall’atmosfera al 2030, anche a causa del permanere delle sovvenzioni ai combustibili fossili. La Commissione stessa riconosce, ai fini del conseguimento degli obiettivi climatici europei, l’importanza dell’attuazione delle misure climatiche a

livello locale. Ciò che implica l’assunzione di un impegno diretto a superare, da un lato, le disparità regionali e i divari tra aree urbane e rurali e, dall’altro, il disallineamento tra le politiche regionali e le strategie a livello nazionale ed europeo.

Ad accrescere l’allarme climatico, l’Agenzia governativa degli Stati Uniti NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) conferma il 2024 come l’anno più caldo mai registrato, con un aumento di +1,6°C rispetto all’era preindustriale. In Italia l’aumento medio è stato di +2,24°C, portando a eventi estremi, come ondate di calore e precipitazioni intense, che hanno causato gravi disagi alle popolazioni e alle economie locali.

Le Regioni italiane, in particolare, stanno registrando ritardi anche nel raggiungimento degli obiettivi di utilizzo delle fonti rinnovabili nei consumi elettrici fissati nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Infatti, secondo il rapporto “Scacco matto alle rinnovabili 2025” pubblicato da Legambiente, l’Italia ha

installato dal 2021 al 2024 solo 17.717 MW di nuova capacità rinnovabile, con una media annuale di appena 4.429 MW. Pertanto, per raggiungere l’obiettivo di 80.001 MW di nuova potenza installata entro il 2030, nei prossimi sei anni sarà necessario installare 10.380,6 MW l’anno, con il rischio, mantenendo il ritmo attuale, di conseguire il risultato richiesto solo nel 2038 e con performance che variano significativamente da Regione a Regione. L’unica regione attualmente in linea con la tabella di marcia, risulta essere infatti il Lazio, mentre in base alla media delle installazioni degli ultimi quattro anni Regioni come Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria rischierebbero ritardi stimati addirittura tra i 20 e i 45 anni rispetto agli obiettivi fissati per il 2030, in coerenza con i target del PNIEC e anche dal Decreto Aree Idonee del 21 giugno 2024. Decreto quest’ultimo che, nell’individuare aree non idonee per impianti per le rinnovabili e consentire leggi regionali di blocco dello sviluppo territoriale delle rinnovabili, implica la

gestione di ulteriori elementi di criticità.

Altro aspetto da attenzionare, sempre ai fini della crescita delle fonti rinnovabili, attiene all’incentivazione a livello regionale e locale delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), associazioni tra utenti, produttori e consumatori di energia, in cui i membri possono produrre, accumulare e scambiare energia pulita al fine di ottenere benefici, oltre che ambientali, in termini di riduzione delle bollette, accesso a tariffe agevolate, valorizzazione dell’energia elettrica non autoconsumata e immessa in rete e detrazioni fiscali sui costi sostenuti. I dati riportati, seppur esemplificativi e non esaustivi del contesto di riferimento, non fanno che confermare, unitamente alla necessità di rafforzare e moltiplicare le misure per indirizzare la transizione ecologica ed energetica verso gli obiettivi prefissati, il ruolo chiave delle regioni nell’implementazione di politiche coerenti con le strategie a livello nazionale ed europeo e di azioni efficaci sul territorio e incisive per il clima.

Senza accelerare ill ritmo di riduzione delle emissioni di CO2

SUPPORTO REGIONALE PER LA SOSTENIBILITÀ

Il passo immediatamente successivo al riconoscimento alle Regioni di una posizione di primo piano nella governance ambientale è dunque quello di dotarle di strumenti idonei a supportare l’analisi e il confronto, facilitare le migliori decisioni possibili, misurare i progressi compiuti, individuare le best practice e incoraggiare il perseguimento dell’eccellenza.

Proprio con queste finalità è stato realizzato CIRO, che promuove un approccio alla sfida alla sostenibilità basato sulle evidenze acquisite attraverso il monitoraggio di 26 indicatori climatici a livello regionale.

Gli indicatori utilizzati sono stati selezionati e costruiti, in collaborazione con ISPRA, attingendo, quando possibile, ai dati delle statistiche nazionali ufficiali (quali le banche dati di ISTAT, ISPRA, ENEA, ACI, GSE, Ministeri, ecc.), anche se alcuni di essi sono frutto di elaborazioni originali o, comunque, sono pubblicati per la prima volta in Italia.

Per ciascun indicatore sono forniti i dati delle 20 Regioni italiane e la media nazionale, sia nella fotografia aggiornata all’ultimo anno disponibile sia, laddove utile e possibile, in un trend di breve o lungo periodo.

Le informazioni sono presentate in diverse modalità, tra le quali grafici a barre e grafici radar, e sono accompagnate da una relazione sintetica ma completa sul posizionamento di ciascuna Regione. Nei primi mesi del 2025, a un anno dal suo avvio, CIRO, nel tracciare una mappa dettagliata del percorso delle Regioni verso la neutralità climatica, restituisce un quadro complesso e in movimento.

La nuova piattaforma raccoglie anche una serie best practice, progetti o performance particolarmente meritevoli, con l’intento di valorizzare tutte le iniziative di transizione green messe in campo dai territori, ai quali appartiene anche la prerogativa di individuare, nell’ambito delle soluzioni verso la neutralità climatica, opportunità di sviluppo delle

meritano una, sia pure rapida, panoramica, in quanto rivestono particolare interesse e offrono spunti significativi.

filiere locali e di progresso tecnologico e sociale per i cittadini.

