J U L K A
C A P O R E T T I
C AT E R I N A
T U M E D E I
I GIOCHI RIMASTI FUORI
POLO D’INFANZIA DI VIT TORIO, COMUNE DI SAN L AZZ ARO DI SAVENA(BO) M A R Z O
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I GIOCHI RIMASTI FUORI
Indice INTRODUZIONE....................................................................
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IL FUORI TOCCATO DAI PICCOLI.................................. 8 IL FUORI FOTOGRAFATO DAI GRANDI..................... 12 A COSA SERVE IL TEMPO................................................... 16 APPROFONDIMENTO........................................................... 17
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INTRODUZIONE
INTRODUZIONE Fiducia. Una parola semplice, che risuona leggendo questo lavoro svolto dalle educatrici e insegnanti del nostro Polo per l’Infanzia. Fiducia nelle capacità dei bambini, nel valore del proprio impegno quotidiano, nel ruolo fondamentale dei servizi per l’infanzia per la crescita e lo sviluppo dei più piccoli. Abbiamo chiesto a chi lavora nei Poli di documentare le nostre modalità educative, e in questo caso il tema è l’outdoor education. L’utilizzo degli spazi esterni è infatti ormai una quotidianità per i nostri servizi, perché l’educazione non si può rinchiudere e la natura diviene un elemento indispensabile, una risposta alle nuove sfide che la pandemia ci ha posto in questo tempo. Per noi è fondamentale non disperdere questa ricchezza di esperienze e di ricerca, per poterla mettere a disposizione di tutti. Documentare per approfondire e per diffondere. Quello che ci consegnano le educatrici e le insegnanti è un racconto fatto di incontri e di esperienze belle, possibili grazie al coraggio di provare strade nuove. Grazie alla fiducia, appunto, che fa superare i piccoli e grandi ostacoli e che porta lontano. Il nostro Spanizzo sta crescendo a vista d’occhio e ne siamo orgogliosi!
Benedetta Simon Vicesindaco Assessore Famiglia, Infanzia, Scuola e Offerta formativa
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POLO D’INFANZIA DI VIT TORIO, COMUNE DI SAN L AZZ ARO DI SAVENA(BO) M A R Z O
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I L F U O R I T O C C AT O D A I P I C C O L I
IL FUORI TOCCATO DAI PICCOLI
Forse fuori possiamo nasconderci dietro un cespuglio, fare finta di ripararci dall’arrivo di un drago sputafuoco, o da un lupo, o da un orso. Tutti insieme, al riparo! Oppure possiamo fare una corsetta, sederci su un tronco che diventa un treno, o un razzo, o un’altalena dove imparare a stare in equilibrio. Forse fuori, che è il posto delle margherite, potrebbe accadere che possiamo raccoglierle, o assaggiare che solletico che fa un filo d’erba se lo strofiniamo sotto il naso. Forse potrebbe accadere che il mio amico va un po’ più in là e io lo chiamo a voce alta, altissima. Forse fuori posso anche fare un urlettino in tutta libertà. Conoscere, di me, che ho una voce superpotente. Forse può accadere che nessuno si faccia male, che nessuno prenda freddo se è inverno, perché ci siamo vestiti con gli stivali, con le giacche e con le tute speciali. Ah no, abbiamo cambiato idea! Forse potremmo cucinare una pappa di fango, un ragù di foglioline, mescolare con un rametto. Io voglio riempire un bicchiere di
pioggia da dentro la pozzanghera e riportarmelo a casa, farla vedere alla mamma, la pioggia.Forse potremmo arrampicarci sullo scivolo al contrario e arrivare solo fino a metà, provare più e più volte e se non ci riusciamo possiamo andare a tirare il pantalone della maestra, che è intelligentissima e sicuramente capisce che abbiamo bisogno di un aiutino. Tornare con lei dallo scivolo, essere messi in posizione e sfrecciare finalmente giù, e rifarlo di nuovo. Forse potremmo essere presi per mano e arrivare fino laggiù laggiù laggiù. Aiutare qualcuno a piangere, vedere che smette.
E poi dopo potremmo prendere le carriole, sì, fare un giretto con le carriole tutti insieme, magari metterci dentro una palla e se a un certo punto siamo stanchi schiacciare un pisolino al tepore del sole o sotto l’ombra di un albero grande, dipende dal tempo che fa.
