Qui Brescia n.ro 195

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in copertina

CARLO TENGATTINI

LO STRANO CASO PARATICO

GIORGIO GORI: UN SINDACO IN EUROPA

MILLE MIGLIA BY MAILANDER

GSD FOUNDATION: IL TUO 5 PER MILLE

TORNA LA FESTA DELL’OPERA

CALENDARIO DELLA LIRICA E DEL BALLETTO

NASCE LA FONDAZIONE CAMPUS

ESTATE A BRESCIA: WE LOVE CASTELLO

ACCADEMIA CARRARA: NAPOLI A BERGAMO LAMBORGHINI 350 GT REVIENT À GENÈVE

ARMR: LA PRIMA VOLTA AL CONVENTO DI ASTINO

FONDAZIONE CREBERG: GIANCARLO DEFENDI

GIUSEPPE RIVADOSSI ALLA GALLERIA DELL’INCISIONE

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PAPA GIOVANNI XXIII 2, 24050 GHISALBA (BG)
PIAZZA

GIORGIO GORI

UN SINDACO IN EUROPA

IN COPERTINA

CARLO TENGATTINI

CANDIDATO SINDACO

LO STRANO CASO DI PARATICO

GIORDANO

BRUNO GUERRI

IL VITTORIALE DELLE ITALIANE

TORNA LA FESTA DELL’OPERA

DI MAMMA CE N’È UNA SOLA... MENO MALE

C’è stata la festa della mamma e inevitabilmente ho pensato alla mia. Si chiamava Iside, un nome esotico che il nonno Emilio, napoletano, gli mise forse ripensando a qualche conquista in terra d’Africa dov’era stato in guerra come capitano nell’esercito a combattere per le colonie.

Dopo un’infanzia dorata trascorsa tra la scuola dalle Suore Canossiane in via S.Tommaso, le lezioni di piano e la palazzina al 27 della stessa Via che il nonno, diventato nel frattempo facoltoso assicuratore per le Generali, aveva preso per far posto alla numerosa famiglia che comprendeva oltre alla nonna e alla mia mamma altri cinque figli.

MILLE MIGLIA BY MAILANDER

LIRICA E BALLETTO

IL PROGRAMMA DELLA

STAGIONE AL TEATRO GRANDE

COGEME ENERGIA

UNA NUOVA

IMMAGINE

SEMPRE

Allo scoppio della guerra, nel ‘40, mia mamma aveva dieci anni. Il nonno che in segreto aveva aderito alla Massoneria si era prestato per cercare di far scappare alcuni fratelli muratori dalla Jugoslavia. Qualcosa però non funzionò ed il nonno sparì a Lubiana, pare arrestato, quasi certamente infoibato. Non se ne seppe più nulla. Evaporato, nonostante le ricerche che ai tempi vennero fatte anche da investigatori assunti dalla nonna. Poverina, in mezzo alla guerra con sei figli abituati ad una vita agiata. Tutto crolla addosso a quegli sventurati che saranno i miei zii. Uno, il più piccolo, se lo porta via una malattia, si chiamava Ruggero e nei ricordi di mia mamma era bellissimo. Durante la guerra tra via Pignolo e Via S.Tommaso la Iside adolescente ne vede di tutti i colori. L’arrivo dei Tedeschi nello spazio che era del Conventino oggi Sede dell’Università e il ricordo del rumore degli scarponi sull’acciotolato di via San. Tommaso. Poi i partigiani e le purghe. Una sorella di mia mamma venne rapata a zero e portata in piazza come un trofeo con altre come lei perché per mangiare aveva lavorato per il comando tedesco. La guerra finisce, la nonna si era venduta tutto quello che poteva delle tante ricchezze che il nonno collezionista aveva messo in casa e così la mamma dopo un collegio-fabbrica in Svizzera, trova lavoro operaia alla Reggiani. E a questo punto della storia arriva quello che sarà il mio papà. Un aviatore, siciliano che si innamora pazzamente di lei e seppur giovanissima, appena ventenne, vuole sposarla e metter su famiglia. Lei gli crede e insieme iniziano così un volo che durerà per sempre. Iside amava le cose belle, aveva una classe innata come se qualcosa di nobile le fosse stato tramadato da suo padre che, di famiglia nobile napoletana, in effetti, lo era. Amava passeggiare in lungo e in largo per tutte le vie della città dove vi fossero negozi, specie quelle del centro dove si soffermava nella ricerca di qualcosa di bello, di esteticamente appagante e per lei attraente. Non badava ai prezzi di ciò che sceglieva e siccome non sempre poteva permettersi di comprare, non resisteva alla tentazione almeno di provarlo. Fossero vestiti, scarpe, borse, gioielli, tovaglie, lenzuola lei avrebbe provato tutto. E lo faceva.

Credo che nei negozi del centro la conoscessero tutti. Entrava e, con modi gentili ma decisi, chiedeva alle commesse che si trovava davanti di provare questo o quello esposto in vetrina, come se avesse una mezza intenzione di comprarlo. Provava e riprovava e, alla fine, la sua sfacciata vena blu, accennava qualche critica, un ripensamento…

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L’INQUINAMENTO

DEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

FRANCO BREVINI PRESENTA IL SUO

ULTIMO LIBRO: LA CONQUISTA DELLA LONTANANZA

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IL RITORNO A GINEVRA DELLA

LAMBORGHINI 350 GT LA CAPOSTIPITE

ALL’ACCADEMIA CARRARA IN MOSTRA NAPOLI A BERGAMO

A PALAZZO CREBERG

IL BENE NEL MALE

SCULTURE DI GIANCARLO DEFENDI

ARMR PER LA PRIMA

VOLTA AD ASTINO CON LO SHOW

COOKING DI MIRKO RONZONI

Chiedeva a me cosa ne pensassi e io che ero costretto ad accompagnarla in queste sue scorribande, ero sempre imbarazzatissimo. Concludeva con un “ve beh, ci farò un pensiero”. E con il più bel sorriso che aveva usciva dal negozio con fare soddisfatto.

Ovviamente ogni tanto comprava qualcosa ma solo dopo estenuanti prove di modelli e colori che andava selezionando escludendone uno su due.

Quasi sempre però, dopo averlo riprovato a casa, specchiandosi in più pose, rimirando il nuovo acquisto, decideva di tornare nel negozio per farselo sostituire con uno di un altro colore, di un’altra foggia o un’altra misura dicendo di averci ripensato.

Quando uscivamo da quei negozi venivo premiato per la mia complicità con il gelato in crema che vendeva il signore all’angolo della Galleria Bruni, che andavamo a consumare sulle panchine del primo tratto del Sentierone, sbellicandoci dal ridere per come si vestivano quelli che ci passavano davanti e a cui lei trovava tutti i difetti possibili e immaginabili. Meno male, pensavo, che di mamma ce n’è una sola. (V.E.Filì)

Un francobollo di poesia

FINITA INFINITÀ

Finita infinità Abito sprazzi pazzi di vita per raccontare l’inquieta materia affardellata di affanni deprivati di ogni traccia d’amore. Indago allora e indago le frontiere del sapere senza sapienza della machina sapiens erede dell’ominide chiamato homo sapiens.

Ammaliato da divinità aliene noto rare simboliche ghirlande che incoronano la terra e si allargano a misura di cielo.

Ascolto il fremito silenzioso della tenerezza prolungato rifugio del dolore degli istanti svaniti nella finita infinità che sempre mi illumina.

(Benito Melchionna maggio 2024)

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GIORGIO GORI UN SINDACO IN

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EUROPA

IL DISCORSO DI GIORGIO GORI IL GIORNO DELLA

PRESENTAZIONE

UFFICIALE

DELLA SUA

CANDIDATURA AL PARLAMENTO

EUROPEO

Si sapeva da tempo che Giorgio Gori sarebbe stato candidato al Parlamento Europeo dal Partito Democratico al quale appartiene. Nonostante non sia facile sedersi su quella poltrona, per via anche di altri nomi molto conosciuti nella medesima lista, ha deciso di giocarsi la partita mettendo in campo tutta la sua grande capacità di comunicatore, una discreta quantità di risorse da investire nella campogna elettorale che si aggiungono ad una rete di conoscenze nei media che gli derivano dal suo passato professionale. Viste le capacità dimostrate nell’amministrare per dieci anni Bergamo e l’apprezzamento che gode tra i suoi concittadini, meriterebbe di proseguire sul cammino della politica per arrivare dove si prendono le decisioni vitali per il futuro di tutti noi.

E non dimentichiamo che avere un parlamentare in Europa che ha dimostrato di avere così a cuore la sua città, potrebbe essere di grande aiuto per un dialogo costruttivo e redditizio con Bruxelles.

Del resto è stato lui che appena arrivato a Palazzo Frizzoni ha istituito un apposito ufficio per la “caccia” ai bandi europei destinati ai comuni, che ha davvero funzionato portando sul territorio molte risorse che altrimenti non sarebbero mai arrivate.

(V.E.Filì)

“Oggi l’Europa è la migliore opportunità che abbiamo ed è l’ora di agire. Io ci sono, con uno sguardo da sindaco, diretto all’Europa. Il 9 maggio è il giorno in cui si celebra l’Europa, dalla data di fondazione, sono passati più di 70 anni e credo che sia tempo di metterci un po’ la testa in questo pezzo di mondo. È uno spazio in cui i diritti sono più in vigore che in qualunque altro luogo, che ci ha regalato realtà e situazioni che le nuove generazioni non hanno ancora avuto il privilegio di vivere. L’Europa che abbiamo conosciuto, però, quella che era padrona del mondo, oggi è in difficoltà e si accorge di essere piccola. Ecco perché una svolta diventa necessaria.

Le sicurezze su cui aveva costruito la sua condizione di pace, si sono sgretolate, non funzionano più. In questo nuovo scenario, le grandi potenze si muovono come se fossero un’unica potenza, mentre l’Europa resta indietro, frammentata. Del resto lo è dal punto di vista della difesa, dei meccanismi decisionali. La scommessa vera si riassume nel concetto di integrazione, da tutti i punti di vista. Oggi l’Unione difetta nelle prospettive di benessere e crescita. Di fronte a noi le grandi sfide della transizione ecologica, di cui parliamo molto anche se non abbiamo sufficienti risorse per sostenere il cambiamento, quella demografica, quella dell’inclusione e dell’immigrazione.

L’obiettivo è lavorare per un’Europa federale, che viva del superamento del vincolo del voto, con un Parlamento che abbia davvero un potere legislativo, con una politica estera e di difesa comune, con un welfare universale. L’Europa è insostituibile, ma è anche fragile. Va liberata dal cappio del diritto di veto. Come anni fa si è preso coraggio per abolire le frontiere o scegliere una moneta comune, così io penso e spero che sia possibile immaginare un’iniziativa politica, di cui l’Italia si renda protagonista, di vero cambiamento: una forma di cooperazione rafforzata.

L’Europa è ad un bivio, e deve scegliere se integrarsi o disintegrarsi. Questa è la nostra idea, questa è la mia idea. E mai come oggi siamo chiamati a scegliere tra chi, come noi, vuole un’Unione allargata o una imprigionata. Se l’’Europa che vogliamo è quella di Salvini, il cui slogan recita “Meno Europa e più Italia”, allora possiamo davvero dire addio a tutto ciò che abbiamo sognato. Per portare avanti il cambiamento non c’è alternativa alle forze democratiche e socialiste.

Questo è il momento per fare un passo avanti. Protezione e prosperità, sicurezza e speranza: queste le parole cardine del cammino che vogliamo e dobbiamo intraprendere. Voglio portare Bergamo in Europa e desidero farlo con convinzione perché ho lavorato per il cambiamento della città proprio durante gli anni fantastici che ha visto protagonista l’Atalanta, squadra con un mister d’eccezione, Gasperini, che per me è stato sempre grande motivo d’ispirazione. Oggi mi dico che se l’Atalanta, ai tempi realtà provinciale in perenne lotta per la salvezza, è riuscita a tagliare il traguardo dell’Europa, allora anche noi, insieme, possiamo portarci tutta la città.

Con me voglio portare l’esperienza costruita di questi anni, i valori, la concretezza che caratterizza il nostro fare, il buon lavoro che da sempre ci appartiene, la ricerca, l’innovazione, il tessuto associativo. Mi piacerebbe essere un punto di riferimento per i cittadini, per le imprese, per gli enti locali”.

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LO STRANO CASO PARATICO

CARLO TENGATTINI, GIÀ SINDACO

E VICESINDACO DEL COMUNE DI PARATICO, SI RIPRESENTA CANDIDATO DOPO 25 ANNI

Il paese, lembo della più rigogliosa Franciacorta, affacciato sull’azzurro Sebino, al confine con le terre bergamasche dell’altra sponda di quel lago che, alla fine del paese dopo la diga, diventa di nuovo fiume, vive da sempre storie affascinanti.

Castelli diroccati, nobili una volta potenti, contese appassionate per l’utilizzo dell’acqua del lago tra agricoltori della bassa, capaci di costruire la roggia Fusia più di mille anni fa, ed i rivieraschi che vivevano di pesca e si ritrovavano in estate con il lago asciutto e le barche in secca.

Il passaggio di Dante Alighieri nelle dimore gentilizie dei Lantieri motivo di orgoglio per la gente del posto e di risse tra Guelfi e Ghibellini e ancora Vescovi di Brescia e Bergamo che si contendono, per carità cristiana, molte proprietà del Paese, chissà come ereditate, (questione di soldi) dalla Diocesi di Bergamo, i cui confini, infatti caso piuttosto raro, non coincidono con quelli della Provincia e Paratico si trova ad essere in terra Bresciana ma sotto la diocesi Bergamasca.

In anni più recenti Paratico ha vissuto un’epopea irripetibile per via di un suo cittadino. Carlo, per tutti in paese, Tengattini all’anagrafe, come tanti altri a Paratico con quel cognome. La nostra storia inizia 25 anni fa o giù di lì. Ci sono le elezioni amministrative e il sindaco in carica pensa di avere vita facile ed essere rieletto. Ma non aveva fatto i conti con Carlo che già dipendente del Comune, appassionato nel suo lavoro utile alla collettività al corrente di ogni aspetto dell’amministrazione, decide di lanciarsi nella sfida.

Con un gruppo di fidati amici crea la lista Civica Paratico Futur@ con un programma che si propone un rilancio della paese a 360° e sembra un libro dei sogni. Dopo un’appassionate e concitata campagna elettorale vince con sette, dico sette, voti di scarto. Il paese è rimasto fermo per trent’anni, Carlo lo conosce meglio di chiunque altro e inizia a trasformare i sogni in realtà. Viene realizzato il centro sportivo, l’asilo nido, il Centro Sereno per gli anziani. Il vero gioiello sarà il parco vicino alle scuole dove la palazzina dell’Oselada viene salvata dal degrado che l’avrebbe sicuramente portata al crollo.

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CARLO TENGATTINI

Oggi ritornata all’antico splendore spicca sulla leggera altura che domina il lago ed è diventata simbolo del Paese. Accanto ad essa viene realizzato un anfiteatro dove saranno ospitate decine di manifestazioni culturali, concerti, balli, mostre e conferenze. Il centro del paese cambia volto, viene ristrutturato il palazzo che ospita la sala del consiglio comunale e la biblioteca e ricavata una piazza, luogo di socializzazione e svago che Paratico non aveva mai avuto. Viene rivoluzionata la viabilità più critica nel collegamento con il ponte di Sarnico, realizzata una nuova strada di collegamento tra il centro del paese verso la zona del Cimitero. Ma la incredibile vena propulsiva delle amministrazioni di Carlo Tengattini, si esprime nell’amore per il territorio e nel rendere ogni angolo del paese accogliente, pulito, ordinato. E bello. Ogni dove sia possibile vengono ricavate decine di aiuole e vi vengono messe a dimora essenze che crescendo diventano la cornice fiorita di ogni quartiere. Dove mancano, vengono ricavati marciapiedi tutti rigorosamente arricchiti con i cubetti di porfido posati a regola d’arte e disegni ornamentali di sassi creati da veri maestri del mestiere. L’illuminazione pubblica viene sostituita in tutte le strade con eleganti lampioni più consoni alla vocazione turistica che si vuole dare al paese. Così arrivano le due fontane, la prima che accoglie alla rotonda chi arriva da Iseo, la seconda per impreziosire il lungolago dove viene installata una turbina sommersa capace di spingere un getto d’acqua ad oltre venti metri di altezza creando uno spettacolo notturno unico su tutto il lago. L’attrattività turistica del Paese con l’assessore Maria Teresa Volpini viene messa al primo posto sia per il crescente afflusso dall’estero di visitatori, specie dopo l’installazione di Christo che portò il Sebino sulle televisioni e i giornali di tutto il pianeta, sia per avere nuovi residenti, nuove famiglie…e perché no, nuovi introiti per un’amministrazione che vuol vedere crescere il paese e dare sempre maggiori servizi alla comunità.

IL LUNGO LAGO CON IL PARCO DELLE ERBE DANZANTI

Realizzare il Parco delle Erbe Danzanti, che sarà anche premiato come esempio di rigenerazione urbana, è stata un’impresa davvero complicata per riuscire a far sì che le Ferrovie dello Stato, generalmente poco disponibili a cedere le loro proprietà, accettassero di vendere al Comune di Paratico la fascia di lungolago occupata fino ad allora dal sedime dei vecchi binari in disuso e da vagoni abbandonati.

Un aspetto altrettanto rivoluzionario degli anni dei mandati di Tengattini anche se forse meno visibile è stata l’attivazione di importanti servizi di welfare per cercare di non lasciare indietro nessuno. Fondi per chi non arriva a fine mese, sussidi a chi resta senza lavoro, attivazione dei servizi domiciliari per chi vive situazioni di infermità o disabilità.

Giulia Venturi, la vice di Carlo che poi lo avvicenderà dopo i due primi mandati e sarà anche la prima sindaca nella storia del Paese, competente e appassionata Assessore ai Servizi Sociali, insieme a Mariella Smiroldo, Assessore alla Cultura, creano momenti di integrazione e di socializzazione partecipati e condivisi anche dai nuovi paraticesi (spesso stranieri) coinvolti ad esempio con le bellissime feste in cui i vari gruppi etnici sfoggiavano insieme ai loro abiti coloratissimi anche le tradizioni mangerecce con imperdibili scambi fra polenta taragna e kebab, cioccolata e pane arabo.

Nel corso degli anni in cui è a capo dell’amministrazione Carlo Tengattini si impegna tenacemente in una battaglia durissima contro il moloc quasi sempre irremovibile delle Ferrovie dello Stato per poter tornare in possesso dell’area delle Chiatte lasciata al degrado assoluto.

Paga una cifra non indifferente per la creazione di un lungolago delle meraviglie. 12.000 metri quadri a bordo lago dove verrà creato il Parco delle Erbe Danzanti, pubblicato sulle riviste di tutta Europa e premiato a Roma come esempio di rigenerazione urbana. La lungimiranza di Tengattini fa in modo di creare su quel lungolago alcuni locali che affittati renderanno ogni anno al Comune una cifra superiore a quella dovuta per restituire il mutuo contratto per l’acquisto dell’area.

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Alla seconda elezione è un successo senza precedenti. Oltre al 70% di preferenze per un’amministrazione che con la regia di Carlo Tengattini sta cambiando il volto del paese. Servizi sociali organizzati meglio che in qualunque paese vicino, un assessorato alla Cultura che produce eventi, incontri, feste. Il Paese rinasce, si respira un’aria di cambiamento, mentre ogni aiuola è oggetto di attenzione. Una fontana dove serve, una panchina per riposare dopo una camminata. Viene dato impulso ad una delle manifestazioni che da sempre caratterizzano le estati di Paratico. ‘Scolpire in piazza’ è un Contest che mette di fronte alcuni scultori ai quali viene offerta ospitalità per una settimana, assegnato un tema e un pezzo di pietra da trasformare in una scultura che verrà poi donata al Comune. Negli anni questo concorso fa si che il Paese si arricchisca di un vero museo di sculture all’aria aperta, con opere di prestigiosi scultori di fama internazionale. Alla fine dell’ultimo mandato riesce a demolire il bruttissimo palazzo che ospitava gli uffici del comune che verranno trasferiti nel palazzo dove c’è la sala consiliare e la biblioteca che, a sua volta, verrà trasferita nei modernissimi locali ricavati dove sorgeva il palazzo abbattuto.

Sarebbe impossible ricordare tutte le cose inventate, realizzate o sistemate nel periodo della sua amministrazione da quando, appena eletto Sindaco, si trova di fronte un grosso problema di inquinamento dell’acquedotto, causa mancanza di manutenzione sino al giorno in cui dopo due mandati da Sindaco, uno da vice e un altro di nuovo da Sindaco, pensando di aver fatto tutto quanto c’era da fare, consegna le chiavi a Giambattista Minestrini, suo ultimo vicesindaco, con l’impegno, sottoscritto nel programma elettorale da parte di quest’ultimo, di mantenere gli standard qualitativi dei servizi erogati ai cittadini e di prendersi cura di quanto fatto insieme fino a quel giorno. Un passaggio di testimone che, grazie all’endorsement di Carlo, porta il vice a prenderne il posto. Carlo si fa da parte e indirizza i voti dei suoi tanti fedelissimi elettori per eleggere il successore.

Ciò che forse rendeva Carlo amato ed eletto quattro volte dal suo popolo era la sua assidua, instancabile, costante presenza. Un Sindaco a tempo pieno, sempre in giro, suscitando con la sua vigilanza un senso di sicurezza e di attenzione che lo portava a fermarsi per chiedere a chiunque incontrasse se vi fossero problemi o anche solo per raccogliere qualche cicca, una cartaccia o la lattina lasciata in giro dal maleducato di turno.

Durante gli anni delle amministrazioni Tengattini è stato dato un grande impulso alla manifestazione “Scolpire in piazza” che ha reso il Comune di Paratico un museo all’aperto di sculture moderne realizzate da importanti artisti contemporanei che hanno via via donato le loro creazioni al Paese. Alcune posizionate sotto il parco dell’Oselanda hanno dato vita al Viale dei Volti che guardano il lago.

IL PARCO DEI TAXODI, (foto a destra) realizzato salvando una porzione di area industriale, è un sito di grande valore ambientale. Sono piante che vivono con le radici nell’acqua e, insieme con gli aironi, i cigni, le folaghe, i germani che nidificano sulle loro chiome o nella piccola palude sottostante, creano un ambiente di grande biodiversità unico nel suo genere.

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IL
VIALE DEI VOLTI

Si è messo in disparte rimanendo però sempre attento osservatore delle politiche adottate dalla nuova amministrazione che lo hanno condotto ad una pesante critica sul quinquennio amministrato dal suo successore, rivelatosi, secondo lui, inadeguato e, soprattutto, praticamente invisibile. Se prima in Paese erano abituati alle visite di Carlo sulla Panda del Comune, negli ultimi cinque anni lo hanno visto ogni giorno percorrere in lungo e in largo Paratico per controllare, osservare, verificare che, quanto gli era stato promesso, venisse mantenuto.

