“Piccoli” “ Grandi” passi

Copertina

“Piccoli” “ Grandi” passi Giusy Colicchia e Daniela Marzaduri Polo d’Infanzia Fornace, Comune di San Lazzaro di Savena(BO) Giugno 2021

Consulenza metodologica a cura di Accaparlante Cooperativa Sociale.

Impaginazione grafica di Francesco Tacconi (www.fratac.it).

Indice

Indice Introduzione ................................................................................... 5 Presentazione ................................................................................ 9 Affrontare l’esterno “a piccoli passi” ............................................11 “Oltre il cancello” (E ancora oltre…..) ............................................ 29

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Introduzione

I poli dell’infanzia: un’altra storia, all’aperto Ci sono molte ragioni educative per cui un polo dell’infanzia diventa, giorno dopo giorno ,un’altra storia. Polo di infanzia, nella nostra nuova normativa nazionale, è quella istituzione educativa appartenente al sistema formativo integrato da zero a sei anni, in cui coesistono e giocano insieme bambini proprio da 1 a 6 anni. Se lo osserviamo in una giornata quotidiana, un polo di infanzia si presenta come un contesto educativo per certi versi dispari, dove dispari sta in riferimento alle età dei bambini presenti. In questo contesto è necessaria una regia educativa attenta e qualificata di tutto un gruppi di lavoro, composto da educatori, insegnanti, collaboratori, pedagogisti, allo scopo di armonizzare, valorizzare ed includere queste differenze, competenze, incontri e scontri, apprendimenti. Per questi motivi il polo dell’infanzia è, dal punto di vista pedagogico, un‘altra storia.

In questa documentazione approfondiamo una ragione pedagogica fondativa dei nostri poli di infanzia comunali, il praticare l’educazione all’aperto, a tutto tondo.

Gianfranco Zavalloni – Gianfranco, il maestro dei diritti naturali dei bambini - chiedeva alle “sue” maestre di disegnare un cerchio di circa 1 km di diametro intorno al proprio servizio educativo: qualsiasi cosa a misura dei bambini trovassero “di buono” nel cerchio, le maestre avevano il compito, con il suo aiuto, di creare le condizioni per poterlo usare insieme ai bambini.

Se fosse ora qui, alla fine di questa frase, Gianfranco aggiungerebbe di poterlo usare “in sicurezza” questo fuori, ad esempio pianificando bene uscite, vestiti, supporti logistici e didattici, informazione alle famiglie, assicurazioni...

Nel cerchio che da qualche tempo stiamo esplorando - a piedi - attorno all’edificio del polo di infanzia comunale di via della Fornace, stiamo scovando molti tesori. Tra questi tesori – sia naturali che culturali – su cui questa equipe educativa puo’ contare in chiave educativa - per rimanere alle scoperte di grandi dimensioni - troviamo un parco pubblico con un’area di sgambatura cani, e poco piu in là ed ancora da esplorare, c’è un fiume che da il nome alla città (il Savena), gli orti della mediateca, una piazza, ed altri parchi ancora. I bambini come leggerete, hanno fatto altre scoperte rilevanti e come sempre differenti rispetto alle nostre. Scoperte di piccole dimensioni, perchè l’altezza del loro orizzonte di conoscenza del mondo è soprattutto cio’ che è piccolo, vicino, accessibile quotidiamente, sempre e solo dal metro in giù.

Daniela Marzaduri e Giusy Colicchia evidenziano come il solo fare esperienza del nostro fuori non sia una tuttavia condizione sufficiente ed appropriata. Gli insegnanti che lavorano all’aperto ricercano sempre uno sguardo pienamente educativo. Uscire fuori con bambini regolarmente in un polo di infanzia non puo’ bastare alle professioniste dell’educazione. Occorre un certo sguardo.

“Servono occhi vigili, attenti e selvatici, selvatici come animali” cantano De Gregori ed Elisa in “quelli che restano”.

A noi serve - come insegnanti - imparare ad osservare quali giochi, quali apprendimenti originali e importanti accadono ogni volta fuori. Catturare con cura i migliori frammenti, tenerne accuratamente traccia scritta e fotografica, poterli condividere come gruppo, apprezzare, saggiare. Ricostruirli con i bambini, con le famiglie, tra di noi.

Noi osserviamo - fuori - apprendimenti fondamentali per la crescita di tutti i bambini, inclusi nel curricolo nazionale. Qual’è la prospettiva pedagogica di fronte a noi?

“Nella costruzione del curricolo e della progettazione è importante che educatori/insegnanti abbiano 5

Introduzione

in mente le direzioni di sviluppo da perseguire durante il percorso, nella consapevolezza che gli apprendimenti non si sviluppano in modo frammentario né lineare, ma in un continuum in cui ciascuna conquista genera nuove situazioni di apprendimento, in una dinamica evolutiva costruttiva e ricorsiva.” si legge nei nuovi orientamenti pedagogici 0/6 nazionali.

Non ci riferiamo qui dunque a “cosa abbiamo fatto” con i bambini, alla gita, la ricreazione, “il progetto di outdoor education”. Daniela e Giusy scrivono, fotografano e riflettono in chiave educativa di scuola, a tutto tondo.

Siamo tutti ben consapevoli, oggi, quale valore pedagogico Indire e Miur hanno assegnato all’educazione all’aperto, negli orientamenti pedagogici nazionali per l’infanzia, così come nelle avanguardie educative. In una battuta, nei servizi per l’infanzia del nostro paese oggi si educa e si insegna tout court anche fuori, nella stessa prospettiva, sugli stessi comuni obiettivi e finalità.

