La fontana di Andrea

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LUGLIO 2022

La fontana

di Andrea

di Monica De Luca, Caterina Tumedei, Pietro Antolini, Corrado Bosello

POLO D’INFANZIA DI VITTORIO, COMUNE DI SAN LAZZARO DI SAVENA (BO)


Autori: Monica De Luca, Caterina Tumedei, Pietro Antolini, Corrado Bosello

Credits: Monica De Luca, Caterina Tumedei, educatrici Polo d’Infanzia Di Vittorio Pietro Antolini, atelierista La borsa di Bo - Cooperativa Eta Beta Corrado Bosello, pedagogista Comune di san Lazzaro

Illustrazioni: Valentina Verde

Introduzione: Giovanna Di Pasquale, Accaparlante Cooperativa Sociale

Impaginazione grafica: Francesco Tacconi (www.fratac.it)


Perché è la fontana di Andrea? di Giovanna Di Pasquale Care bambine e cari bambini, in queste pagine si racconta la storia di una fontanella pensata e costruita perché siate voi ad utilizzarla e a “giocarla”. Questa fontana è dedicata ad Andrea. Andrea Canevaro. È importante quindi che voi sappiate, e con voi i vostri genitori, nonni, amici e persone che passano accanto al giardino, chi è Andrea. Andrea è un maestro, uno studioso che ha dedicato tutto il suo pensiero e la sua azione all’educazione e alla buona vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, a partire da chi vive situazioni delicate e fragili. Da chi può essere tenuto da parte, ai margini perché segnato da una disabilità, da una condizione di fragilità o da un qualche segno di diversità. Andrea è stato un esploratore di nuovi territori e si è battuto, tra i primi, concretamente perché i muri che separano le persone vengano sostituiti da ponti, attraversati i quali, passo dopo passo, sia possibile conoscerci meglio l’un l’altro e non aver paura delle nostre reciproche differenze. Incontrare, conoscere, accompagnare. Tre verbi, tre verbi che Andrea indica come azioni che ognuno di noi può fare per andare incontro al mondo e ai suoi abitanti che si presentano in tante e mutevoli forme. Un amico di Andrea, nel ricordarlo, lo ha descritto come simile una spugna perché vedeva nelle persone delle fonti di ricchezza e le ascoltava in un modo profondo impregnandosene a sua volta. E di queste persone, conosciute o ignote ai più, personaggi storici o dell’oggi, bambini e adulti, Andrea ha detto e raccontato tanto perché è stato un grande narratore di storie che fanno pensare. Ma Andrea non è solo ciò che ha detto ma anche ciò che ha fatto. All’Università, in tanti luoghi delle città, incontrando famiglie e gruppi di lavoro, nelle zone difficili del mondo dove ha portato il suo impegno e la sua competenza. Andrea era uno che si sporcava le mani. Per questo una fontanella dove i bambini esplorano, giocano, pasticciano e si sporcano le mani è uno dei modi più belli per pensarlo presente e averlo accanto a noi nelle azioni educative di tuti i giorni.


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PERDERSI IN UNA FONTANELL A D’ACQUA

Perdersi in una fontanella d’acqua di Monica De Luca

Questo progetto è partito come spesso accade sbirciando durante un

e Caterina Tumedei

viaggio le culture altrui. In altri posti, non molto lontani da qui, l’acqua non è considerata un mostruoso pericolo per i bambini. Un veicolo di certa infezione se la assaggi appena appena. Causa di certissimo raffreddore se ti tocca. Motivo e il cielo non voglia, di sporcizia sui vestiti e le scarpe se si mescola alla terra e crea quella sostanza considerata forse tossica chiamata fango. Cadono due gocce estive dal cielo, nuvoletta passeggera benefica e rinfrescante. Ma i bambini, forse spinti da un’atavica preoccupazione di riparo, e forse anche convinti dai ‘grandi’ che la pioggia sulla testa sia un danno da evitare, come se i bambini fossero idrosolubili, scappano con gli occhi sbarrati verso l’entrata urlando a gran voce: ‘dada, pioveeee!’.