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Ci è piaciuto cominciare dando voce ai bambini. Da molti anni sentiamo parlare di outdoor, di educazione all’aperto. Anni di formazione e autoformazione per noi educatori e insegnanti, anni di incontri con le famiglie per trasmettere loro ciò che andavamo a mano a mano scoprendo, anni di sperimentazioni e di prove.
Perché andare fuori anche in autunno e in inverno è stato a lungo impensabile? Perché il giardino è per molto tempo apparso come uno scoglio? Il nostro modo di vedere il fuori, ora, è nuovo. Per tornare alla semplicità abbiamo dovuto studiare, non è incredibile? Non fa sorridere? Parlo di semplicità, perché quello che succede in un prato o su una collinetta o mentre il vento ci spettina non è un qualcosa che si può confezionare,
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decidere con anticipo. Quella coccinella è lì e un minuto prima non c’era, allora prendiamo una lente d’ingrandimento e la guardiamo da vicino, la guardiamo benissimo.
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DENTRO LE POSSIBILITA’ DEL TEMPO La difficoltà più grande, per noi educatori e insegnanti, è stata il tempo. Sia il tempo inteso come orologio che il tempo meteorologico. Il tempo orologio, sia al nido che alla scuola dell’infanzia, è un pilastro del contesto educativo. Noi educatori e insegnanti usiamo il tempo orologio come fosse un sussidiario. Ci serve per le routine. Le routine sono una successione rassicurante dei diversi momenti della giornata e sono fondamentali, nel bambino, per apprenderne la scansione. L’ostacolo, in inverno, era “non faccio in tempo a vestirli che è già ora di rientrare per il pranzo”, mentre in estate esco solo mezz’ora perché “l’accoglienza dei bambini è meglio farla dentro”, oppure “alle dieci del mattino è già caldissimo”. Ebbene al Polo Di Vittorio di via Poggi, quest’anno, abbiamo deciso di prenderci tutto il tempo orologio che ci serviva. Abbiamo cercato di entrare dentro la possibilità. E’ arrivato l’autunno e abbiamo chiesto alle famiglie di portarci tute da fango, stivaletti per la pioggia, giacche adatte alla stagione, berretti. Insomma, l’occorrente per uscire. Abbiamo riorganizzato la logistica degli arredi dedicati alla vestizione in modo da renderla più agevole: panche dove i bimbi potessero sedersi, contenitori per scarpe e stivali, giacche, tutto vicino alla porta che dà sul giardino. La ‘vestizione’ è avvenuta a piccoli gruppi e con l’aiuto prezioso di una collaboratrice, di conseguenza è stato possibile andare fuori ogni giorno anche da settembre a febbraio.
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CON I TAVOLI AL SOLE Nei mesi più freddi servono parecchi minuti per vestire ventuno bambini, o sedici, o quattrordici ed è vero, a volte non si fa in tempo a uscire che è già ora di rientrare e prepararsi per il pranzo, andare in bagno, cambiare il pannolino, lavare le mani. E allora come si fa, ci siamo chieste? Si fa che il pranzo lo facciamo fuori, ci siamo dette. Anche quando è freschetto: teniamo le giacche e gli stivali, teniamo tutto. Mettiamo i tavoli al sole, e rientriamo quando è ora di andare a nanna. Fino alla metà di ottobre abbiamo fatto anche lo spuntino del mattino in giardino. Viene da pensare: non è lunga, tutta la mattinata fuori? Può essere, sì. In effetti per qualche bimbo può es-
•
grandi cerate dove i piccolissimi possono vivere
sere così, quindi abbiamo dato sempre la possibilità
i momenti di raccoglimento di cui necessitano,
a chi era stanco di rientrare con un’educatrice a fare
e chi vuole può trovare qualche gioco ‘venuto da
un gioco dentro, ascoltando i bambini e decidendo
dentro’
insieme a loro in quale ambiente recarci, poi si tor-
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nava fuori riunendoci al gruppo per il pranzo. Noi educatrici pensavamo che la giacca pesante rendesse difficile la mobilità durante il pranzo, invece ci siamo
macchina fotografica per fermare le esperienze attraverso le immagini
•
quaderno e matita per fermare le frasi dei bambini.