Alla fine, con un pubblico e sofferto mea culpa, ha ritirato la fiducia concessa cinque anni prima al suo ex vicesindaco, e scritto una lettera aperta a tutti i concittadini spiegando le motivazioni di tale gesto, quasi rammaricandosi di esserne stato lo sponsor con la conclusione di volersi ricandidare.

Le principali accuse sono relative alla mancata manutenzione delle aree pubbliche, al degrado e all’incuria che, secondo Carlo Tengattini, rischiano di cancellare tutto il bello ed il buono costruito con vent’anni di ottima amministrazione. Forse, prima di tutto però, si critica la scelta di destinare meno risorse ai servizi alla persona, a politiche sociali inclusive e all’aiuto dei meno fortunati che erano il fiore all’occhiello delle precedenti amministrazioni.

La difesa dell’attuale primo cittadino considera, quella di Tengattini, una presa di posizione che non tiene conto delle difficoltà in cui si è trovato durante il suo mandato tra pandemia, crisi economica, aumento dei tassi di interesse sui mutui contratti dal Comune e che la riduzione della dotazione ai Servizi Sociali e alla Cultura sono dovuti alla necessità di assumere nuovo personale per la sicurezza e per gli uffici tecnici. Di certo non è stato un periodo facile e ogni amministrazione pubblica ha dovuto fare i conti con il Covid, l’aumento degli interessi sui prestiti e della spesa energetica.

Tengattini, prima della dichiarazione di ricandidarsi alla guida del paese, ha tentato più volte una conciliazione con i componenti della nuova amministrazione che non hanno voluto impegnarsi su un nuovo programma che tenesse conto delle sopravvenute istanze, con la quasi certezza di essere rieletti. E intorno a questi personaggi che si snoda la storia futura di Paratico. Un leader incontrastato per vent’anni che sceglie il suo braccio destro per regnare dopo di lui ma che dopo cinque anni rinnega quella scelta e come in un duello rusticano sfida il suo successore. Difficile dire chi vincerà e gongola chi spera che tra i due litiganti un terzo incomodo possa vincere le elezioni.

I MERAVIGLIOSI COLORI DEL PARCO DEI TAXODI

LO STRANO CASO PARATICO

LA FONTANA COME A GINEVRA

La bellissima fontana che illumina le notti di Paratico ricavata con una potente pompa sommersa in grado di spingere un getto d’acqua sino a venti metri d’altezza

FOTOGRAFE:

MARIA VITTORIA BACKHAUS

SILVIA CAMPORESI

RAMONA ZORDINI

MARIAGRAZIA BERUFFI

LUISA MENAZZI MORETTI

GIUSI CALIA

ANTONELLA MONZONI

CATERINA MATRICARDI

ALESSANDRA CHEMOLLO

PATRIZIA BONANZINGA

di Renato Corsini

Il Vittoriale degli Italiani, a Gardone Riviera, è un luogo di culto, di studio, di osservazione, di sogni da inseguire e di realtà da indagare; è uno straordinario contenitore di storia, di cultura, di passione e di scoperte. Dimora di Gabriele d’Annunzio, è tra le case museo più visitate al mondo.

Giordano Bruno Guerri, che lo presiede, in questo contesto si fa regista di un film nel quale è capace di diventare anche interprete e spettatore: la sua idea di mettere a disposizione il Vittoriale per omaggiare la fotografia nell'ambito del “Brescia Photo Festival 2024” e nello stesso tempo consolidare il legame con Fondazione Brescia Musei, ha scaturito il progetto di una mostra da realizzare ne “Il Golfo segreto”, nuovo spazio espositivo inaugurato per l’occasione, sotto le tribune dell'anfiteatro.

È nata così il “Vittoriale delle italiane”, una mostra ideata e curata da Renato Corsini che intende coniugare la fotografia al femminile con il mito del Vate. Dieci, tra le fotografe italiane più talentuose e affermate, sono state invitate a realizzare un lavoro “site specific” all'interno e all'esterno della struttura museale di Gardone, con lo scopo di interpretare, ognuna con il proprio stile, le tematiche che vi si possono riscontrare. La finalità è quella di offrire allo spettatore una chiave di lettura e di riflessione sulle differenti personalità creative coinvolte nel progetto, capaci di portare “testimonianza” - il tema del Photo Festival è appunto “testimoni” -, del loro approccio artistico al mondo dell'immagine. Esperte in fotografia d'interni e architettura, abili professioniste nel mondo della moda, impegnate sperimentatrici di antiche tecniche, creative realizzatrici di collage e affermate fotoreporter si dedicheranno a un unico tema con la consapevolezza di produrre immagini destinate a comporre un ulteriore tassello per il già ricco cartellone di iniziative del Vittoriale.

ALESSANDRA CHEMOLLO

La mia casa fotografica parlante

“Ogni luogo è teatro degli umani che lo attraversano. La natura di un luogo può cambiare l'andatura delle persone, così come l'attitudine delle persone può cambiare la percezione dei luoghi. Se il luogo, poi, è una materializzazione in pietra di parole e simboli, l'interazione tra le figure di chi passa e di chi resta può dare vita a un significato nuovo nella narrazione che si è fatta pietra. E la fotografia, che tutto congela, aiuta in questo gioco”.

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VITTORIALE DELLE ITALIANE

LA MOSTRA CURATA DA RENATO CORSINI

INAUGURERÀ SABATO 25 MAGGIO

PRESSO IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI

ANTONELLA MONZONI

LE SIGNORE DEL VITTORIALE

Quattro le presenze femminili che circondarono Gabriele d’Annunzio al Vittoriale fino alla sua morte, lo accudirono, lo spiarono, se lo contesero: Amélie Mazoyer, la governante conosciuta in Francia, ribattezzata dal Vate “Aélis”. La sua stanza si trova nella Clausura, accanto alla foresteria per le amanti di passaggio che spesso arruolava lei stessa e al piccolo appartamento, con bagno in comune, di Luisa Baccara, pianista, l’amante ufficiale che col tempo si trovò messa da parte. Poi Maria Hardouin dei Duchi di Gallese, la moglie da cui il Poeta non ha mai divorziato e che quando era ospite al Vittoriale alloggiava a Villa Mirabella, a 200 metri dalla Prioria. Albina Lucarelli Becevello, la cuoca del Vittoriale, ribattezzata “Suor Albina” o “Suor Intingola” o “Suor Ghiottizia” che nutrì e coccolò D’Annunzio fino al giorno della sua morte, il 1° marzo 1938. Ho cercato tracce di queste donne nelle loro stanze, negli oggetti e negli arredi che riportano alla loro esistenza, nel tentativo di raccontare un universo femminile ricco di memorie, di silenzi, di rimorsi e rimpianti, senza tradirlo.

Luisa Baccara, pianista, amante di d’Annunzio conosciuta a Venezia quando aveva 27 anni, col tempo si trovò messa da parte, costretta a sublimare la sua passione suonando il pianoforte nella Stanza della Musica del Vittoriale. Si dice che, per gelosia, tentò di uccidere il Vate gettandolo dalla finestra della Sala della Musica mentre stava corteggiando sua sorella Jolanda di 16 anni. Anche Luisa viveva nella Clausura, in un piccolo appartamento accanto alla stanza di Aélis e con un semplice bagno in comune.

Albina Lucarelli Becevello, la cuoca del Vittoriale, ribatezzata «Suor Albina» o «Suor Intingola» o «Suor Ghiottizia». Aveva conosciuto D'Annunzio a Venezia ed era entrata al suo servizio, seguendolo al Vittoriale dove rimase a nutrirlo e coccolarlo fino al giorno della sua morte, il 1° marzo 1938. La cucina del Vittoriale si presenta pratica con ritrovati moderni per i tempi, ampia e luminosa.

Albina riceveva regolarmente dal Poeta biglietti con le richieste più disparate di preparazioni di cibo, anche durante la notte.

Maria Hardouin dei Duchi di Gallese, la moglie da cui d’Annunzio non ha mai divorziato. Aveva 19 anni quando incontrò D’annunzio e lui ne aveva 20. Dopo una “scandalosa” fuga per amore si sposarono e gli diede tre figli maschi. Rimasero in rapporti molto amicali e notevole fu la loro affinità di gusto: negli anni gli regalò tappezzerie, porcellane, paralumi. Il copriletto della Stanza della Leda è un regalo di Maria. Quando veniva ospitata al Vittoriale alloggiava a Villa Mirabella, a 200 metri dalla Prioria.

Amélie Mazoyer, la governante conosciuta in Francia quando lei aveva 24 anni e lui il doppio. Era una dipendente però aveva massima confidenza con il Vate che l’aveva ribattezzata «Aélis», che suona come hélice, elica in francese, un soprannome che intendeva sottolineare alcune sue particolari abilità. La stanza di Aélis si trova nella Clausura, accanto alla foresteria per le ospiti, le amanti di passaggio, che spesso arruolava lei stessa e che preparava nel lussuoso bagno per una perfetta e minuziosa toeletta prima di accompagnarle nella stanza da letto del Poeta.

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CATERINA MATRICARDI

Avendo un particolare interesse per le statue e i busti, mi sono concentrata sui volti. Il reticolo del Tempo e della Storia (tremulo, diafano, ma inesorabile) imprigiona e pietrifica i volti (tutti i volti, anche i più diversi) nello sguardo silenzioso del Passato: Un Passato che coniuga effimero con eternità, quindi fuggevolezza con immoto presente. I tasselli quadrati strappati sono solo una mia creazione artistica spontanea. La fotografia per me è solo un mezzo, mi interessa anche la parte grafica, (foto+grafica). Spesso i miei lavori non sono solo fotografici ma anche grafici.

Non leggerete mai in un nostro testo orrori come Il Vittoriale de*** Italian*.

La lingua, base e patrimonio di una cultura, è sacra e intangibile se non per una sua lenta, immancabile, progressiva evoluzione. Costringerla a mutazioni improvvise (improvvisate) per adeguarla a mode e necessità del momento, è una violenza senza senso.

Con immenso rispetto per la storia delle donne - che della lingua sono madri, prima che figlie - il Vittoriale rimarrà degli Italiani: ma siamo felici di dedicare questa giornata e una magnifica mostra alle Italiane. A partire dalle dieci importanti fotografe che hanno ritratto come hanno voluto la casa e il parco di Gabriele d’Annunzio.

Ringrazio la sindaca di Brescia, Laura Castelletti, la presidente Francesca Bazzoli e il direttore di BresciaMusei Stefano Karadjov, il direttore del Brescia Photo Festival Renato Corsini per l’amicizia che ha permesso questa mostra, con la quale il Vittoriale inaugura un nuovo spazio espositivo per iniziative sempre più apprezzate dal pubblico, che qui trova il passato, il presente e una visione del futuro: come nelle altre due mostre che inauguriamo oggi, D'Annunzio e la Cina, a cura di Emanuele Gregolin e Agostino De Romanis, nella natura la luce dell'anima, a cura di Marco Di Capua.

LUISA MENAZZI MORETTI

VITTORIALE DELLE ITALIANE

“Ricordo, rivedo", serie di fotografie di luoghi, particolari del parco, isolate nei colori giallo e rosso del Vittoriale e accompagnate da testi tratti da Il libro segreto di d'Annunzio. L'ultima fotografia del progetto dà voce alle testimonianze post-mortem di donne e muse importanti nella vita del vate, finalmente consapevoli e liberatesi del ruolo.

Nell’enorme quantità di oggetti, immagini, personaggi, stimoli e visioni che è il Vittoriale, ho cercato, con le mie fotografie, di rappresentare Gabriele D’Annunzio quello che per me è sempre stato, un personaggio pop-punk. Penso che oggi potrebbe essere un grande protagonista dei social.

Giordano Bruno Guerri

VITTORIALE DELLE ITALIANE

Mute sentinelle

Escono dalla cupa penombra quando un raggio di luce le illumina tra i neri cipressi o si insinua fra le tende e gli scuri della Prioria. Testimoni di una straordinaria energia che, un secolo fa, con passione, sesso e poesia, animava le " pietre vive", ora, solo grazie a quel riflesso effimero, prendono vita, pur sempre immerse in un silenzio eterno che tutto copre ma non dimentica

GIUSI CALIA

Esplorando il Sublime: La Casa di D'Annunzio e l'Essenza dell'Estetica "Ho fatto di tutto me la mia casa; e l'amo in ogni parte. Se nel mio linguaggio la interrogo, ella mi risponde nel mio linguaggio." G. d'Annunzio, Libro Segreto Nel vasto paesaggio della mente umana, la dimora di D'Annunzio emerge come un nodo intricato di riflessioni estetiche e psicologiche, sospeso tra la terra e il cielo. La prospettiva aerea, offerta dal drone, svela non solo i contorni fisici della residenza, ma anche le profondità dell'animo dell'autore, con le sue contraddizioni e le sue passioni inestricabilmente intrecciate. All'interno di queste mura cariche di storia, le stanze diventano i teatri di una performance multidimensionale, dove l'arte e la psiche si mescolano in un intricato balletto. I mobili sontuosi e le opere d'arte fungono da specchi delle passioni umane, riflettendo non solo l'estasi estetica del poeta, ma anche le ombre della solitudine e dell'ossessione. Attraverso lo sguardo del drone e la prospettiva interna, ci troviamo di fronte a un microcosmo della condizione umana, dove la realtà e l'immaginazione si fondono in un continuum infinito di significato ed esperienza.

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Verità oniriche

Le mie fotografie, sovrapposizioni e interazioni di punti di vista e visioni, sono la rappresentazione di un sogno, quello di Gabriele D’Annunzio che, nella concretezza della pietra e del paesaggio, diventa via via realtà, quindi verità. È il sogno il motore che muove il desiderio di perfezionamento del poeta nel creare il Vittoriale degli Italiani. Come una Santa Fabbrica, il vate non ne vide la sua ultima realizzazione. In questo luogo denso di storia, ambizione e sconfitta, le realtà e i sogni si fondono diventando un’unica cosa: verità oniriche.

RAMONA ZORDINI

Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio ebbero una tormentata relazione tra il 1895 e il 1904, forse la più famosa ed importante relazione amorosa del vate sopratutto per la connessione artistica tra i due.

Lei non venne mai a far visita al Vittoriale, così ho scelto di aprire una finestra sulla possibilità immaginaria che questo fatto sia accaduto.

Dialogo immaginario:

-"E se un giorno d'estate tu entrassi da quella porta facendomi dono della tua presenza qui? Non sarebbe forse un giorno gioioso? E se mi sorridessi ed io ti sorridessi?"

-"Non è accaduto."

-"Ciò che non è stato può essere immaginato e se posso immaginarlo esiste da qualche parte!"

-"Che bel giorno è stato quando sono entrata da quella porta.. Sorridevo e tu ricambiasti!"

-"Ricordo"-

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EDILIZIA BRESCIA ETS ANCE, COMUNE E CONFINDUSTRIA SOCI FONDATORI DELL’ENTE DEL TERZO SETTORE PER DISEGNARE NUOVE STAGIONI DELL’ABITARE E DEL VIVERE. DELDOSSI PRESIDENTE 18
NASCE FONDAZIONE CAMPUS

RIGENERAZIONE URBANA, SVILUPPO DEL TERRITORIO E QUALITÀ DELLA VITA

Fiocco rosa per la Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets: è nato l’ente del terzo settore che consolida le azioni e gli obiettivi portati avanti nei primi sette anni di attività dal progetto Campus Edilizia Brescia (www. campusediliziabrescia.it) dando struttura a una visione più ampia e diffusa di città e provincia sostenibili e promuovendo interventi di rigenerazione tesi a migliorare la qualità della vita e dell’abitare grazie alla sinergia di qualificati partner privati e pubblici. Alla firma dell’atto costitutivo, nella sede del notaio Chiara Mistretta, erano presenti i soci fondatori: Ance Brescia, Comune di Brescia, Confindustria Brescia, rispettivamente nelle persone di Fabio Rizzinelli, Michela Tiboni e Filippo Schittone, insieme agli imprenditori Paolo Bettoni, Raffaele Collicelli, Massimo Angelo Deldossi e Franco Gussalli Beretta. “Con la costituzione della Fondazione Ets – ha sottolineato Rizzinelli, vicepresidente dell’Associazione costruttori edili territoriale – Campus Edilizia Brescia conta sul coinvolgimento di diversi attori del territorio per rispondere alla necessità di promuovere lo sviluppo economico e sociale partendo dalla valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica. Dall’analisi dei dati e dello stato dell’arte e dalla valutazione delle oggettive esigenze dell’ambiente costruito, la Fondazione elaborerà percorsi di crescita e di trasformazione del territorio, lasciando a chi ne ha la responsabilità il compito di guidare la rigenerazione urbana”. “Brescia ha enormi potenzialità di crescita, che passano attraverso la possibilità di rigenerazione e cura dell’ambiente e del costruito.

E la visione strategica contenuta nel Pgt, che ha puntato alla costruzione di una cintura verde attorno alla città riducendo il consumo di suolo e favorendo la rigenerazione urbana, ha bisogno di un confronto con chi può e vuole fare” ha dichiarato Michela Tiboni, Assessore all'Urbanistica e alla Pianificazione per lo Sviluppo Sostenibile del Comune di Brescia.

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NASCE FONDAZIONE CAMPUS

“Fondazione Campus può essere uno strumento utile di dialogo e confronto sui bisogni della città, un dialogo che coinvolga una parte fondamentale della società civile e la nostra comunità si dimostrerà ancora una volta all’avanguardia (come nella migliore tradizione di buon governo di questa città) nel promuovere e valorizzare la partecipazione attiva e costruttiva di tutti i soggetti pubblici e privati interessati ad essere coinvolti nelle complesse sfide dello sviluppo sostenibile”.

“La rigenerazione e il recupero degli spazi dismessi sono aspetti su cui la nostra Associazione si sta spendendo sempre più in prima linea - ha commentato Franco Gussalli Beretta, presidente di Confindustria Brescia. In questi anni abbiamo avuto più volte modo di dimostrarlo, sia sul territorio provinciale – ad esempio con l’organizzazione della nostra Assemblea Generale nell’area ex Ala di Pisogne nel 2021 - sia nel contesto urbano. In questo senso, abbiamo da subito sostenuto la nascita di Campus Edilizia, e ora quella dell’omonima Fondazione. Siamo infatti convinti che, solo attraverso una sinergia sempre più stretta tra pubblico e privato, sia possibile tracciare le migliori rotte progettuali per la nostra città. La neonata Fondazione dovrà quindi diventare una sede idonea per plasmare la città di domani, affinché diventi sempre più moderna e attuale. Una città attrattiva per i giovani, in grado di formare le nuove generazioni di talenti che costituiranno il tessuto economico del futuro".

Il presidente della nuova Fondazione Ets è l’ingegner Massimo Angelo Deldossi, oggi alla guida dei costruttori bresciani e vice presidente di Ance nazionale con delega a Tecnologia e Innovazione: “Con lo sviluppo e la programmazione di interventi attuabili nel concreto –ha dichiarato fresco di nomina – partendo dall’esame di cosa è stato e di dove si vuole andare, lavoreremo per fornire strumenti utili a indirizzare le scelte politiche verso strategie efficaci e obiettivi lungimiranti, ma raggiungibili, che perseguono, attraverso un impegno diffuso, finalità di utilità sociale volte al miglioramento del benessere dei cittadini”. Oltre al presidente Deldossi è stato nominato l'Organo di controllo nella persona del dottor Severino Gritti, presidente dell’Odcec di Brescia. Realtà senza scopo di lucro, come da indicazione statutaria, la Fondazione persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, di ricerca scientifica di particolare interesse collettivo, di promozione dello sviluppo economico e umano della collettività, coordinamento e sviluppo di attività di ricerca e divulgazione relative all’edilizia e alla trasformazione del territorio. Si propone inoltre lo svolgimento continuato di attività formative e culturali nonché di interventi, servizi e pratiche innovative per la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni dell’ambiente, l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio urbano. La sinergia tra i vari qualificati partner privati e pubblici contribuirà ad offrire strumenti agli addetti ai lavori e alla collettività a supporto di una Brescia proiettata al 2050. Anno in cui l’Europa prevede il raggiungimento di un’economia climaticamente neutra per tutti gli Stati membri. Brescia in termini di azioni a tutela di ambiente, energia e clima vuole essere protagonista nel panorama nazionale ed europeo. Uno dei focus sarà quindi rivolto alla concreta declinazione del concetto di consumo di suolo zero, e all’obiettivo di recuperare grandi porzioni industriali dismesse, di costruire case e uffici a consumo energetico quasi o totalmente nullo.

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EDILIZIA BRESCIA ETS

SABATO 8 GIUGNO TORNA IL GRANDE EVENTO CHE DAL 2012 FA DI BRESCIA

LA CITTÀ DELL’OPERA, CONTRASSEGNANDOLA COME UN UNICUM A LIVELLO NAZIONALE

La Festa dell’Opera ogni anno trasforma il tessuto urbano cittadino in un teatro a cielo aperto, con oltre 50 eventi - tutti a partecipazione gratuita - centinaia di artisti e decine di luoghi pubblici e privati che, in un sol giorno, dall’alba alla mezzanotte, vengono travolti e trasformati dal fascino dell’Opera.

Sabato 8 giugno torna il grande evento che dal 2012 fa di Brescia città dell’Opera, contrassegnandola come un unicum a livello nazionale

La Festa dell’Opera ogni anno trasforma il tessuto urbano cittadino in un teatro a cielo aperto, con oltre 50 eventi – tutti a partecipazione gratuita –centinaia di artisti e decine di luoghi pubblici e privati che, in un sol giorno, dall’alba alla mezzanotte, vengono travolti e trasformati dal fascino dell’Opera.