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Capita che quando armati di stivaletti e tute da fango invitiamo i bambini a cercare le pozzanghere e a giocarci (non impediamo, ma invitiamo!) restino a lungo immobili nell’incertezza che sia davvero concesso, quasi attoniti. Posso davvero?? Ho proprio capito bene? Alcuni pestano timidamente con uno stivaletto il fango e si guardano attorno in cerca di conferma. L’acqua, e tutti i prodotti della sua mescolanza con altro, la terra per esempio, sono incredibili veicoli di sensorialità per i bambini (e non solo). Anche da adulti siamo in grado di percepire i benefici attivati dell’acqua fresca in estate sui polsi. Lo stato di beatitudine di un bagno in una vasca. La sensazione imprevedibile di una nuotata nel mare col corpo immerso e avvolto nell’acqua. Il senso di libertà di concedersi la pioggia sulla testa. Il piacere di impastare qualcosa che l’acqua trasforma e rende malleabile. I bambini che hanno tutti gli stati sensoriali amplificati come se avessero antenne speciali che poi un po’ si atrofizzano crescendo, vivono l’acqua e le sue percezioni come qualcosa di unico. Non a caso nelle terapie per certe forme di disabilità, per esempio legate al disturbo autistico, è spesso elemento utilizzato per calmare e rilassare.

L’acqua è inodore, incolore e cosa più magica di tutte non ha una forma. E’ destrutturata e dunque assume la forma delle nostre mani se facciamo una conca, del secchiello se la conteniamo, di un’annaffiatoio, o meglio dei buchini da cui passa mentre annaffiamo il nostro orto. Dunque l’idea di creare nel nostro Polo un gioco d’acqua viene da lontano. Da un viaggio a Berlino dove le ragazzine al sopraggiungere della pioggerella restano a chiacchiarare sulla panchina (senza scappare!). Da un viaggio in Trentino dove in certi parchi esistono fontanelle a pompa con un giro lungo e sinuoso di acqua che scorre in un letto naturale, spesso intervallato da mulinelli o dighe a mano. Proviamo con un progetto non definito e non finito a rendere qualcosa di simile sulla nostra collinetta in giardino. Decidiamo volutamente di non avere un modello rigido ma di crearlo a poco a poco vedendo come impatta sul nostro ambiente e come i bimbi e le bimbe lo pensano e lo usano. La partecipazione diretta dei bambini è stata la prima esperienza così marcata di questo tipo che abbiamo vissuto al Polo. I sopralluoghi iniziali e i lavori veri e propri non sono mai stati eseguiti in loro assenza, mentre dormono, per avere la zona libera da intralci, anzi proprio mentre sono presenti. Abbiamo lasciato che guardassero, toccassero, partecipassero, domandassero. I realizzatori hanno coinvolto i bambini che seduti in semicerchio ad osservare meravigliati pale e martelli pneumatici esprimevano i loro pensieri su cosa stava accadendo, su come sarebbe stato giocarci, ed esponevano le loro domande.

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Sai che costruiscono una piscina? Hanno messo una ragnatela arancione e vengono a costruire una fontana dove non ci tuffiamo ma ci giochiamo coi secchielli... Io mi metto in costume per non bagnarmi. Io le ciabattine per non scivolare.

Faccio dei tuffi! Dopo noi lanciamo le acque Ci spruzziamo la testa Ci mettiamo anche i pesci L’acqua è verde No a me piace l’acqua azzurra Mettiamo le barchette e dopo vanno veloci Dopo ci bagniamo i capelli E i piccoli come fanno a giocare? ...noi li aiutiamo

...stai attento al buco... ...puoi cadere!

È bravo questo signore! Sono pesanti quei pezzi... Stanno usando il martello come noi dada! Tappati le orecchie che il signore fa rumore.