DATI E TENDENZE PER AREE TEMATICHE

Le otto aree tematiche - emissioni, energia, rinnovabili, edifici, industria, agricoltura, vulnerabilità e trasporti - nelle quali sono raggruppati dal database CIRO i 26 indicatori selezionati per il monitoraggio identificano i settori più critici nella lotta al cambiamento climatico e nella transizione energetica, in quanto direttamente incidenti sulle principali fonti di emissione di gas serra, sull’uso delle risorse e, più in generale, sulla resilienza e sulla sostenibilità del nostro sistema economico e sociale. In termini generali, la misurazione degli indicatori evidenzia andamenti diversificati non solo tra le regioni ma anche al loro interno, con risultati non sempre prevedibili e variazioni significative tra i diversi aspetti analizzati. Su un piano di dettaglio, le informazioni raccolte nelle otto aree tematiche

Le emissioni di gas serra rappresentano un importante punto di partenza, in quanto la loro riduzione è il primo passo per mitigare il riscaldamento globale. La Regione con le emissioni procapite più basse nell’anno 2022 - con 3,2 tonnellate di gas serra per abitante - è la Campania, seguita da Lazio (5 tCO2₂eq/ab) e Marche (5,5 tCO₂2eq/ab), mentre il dato più elevato si riscontra in Sardegna (oltre 11 tCO2₂eq/ ab), presumibilmente per l’alto ricorso al carbone che ancora si registra nell’isola. La Liguria, invece, per il progressivo abbandono del carbone, è la Regione che le ha ridotte più di tutte, con un -65% tra il 1990 e il 2024, superando l’obiettivo comunitario al 2030 del -55%. La Liguria è anche la prima Regione in Italia per assorbimento di gas serra da parte dei sistemi naturali in rapporto alla superficie, con 324 tonnellate di gas serra assorbite per km2, contro una media nazionale pari a 91 tonnellate, mentre la peggiore performance sugli assorbimenti naturali per l’anno 2022 si registra in Calabria a causa dei numerosi incendi che hanno colpito la Regione.

L’energia è il cuore del problema e della soluzione, in quanto circa l’80% delle emissioni in Italia sono prodotte dai consumi di energia imponendo, di conseguenza, di intervenire sul risparmio energetico e sulla riduzione delle fonti fossili di energia. I più bassi consumi energetici procapite sono stati rilevati nelle Regioni del Centro-Sud, in dipendenza dalla presenza di condizioni climatiche più favorevoli. Nel 2022, infatti, è ancora una volta la Campania a riportare i consumi minori,

Produzione di energia e fonti rinnovabili assumono un ruolo centrale nel processo di decarbonizzazione avviato dall’UE.

con 1,2 tonnellate equivalenti di petrolio pro-capite (tep/ab) grazie, oltre che ad una bassa necessità di riscaldamento, anche alla presenza di settori produttivi poco energivori e a un’alta densità di popolazione. Seguono la Sicilia e la Calabria (con 1,3 e 1,4 tep/ab), mentre è l’Emilia Romagna la Regione con i più alti consumi di energia finale pro-capite (con oltre 2,6 tep/ ab), anche se in riduzione da un anno all’altro. Nel quinquennio 2017-2022 è la Valle d’Aosta ad avere ridotto maggiormente i consumi con un -13%, pur rimanendo una delle Regioni a più alto consumo energetico anche per questioni climatiche. Per quanto concerne, invece, la quota percentuale con cui le diverse fonti di energia (fossili e rinnovabili) hanno soddisfatto il fabbisogno energetico primario, nel 2022 ben 14 Regioni italiane hanno eliminato dal mix energetico il carbone, per cui sono coal free, mentre è la Puglia la Regione che pur presentando consumi di energia pro-capite fra i più bassi del Paese (1,6 tep/ab) si caratterizza per un consumo di carbone (29% del mix energetico) molto più alto della media nazionale, che si attesta al 5%.

Le rinnovabili sono la chiave per un sistema energetico pulito, in grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare la sicurezza energetica e, nel contempo, uno dei settori in cui le Regioni possono dare il contributo più incisivo, in quanto ad esse fanno capo responsabilità amministrative cruciali per la realizzazione degli impianti. In Italia, negli ultimi anni, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha ripreso a crescere, trainata soprattutto da alcune Regioni del Nord. Ciononostante, molte altre Regioni restano indietro e la maggior parte di esse non è ancora in linea con gli obiettivi fissati per il

2030. Per quanto attiene alla quota di consumi energetici da rinnovabili rispetto ai consumi totali, nel 2022 al primo posto si colloca la Valle d’Aosta, con oltre il 96% dei consumi complessivi coperto da rinnovabili, grazie al prezioso contributo da fonte idroelettrica, seguita da Trentino-Alto Adige e Basilicata (53% e 43,7%).

Tuttavia, relativamente alle installazioni di nuovi impianti rinnovabili, mentre la Valle d’Aosta resta indietro, forte della già alta copertura sul proprio territorio, a guidare la crescita negli ultimi anni sono altre Regioni. Nel 2023, infatti, la Lombardia, con 39 kW installati per km2, ha raggiunto più del doppio della media nazionale, ferma a meno di 20 kW/km2, seguita da Veneto (36,8 kW/km2) e Friuli-Venezia Giulia (28,5 kW/km2). Il terzo indicatore, che ha ad oggetto il numero di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) attivate, assegna infine nel 2024 il primo posto al Trentino-Alto Adige, con 31 CER, seguito da Veneto e Friuli-Venezia Giulia, rispettivamente con 31 e 28 aggregazioni locali.

Gli edifici sono responsabili di una quota significativa dei consumi energetici e delle emissioni, per cui l’efficienza e la riqualificazione del patrimonio immobiliare sono da considerare leve decisive. Anche in questo settore, come in quello dei consumi energetici, sono alcune Regioni del Sud a presentare le più contenute emissioni pro-capite di gas serra grazie, almeno in parte, al clima più mite. Infatti, per il 2022 la Sicilia conquista la prima posizione con 0,4 tonnellate di CO2₂ equivalente per abitante, mentre al secondo posto si posizionano Campania e Sardegna a pari merito, con 0,5 t eq/ab. All’ultimo posto, invece, si colloca l’Emilia Romagna, con oltre 1,6 tCO₂2eq/ab. Situazione in parte analoga si ripropone anche per i consumi di energia negli edifici in kilowattora per m2, con la Sicilia al secondo posto nel 2024 dopo la Liguria (con dati di Campania e Sardegna tuttavia non disponibili).