accorte che non lo è. I bambini hanno dimostrato un
In questo modo è cominciata la nostra scoperta, la
grande entusiamo, un piacere, proprio, nel mangia-
nostra assimilazione del fuori inteso come punto di
re fuori, e sono diventati più competenti a tavola nel
forza: cominciando.
giro di pochi mesi. Anche per quel momento, ovvia-
Abbiamo costruito una clessidra mentale tutta nuo-
mente, una buona organizzazione è fondamentale:
va, fatta con del ‘materiale intelligente’, un materiale
un kit formato da salviettine igienizzanti, carta, car-
capace di resistere un poco di più all’umidità no-
affe per l’acqua, bicchieri e biberon è sempre pronto
vembrina, ai campi magnetici, alle ventate, agli scet-
e posizionato in un punto comodo.
ticismi mimetici, come li definisce Laura Malavasi
Per quanto riguarda l’offerta educativa della matti-
nel suo libro ‘Fuori mi annoio’. Un materiale intelli-
nata in outdoor, abbiamo dotato un carrellino di:
gente capace di resistere un poco di più alla prevedi-
•
il necessario per imbastire attività diversificate
bilità, al già visto e al già vissuto, che lasciasse spazio
•
fazzoletti di carta
al cominciare. Cominciare da una sciarpa, da cinque
•
pannolini, guanti e salviette per cambi anche in
minuti diventati dieci poi venti poi trenta, diventati
outdoor
una mattinata intera. Poi, i giorni.
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IL FUORI FOTOGRAFATO DAI GRANDI Forse fuori posso correre e urlare, posso rincorrere i miei amici perché io sono il mostro e li mangio tutti. Forse posso fermarmi sul tronco e giocare a stare in equilibrio, poi posso cadere e rialzarmi, aggrappandomi al tronco. Poi possiamo fare la torta di fango, aspetta… vado a prendere i fiori per decorarla. Guarda che bella, te la faccio vedere. Aspetta che chiedo la macchina fotografica, così la faccio vedere alla mamma. Poi prendo dei sassolini, e li faccio vedere alla nonna. Guarda, ne ho trovato uno tutto colorato. Poi posso cucinare le foglie, insieme ai bastoncini, così faccio le patatine, assaggia maestra! Poi preparo il caffè, mischio la sabbia alla terra così creo un caffè molto profumato! Poi tocco la sabbia e creo castelli, ma aspetta… forse il secchiello serve anche ad altro… forse… può essere anche il nostro tamburo, senti che musica! Forse posso anche nascondermi dentro all’albero, al buio e da sola. Sono stanca di correre, ho bisogno di riposarmi. Vorrei stare da sola. Poi possiamo saltare sulla pozzanghera, tanto abbiamo le tute e gli stivali, guarda che bello il fango che schizza… sembra cioccolato! Poi guardate… venite a vedere! Ho scavato una buca grande, così grande che possiamo starci tutti. Guardate, l’ho scavata con la paletta. Vieni, andiamo a portare l’acqua alla pianta. Ma come facciamo a sapere se la pianta respira? Io le do da bere… poi vediamo. Possiamo dare il cibo agli uccellini, glielo lasciamo attaccato ai rami? Io ci lascio anche il verme, guarda che lungo! Vediamo
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se gli uccellini si avvicinano a noi, vorrei accarezzarli. Guarda che arrivano sulla collinetta, corriamo! Ho fatto un salto enorme! Vuoi che lo rifaccia ? Provo a rotolare … che ridere, lo rifacciamo? 1… 2… 3... via! Che bello stare sdraiati sopra all’erba, potrei anche addormentarmi. Guarda come scivolo, e aspetta… facciamo scivolare anche la macchinina? Hey… parte il treno… venite dietro di me... però aspetta perché prima devo mettere la giacca, poi la tuta, aspetta che inizio dai piedi. Poi gli stivali, da dove inizio? Mi aiuti ? Adesso ti aiuto io.