Un progetto, ideato e organizzato dalla Fondazione del Teatro Grande di Brescia, che ha la capacità di portare l’alto prestigio artistico del Massimo cittadino anche fuori dai luoghi tradizionalmente deputati allo svolgimento dello spettacolo dal vivo. La forte capacità attrattiva della Festa consente inoltre di avvicinare alla musica e all’Opera nuovo pubblico e di incoraggiare una maggiore partecipazione alla vita culturale e sociale del territorio. Per questi motivi Festa dell’Opera è stata insignita del prestigioso Premio Filippo Siebaneck nell’ambito dei Premi Franco Abbiati della critica musicale italiana e nel 2024 è stata riconosciuta dal Ministero della Cultura come uno dei “Progetti Speciali per gli anniversari pucciniani” della categoria Musica. Questa iniziativa si distingue anche per la capacità di unire la musica con la scoperta del patrimonio culturale, un binomio che richiama non solo la platea cittadina, ma anche quella turistica: i saloni affrescati dei palazzi storici della città si alterneranno agli spazi più spirituali delle chiese cittadine, cedendo il passo a cortili, terrazze, piazze, ma anche luoghi del sociale, parchi e stazioni della metropolitana che accoglierannoconcerti, recital di canto, spettacoli e incontri, aprendosi a volte al pubblico per la prima volta. La Festa entra nella quotidianità cittadina unendo spazi pubblici e storie private per rafforzare il senso di appartenenza a una unica comunità che costituisce l’eredità più autentica e preziosa di Bergamo Brescia 2023. Attraverso un ricco e articolato palinsesto –che si svilupperà anche nella giornata di anteprima di venerdì 7 giugno – la Festa dell’Opera offrirà agli spettatori una rinnovata occasione per scoprire Brescia da nuovi e inaspettati punti di vista. Il clima della Festa sarà ancora più sentito grazie alle numerose collaborazioni che di anno in anno si rinnovano e si rafforzano, coinvolgendo le attività economiche del territorio in azioni specifiche che toccano negozi, ristoranti, ma anche mezzi di trasporto della città per diffondere il clima della Festa su tutto il territorio. Da sempre sensibile alla sostenibilità ambientale, la Fondazione del Teatro Grande rinnova l’invito agli spettatori per raggiungere in bicicletta o con i mezzi pubblici gli eventi della Festa dell’Opera. La collaborazione con il Gruppo Brescia Mobilità porterà nelle stazioni cittadine della metropolitana di Brescia una filodiffusione di arie d’opera che si potrà ascoltare in tutte le stazioni della rete nei giorni 7 e 8 giugno. Con BiciBrescia sarà allestito in prossimità degli eventi della Festa un apposito spazio dove poter effettuare controllo gomme e manutenzione tecnica delle bici in caso di bisogno. In collaborazione con BiciBrescia, Brescia Mobilità e FIAB Brescia “Amici della Bici Brescia” verrà inoltre riproposto l’evento OPERA BIKE che proporrà un piacevole tour in bicicletta tra le vie della città in compagnia dei cantanti della Festa.

Un progetto, ideato e organizzato dalla Fondazione del Teatro Grande di Brescia, che ha la capacità di portare l’alto prestigio artistico Massimo cittadino anche fuori dai luoghi tradizionalmente deputati allo svolgimento dello spettacolo dal vivo.

La forte capacità attrattiva della Festa consente inoltre di avvicinare alla musica e all’Opera nuovo pubblico e di incoraggiare una maggiore partecipazione alla vita culturale e sociale del territorio.

Per questi motivi Festa dell’Opera è stata insignita del prestigioso Premio Filippo Siebaneck nell’ambito dei Premi Franco

Abbiati della critica musicale italiana e nel 2024 è stata riconosciuta dal Ministero della Cultura come uno dei “Progetti Speciali per gli anniversari pucciniani” della categoria Musica

Questa iniziativa si distingue anche per la capacità di unire la musica con la scoperta del patrimonio culturale, un binomio che richiama non solo la platea cittadina, ma anche quella turistica: i saloni affrescati dei palazzi storici della città si alterneranno agli spazi più spirituali delle chiese cittadine, cedendo il passo a cortili, terrazze, piazze, ma anche luoghi del sociale, parchi e stazioni della metropolitana che accoglieranno concerti, recital di canto, spettacoli e incontri, aprendosi a volte al pubblico per la prima volta.

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“Si rinnova e si amplia in termini di contenuti la collaborazione con il DUC (Distretto Urbano del Commercio). Circa 300 esercizi commerciali della città si trasformeranno in altrettanti OPERA POINT che venerdì 7 e sabato 8 giugno avranno a loro disposizione dei gadget personalizzati di Festa dell’Opera da omaggiare alla propria clientela, dando vita così a una vera e propria rete di attività connesse con il mondo dell’Opera in tutto il centro storico.

Il Distretto Urbano del Commercio collaborerà da quest’anno anche per il progetto CON L’OPERA SI MANGIA: insieme ad Ambasciatori dei Sapori e a Brescia nel Piatto verranno infatti coinvolti ristoranti, botteghe, caffé e punti di ristoro della città nella creazione di speciali menù, cocktail, dolci e pietanze dedicati all’Opera.

Sabato 8 giugno anche il Caffè del Teatro Grande –Berlucchi sarà aperto dalle ore 10.00 alle ore 20.00 negli spazi del Ridotto del Teatro Grande e, come da tradizione, esporrà la speciale bottiglia che ogni anno l’azienda Guido Berlucchi realizza in esclusiva per la Festa dell’Opera. Durante la giornata, i frequentatori del Caffè del Teatro Grande - Berlucchi avranno la possibilità di assistere agli ASSAGGI D’OPERA, cinque diversi interventi musicali (ore 10.30, 12.30, 16.45, 18.30, 19.15) che vedranno due pianiste alternarsi per accompagnare alcune giovani voci del Conservatorio Luca Marenzio di Brescia.

Con gli enti locali di promozione turistica, in particolare con Visit Brescia e l’Ufficio Turismo del Comune di Brescia, verranno realizzate azioni di comunicazione congiunte al fine di raggiungere e coinvolgere il turismo italiano e internazionale, con particolare attenzione al bacino turistico dei laghi bresciani e al turismo di prossimità. Il calore con cui la città accoglie ogni anno la Festa dell’Opera si evince anche dalla numerosa partecipazione di persone che, a titolo volontario, desiderano partecipare alla realizzazione di questo grande evento: la call lanciata nei giorni scorsi dall’Associazione Volontari per Brescia, che collabora con la Fondazione del Teatro Grande su questo fronte, registra grande partecipazione e proseguirà nella raccolta di adesioni fino al 22 maggio. Chiunque volesse affiancare lo staff della Fondazione nelle azioni di organizzazione e promozione dei singoli eventi, può compilare l’apposito form indicando la propria disponibilità sul sito dell’Associazione Volontari per Brescia”. Informazioni aggiornate sul programma (anche in caso di maltempo) saranno rese disponibili in tempo reale sul sito www.festadellopera.it

WE LOVE CASTELLO

DA MAGGIO A SETTEMBRE UN PALINSESTO DI EVENTI IMPERDIBILI NELLA MAGICA CORNICE DEL CASTELLO DI BRESCIA

Anche quest’anno il Castello di Brescia vivrà una stagione estiva densa di appuntamenti con un ricco calendario di proposte dal 23 maggio all’8 settembre. L’organizzazione sarà curata, ancora una volta, dalla compagine di We Love Castello (composta da Palcogiovani, Kitchen Events e 94 Investimenti) che, aggiudicandosi il bando pubblicato da Fondazione Brescia Musei, ha ricevuto l’incarico per l’organizzazione del palinsesto di eventi 2024 e 2025. Il programma di iniziative sarà anche quest’anno ricchissimo, grazie all’offerta complementare di eventi di We Love Castello - al quinto anno consecutivo in veste di promotore del cartellone estivo in Castello - e alle attività organizzate da Fondazione Brescia Musei d’intesa con il Comune di Brescia, per un’estate all’aria aperta con manifestazioni rivolte a giovani, famiglie e a tutti coloro che vogliano trascorrere ore di divertimento in una delle cornici – il Falco d’Italia – che nell’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della cultura 2023 più ha suscitato meraviglia fra le migliaia di turisti accorsi da tutto il mondo in città. Quella che inizierà il prossimo 23 maggio, dunque, sarà una nuova edizione che affonda radici solide nel successo delle precedenti, ma che vede anche tante importanti novità. La principale è certamente la destinazione a fini eventistici di uno dei luoghi più iconici e amati del Castello: la Fossa Viscontea. Grazie ai lavori di restauro e ristrutturazione del Grande Miglio portati a termine da Fondazione Brescia Musei e dal Comune di Brescia nel 2023, oggi la Fossa è di nuovo pronta a mettere a disposizione il suo ineguagliabile fascino per accogliere spettacoli e musica.

GLI EVENTI

Belvedere 030, il FoodTruck Village del Bastione di San Faustino (Piazzale della Locomotiva), sarà aperto dal 23 maggio all'8 settembre da lunedì a venerdì dalle 18 alle 24, sabato e domenica dalle 11 alle 24. La tradizionale turnazione continua di cucine a quattro ruote sarà ancora più varia e consentirà un menu sempre originale e diversificato, accompagnato dall'immancabile e apprezzata selezione di birre artigianali affiancate alle tradizionali bevande. Saranno inoltre organizzati eventi enogastronomici per valorizzare i piccoli produttori e le eccellenze locali e nazionali, nonchè uno spazio dove sarà possibile realizzare piccoli eventi privati e altre sorprese. La novità di quest’anno, come detto, è la nuova disposizione delle aree eventi di We Love Castello, che lo scorso anno ha visto destinati agli spettacoli i soli spazi del Bastione San Marco. Quest'anno il main stage del Bastione sarà allestito solamente per i grandi festival, mentre gli eventi quotidiani saranno realizzati nel nuovo spazio polifunzionale creato nella Fossa Viscontea. L’utilizzo della Fossa per concerti o serate di intrattenimento consentirà di non generare emissioni sonore che sforino i livelli di zonizzazione acustica minima.

Il lavoro relativo all'area eventi è stato svolto in partnership con Sinapsi, cooperativa bresciana che dal 2021 collabora e investe nell'attività eventistica di We Love Castello. Inoltre, anche quest’anno è stata confermata la sinergia con le associazioni universitarie per il Parallel Festival, che quest'anno ospiterà due delle novità più affascinanti della musica indie italiana: Assurditè e i bresciani Barkee bay, oltre al Dj Set di Estremo, anche lui bresciano e noto produttore di Madame, Marco Mengoni e molti altri. Grazie a Palcogiovani tornerà in Castello anche Link – Students Connection, la festa degli studenti, evento finale del progetto Babilonia, che coinvolgerà diverse realtà giovanili in un percorso di formazione e consapevolezza nella produzione di eventi che metta i ragazzi fin da giovanissimi a contatto con tutto quello che serve per organizzare un evento in modo corretto. Sul palco Diss Gacha e Finesse, artisti di primo piano dell'Hip Hop italiano. Nel cartellone eventi verrà ospitato ancora BS COS COM, Festival del Cosplay che vedrà la partecipazione di Giorgio Vanni e Cristina d'Avena. La collaborazione con l'Associazione Festa della Musica è stata ampliata e valorizzata con l'introduzione di 4Quarti, storico evento che vedrà sul palco oltre 80 musicisti, e con la ri-edizione del palco elettronico tra le mura del Castello. Anche Soleil tornerà nuovamente sul Cidneo per due eventi che, grazie alla nuova partnership con This is World, porterà in Castello due grandi Dj e producer della scena internazionale: il londinese Joshwa e il messicano Andruss, icone dell'elettronica e protagonisti di importanti festival internazionali come El Row. Novità assoluta del 2024 è la partnership con Fever Entertainment per la realizzazione di

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quattro tappe estive di Candle Light, i concerti a lume di candela che fanno emozionare ormai tutto il mondo. Con Latteria Molloy arriva una nuova rassegna musicale che porterà a Brescia tre importantissimi DJ set. Tornerà anche Silent Party, l'unica festa a zero emissioni acustiche, e dal 5 giugno tornerà stabilmente il mercoledì firmato Waikiki, la serata più fresca della città, che ha riportato in castello centinaia di ragazze e ragazzi che possono fruire qui di un polo di aggregazione sicuro e libero. Altri eventi sono già fissati, ma ancora non annunciabili per questioni contrattuali con gli artisti, e altri ancora sono fase in progettazione, coinvolgendo anche altre piccole e grandi realtà di Brescia. Di certo si finirà in bellezza con la terza edizione di Epicentro Music Festival, organizzato con Cipiesse nell'ambito del quale sono già stati annunciati Rose Villain e Dargen D'Amico.

Molti anche gli appuntamenti organizzati da Fondazione Brescia Musei rivolti ai molti pubblici che amano frequentare gli spazi verdi del Castello: un articolato palinsesto di attività ludico didattiche per bambini, famiglie e adulti, per un cartellone di proposte, alcune realizzate in collaborazione con l’Associazione Amici del Cidneo ONLUS, che da giugno a settembre offrirà l’occasione per tornare e ritornare in uno dei luoghi del cuore della città. Non mancheranno laboratori per sperimentare diverse tecniche artistiche o fantasticare di mondi misteriosi e fatati e dar vita a giardini segreti in cui rifugiarsi; percorsi speciali, anche sul far della sera, per scoprire gli spazi verdi del Parco urbano e la Storia che si cela tra le mura della fortezza; visite guidate che, passeggiando tra i capolavori del Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia e del Museo delle Armi Luigi Marzoli, avvicineranno il pubblico alle ricche collezioni qui custodite e raccontate; l’occasione di vivere straordinarie digital experiences con gli ArtGlass per un viaggio nel passato o un tuffo nel mondo medioevale accompagnati da Geronimo Stilton, e l’attesissimo Summer camp che dal 10 giugno al 6 settembre torna anche in Castello dando la possibilità, attraverso due format dedicati ai bambini e bambine dai 6 agli 11 anni, di immergersi nella suggestiva magia di questo spazio. Da luglio, infine, Fondazione Brescia Musei aggiungerà un nuovo tassello alla proposta culturale per i bresciani e visitatori del colle Cidneo, con l’inaugurazione del nuovo percorso espositivo dedicato all’artista bresciano Giuseppe Bergomi, a cui verrà dedicata una completa e aggiornata monografia negli spazi del rinnovato Grande Miglio e che si completerà nei chiostri del Museo di Santa Giulia. Una stagione sostenuta con orgoglio anche da BTL – Banca del Territorio Lombardo, principale partner del progetto We Love Castello 2024, che ha visto in esso un progetto che ha conquistato il cuore dei bresciani, che valorizza il castello avendo come obiettivo un fine benefico, dinamiche assolutamente coerenti con la mission della banca che vuole essere banca del territorio bresciano.

WE LOVE CASTELLO

1000 MIGLIA BY MAILANDER

DAL 17 MAGGIO IN MOSTRA LE FOTO CONSERVATE DAL REVS INSTITUTE IN FLORIDA

L’ESPOSIZIONE RIUNISCE UNA SELEZIONE DI SCATTI REALIZZATI DA RODOLFO MAILANDER, GRANDE FOTOGRAFO DEGLI ANNI ’50 DELL’AUTOMOBILE. SI TRATTA DEL PRIMO FRUTTO DI UN SODALIZIO TRA LA FONDAZIONE GINO MACALUSO PER L’AUTO STORICA E I 4 PRINCIPALI POLI MUSEALI DELL’AUTO IN ITALIA: MUSEO NAZIONALE DELL’AUTOMOBILE DI TORINO, MUSEO MILLE MIGLIA DI BRESCIA, MUSEO NICOLIS DI VILLAFRANCA DI VERONA E MUSEO FRATELLI COZZI DI LEGNANO

La Ferrari 340 America Spider Fontana della Scuderia Marzotto, condotta da Gianfranco Commoti e Oreste Ronchi, alla partenza del 1952

Courtesy of Revs Institute, Rodolfo Mailander Photograph Collection

Un’avvincente narrazione ambientata nell’Italia postbellica, quando una competizione automobilistica divenne un vero e proprio fenomeno culturale: questa è 1000 Miglia by Mailander, l’inedita mostra che racchiude alcuni dei più significativi scatti realizzati da Rodolfo Mailander, fotoreporter e poi responsabile delle relazioni internazionali per FIAT. A 100 anni dalla sua nascita, l’esposizione racconta il trait d’union tra cultura, società e mondo automobilistico, offrendo ai visitatori uno spaccato di un Paese unito dalla passione per le corse. Aperta al pubblico dal 17 maggio 2024, la mostra propone un viaggio a tappe in pieno stile 1000 Miglia, coinvolgendo quattro dei principali poli museali dell’auto in Italia - Museo Mille Miglia di Brescia, Museo Nicolis di Villafranca di Verona, Museo Fratelli Cozzi di Legnano e, a partire dal 6 giugno 2024, Museo Nazionale dell’Automobile di Torino – e la Fondazione Gino Macaluso per l’Auto Storica in un unico progetto.

1000 MIGLIA BY MAILANDER

Primo frutto di questo sodalizio inedito, l’esposizione offrirà in ciascun museo una selezione di immagini che Rodolfo “Rudy” Mailander ha realizzato con la sua Leica alla “corsa più bella al mondo”. Scatti di assoluto pregio, eccezionalmente concessi dal prestigioso Revs Institute in Florida, per dar vita ad uno spaccato storico e culturale di cui la 1000 Miglia è al contempo protagonista e contesto.

“Questa mostra rappresenta un'iniziativa di grande pregio e valore culturale”, ha dichiarato Vincenzo Leanza, direttore di ACI Storico. “È davvero meritevole questa sinergia tra quattro grandi musei e la Fondazione Macaluso, che supera i confini geografici mettendo a terra un progetto comune di promozione e valorizzazione della storia dell'automobile. Una proposta, realizzata da cinque donne dell’automobile, in piena sintonia con i valori che ACI e ACI Storico intendono portare avanti”. Un’esposizione inedita di cui i visitatori potranno ammirare una parte in ciascuno dei 4 poli museali: al Mille Miglia, Nicolis e Fratelli Cozzi fino al 13 ottobre, mentre al MAUTO fino al 29 settembre. “Quando ho saputo di questa iniziativa straordinaria, non ho esitato un istante a sostenerla”, ha spiegato Nataša Grom Jerina, presidente della commissione Cultura e Gioventù di FIVA. “Le fotografie di Mailander ci trasportano in un viaggio unico nel mondo delle corse automobilistiche, catturando non solo l'essenza delle auto, ma anche delle persone che le rendono vive. È un vero privilegio essere parte di questa esposizione, che rappresenta un legame tangibile tra la cultura generale e il mondo affascinante dell'automobilismo. Ringrazio di cuore il team e i musei automobilistici italiani per aver reso possibile questo evento straordinario".

1000 Miglia by Mailander. Fotografie dal 1951 al 1954

Quelli in mostra sono gli scatti che “Rudy” Mailander ha realizzato dal 1951 al 1954 alla 1000 Miglia, competizione che ha rivestito un ruolo chiave non solo nello sviluppo dell’industria automobilistica e nel motorsport, ma anche nella definizione dell’identità italiana nel dopoguerra. L’obiettivo della Leica di Mailander diventa così una finestra su un passaggio cruciale della storia dell’Italia, permettendoci di rivivere la rinascita delle grandi ambizioni di una nazione, attraverso quella che aveva smesso di essere una semplice corsa di auto. La sua maestria e il suo occhio, che ricordano quelli di un direttore della fotografia alle prese con inquadrature cinematografiche, hanno dato vita ad un reportage di immagini che evocano il cinema del Neorealismo: le figure eroiche dei piloti vengono immortalate in momenti conviviali, intimi, fuori dalla tensione della gara; intorno a loro, la folla diventa parte integrante della scena, persone comuni come attori nel “dramma” della gara. Ma a differenza del Neorealismo, lo sguardo è leggero: nelle foto vediamo una società unita dalla passione per le corse, la rinascita delle auto sportive italiane, la partecipazione alla gara del regista Roberto Rossellini e di videomaker hollywoodiani, i Marzotto, il cui stile giovane ed elegante soppianta le tute polverose preferite dalla generazione prebellica. Passeggiando tra gli scatti in esposizione al Museo Mille Miglia, osserviamo la carrozzeria delle auto da corsa, firmata dai grandi designer e dagli artisti, diventare meno utilitaristica e più elegante. Assistiamo a una gara che cresce in popolarità, con un sempre maggiore numero di piloti, celebrità e giornalisti stranieri; il carattere puramente italiano dell'evento, che prende il via nello splendido contesto offerto da Piazza Vittoria di Brescia, lascia il posto a sempre più partecipanti internazionali.

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Heinz-Ulrich "Uli" Wieselmann (a sinistra), in gara con una Porsche 356, e Huschke von Hanstein leggono la lista degli iscritti del 1952 Courtesy of Revs Institute, Rodolfo Mailander Photograph Collection Il banco delle verifiche alla 1000 Miglia nel 1951 Courtesy of Revs Institute, Rodolfo Mailander Photograph Collection

Protagoniste della selezione di immagini esposte al Museo Nazionale dell’Automobile (MAUTO) sono le grandi personalità del mondo automobilistico ritratte alla 1000 Miglia da Rudy: piloti, team manager, ingegneri, giornalisti, tecnici. Enzo Ferrari, Juan Ma l Fangio, Stirling Moss, Alberto Ascari, la pilota Gilberte Thirion sono solo alcuni dei volti immortalati nei tanti momenti della gara, sia durante la competizione, che nel dietro le quinte. Al Museo Nicolis il focus si stringe sui fratelli Marzotto: figli di una famiglia di industriali di Valdagno, parteciparono spesso alla 1000 Miglia negli anni '50, quasi sempre su Ferrari. Nel 1953, Giannino Marzotto vinse per la seconda volta nella sua vita la corsa, con una Ferrari 340 MM. La Marzotto produceva filati e vestiti, peculiarità che permise ai fratelli di distinguersi in gara anche per lo stile: la loro eleganza moderna annunciava un’era di esuberanza e ottimismo. È l'Alfa Romeo, invece, la protagonista delle fotografie al Museo Fratelli Cozzi. Nel 1952 e 1953, quando l’Alfa si ritira dalla Formula 1, il suo pilota di punta Juan Manuel Fangio passa alle gare su strada e diventa protagonista della 1000 Miglia. In questi anni, la casa di Arese si posiziona spesso ai primi 10 posti: ma è soprattutto la bellezza delle vetture ad attrarre l’obiettivo di Rudy.

Rodolfo “Rudy” Mailander

La vita di Rodolfo Mailander (1923-2008) è tutta segnata dalla passione per le automobili. Inizia a fotografarle a soli 18 anni e già nel dopoguerra è l’inviato di importanti riviste automobilistiche, tra cui le prestigiose Automobil Revue e Auto Motor und Sport. Dal 1950 al 1955, Mailander utilizza la sua Leica per catturare con straordinaria chiarezza la rinascita delle corse in Europa. La padronanza delle lingue, la competenza tecnica e la conoscenza diretta dei protagonisti dell’epoca lo portano quindi a Stoccarda alla Daimler-Benz (Mercedes), come direttore delle relazioni esterne e dell’ufficio stampa. Nel 1960, si trasferisce a Torino per assumere il ruolo di direttore delle relazioni internazionali in Fiat; qui lavorerà per quasi 30 anni, dei quali buona parte come direttore di Presidenza a fianco dell’Avvocato Giovanni Agnelli e del Dottor Umberto Agnelli.

Il Revs Istitute

Il Revs Institute è una risorsa globale senza scopo di lucro per la comunità di studiosi di auto storiche. La sua missione è preservare l’automobile come lascito tangibile e come lente per comprendere il passato. L’istituto è noto per il suo museo a Naples, in Florida, dove sono esposte le oltre 100 auto delle Miles Collier Collections. Nella sua sede è custodito inoltre l’archivio con documenti originali e oltre 2 milioni di fotografie, una biblioteca con oltre 26.000 libri e 200.000 periodici legati alla storia dell'automobile, una struttura didattica per il programma di formazione continua RevsEd e un'officina che mantiene funzionante ogni vettura del museo.