Nei nuovi orientamenti pedagogici nazionali si legge ancora, come “lo spazio esterno, oggi più che mai, riveste un’enorme importanza per l’organizzazione della giornata educativa/scolastica: esso dovrebbe essere curato, ben progettato per essere utilizzato dai bambini sia per attività libere di gioco e movimento, sia per attività più strutturate. Spazio interno e spazio esterno dovrebbero dialogare, svilupparsi in continuità, dando ai bambini possibilità di libertà e autonomia di movimento. “ Stiamo partecipando nel nostro Paese ad una nuova fase pedagogica, in cui abbiamo il compito di fare e progettare scuola fuori, normalmente, tutti i giorni, assumendo che il fuori è davvero scuola a tutti gli effetti, con lo stesso curricolo, gli stessi apprendimenti – alcuni peraltro originali ed unici perché raggiungibili solo in alcuni contesti all’aperto – lo stesso progetto pedagogico.

I poli dell’infanzia comunali di questa città, per lavorare bene anche fuori, come leggerete, hanno oltrepassato alcuni iniziali e fisiologici timori, attraverso un processo graduale di formazione, scambi pedagogici, riflessione ed osservazione. Un processo che continua e che questa documentazione valorizza.

E’ arrivato il tempo, come scriveva Tonino Guerra, che ogni volta che passiamo davanti ad un giardino – direi quando passiamo davanti ad un luogo all’aperto buono per educare - tutti noi possiamo dire “buongiorno giardino”.

Abbiamo fiducia che questo tempo educativo all’aperto, iniziato pochi anni fa nei nostri poli di infanzia comunali, e nonostante la pandemia, sia anche per noi finalmente arrivato.

Oggi è davvero un buon tempo per educare fuori. Per educare. Per dire “buongiorno giardino”.

Corrado Bosello pedagogista servizi per l’infanzia Comune san Lazzaro di Savena

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“Piccoli” “ Grandi” passi Giusy Colicchia e Daniela Marzaduri Polo d’Infanzia Fornace, Comune di San Lazzaro di Savena(BO) Giugno 2021

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Presentazione

Presentazione Il polo d’infanzia di via della Fornace, a San Lazzaro di Savena (BO), nell’anno scolastico 2020/2021 accoglie 59 bambine e bambini di età compresa tra i 12 mesi e i 6 anni.

Lo spazio esterno facente parte della nostra struttura presenta una conformazione a L di cui i due lati sono diversi tra loro per allestimenti e dimensioni.

Nella parte più stretta del giardino è presente un tappeto erboso sintetico e qualche macrostruttura per giochi di movimento.

Nella parte più grande si trovano una sabbiera, una cucina di fango, tavoli e panche, una zona erbosa con tronchi, piante odorose e materiali naturali.

Il nostro giardino, inoltre, confina con il parco pubblico Europa, dal quale è separato da un cancello grigio.

La documentazione racconta, attraverso immagini e parole, come le nostre bambine e i nostri bambini si preparano, vivono, giocano e sperimentano il “fuori”, inteso sia come giardino sia come il Parco esterno.

La scelta di questo tema nasce dal desiderio di mostrare e narrare come l’esperienza del fuori stia diventando sempre più frequente per tutti e, per i bambini e le bambine più grandi, la quotidianità.

Nel raccontare questa esperienza vogliamo sottolineare la valenza educativa di queste prassi: le bambine e i bambini nell’ambiente esterno trovano la loro dimensione, ognuno di loro trova risposta ai propri bisogni conoscitivi, emotivi, di apprendimento, alla curiosità, all’esigenza del “fare” ed anche del “non fare” nel semplice guardare ed ascoltare la natura.

La documentazione presenta due narrazioni distinte, seppure all’interno di una progettualità comune e condivisa: “ A piccoli passi” (bambine/i piccoli 0/3anni) “Oltre il cancello” (bambine/i grandi 3/6 anni) Questa distinzione permette di cogliere come i modi e i tempi di vivere l’esperienza siano differenti anche a seconda delle diverse fasce d’età e dà conto della “particolarità” di questo anno, in cui l’emergenza Covid ci ha costretti a vivere in gruppi separati.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi” Daniela Marzaduri Polo infanzia Fornace, Comune di San Lazzaro di Savena Giugno 2021

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Affrontare l’esterno “a piccoli passi” Per i bambini e le bambine, e per noi adulti che li affianchiamo, oltre all’esperienza che il giardino offre, è importante anche il percorso per raggiungerlo. Sono educativi, infatti, proprio quei primi passi che li portano, alla fine del percorso, ad attraversare la soglia tra dentro e fuori.

Ci siamo abituati ad uscire come un trenino, cantiamo la canzoncina, usciamo dalla porta, cantiamo ancora, se ci va, a chi va. La voce tiene vicini, come la mano, come il passeggino. Scegli quello che vuoi, in questo tragitto insieme. Le dade cantano ancora, ma qualcuno smette, io non so cosa fare, cammino solo? parlo e chiedo dove andiamo? cosa andiamo a fare? Qualcuno piange forse perchè non sa usare le parole.

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Se stiamo sul sentiero siamo più sicuri. Siamo sicuri? Ma l’erba è più in là, ed oggi è anche bianca. Abbiamo messo gli stivali perchè possiamo andare... quando andiamo per la strada non mettiamo gli stivali, quindi oggi gli stivali hanno parlato, ci hanno detto che possiamo andare fuori dal sentiero.

