Qui Bergamo n.ro 310

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in copertina

ANDREA PEZZOTTA

CANDIDATO SINDACO AL COMUNE DI BERGAMO

PER IL CENTRODESTRA con lui CARLO SAFFIOTI

ADELE FELTRI e GIULIA MONTI

GIORGIO GORI: UN SINDACO IN EUROPA

GIOVANNI LICINI: C’ERA UNA VOLTA IL TENNIS VIP

SIMONA BONALDI: VERSO LA NUOVA GAMeC

GSD FOUNDATION: IL TUO 5 PER MILLE

FONDAZIONE CREBERG: GIANCARLO DEFENDI

ACCADEMIA CARRARA: NAPOLI A BERGAMO

BG NEXT LEVEL: SERGIO CAVALIERI E CRISTINA BOMBASSEI

ARMR: LA PRIMA VOLTA AL CONVENTO DI ASTINO

AUTOROTA PRESENTA SUZUKI ACROSS PLUG-IN HYBRID LAMBORGHINI 350 GT REVIENT À GENÈVE

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GIORGIO GORI UN SINDACO IN EUROPA

DI MAMMA CE N’È UNA SOLA... MENO MALE

C’è stata la festa della mamma e inevitabilmente ho pensato alla mia. Si chiamava Iside, un nome esotico che il nonno Emilio, napoletano, gli mise forse ripensando a qualche conquista in terra d’Africa dov’era stato come capitano nell’esercito a combattere per le colonie.

BERGAMO NEXT LEVEL INTERVISTE A SERGIO CAVALIERI RETTORE UNIVERSITÀ DI BERGAMO E CRISTINA BOMBASSEI PRESIDENTE DI PRO UNIVERSITATE BERGOMENSI

SIMONA BONALDI CON LEI VERSO LA NUOVA GAM

IN COPERTINA

ANDREA PEZZOTTA CANDIDATO SINDACO AL COMUNE DI BERGAMO PER IL CENTRODESTRA

CARLO SAFFIOTI UN GRANDE RITORNO CANDIDATO AL CONSIGLIO COMUNALE DI BERGAMO PER FORZA ITALIA

Dopo un’infanzia dorata, trascorsa tra la scuola dalle Suore Canossiane in via S. Tommaso, le lezioni di piano e la palazzina, con 15 stanze e tre salotti, al 27 della stessa Via che il nonno, diventato nel frattempo facoltoso assicuratore per le Generali, aveva affittato per far posto alla numerosa famiglia che comprendeva, oltre alla nonna e alla mia mamma, altri cinque figli.

Allo scoppio della guerra, nel ‘40, mia mamma aveva dieci anni. Il nonno che in segreto aveva aderito alla Massoneria si era prestato per cercare di far scappare alcuni fratelli muratori dalla Jugoslavia. Qualcosa però non funzionò ed il nonno sparì a Lubiana, pare arrestato, quasi certamente infoibato. Non se ne seppe più nulla: evaporato, nonostante le ricerche che ai tempi vennero fatte anche da investigatori assunti dalla nonna.

Poverina, in mezzo alla guerra con sei figli abituati ad una vita agiata. Tutto crolla addosso a quegli sventurati che saranno un giorno i miei zii.

LAURA ADELE FELTRI

CANDIDATA AL CON SIGLIO COMUNALE DI BERGAMO NELLA LISTA CIVICA PEZZOTTA SINDACO

LA FAMIGLIA TASSONI

DIECI ANNI

DI ENGEL & VÖLKERS

Uno, il più piccolo, se lo porta via una malattia, si chiamava Ruggero e nei ricordi di mia mamma era bellissimo. Durante la guerra, tra via Pignolo e Via S.Tommaso, la Iside adolescente ne vide di tutti i colori. L’arrivo dei Tedeschi nello spazio che era del convento oggi sede dell’Università e il ricordo del rumore degli scarponi sull’acciotolato di via San Tommaso. Poi i partigiani e le purghe. Una sorella di mia mamma venne rapata a zero e portata in piazza come un trofeo con altre come lei perché, per portare da mangiare a casa, aveva lavorato per il comando tedesco. La guerra finisce, la nonna si era venduto tutto quello che poteva delle tante ricchezze che il nonno, collezionista d’arte, aveva messo in casa e così la mamma dopo un periodo in una specie di collegio-fabbrica in Svizzera, trovò lavoro come operaia alla Reggiani. E a questo punto della storia arriva quello che sarà il mio papà.