La situazione si ribalta con riferimento alla percentuale di Attestati di Prestazione Energetica (APE) certificanti

edifici in classe A, in quanto per il 2024 si collocano in cima alla classifica TrentinoAlto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia, rispettivamente con il 26,1%, il 17,7% e il 15,9%. All’ultimo posto (sempre al netto della Campania e della Sardegna) si colloca, molto al di sotto della media nazionale, la Liguria, con solo il 5% di edifici in classe A. Infine, la rilevazione della percentuale di consumi elettrici rispetto ai consumi totali di energia, ossia del tasso di elettrificazione degli edifici, riporta per l’anno 2022 la Sicilia al primo posto, con il soddisfacimento del 59% dei consumi con l’elettricità, seguita da Sardegna (48%) e Lazio (42%). Attualmente in coda è il Piemonte, con un tasso di elettrificazione intorno al 23%, su cui pesa, probabilmente, l’alto fabbisogno di riscaldamento.

L’industria si connota per l’alta intensità energetica e come il primo settore per emissioni di gas serra in Italia, pur essendo quello che negli ultimi anni le ha maggiormente ridotte. In questo ambito

Pochi In Italia gli edifici in classe energetica A: da un picco del 26% in Trentino-Alto Adige a un minimo del 5% in Liguria.

la priorità è rappresentata da un’innovazione che abbia la caratteristica di abbattere le emissioni senza compromettere competitività e sviluppo. La misurazione del rapporto emissioni di gas serra dell’industria/valore aggiunto in milioni di euro evidenzia che è il TrentinoAlto Adige la Regione che nel 2022 ha registrato la migliore performance, con 134 tCO₂2eq/ M€, seguita aBasilicata breve distanza da Campania (145) e Lombardia (171). In termini di rapporto tra consumi di energia e valore aggiunto, invece, sempre con riferimento all’anno 2022, è la Calabria a presentare la performance più efficace, con circa 20 tep/M€ rispetto ad una media nazionale di quasi 55 tep/M€, mentre i consumi più alti si registrano nel Friuli-Venezia Giulia (110 tep/M€). Relativamente poi alla percentuale di elettrificazione del settore industriale, nel 2022 i risultati migliori sono stati raggiunti dalla Sardegna, con una quota dei consumi elettrici dell’89% rispetto ai consumi totali di energia. Il più ampio spazio per l’elettrificazione del settore industriale è detenuto, invece, dall’Emilia Romagna, che resta la Regione maggiormente al di sotto della media nazionale (di poco superiore al 40%), con un valore del 30%.

L’agricoltura anche rappresenta un settore esposto ai cambiamenti climatici ed è, allo stesso tempo, una fonte di emissioni, per cui promuovere pratiche agricole virtuose e una migliore gestione degli allevamenti significa ridurre impatti e migliorare la resilienza del territorio. La rilevazione delle emissioni pro-capite di gas serra da allevamenti e gestione di suoli agricoli riferita all’anno 2022 vede la Liguria come la Regione più virtuosa, con 0,04 tCO₂2eq/ab. Tenuto conto, in particolare, che la maggior parte delle emissioni di gas serra da allevamenti è imputabile agli allevamenti di bovini, in coerenza con il predetto indicatore la Liguria, nel 2023, detiene anche il più basso numero di bovini (8 per ogni 1.000 abitanti). Si riscontra anche

un incremento delle pratiche agricole sostenibili, con il progressivo ampliamento della quota di agricoltura biologica - misurata in termini di quantità di azoto (N)in rapporto alla superficie agricola complessiva. In particolare, ad avere le più alte percentuali di agricoltura biologica nel 2023 sono la Toscana (37%), la Calabria (36%) e la Sicilia (31%), mentre in coda si posiziona la Valle d’Aosta (3%) che, tuttavia, recupera ampiamente su un altro indicatore, in quanto risulta nel 2022 la Regione con il più basso utilizzo di fertilizzanti in Italia (circa 30 kgN/ha), un valore di gran lunga inferiore al più alto in assoluto registrato in Lombardia (oltre 300 kgN/ha).

La vulnerabilità agli eventi climatici espone a grandi rischi per la salute delle

persone e per l’economia e rappresenta una questione sempre più urgente, a causa della concorrenza di una serie di fattori sui quali i territori hanno diversi gradi di responsabilità, fra i quali la densità abitativa, il consumo di suolo, la presenza di corpi idrici e la morfologia del territorio. Le Regioni maggiormente colpite da eventi estremi (ben 2.209 nel 2023) considerati in rapporto alle relative superfici sono quelle del Nord Italia e, in particolare, il FriuliVenezia Giulia (con 50 eventi ogni 1.000 km2), seguito da Lombardia e Veneto (con poco meno di 20 eventi).

L’unica ad avere registrato meno di 1 evento/1.000 km2 è la Basilicata che, sebbene presenti le più alte perdite della rete idrica, conferma il proprio status di Regione non esposta in maniera critica agli impatti dei cambiamenti climatici, in quanto ospita anche la più bassa percentuale - intorno all’1% - di popolazione in aree a rischio alluvione e presenta un valore (circa il 3%) ben al di sotto della media nazionale (7,5%) della percentuale di superficie “consumata”, ossia persa per opere di cementificazione e costruzioni. Le Regioni, invece, con le percentuali più alte di popolazione residente in aree a rischio alluvione e di superficie consumata

La Basilicata risulta la meno esposta ai rischi climatici per via della ridotta cementificazione del suolo (3%). Sul fronte opposto l’Emilia Romagna (60%).
Consistente il contributo di emissioni climalteranti degli allevamenti bovini.

sono, rispettivamente, l’Emilia Romagna (60%) e la Lombardia (12%).

Il settore dei trasporti, infine, svolge un ruolo primario nella lotta al cambiamento climatico, essendo uno dei più impattanti e difficili da decarbonizzare. Per affrontare questa sfida è infatti necessaria una strategia integrata che, supportata dalla raccolta e analisi scientifica dei dati, attivi una serie di leve operative per favorire la transizione verso una mobilità più sostenibile. Solo attraverso la sinergia tra elettrificazione, biocarburanti, trasporto pubblico efficiente, intermodalità, mobilità condivisa e digitalizzazione in questo settore strategico sarà dunque possibile conseguire risultati significativi nella riduzione delle emissioni e nell’ottimizzazione dei flussi di mobilità. Sulla base di tali premesse, CIRO assume e monitora in modo specifico quattro indicatori, di cui diamo conto in modo più dettagliato in un apposito box, in coerenza con gli obiettivi della nostra pubblicazione “Onda Verde”.