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Dopo aver abbozzato il lavoro abbiamo osservato come veniva usato. Quali erano le criticità e cosa era migliorabile. Attualmente si tratta di una pompa attivabile con una leva rotatoria ad altezza bambino in cima alla collinetta. Da qui si provoca un lieve getto d’acqua che a cascatella si riversa in un letto di coppi incassati a terra, i quali formano una sorta di fiumiciattolo ascendente e sinuoso che, passando tra gli arbusti quasi a formare un tunnel, arriva fino a una cisterna interrata di raccolta, a sua volta attivabile con un’altra pompa, adiacente all’orto del Polo. Così da non sprecare l’acqua che viene appunto utilizzata per irrigare. Guardandoli giocare abbiamo notato che occorrono alcune migliorie come la necessità di una maggiore facilità di rotazione della manovella, di un getto d’acqua più potente che permetta di estendere il gioco in tutta la lunghezza e di non accavallare l’interesse solo a monte in uscita dell’acqua. Per evitare un eccessivo ristagno fangoso adiacente al letto del fiumiciattolo sarà piantata a tempo debito erba nuova. In attesa poniamo uno strato spesso di truciolato. E sassi bianchi lungo l’argine. E decidiamo di creare dei mulinelli in bambù per fare rotare l’acqua in uscita al momento della cascata. Accogliamo parte delle fantasie dei bambini (quelle realizzabili!) come creare delle barchette (con tappi di sughero e vela di stoffa) da fare galleggiare nel percorso. Esteticamente si decide di rendere il tutto più gradevole ed originale: i coppi saranno ricoperti con un mosaico. E’ stato proprio intenzionale partire solo con l’ossatura del lavoro per perfezionarla via via tramite l’osservazione dei bambini e delle loro idee e del loro modo di usufruirne. Un atteggiamento del tutto nuovo della progettazione degli spazi ad uso infanzia, che non solo non è più esclusivo appannaggio dei tecnici che a tavolino, e senza magari conoscere la struttura scolastica in oggetto e tanto meno il progetto educativo e lo stile pedagogico che crea la base di ogni esperienza, realizzano gli spazi ,chiusi nel loro studio. Diversamente, al contrario anzi! Educatori e pedagogista pensano e progettano lo spazio e si appoggiano all’esperienza dei tecnici per realizzarlo in uno scambio continuo e in un lento, osservato e participato work in progress. Ma ancora di più. Anche i bambini, i veri fruitori poi di questo spazio, hanno da dire la loro. Chiedono, osservano, mettono le mani, danno idee e suggerimenti, accompagnano la mamma e il papà a vedere cosa sta nascendo e con fare esperto spiegano questa cosa che è proprio loro. Appartiene a loro. Le frasi che potete leggere in questo racconto sono la trascrizione delle loro esatte parole.

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Sembra un serpente che sputa fuoco! Li abbiamo messi noi i sassi farinosi che ci fa diventare le mani bianche di farina Allora si fa così Edo: devi girare la girella rossa e poi esce l’acqua che va giù giù

Mi sembra un serpente! E poi ha visto che ce ne mettono due fontanelle che spruzzano l’acqua ma noi aiutiamo i piccoli a metterne poca Abbiamo due fontanelle: una sulla collina e una sull’orto che fa bere l’acqua a tutte le piantine...


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Allora mamma guarda. I signori hanno messo il cemento duro Guarda papà la girella è dura! Sai papà, qui c’è la nostra fontanella, noi giriamo la manovella poi esce l’acqua nel tubo che fa tutto il giro.

Lo sai che io faccio la doccia col tubo??

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Progettare insieme di Pietro Antolini