L’Ente custodisce anche la Rodolfo Mailander Photograph Collection, di cui ha digitalizzato i 30.869 negativi di Mailander, mettendo a disposizione tutte le immagini online nella propria Biblioteca Digitale.ne Ginaluso per l’Auto Storica Francesco Borello – 011 5527322 – 327 6632248 – f.borello@mailander.it

Alberto Ascari alla partenza nel 1954: quell'anno vinse su una Lancia D24 Spider Pinin Farina, interrompendo la serie di sei vittorie della Ferrari Courtesy of Revs Institute, Rodolfo Mailander Photograph Collection Juan Manuel Fangio, pilota di punta della Alfa Romeo, entra nella sua 1900, appena presentata, 1952 - Courtesy of Revs Institute, Rodolfo Mailander Photograph Collection

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TUTTI A VOTARE

Tra pochi giorni andremo a votare sia per elezioni locali, sia per le europee e, come sempre accade poco prima del momento cruciale, la Magistratura non trova meglio che creare della confusione tra gli elettori, non certo tra quelli schierati e che fanno politica, che tutto sanno e tutto vedono, ma verso quel gran numero di elettori indecisi tra il non andare a votare e chi votare.

Il terzo polo ormai divenuto quarto o quinto, si schiera con chi può dare di più e salva il presidente della Regione Puglia da un atto politico di sfiducia al suo governo ormai monco ed in odore di mafia (si dice). Assessori dimessi e nuovo reimpasto…vedremo chi saranno i sostituti, e poi si parla di voto di scambio…. Acca nissuno è fesso, poremmo dire.

In liguria il presidente è agli arresti domiciliari dopo 4 anni di inchieste e negli ultimi due serratamente… Piaceri, soldi e donnine in cambio di voti, come prima più di prima…. Anche qui: dov’è il fesso che pensava che mani pulite avesse risolto tutto? Nessuno ci ha mai creduto e nessuno ci crede, partendo dall’allora presidente Cossiga che non si fidava di Di Pietro, dei suoi pard e del suo capo.

Si è vista la unidirezionalità delle indagini, gli arresti, i suicidi, ma soprattutto le grandi assoluzioni a posteriori… Certo ora rivangare Craxi e gli altri sarebbe troppo, ma la stampa è sempre la stessa. Dio mio, Dio mio, perchè non dobbiamo mai imparerare dalla storia? Dal Panzeri a Bruxelles a tutti gli altri? Facciamola finita con il credere che tutti siano puri, tutti siamo uguali, un amico è un amico, i voti si cercano e come facevano per il Senato romano, si comprano.

POLITICANDO

Ora desidereremmo che Israele facesse un passo indietro in Palestina, ma perché abbiamo permesso che Hamas arrivasse a tanto?

Domande e ancora domande senza risposta, forse perché la risposta a ciò è talmente facile e scontata.... Però cozzando contro gli interessi generali, si è accettato Hamas, l’Iran, il Qatar e avanti così ed ora si lascia ad Isralele il compito di ditruggere Hamas (improbabile ma necessario) e la guerra è dura e fa tanti morti innocenti. Il premier israeliano vuole essere colui che vince la seconda guerra dei 6 giorni, che però durerà un anno....

La politica non esiste quasi più, solo interessi, solo demagogia, solo partenariato e web informazione, cioè disinformazione.

Però ciò deve avvenire nel massimo della legalità, senza recludere nessuno prima di una sentenza, a meno che vi sia la possibilità di reiterazione del reato.

Garantista come sempre, innocente si è sino a sentenza.

Che la Magistratura compia il suo corso, si facciano le indagini necessarie, che gli avvisi di garanzia arrivino perchè il sospettato possa difendersi, ma una moratoria sino al 10 giugno, a mio modesto parere era dovuta per entrambi i casi citati.

Però ora siamo davanti ad una scelta epocale: Europa nuova o vecchia, con le distorsioni dal progetto dei Padri Fondatori del 1957 che firmarono il trattato a Roma, oppure una nuova Europa che rivoluzioni tutto mettendo i cittadini al centro dell’interesse generale e non solo la burocrazia o gli interessi delle grandi imprese?

La sinistra cosa ci ha dato sino ad ora? La destra centro o centro destra internazionale cosa potrebbe darci? Queste sono le domande che dobbiamo porci, importantissima la risposta a ciò. Siamo tutti Israeliani o tutti Palestinesi? Solo ora approviamo la presenza all’Onu della Palestina come stato, perché non prima?

Come nelle nostre città, Bergamo e Brescia. Chi ha governato negli ultimi 10 anni ha fatto cose importanti, dopo il patto di stabilità che non ci faceva spendere nemmeno un centesimo anche se avevamo milioni in cassa, abbiamo poi potuto spendere e fare debiti amministrativi e allora tante belle cose sono state fatta: grazie di cuore, era tutto necessario e dovuto. Però ci sono le storture, per entrambe le città, il traffico, la sicurezza, la mancanza di progettualità della vita quotidiana…. Certo le grandi opere e le opere necessarie vanno fatte, ma devono essere modulate in modo corretto. I ghetti che esistono nelle nostre città lo dimostrano: attenzione ai sobborghi alla francesse ed ai centri cittadini modello Zoo di Berlino. Attenzione alla denigrazione delle forze dell’ordine, attenzione all’ospitalità gettonata... Insomma la sinistra sarà capace di rivedere gli sbagli? O almeno la sottovalutazione di questi fenomeni?

Forse è meglio un ricambio democratico con chi ha una visione diversa ed un approccio meno lassista e morbido, sempre nell’applicazione delle leggi, che ci sono ma sono disattese?

Ecco questo è il vero e reale quesito che l’elettore si pone: siamo il paese dei balocchi o possiamo diventare una realtà diversa con una migliore qualità della vita e una maggiore sicurezza?

L’8 e il 9 giugno siamo chiamati a votare, vedo tante facce di gente meritevole che si è avvicinata alla politica ben vengano...

Ma i voti sono solo quelli che vengono scritti sulle schede elettorali, si contano e si apprezzano nelle loro differenze, tra le promesse di voto e le intenzioni e poi il voto vero. La politica è sempre la solita, il voto si prende porta a porta, da amico ad amico, da colui che c’è e tra colui che non cè. Vinca il migliore si voti il migliore, ma si vada a votare, tutti quanti, nell’interesse della democrazia e della libertò di pensiero. Io andrò, la mia famiglia anche. Ne stiamo già parlando in casa… Facciamo tutti la stessa cosa.

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MONTINA UN REBRANDING FATTO AD ARTE

Grosse novità per l’azienda Franciacortina...

“È un’evoluzione naturale - ci ha raccontato Michele Bozza presidente dell’azieda. Non certo una rivoluzione, parola quest’ultima che male si collega al lavoro in vigna. Si tratta in ogni caso di un cambiamento importante, quello che abbiamo deciso di realizzare. E lo facciamo a partire proprio dal nome della nostra azienda, che dal 5 aprile scorso è diventato “Montina”. Un passaggio accompagnato dal restyling - come si dice in gergo - del marchio e delle etichette”.

Come mai questa svolta?

“Il cambio del nome è la conseguenza naturale di un processo che dura da parecchio tempo. In cantina tutti ci riferivamo a “Montina”, senza l’articolo.

Montina srl Via Baiana, 17

Monticelli Brusati (BS) Telefono: +39 030 653278 montinafranciacorta.it

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La Nuova bottiglia Montina Franciacorta Brut Michele Bozza

Le nuove etichette Montina hanno tonalità più morbide, terrose, materiche. Abbiamo cercato tinte eleganti, in grado di trasferire il carattere dei vini che designano. Un nuovo abito sartoriale per prodotti che hanno una precisa identità. Nel far questo, abbiamo trovato una felice sintonia col lavoro di un’artista e designer torinese, Marzia Boaglio, e in particolare con i suoi tessuti, dalle cromie così vicine ai colori della natura.

Il suo atelier ha acceso la fiamma dell’ispirazione della nuova collezione, grazie alla sua capacità di coniugare l’innovazione del design con la tradizione del saper fare, propria dell’artigianato locale. Fonti primarie per l’ideazione delle nuove etichette sono stati tessuti d’arredo, carte da parati, trame e colori utilizzati per realizzare mobili e decorare superfici. Intarsi e materiali che prendono vita attraverso il talento trasmesso dalle mani di chi li plasma.

Un modo più diretto, semplice e anche affettuoso per parlare dei nostri vini, quindi di noi stessi. Abbiamo scelto di evocare - anche e soprattutto a partire dal nostro marchio - i valori che ci guidano: la semplicità, la nettezza, la vicinanza, l’autenticità. E il rispetto, un altro grande pilastro del nostro lavoro”.

Cosa intende per “rispetto”?

“Il rispetto della terra, dei saperi ereditati dalle generazioni che ci hanno preceduto… Sono dimensioni che si integrano perfettamente con l’evoluzione, la ricerca, il nostro lavoro di ogni giorno. È così che si migliora, collegando tradizione e modernità. Di questo sono certo. Amiamo la tradizione in maniera non banalmente nominalistica. Prendiamo le cose buone che abbiamo acquisito dal passato, per farle evolvere, nella volontà di continuare a migliorare”.

Insieme al nome cambiano il marchio e le etichette…

“Abbiamo dato più evidenza alla tiara papale, il nostro segno di riconoscimento, un simbolo che è di casa. È un omaggio alla nostra storia, alla nostra famiglia. Per le etichette abbiamo scelto tonalità più morbide, terrose, materiche. Abbiamo cercato tinte eleganti, in grado di trasferire il carattere dei vini che designano. Un nuovo abito sartoriale per vini che lo sono già. In ciò abbiamo trovato un collegamento ispirante col lavoro della “Story Art Designer” Marzia Boaglio, artista torinese, che attraverso le sue creazioni Meta-Futuriste racconta l’armonia della natura, dalla tela, ai tessuti, al legno, al marmo”.

Altre novità?

“Altre novità sono in arrivo, sì - ci ha svelato Michele Bozza - ma per queste occorre un po’ di pazienza. Del resto, per assaggiare un Franciacorta fatto a regola d’arte occorre aspettare anni di affinamento…”.

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LA MOSTRA DI ANDRÈ CHE ISSE ALLA MONTINA Fino al 10 giugno

Da sempre Montina unisce la passione per la viticoltura a quella per l’arte organizzando mostre e performace artistiche. La più recente è dedicata ad André Che Isse, noto per le sue creazioni uniche che mescolano plasticità, geometria e materia, e si ispirano alla bellezza e alla simbologia della natura, in particolare al fiore di loto Nelumbo Nucifera, per dare vita a opere che raccontano la complessità dell’esistenza umana. André Che Isse ha sviluppato una tecnica innovativa, utilizzando corde cucite su tela, per esprimere la sua visione artistica attraverso la danza e la geometria dei movimenti corporei. Questo filo d’Arianna diventa il suo strumento per tessere insieme la sua danza alla tela, rappresentando la plasticità come gesto oracolare e la geometria come costruzione primordiale del mondo. La mostra personale dell’artista presso la Montina è un esempio di come l’arte e l’azienda possano collaborare per promuovere la cultura e innovare nel mondo del design.

André Che Isse si presenta come un artista radicato nella realtà, che trae ispirazione dal contesto circostante per creare opere ricche di significato e bellezza. Come il fiore di loto Nelumbo Nucifera, che affonda le radici nel fango per sbocciare in superficie con la sua bellezza, così anche l’arte di André emerge dalla vita quotidiana per trasformarsi in forme artistiche poliedriche.La sua ricerca artistica riflette la ricerca interiore e la connessione con la natura e la società, offrendo agli osservatori un’esperienza sensoriale e concettuale unica. La collaborazione con aziende come Montina evidenzia l’importanza di unire creatività e innovazione per creare prodotti che vanno oltre la semplice funzionalità, trasformandoli in vere opere d’arte.

DONI
DÈI NESSUNO PUÒ
DEGLI
SCEGLIERSELI”.

OPERA E BALLETTO 2004

L’OPERA E IL BALLETTO SARANNO ANCORA UNA VOLTA PROTAGONISTI DELLA TRADIZIONALE STAGIONE CHE OGNI ANNO PORTA A TEATRO MIGLIAIA DI SPETTATORI NEL PERIODO AUTUNNALE ATTRAVERSO LA MESSA IN SCENA DI TITOLI MAI RAPPRESENTATI O ASSENTI DA MOLTI ANNI DAL PALCOSCENICO DEL TEATRO GRANDE

La Stagione Opera e Balletto 2024 beneficerà del prezioso sostegno di Intesa Sanpaolo che ancora una voltasupporterà la Stagione in qualità di Partner Istituzionale. L’apertura della Stagione Opera e Balletto 2024 si terrà il 27 settembre alle 20.00 e il 29 settembre alle 15.30 (con Anteprima giovani il 25 settembre) e sarà dedicata a uno dei massimi capolavori di Vincenzo Bellini, I Capuleti e i Montecchi, da dodici anni assente dalle tavole del Teatro Grande. Tratto dalla tragediashakespeariana, il titolo riscosse immediatamente un grande successo e venne programmato nei maggiori teatri italiani, non soffrendo praticamente mai, a differenza di altre opere, di periodi di scarsa programmazione. Composta in poco meno di due mesi, I Capuleti e i Montecchi nasce dall’ennesimo incontro tra Vincenzo Bellini e il librettista Felice Romani. Rielaborando un testo nato pochi anni prima per il Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj, Bellini riserva la parte di Romeo a una voce di mezzosoprano, ricalcando una tradizione di ruoli en travesti ormai quasi in disuso per l’epoca, ma ancora fortemente presente nei teatri italiani. A vestirne i panni sarà il mezzosoprano Annalisa Stroppa, assidua frequentatrice del ruolo di Romeoe spesso protagonista dei palcoscenici europei.

Andrea Cigni Andrea De Rosa
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Annalisa Stroppa

Per la Stroppa sarà un attesissimo debutto, la prima volta da interprete di un’opera sul palcoscenico del Teatro Grande. A interpretare Giulietta sarà invece la voce di Caterina Sala, giovane soprano lirico leggero ormai presente nei maggiori festival dedicati al belcanto. La parte di Tebaldo sarà invece cantata da Matteo Falcier, già presente in passato nelle produzioni di OperaLombardia e solido punto di riferimento per il registro di tenore lirico leggero. Il cast artistico si completerà con Matteo Guerzé nel ruolo di Lorenzo e Baopeng Wang nel ruolo di Capellio. A dirigere è stato chiamato il Maestro Sebastiano Rolli, bacchetta da anni presente nei maggiori teatri italiani ed esperto del repertorio belcantistico avendo ormai già affrontato quasi tutte le maggiori opere belliniane e donizettiane. La regia di questo nuovo spettacolo porterà la firma di Andrea De Rosa, uno dei più apprezzati registi italiani.

Assiduo frequentatore del teatro novecentesco, il regista napoletano getterà il suo sguardo sulla tragedia shakespeariana da fine interprete anche di spettacoli di prosa. Lo spettacolo si completerà con le scene di Daniele Spanò, i costumi di Ilaria Ariemme e con le luci di Pasquale Mari. La coproduzione coinvolgerà, oltre ai Teatri di OperaLombardia, anche la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia. A chiudere idealmente il centenario pucciniano si inserisce nel cartellone 2024 il titolo La Bohème del maestro lucchese che al Teatro Grande non si rappresenta da nove anni. In scena venerdì 11 ottobre alle ore 20.00 e domenica 13 ottobre alle ore 15.30, la nuova produzione - il cui cast è ancora in via di definizione - ospiterà alcuni vincitori del concorso internazionale As.Li.Co. 2024 come Do Yeon Kim (Musetta), Junhyeok Park (Marcello), Gabriele Valsecchi (Colline), Matteo Torcaso (Benoît). Una produzione di stampo prevalentemente giovane nei cantanti, ma anche nei principali ruoli direttivi. Ne è un esempio la direzione della parte musicale affidata al giovane Riccardo Bisatti - già protagonista del Don Giovanni e cresciuto nel circuito di OperaLombardia anche attraverso la direzione di spettacoli dedicati ai bambini - che si sta rivelando una delle giovani bacchette più talentuose d’Italia. L’allestimento - in collaborazione con i Teatri di OperaLombardia, con la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e con il Teatro Regio di Parma – sarà affidato al vincitore del Concorso promosso da OperaLombardia per il miglior progetto registico under35, lanciato con successo nel 2022 e giunto alla sua seconda edizione.

Sono stati ben 58 i progetti candidati da teamcreativi under 35, prevalentemente di nazionalità italiana, ma hanno partecipato anche artisti dalla Polonia, Spagna, Germania, Bulgaria, Malta, Romania e Irlanda, presentando una relazione su progetto di regia e allestimento scenico, bozzetti delle scene e figurini dei costumi. La Commissione ha dichiarato vincitore il team La scatola dei ricordi composto dalla regista e costumista Maria Luisa Bafunno, dalla scenografa Eleonora Peronetti, dal coreografo Emanuele Rosa e dal lighting designer Gianni Bertoli.Sabato 19 ottobre alle 20.00 e domenica 20 ottobre alle 15.30 il palcoscenico del Teatro Grande ospiterà il Вalletto dell'Opera Nazionale dell'Ucraina, una delle più note compagnie europee, per una doppia recita di Giselle, celebre capolavoro sulle musiche di Adolphe Adam. Ancora oggi Giselle è uno dei balletti più amati in tutto il mondo e appartiene alle opere che sono diventate un simbolo del romanticismo: contraddizioni tra sogno e realtà, illusioni perdute, tristezza nostalgica per un ideale, confluiscono nel tema principale del racconto, ovvero l'amore profondo e sacrificale, quello onnipotente che vince anche la morte. Lo spettacolo vedrà le storiche coreografie di Jules Perrot, Jean Coralli, Marius Petipa riprese dal coreografo Konstantin Sergeev, scene e costumi di Tatiana Bruni.

Mario Martone

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Giovedì 21 e sabato 23 novembre alle 15.30 andrà in scena Andrea Chénier, opera lirica in quattro quadri di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica, assente da venti anni dal palcoscenico bresciano. Una coproduzione che ancora una volta si estende oltre i confini lombardi, aprendosi ai teatri di Pisa - capofila dello spettacolo - Rovigo e Lucca, oltre ai teatri di OperaLombardia. A interpretare i protagonisti saranno alcune note conoscenze del circuito lombardo, come Angelo Villari (Andrea Chénier), Angelo Veccia (Carlo Gérard), Maria Teresa Leva e Federica Vitali (Maddalena di Coigny), diretti dalla bacchetta del Maestro Francesco Pasqualetti. La regia sarà affidata ad Andrea Cigni, più volte protagonista nelle Stagioni lombarde e autore di molti spettacoli di successo degli ultimi anni, tra cui Tosca (2018) e La Fanciulla del West (2021). Le scene porteranno la firma di Dario Gessati, i costumi di Tommaso Lagattolla e le luci di Fiammetta Baldiserri. La Stagione si chiuderà infine con il Così fan tutte di W.A. Mozart, venerdì 6 e domenica 8 dicembre. Dopo Don Giovanni della Stagione 2022 continua la proposta del trittico Mozart-Da Ponte negli storici allestimenti di Mario Martone, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Vera Marzot e le luci di Pasquale Mari riprese da Gianni Bertoli. L’opera, ripresa da Raffaele Di Florio, tornerà a Brescia dopo otto anni di assenza e verrà diretta dal Maestro Federico Maria Sardelli, esperto direttore del repertorio barocco e del primo neoclassicismo. Verrà proposta quindi una versione storicamente informata del grande capolavoro mozartiano, interpretata dai vincitori del Concorso As.Li.Co. 2024, giovani voci quali Katarina Radovanovic nei panni di Fiordiligi, Mara Gaudenzi come Dorabella e i baritoni Davide Peroni e Matteo Torcaso rispettivamente Guglielmo e Don Alfonso.

Tutti i titoli d’opera della Stagione autunnale accoglieranno nel golfo mistico l’Orchestra I Pomeriggi Musicali e sul palcoscenico il Coro di OperaLombardia diretto dai Maestri Massimo Fiocchi Malaspina e Diego Maccagnola. Il Teatro Grande è infatti partner del circuito OperaLombardia che costituisce un modello unico a livello nazionale di coproduzione e circuitazione di opere liriche e promuove la diffusione, la valorizzazione e la circuitazione delle opere della tradizione operistica sul territorio regionale. Il progetto - sostenuto da Regione Lombardia e da Fondazione Cariplo – coinvolge i cinque Teatri di Tradizione lombardi (il Teatro Grande di Brescia, il Teatro Sociale di Como, il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Donizetti di Bergamo e il Teatro Fraschini di Pavia) e ha come partner l’Orchestra I Pomeriggi Musicali e il Teatro alla Scala. A corollario della Stagione, si confermano le iniziative volte alla formazione e fidelizzazione del pubblico: il ciclo di conferenze Pazzi per l’Opera con i melomani che raccontano le trame d’Opera e ne tratteggiano caratteristiche ed elementi distintivi, In diretta dalla Scala che offrirà gratuitamente la trasmissione in streaming della prima del 7 dicembre e Alla Scala con il Grande, grazie al quale gli abbonati della Stagione Opera e Balletto del Teatro Grande potranno assistere a prezzi agevolati ad alcuni spettacoli del Teatro scaligero. Per tutti i titoli della Stagione Opera e Balletto sarà inoltre attivo il progetto di accessibilità OPEN che ha l’obiettivo di costruire un dialogo e favorire la partecipazione delle persone cieche e sorde del territorio. Da quest’anno il progetto intende toccare anche l’ambito delle disabilità cognitive per un continuo incremento delle pratiche di inclusione. Nell’ambito della Stagione Opera e Balletto OPEN renderà accessibili tutti i titoli della programmazione autunnale attraverso l’utilizzo dei sovratitoli, la realizzazione di audiodescrizioni per i non vedenti e l’attivazione del sistema di ascolto assistito per ipoudenti Mobile Connect di Sennheiser che sarà presente in sala e fruibile da smartphone. Per migliorare la comprensione dello spettacolo, verranno inoltre realizzati video in LIS e tavole tattili che verranno utilizzati anche durante i percorsi multisensoriali dedicati a ogni titolo: ciechi e sordi che si iscriveranno al progetto OPEN verranno infatti invitati a partecipare a speciali percorsi in backstage durante i quali alcune maestranze descriveranno e faranno toccare scene, costumi e attrezzeria degli spettacoli. L’esperienza si completerà in alcune occasioni anche con approfondimenti musicali al pianoforte che faranno percepire le vibrazioni del suono nei diversi momenti della rappresentazione. Sul sito teatrogrande.it e sui canali social del Teatro saranno resi disponibili in tempo reale gli aggiornamenti sulla programmazione della Stagione e sull’attività del Teatro.