PER UNA GOVERNANCE

INCLUSIVA E STRATEGICA

Un approccio consapevole e metodologicamente corretto risulta indispensabile per

poter utilizzare al meglio le potenzialità del patrimonio informativo offerto da CIRO nell’azione di supporto ai processi decisionali sia a livello nazionale che locale.

A tal fine, è necessario contestualizzare e interpretare in maniera organica le evidenze raccolte, evitando letture parziali o semplicistiche.

Va infatti considerato che ogni indicatore è influenzato da molteplici fattori - geografici, economici, infrastrutturali - che ne determinano l’andamento. Per questo motivo, un’analisi efficace deve tener conto delle specificità territoriali e delle interconnessioni tra i diversi dati raccolti.

Si ritiene opportuno chiarire anche che questi indicatori non devono essere utilizzati per stilare classifiche o giudicare le Regioni, bensì per

comprendere le dinamiche in atto e individuare opportunità di miglioramento. L’analisi dei dati può fornire spunti preziosi sia per valorizzare le buone pratiche adottate dalle Regioni con performance migliori, sia per identificare strumenti e strategie utili per quelle che, al contrario, presentano maggiori criticità. Solo un atteggiamento costruttivo, in definitiva, è realmente in grado di generare politiche vincenti basate sull’evidenza e di escludere il rischio di letture competitive che potrebbero distorcere il senso della rilevazione.

Resta inteso che il valore della banca dati CIRO risiede nella sua funzione di strumento di supporto alle politiche pubbliche in un quadro di governance multilivello. La lotta ai cambiamenti climatici richiede, infatti,

azioni coordinate tra amministrazioni locali, enti nazionali ed europei, affinché le strategie adottate siano coerenti ed efficaci. Infine, va ulteriormente sottolineato che, oltre a rappresentare un punto di riferimento per tecnici e decisori politici, CIRO è uno strumento rivolto a tutti i cittadini. Come ha precisato il Direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA, Valeria Frittelloni, siamo in presenza di un progetto “per responsabilizzare i singoli a comprendere le sfide ambientali e stimolare la partecipazione attiva per il raggiungimento degli obiettivi comuni”.

La disponibilità di dati chiari e accessibili consente, infatti, anche al pubblico generale di comprendere meglio i fenomeni climatici e le azioni necessarie per affrontarli. Promuovere la consapevolezza e il senso di responsabilità diffuso è un passo cruciale per costruire un futuro equo e resiliente, in cui ogni cittadino possa sentirsi parte attiva del cambiamento. Perché ormai è chiaro che la sfida per la sostenibilità è una di quelle battaglie in cui o vinciamo insieme o siamo tutti destinati alla sconfitta e, in questa battaglia, CIRO è un prezioso e imperdibile alleato.

Integrazione tra TPL e mobilità condivisa e sviluppo della digitalizzazione tra gli strumenti più efficaci nella la sfida della decarbonizzazione.
Auto elettrica e biocarburanti riducono le emissioni dei trasporti stradali.

CIRO: dati e analisi sul sistema dei trasporti nelle Regioni italiane

I 4 indicatori selezionati da CIRO per l'analisi del settore dei trasporti definiscono le variabili chiave per l'analisi del cambiamento climatico a livello regionale e rappresentano la struttura portante del sistema di monitoraggio e la base metodologica e concettuale del database.

1. Emissioni pro capite di gas serra dei trasporti: misura le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti prodotte in media da un cittadino residente nella regione. Le emissioni derivano direttamente dal consumo di carburanti derivanti da combustibili fossili, ovvero diesel, benzina, GPL e gas metano, sia nel trasporto privato che in quello pubblico.

2. Numero di automobili: rileva il numero di automobili immatricolate nella regione in rapporto alla popolazione (numero di automobili ogni 1.000 abitanti). Questo numero, chiamato "tasso di motorizzazione", è indicativo di quanto il trasporto sia dipendente dall'uso dell'auto privata e dunque poco sostenibile. l'Italia è fra i Paese con il più alto tasso di motorizzazione in Europa.

3. Passeggeri trasportati dal TPL: misura quanti passeggeri sono stati trasportati dal TPL (inclusi treno, bus, metropolitane) in rapporto al numero dei cittadini residenti nella regione. Per il trasporto pubblico è ancora difficile costruire statistiche complete e affidabili, ma il monitoraggio è importante perché si tratta di una leva fondamentale per ridurre la dipendenza dall'auto privata e per decarbonizzare i trasporti.

4. Quota di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni: misura la quota di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni nella regione (sono incluse solo elettriche pure, chiamate BEV, ed escluse le ibride). L'elettrificazione delle auto è una leva importante di decarbonizzazione del trasporto specie se accompagnata dal progressivo aumento delle rinnovabili nella generazione elettrica. Le auto elettriche in Italia stanno crescendo più lentamente che nel resto d'Europa

La criticità di tale settore, tra i più problematici e al tempo stesso tra i più sfidanti nel processo di transizione ecologica ed energetica, è riconducibile a diverse cause, tra le quali: l'elevata produzione di CO2, pari a circa il 25% delle emissioni globali, con una forte dipendenza dai combustibili fossili; la crescente domanda di mobilità di merci e persone; le difficoltà nella decarbonizzazione, particolarmente marcate in alcuni comparti, come l'aviazione e il trasporto marittimo; la produzione di ulteriori inquinanti nocivi (PM10, PM2.5, NOx), che hanno gravi effetti sulla salute pubblica e sulla qualità dell'aria.