Sulla collina della scuola erano già state portate l’acqua e le piante tra le quali si sarebbe snodato il “fiume”, quando Corrado Bosello ci ha proposto di realizzare il gioco – fontana. Questa premessa ha significato, per noi, l’inizio di un processo piuttosto esplicativo di una modalità che ci è propria: quella della coprogettazione. La prima fase è stata caratterizzata soprattutto dall’ascolto e dal confronto, nonché dall’apporto di Juan Crous che, in veste di artista scultore, ha cominciato a portare l’idea su un piano reale visualizzandone forma e sviluppo e ipotizzando l’utilizzo privilegiato di materiali “poveri” e locali. Valentina Verde, collaboratrice di Juan e artista del mosaico e del vetro, ha restituito l’ascolto sotto forma di disegni che, pur non essendo un progetto vero e proprio, hanno costituito una sorta di cristallizzazione del modello a cui fare riferimento, variazione dopo variazione, durante tutte le fasi del processo. La concretezza dell’opera si deve soprattutto a Marius e alla sua squadra di muratori che, a partire dai disegni e dalle parole, hanno messo in posa la struttura adattandola al terreno e permettendo a tutti di inquadrare meglio quesiti relativi alle pendenze, allo scorrimento dell’acqua, alla sua conservazione. Mentre scriviamo queste righe, l’opera non è del tutto finita. Manca ancora il cesello dei dettagli che andranno a definire il primo tratto di caduta dell’acqua, nonché l’apporto di elementi materici e cromatici che in dialogo con il cotto, il cemento e il manto erboso decoreranno la struttura invitando i bambini al gioco.

Il tempo Per quanto breve, il tempo che intercorrerà tra l’oggi e il giorno in cui l’opera sarà ultimata, è prezioso. I bambini stanno quotidianamente giocando con la fontana e le educatrici sono impegnate in un’osservazione attiva. La restituzione relativa a queste azioni sarà importante per veicolare meglio la conclusione dell’opera: I bambini, giocandoci, imparano a giocarci e ci svelano


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la sua vera natura, fin qui solo intuita, con i suoi pregi e con i suoi limiti. A palesare fino in fondo l’opera contribuiranno anche la natura e il tempo: già ora, a lavoro appena posato, i convolvoli si apprestano a inarcare piccoli ponti vegetali tra gli embrici, le piantaggini bucano il cippato che fiancheggia il canale, l’argilla vela il rosso del cotto.

La materia e la natura I materiali poveri di cui il manufatto è costituito non sono stati scelti soltanto per ospitare il gioco dei bambini, ma anche per accogliere l’evoluzione della natura e dialogare con essa. Ci aspettiamo che il sole, l’aria e il gelo stendano sul cotto la loro patina fatta di consumo e ossidazione, che la sabbia inclusa nel cemento faccia da appiglio ai licheni crostosi e che, dove l’acqua scorre e si asciuga, possano crescere occasionalmente muschi e alghe filiformi. Il gioco - fontana vuole infatti essere un progetto semplice e aperto, in costante dialogo col mutamento.

La struttura Il gioco è costituito da tre elementi fondamentali: il pilastro su cui è innestato il meccanismo a manovella, vero motore del gioco, che fa sgorgare l’acqua. La serpentina, o fiume, lungo la quale l’acqua scorre per sfiorare e allargarsi in piccole vasche di cemento che incontra lungo il proprio tragitto. Una cisterna ipogea che raccoglie l’acqua per consentirne, alla bisogna, l’erogazione all’orto adiacente, attraverso un meccanismo analogo a quello d’origine.

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Territorialità, identità e significati Il pilastro è in cemento e sarà decorato con apposite malte e inerti tipici degli apparati musivi: sassi e graniglie, lapilli, piccole tessere di vetri colorati e ceramiche smaltate. Il fiume poggia su un letto di sabbia ed è costituito dal susseguirsi modulare di embrici, sfalsati e leggermente sovrapposti a scalare secondo una pendenza costante. Gli embrici sono elementi tipici dei tetti emiliani destinati a raccogliere e veicolare l’acqua piovana verso le grondaie. Realizzati in argilla rossa, cotti in fornaci secondo una tradizione pluricentenaria, assolvono qui alla loro stessa funzione originaria anche se calata in un contesto nuovo, dandoci modo di ancorare il manufatto a un substrato di memoria e tradizione locale. I materiali decorativi: le tessere di vetro, le graniglie e le malte, lo collegano invece a quella

parte

assiale

del

nostro lavoro che si svolge in laborato-

ri e botteghe artigiane in cui i ragazzi a noi affidati, in circoscritti periodi di tempo, sviluppano competenze ed elaborano strategie di riabilitazione personale attraverso il lavoro manuale. L’acqua opportunamente custodita nella cisterna e irrorata sugli orti connette ancora una volta il manufatto ai temi del riuso e dell’agricoltura urbana di prossimità, ulteriore asse portante delle attività di Eta Beta.