Federico Maria Saredelli Francesco Pasqualetti Riccardo Bisatti Sebastiano Rolli

PRIMA LA SALUTE INFORMAZIONI & CURIOSITÀ

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CANCRO ALLA PROSTATA: PSA HA VALORE PREDITTIVO DOPO RADIOTERAPIA O ADT

Negli uomini con cancro della prostata, uno specifico valore del PSA superiore a 0,5ng/ml dopo la radioterapia e deprivazione androgenica (ADT) sarebbe associato a una peggiore sopravvivenza. È quanto emerge da un’analisi secondaria a una sperimentazione clinica condotta negli USA e pubblicata da JAMA Oncology. “I risultati evidenziano un modo per identificare i pazienti che falliranno il trattamento e saranno ad alto rischio di morte precoce basato sul PSA - dice Trevor Royce, del Brigham and Women Hospital di Boston - è necessario identificare e includere questi pazienti negli studi clinici tempestivamente”. Royce e il suo team hanno esaminato i dati di 157 uomini con carcinoma prostaticoa rischio elevato. I partecipanti non avevano comorbidità ed erano stati precedentemente randomizzati a ricevere radioterapia o 6 mesi di deprivazione androgenica. Il follow up è statto di oltre 16 mesi. Sono stati utilizzati i criteri Prentice e il fallimento del PSA non è stato un surrogato per tutte le cause di morte. Tuttavia, un PSA superiore a 0,5ng/ml dopo irradiazione con o senza ADT, era associato ad una Hazard Ratio aggiustato di 1,72 (p=0,01). A cinque anni dalla randomizzazione, quasi il 40% degli uomini con un PSA superiore a 0,5 ng/ml erano morti, mentre solo un 10% era deceduto di quelli che avevano un PSA pari o inferiore a 0,5 ng/ml.

Le evidenze I ricercatori sottolineano che questi risultati richiedono una conferma, poiché basati sull’analisi di sottogruppi di uno studio troppo piccolo; tuttavia essi concludono che il valore del PSA potrebbe essere considerato come un criterio per l’ingresso in futuri studi che valtuino l’efficacia della deprivazione androgenica convenzionale con o senza farmaci per prolungare la sopravvivenza negli uomini con carcinoma prostatico avanzato resistente alla castrazione. Fonte: JAMA Oncology

Dr. Haim Reitan

Direttore Sanitario Studio Medici Associati

DEPRESSIONE: LE NUOVE LINEE GUIDA

ENFATIZZANO

L’APPROCCIO

CENTRATO

SUL PAZIENTE

Il Canadian Journal of Psychiatry ha pubblicato le line guida cliniche aggiornate del Canadian Network for Mood and Anxiety Treatment (CANMAT) sulla depressione. Si tratta delle raccomandazioni più utilizzate al mondo. La nuova versione delle linee guida integra le prove scientifiche più recenti e i progressi nella cura della depressione. La loro ultima edizione è datata 2016. L’aggiornamento è stato condotto da ricercatori dell’Università della British Columbia e dell’Università di Toronto, insieme a un gruppo di oltre 40 esperti clinici e partner di pazienti. Il documento affronta otto aree tematiche principali che mappano il percorso di cura del paziente, dalla valutazione e diagnosi, fino alla scelta del trattamento e delle strategie per prevenire le recidive. Le raccomandazioni sono organizzate in base al livello di evidenza a supporto di ciascuna terapia e a fattori quali sicurezza, tollerabilità e fattibilità dei trattamenti. Il documento, inoltre, fornisce una guida per aiutare gli operatori sanitari nella scelta della opzione terapeutica più opportuna, con particolare attenzione al processo decisionale da svolgere in collaborazione con il paziente. Infine, offre indicazioni su come integrare alle terapie interventi sullo stile di vita (esercizio fisico, alimentazione e sonno).

“Le linee guida evidenziano l’importanza di collaborare con i pazienti nelle decisioni di cura e di fornire un approccio terapeutico personalizzato che consideri attentamente le esigenze, le preferenze e la storia del trattamento di una persona”, conclude Raymond Lam, co-autore principale del documento.

Fonte: The Canadian Journal of Psychiatry 2024

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INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN ONCOLOGIA: NUOVE PROSPETTIVE PER DIAGNOSI E TERAPIE

La Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha ospitato la seconda edizione della conferenza internazionale “Artificial Intelligence for Oncology” sotto la presidenza di Arsela Prelaj, oncologa e ricercatrice dell’INT, nonché coordinatrice del Laboratorio di intelligenza artificiale dell’Istituto. L’evento ha riunito a Milano i massimi esperti di IA applicata all’Oncologia: un campo di ricerca che promette di rivoluzionare la diagnosi e la terapia dei tumori, grazie alla possibilità di analizzare automaticamente l’enorme mole di informazioni che attualmente vengono raccolte in formato digitale per caratterizzare le neoplasie. Si tratta di dati clinici, radiologici e di imaging, oltre che di anatomia patologica, e di dati cosiddetti multiomici, che riguardano, cioè, il profilo immunitario circolante, la radiomica, la genomica e il sequenziamento dell’RNA. Gli algoritmi automatici supportano i clinici nei compiti più gravosi, aiutandoli nelle decisioni e consentendo di ottimizzare i percorsi diagnostici e terapeutici.

L’applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito clinico è molto promettente, ma si tratta di un terreno in gran parte ancora inesplorato. Lo scopo di questa conferenza è quello di facilitare l’ingresso di medici e biologi nel mondo delle metodologie di Intelligenza Artificiale, permettendo loro di identificare il valore dei modelli di IA più adatti per i propri studi e le proprie sperimentazioni, rendendo prezioso e pienamente sfruttabile il volume di dati relativi ai pazienti e ai tumori, in particolare nell’individuazione di nuovi biomarcatori e meccanismi.

IMPATTO E AFFIDABILITÀ DELL’I.A.

Le metodiche di IA promettono di rivoluzionare a 360 gradi tutto il percorso diagnostico terapeutico, anche in ambito oncologico. Ma dove si vedranno i maggiori effetti? E quanto i suoi risultati possono essere ritenuti affidabili?

“Allo stato attuale delle conoscenze, possiamo prevedere che l’impatto maggiore sarà sulla diagnostica, in particolare nel campo dell’analisi delle immagini PET, TAC e di risonanza magnetica”, ha chiarito Prelaj. “L’obiettivo è utilizzare l’IA per aiutare radiologi e anatomopatologi nella refertazione, non solo automatizzando le fasi più ripetitive, ma anche interpretando in modo più profondo le immagini dal punto di vista morfologico e istologico, o consentendo di individuare con più precisione i fenotipi genomici della patologia. Inoltre, la fase di previsione dei trattamenti oncologici va un po’ oltre la fase della diagnostica, ma anche in questo campo i risultati sono promettenti”. Ma quanto sono affidabili gli algoritmi di IA rispetto a un operatore umano?

I3LUNG

Il tumore del polmone è attualmente la prima causa di morte per cancro negli uomini e la seconda nelle donne. A questa neoplasia è dedicato il progetto di ricerca I3LUNG, di cui Arsela Prelaj è coordinatrice, che è stato finanziato con 10 milioni di euro dall’Unione Europea e vede la partecipazione di 16 partner internazionali, tra i quali quattro centri clinici europei e due extraeuropei. L’iniziativa è nata per rispondere a un bisogno insoddisfatto della ricerca clinica nel tumore del polmone non a piccole cellule metastatico (mNSCLC), ovvero la mancanza di biomarcatori predittivi della risposta di un dato paziente all’immunoterapia, il trattamento che ha recentemente ottenuto risultati molto soddisfacenti in molte forme tumorali. Anche per l’mNSCLC è così, ma solo il 30-50% dei pazienti ottiene una risposta duratura. L’idea è quindi utilizzare le metodiche più avanzate dell’IA, quali l’apprendimento profondo (deep learning) e l’apprendimento automatico (machine learning), per analizzare i diversi tipi di dati disponibili su questa neoplasia, in particolare quelli relativi all’espressione del ligando di morte programmata 1 (PD-L1), che rimane l’unico biomarcatore utilizzato per predire la risposta all’IO e la sopravvivenza del paziente. Sulla base dei risultati che emergeranno dal tumore del polmone, si potranno applicare le stesse metodiche ad altre neoplasie, come i tumori genito-urinari, il linfoma, il melanoma e il tumore alla mammella.

“Lo studio I3LUNG si compone di una parte retrospettiva, su dati relativi a soggetti che hanno già ricevuto l’immunoterapia o la stanno ricevendo, per un totale di 2188 pazienti coinvolti nei sei centri clinici, di cui 731 afferenti all’INT, e una parte prospettica, che coinvolgerà più di 170 soggetti, di cui 47 sono i cosiddetti pazienti ‘omici’ per i quali cioè sono disponibili dati completi”, ha concluso Prelaj.

APOLLO11

“Il concetto fondamentale è quello della generalizzabilità: un algoritmo che ha funzionato bene su un certo insieme di dati è giudicato robusto e affidabile quando funziona altrettanto bene su un altro insieme di dati”, ha aggiunto Prelaj.

L’intelligenza artificiale in INT

L’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano può vantare una posizione di assoluta preminenza nel campo dell’IA applicata all’Oncologia. L’Istituto, in collaborazione con il Politecnico di Milano, ha infatti inaugurato da pochi mesi un Laboratorio specificamente dedicato all’intelligenza artificiale. Presso l’Istituto sono inoltre in corso diversi studi di applicazione dell’IA in ambito clinico, allo scopo di mettere in atto una più attenta personalizzazione del trattamento, come I3LUNG e APOLLO11.

APOLLO11 è uno studio multicentrico italiano, di tipo osservazionale, che coinvolge pazienti con diagnosi di carcinoma polmonare avanzato trattati con terapie innovative. Nell’ambito di questo progetto, verranno raccolti dati multiomici retrospettivi e prospettici, come i tessuti e il materiale biologico ematico, oltre ai dati clinici e radiologici. L’obiettivo generale del progetto è quello di costruire un consorzio che integri diversi set di dati e una biobanca virtuale dei centri italiani partecipanti per il cancro al polmone. Per gestire questo grande set di dati forniti, verranno applicate tecniche di IA e in particolare di machine learning, integrando dati retrospettivi e prospettici basati sulla popolazione. L’obiettivo finale è realizzare uno strumento in grado di aiutare medici e pazienti a prendere decisioni sul trattamento.

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BE YOUR HOME WALLPAPER COLLECTION

L’ARCHITETTO E INTERIOR DESIGNER GIANPAOLO VENIER DI OTTO

STUDIO FIRMA LA NUOVA COLLEZIONE DI CARTE DA PARATI NOVACOLOR, TRASFORMANDO L’INCONTRO INTIMO E SPONTANEO FRA RIGA E TARTAN IN UN CONCEPT D’ARREDAMENTO PENSATO PER CHI VUOLE SENTIRSI A CASA

“Be Your Home” Wallpaper Collection ideata da Gianpaolo Venier di OTTO Studio, nasce dalla necessità contemporanea di tornare alle origini per andare alla ricerca di tutte quelle sensazioni informali e confortevoli che ci fanno sentire a Casa. Partendo dall’analisi di un comune desiderio di intimità e sregolatezza, il designer ha voluto approfondire il concept della riga sperimentando tessuti rigati nei cotoni delle nostre storie familiari e nei luoghi del comfort: camicie, pigiami, cuscini ecc. L’utilizzo della riga è stato infatti dapprima utilizzato nell’abbigliamento e solo nella storia recente è stato sdoganato nell’interior design.

“Abbiamo immaginato di interpretare l’uso della riga alla nostra maniera, con leggerezza e senza alcuna pretesa di lettura storica ma con l’ironia che ci piace, utilizzando la trasparenza dell’acquerello. Molto rapidamente poi la riga è diventata un tartan, e su questo semplice gesto abbiamo generato sei famiglie di pattern che lavorano assieme, e vedono affiancare la riga al tartan”. Gianpaolo Venier - OTTO Studio

La collezione si sviluppa in sei pattern realizzati in colorazioni ispirate ai sei mondi dei Novacolor Color Trends 2024 (Open Mint, Endless Kurkum, Wild Rosemary, Boho Cinnamon, York Lavender, Jazz Juniper), che omaggiano la polisensorialità delle spezie e delle erbe più comuni nell’ambiente domestico. Non a caso, ogni pattern prende il nome da quelli che sono il simbolo del senso di famiglia per eccellenza, i nostri amici a quattro zampe: Penny, Dea, Taco, Sophi, Romeo e Merlino.

“Una chiave pop e democratica racconta una collezione di design che parla a chiunque voglia ritrovare la spontaneità di sentirsi al posto giusto nel momento giusto, in casa propria. Non a caso Novacolor sposa da anni la filosofia del Biophilic Design, la cui missione è quella di promuovere il benessere delle persone attraverso il design d’interni”. Roberta Vecci, International Marketing Manager San Marco Group.

Ad accentuare questo senso di naturalezza, la scelta di abbinare la collezione ad un’estetica di colore acquerellata capace di portare in sé un colore che ha una trasparenza e quindi una concentrazione variabile capace di virare in una scala che diventa la somma di vari colori nella stessa famiglia. Questo sconfinare dalle regole è al centro di “Be Your Home”: colori caldi e colori freddi nella stessa scala formano un unico colore. Le righe e i tartan diventano fuori scala e giocano riempiendo le pareti con un approccio non formale.

“Be Your Home” Wallpaper Collection è stata presentata in anteprima esclusiva durante la Milano Design Week presso lo Showroom Novacolor di Brera Design District, attraverso un’installazione che ha visto posizionate nel dehors tre cabine immersive bifacciali, ricoperte di carte da parati, che hanno simulato gli scorci domestici delle abitazioni. Un percorso fra un senso di consueta normalità trasformato in straordinaria eccellenza. “Be Your Home” Wallpaper Collection è coprire le pareti per scoprire di essere a Casa.

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BISTECCHE E POLVERI SOTTILI

Le emissioni animali, associate a quelle provenienti dalle pratiche agricole e dai fertilizzanti, rilasciano nell’aria grandi quantità di ammoniaca che, combinandosi con altri gas nocivi, danno luogo a enormi quantità di polveri sottili, le PM10 e PM2,5. Queste, grazie anche alla conformazione orografica della zona, e ai venti che percorrono la valle del Po, si sommano con le emissioni degli stabilimenti industriali e con quelle del trasporto su gomma (anch’esso ai massimi livelli europei), e tutto spiega perché spesso la Pianura Padana si trasformi spesso in una zona dove sarebbe meglio non respirare affatto, con sistematici e ampi sforamenti dei limiti di sicurezza.

Lo studio sull’inquinamento in Lombardia

Come lo studio del Politecnico pubblicato pochi giorni prima, anche questa ricerca, che rientra nel progetto della Bocconi chiamato

INHALE (da Impact on humaN Health of Agriculture and Livestock Emissions), è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo, e condotto insieme a Legambiente. I risultati sono stati pubblicati in un lavoro molto dettagliato su Environmental Impact Assessment Review. Nello studio si ricorda innanzitutto che, secondo Eurostat, in Lombardia sono allevati più di un milione di bovini e quattro di suini, numeri che la rendono quattordicesima, in Europa, per densità di bovini, e ottava per suini.

Per avere un quadro il più possibile completo dell’impatto di quest’enorme numero di animali sull’aria, i ricercatori hanno sfruttato diversi tipi di dati. Per quanto riguarda le polveri sottili, in particolare, hanno analizzato quelli di 75 punti di raccolta quotidiana delle PM10. Tre di essi, contenendo i dati dei singoli composti chimici presenti nelle PM10, hanno permesso di quantificare anche il solfato e il nitrato d’ammonio, due sali strettamente associati alle pratiche agricole, considerati PM secondari e a loro volta fonti di ammoniaca. Inoltre hanno incluso i dati di 12 stazioni di monitoraggio quotidiano dell’ammoniaca.

DOPO QUELLI DEL POLITECNICO, ANCHE I RICERCATORI DELL’UNIVERSITÀ BOCCONI DI MILANO E DI QUELLA DI VERONA, INSIEME A QUELLI DELLO RFF-CMCC EUROPEAN INSTITUTE ON ECONOMICS AND THE ENVIRONMENT (EIEE) E DEL CENTRO EURO-MEDITERRANEO SUI

CAMBIAMENTI CLIMATICI CONFERMANO: TRA LE CAUSE PRINCIPALI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO CHE ATTANAGLIA LA LOMBARDIA, SOPRATTUTTO IN INVERNO, CI SONO GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI, PRESENTI AI MASSIMI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE EUROPEI TANTO PER I SUINI QUANTO PER I BOVINI

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I dettagli dell’inquinamento I dati sulle fluttuazioni e gli spostamenti degli animali sono pubblici, e sono stati inclusi insieme a quelli sulle variazioni atmosferiche. Il risultato è stato una stima che mostra che, per ogni mille capi in più, si verifica un aumento dell’1 o dello 0,3% di PM10 a seconda che si tratti di bovini o di suini, rispettivamente. In termini assoluti, si ha incremento della concentrazione quotidiana di ammoniaca e PM10 pari a 0,26 e 0,29 microgrammi per metro cubo di aria, rispettivamente, per i bovini, mentre per i suini gli aumenti sono, di 0,01 microgrammi per metro cubo di ammoniaca, e di 0,004 microgrammi per le PM10. Si vede poi chiaramente un aumento delle concentrazioni in presenza di alcune condizioni meteo e soprattutto di venti di bolina da nord, che minimizzano le altre fonti di inquinanti e massimizzano l’effetto di quelle provenienti dagli allevamenti. Molto chiaro, infine, il dato generale: gli allevamenti intensivi contribuiscono per il 25% all’inquinamento in particolare alle PM10 in Lombardia.

Le considerazioni

Di fronte a dati come questi e come i precedenti, focalizzati sulle PM2,5, che ponevano il ruolo degli allevamenti al pari con quello delle altre fonti principali, l’appello diventa ancora più stringente: se si vuole davvero modificare stabilmente la qualità dell’aria, è indispensabile intervenire su questo settore, quasi sempre trascurato dalle politiche specifiche che, finora, hanno puntato prevalentemente sui trasporti e sul riscaldamento domestico. Bisogna razionalizzare e modernizzare le pratiche, ridurre la produzione di rifiuti organici. Accanto a ciò, ha concluso Maurizio Malpede, uno degli autori, è indispensabile che in consumatori siano più consapevoli dell’impatto di ciò che mangiano.

In un paese dove l’unico argomento che arriva dal governo è quello della protezione del cosiddetto made in Italy, non sono in programma iniziative per la crescita di consapevolezza della popolazione, né sono alle viste provvedimenti volti a limitare la continua espansione degli allevamenti intensivi. Non ha molta importanza, evidentemente, il fatto che l’Italia detenga il triste record europeo di decessi associati all’inquinamento, e che in Lombardia solo per le PM 2,5 vi siano 35 decessi al giorno, pari a 13.000 all’anno.

LA CONQUISTA DELLA LONTANANZA

Anna Donatini
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“Se la prima educazione è come una seconda nascita - annotava il grande viaggiatore francese del XVII secolo Jean Baptiste Tavernier - posso dire di essere venuto al mondo con il desiderio di viaggiare”. Si apre così La conquista della lontananza, il nuovo libro di Franco Brevini, con una sapiente e spiritosa presentazione della sua famiglia, unita a una serie di aneddoti sulle prime avventure intorno al mondo vissute dall’autore bambino. Edito da Il Mulino, il volume affronta lo sconfinato tema del viaggio, dal primo Out of Africa dei nostri progenitori al turismo spaziale, dalle spedizioni di Cristoforo Colombo alla conquista del Grande Nord, dai viaggi letterari di Dante e Ulisse alle scoperte scientifiche di Darwin, da Erodoto ai tour operator, dai pellegrinaggi religiosi alle grandi compagnie mercantili europee. Più di trecento pagine, dense di narrazioni sulle straordinarie vicende umane alla conquista di ciò che era lontano, dove non mancano riferimenti letterari, riflessioni antropologiche, notizie curiose, che talvolta lasciano spazio a momenti autobiografici, nei quali l’autore evoca momenti dei suoi straordinari viaggi con la sua penna elegante e raffinata. “Navigare necesse est” scriveva Plutarco; “mollare gli ormeggi è il nostro destino” affermava Pessoa; “alle navi, filosofi!” esortava Nietzsche: viaggiare è un bisogno imprescindibile e la scoperta dell’ignoto un desiderio che da sempre alimenta l’animo dell’uomo di tutte le epoche, dai nostri antenati ad oggi.

Storico della letteratura, critico e saggista, Franco Brevini insegna Letteratura italiana e Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Bergamo. Persona curiosa del mondo, è un alpinista appassionato ed esperto viaggiatore che ha percorso mete incredibili del nostro pianeta: gli altopiani dell’Iran, le foreste del Borneo, la banchisa artica, il deserto del Sahara… La sua vasta produzione letteraria affronta diversi temi, dagli argomenti più squisitamente letterari ai grandi quesiti della società contemporanea in quanto, come afferma lui stesso, la sua scrittura nasce per rispondere a un’esigenza interiore.

Il suo percorso intellettuale non è caratterizzato da una ricerca specialistica su un argomento o un’area definita, ma attraversa campi del sapere molto diversi.

“Devo riconoscere che la mia carriera non è improntata allo specialismo accademico, ma all’adesione a situazioni esistenziali che si sono create. I miei libri nascono sempre dal bisogno di un uomo chiamato a rispondere alle domande che la vita ci pone. Iniziai con lo studio della poesia dialettale, che mi portò a pubblicare due libri per Einaudi e tre per la collana Meridiani di Mondadori, ancora oggi un’opera di riferimento. Questo argomento, di cui mi occupai per circa un decennio, si proponeva di elaborare sul piano culturale un’esperienza personale: mia madre, bergamasca, era una dialettofona ad oltranza, che ha tenacemente portato a Milano e in giro per il mondo la sua parlata”.

Cosa l’ha spinta in seguito ad evadere i confini specialistici della ricerca accademica?

“Due ragioni: la prima è che la mia vita non era solo quella di uno studioso, ma di un viaggiatore e di una persona curiosa. In secondo luogo, questa stessa curiosità mi ha portato ad affacciarmi sulle discipline confinanti, fondamentali per comprendere meglio la realtà, in fondo da sempre l’obiettivo dei miei libri. Così sono nati altri filoni di studi che hanno condotto prima alla stesura de L’invenzione della natura selvaggia, in cui cercavo di capire che cos’era la wilderness; in un secondo momento alla produzione di un libro sulle imprese degli italiani nel grande Nord (La sfinge dei ghiacci) e di tre saggi sul tema della montagna. Da un altro lato ci furono gli scritti legati all’analisi del presente che stavo vivendo. Mi riferisco ai libri Un cerino nel buio e Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali?, con i quali riflettevo sul mio ruolo nel mondo e il senso della mia presenza professionale”.

E il suo ultimo libro?

“La conquista della lontananza è una grande storia del viaggio, ma dal punto di vista di un viaggiatore che, dopo decenni di esperienze in giro per il mondo, si è trovato a dover rispondere a domande molto urgenti, nate durante i suoi spostamenti. Il lettore de La conquista della lontananza sa che la mia passione per il viaggio nasce da mio padre, perché mi portò con sé nei suoi tour fin da piccolo, per cui è anche un bilancio con la sua figura”.

Come ha influito sulla scrittura la sua seconda famiglia ricca di bellissimi bambini?