D'altro canto, quello dei trasporti è un campo nel quale entrano in gioco grandi opportunità di innovazione. L'elettrificazione dei veicoli, alimentata da fonti rinnovabili, può ridurre significativamente le emissioni di CO2 e migliorare la qualità dell'aria, mentre per i comparti più difficili da elettrificare, come l'aviazione e il trasporto marittimo, soluzioni come l'idrogeno verde e i biocarburanti rappresentano valide alternative sostenibili. Inoltre, la diffusione della mobilità condivisa e il potenziamento del trasporto pubblico possono diminuire il numero di veicoli privati in circolazione, riducendo così il consumo energetico complessivo. Anche le tecnologie digitali, grazie all'intelligenza artificiale e all'IoT, svolgono un ruolo chiave nell'ottimizzazione del traffico e nell'aumento dell'efficienza dei trasporti.

Le performance delle Regioni italiane monitorate da CIRO mettono in luce, per quanto concerne le emissioni pro capite di gas serra nel settore dei trasporti, che Campania, Sicilia e Calabria sono quelle che registrano i valori più bassi, ciascuna con meno di 1,6 tCO2eq/ab nel 2022. Rispetto a tale indicatore la media nazionale si pone esattamente a metà tra le 20 Regioni e la performance meno positiva spetta alla Valle d'Aosta, con oltre 4 tCO2eq/ab. Tuttavia Valle d'Aosta, Calabria e Basilicata sono le tre Regioni che hanno maggiormente ridotto le emissioni dal 1990 al 2022, tagliandole del 27% le prime due e del 24% la terza, in un settore che a livello nazionale le ha addirittura aumentate.

Posto che l'Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di motorizzazione in Europa, nella rilevazione del numero di auto per ogni 1.000 abitanti, per l'anno 2023, il primato spetta alla Liguria, con solo 562 auto ogni 1.000 abitanti (a fronte di una media nazionale dI 694), mentre il valore più alto, con 2.200 auto/1.000ab, è stato registrato in Valle d'Aosta, la cui performance risulta penalizzata dalla particolare conformazione territoriale.

Quanto al ricorso al trasporto pubblico - alternativa più sostenibile rispetto al trasporto con mezzi propri - in coerenza con il dato inerente il numero di automobili per abitanti, a presentare nel 2023 il numero più alto di passeggeri che hanno usufruito del Trasporto Pubblico Locale (TPL) in rapporto al numero dei residenti nella Regione è la Liguria, seguita, a una discreta distanza, dal Lazio. I risultati meno performanti appartengono ad alcune Regioni del Sud - Puglia, Sicilia, Basilicata e Calabria - che, seppure in miglioramento rispetto alle precedenti rilevazioni, sono ancora lontane dalla media nazionale.

Anche la penetrazione dell'auto elettrica nel parco circolante nazionale vede ancora rilevanti difformità, in quanto, a fronte delle prime tre Regioni con le più alte percentuali di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni, le restanti si collocano al di sotto della media nazionale. Il Lazio si conferma la regione italiana che ha immatricolato la quota più elevata di auto elettriche (13,7%) sul totale venduto nel 2023, seguita con rilevante distacco, da Trentino-Alto Adige e Lombardia, entrambe con il 5%.

Risultati della campagna Città2030

a cura di Legambiente

Pubblichiamo di seguito nella sintesi predisposta per la stampa da Legambiente i risultati della campagna Città2030, presentati a Roma il 18 marzo scorso in occasione della prima edizione del Forum Nazionale Mobilità “Dalle politiche urbane a quelle industriali. Quale futuro per la mobilità in Italia?”, organizzato presso dall’associazione ambientalista in partnership con Enel. La campagna Città2030 , condotta da Legambiente, ha preso in esame la mobilità urbana in 17 città italiane, raccogliendo dati aggiornati su inquinamento, infrastrutture, tassi di motorizzazione e servizi di trasporto disponibili.

LUCI E OMBRE DELLA MOBILITÀ URBANA

Nessuna delle città esaminate – tutti capoluoghi di regione e provincia, tranne Olbia – rispetta i futuri limiti della direttiva europea sulla qualità dell’aria prevista per il 2030. Nei prossimi cinque anni, ciascuna dovrà impegnarsi per ridurre le concentrazioni di PM10 (dal 3% al 35%) e di NO2 (dal 5% al 40%).

Il tasso di motorizzazione rimane molto elevato, con un picco di 78 auto per 100 abitanti a Olbia e un minimo di 48 a Genova, passando per Roma (66), Milano (52,5) e Napoli (61); valori decisamente superiori agli standard delle città europee come Barcellona (41), Londra (36), Amsterdam (25,7) e Parigi (25). Questo alto tasso coincide con una mobilità fortemente sbilanciata verso l’auto privata, utilizzata almeno dal 30% della popolazione, con picchi dell’81,3% a Olbia, 65% a Reggio Calabria e 59,3% a Roma. Percentuali ben lontane da città come Parigi, dove solo il 4,3% dei cittadini sceglie l’auto per i propri spostamenti.

Restano alti i dati sugli incidenti stradali: la maggioranza di questi avviene su strade urbane (sulle strade del territorio provinciale, 86% a Prato, 85% a Genova, 82% a Milano), con un rapporto morti e feriti per 1.000 abitanti che raggiunge picchi di 8,4 a Firenze e Genova, mentre a Roma si attesta a 6,1, a Milano a 7,3 e a Napoli a 3,4. Se il trend attuale di riduzione non accelererà, nessuna città raggiungerà l’obiettivo previsto dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale (PNSS), ovvero dimezzare il numero di decessi e dei feriti gravi sulle strade entro il 2030.

BUONE PRATICHE E SEGNALI POSITIVI DI CAMBIAMENTO.

Ben 16 città su 17 hanno avviato progetti per rinnovare le flotte di bus con mezzi di mezzi full electric (a Bologna e Modena anche una quota ad idrogeno con tecnologia fuel cell) e 12 stanno realizzando ex-novo o ammodernando linee tramviarie, infrastrutture con

Con un picco di 78 auto per 100 abitanti il Comune di Olbia presenta il tasso di motorizzazione più elevato tra le 17 città prese in esame da Legambiente.