Quante cose possiamo fare oggi, con tutto il materiale che abbiamo portato con noi al parco, per esplorare, per raccogliere, per fermarci e giocare tra noi e tra noi e le foglie secche e i bastoncini. Ma non facciamo previsioni, perchè il fuori vive, si muove, ci fa trovare cose che ieri non c’erano, e anche se c’erano le voglio raccogliere oggi e non ieri.

Ieri volevo correre e non ho raccolto il fiore, oggi lo voglio raccogliere, ma vedo una lumachina che va piano e un uccellino che si alza in volo e mi fa guardare il cielo. La lumachina si dimentica di me, perchè mentre alzo gli occhi vedo un camion. Sì sì oggi faccio questo! Signore del camion ma che cosa sta facendo?

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

L’andare fuori, come l’andare ”verso” il fuori, quindi, è andare verso la propria crescita, accompagnati da noi adulti, che affianchiamo e sosteniamo i bambini in queste che sono le loro prime esperienze verso l’esterno senza figure appartenenti alla sfera familiare.

Bambini ci fermiamo? Stiamo un po’ con gli alberi, sotto questo con tante foglie, vedete che ombra ci regala?

Io mi siedo qua, vi guardo, vi ascolto, vi parlo, mi alzo perchè corri più lontano e ti devo chiamare. Puoi correre e giocare, ma ora l’albero ci vuole vicino, ci possiamo allontanare ma ci dobbiamo vedere. Dopo se vogliamo andiamo altrove. Allora io corro intorno all’albero, noi facciamo il girotondo, io lo abbraccio, tu lo tocchi, a lui non interessa e guarda altrove i fiori.

A me piace quest’albero. É diverso, diverso bello fatto per me, non dice corrimi intorno, dice proprio sali!

Non chiedo a nessuno “posso?”, nessuno dice “non si può”. Qui ora si può. Sali tu che io ti guardo, che mi piace quello che fai, ma prima lo fai tu, e mentre ti guardo è come se lo facessi anch’io e dopo magari provo, perchè salire per davvero è più divertente. Ci penso.

Quando scendi tocca a me, ma non scendi! Allora vengo anch’io ma non ci stiamo, o non mi vuoi? O vorrei io stare da solo? Provare a salire senza rischiare che mi spingi giù. Aspetto, ti guardo, aspetto, ti chiedo “posso”, aspetto, mi avvicino, aspetto, mi dici “no”, aspetto e intanto che aspetto mi viene un’idea...Questa volta è stato bello aspettare, nel solo guardare ho inventato un gioco...

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Il nostro tragitto è rappresentato dal lungo corridoio, che, passando dai vari spazi di gioco, giunge alla porta di uscita.

Quest’ultima, per i bambini al di sotto dei tre anni, simboleggia a sua volta l’apertura al mondo esterno, alla scoperta del nuovo, lasciando alle spalle il luogo sicuro e conosciuto, sostenendo l’autonomia.

Percorriamo insieme il corridoio, per correre fino in fondo per chi vuole, per restare indietro, ma vi aspettiamo, per stare con te per mano. Ma il trenino oggi non lo fa nessuno? Lo facciamo domani se abbiamo voglia di cantare. Oggi sappiamo che la sabbiera laggiù ci aspetta.

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Ieri portavi tu il passeggino, oggi voglio provare io, ed anch’io, ed anch’io. Va bene, vi guardo da vicino, oggi sapete la strada, l’abbiamo fatta anche ieri. Se vi voltate ci siamo, e se vi chiamo ascoltate. Se dico un nome, se dico stop, se dico attenti, se dico vicini...Ora diciamo regole, quando arriviamo al parco diciamo buoni giochi.

Usciamo dalla porta della sezione che dà sul giardino, qui tutto è familiare. Quante volte guardiamo fuori e chiediamo di andare. Quante volte rimane aperta e siamo liberi di uscire senza chiedere. Dada vado, anche senza di te, dada resto, finchè non vieni anche tu!

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Il dentro che prepara il fuori, per i bambini richiede il giusto tempo, e lo spazio che racchiude questo tempo è per noi appunto il lungo corridoio.

Per questo è importante concederci il tempo necessario per vivere questo momento in questo spazio: tempo per la vestizione, incoraggiando anche a fare da soli, tempo per percorrere il cammino che ci porterà fuori.

Andiamo fuori, il nostro pensiero è già là, mentre andiamo nel corridoio.

Il nostro sguardo arriva alle giacche, le nostre mani prendono gli stivali, sono grande, li riconosco, li prendo io, quelli sono i suoi, glieli porto?

Provate da soli, altrimenti vi aiutiamo, vi aiutate, ma prima mettete i vostri, con calma, col tempo che ci vuole. Questo in quel piede, quello in questo piede. Guarda che belli, li ha comprati la mamma!

Mi vesto io, ma ha bisogno lei, la aiuto, lei mi guarda, faccio io, lei è piccola. Non abbiamo fretta, finisci di vestirti, lei ti aspetta. Tutti vogliono aiutare, è come giocare con le bambole, fare come la mamma fa con me, quindi mi devo sbrigare, perchè altrimenti la aiutano gli altri. E’ un gioco anche prepararsi insieme per uscire... ma lasciamo che anche lei giochi a provare a fare da sola.