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Essenzialità Tutti i materiali utilizzati sono semplici quanto quelli che portiamo nelle scuole sottoforma di giochi non strutturati, o che proponiamo ai bambini durante i nostri atelier creativi. Il gioco stesso è concepito come un elemento essenziale, capace di restituire alle mani dei bambini la qualità tattile dei materiali grezzi e regalare al loro sguardo una cornice in cui le categorie dell’assenza abbiano un ruolo primario rispetto a quelle della presenza. Il gioco-fontana vuole essere soprattutto un nastro che accoglie e dinamizza l’acqua in dialogo con la luce, l’aria e la terra e che sopra ogni cosa, sappia accogliere il gioco assorto e industrioso dei bambini intenti a innalzare sugli elementi naturali il loro immaginario tanto antico quanto imprevedibile.

Cura Una struttura concepita in questo modo è “viva”, cambia nel tempo. Il sovra scorrere delle stagioni comporterà accumuli di materiali: rami, foglie, terra… che potranno pregiudicarne il normale funzionamento. Occorrerà dunque che le educatrici, i bambini e chiunque si senta parte della comunità educante coinvolta nel progetto, scelgano di dedicare parte del proprio tempo ad attività di monitoraggio e cura, proprio come gli abitanti di un villaggio di campagna quando partecipano allo sfalcio degli argini dei canali e alla pulitura dei fossi dagli eccessi dei detriti per garantire il buon funzionamento della propria rete irrigua. La condivisione di questo concetto di cura esteso tra le persone e nel tempo, in radicale e consapevole contrasto con la logica usa e getta che guida gran parte dei nostri acquisti quotidiani sarà la migliore garanzia di durata di un bene materiale che vuole essere anche un progetto educativo, sociale, di comunità.


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Perché giocare con l’acqua in giardino? di Corrado Bosello Stiamo esplorando nuove possibilità di gioco per fare fronte alla ricorrente prescrizione che suona come “Non ti bagnare, e non sprecare l’acqua”. Per l’infanzia il touch socialmente approvato è riferito all’interazione con uno schermo, meno con il mondo. Cio’ che bagna, sporca, impiastriccia è gradevole da vedere, ma non da toccare

Siamo fatti di acqua. Nasciamo nell’acqua. Abbiamo bisogno dell’acqua per sopravvivere. La desideriamo per rilassarci, essere puliti, nuotare, stare meglio quando fa troppo caldo.

L’acqua incontra tutto il corpo, a partire dalle mani, e esplora tutte le emozioni e sensazioni. Anche in questo sta la sua valenza educativa per tutti i bambini, e soprattutto per alcuni. Come ogni maestra ed ogni famiglia sa, l’acqua aiuta potentemente la crescita.

Non sappiamo precisamente dire se esista o meno il diritto a giocare con l’acqua per i bambini, senza essere sgridati e tacciati dagli adulti di essere loro causa dei danni del pianeta. Gianfranco Zavalloni immaginiamo risponderebbe di si. Non sappiamo dire neppure se questi 25 metri di piccolo torrente, azionati da mano di bambino, come una piccola riproduzione del Savena o dell’Idice, i torrenti di queste terre, restituisca ai bambini qualcosa del loro territorio, una sorta di ri-contatto con una certa forma di natura che l’acqua dei torrenti rappresenta. Sappiamo tuttavia iniziare a raccontare quale meraviglia e stupore generi l’attesa lenta del suo arrivo, quegli operai che i bambini scrutano scavare, la terra che si smuove, dalla collinetta giù giù sino in basso, le prove dell’acqua che scende e si infila in arbusti, curve, buche.... Sappiamo per certo che si possono insegnare molte competenze in-