ATM e Comune di Messina hanno incentivato l’utilizzo del TPL promuovendo il nuovo abbonamento annuale a prezzo scontato MoveMe.

una notevole capacità di riconnettere il tessuto urbano, come dimostrano le esperienze di Firenze e Padova.

Buone notizie arrivano da Milano, dove la quota modale del trasporto pubblico ha superato quella dell’auto privata (48% contro 43%), un dato importante che segna un punto di svolta nel panorama della mobilità italiana. Poi, Bologna e Olbia, grazie all’adozione del modello Città 30, hanno ottenuto significativi miglioramenti nella sicurezza e nella riduzione delle emissioni inquinanti. A Bologna, infatti, in appena un anno, le emissioni da traffico sono diminuite del 29%, gli incidenti stradali del 13% e quelli più gravi del 31%.

A Roma, invece, oltre alla Fascia Verde, spicca l’esperienza dell’integrazione tra trasporto pubblico e sharing mobility: l’abbonamento annuale offre gratuitamente un consistente pacchetto di corse con bici e monopattini in sharing, garantendo a prezzo competitivo una reale intermodalità – un’esperienza che, insieme a quella di Messina con MoveMe, ha registrato un enorme successo.

MOBILITÀ ELETTRICA E INFRASTRUTTURE DI RICARICA

Il parco di autovetture elettriche nelle città analizzate dalla campagna è ancora minimale (ACI 2023), con una media dello 0,55% rispetto al parco totale, con percentuali che superano appena l’1% solo a Milano e Roma.

Il paradosso è che, nonostante questo, l’Italia dispone di una rete di ricarica ben sviluppata: secondo i dati di Motus-E, il nostro paese con 64.391 i punti installati è addirittura in netto vantaggio (con

Ben 16 città sulle 17 coinvolte nella campagna Città2030 stanno rinnovando le flotte del TPL con l’entrata in servizio di autobus elettrici.

19 punti di ricarica ogni 100 BEV) rispetto ad altre nazioni europee come Francia (14 punti), Regno Unito (7), Germania (8). La distribuzione, tuttavia, resta sbilanciata (57% al Nord, 20% al Centro, 23% al Sud e Isole) e la copertura autostradale ancora insufficiente, seppur in crescita (1.044 su 7.318 km di rete).

Il problema, dunque, non è tanto la disponibilità di punti di ricarica, quanto la scarsa diffusione dei veicoli elettrici, dovuta a percezioni errate sulla diffusione delle stazioni di ricarica, alimentata spesso da fake news.

Il commento del responsabile Mobilità di Legambiente, Roberto Scacchi “La campagna Città2030 dimostra che trasformare la mobilità urbana non è solo necessario, ma possibile. A Milano il trasporto pubblico ha superato l’auto, mentre cresce il numero di città che adottano il modello Città 30 o si avviano a farlo ed elettrificano le flotte dei bus grazie al PNRR, che prevede 3.360 nuovi mezzi a basse emissioni entro il 2026. Sono già attivi 89 progetti in tutta Italia, e il MIT ha dovuto prorogare la scadenza per i progetti di trasporto rapido di massa vista l’alta partecipazione. Da Trieste a Messina, le città riscoprono il potenziale delle tramvie, avviando nuove linee e ammodernando quelle esistenti. Solo un trasporto pubblico capillare, economicamente accessibile e infrastrutture ciclabili adeguate, possono combattere l’inquinamento e la mobility poverty che colpisce il 30% degli italiani. Ma per accelerare questa trasformazione servono investimenti strutturali per modernizzare il parco mezzi e politiche coordinate per una mobilità sostenibile e realmente inclusiva”

A Bologna l’introduzione dei 30 km/h ha permesso di ridurre in un anno le emissioni da traffico del 29%, gli incidenti del 13% e quelli più gravi del 31%.
Nonostante l’Italia vanti 64.391 punti di ricarica (19 punti di ricarica ogni 100 BEV), nelle città esaminate solo lo 0,55% delle auto è elettrica.

Parco veicolare circolante in Italia 2024

cura

Nel 2024 il parco veicolare in Italia ammonta a 55 milioni e mezzo, di cui 41 milioni e trecentomila sono autovetture. In generale, la consistenza del parco veicolare nell’arco degli ultimi dieci anni (2015-2024) è aumentata del 12,3%, con un massimo per la categoria dei motocicli (+18% circa) e dei veicoli industriali (+16,9%); le autovetture sono aumentate del 10,7% e gli autobus del 3,4%. Ricordiamo che dal 2009 non vengono più conteggiati i rimorchi ed i semirimorchi con PTT (Peso Totale a Terra) inferiore a 3,5 tonnellate, per i quali già dal 2003 non c'è obbligo di iscrizione al PRA.

La consistenza del parco veicolare 2024 ha avuto un incremento del 1,4% circa rispetto al 2023, le autovetture crescono del 1%, i veicoli industriali del 2%, i motocicli del 3%, gli autobus del 1,2%.

NOTA METODOLOGICA

I dati relativi alla consistenza del parco veicolare italiano al 31/12/2024, pubblicati in questo numero, sono calcolati in base alle risultanze sullo stato giuridico dei veicoli, tratte dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA). Il PRA è l’Istituto in cui vengono registrati tutti gli eventi legati alla vita “giuridica” del veicolo dalla sua nascita con l’iscrizione alla sua morte, la radiazione. In tutte le elaborazioni effettuate il criterio adottato per includere un veicolo in uno o l’altro aggregato è l’espletamento della formalità presso il PRA. Dal 01/10/2021 è entrato definitivamente in vigore il Documento Unico di Circolazione a seguito del Decreto Dirigenziale (DD) n° 196 del 27/09/2021, che ha disposto la definitiva entrata a regime del D.Lgs. n. 98/2017, per cui le prime iscrizioni sono contestuali all'acquisto. a meno del ricorso alle procedure di emergenza (per impedimento tecnico sulla singola pratica o a seguito di specifica autorizzazione), che sfrutteranno ancora l’utilizzo dei software tradizionali. Inoltre è prevista la registrazione di immatricolazioni massive che saranno lavorate

con una nuova funzionalità nell’ultimo giorno del mese; dette pratiche dovranno poi essere completate, con l’iscrizione al PRA, il giorno lavorativo successivo, dallo STA richiedente. Va considerato poi che vi sono alcuni veicoli che, pur essendo in circolazione, non sono iscritti al PRA: si tratta dei veicoli iscritti in altri Registri quali quello del Ministero della Difesa (targhe EI), quello della Croce Rossa Internazionale, quello del Ministero degli Esteri (targhe CD), ecc.. Tuttavia è ragionevole ritenere che il numero di questi veicoli non sia tale da modificare sensibilmente le caratteristiche del parco nel suo complesso.