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Ci piace dare il tempo e la possibilità ai bambini di provare a mettersi la tuta da soli. Provare a fare, provare a far da soli, provare ad aiutare chi fa più fatica. Ci piace lasciar andare a giocare i bambini già pronti. Ci piace però lasciare che i bambini già pronti rimangano dentro ad aiutare gli amici ad infilarsi la tuta, o la giacca, o gli stivali.
Il momento della vestizione è un momento molto importante ed evocativo, è vissuto come un momento di trasformazione. Quando i bambini si mettono la tuta si trasformano, si proteggono dal freddo e dallo sporco. Quando
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i bambini si mettono la tuta diventano più forti, più grandi, come i supereroi. Possono sbagliare nell’indossarla, possono girarla dal verso sbagliato e poi in quello giusto. Abbiamo notato grande entusiasmo in questo momento, che abbiamo inaugurato fin da subito coinvolgendo le famiglie per avere tutto l’occorrente a disposizione. Abbiamo visto la voglia di imparare dei bambini, la loro voglia di ripetere questo momento tutti i giorni perché “guarda maestra, l’ho fatto da solo!” Abbiamo visto come viene vissuta con normalità la richiesta di andare in bagno da soli anche quando siamo fuori in giardino. Il momento del fuori viene vissuto con maggior tranquillità se hanno le tute, sono
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come degli scudi che fanno, però, parte di loro. La sperimentazione del pranzo fuori, per il gruppo dei grandi, è cominciata con i pic- nic a base di panini e pizza, tutti insieme, seduti sopra i tronchi. Oppure un gruppo dentro e un altro gruppo nei tavolini fuori. Oppure tutti insieme sopra al telo. Ci piacerebbe aumentare la frequenza del pranzo fuori, tutti insieme o a gruppi, lasciando decidere a loro. Abbiamo il progetto di vivere anche il momento del rilassamento in giardino con l’arrivo della stagione più calda, con i tappetini o con il telo grande, sotto agli alberi.
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A COSA SERVE IL TEMPO
A COSA SERVE IL TEMPO Alice: “Per quanto tempo è per sempre?” Bianconiglio: “A volte, solo un secondo!” Lewis Carroll
Ci piace seguire il tempo, rincorrerlo, scoprirlo e riscoprirlo di nuovo, anche il tempo può essere un gioco. Un gioco di attese, perché vorrei tanto accarezzare la coccinella ma lei vola via ogni volta che mi avvicino, quindi devo trovare il momento giusto. Un gioco veloce, perché se facciamo i rotoloni giù per la collinetta andiamo forte. Ci piace cercare la foglia che cambia colore, scoprire perché si trasforma. Ognuno ha i suoi tempi, tempi che vanno sentiti, non per forza riempiti. Prendersi il tempo. Il tempo vissuto come un’occasione per accrescere le autonomie. Imparare a togliersi le scarpe, a infilare gli stivaletti, oppure attendere che anche gli amici siano pronti. Una giornata fredda d’inverno serve per far conoscere la brina. Osservare le foglie fredde sul prato, ricoperte da piccoli ghiacciolini. Aiutare l’adulto ad asciugare con la carta un gioco rimasto fuori, che adesso è tutto bagnato. Prendere le palettine e scavare nel fango per creare un fiumiciattolo dove far bere gli animali di gomma. Trovare un lombrico vero. Posizionare dei listelli di legno sulla terra bagnata e creare marciapiedi, percorsi dove l’equilibrio si consolida. Trovare una pozzanghera e saltarci dentro, o usarla come specchio. Riempire una pentola di erba e di rami. Una giornata calda serve per giocare con l’acqua, spruzzarci, riempire le vasche e farci galleggiare dentro i giochi. Raccogliere fiori, riempirci le tasche, metterli in vasetti di vetro e rendere più bello il nostro dentro. Giocare a lungo con le palle, fare merenda seduti sul prato, bere l’acqua all’ombra degli alberi. Il tempo trascorso in outdoor è tutto esperienza, un’esperienza senza i confini delle pareti e del soffitto, liberi di sperimentare la molteplicità di interessi che in giardino possono svilupparsi.