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terdisciplinari e trasversali attivando un approccio ludico e scientifico intorno all’acqua, come raccontano bene chi insegna all’aperto, da 0 almeno sino ai 14 anni. Definire una fontana come un ‘aula a cielo aperto è un ossimoro pedagogico. L’aula, come la memoria di ognuno sa, è sempre indoor, un giardino è sempre fuori. Cercatori di metafore più pertinenti, gli educatori incontrano tante parole più interessanti. I bambini , come leggete in questa documentazione, ne trovano rispetto a noi, ancor di più. A me una fontana sembra abiti una intersezione perfetta e promettente tra gioco, educazione ed apprendimento. Peter Hohenauer, grande storico dell’arte e progettista di giardini di Monaco di Baviera, aggiungerebbe inoltre la parola avventura, perché l’acqua scivolando giù, permette al bambino di trasformarne il cammino in bacini, dighe, cascatelle, schizzi, travasi, per inumidire la terra e la sabbia, bagnare i cespugli, e tanto – davvero tanto – ancora. Ed il bambino ha bisogno di avventura per crescere, ne siamo certi, Peter direbbe ancora che i lavori devono andare lenti, che non bisogna mai avere fretta di chiudere un cantiere. I bambini possono vedendolo partecipare, fare ipotesi, proporre ed avanzare soluzioni. Per questo noi i lavori li abbiamo ad arte un pochino rallentati, per dare tempo che questa magia un po’ succedesse. Le fontane così, lo immaginerete, è evidente, non si comprano a catalogo. Si immaginano, si pianificano, si iniziano a disegnare, e con pazienza si realizzano con tante attenzioni a differenti particolari, tra cui la sicurezza. La sicurezza, sappiamo oggi come educatori, non è mai nemica dell’educazione, se la sappiamo conoscere e gestire con professionalità. Questa intende essere sufficientemente sicura per giocare .

Paolo Donati, il decano degli educatori ambientali per l’infanzia dalle nostre parti, racconta di quali meraviglie siano capaci bambini e maestre quando progettano un gioco con l’acqua, anche il più semplice, e quanti collegamenti e scoperte generi nei grandi e nei piccoli. Paolo ci suggerirebbe attenzione per gli insetti, i bordi delle sponde, per l’erba e le siepi che la fontana attraversa, una delle quali assomiglia cosi tanto ad una tana da sembrare che fosse lì da tanti anni ad aspettare che sgorgasse l’acqua. Ed ancora è Juliet Roberson, la maestra all’aperto più famosa in Europa, che propone infinite variazioni dei giochi con l’acqua, per tutte le scuole che desiderano insegnare attraverso l’esperienza diretta, hands on, direbbe Juliet.

Come scrive qui Pietro, atelierista valente della Borsa di Bo, serve dialogare con differenti professionalità per realizzare un grande gioco, curare i dettagli, accettare le variazioni in corso d’opera. Serviranno altri meandri per giocare ? Come faremo a riutilizzare l’acqua “giocata” per l’orto? Ci ricordiamo della sete delle zanzare tigri e di come ridurre la produzione di fango da fontana? E quali altre domande avremo fra un anno?

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Franco Lorenzoni, il maestro Franco, dice spesso agli architetti di fare attenzione, perché siamo noi che abitiamo i loro segni. Attenzione architetti. Altri aggiungono che un servizio educativo è troppo importante per lasciarlo solo agli architetti. Sta bene. Per queste ragioni, aggiungiamo noi, è importante non lasciarlo solamente ad una professionalità (il pedagogista magari) , ma che rimanga sotto il controllo progettuale di altri adulti e dei bambini. Questo segno originale, questa fontana gioco, come quell’Andrea a cui abbiamo desiderata dedicarla, non poteva che venire quindi su aperta alla partecipazione.

Sarà un fontana “giocabile” se sarà quindi modificabile, e pertanto, staremo tutti, ma proprio tutti, molto attenti. Vai giu’ con l’acqua.



w w w. s p a niz zo . c o mu n e . s a n l az z a ro . b o . i t


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