“Il mio secondo matrimonio con Tiziana e la nascita dei nostri figli ha dato vita a Così vicini così lontani, un libro dove elaboro la dialettica tra vicinanza e lontananza sia nella vita privata sia a livello psicologico e sociologico, partendo da un momento di vita preciso: la fine di un matrimonio, i figli ormai grandi, la morte dei genitori e la nascita di un nuovo rapporto... Ero a un crocevia impegnativo e il mio modo di viverlo, ancora una volta, è stato approfondire sull’argomento. Volevo comprendere, inoltre, qual è la giusta vicinanza all’interno della coppia, senza che vi sia prevaricazione. Trovai illuminanti questi versi: Beviamo e brindiamo insieme, incrociamo le nostre braccia, ma ognuno beva dal suo calice”.

Come lei racconta, la passione per il viaggio è iscritta nel DNA famigliare: suo nonno ha lavorato per molti anni nel Touring Club Italiano; suo padre si occupava di turismo sociale; suo zio don Giovanni era un missionario salesiano in India. Da dove viene invece l’interesse per le lettere?

“L’amore per la letteratura è qualcosa di veramente mio. È una passione che nasce da un sogno, dal bisogno di avventura di un bambino che aveva assaporato qualche orizzonte esotico viaggiando con il papà e si sentiva un po’ schiacciato tra i condomini milanesi”.

Franco Brevini

Del resto, leggere è viaggiare…

“Leggere è una grande avventura. Tutti noi facciamo esperienza di un modo di essere del mondo: la letteratura moltiplica questa percezione perché ci apre ad altri modi di essere; a livello antropologico ci rivela mondi diversi; dal punto di vista cronologico, infine, ci spalanca profondità, facendoci viaggiare nel tempo”.

E l’amore per la montagna?

“La passione della montagna nasce dalla lettura de Le mie montagne di Walter Bonatti, unitamente agli inserti pubblicati sul periodico EPOCA. Bonatti raccontava di destinazioni straordinarie che in quegli anni quasi nessuno visitava, da Capo Horn alle Ande. Decisivi furono, inoltre, i racconti di mio zio missionario salesiano in India, che mi fece intravedere un altro tipo di esotismo raccontandomi le sue mirabolanti avventure, come quando nella giungla era sfuggito all’inseguimento di una tigre scappando in bicicletta a tutta velocità.

Lui mi raccontò dell’Himalaya e della sua ascensione al Breithorn - una delle vette del Monte Rosa - e per primo mi fece scoprire la Val di Cogne”.

Tra le figure dei viaggiatori di tutti i tempi chi predilige?

“Sicuramente Roald Amundsen, l’aquila bianca norvegese. Ha conquistato per primo il passaggio a Nord-Ovest, il Polo Nord insieme a Umberto Nobile e il Polo Sud, dove arrivò, grazie ai suoi cani da slitta, solo dodici giorni prima degli Inglesi capitanati da Robert Falcon Scott”.

Il viaggio può essere un’occasione di crescita: c’è stato un itinerario che si è rivelato un momento di maturazione importante per Lei?

“I viaggi importanti sono stati quelli in cui ero alla ricerca di qualcosa, che era già dentro di me e che quel viaggio ha manifestato. Ogni itinerario deve essere preparato attentamente, bisogna costruirlo dentro di sé ed è necessario capire il significato di un luogo per l’immaginario della nostra civiltà”.

Ci sono mete che non è riuscito a raggiungere?

“Mi sarebbe piaciuto andare in Antartide, ma è complicato: bisogna unirsi a qualche missione scientifica o prevedere delle permanenze molto lunghe.

Durante un viaggio nel Nord del Canada, invece, non sono riuscito a raggiungere Pond Inlet, nel Nunavut, dove volevo vedere la danza dei narvali. Avevo già concordato tutto, quando la mia guida locale mi disse che non era più sicuro avventurarsi in quel territorio perché si stavano sciogliendo i ghiacci e sarebbe stato troppo pericoloso”.

Il viaggio che vorrebbe intraprendere con i suoi figli? Tornare nel Grande Nord?

“Sì, nonostante possa esserci il rischio che non vivano le mie stesse emozioni o rispondano in modo diverso. Come la mia passione per lettura o l’amore per la montagna: non voglio necessariamente spingerli in questa direzione, anche se in questo momento mio figlio Giacomo vorrebbe scalare con me il Gran Paradiso… Spero che cambi idea!”.

Ha già un’idea per il prossimo libro?

“Il prossimo libro, di cui ho iniziato la stesura, si propone di indagare il tema della paternità, il mestiere più difficile del mondo. Oggi il padre è una delle figure più controverse e in difficoltà della nostra società. Sto cercando di comprendere, grazie al sostegno della letteratura, come sia cambiato nel tempo il ruolo del padre”.

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GSD Foundation ETS

RIPARTE LA CAMPAGNA 5XMILLE

Al via, anche quest’anno, la campagna 5xmille promossa da GSD Foundation ETS, l’anima non profit del Gruppo San Donato, che ne sostiene i valori, attraverso progetti che abbiano un impatto positivo sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie. L’umanizzazione delle cure, la prevenzione e la ricerca scientifica sono al centro del suo impegno quotidiano. Scegliere di donare il proprio 5xmille alla GSD Foundation ETS significa offrire un aiuto concreto per sostenere tutte le attività di umanizzazione svolte nei reparti degli ospedali del Gruppo San Donato a beneficio dei pazienti durante la loro degenza.

Oltre ai progetti ormai consolidati da parte di GSD Foundation ETS, come la Poetry Therapy, lo Yoga in ospedale o i Supereroi in visita ai bimbi, quest’anno sono nate tante altre nuove iniziative di umanizzazione. Negli ospedali del Gruppo San Donato è arrivata l’Arte, come cura dell’anima: i capolavori del pittore bergamasco, Antonio Cifrondi, hanno riempito di bellezza gli spazi del Policlinico San Pietro (Bergamo), rendendo gli ambienti ospedalieri emotivamente positivi. In occasione del mese dedicato alle cardiopatie congenite, è nata l’iniziativa “Piccoli ricercatori fotografano”, rivolta a tutti i bimbi ricoverati all’IRCCS Policlinico San Donato (Milano) che hanno avuto l’occasione di apprendere, sperimentare e sviluppare competenze cognitive, emotive e comportamentali, attraverso la fotografia e la creatività. Un altro progetto molto importante, che si svilupperà per tutto l’anno 2024 nelle strutture ospedaliere del Gruppo San Donato, è “Quattro zampe in corsia”, un’idea nata grazie al sostegno di Fondazione Prossimo Mio, che prevede interazioni positive tra pazienti e cani, guidate da un gruppo di professionisti, al fine di migliorare e mantenere lo stato di salute e il benessere fisico, psicologico e sociale della persona, nel rispetto dell’animale.

“Destinare il proprio 5xmille alla GSD Foundation ETS è un atto semplice ma concreto che ci aiuta a sostenere le attività promosse dalla Fondazione, rivolte ai pazienti del Gruppo San Donato, in un’ottica di umanizzazione delle cure, e a realizzare progetti dedicati alla salute e al benessere dei pazienti. La tua firma ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi primari: supportare chi ogni giorno lotta contro la malattia, migliorare la qualità della degenza dei pazienti e sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione” ha dichiarato Chloè Larsay, direttrice Comunicazione Marketing del Gruppo San Donato. Devolvere il 5xmille a GSD Foundation ETS è una scelta libera e anonima, che ogni contribuente può effettuare in modo semplice e senza costi aggiuntivi. Per sostenere GSD Foundation con il 5xmille si può visitare la seguente pagina web: https://www.gsdfoundation.it/sostienici/privati/5x1000

Chloè Larsay, Direttrice Comunicazione Marketing del Gruppo San Donato

Le opere pittoriche di Antonio Cifrondi ospitate all’interno del Policlinico San Pietro

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La tua firma per sostenere

l’impegno per i pazienti negli ospedali del

Gruppo San Donato

A sinistra il progetto GSD Foundation ‘Quattro zampe in corsia”, qui sotto Spiderman in visita all’IRCCS Policlinico San Donato

Clownterapia, la terapia del sorriso

GSD Foundation ETS

Nata nel 1995, GSD Foundation ETS è un’organizzazione non profit che ha il fine di promuovere la ricerca scientifica nel campo delle scienze biomediche e, in particolare, nelle malattie cardiovascolari. Prevenzione, umanizzazione delle cure e sostegno alla ricerca, sono i tre principali obiettivi sui quali GSD Foundation concentra la propria attività, impegnandosi nella realizzazione di progetti umanizzazione delle cure per il sostegno ai pazienti nei reparti e per accompagnare i loro familiari, nel sostegno alla ricerca scientifica che ha l’obiettivo di sviluppare metodiche diagnostiche e terapeutiche innovative nell’applicazione clinica, nella promozione di attività di sensibilizzazione e diffusione della cultura della salute.

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Lamborghini 350 GT torna a Ginevra a 60 anni dal debutto

Automobili Lamborghini celebra il suo primo modello di produzione riportandolo nella città in cui venne presentato nel 1964 da Ferruccio Lamborghini

Nel marzo del 1964, Automobili Lamborghini era una realtà industriale giovanissima. Fondata solo pochi mesi prima, aveva presentato ad ottobre del 1963 il suo primo prototipo, chiamato 350 GTV, disegnato da Franco Scaglione e realizzato dalla carrozzeria Sargiotto di Torino. La vettura di serie, derivata da quel primo prototipo rimasto esemplare unico, è stata la 350 GT, presentata al Salone dell’Automobile di Ginevra nel marzo del 1964. Dopo 60 anni da quel debutto, Automobili Lamborghini torna sulle strade di Ginevra, con la 350 GT secondo numero di telaio, la più antica Lamborghini di serie in esistenza, per celebrare la storia della sua prima vettura di serie, genesi del DNA della casa di Sant’Agata Bolognese.

La storia commerciale di Automobili Lamborghini ha inizio sul suo stand al Salone di Ginevra nel 1964, con la presentazione al pubblico della 350GT. Da lì in poi, i clienti potranno acquistare una vettura con il simbolo del toro.

I 60 ANNI DELLA 350 GT LA PRIMA LAMBORGHINI

Revient à Genève

La 350 GT è un modello dalla genesi, allo stesso tempo, rapida e straordinaria. Il telaio e la ciclistica sono il frutto del lavoro dell’Ingegner Giampaolo Dallara, all’epoca giovanissimo ed oggi considerato il miglior telaista al mondo. Il motore,V12, 3,5 litri con 4 alberi a camme in testa, nasce dal progetto dell’Ingegner Giotto Bizzarrini, che lo immaginò per un impegno nelle competizioni, reso più “civile” e idoneo all’utilizzo su strada sulla 350GT dal lavoro dell’Ingegner Paolo Stanzani, figura fondamentale nella storia di Automobili Lamborghini e delle vetture GT a livello mondiale. Il disegno della carrozzeria in alluminio, e la sua produzione, è opera della Carrozzeria Touring di Milano, in quei primi anni ’60 considerata la più prestigiosa in assoluto, capace di fornire vetture sportive con finiture di lusso. Il primo modello di serie prodotto dalla Lamborghini convince fin da subito e conquista l’attenzione di moltissimi media presenti a Ginevra. Sulla 350 GT la finitura degli interni è di altissimo livello, con largo uso di pelle e cromature, ed è caratterizzata da una configurazione 2 + 1, con due posti anteriori ed uno centrale posteriore. A colpire, oltre alla linea, è la tecnica: la scelta della 4 ruote indipendenti e le prestazioni del motore, con una potenza dichiarata di 320 Cv, sono scelte all’avanguardia. Il motore incanta ogni visitatore dello stand, dove è Ferruccio Lamborghini stesso a mostrare l’auto a curiosi, futuri clienti e giornalisti. Il V12 Lamborghini, a conferma delle sue qualità, verrà portato a 4 litri pochi mesi dopo nella 400GT e in questa nuova configurazione diventerà l’asse portante del successo della casa di Sant’Agata Bolognese.

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350 GT (1964-1965): Motore Tipo: L351, 12 cilindri a V di 60°

Longitudinale anteriore Cilindrata: 3464 cc

Potenza massima: 320 CV a 7000 giri/min. Esemplari prodotti: 135

Per i successivi 40 anni la stessa geometria troverà applicazione in diverse posizioni ed evoluzioni, e diventerà uno dei simboli principali del DNA Lamborghini. Questo motore, infatti, verrà utilizzato in posizione longitudinale anteriore nella 400 GT, Islero, Jarama, Espada ed LM002, in posizione trasversale posteriore nella Miura ed in posizione longitudinale posteriore in Countach e Diablo.

La prima 350 GT venne consegnata al batterista livornese Giampiero Giusti, all’epoca all’apice del successo con il complesso musicale “I 5 di Lucca” diventato poi “Quartetto di Lucca” e considerata una delle formazioni Jazz più importanti in Italia. Inizia così uno stretto rapporto tra Lamborghini ed il mondo dello spettacolo, che farà di tanti attori e cantanti appassionati clienti della casa. Ruolo da protagonista cinematografica per una 350 GT si ebbe nel film della Columbia Picture del 1967 “Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo!” (Kill Me Quick, I'm Cold UK); regia di Francesco Maselli, dove venne usata come mezzo di trasporto dalla coppia principale, composta dalla celebrata Monica Vitti e da Jean Sorel.

Revient à Genève

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La vettura esposta allo stand Lamborghini di Ginevra 1964 è la 350 GT telaio #101, di colore Verde Ginevra Metallizzato su interni bianchi, la prima prodotta. La vettura, usata poi come muletto per lo sviluppo e le prove di durata, è andata purtroppo distrutta a causa di un tamponamento mentre era ferma ad un semaforo.

Sopravvive, invece, la 350 GT immediatamente successiva, secondo numero di telaio, di colore Grigio metallizzato con interni rossi, spedita da Sant’Agata Bolognese il 15 agosto 1964 e consegnata nuova proprio a Ginevra. La stessa vettura è oggi la più antica Lamborghini di serie esistente, perfettamente restaurata e certificata dal Polo Storico. Quest’anno, la casa di Sant’Agata Bolognese ne ha voluto celebrare la storia riportandola dinamica ed in piena forma sulle strade di Ginevra, città dove è stata consegnata e che ne ha visto la presentazione ben 60 anni fa.

Napoli a Bergamo

In mostra la pittura napoletana del Seicento e il legame con Bergamo: 15 artisti, 40 opere, di cui molte inedite, studi, scoperte, attribuzioni, restauri realizzati ad hoc.

NAPOLI A BERGAMO riscopre la città e il suo territorio. All’importante nucleo di dipinti, provenienti da Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito, si uniscono opere inedite dell’Accademia Carrara e tele in prestito da chiese e istituzioni del territorio (Pedrengo, Rovetta, Stezzano, Clusone, Nese di Alzano Lombardo).

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UNO SGUARDO SUL ’600 NELLA COLLEZIONE DE VITO E IN

CITTÀ.

A cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi

Napoli a Bergamo

“Cosa accomuna Napoli a Bergamo? A prima vista non molto. Eppure, alla fine del XVII secolo Bergamo cercò a Napoli gli artisti migliori per decorare i luoghi più sacri della città. Questa mostra disegna i contorni di un episodio poco studiato della cultura figurativa, portando all’attenzione della critica e del pubblico nuove attribuzioni e nuovi documenti che testimoniano gli scambi proficui tra le due città. In tal senso questa mostra è stata una grande occasione di restituzione anche in virtù dei numerosi restauri compiuti per migliorare la leggibilità e lo stato conservativo delle opere sparse sul territorio.

Questo è un aspetto molto importante della rassegna perché testimonia il radicamento della mostra non solo nelle sue collezioni ma anche nell’eredità culturale del territorio, e dimostra come il museo possa esser un luogo di ricerca e di sviluppo”.

Bagnoli, direttrice Fondazione Accademia

Martina Bagnoli, Direttrice Fondazione Accademia

Bernardo Cavallino Santa Lucia, 1645-1648 ca. olio su tela

Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

“La mostra propone uno sguardo sulla scuola pittorica partenopea del Seicento cogliendo l’occasione per riscrivere il capitolo poco noto dei rapporti storico artistici tra Napoli e Bergamo, che furono intensi nella seconda metà del XVII secolo e passarono perlopiù attraverso Venezia, tramite figure di intraprendenti mercanti. Per offrire uno sguardo complessivo sul periodo preso in considerazione, a una serie di dipinti provenienti da Bergamo e provincia si unisce il generoso prestito di 22 opere della Fondazione De Vito”. Elena Fumagalli, curatrice

Maestro degli Annunci ai pastori Giovane che adora una rosa (Allegoria dell’Olfatto?), 1635-1640 ca.olio su tela

Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

La parte iniziale del percorso espositivo offre una selezione di dipinti provenienti dalla Fondazione De Vito, che illustra la varietà della pittura napoletana dal 1620 al 1670 circa, a partire dall’attenzione agli esempi di Caravaggio e di Jusepe de Ribera, proseguendo con l’apertura verso istanze più classiciste e di intenso pittoricismo, dovute all’influenza degli artisti emiliani presenti a Napoli e del filone neoveneto, fino a concludersi nella seconda metà del secolo con Mattia Preti e Luca Giordano. Si inizia con Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, il Maestro degli annunci ai pastori, nelle cui opere il naturalismo di marca ancora caravaggesca si accompagna a soluzioni di maggior dolcezza espressiva e materica. Di particolare interesse, per la loro originalità, le mezze figure maschili raffiguranti filosofi e sapienti dell’anonimo Maestro, rappresentative di temi legati alla vanità dei beni terreni e alla transitorietà della vita, da leggere in parallelo al Sant’Antonio del Ribera. Con Paolo Finoglio, Antonio De Bellis, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro si introducono toni di maggior raffinatezza ed eleganza sia formale che pittorica, come ben attestano alcune mezze figure femminili di sante ed eroine bibliche, che con la preziosità degli abiti, i larghi panneggi, la teatralità delle pose, costituiscono soggetti molto richiesti dai collezionisti napoletani dell’epoca e cari anche a Giuseppe de Vito. Mattia Preti e Luca Giordano sono presenti ciascuno con un dipinto degli anni cinquanta e uno degli anni settanta, così da evidenziare il loro diverso percorso.

Carrara
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È Giordano a costituire il trait-d’union con la seconda parte dell’esposizione, dedicata alle presenze napoletane in terra bergamasca. Un’intera sala è a lui dedicata, con le quattro tele giovanili di Pedrengo, raffiguranti scene di martirio, note solo agli specialisti e per la prima volta esposte al pubblico in un contesto museale, insieme a un’inedita Incoronazione di spine di Accademia Carrara, anch’essa opera precoce dell’artista.

L’enorme telero di Giordano raffigurante il Passaggio del Mar Rosso e la gratitudine degli israeliti per la basilica bergamasca di Santa Maria Maggiore, inviato a Bergamo via Venezia nel 1682, è evocato in mostra tramite una proiezione e attraverso la versione “in piccolo” del clusonese Antonio Cifrondi. Il maestro napoletano avrebbe dovuto completare la decorazione della navata centrale della chiesa bergamasca, ma dopo un decennio di rinvii partì infine per la Spagna. Grazie alla mediazione del mercante veneziano Simone Giogalli, che svolgeva il ruolo di suo agente da quasi vent’anni, giunse a Bergamo nel 1693 un allievo di Giordano, Nicola Malinconico. A lui è dedicata la sala finale del percorso, che ricostruisce la sua attività sul territorio presentando inedite pale rintracciate nelle chiese della bergamasca insieme a prestiti dalla Pinacoteca di Brera e dal Museo Gaetano Filangieri di Napoli.

L’EREDITÀ DI CARAVAGGIO

Grande rilevanza assume l’eredita della rivoluzione caravaggesca, in artisti napoletani come Battistello Caracciolo presente in mostra con un San Giovannino, che manifesta precocemente l’acquisizione del potente naturalismo del Merisi, declinandolo verso soluzioni di maggiore dolcezza espressiva, attraverso gli esempi romani ed emiliani. Così come lo spagnolo Jusepe de Ribera, a Napoli dal 1616, che interpreta la lezione di Caravaggio secondo un realismo ancora più marcato.

Antonio De Bellis Cristo e la Samaritana, 1645 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro Corteo di Bacco, 1650 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

Napoli a Bergamo

UN «NUOVO» GIORDANO

Di poco precedente al ciclo di Pedrengo, dunque sempre opera giovanile, è Incoronazione di spine, parte della collezione dell’Accademia Carrara, ora – grazie al restauro e agli studi condotti – definitivamente restituita al catalogo di Luca Giordano e datata agli anni 1656-1660. Il dipinto presenta effetti di luce e colore di derivazione veneta e insieme attesta, nelle scelte iconografiche, la vicinanza dell’artista alla grafica nordica, come nell’uomo che mostra la lingua e deride Cristo.

GIORDANO A PEDRENGO

I quattro dipinti esposti per la prima volta al pubblico in un contesto museale, perché di norma conservati nella chiesa di Sant’Evasio a Pedrengo, sono certamente uno dei capitoli più straordinari della mostra Napoli a Bergamo, sia per l’eccezionalità di poterli vedere non all’interno dell’abside della chiesa – dunque di difficile accessibilità – sia per la straordinarietà della pittura di Giordano che, seppur ancora in una fase iniziale del suo percorso artistico, raggiunge qui uno dei suoi vertici. Lapidazione di San Paolo, Martirio di San Bartolomeo, Martirio di Sant'Andrea, Martirio di San Pietro, datati intorno al 1660-1665, sono potenti brani di pittura in cui le scure tonalit cromatiche e il forte risalto chiaroscurale avvicinano l’artista a Jusepe de Ribera.