Filippo un aviatore siciliano, atterrato ad Orio dopo la guerra, che si innamora pazzamente di lei e, seppur giovanissima, appena ventenne, vuole sposarla e metter su famiglia. Lei gli crede e insieme iniziano così un volo che durerà per sempre.

Iside amava le cose belle, aveva buon gusto e una classe innata come se qualcosa di nobile le fosse stato tramadato da suo padre che di famiglia nobile napoletana, in effetti, lo era. Amava passeggiare in lungo e in largo per tutte le vie della città dove vi fossero negozi, specie quelle del centro dove si soffermava nella ricerca di qualcosa di bello, di esteticamente appagante e per lei attraente. Non badava ai prezzi di ciò che sceglieva e siccome non sempre poteva permettersi di comprare, non resisteva alla tentazione almeno di provarlo. Fossero vestiti, scarpe, borse, gioielli, tovaglie, lenzuola lei avrebbe provato tutto. E lo faceva.

Credo che nei negozi del centro la conoscessero tutti. Entrava e, con modi gentili ma decisi, chiedeva alle commesse che si trovava davanti di provare questo o quello esposto in vetrina, come se avesse una mezza intenzione di comprarlo. Provava e riprovava e, alla fine, la sua sfacciata vena blu, accennava qualche critica, un ripensamento…

1 PROTAGONISTI
Vito Emilio Filì

GIOVANNI LICINI

C’ERA UNA VOLTA IL

ANNA MARIA CROTTI COORDINATORE DELLE ATTIVITÀ DIDATTICHE

DEL LICEO ARTISTICO PARITARIO “ANDREA FANTONI

FRANCESCO VACCARIELLO

FOUNDER DI PERFORM SPORT MEDICAL CENTER

AUOTOROTA PRESENTA AL KILOMETRO ROSSO LA NUOVA SUZUKI ACROSS PLUG-IN HYBRID

IL RITORNO A GINEVRA DELLA

LAMBORGHINI 350 GT LA CAPOSTIPITE

Chiedeva a me cosa ne pensassi e io, che ero costretto ad accompagnarla in queste sue scorribande, ero sempre imbarazzatissimo. Concludeva con un “ve beh, ci farò un pensiero”. E con il più bel sorriso che aveva, usciva dal negozio con fare soddisfatto. Ovviamente ogni tanto comprava qualcosa ma solo dopo estenuanti prove di modelli e colori che andava selezionando escludendone uno su due.

Quasi sempre però, dopo averlo riprovato a casa, specchiandosi in più pose, rimirando il nuovo acquisto, decideva di tornare nel negozio per farselo sostituire con uno di un altro colore, di un’altra foggia o un’altra misura dicendo di averci ripensato. Quando uscivamo da quei negozi venivo premiato per la mia complicità con il gelato in crema che vendeva il signore all’angolo della Galleria Bruni, che andavamo a consumare sulle panchine del primo tratto del Sentierone, sbellicandoci dal ridere per come si vestivano quelli che ci passavano davanti e a cui lei trovava tutti i difetti possibili e immaginabili. Meno male, pensavo, che di mamma... ce n’è una sola. (V.E.Filì)

ALLA CARRARA IN MOSTRA NAPOLI A BERGAMO

IL VITTORIALE DELLE ITALIANE LE IMMAGINI DI ALCUNE FRA LE PIÙ INTERESSANTI FOTOGRAFE

A PALAZZO CREBERG

IL BENE NEL MALE SCULTURE DI GIANCARLO DEFENDI

ARMR PER LA PRIMA

VOLTA AD ASTINO CON LO SHOW COOKING DI MIRKO RONZONI

LUCA RUGGERI

Un francobollo di poesia

SecondLifeAgain

FINITA INFINITÀ

Finita infinità Abito sprazzi pazzi di vita per raccontare l’inquieta materia affardellata di affanni deprivati di ogni traccia d’amore. Indago allora e indago le frontiere del sapere senza sapienza della machina sapiens erede dell’ominide chiamato homo sapiens.

Ammaliato da divinità aliene noto rare simboliche ghirlande che incoronano la terra e si allargano a misura di cielo.