Inoltre a seguito del D. lgs. 22 del 5/2/97 e i successivi D. lgs. 291 del 8/9/97 e D. lgs. 839 del 8/11/97 con i quali è stata disciplinata la gestione dei rifiuti, la cancellazione dal P.R.A. dei veicoli avviati a demolizione, a partire dal 30/6/98 deve avvenire esclusivamente a cura dei titolari del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale della casa costruttrice, i quali assicurano la demolizione “ecologica” dei veicoli. Tali soggetti hanno 30 giorni di tempo dalla data di consegna del veicolo, secondo il D.lgs. n. 149/2006 in applicazione dal 27/04/06, per presentare la formalità al PRA.

Nel definire la consistenza del parco veicolare si è partiti dunque dai veicoli iscritti al PRA al 31/12 ai quali sono stati sottratti:

• i veicoli radiati, considerando a tal fine la data di presentazione della formalità (anche in questo caso può esserci uno slittamento temporale rispetto alla consegna per la rottamazione fino a 30gg.);

• i veicoli oggetto di furto o appropriazione indebita per i quali sia stata annotata la perdita di possesso;

• i veicoli confiscati dallo Stato.

Nelle tabelle sono presentati dati provinciali e dati riguardanti i grandi comuni.

PARCO VEICOLARE 2024 (PROVINCE E REGIONI)

PROVINCE

PARCO VEICOLARE 2024 (PROVINCE E REGIONI)

PARCO VEICOLARE 2024 (PROVINCE E REGIONI)

PARCO VEICOLARE 2024 (AREE URBANE)

Nota: i veicoli industriali comprendono le seguenti categorie di veicoli: autocarri merci,

rimorchi e semirimorchi. La colonna Totale comprende anche la categoria Altri Veicoli.

Tutte le storie portano a Roma

Nella

sede dell'Automobile Club d'Italia si rinnova l'appuntamento con il fascino delle quattro ruote. Fari accesi sull'evoluzione delle competizioni con la mostra "Alle origini della Velocità: le auto da corsa del '900".  Lo spazio espositivo ideato, progettato e realizzato da ACI e ACI Storico nella Galleria Caracciolo a Roma, a due passi dalla stazione Termini, si conferma un luogo di eccellenza automobilistica e una vetrina di enorme prestigio per il motorismo storico e sportivo. Inaugurato il 27 giugno 2024 con una mostra dedicata ai 90 anni del MAUTO (Museo Nazionale dell'Automobile), di cui ACI è socio fondatore, lo spazio ha proposto nell'arco di 10 mesi una serie di appuntamenti imperdibili per gli appassionati dell'heritage e del mondo delle corse, spaziando dalle celebrazioni per i 110 anni della Maserati fino all'attuale presentazione delle vetture protagoniste nei campionati nazionali 2025 in pista e su terra con i colori di ACI Team Italia.  Il 13 marzo si sono accesi i riflettori sulla nuova mostra "Alle origini della Velocità: le auto da corsa del ‘900", con cinque vetture storiche protagoniste delle competizioni sportive, dagli albori fino al 1960. Il Commissario Straordinario dell'Automobile Club d'Italia, Generale Tullio Del Sette, e il sub-Commissario ACI, Giovanni Battista Tombolato, hanno tagliato il nastro inaugurale insieme a Flavio Siniscalchi, Capo del Dipartimento dello Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e Alfredo Storto, Capo di Gabinetto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Alla fine di marzo la mostra è stata visitata anche dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Prosegue così senza sosta la programmazione degli eventi e delle manifestazioni nello spazio di ACI e ACI Storico in Galleria Caracciolo, fortemente voluto dall'Automobile Club d'Italia come punto di promozione della cultura dell'auto anche fuori i più classici poli espositivi.

L'intento che ispira questa nuova iniziativa non è quello di creare un'alternativa concorrenziale ai musei, bensì di dar vita ad un proficuo sistema sinergico con essi, in grado di stimolare interesse e curiosità nei visitatori, che possono prendere spunto dalla Galleria Caracciolo per un tour turistico e culturale più completo da articolare in seguito sul territorio. Con 120 anni di storia alle spalle, l'Automobile Club d'Italia rinnova pertanto anche con questo progetto il proprio impegno a salvaguardia della tradizione motoristica, proiettando la storia nel futuro e declinandola anche in chiave turistica e sociale.

L'inaugurazione della mostra "Alle origini della Velocità: le auto da corsa del '900" nello spazio espositivo ACI in Galleria Caracciolo. Al centro il Commissario Straordinario dell'ACI, Generale Tullio Del Sette.

Le protagoniste della mostra "Alle origini della Velocità"

Aston-Martin 1-1/2 Litre International Roadster (1929)

La 1-1/2 Litre International del 1929 segna un'epoca di rinnovamento per Aston-Martin, nata 16 anni prima dall'ingegno di Robert Bamford e Lionel Martin. Sotto la guida di Augustus Bertelli, la Casa automobilistica rinnova la produzione pur mantenendo un forte legame con le competizioni. Il modello International, sviluppato sulla base delle vetture da corsa del 1928, introduce la lubrificazione a carter secco, una soluzione avanzata per l'epoca. Il telaio "S19" esposto in Galleria Caracciolo è uno dei soli sei esemplari prodotti nella configurazione roadster a due posti. Immatricolata nel 1929 da Max Aitken, futuro Lord Beaverbrook, si distingue vincendo la prova di 1 ora della MCC a Brooklands. Nel 1941 viene ritrovata abbandonata in un campo nel Dorset con il motore grippato, ma un semplice intervento meccanico la rimette in moto. Dopo diversi passaggi di proprietà, l'auto è acquistata nel 1978 dal restauratore David Taylor, che dedica dieci anni di lavori al motore e alla carrozzeria. Nel 1989, l'accuratezza e la completezza del restauro vengono premiate con la vittoria di classe al Concours AMOC.