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I GIOCHI RIMASTI FUORI
APPROFONDIMENTO LA VALENZA PEDAGOGICA DELL’EDUCAZIONE ALL’APERTO. Con Outdoor education (OE) ci si riferisce a pra-
promozione della salute, la riduzione di malattie da
tiche educative che puntano alla valorizzazione
raffreddamento, l’aumento della concentrazione, la
dell’ambiente esterno nelle sue diverse configurazi-
diminuzione dello stress da apprendimento.
oni, inteso come ambiente educativo. La moderna
Inoltre i benefici si espandono a tutte le aree disci-
educazione all’aria aperta deve i suoi inizi ad una
plinari e investono globalmente il processo di ap-
serie di iniziative distinte: il movimento scout, fon-
prendimento, tra cui il potenziamento del problem-
dato nel 1907 da Baden-Powell. Venne inaugurato
solving, lo stimolo dell’intelligenza naturalistica e del
come campeggio sperimentale in Inghilterra nel
pensiero divergente, nonché dell’esperienza esteti-
1907 con 20 ragazzi. Ha poi avuto una crescente es-
ca, ma anche l’aumento della capacità di gestione
pansione anche con l’inaugurazione della sezione
del tempo libero.
femminile delle guide scout da parte della sorella
A livello sociale, i bambini e le bambine e tutti gli
di Baden-Powell. L’OE trae inoltre le sue origini da
apprendenti, grazie all’OE, ampliano efficacemente
autori come John Dewey, Rousseau, Steiner o an-
lo spettro sociale, proprio perché l’Outdoor Educa-
che Alexander Neil, in cui l’esperienza, l’ambiente
tion mira allo sviluppo della persona, basandosi su
esterno, il legame con la natura erano considerati
un approccio sensoriale ed esperienziale, e offre la
concetti
possibilità di vivere l’apprendimento in un contesto
chiave
dell’educazione.
L’orientamento
pedagogico dell’OE non definisce né prescrive quali
di relazioni, con le altre persone e con l’ambiente.
attività o percorsi didattici debbano essere attuati
In particolare per i più piccoli, la fascia 0 – 6 viene be-
o quali obiettivi si debbano raggiungere. L’OE pone
neficiata dalle attività outdoor: i bambini e le bambi-
“semplicemente” l’accento su un punto di vista che
ne hanno maggiori possibilità di agire il movimento,
valorizza al massimo le opportunità dello star fuori
di utilizzare e quindi sviluppare i sensi, di esprimere
(out-door) e del concepire l’ambiente esterno in sé
emozioni e sentimenti, dovuti alla scoperta e all’e-
come luogo di formazione. Le esperienze che si svol-
splorazione e al tempo stesso possono dare natural-
gono in natura offrono benefici psicofisici, tra cui la
mente spazio allo stupore e alla fantasia.
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APPROFONDIMENTO
Inoltre, è bene ricordare che in natura si matu-
i pensieri che i bambini elaborano, le domande che
ra spontaneamente l’utilizzo di materiali poveri in
ci e si pongono, per ricordare i momenti e i giochi
modo creativo, ma si potenzia anche il senso dell’o-
che li caratterizzano.
rientamento e quindi ci si misura con il rischio e la paura, prevenendo i pericoli. Il valore dell’apprendimento all’aperto è indiscusso: stare all’aperto educa il corpo, la mente, il senso sociale, accresce la conoscenza e il rispetto dell’ambiente naturale. L’OE funziona tutte le volte che sviluppa la curiosità e l’esplorazione del bambino, che
“L’ACQUA CHE TOCCHI DE’ FIUMI È L’ULTIMA DI
lo fa essere attivo lungo linee di “ricerca” appena
QUELLE CHE ANDÒ E LA PRIMA DI QUELLE CHE
suggerite dall’adulto. L’avventura formativa è il clima
VIENE. COSÌ IL TEMPO PRESENTE.”
che anima l’OE, che non vuol dire improvvisazione, ma predisposizione minima di ciò che è indispensabile, lasciando poi alla libertà esplorativa la ricerca di soluzione dei problemi. L’OE richiede una programmazione debole, un tempo lungo per dare ai bambini la possibilità di muoversi, osservare, esplorare. L’educazione all’aperto stimola anche domande che i bambini pongono e risposte che essi stessi elaborano nel confronto reciproco. Ecco perché ci piace portare fuori carta e penna: per segnare e registrare
LEONARDO DA VINCI