La tuta di fango era proprio difficile da mettere, ci vestono le dade, ma le scarpe da togliere quelle sì che ci riusciamo, ed è un piacere! A volte anche mentre giochiamo ci proviamo, ma lì non è il momento, ed ora invece sì. Stammi vicino perchè provo gli stivali, il bimbo più grande lo fa, lo faccio anch’io. Mi vuole aiutare, ma sto provando, mi vuoi aiutare, ma se ho bisogno ti guardo, o lo capisci perchè mi arrabbio. Allora arrivo ad aiutarti, facciamo insieme.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Organizzare le uscite in piccolo gruppo per noi si è rivelato necessario per poter sostenere al meglio i bambini, così da poter concedere a ciascuno l’ascolto e l’aiuto di cui necessita, sia per la preparazione all’uscita che per l’incoraggiamento e la condivisione delle nuove scoperte.

Fin dal momento dell’inserimento la porta del giardino era aperta. Genitori che preferivano star dentro, genitori che portavano fuori i bambini, provavano a rientrare da soli, non volevano stare da soli, sia i bambini che i genitori. Questi che cercavano noi, i bambini che cercavano la mamma! Sentitevi liberi di andare fuori o dentro, guardate i bambini se vogliono giocare, come li guardiamo noi, mentre parliamo tra noi e sorridiamo a loro. Guarda cos’ha trovato, è interessata, noi parliamo, lei li ritroverà domani quando ti avrà salutato.

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Nell’altra parte del giardino una zona erbosa stimola curiosità e scoperte.

Possiamo sederci sui tronchi a cantare, ma se preferite guardateci pure sotto, o sopra, provate pure a spingerlo per mandarlo sottosopra...

Forse uno più piccolo si sposta, quello no, su quello potete salirci in piedi e saltare. Dal tronco posso saltare? o lo posso cavalcare? Sì ci puoi giocare, ma se trovi qualcosa su quel tronco ti puoi fermare, chiamarci e farcelo vedere.

Oggi apriamo la sabbiera, è inverno, le dade vanno a vedere, se c’è l’acqua da togliere, se c’è il ghiaccio da rompere. Prima dei giochi bisogna togliere il telo, guardare la sabbia e chiedere all’aria di asciugarla, tanto avremo la tuta e se è un po’ bagnata abbiamo voglia di giocare lo stesso al mare d’inverno. E se invece oggi giocassimo al ghiaccio? Ma sarà una sorpresa, non ve lo diciamo, non togliamo il telo e quando siamo fuori vediamo che succede, vediamo cosa dite, vediamo... Il gioco di oggi vi piace?

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Sono piccoli passi che facciamo con loro, anche una volta fuori, nelle prime scoperte del nostro giardino o nei percorsi più lunghi verso il parco, dove ogni passo è scoperta, condivisione, verbalizzazione, memoria.

Nella parte erbosa del nostro giardino ormai sappiamo di trovare lombrichi e lumachine, basta cercare, guardare in basso, non nel cielo come per gli uccellini. Ci sono poi le le coccinelle, che le troviamo in basso ma poi volano via come le api! Le farfalle, poi, sono belle, ma scappano subito! Le lumachine no, venite a vedere, stanno con noi, venite anche voi!

Stai con me che se ci sei tu possiamo andare più avanti, così siamo i primi a fermarci a raccogliere foglie, toccare il cespuglio, cercare rametti.

Stai con me che voglio stare un po’ sola ma non tanto, voglio vicino solo te, come se fossimo da soli in questa passeggiata.

Guardiamo gli altri ogni tanto, le dade ci guardano sempre... ma se non le guardiamo siamo soli e ci sentiamo grandi.

Oggi portiamo cartoncini adesivi, uno per uno, raccogliete ciò che volete. Chi ne vuole uno? Io io si, io no, io non rispondo. Allora vi faccio vedere come si usa il cartoncino, raccolgo una foglia, a me piace quella gialla un po’ secca lì per terra, chi vuol fare come me? Io, io, io, questo è mio, no è mio. A me piace il tuo, facciamo insieme? Anche se non te l’ho chiesto con le parole, ma ho raccolto i fiori con te?

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Il percorso verso il parco, che per i piccoli è importante e richiede tempo, ma il tempo speso bene, è un momento educativo.

Stiamo vicini in gruppo, ma ci fermiamo ad esplorare.

Chi sta vicino a noi, chi corre via.

Vogliamo fermarci un attimo qua?

Non c’è bisogno di dirlo a parole, basta rallentare e la quercia stessa ci invita a tuffarci con le mani nel tappeto di foglie che ci ha regalato! Sì sì le raccogliamo, possiamo incollarle su un foglio, darle alla mamma, tenerle in tasca fino a casa, o buttarle nel cestino appena tornati dentro.

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Dove stavamo andando? A raccogliere le foglie? A vedere se il cespuglio é fiorito? Sì ci possiamo fermare sotto al gazebo, c’è un bel tavolo dove possiamo appoggiare tutti i bastoncini che abbiamo raccolto.

Ma forse ci viene un’altra idea...

Possiamo lasciare il sentiero? Sì.

Ma lo abbiamo chiesto? No. Ma se anche oggi ci sono dei cani? Va bene andiamo a vedere l’area cani.

C’è il cagnolino bianco? Sì. Si possono allungare le mani oltre alla rete?

No.

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Cosa cerco non lo so, ma le mie mani trovano qualcosa.

Il fango trova le mie mani se gattono e magari mi fermo un po’ con lui. Non mi sto sporcando, mi sto infangando.

Chi raccoglie fiori, chi va alle radici.