RMC Seabrook 20Hp Roadster (1911)

La RMC Seabrook 20HP Roadster del 1911 è un raro esempio di sportività ed eleganza dell'epoca edoardiana. Deriva dalla Regal Underslung americana, con la quale condivide la configurazione innovativa del telaio ribassato con i longheroni sotto gli assi. Il 4 cilindri da 3,2 litri e 20 cavalli permette alla vettura di distinguersi per prestazioni e carattere sportivo. Nel 1911 vince la Bottledown Hill Climb ed è  fotografata su "The Autocar" mentre gareggia all'Essex County Automobile Club Hill Climb. Si ritiene che sia l'auto acquistata da Sir Francis Samuelson, che a Brooklandsnel 1911 la spinge fino a 58,52 miglia orarie. Supera le due guerre mondiali con non poche difficoltà, venendo trasformata addirittura in rullo per campi sportivi. Ritrovata in un parco giochi del Kent nel 1966, nel 1988 è sottoposta a un lungo lavoro di restauro che la porta a brillare nuovamente nelle competizioni storiche, vincendo il Campionato Italiano di Regolarità nel 2010. Oggi, con la sua livrea blu scuro e dettagli in maroon, fari Lucas King of the Road ed interni in pelle, rappresenta un'icona di sportività e una pietra miliare di storia automobilistica.

Itala 11 (1925)

Progettata nel 1925 dall'ingegnere Giulio Cesare Cappa, l'Italia 11 è una delle vetture più innovative del suo tempo, pensata con l'ambizione di rivoluzionare le competizioni automobilistiche. L'auto racchiude soluzioni tecniche straordinarie per l'epoca, prima fra tutte la trazione anteriore, che abbassa il baricentro e migliora la stabilità, e le sospensioni a quattro ruote indipendenti. Il motore è un compatto V12 da 1.050 centimetri cubici con compressore volumetrico Roots, che eroga 60 cavalli e consente di raggiungere i 150 chilometri orari. Il telaio in legno rinforzato, concepito per accogliere diverse configurazioni di motore e carrozzeria, offre una modularità antesignana per l'epoca e la possibilità di contenere in un unico blocco il gruppo motore-cambio-differenziale. Nata per competere nel Gran Premio delle Vetturette a Monza, l'Itala 11 subisce le difficoltà finanziarie della casa torinese che ne frenano lo sviluppo: malgrado le potenzialità del progetto, la Casa riesce completare un solo esemplare di questo modello, realizzato nella configurazione monoposto da corsa, poi donato al MAUTO - Museo dell'Automobile di Torino, dove tornerà al termine dell'esposizione di ACI e ACI Storico.

Cisitalia D48 (1948)

Nel 1946 Piero Dusio organizza per la prima volta nella storia un campionato monomarca, dove a competere sono le vetturette monoposto D46 di Cisitalia, marchio da lui appositamente creato. La D46 monta su un telaio tubolare leggero un motore derivato dalla più popolare Fiat 1100, elaborato fino a superare i 60 cavalli di potenza. Due anni più tardi, nel 1948, viene assemblato un unico esemplare della più evoluta D48, con linee aerodinamiche disegnate da Mario Revelli di Beaumont e carrozzeria firmata da

In alto: Aston-Martin 1-1/2 Litre international Roadster. Qui sopra da sinistra: Itala 11, RMC Seabrook 20Hp Roadster e Stanguellini Formula Junior.

Motto. Il motore aumenta la sua cubatura fino a 1200 centimetri cubici, alla ricerca di prestazioni più elevate. La vettura partecipa al Gran Premio di Montecarlo 1948 nelle mani di Tazio Nuvolari e al Gran Premio di Bari con Piero Taruffi, sfidando le più potenti vetture della neonata Formula 1. Esaurita la carriera ufficiale, la D48 continua a correre privatamente in Svizzera con i piloti Claude Bernheim e Albert Leuenberger, arrivando a vincere il campionato elvetico del 1956 nella categoria corsa. Oggi è una perla della collezione di Corrado Lopresto e gira il mondo a testimonianza dell'eccellenza italiana nelle competizioni (vedi foto d'apertura nella pagina a fianco)

Stanguellini Formula Junior (1960)

La Formula Junior, attiva dal 1958 al 1964, è stata il trampolino di lancio di tanti giovani talenti nelle competizioni. Ideata dalla Commissione Sportiva Internazionale, permette soddisfazioni e visibilità ai più promettenti senza eccedere sul budget, grazie a monoposto leggere con componenti derivati da vetture di serie. Il mondo conosce così talentuosi campioni come Jim Clark, John Surtees e Lorenzo Bandini. Stanguellini, storico costruttore modenese, è stato tra i primi a cogliere il potenziale della Formula Junior, realizzando vetture agili e competitive. Il modello esposto nello spazio espositivo di ACI e ACI Storico a Roma, contraddistinto dal telaio numero CS00174, viene costruito nel 1960 e consegnato al pilota Giorgio Cecchini di Pesaro. Successivamente passa nelle mani del preparatore Ilario Bandini, correndo quindi per la Scuderia Bandini con la livrea Bardahl che ancora impreziosisce l'auto. Nel 1961 si classifica 17ª alla Castell'Arquato-Vernasca e vince la Predappio-Rocca delle Camminate. Spinta da un motore Fiat 1100 elaborato, con 78 cavalli di potenza a 6.500 giri al minuto, la Stanguellini Formula Junior adotta un telaio tubolare, sospensioni a ruote indipendenti all'anteriore e ponte rigido al posteriore. Il peso contenuto di 400 kg le conferisce un'eccezionale agilità, mentre i freni a tamburo – sostituiti da freni a disco nel 1961 – garantiscono una frenata efficace per l'epoca.

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