Ascolto il fremito silenzioso della tenerezza prolungato rifugio del dolore degli istanti svaniti nella finita infinità che sempre mi illumina.

(Benito Melchionna maggio 2024)

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GIORGIO GORI UN SINDACO IN

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EUROPA

IL DISCORSO DI GIORGIO GORI IL GIORNO DELLA

PRESENTAZIONE

UFFICIALE

DELLA SUA

CANDIDATURA AL PARLAMENTO

EUROPEO

Si sapeva da tempo che Giorgio Gori sarebbe stato candidato al Parlamento Europeo dal Partito Democratico al quale appartiene. Nonostante non sia facile sedersi su quella poltrona, per via anche di altri nomi molto conosciuti nella medesima lista, ha deciso di giocarsi la partita mettendo in campo tutta la sua grande capacità di comunicatore, una discreta quantità di risorse da investire nella campogna elettorale che si aggiungono ad una rete di conoscenze nei media che gli derivano dal suo passato professionale. Viste le capacità dimostrate nell’amministrare per dieci anni Bergamo e l’apprezzamento che gode tra i suoi concittadini, meriterebbe di proseguire sul cammino della politica per arrivare dove si prendono le decisioni vitali per il futuro di tutti noi.

E non dimentichiamo che avere un parlamentare in Europa che ha dimostrato di avere così a cuore la sua città, potrebbe essere di grande aiuto per un dialogo costruttivo e redditizio con Bruxelles.

Del resto è stato lui che appena arrivato a Palazzo Frizzoni ha istituito un apposito ufficio per la “caccia” ai bandi europei destinati ai comuni, che ha davvero funzionato portando sul territorio molte risorse che altrimenti non sarebbero mai arrivate.

(V.E.Filì)

“Oggi l’Europa è la migliore opportunità che abbiamo ed è l’ora di agire. Io ci sono, con uno sguardo da sindaco, diretto all’Europa. Il 9 maggio è il giorno in cui si celebra l’Europa, dalla data di fondazione, sono passati più di 70 anni e credo che sia tempo di metterci un po’ la testa in questo pezzo di mondo. È uno spazio in cui i diritti sono più in vigore che in qualunque altro luogo, che ci ha regalato realtà e situazioni che le nuove generazioni non hanno ancora avuto il privilegio di vivere. L’Europa che abbiamo conosciuto, però, quella che era padrona del mondo, oggi è in difficoltà e si accorge di essere piccola. Ecco perché una svolta diventa necessaria.

Le sicurezze su cui aveva costruito la sua condizione di pace, si sono sgretolate, non funzionano più. In questo nuovo scenario, le grandi potenze si muovono come se fossero un’unica potenza, mentre l’Europa resta indietro, frammentata. Del resto lo è dal punto di vista della difesa, dei meccanismi decisionali. La scommessa vera si riassume nel concetto di integrazione, da tutti i punti di vista. Oggi l’Unione difetta nelle prospettive di benessere e crescita. Di fronte a noi le grandi sfide della transizione ecologica, di cui parliamo molto anche se non abbiamo sufficienti risorse per sostenere il cambiamento, quella demografica, quella dell’inclusione e dell’immigrazione.

L’obiettivo è lavorare per un’Europa federale, che viva del superamento del vincolo del voto, con un Parlamento che abbia davvero un potere legislativo, con una politica estera e di difesa comune, con un welfare universale. L’Europa è insostituibile, ma è anche fragile. Va liberata dal cappio del diritto di veto. Come anni fa si è preso coraggio per abolire le frontiere o scegliere una moneta comune, così io penso e spero che sia possibile immaginare un’iniziativa politica, di cui l’Italia si renda protagonista, di vero cambiamento: una forma di cooperazione rafforzata.

L’Europa è ad un bivio, e deve scegliere se integrarsi o disintegrarsi. Questa è la nostra idea, questa è la mia idea. E mai come oggi siamo chiamati a scegliere tra chi, come noi, vuole un’Unione allargata o una imprigionata. Se l’’Europa che vogliamo è quella di Salvini, il cui slogan recita “Meno Europa e più Italia”, allora possiamo davvero dire addio a tutto ciò che abbiamo sognato. Per portare avanti il cambiamento non c’è alternativa alle forze democratiche e socialiste.