Non strappo l’erba, ma sotterro il dito, scavo e scavo ancora, se mi piace farlo.

Ecco che succede se il mio dito ha giocato all’aratro, ho raccolto fango, che resta appiccicato. Ho scavato per me, per sentire il freddo della terra, per vedere com’è cambiato ora il mio dito. Ho scavato per te, che mi guardi e puoi sia chiedermi che spiegarmi.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Lasciamo che i bambini seguano la loro curiosità. Chi resta vicino a noi passeggiando con la mano, chi si ferma per osservare o raccogliere, oppure ci chiama per mostrarci qualcosa e fare domande. Chi corre più lontano per muoversi e saltare. In questo caso ci dividiamo anche in due gruppi e, mentre una di noi segue chi si allontana (di solito i più grandi), l’altra resta con gli altri bambini.

Ormai sappiamo che tra l’erba e sui tronchi vivono gli animaletti, questo è quello del libro? Questo lo prendo, dai! Quello lo prendi tu dada?

Le lumachine sono belle, sono brave, restano a giocare con noi. Non scappa? eh..se potesse, sai... Le possiamo guardare, le possiamo toccare se facciamo piano, magari la prende la dada per farvi vedere cosa vuol dire con delicatezza, poi ve la fa accarezzare.

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A volte non dobbiamo cercare, la coccinella ha deciso per noi. Le piaceva la mia giacca anche se non è del colore del prato. A noi il suo colore piace. E’ quello vero, della coccinella del libro, chissà se anche lei torna nel suo lettino dopo la sua passeggiata su di me!

Se la coccinella non se ne vuole andare, anche se siamo stati tanto a guardarla, allora posso giocare con lei. Non la voglio più guardare...la voglio toccare. E se vola via? La cercherò di nuovo.

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Mi fermo, mi chino, pensavo ai fiori, ma tocco ciò che mi incuriosisce, anche se non è un fiore, tanto tu sei qui. Mi chiedo cos’è, o lo chiedo a te?

Questo è il mio bottino, non lo tengo nel sacchettino, lo voglio fuori, lo voglio stendere e guardare, perchè è la mia ricerca, il mio percorso, la mia scelta. Tu portalo all’asilo, tu portalo a casa! Io svuoto tutto e gioco. Ora.

Io ho trovato una cosa che so. Lo so che le ghiande le mangiano gli scoiattoli. Ghianda me lo hai detto tu, ma lo so che le mangiano loro... e “questo lo porto allo scoiattolo”.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Alcune zone del parco sono già familiari anche ai bambini e capita che i più grandi durante il percorso chiedano loro stessi di andare in un determinato spazio. Così anche l’andare al parco non ha spesso nulla di predeterminato, ha in sé l’apertura a ciò che il parco stesso o i bambini portano in quel momento.

Percorso il vialetto, di fianco alla scuola, un incrocio, un altro vialetto, andiamo di là, dade dove andiamo?

Bimbi dove volete andare? Io corro avanti così lo capisce, io vado dritto, così mi segue, io la guardo perchè non lo so. Se andiamo a cantare una canzone seduti sulle panchine? Si vede la scuola, vedete? Noi siamo laggiù.

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E laggiù, dall’altra parte, ci sono altri bambini. Li guardiamo da lontano?

Solo per ora... perchè poi vogliamo vederli da vicino, e giocare con loro, sotto l’ombra degli alberi, forse la loro, o forse ne vogliamo una per noi. Sì perchè se voglio correre intorno all’albero? Se voglio spazio e non voglio l’ombra ma corro al sole? Chi viene qui a mangiare un biscotto?

Quanta erba verde oggi nel prato, è la primavera. Chi trova un fiore bianco si chiama margherita! Ho visto che vi piace quello giallo! Sì, uno si può raccogliere da portare alla mamma. L’inverno era marrone di foglie secche e di fango, la primavera ha più colori! A me piace il rosa degli alberi, che sta bene con l’azzurro del cielo, se guardate in alto li vedete, ma guardate pure giù se vi piace il fiore giallo!

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Piace il grande cespuglio al centro del parco, nel quale si può proprio entrare ad esplorare. Sta anche a noi adulti rendere questo “luogo nel luogo” ancor più interessante e magico, magari alimentando la fantasia di entrare in un posto misterioso come in qualche libro, stimolando la ricerca e l’osservazione di quello che si può trovare, sostenendo l’osservazione dei cambiamenti dei rami e delle foglie nelle varie stagioni...

Ecco il grande cespuglio, la nostra giungla da esplorare, ci giriamo intorno, lo trovate un passaggio per entrare? Quando è pieno di foglie è difficile, ma sappiamo che è divertente, nella bella stagione quasi vi perdiamo di vista quando ci siete.

Ma è bello, pieno, buio, spostate i rami sopra, saltate i rami sotto, trovatevi fra voi, trovate i ramoscelli, cercate le foglie più belle, avete visto dei fiori?

Noi sappiamo già che da qua si può entrare! Andiamo! Andiamo? Sì che potete entrare nel cespuglio, andiamo tutti se volete, voi che non avete paura e vi siete già avventurati, e voi che preferite forse che veniamo anche noi. Tu ci guardi da fuori, tu ci giri intorno, lui sbuca già dall’altra parte, lei si siede nel mezzo.

Il nostro cespuglio ormai ci conosce, ci regala d’inverno un tappeto di sorprese. Guardiamo in basso, ci chiniamo, raccogliamo... Ormai ci conosce anche un certo signore... dice parole, dice che da quei fiorellini sui rami nasceranno i “cornioli”.