Luca Giordano Incoronazione di spine, 1660-1665 olio su tela, Bergamo, Accademia Carrara

Mattia Preti Deposizione di Cristo dalla croce, 1675 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

Con Napoli a Bergamo Accademia Carrara affronta una doppia scommessa: quella di portare alla luce un passaggio tanto prezioso quanto poco noto della storia dell’arte italiana - l’incontro del nostro territorio con gli artisti della scuola napoletana del secondo Seicento - e quella di accompagnare il proprio pubblico lungo un percorso tutt’altro scontato, decisamente ricco di sorprese. La mostra riesce così a essere fedele a una tradizione espositiva che sempre ha cercato un aggancio con il territorio o con la propria collezione permanente, in questo caso grazie alla presenza di importanti opere disseminate tra il capoluogo e diversi centri della provincia, e nel contempo a raccontare una storia artistica del tutto nuova e stimolante. Il progetto, così, è pienamente rappresentativo di ciò che è oggi Accademia Carrara: un’istituzione capace di appassionare i visitatori e, a tratti, di sorprenderli, sempre tenendo fede alle proprie molteplici finalità istituzionali”. Giorgio Gori sindaco di Bergamo e presidente Fondazione Accademia Carrara

“Il nuovo indirizzo dato da Martina Bagnoli alla conduzione della Carrara è apprezzabile fin dalla prima proposta espositiva, che apre strade poco esplorate. Il rapporto tra Bergamo e Napoli era appena accennato negli studi precedenti sul Seicento, trattando soprattutto della presenza, insolita certamente, di Luca Giordano in santa Maria Maggiore, e poi del suo allievo Nicola Malinconico. La mostra appena inaugurata approfondisce invece questa storia ancora tutta da scoprire, aprendo inediti percorsi di conoscenza tra collezionismo, relazioni mercantili, nuove attribuzioni, restauri e prestiti speciali. Nel solco della tradizione della Carrara, e dei migliori musei, è invece la capacità di studiare, riscoprire, non perdere mai di vista il patrimonio conservato nei depositi. Ancora una volta un dipinto, conosciuto nel catalogo come di ambito, scuola o allievo, viene attribuito a Luca Giordano, andando a implementare il già ricco catalogo dell’artista partenopeo. Anche lo studio e la valorizzazione del patrimonio locale fa parte del DNA del museo che, con l’obiettivo di dare una testimonianza il più possibile ampia della presenza napoletana nel nostro territorio, si allarga alla Provincia, riuscendo a ottenere lo straordinario prestito dei dipinti di Pedrengo, ora visibili nelle sale della pinacoteca, a una distanza ravvicinata altrimenti impossibile nell’abside di una chiesa. Un’occasione per scoprire la Napoli del Seicento, e quanto della sua bellezza è custodito a Bergamo”. Nadia Ghisalberti assessore alla cultura Comune di Bergamo

Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura Comune di Bergamo

NAPOLI a BERGAMO

Uno sguardo sul ’600 nella collezione

De Vito e in città

A cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi Fino all’1 settembre 2024

Accademia Carrara Bergamo

Luca Giordano Lapidazione di San Paolo, 1660-1665 olio su tela Pedrengo (BG), Chiesa di Sant’Evasio Vescovo e Martire
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MARIO BETTINELLI, RITRATTI E PAESAGGI

FINO AL 9 GIUGNO LA GALLERIA DI SPAZIOAREF OSPITA LA MOSTRA MARIO BETTINELLI | RITRATTI E PAESAGGI A CURA DI SILVIA BIANCHERA BETTINELLI. Ingresso libero dal giovedì alla domenica, dalle 16 alle 19.30. L’iniziativa è realizzata con il sostegno dell’Associazione MALALA di Treviglio.

“Questa Mostra dal titolo Ritratti e paesaggi, che vede protagonista il pittore Mario Bettinelli (1880-1953) fa seguito, a poco più di un anno, a quella inaugurata il 21 gennaio 2023 sempre all’Aref e dedicata allo stesso Artista. La scorsa esposizione fu però volutamente limitata alle numerose e affascinanti maschere caricaturali di cui Bettinelli fu un celebre esponente. Il nostro artista però sperimentò liberamente anche in altri generi pittorici, primo fra tutti quello del paesaggio, un paesaggio emozionale, specchio segreto dello stato d’animo del pittore. L’amata val di Fassa, le Dolomiti, le cascine bresciane e bergamasche, il lago di Garda e quello di Como, il surreale panorama dei paesini Ceriana e Baiardo nell’entroterra ligure, gli amatissimi Navigli milanesi sono i soggetti ricorrenti dei suoi quadri. La poesia quotidiana delle sue darsene, avvolte da un’atmosfera silenziosa e lucente si avvicina senz’altro a quello che fu l’ultimo periodo della poetica bettinelliana, che possiamo fissare dal 1945 al 1952, ovvero la dimensione chiarista accanto a quella quasi coeva della Scuola di Burano. Appaiono in quegli anni numerosi dipinti dei canali veneziani e molte vedute di Burano e Torcello. Bettinelli si muove tra un linguaggio tardo scapigliato e la musicalità crepuscolare.

Anche la figura femminile diviene un motivo centrale della sua produzione pittorica, attento a modelli nazionali quali quelli di Cesare Tallone e di Ambrogio Alciati, che raffigurano donne flessuose e trascendenti. Questi due soggetti ricorrenti e proposti da Bettinelli nelle sue numerose apparizioni in mostre milanesi, saranno alla base del suo successo di pubblico e di critica” (Silvia Bianchera Bettinelli).

Mario Bettinelli nasce a Treviglio (Bg) nel 1880 e nel 1882 la famiglia si trasferisce a Brescia dove conclude gli studi di ragioneria presso l’Istituto Tecnico Tartaglia e quelli di pittura presso la Scuola Comunale di disegno ‘Moretto’, sotto la guida di Cesare Bertolotti. In seguito frequenta, per un anno, a Roma la Scuola del Nudo. Esordisce a vent’anni nell’Esposizione d’Arte Moderna del 1902 dell’Ateneo Bresciano. Nel 1911 si trasferisce a Milano e frequenta Circoli e Società Storiche come La Patriottica, La Famiglia Meneghina, La Famiglia Artistica. Nel 1912 l’Accademia di Brera lo nomina socio onorario e qualche anno dopo, nel 1918, entra nella Giuria di Accettazione dell’Accademia stessa. All’Esposizione Annuale di Belle Arti del 1916, allestita alla Permanente, consegue la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione. Tra il 1924 e il 1925, si trasferisce in Brasile per poi tornare nel capoluogo Lombardo. Costanti sono le personali dell’artista presso le più importanti gallerie milanesi fino al momento della morte, avvenuta a Milano nel 1953.

Mario Bettinelli | Ritratti e paesaggi Fino al 9 giugno 2024 - Ingresso libero Giovedì - Domenica | ore 16.00 - 19.30 Piazza della Loggia 11/f www.aref-brescia.it - info@aref-brescia.it Tel. 030 3752369 - 333 3499545

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FUOCHI

CAMBIAMENTO E TRASFORMAZIONE

Tanti sono i fattori che stanno cambiando la società con una velocità che mai si era vista prima. Cambiano i costumi, il clima, le tecnologie, il modo di comunicare, i valori, l’etica, l’economia, il lavoro, la politica e pure l’approccio religioso e spirituale. Tutto si evolve, ma soprattutto è l’uomo che cambia. Nel corso dell’evoluzione la nostra specie ha saputo adattarsi gradualmente alle condizioni esterne e, in qualche decina di migliaia di anni, è passata dal tenere in mano una clava al portarsi appresso uno smartphone. Con la clava poteva solo difendersi ed andare a caccia per cibarsi, ma oggi con la tecnologia può fare qualsiasi cosa. Così non solo siamo cambiati, ma in una conseguente mutazione di pensiero, ci siamo pure trasformati. È una trasformazione non tanto esteriore quanto interiore, perché tutto dipende dall’evoluzione della nostra mente indotta dalle condizioni esterne.

Un esempio: il concetto di denaro. Prima era semplicemente un mezzo, una merce di scambio, oggi è un fine per acquisire potere, fama e rilevanza sociale. La tecnica ha preteso che per guadagnare l’uomo dovesse diventare flessibile, produttivo ed efficiente. Le masse si sono adeguate a queste 3 caratteristiche, ma i “migliori” hanno usato anche altre strade per arricchirsi e queste non sono naturali percorsi tribali, ma oscuri sentieri privilegiati. Le elite hanno sviluppato conoscenze che non hanno condiviso, hanno modificato la realtà grazie ad un’informazione ed a una comunicazione che in pochi decenni è passata dall’editoria, poi è transitata sulle TV ed infine è arrivata nel mondo social. I social non sono altro che piazze private dove finiscono utenti, per lo più ignari, che così possono essere controllati e gestiti totalmente. Basti pensare che nel recentissimo passato un presidente degli Stati Uniti, uno degli uomini più potenti del mondo, è stato bannato dai proprietari dei social. E chi è il vero potente, Trump o Zuckerberg?

Quando si comprava un giornale, l’editore non sapeva nemmeno chi fossero i suoi lettori ed era solo la quantità di copie vendute a generare credibilità ed influenza. Oggi si entra in internet e si viene gestiti da algoritmi esterni che sono in grado di elaborare ogni tipo di informazione sul proprietario del cellulare o del PC di accesso. Quanti messaggi ricevete ogni giorno, dove vi vengono proposti degli oggetti o delle attività che rispecchiano proprio i vostri desiderata? Così si è trasformata la comunicazione in gestione delle masse e tutti i centri di potere ne hanno subito approfittato. Dall’Agenzia delle Entrate, che è in grado di sapere in tempo reale tutti i vostri averi e tutte le vostre proprietà, incrociando spese e guadagni che devono essere compatibili con i parametri decisi dallo Stato; alla politica che trasforma promesse elettorali in mancette europee dell’ultima ora. Tipo il recentissimo bonus di 100 € all’anno per chi guadagna meno di una certa cifra. Peccato che al momento i 100 € in busta paga siano lordi (75 € netti!), non riguardino i redditi bassissimi, non coinvolgano più di un milione di persone e che verranno erogati solamente nel 2025. Insomma una grandissima presa per i fondelli, una pizzata offerta dallo Stato, ma fatta passare come un energico sostegno alle famiglie più in difficoltà. Poco importa se poi per avere un esame specialistico in un ospedale pubblico italiano serva attendere oltre un anno, perchè basta pagare qualche centinaio di euro e lo si può fare in una settimana in privato. E cosa dire quando ti accorgi che banche e assicurazioni ti aiutano solo quando non (NON) hai bisogno e che appena finisci in difficoltà ti portano via anche le mutande? I nuovi centri di potere sanno abusare dell’uomo trasformato e lo utilizzano come vogliono. Tanto quasi più nessuno protesta e le lamentele girano solo nei bar di provincia. Ora è arrivata anche l’intelligenza artificiale, con la sua capacità incredibile di manipolare la realtà, ma a chi pensate porterà i lauti guadagni che è in grado di generare? Ad esempio, con un nuovo Decreto Legge del Governo, grazie all’’A.I., il Fisco invierà accertamenti automatici a cui il cittadino non potrà replicare direttamente, se non sostenendo le onerose spese di un ricorso ufficiale. Allora i cambiamenti proseguono veloci in un mondo che sta diventando sempre più cinico e sempre più violento. Infatti è universalmente noto che chi è stato ricco ieri potrebbe diventare un mendicante oggi, perché tutte le cose cambiano costantemente di momento in momento. Anzi semplicemente si trasformano in silenzio.

Alla prossima e in alto i cuori leggeri.

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IL BENE, NEL MALE

È STATA INAUGURATA SABATO 11 MAGGIO, PRESSO IL PALAZZO STORICO DEL CREDITO BERGAMASCO, LA MOSTRA DELLO SCULTORE GIANCARLO DEFENDI (BERGAMO, 1946) CHE RESTERÀ APERTA FINO ALL’11 GIUGNO 2024

Nella storica sede di Palazzo Creberg, in Largo Porta Nuova – nell’ambito del progetto di valorizzazione degli artisti contemporanei bergamaschi promosso negli anni da Fondazione Creberg – sarà possibile visitare, fino all’11 giugno 2024, un affascinante percorso nella produzione scultorea di Giancarlo Defendi con opere selezionate dagli anni Settanta ad oggi. La mostra, dal titolo Il Bene, nel Male, è curata da Angelo Piazzoli e Paola Silvia Ubiali. Due lati della stessa medaglia, il Bene e il Male sono le due forze fondamentali della lotta perenne che governa la vita umana. Non potrebbe esistere l’una se non ci fosse anche l’altra. “La mostra – ha sottolineato Angelo Piazzoli, Presidente di Fondazione Creberg – si innesta nel nostro percorso volto ad assicurare una doverosa valorizzazione ai Maestri della scultura bergamasca in un progetto pluriennale, indirizzato ad attribuire il meritato rilievo alla splendid stagione artistica del Novecento nella nostra città. Dopo le molteplici esposizioni personali dedicate nel tempo a illustri e importanti scultori – pensiamo, solo nell’anno 2023, a Giacomo Manzù, Ugo Riva, Piero Cattaneo – la nostra proposta per la primavera 2024 si concentra sulla autorevole figura di Giancarlo Defendi”. SCULTURE

MOSTRA PRIMAVERILE DI FONDAZIONE CREBERG
DI GIANCARLO DEFENDI

LA MOSTRA A PALAZZO CREBERG

Le quattordici opere selezionate fanno parte della ricerca plastica dell’artista bergamasco Giancarlo Defendi, per molti anni titolare della Cattedra di Scultura al Liceo Artistico di Bergamo. Il Foyer e il Salone principale ospitano le opere di maggiori dimensioni, otto sculture re alizzate dagli anni Settanta ad oggi con materiali antichi e contempo ranei tra i più eterogenei: dal bronzo al legno di recupero, dalla terra refrattaria alla resina. La curatrice Paola Silvia Ubiali ha evidenziato che “la fantasia progettuale, da cui deriva l’attitudine all’uso di ogni tipo di materiale e strumento, anche quelli totalmente estranei alle arti plastiche, permette a Defendi di risolvere qualunque problema tecnico e formale. Quando gli strumenti più canonici non danno il risultato voluto, l’artista non esita ad utilizzare attrezzi e ingredienti diversi e alquanto “improbabili”, ma decisamente funzionali al raggiungimento del proprio obiettivo”. In Loggiato sono invece allestite le sculture più piccole e alcuni bozzetti preparatori o varianti delle opere esposte al piano inferiore. Questa sezione è fondamentale per conoscere il suo peculiare modus operandi. “Da sempre libero da contingenze di mercato” – ha sottolineato Angelo Piazzoli – “la sua è una cultura del “pezzo unico” che evita fusioni remunerative ma ripetitive. Su ogni soggetto infatti interviene sempre con numerose varianti, spendendosi generosamente per la sua arte”. I bozzetti sono infatti sempre molto diversi rispetto all’opera finale e sono differenti anche tra loro. “La ricerca di Defendi – ha continuato Angelo Piazzoli – è sempre stata indipendente, ben riconoscibile, dotata di autonomia di pensiero e di accenti personali inconfondibili. Nessuna soluzione di continuità si av verte tra l’uomo e artista: rappresentano un tutt’uno inscindibile che connota fortemente l’identità dello scultore”.

In alto : Diavolo e amante 2009-2010 legno di recupero co ossidatura al nitrato di alluminio, 160 (h) x 65,5 (p) x 108 (l) cm

A destra: Gli Egizi 1992-1993, bronzo patinato verderame con parti lucidate, 148 (h) x 48 (p) x 78 (l)nella pagina di fronte Giancarlo Defendi al lavoro

LE OPERE

Tutte le sculture in mostra, dall’Infanta all’Amante e la Diva, parlano di “esseri viventi”, siano essi personaggi storici, biblici oppure uomini e donne comuni. I volti dei protagonisti di Defendi non sono mai dei ritratti ma il frutto della sua capacità inventiva. Non capiterà mai di imbatterci in uno dei visi da lui tracciati sebbene ognuno di essi abbia un’espressività talmente potente e realistica da rispondere perfettamente ai canoni umani più naturali e autentici, senza idealizzazioni. “La natura morta non appartiene al vocabolario espressivo di Defendi” – ha spiegato Paola Silvia Ubiali. Il suo bisogno di fare arte pone infatti al centro la dimensione esistenziale come perenne ricerca del fattore umano, a volte anche bestiale. Una bestialità che non è mai disumana o crudele nemmeno quando incarna il Maligno, come per esempio in Diavolo e Amante dove Satana teriomorfo, principe dei demoni, da sempre identificato con l’istinto malvagio, incarna invece un animo sensibile e delicato che soccombe al cospetto dell’amore. La magia di Defendi sta tutta qui, nella potenza di un gesto naturale e disarmante che spariglia le carte, ribaltando consuetudini e luoghi comuni”. “Mi ha molto colpito la capacità evocativa delle opere esposte, che riconducono alle pieghe più nascoste dell’esistenza” – ha sottolineato Angelo Piazzoli. “La visione di queste sculture mi ha condotto in un viaggio col pensiero che ha richiamato alla memoria i giochi semplici dell’infanzia (Pergiocando e Pervolando), i racconti della fanciullezza (Egizi - Giuditta e Oloferne), i sogni del Ginnasio (Pervolando con Icaro), le riflessioni del Liceo (L’Asceta - Il Poeta). Un itinerario affascinante, che penso possa valere per ciascuno di noi, nei periodi più belli e spensierati della vita”. Attraverso la sperimentazione di nuove tecniche lo scultore si confronta con l’imprevedibilità della materia mentre è grazie all’innata curiosità che raggiunge quella padronanza degli elementi e delle loro reazioni. “Ma la sola tecnica non basta” – ha ricordato Paola Silvia Ubiali – “serve quel quid, quel

Sopra: L’Infanta 2024, resina verniciata

148 (h) x 55 (diam.) cm.

Sotto: L’amante e la diva 1972-73, bronzo patinato al nitrato d’argento

151 (h) x 58 (p) x 90 (l) cm.

qualcosa in più che trasforma la scultura ordinaria in opera straordinaria. Nei lavori di Defendi quel quid è l’infusione della vita, sempre presente in qualunque “cosa” esca dalle sue mani. Ogni “Cosa” e non solo personaggio, figura, tipo, carattere ecc. perché non tutto ciò che di Defendi presenta caratteristiche umane può essere definito tale e di conseguenza nemmeno può essere facilmente collocato nella categoria del “Bene” o in quella del “Male”. Defendi crea una suggestione e dopo un istante la distrugge non senza venare lo scenario di sottili inquietudini. È come passare istantaneamente da una fiaba a un martirologio, da un melodramma a un film dell’orrore. Le fiabe sono la messa in scena di paure ancestrali che abitano l’inconscio e la lotta del bene contro il male termina sempre con un lieto fine che rassicura il bambino che è in ognuno di noi. Ma l’artista ci priva del lieto fine e ci lascia pieni di dubbi. Defendi è un grande narratore, ma le sue sono volutamente storie incompiute; si spinge fino a un certo punto oltre al quale lascia spazio al mistero della fede o alla immaginazione umana, stimolando in noi reazioni non definibili, riflessi della complessità che ci circonda”.

L’ARTISTA

La nota biografica di Giancarlo Defendi è, per sua specifica richiesta, molto sintetica perché, più del curriculum è convinto che siano le opere a dover parlare. Nasce a Bergamo nel 1946 e, dopo aver frequentato il Liceo Artistico della sua città, si diploma alla Scuola d’arte di Cantù. Nel 1969 gli viene affidata la cattedra di scultura presso il Liceo Artistico Statale di Bergamo. Ha esposto con continuità in Italia e all’estero in mostre personali e collettive. Tra le ultime mostre personali che gli sono state dedicate si citano:

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2017 “Defendi - L’Etrusco Bergamasco”, OCRA Officina Creativa dell’Abitare, Montalcino, Siena 2018 “Diàoi. Tutti giù per terra”, Bergamo 2019 “Sculture 1988 – 2018”, Museo d’Arte e Cultura Sacra, Romano di Lombardia, Bergamo 2019 “Sculture (dedicata a mia madre)”, Cà Berizzi, Corna Imagna, Bergamo 2023 “Sculture”, Kilometro Rosso, Dalmine, Bergamo 2024 “Il Bene, nel Male”, Fondazione Credito Bergamasco, Palazzo Storico Creberg, Bergamo.

Sopra: Il Poeta 2019, terra refrattariav patinata e legno, 92 (h)x 40 (p) x

A sinistra: Pergiocando 1996-97, terracotta patinata oro

A Palazzo Creberg anche la tappa finale della mostra itinerante "L'anima e il tempo" con le straordinarie opere di Cosetta Arzuffi Dopo le tappe di Lodi, Grumello del Monte, Romano di Lombardia, Bergamo, Clusone e Seriate, le opere raffinate e profonde di Cosetta Arzuffi giungono a Palazzo Creberg per l’esposizione finale. La mostra, curata da Angelo Piazzoli e Tarcisio Tironi, sarà visitabile sino al 13 Settembre nei giorni feriali dalle 9 alle 13. In un primo tempo, in mostra saranno presentate, nel Loggiato di Palazzo Creberg, diciotto tele di rilevante impatto cromatico e visivo - per lo più di grandi dimensioni (tecnica mista su tela) - oltre ad una suggestiva stele (legno, pietra, ferro, su base in marmo); esse rappresentano il nucleo storico della mostra L’Anima e il Tempo. Dal 20 giugno 2024 - al termine della mostra dedicata allo scultore Giancarlo Defendi, che impegnerà il Salone Principale dall’11 maggio all’11 giugno 2024 - saranno collocate, nel medesimo Salone Principale di Palazzo Creberg, altre otto opere di Cosetta Arzuffi, tutte sui toni del colore Blu.

(l)

88
cm.
82 (h)x 44 (p)x 88 (l) cm.

GIUSEPPE RIVADOSSI

SCULTURE RECENTI

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La Galleria dell’Incisione ha inaugurato il 18 maggio una mostra dedicata alle sculture recenti di Giuseppe Rivadossi, figura di spicco della scultura contemporanea, la cui importanza è stata celebrata attraverso innumerevoli mostre organizzate in tutto il mondo.A quasi cinquant’anni anni dalla sua prima personale del 1975 in galleria, saranno esposte una ventina di opere realizzate negli ultimi due anni in legno, bronzo e gesso. L’approdo a queste forme geometriche e il loro approfondimento rappresentano la sintesi di un aspetto tra i più iconici della produzione dell’artista. “L’arte per me non è il frutto di ricerche, ironie o provocazioni come oggi in gran parte avviene, ma è un canto alla vita e all’amore, è un riconoscere l’esistere nella sua umanità e nel suo infinito mistero.”

Giuseppe Rivadossi è nato l’8 luglio 1935 a Nave (BS), dove vive e lavora. È sposato con Marisa Bonomi e ha due figli, Emanuele e Clemente. Giuseppe pratica la scultura fin dalla giovane età: nel 1949 si allontana per la prima volta, da solo, da Brescia per incontrare Manzù a Milano. Nel 1960 circa, avendo maturato già una sua esperienza, sia della falegnameria, che del fare scultura, e non volendo accodarsi all’assurdo sistema “produzione-consumo” che stava nascendo, inizia una sua personale attività rivolta a definire gli spazi e le strutture dell’habitat, secondo una visione di razionalità e di poesia. Seguendo la grande lezione dell’arte e della carpenteria medioevale rinascimentale, oltre che dell’architettura dei grandi maestri del nostro tempo come Alvar Aalto, Mies Van Der Rohe… andò riscoprendo e mettendo a punto, attraverso il materiale legno, strutture destinate all’abitare, definite secondo una sempre più misurata essenzialità pratica e poetica. Queste strutture, secondo Giuseppe, al servizio della quotidianità, devono favorire anche un buon rapporto e una riconciliazione con la vita. In questo senso l’ambiente deve essere considerato il fondamentale fatto della comunicazione umana. ...“nello spazio dell’uomo dobbiamo ritrovare anche la visione della nostra umanità e della nostra cultura...”.