Questo è il momento per fare un passo avanti. Protezione e prosperità, sicurezza e speranza: queste le parole cardine del cammino che vogliamo e dobbiamo intraprendere. Voglio portare Bergamo in Europa e desidero farlo con convinzione perché ho lavorato per il cambiamento della città proprio durante gli anni fantastici che ha visto protagonista l’Atalanta, squadra con un mister d’eccezione, Gasperini, che per me è stato sempre grande motivo d’ispirazione. Oggi mi dico che se l’Atalanta, ai tempi realtà provinciale in perenne lotta per la salvezza, è riuscita a tagliare il traguardo dell’Europa, allora anche noi, insieme, possiamo portarci tutta la città.

Con me voglio portare l’esperienza costruita di questi anni, i valori, la concretezza che caratterizza il nostro fare, il buon lavoro che da sempre ci appartiene, la ricerca, l’innovazione, il tessuto associativo. Mi piacerebbe essere un punto di riferimento per i cittadini, per le imprese, per gli enti locali”.

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POLITICI AL TAGLIO DEL NASTRO

Non se ne perdono una. Le inaugurazioni, di qualunque cosa si tratti: una mostra, una fiera, una statua in piazza o una targa a ricordo di chicchessia... loro, i politici, ci sono sempre.

Qualche volta ne arrivano un paio, uno dal Comune dove ha luogo l’evento, sindaco o vice, uno dalla Provincia e, se proprio si tratta di qualcosa di importante, ne arriva anche uno anche dalla Regione. Se poi l’occasione è di quelle che attirano anche le televisioni, quasi sempre arriva anche un deputato o un senatore. Se c’è anche un ministro si è davvero al top. Non importa che siano di partiti avversari, si abbracciano, si smanacciano l’un l’altro con pacche sulle spalle, e spesso si baciano con quei baci finti dati nell’aria ai lati delle orecchie. Confabulano tra loro, sibilano qualche pettegolezzo sulla chioma tinta di qualcuno o sui tacchi di qualcun’altra e si preparano per il loro momento di visibilità che “gli spetta”, come pattuito con chi ha organizzato l’evento. Sguardi fissi sul cellulare che è stato silenziato ma che non smette di vibrare. Messaggi, e-mail, WhatsApp, e una sbirciata ai social per scoprire qualche nuovo follower. Nell’attesa si da un’occhiata a tutto perché non si sa mai, accada qualcosa da sapere subito. Magari l’ultimo post di Giorgia.

A turno, che siano tanti o solo un paio, si posizionano davanti al microfono e dicono sempre con tono accorato, di quanto siano contenti di essere lì, per quella manifestazione così importante perchè bla bla bla bla. Dicono sempre le stesse cose, ringraziano dell’invito - ho fatto di tutto per esserci - bla, bla - non potevo certo mancare - bla, bla - perché questa è la città che amo! Il copione prosegue con presentazioni qualche volta con slide o, molto di moda ultimamente, un video con una musica sempre elettro-roboante.

LA FIERA EDILE 2024

Uno degli appuntamenti più sentiti dai politici di queste parti, è l’inaugurazione della Fiera dell’Edilizia che per tanti anni fu il punto di riferimento nel mondo delle costruzioni per tutta la Lombardia che vede una forte presenza proprio delle aziende bergamasche. Da docici anni però era stata sospesa per via delle disgrazie che sono derivate all’edilizia dalla prima crisi di Lehman Brothers. A Bergamo in quel periodo sono crollate imprese storiche e tutto il settore ha risentito pesantemente della crisi e con le prospettive incerte che aleggiavano sul futuro, in pochi investivano in manifestazioni rivolte al settore. E così, come altre, anche la fiera dell’Edilizia di Bergamo è stata messa in stand by. Quest’anno si è però deciso di riprendere l’appuntameto grazie agli incoraggianti risultati del settore anche dovuti agli ecobonus e ad altri incentivi che hanno portato un po’ sollievo ai costruttori. Ottima l’affluenza del pubblico dovuta anche alla trasformazione tecnologica che anche il settore edile sta conoscendo.

E, al taglio del nastro, loro i poltici, adesso che si va al voto, c’erano tutti: un vero parterre extra lusso.