Allora adesso guardate all’insù, ed è primavera. Sì, Sì, vedo i fiori, li tocco.

Li prendo? No, non lo strappare, perchè nasce un “corniolo”.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Piace il tempo straordinario del fango...

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Piace il tempo straordinario della neve...

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

La memoria di queste esperienze vissute poi torna all’interno del Polo sotto forma di oggetti naturali raccolti, con cui si possono pensare attività più strutturate, sensoriali, o semplicemente gioco libero.

Raccogliamo le foglie d’autunno, che ci ricordano il parco anche quando torniamo, le facciamo vedere a chi non è venuto? Le condividiamo con gli altri bambini? Dai tutti insieme, riempiamo i sacchetti, giochiamoci ancora, poi le incolliamo, così ci ricordiamo, così le rivediamo. Riempiamo tutto il foglio, come al parco che riempivano il prato?

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Che gioco un po’ strano, perchè mi fai annusare? Posso prenderla in mano? La posso lanciare? La posso strappare? Se mi dai i tegamini la posso anche cucinare, un barattolino si può riempire e svuotare...

Si può fare di tutto, ma ora prova ad annusare! E’ l’orto che è entrato e ci possiamo giocare.

Al nostro ritorno apriamo il bottino, qualche sacchettino è vuoto, qualche sacchettino è pieno. Io ho anche i sassi in tasca, io ho foglie nelle mani, se no non le trovavo più, io cerco i fiori che avevo raccolto...

Io non ho voglia di giocarci, quando arriva la pappa? Io la pappa te la faccio, vuoi assaggiare? Molto molto colorata, la assaggiamo volentieri!

Se volete teniamo tutto e ci giochiamo anche domani.

Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

Dal fuori il tutto torna dentro, non solo per noi ma anche per i genitori. Nei quadernoni personali e nelle bacheche dell’atrio, oltre che nelle foto che periodicamente diamo loro, i genitori possono visionare la documentazione delle nostre esperienze all’aperto.

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Affrontare l’esterno “a piccoli passi”

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“Oltre il cancello” (E ancora oltre…..)

Giusy Colicchia Polo infanzia Fornace, Comune di San Lazzaro di Savena Giugno 2021

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“Oltre il cancello”

“Oltre il cancello” (E ancora oltre…..)

Ore 9,20 circa: le/i bambine/i sono sedute/i in cerchio nel “nostro” spazio per il consueto giro di parole, per il gioco delle presenze, per scambiarci proposte e idee su come organizzarci nella giornata.

L. ad un certo punto chiede: “Oggi facciamo gli esploratori?.

Fare gli esploratori significa anche indossare le tute di fango, gli stivaletti, lo zainetto, e partire per il “viaggio di esplorazione” dell’adiacente parco Europa.

Ci viene in mente la prima volta che siamo andati al parco: una passeggiata, una sorta di ricognizione, in piccolo gruppo. Avevamo solo lo zainetto e ci siamo “avventurati” alla scoperta di un luogo conosciuto, per certi versi, ai bambini (nel parco c’è un’area di gioco attrezzata), ma sconosciuto per altri. Camminare per i vialetti tenendosi per mano e stando su di un lato, fare attenzione alle biciclette, scoprire che al parco non ci sono solo “i giochi”, ma alberi alti dietro cui nascondersi, cespugli in cui provare ad infilarsi, macchie di arbusti (giungle), fiori, erba, ghiande e bacche da raccogliere, e poi grandi distese in cui correre, rotolarsi, sdraiarsi…

Andare al parco Europa è diventata pian piano la nostra quotidianità: e proprio quando un evento (o contesto) non è più vissuto come straordinario, ma rientra nelle routines, ecco che le azioni di gioco che i/le bambini/e mettono in atto diventano significative in termini di relazioni, apprendimenti, scoperte, “gusto del gioco” perché si svolgono in un tempo che coincide con il tempo di gioco dei bambini e in uno spazio che invita alle esperienze del fare e che coincide con il loro spazio.

C’è un grande fermento, una grande eccitazione, ci dobbiamo preparare… ci suddividiamo in gruppi per andare a vestirci.

Apriamo la porta e varchiamo la prima “soglia” per uscire in corridoio.

Il nostro corridoio è un luogo abitato: luogo di corse, di sguardi, di incontri veloci e di soste: tutti gli spazi si affacciano sul corridoio e dalle vetrate è possibile sbirciare, osservare gli altri giocare, fare un saluto…

In un angolo trovano posto, a portata “di mano” dei bambini, le tute, gli stivali, e gli zainetti.

“Gli esploratori sono quelli che esplorano, quelli che si mettono lo zainetto e guardano con la lente, quelli che vanno al parco e scoprono tutte le tracce”.

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“Oltre il cancello”

Il corridoio incoraggia la corsa e si fa fatica a trattenersi...

“Prima devo togliere le scarpe, poi metto la tuta, alla fine gli stivali, vero?”

“Io faccio in piedi”

“Guarda io mi metto seduto..”

“Guarda io so chiudere la tuta”

“Mi aiuti a mettere gli stivali?”

Stiamo in osservazione. Noi adulti non interveniamo per non sostituirci ai bambini mentre compiono questi gesti che richiedono tanta concentrazione e attenzione nell’esecuzione, ma li sosteniamo e incoraggiamo.