Nel 1970 inizia per Rivadossi una stagione espositiva a Milano e nelle principali città italiane, grazie all’attenzione di importanti galleristi come Renato Cardazzo (Galleria del Naviglio) e Alfredo Paglione (Galleria 32). Nel 1980, il suo lavoro viene documentato per la prima volta in una grande mostra alla Rotonda della Besana di Milano, con presentazione dello storico dell’arte Gianfranco Bruno e catalogo Electa. Nascono così le grandi Custodie, le Madie, tutte quelle immagini che sono la nota distintiva dell’intuizione di Giuseppe Rivadossi: l’immagine è sempre un archetipo in cui la persona può riconoscersi e scorgere tracce della verità che la costituisce. Le mostre non distolgono Giuseppe Rivadossi dal continuare nel frattempo l’attività scultorea, seguita con grande attenzione dagli scrittori Giovanni Testori e Roberto Tassi. Nel 1995, con una personale alla Compagnia del Disegno di Milano, Giuseppe Rivadossi continua l’attività espositiva di opere di scultura in legno, pietra, bronzo. Seguono le personali al Palazzo Comunale a Cesena, alla Galleria d’Arte Michelangelo a Pietrasanta e Antologia a Monza. Giuseppe Rivadossi è anche presente nella Fiera dell’Arte di Bologna e Milano con le Gallerie Niccoli di Parma e ArteBergamo di Bergamo.

Galleria dell’Incisione

Via Bezzecca 4 - Brescia

Tel. 030 304690

www.incisione.com

galleria@incisione.com

Fino al 10 luglio 2024

Del lavoro e dell’opera di Giuseppe Rivadossi hanno scritto fra gli altri Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi, Roberto Tassi, Gianfranco Bruno, Marco Vallora, Ermanno Olmi, Giorgio Cortenova, Piercarlo Santini, Domenico Montalto, Philippe Daverio e Mario Botta. Un’importante antologica del lavoro di Giuseppe Rivadossi e del suo atelier si tiene nella primavera del 2005 al Museo di Palazzo Forti di Verona, a cura di Giorgio Cortenova. Degna di nota, inoltre, è la mostra realizzata presso la Galleria Agnellini Arte Moderna di Brescia a cura di Dominique Stella e Roberto Agnellini a primavera del 2014. Nel 2022 l’AAB (Associazione Artisti Bresciani) celebra il lavoro di Giuseppe con la mostra Eidosmariae. Le opere dell’atelier sono presenti in varie collezioni, tra le quali quella del MoMA di New York, nella collezione Tamajo in Mexico City, nello Shard di Londra e a Shanghai. Oggi in questa piccola bottega Giuseppe Rivadossi lavora con i figli, utilizzando il nuovo marchio “Habito”, alla elaborazione di nuove architetture che portino in sé la consapevolezza della appartenenza dell’uomo al mistero della creazione.

Di certo, i Frati che hanno edificato il bellissimo convento nella valle di Astino, sarebbero stati felici nel sapere che oggi, nella loro magione ristrutturata, si sarebbero date appuntamento tante persone per raccogliere fondi per la ricerca scientifica, per donare, attraverso le borse di studio elargite ai ricercatori dell’Istituto Mario Negri, una speranza di guarigione a chi oggi non ne ha perchè affetto da una malattia poco diffusa, rara appunto, e per la quale le aziende farmaceutiche non hanno grandi interessi nello sviluppare medicine efficaci. Per la prima volta la Fondazione ARMR ha organizzato la sua festa di primavera nelle antiche cantine del Monastero di Astino per gentile concessione della Fondazione MIA e ancora una volta ha centrato l’obiettivo di raccogliere i fondi necessari per consentire ad un giovane ricercatore di iniziare o proseguire nei suoi studi. Il tutto grazie anche alla preziosa presenza dell’Estetic Chef Mirko Ronzoni che con il suo staff ha dato vita ad uno show cooking particolarmente apprezzato dai presenti.

LA PRIMA VOLTA IN CONVENTO ARTE É RICERCA COME LA BUONA CUCINA

LA TRADIZIONALE SERATA ORGANIZZATA DA FONDAZIONE ARMR SI È TENUTA PER LA PRIMA VOLTA IN QUELLE CHE FURONO LE CANTINE DEL CONVENTO DI ASTINO

ph. Sergio Nessi

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ringrazia per la concessione gratuita di questo spazio.
Enpa

Sono Luca Ruggeri malato di Sla dal 2015; non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.

Mi nutro attraverso un sondino che ho inserito nell’addome con delle pappe speciali. Respiro tramite una macchina che mi spinge aria nei polmoni attraverso un tubo in gola.

Sono sposato con Lucia Ministrini da 33 anni con una figlia Marina che otto mesi fa mi ha reso nonno di Alessio. Scrivo per passione e per passare il tempo. Sto scrivendo un libro che avrà come titolo “Il gatto del Presidente”

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LA DIAGNOSI

SECOND LIFE AGAIN

Il 31 Agosto del 2015 è una giornata bellissima, limpida e con un piacevole venticello rinfrescante. Siamo reduci da un’estate torrida e io sono abbastanza sereno, mi sento bene e sono fiducioso: oggi dobbiamo recarci al Civile di Brescia per conoscere l’esito degli esami fatti il mese scorso e per una visita da parte del Prof. Massimiliano che segue la mia vicenda. Mi faccio accompagnare, oltre che da mia moglie Lucia, da mio fratello Diego e mia figlia Marina. Loro hanno volti un po’ preoccupati. Io no e, a parte le fascicolazioni muscolari - sono come contrazioni involontarie - ed il braccio sinistro più debole, perché l’ho fratturato alcuni anni fa, mi sento bene... Perché mai dovrei essere preoccupato?

L’appuntamento è alle 14.30 e, dopo aver aspettato alcuni minuti, vengo chiamato dall’infermiera. Nello studio mi accompagna solo mia moglie Lucia e, chiusa la porta alle nostre spalle, il Prof. inizia quasi timidamente il suo discorso: “Vede, signor Ruggeri, noi abbiamo fatto tutti gli esami possibili ed immaginabili e sono risultati tutti negativi perciò, per esclusione, ma anche per mia esperienza, lei ha la malattia del motoneurone. Solo nei prossimi mesi potremo capire se si rivelerà una SLA”. Mi fissa negli occhi e mi domanda se sono informato di cosa stiamo parlando. Rispondo di no e guardo Lucia che invece sembra aver già capito. Non dice nulla ma ha già gli occhi lucidi. Il Prof., sentita la mia risposta, disegna velocemente uno schema sul suo notes. “I cerchiolini - mi spiega - sono le cellule neuronali, mentre i fili sono i nervi che collegano cellule e muscoli che ho disegnato con delle piccole onde. I tuoi muscoli - prosegue - non sono malati, nemmeno i tuoi nervi, il tuo problema sono le cellule neuronali chiamate motoneuroni che comandano i movimenti e che stanno morendo per un motivo ancora sconosciuto. È una malattia cronica progressiva e neurodegenerativa, attualmente senza cure che ne possano modificare la progressione. La vostra vita cambierà - conclude scuro in viso - sarete sempre più spesso in ospedale o in qualche struttura riabilitativa”.

Questo discorso del Prof. mi si incide nella mente, esco dallo studio barcollando poi abbraccio i miei, confido loro la diagnosi e ci mettiamo tutti a piangere. Nei giorni successivi siamo come degli zombi. Io, per non alimentare lo sconforto cerco di farmi vedere sereno ma è molto difficile fingere tutto il giorno allora, quando posso, vado in un ripostiglio vicino al seminterrato per piangere e urlare la mia disperazione, sicuro di non essere sentito. Quei giorni sono stati sicuramente i più difficili della mia vita, sono passato attraverso molte cadute nel mio passato e mi sono sempre rialzato, ma sento che stavolta sarà molto difficile, però un obiettivo ce l’ho, cercare di far soffrire il meno possibile la mia famiglia.

QUESTA È UN’ALTRA STORIA

Tony, malato di SLA già da qualche anno, in attesa della Peg - gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) che per mette di collegare la cavità gastrica con l'esterno per l'assunzione di cibi e di liquidi - già bisognoso di respiratore notturno oltre che di carrozzina per la deambulazione, quel giorno chiese a sua moglie: “Rachele oggi è il nostro anniversario e visto che riesco ancora, anche se con fatica e attenzione, a mangiare e bere vorrei portarti in quella trattoria famosa dove vanno molti personaggi dello sport, dello spettacolo e della politica milanese. Si chiama il “Trombone” e si mangiano cibi tradizionali molto buoni, ma ha due grandi difetti: hanno solo vino sfuso di pessima qualità ed il prezzo è stellare qualsiasi piatto ordini. Tony decise di provare comunque e, se per il prezzo non poteva farci nulla, per il vino sì. Prese una bottiglia di Brunello di Montalcino che gli avevano regalato e disse a Rachele: “Magari ci faranno pagare per aprirla e per servirla ma almeno berremo bene.

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Decisero di dare il pomeriggio libero alla ragazza che si occupava dell’assistenza di Tony e, dopo tante remore, si recarono in questa famosa trattoria, entrando quasi in punta di piedi con una soggezione tale e si notava lontano un chilometro che era la prima volta.

Si sedettero dove indicò il cameriere al quale fecero aprire la bottiglia che si erano portati da casa e, mentre questi la stappava, riferì loro che ci sarebbe stato un piccolo supplemento nel conto per il servizio.

Trascorsa circa mezz’ora entrarono nel locale una decina di persone e dal loro atteggiamento e dalla loro confidenza con i camerieri si capì subito fossero degli abituè. Erano alcuni esponenti della giunta regionale.

Dopo aver scelto cosa mangiare, qualcuno del gruppo notò la presenza di Tony e Rachele che silenziosamente stavano mangiando e fece notare agli altri che il disabile se la passava bene bevendo un vino costosissimo. Un altro seduto accanto sibilò “... poi sono i disabili ci fanno sballare tutti i bilanci!”

Un terzo arrivò a sentenziare che si danno troppi soldi in mano a questi disabili! E ancora, bisognerebbe tagliare i fondi, farli proprio sparire nel giro di pochi anni e sostituirli con più servizi! Quello seduto a capotavola annui e disse: bella idea faremo così! Tony che aveva molti problemi ma aveva un perfetto udito disse a Rachele sottovoce: questi sono pazzi vogliono sostituire le sovvenzioni ed erogare più servizi ai disabili come me. Potrebbe anche essere una bella idea ma non ci si rende conto che tutti gli ospedali, tutte le strutture riabilitative e tutte le cooperative che si occupano di sanità, comprese le RSA, sono in difficoltà per carenza di personale e questi dicono di voler aumentare i servizi. Ma il personale medico dove vanno a prenderlo? Alla fine resteremo senza sovvenzioni e senza servizi!

Mi sono inventato questa storiella per farvi capire quanto sia sbagliato triste e bizzarro tagliare i sussidi ai disabili. La Regione Lombardia vuole tagliare del 30% i sussidi dei cargiver, sussidi già non sufficienti! La Regione incolpa il Ministero di aver tagliato i fondi il Ministero passa la palla alla Regione dicendo che non è vero, alla fine toccherà ai comuni provvedere a dare dei servizi pari alla cifra tagliata dalla Regione, solo che non sanno ne come ne quando.

I rappresentanti di trenta e più associazioni sono scesi in piazza a Milano a protestare contro i tagli e alla fine hanno ottenuto che il provvedimento sarà rimandato a fine anno ma non verrà cambiato. I mass media si sono guardati bene di non dare risalto a questa protesta. Io mi domando se non aiutate i disabili, i più sfortunati, i più fragili, gli ultimi della cosiddetta società, che cavolo ci state a fare su quelle prestigiose poltrone?

La SLA o Sclerosi Laterale Amiotrofica, conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa progressiva. Colpisce gli adulti ed è causata dalla morte dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali. È la più comune patologia motoneuronale: colpisce 1,7 persone ogni 100.000 ogni anno, prevalentemente di età compresa fra 50 e 60 anni. Pur essendo una malattia rara, gode di una certa popolarità, anche legata al fatto che ne sono stati colpiti personaggi in vista del mondo dello sport (come il campione di baseball Lou Gehrig, di cui la patologia porta il nome) e della scienza (come il fisico Stephen Hawking nella foto a destra).

Nella sclerosi laterale amiotrofica, per cause non ben note, si instaura nel sistema nervoso del soggetto colpito, un processo infiammatorio che porta alla perdita dei motoneuroni. Il risultato è la paralisi dei muscoli volontari, inclusi quelli che partecipano al mantenimento di funzioni vitali come quella della respirazione.

Nella fase iniziale e intermedia, i sintomi sono per lo più riferibili al deterioramento della capacità di movimento, che si esprime con la comparsa di crampi, contrazioni muscolari involontarie e fascicolazioni. Invece, nella fase tardiva, viene penalizzata la funzione respiratoria. L’insufficienza respiratoria è la causa più frequente di morte nei pazienti, la cui aspettativa di vita varia fra i 3 ed i 5 anni dalla diagnosi.

La causa della SLA è per lo più ignota. Solo nel 5-10% dei casi si riconosce una correlazione con una mutazione genetica. Malgrado l’elevato numero di studi nei quali è impegnata la comunità scientifica mondiale, non è disponibile una terapia risolutiva per questa malattia. Esistono due farmaci approvati, ma entrambi hanno indicazioni limitate e producono un aumento esiguo della sopravvivenza dei pazienti.

La terapia della SLA è quindi di supporto, assistenza e mirata al trattamento dei sintomi. Il 21 giugno si celebra la Giornata mondiale della Sla. Si stima che in Italia siano presenti più di 6.000 malati, con 1.000 nuovi casi ogni anno. La prevalenza della malattia, globalmente stimata intorno ai 200.000-300.000 casi, è oggi in aumento. Esistono rare forme giovanili che compaiono fra i 20 ed i 30 anni. Infatti, è popolare il caso dello scienziato inglese Stephen Hawking, che ha avuto la SLA all’età di 21 anni e ne morì 55 anni dopo.

La SLA è più frequente negli uomini che nelle donne (con rapporto di 1,2-1,5), anche se con l’aumentare dell’età, l’incidenza della malattia

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Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

(Winston Churchill)

LUPUS IN FABULA

Benito Melchionna

Procuratore emerito della Repubblica

IL MATRIMONIO DI “UN’ORA” E IL “DIVORZIO” DI GARIBALDI

QUESTO MESE RACCONTO

ALCUNI PARTICOLARI DELLA VITA

SENTIMENTALE DECISAMENTE

MOVIMENTATA DI GIUSEPPE

GARIBALDI L’EROE DEI DUE MONDI.

Prima parte

1. L’insondabile mistero dei sentimenti

Abbiamo un po’ tutti il timore che il nostro mondo stia ormai andando a pezzi. Questo a causa, in particolare, delle veloci radicali innovazioni della tecnocrazia e di una geopolitica di guerra, ivi compresa addirittura la minaccia di uno sconquasso nucleare. Pertanto, in tempi di generali rampanti e di risorgenti nazionalismi-populismi che mirano a destrutturare la stessa coesione della Europa unita, il lettore non frettoloso potrebbe abbozzare qualche sorriso ironico andando a curiosare in uno degli eventi marginali e poco noto del nostro glorioso Risorgimento.

Ci si riferisce in particolare al racconto della storia beffarda e romanzesca del matrimonio, celebrato il 24 gennaio 1860 con rito cattolico, nella cappella gentilizia di Villa Raimondåi in Fino Mornasco (CO), tra Giuseppe Garibaldi e la marchesina Giuseppina Raimondi. Tale evento ebbe a consumarsi nel classico gioco pirandelliano delle parti, con attori che si muovevano nel contesto della doppiezza che quasi sempre caratterizza i comportamenti umani. Ci accostiamo così a personaggi complessi e di grande modernità: Garibaldi eroe coerente e impavido, Giuseppina modello di donna anticonformista ribelle e volitiva che sa sfidare le convenzioni del suo tempo, Pasquale Stanislao Mancini eccelso giurista patrocinatore di Garibaldi e statista appassionato dell’idea di Nazione, da lui analizzata “come fonte del diritto delle genti” (1851). A distanza di oltre un secolo e mezzo, oggi ci è consentito di illuminare quelle vicende attraverso la suggestione del dubbio, che fortunatamente ha ormai soppiantato la certezza di tanti dogmi, soprattutto con riguardo alla ricostruzione storica dei fatti.

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Non si può perciò pretendere di giudicare i protagonisti che, visti da vicino e sottratti a ogni aura mitica, mostrano tutta la loro ambivalente umanissima fragilità. Abbiamo allora l’ulteriore conferma che nella rappresentazione teatrale della vita si intrecciano continuamente vizi (privati) e virtù (pubbliche).

Questa regola farisaica, che avvicinava alle umane debolezze finanche gli dei dell’Olimpo, non risparmia ovviamente neppure i nostri “sposi”

Infatti, sbirciando nelle tormentate volubili pieghe degli affetti, possiamo comprendere perché il matrimonio di cui ci occupiamo durò la beffa di un’ora, restando per sempre “rato e non consumato”

Forse proprio perché, trattandosi di due personaggi di forte tempra, ciascuno era autocentrato a modo suo nel proprio narcisismo, anche se non c’era ancora il selfie. Giuseppe e Giuseppina risultavano comunque entrambi poco adatti a diventare coniugi per tracciare, uniti da quel giogo, il solco produttivo del matrimonio; insomma, ognuno incapace di intraprendere un generoso cammino di attenzione-integrazione nella terra sconosciuta dell’altro.

È del resto quasi banale osservare che, nell’attuale era del relativismo etico, della globalizzazione economico-finanziaria e della frammentazione indotta dalla conoscenza solo virtuale, molte coppie scoppiano. I partner, infatti, indipendenti e poco solidali, condizionati dalla precarietà dei sentimenti e dai bisogni del consumismo compulsivo, non riescono più a sintonizzarsi con i ritmi lenti e propri della medit-azione e della intesa amorosa.

2. Garibaldi e le donne nel XIX secolo

Forse le notazioni che precedono interessano poco chi non ama soffermarsi sulle cause che indirizzano, nel bene e nel male, gli accadimenti della storia.

In ogni caso però la vicenda di quel curioso improbabile matrimonio, sebbene ormai lontana nel tempo, potrebbe risultare ancora oggi intrigante, sia come attualizzazione di un gossip-pettegolezzo quasi conosciuto, sia nella sua assai più pregnante rilevanza sul piano tecnico-giuridico

Occorre pertanto situare il suddetto evento nel bel mezzo del XIX secolo, per tentare di rileggerne il senso alla stregua delle successive trasformazioni del costume e del diritto.

Sarà così possibile tratteggiare una sorta di sceneggiatura dove si incontrano e si scontrano - ciascuno con la propria caratterizzazione - gli attori principali e i comprimari della storia; pensiamo soprattutto a Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807 - Caprera 1882), a Giuseppina Raimondi (Como 1841 - Lentate sul Seveso 1918) e a Pasquale Stanislao Mancini (Castel Baronia 1817 - Napoli 1888).

Sebbene le meraviglie (energia elettrica, invenzione del motore a scoppio, ecc.) della nascente seconda Rivoluzione industriale (lontanissima dalla nostra era digital-robotica e di IA) e le idee libertarie di impronta socialista si stessero imponendo - innescando nuovi conflitti - nel progredire dello sviluppo umano, la cultura dell’epoca era sostanzialmente dominata dagli stereotipi di un patriarcale maschilismo e dalla retorica risorgimentale. (segue...)

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LUPUS IN FABULA

Si trattava di una cultura, appena inzuccherata dai posticci languori del romanticismo e del melodramma, dove tra l’altro le donne venivano descritte come semplici fattrici e come soggetti antropologicamente inclini al ricamo e al cucito. Perciò, anche Garibaldi, leggendaria icona del nostro Risorgimento, mentre portava al successo (quasi sempre) le sue epiche tumultuose imprese militari, visse “alla garibaldina”, ossia con entusiasmo, senza troppa cura e con disordinato predominio sul genere femminile, molte delle sue passioni sentimentali. Tutto ciò spiega perché, in forza di una vasta letteratura, nell’immaginario italico ilnostro eroe è tuttora accreditato quale indomito fortunato tombeur de femmes, capace cioè di far cadere molte donne dinanzi al suo richiamo di guerriero dalla chioma leonina.

Del resto, mentre il puritanesimo bacchettone imponeva allora (?) ai comuni mortali - e in specie alle donne - un rigido repressivo costume sessuale, gli uomini ricchi, nobili e potenti (vedi Vittorio Emanuele II, Cavour …) potevano praticare, con spavalda ipocrisia e come status symbol privilegiato, rapporti usa-e-getta e addirittura tollerati amorazzi ancillari.

Il nostro Garibaldi dunque conobbe - in senso biblico - molte donne. Non è questa la sede per elencare, come nel nutrito “catalogo” del celebre libertino Don Giovanni musicato da Mozart, le numerose “madamine” che arricchirono il palmarès, l’albo d’oro dell’intensa e movimentata vita sentimentale di Garibaldi.

Meritano comunque citazione almeno le sue tre mogli:

- Ana Maria Ribeiro da Silva, detta Anita, disinvolta amazzone brasiliana conosciuta in Uruguay nel 1839, suo grande amore e assidua compagna di molte avventure, morta nel 1849 a 28 anni a Marina di Ravenna nel corso della rocambolesca fuga dalla disastrosa impresa della Repubblica romana; da lei Garibaldi - che l’aveva sposata nel 1842 - ebbe 4 figli (Menotti, Ricciotti, Rosa e Teresa);

- Giuseppina Raimondi (guarda caso, stesso cognome della madre di Garibaldi), della quale tratteremo in seguito;

- Francesca Armosino, discendente da una nobile famiglia armena emigrata nell’Astigiano per sfuggire alla persecuzione dei turchi contro i cristiani. Chiamata diciassettenne (era nata nel 1848) a Caprera nel 1865 per curare l’amministrazione di casa Garibaldi, divenne presto sua amante dandogli 3 figli (Clelia-1867, Rosa-1869 e Manlio-1873). Garibaldi potè finalmente sposarla il 26 gennaio 1880, dodici giorni dopo la sentenza (pubblicata il 14 gennaio 1880) di annullamento del matrimonio con la Raimondi; cosa che consentì ai freschi coniugi di riconoscere i figli Manlio e Clelia (Rosa era morta che aveva 18 mesi). La donna (spentasi poi a Caprera nel 1923) consacrò assidue cure e amorosa assistenza al generale, alleviandogli i gravi malanni che ne segnarono la vecchiaia. Qualche cenno inoltre va fatto alle donne tra le più importanti della sua vita:

- Emma Roberts, ricca vedova londinese, conosciuta nel 1854 e rimasta sempre al suo fianco quale “intima” fidanzata; - Battistina Ravello, servetta nizzarda, giunta diciottenne a Caprera per fare da balia a Teresita e a Ricciotti; la ragazza generò da Garibaldi nel 1859 Anna Maria Imeni (detta Anita), morta a 16 anni di meningite fulminante;

- Esperance von Schwartz, bellissima raffinata scrittrice e baronessa inglese di origine tedesca, divorziata da un ricco banchiere; la donna, pur restando fedele garibaldina, rifiutò più volte le richieste di matrimonio del suo leggendario idolo: lo considerava infatti impacciato e ingenuo nel gioco del tete-a-tete, definendolo perciò non altrettanto leggendario sotto le lenzuola.

Segue sul prosasimo numero il terzo capitolo

3. Il matrimonio di “un’ora” con Giuseppina Raimondi

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