TUTTI IN FIERA APPASSIONATAMENTE

Se sono in molti, cercano di parlare poco e lasciare una fettina di gloria anche agli altri. Se sono pochi allora si sperticano nelle loro motivazioni. Bla bla bla. Finita la sfilata che segue la presentazione degli organizzatori, si procede con il classico, medievale, taglio del nastro. I più importanti dei presenti ne tengono le estremità mente una solerte hostess, ma va bene anche l’impiegata di turno, arriva con le forbici di solito dorate per darle in mano al più alto in grado. Se c’è un ministro la forbice va a lui, altrimenti al presidente della Regione o a quello della Provincia e poi, in mancanza di altre autorià, si porgono la forbici al sindaco o almeno all’assessore... Qualche volta, prima del taglio, arriva la benedizione del prelato di turno. Quasi sempre è il parroco del posto ma, per cose di un certo livello, si vede anche qualche monsignore e, raramente, il Vescovo. Ai politici di solito non frega un fico secco di quello che accade. Sono stati spediti lì da chi tiene loro l’agenda e, tagliato il nastro, i più... tagliano la corda. Affannati con il cellulare pronto a chiamare chi ha chiamato nel frattempo, scappano anche dai pericolosi rinfreschi e sgusciano via come anguille. Quelli importanti hanno l’auto blu che li aspetta, quelli più in basso nella scala gerarchica di solito si fermano per il brindisi. Ma poi via, verso nuove inaugurazioni...

Massimo Vitali (a destra) di Vitali Spa con Raimondo Rossi (operatore demolizioni) che ha condotto l’abbattimanto dell’ecomostro di Stezzano. Da applausi! Fiera Edile 2024

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UOMINI DEL MESE

Emozioni e novità i tratti distintivi di questa primavera 2024 che porta con sé bellezza ed istanti preziosi. Gli stessi che tutti i presenti all’inaugurazione della mostra firmata Cornaro Gioielli hanno potuto assaporare lo scorso 11 maggio, avvolti da un’atmosfera intima e familiare presso la rinomata sede di via Camozzi, 44 nel cuore cittadino. Un appuntamento imperdibile con il quale celebrare non solo le novità di alta gioielleria presentate ma anche per stringersi intorno alla famiglia Cornaro per festeggiare ben due anniversari di grande importanza: i primi sessant’anni di Cornaro Gioielli e gli ottant’anni della fondatrice, la signora Alessandra Cornaro. Due traguardi che racchiudono in loro soddisfazione, felicità e quella voglia di sognare che traccia la via verso nuovi inizi e sfide. E a tal proposito nulla di meglio se non la scoperta delle nuove collezioni di primavera firmate Chantecler, brand protagonista esso stesso della celebrazione dei suoi primi ottant’anni. Era il 1944, infatti, quando sull’isola di Capri la celebre campanella di Chantecler veniva donata da Pietro Capuano, fondatore della maison, al presidente degli Stati Uniti Roosevelt come simbolo di pace e amicizia. Da quel momento la storia di Chantecler ha preso vita arrivando fino ai giorni nostri con la creazione di un’edizione speciale, la campanella Jackie, incredibile gioiello costellato di diamanti a taglio pieno e marquise.

la PREZIOSA

di CORNARO GIOIELLI PRIMAVERA

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Un pezzo superlativo, presentato in esclusiva da Cornaro Gioielli durante l’inaugurazione della mostra, insieme a tutta la collezione creata per l’anniversario e costituita da pezzi d’eccellenza che non hanno mancato di entusiasmare i tanti ospiti presenti. Stupenda anche la collezione firmata Crivelli, anticipazione del Natale, capace di infondere con le sue creazioni originalità e preziosa eleganza. Tutto questo per un evento che ha suscitato l’approvazione dei presenti che, durante il ricercato cocktail party, hanno potuto ammirare la bellezza dei tre piani della gioielleria come da tradizione allestiti seguendo lo stile delle collezioni presentate. Quest’anno con un tocco in più, per celebrare al meglio i due anniversari che, ora più che mai, proiettano Cornano Gioielli come punto di riferimento dell’alta gioielleria bergamasca. Un legame, quello con Bergamo, celebrato in tutti questi anni con un affetto profondo da parte della famiglia Cornaro verso clienti, amici, le insostituibili collaboratrici e tutti coloro che da sempre li circondano, ai quali vanno i più sentiti ringraziamenti. Ed ora spazio alla più “preziosa” delle primavere, fatta di bellezza, emozioni e sogni. (V. Colleoni)