Praticare e allenare l’“Autonomia”: autonomia come possibilità di partecipare attivamente a prendersi cura di sé, avendo un ruolo attivo sostenuto dalla possibilità di scelta e di autoregolazione.

Osserviamo come i/le bambini/e imparano a fare da soli e si aiutano a vicenda, come le parole accompagnano, anticipano e sostengono i gesti, come provano e riprovano e come nei vari tentativi “aggiustano”, adeguano e coordinano le loro azioni.

“Il tempo della vestizione” è un tempo importante che richiede “tempo”: “perdere” tempo per “guadagnare” tempo.

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“Oltre il cancello”

Nello zainetto ci sono gli strumenti dell’esploratore: lente d’ingrandimento, sacchetto per raccolta, quadernino e pennarello per “prendere appunti”.

Siamo pronti: varchiamo la soglia del cancello grigio e da qui inizia l’avventura!

“Dobbiamo mettere lo zainetto, perchè sennò non sei un esploratore vero!”

Andare al parco è un tempo e un luogo prezioso in cui il gioco dei bambini diventa imprevedibile, sempre diverso ed estremamente ricco perché nasce da pensieri, emozioni, affetti, avventure, dubbi , prove, ipotesi che sono sempre in movimento e in mutamento.

“Il cancello lo apre la maestra, non si supera e non si spinge”

La strada da percorrere per arrivare alla nostra “base” al luogo scelto in cui stendere il telo ed iniziare a giocare, è breve.

Spingiamo il carretto, ( e anche questo è un gioco ed un esercizio) c’è una grande impazienza di arrivare.

“ Non si supera. Si sta dietro al carretto”.

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“Oltre il cancello”

Una volta arrivati stendiamo il telo.

C’è chi si sdraia appartandosi.

Avere la possibilità di riconoscere il proprio bisogno e poterlo soddisfare, fermarsi, sostare senza fretta, trovare uno spazio proprio da cui guardare il movimento che ci circonda, ascoltare le voci, i rumori; stare ad occhi chiusi, perdere tempo, fantasticare, abbandonarsi, ricaricarsi per poi ripartire.

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“Oltre il cancello”

C’è chi si allontana per trovare il proprio spazio di gioco. Appartarsi finalmente per condividere un gioco solo vostro, senza interferenze, interruzioni, senza dover chiedere di potere andare, sentirsi liberi di scegliere il luogo in cui costruire il vostro progetto di gioco, ridere, correre in una direzione e condivisione che è solo vostra.

C’è chi invece questo spazio l’ha trovato vicino ad un albero.

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E chi invece organizza azioni di gioco e le ripete all’infinito per scoprire nuove azioni.

“Oltre il cancello”

I/le bambini/e, a volte, sembra che si muovano senza meta, in un “vagabondare” indaffarati, ma il loro vagabondare è incontrare il mondo.

C’è chi si sposta avendo un pensiero di gioco, c’è chi rimane per custodire, per aspettare, chi si apparta, chi transita, chi si aggrega, chi segue, chi si isola, chi si allontana per poi ritornare.

Il fare dei bambini/e si alimenta del fare e del rifare che non è mai la stessa cosa, ma sperimentare e scoprire nuove modalità, nuove relazioni, nuove caratteristiche e varianti.

Vengono attratti, scorgono e raccolgono “oggetti” della natura dalle dimensioni piccolissime e vedono ciò che agli occhi di noi adulti non si vede.

Si fermano ad osservare, scrutare..

“Un fiorellino giallo”

“I semini, li porto alla mia mamma”

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“Oltre il cancello”

La natura ci insegna che si impara facendo.

La natura è inclusiva di per sé: è varia, ricca, diversificata: ci sono mille modi per imparare e ogni modo è unico e prezioso e caratterizza la bellezza di ognuno, la sua unicità.

“Ognuno è e porta la meraviglia di sé” Apprendere diventa così sinonimo di avventura, di brivido per ciò che ancora non si conosce.

L’apprendimento è strettamente collegato alle emozioni: un clima positivo, un contesto motivante favorisce il processo di conoscenza.

Giocare in natura è centrale per lo sviluppo dell’intelligenza, della creatività, della capacità di risolvere problemi. Inoltre ha effetti positivi sulla socializzazione, sulle capacità motorie e sull’acquisizione della fiducia in sé.

Le esperienze che i bambini vivono all’aperto li sostengono nella costruzione di competenze come ad esempio l’uso di strategie di ricerca: i bambini incontrando oggetti e fenomeni che non conoscono, sono sollecitati ad indagare, allenando le proprie capacità di attenzione, di concentrazione, di osservazione, conoscitive.

Esplorare “fuori” significa andare “oltre” la propria “zona di comfort” sia dal punto di vista fisico che cognitivo.

Le sollecitazioni che un ambiente naturale offre sono collegate ad un’idea di apprendimento che si basa sull’indagine in un contesto in cui è consentito provare e riprovare, inciampare, sbagliare, rialzarsi e considerare l’errore nella sua accezione positiva.

All’aperto inoltre si costruiscono apprendimenti che sono formali come quelli che si realizzano all’interno.

Il sapere, la conoscenza non possono costruirsi come ambiti distinti, separati, ma come una totalità in cui i fenomeni sono tra loro collegati in maniera a volte complessa ed in cui vengono sollecitati tutti i campi d’esperienza contemporaneamente e non in modo separato.