Ciondolo Campanella Jakie O’ con diamanti

INTERVISTA CON

SERGIO CAVALIERI, RETTORE DELL’UNIVERSITÀ

DEGLI STUDI DI BERGAMO

Chiara Moretti

BERGAMO NEXT LEVEL È L’EVENTO DI PUBLIC ENGAGEMENT DELL’UNIVERSITÀ

DEGLI STUDI DI BERGAMO CHE, DAL 2021, SI È CONSOLIDATO COME

OCCASIONE ANNUALE DI RIFERIMENTO PER IL DIALOGO VIRTUOSO E

CIRCOLARE CON LA COMUNITÀ

TERRITORIALE BERGAMASCA SULLE

GRANDI SFIDE ATTUALI

Siamo alla quarta edizione di Bergamo Next Level: che spirito si respira quest'anno, alla luce di quanto lasciato da BgBs23? Si avverte un cambiamento?

“La quarta edizione di Bergamo Next Level - dice Cavalieri - ci conferma il ruolo che l’Ateneo intende esercitare sul territorio, quello di contribuite a ‘leggere il presente per costruire il futuro’, che è anche lo slogan scelto per la rassegna 2024. Non da soli, certo: l’Università non agisce in modo autoreferenziale, non siamo una torre d’avorio. Vogliamo essere in costante dialogo con gli attori del territorio, locale ma non solo. Bergamo Next Level si pone come un laboratorio di progettualità, un incubatore di idee che possono generare un concreto impatto sul territorio. La nostra è una prospettiva ambiziosa, che aspira ad andare oltre i confini di Bergamo, in una dimensione nazionale e internazionale”.

Tra le quattro aree tematiche su cui il festival si articola, quale percepite come più necessaria di riflessioni ed azioni?

“Stili di vita, benessere e salute della persona; economie e società sostenibili; patrimoni culturali e creativi; formazione e nuove professionalità: attorno a questi temi si sono avvicendati 20 eventi in 7 giornate di rassegna, con oltre 100 ospiti e più di 1500 partecipanti. Questi temi richiamano i quattro ambiti del piano strategico di Ateneo 2023-2027. Bergamo Next Level è l’occasione per condividere con il territorio l’impegno quotidiano del nostro Ateneo, gli studi e i progetti dei nostri docenti e ricercatori, facendo sintesi di un dialogo aperto con studenti, istituzioni, associazioni, imprese e cittadini per progettare insieme il futuro di Bergamo, e non solo. Abbiamo parlato di transizione 5.0, di geopolitica, di mobilità e di sostenibilità, tutte urgenze del nostro tempo”.

Ci racconti qualcosa su CREO (Competencies and Resources for Entrepreneurial Orientation), nuovo percorso per la formazione accademica ed imprenditoriale... “Con CREO, la nostra Università intende promuovere la crescita personale, la creatività e la capacità di innovazione degli studenti, coinvolgendo docenti e ricercatori di tutti i saperi - dalle scienze umane, al diritto, all’ingegneria - e l’ecosistema territoriale dell’innovazione (investitori, aziende, organizzazioni). Partiamo con oltre 18 proposte formative (consultabili online su unibg-creo.it), tra cui corsi, eventi, competizioni e laboratori.Tra questi ultimi, quattro nuovi CREO-LAB (Tourism and creative industries; Sustainability; Salute; Tecnologie digitali e IA), laboratori innovativi, partecipativi e multidisciplinari attraverso cui gli studenti affronteranno le sfide socioeconomiche di oggi per imparare a disegnare le soluzioni originali di domani. Tutte queste iniziative sono pensate per mettersi alla prova, scoprendo e coltivando i propri talenti, la leadership, la capacità di problem solving, di lavoro per obiettivi ed in team. Con CREO, l’Università degli Studi di Bergamo consolida il suo profilo di ‘università imprenditoriale’: siamo tra le prime università statali in Italia ad introdurre una simile proposta formativa”.

A proposito di IA, quali benefici immagina possa avere in ambito universitario e nella relazione tra Università e territorio? Quali i rischi?

“La missione di UniBg è ‘coltivare il pensiero per generare valore’: quando si parla di intelligenza artificiale, c’è ansia e preoccupazione, ma non dobbiamo dimenticare che l’IA è una tecnologia inventata dall’uomo. Il mio invito è quello di conoscere la tecnologia, usarla, non subirla. Il compito del nostro Ateneo è quello di instillare un pensiero critico per la comprensione dei fenomeni del nostro tempo. In BNL abbiamo aperto al territorio il Tavolo di Lavoro Interdipartimentale di Ateneo sull’Intelligenza Artificiale, istituito dall’Università con l’obiettivo di promuovere la collaborazione interdisciplinare sui temi dell’IA e di sviluppare un’agenda di temi trasversale agli ambiti applicativi, che colga la specifica combinazione di opportunità e rischi di questa tecnologia. La messa a punto dell’agenda confluirà nella stesura di un white paper che servirà da piattaforma di dialogo tra l’Ateneo e la rete di stakeholder interessati al tema dell’innovazione tecnologica. Un primo passo, importante”.

Stili di vita e benessere: le università telematiche potrebbero spesso essere scelte dagli studenti perché percepite come minore fonte di stress rispetto a quelle tradizionali?

“L’università è molto più che nozioni e conoscenza: è esperienza, partecipazione, confronto, relazione. Tutto ciò non può essere vissuto da remoto. Appena è stato possibile, passati i momenti più difficili della pandemia, abbiamo fortemente voluto tornare alle lezioni in presenza e favorire l’incontro tra le persone. Quest’anno, tutti gli eventi di BNL sono stati introdotti dagli studenti, grazie al coinvolgimento della Consulta delle studentesse e degli studenti dell’Università di Bergamo, che ha partecipato attivamente all’organizzazione della rassegna: un segno per dire che ci interessa il loro punto di vista, che consideriamo centrale il loro ruolo. Le studentesse e gli studenti sono il nostro futuro, sono loro il nostro “next level”. Le università sono luoghi da vivere, che devono essere animati dallo scambio tra persone, senza la mediazione di uno schermo”.

BERGAMO NEXT LEVEL 2024: 20 EVENTI IN 7 GIORNATE DI RASSEGNA (15-22 APRILE), OLTRE 100 OSPITI E PIÙ DI 1500 PARTECIPANTI. TRA I PROMOTORI DELL’EVENTO, CRISTINA BOMBASSEI, PRESIDENTE DI PRO UNIVERSITATE BERGOMENSI, E SERGIO CAVALIERI, RETTORE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO. CI SIAMO CONFRONTATI CON LORO

Giuseppe Valditara, Ministro dell'istruzione e del Merito, al centro tra Sergio Cavalieri, Rettore Dell’Università degli Studi di Bergamo, e Cristina Bombassei, Presidente

dell’Associazione Pro Universitate Bergamensi

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INTERVISTA CON CRISTINA BOMBASSEI, PRESIDENTE DI PRO

UNIVERSITATE BERGOMENSI

Siamo alla quarta edizione di Bergamo Next Level: che spirito si è respirato quest'anno, anche alla luce del lascito di BGBS23? Si è avvertito un cambiamento?

“L’eredità di Bergamo Brescia capitale della Cultura - dice Cristina Bombassei - è sicuramente importante. Pur nella diversità degli obiettivi, le due manifestazioni hanno in comune lo spirito di apertura e di condivisione e la volontà di generare percorsi di riflessione che proseguano nel tempo, creando ponti fra territori e fra generazioni. Partecipare a Bergamo Next Level credo sia stata un’occasione fondamentale di confronto sul presente e sul futuro del nostro territorio e sulle grandi sfide che ci attendono, un confronto trasparente e rigoroso, ma al tempo stesso rivolto a tutti i cittadini, con un forte coinvolgimento dei giovani”.

Tra le 4 aree tematiche su cui il festival si articola, quale ha percepito come più bisognosa di riflessioni ed azioni?