Questo è ciò che avviene nel contesto esterno, nel “fuori” dove gli apprendimenti sono sperimentati attraverso l’esperienza diretta, sono contestualizzati in quanto i bambini pongono domande e cercano risposte che nascono sul campo e che riguardano ciò che maggiormente interessa loro e non questioni poste da altri, come spesso accade all’interno dove spesso i contesti sono predisposti da noi adulti.

Alcuni bambini e bambine “confabulano” in disparte, discutono quindi lanciano la proposta:

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“Oltre il cancello”

“Andiamo a caccia del Dinosauro?”

Un gruppo di “esploratori” accoglie con entusiasmo e si mette in marcia.

Il tema della “caccia al Dinosauro” risale a qualche mese fa, quando al rientro dal lockdown, durante le prime esplorazioni al Parco, i bambini avevano notato “segni strani” sul terreno e alcuni avevano ipotizzato fosse stato un mostro, altri un fantasma.

Alla fine si erano messi d’accordo: quei segni li aveva fatti un Dinosauro che aveva la sua tana nel parco.

La meta diventa quindi trovare la tana.

Si decide di osservare con attenzione il terreno, l’erba, gli arbusti, le foglie, alla ricerca di tracce, indizi. Si cammina lentamente, ci si ferma, si usa la lente d’ingrandimento.

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“Oltre il cancello”

“Disegniamo una mappa, con tutte le strade, ci aiuterà!”

Durante il tragitto scopriamo tracce del passaggio del Dinosauro.

“Guardate, il Dinosauro ha perso un po’ di pelino!”

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”Qui la sua zampa ha schiacciato tutta l’erba”

“Oltre il cancello”

“ Qui ha rotto la terra..è troppo pesante”

“Venite! Ho trovato un’impronta: è grandissima, il mio piede ci sta due volte”

Scoprire le tracce comporta rimanere concentrati e scrutare con attenzione ogni piccolo segno, usare la creatività e la fantasia, fare supposizioni, condividere le ipotesi, argomentare, convalidarle.

Usare i cinque sensi, valutare pesi, grandezze...

Le esplorazioni si collegano alla dimensione cognitiva attraverso la “lettura” e l’uso degli elementi e attraverso la costruzione di codici logico-matematici.

“La tana potrebbe essere quella giungla?”

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“Oltre il cancello”

Lentamente ci avviciniamo e ci inoltriamo all’interno... e scopriamo rami rotti, giacigli di foglie, quelli che ci sembrano i resti di un pranzo...

“Guardate! E’ passato di qui e ha rotto un ramo perchè è grande.”

“Io guardo con la lente un piccolino”

“Ha fatto dei graffi..anche io faccio i graffi”

“Saliamo sui rami in alto, vediamo tutto”

Toccare, odorare, stare in contatto con gli elementi naturali: le mani incontrano il mondo e lo conoscono, lo trasformano.

Arrampicarsi, andare in alto, metaforicamente fare un salto di crescita: trovare il ramo giusto su cui appoggiare il piede, stare attenti a non sbilanciarsi troppo, sentire il proprio corpo, la propria forza, stare in equilibrio, rischiare, valutare, provare e riprovare, raggiungere il proprio ramo perfetto.

E’ tempo di tornare alla base, in questa esplorazione abbiamo individuato la tana del Dinosauro, ma non l’abbiamo visto. Dovremo tornare.

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“Oltre il cancello”

“Non l’abbiamo visto perchè forse ha paura di noi “ “O forse perché esce solo di notte” Nel viaggio di ritorno l’esperienza, le scoperte, le sperimentazioni diventano narrazione, costruzione di storie, in cui ognuno aggiunge un pezzo, in cui le parole circolano in maniera fluida e si arricchiscono di altre parole, di altre idee.

Raggiungiamo gli altri: qualcuno è intento a scovare qualcosa di interessante tra le foglie, e qualcun altro si nasconde per guardare e non essere visto, e due “amici” se ne stanno in disparte: ridono, parlano di segreti.

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“Oltre il cancello”

“Perchè l’amicizia è quando giochi insieme e fai tutte le cose insieme” “Trovi un’amica e vai in tutti i posti” “ E’ quando si invitano tutti a casa” “Ci si vuole bene facendo gli abbracci” “Io non so tutto sull’amicizia!”

Ad un tratto ci accorgiamo che in una pozzanghera si è formato del ghiaccio.

Andiamo ad osservarlo, lo vogliamo toccare, lo prendiamo in mano, e subito le sensazioni alimentano le parole:

“E’ ghiacciato..è freddo...è liscio...è duro” “Quando il ghiaccio gli va sopra il sole diventa acqua” “Per fare il ghiaccio si mette un po’ d’acqua in una vaschetta poi lo si mette in frigorifero e si ghiaccia tutto” “Si forma con la neve e la neve fa sciogliere il ghiaccio e la neve se ne va da un’altra parte” “Il ghiaccio si forma con della neve e tanto vento”

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“Oltre il cancello”

Poco più in là un’altra pozzanghera irresistibile: saltare piano e poi forte, schizzare, sguazzare, scivolare.

“C’è l’acqua, e il fango” “Perchè ha piovuto” “La pioggia la decide la natura”

E’ tempo di rientrare al polo, portiamo con noi le tracce e gli “indizi” attraverso il “raccogli-tracce” e i “tesori della natura” raccolti durante le nostre esplorazioni: qualcuno dice che li porterà a casa.

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“Oltre il cancello”

Domani ripartiremo per un nuovo viaggio, una nuova avventura, nuovi itinerari, ripercorrendo anche le stesse strade, perché come scrisse qualcuno: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

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“Oltre il cancello”

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