“Tutti i filoni su cui si è articolato il dibattito sono di elevato interesse per il mondo imprenditoriale e in generale per il territorio. In particolare, evidenzierei: la sostenibilità in termini ambientali, sociali e di sviluppo; l’innovazione dell’Università e la ricerca di un nuovo approccio per rafforzare il legame tra Ateneo e comunità; l’individuazione di nuovi paradigmi di sviluppo per le imprese

Bergamo Next Level

e per l’ecosistema; la riflessione sulle nuove competenze e i modelli di formazione. Al di là dei temi, è il metodo che ritengo molto importante: l’università, attraverso l’esperienza Bergamo Next Level, ha saputo valorizzare la propria capacità di integrazione dei saperi e dell’approccio multidisciplinare per mettere a fuoco i temi chiave.

Da imprenditrice, quali crede che saranno le nuove figure professionali ( e conseguentemente i nuovi percorsi universitari) di cui il territorio avrà necessità nel prossimo futuro?

“Gli ultimi dati confermano che la provincia di Bergamo è ad alta trazione manifatturiera, una specificità vincente del nostro territorio, che rischia, però, di essere ridimensionata dalla carenza di competenze, in particolar modo in ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Per sostenere uno sviluppo industriale sempre più di alto livello sono sicuramente indispensabili i profili tecnici, sia in uscita dagli ITS che dall’Università, con un’attenzione particolare per le ragazze, una grande risorsa ancora in parte inespressa. Ma, cosa forse ancora più importante, serviranno menti aperte, preparate ad apprendere durante tutto il corso della vita, dato che la sempre più veloce evoluzione tecnologica rende rapidamente obsolete le conoscenze acquisite”.

Pensando a università e mondo dell'impresa, il pensiero comune si orienta prevalentemente verso gli studenti di facoltà scientifiche o economiche: c'è spazio anche per il mondo umanistico? Se sì, in quali ruoli, viste le difficoltà che spesso questi studenti trovano nella ricerca di un tirocinio in azienda?

“L’impresa è un’organizzazione complessa, dove operano tanti diversi attori. Se è vero che le competenze tecniche o una formazione economica sono molto importanti, non sono sicuramente esclusive: anche altre figure possono trovare spazio in azienda, basti pensare agli psicologi, spesso inseriti nell’ambito delle risorse umane. Inoltre, una preparazione umanistica, sicuramente molto formativa, può completarsi con un percorso mirato professionalizzante, oppure essere una buona base per sviluppare competenze manageriali o organizzative”.

Il benessere sul posto di lavoro e la possibilità di conciliare in modo sano vita privata e lavorativa sono temi caldi per i giovani: hanno pretese esagerate o anche nell'operoso territorio bergamasco è possibile un modello diverso da quello tradizionale?

“Sicuramente anche nel nostro territorio si è aperta una riflessione su come dialogare meglio con le nuove generazioni. La maggior conciliazione fra tempo di lavoro e tempo extra-lavorativo è sicuramente un tema, così come sono importanti politiche aziendali attente al welfare e al sostegno alle coppie con figli.

Tutto questo aiuta, ma penso che i giovani siano soprattutto alla ricerca di un nuovo significato da dare al lavoro: ciò che può fare la differenza è sentirsi parte di un’organizzazione, essere coinvolti in un percorso trasparente con vari step di miglioramento all’interno di vision, valori e obiettivi il più possibili condivisi.” (Chiara Moretti)

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CON SIMONA BONALDI VERSO LA NUOVA GAMeC

Ci racconta della sua esperienza alle relazioni esterne e quali sono gli obiettivi per il prossimo triennio?

“L’incarico di Responsabile delle Relazioni Esterne di GAMeC è stato il primo impegno professionale dopo la mia lunga esperienza nel Gruppo Bonaldi e l’ho vissuto da subito con l’entusiasmo di un nuovo inizio, ma con la consapevolezza della maturità. Con l’obiettivo di costruire una importante rete di sostenitori per il museo, ho messo a frutto l’esperienza di imprenditrice che ha sempre ritenuto importante il legame con il territorio nel quale opera, utilizzando il sostegno alle attività culturali come mezzo di restituzione. Partendo da qui ho lavorato per facilitare il dialogo fra il mondo delle imprese e quello dell’arte moderna e contemporanea, perché entrambi hanno in comune uno sguardo innovativo sul futuro e ciò ha permesso di costruire alleanze con il sistema-imprese che non fosse solo un sostegno finanziario, ma una vera condivisione di obiettivi. Per il prossimo triennio l’impegno principale che ci attende è il trasferimento nella nuova sede con un conseguente cambio di scala dimensionale, ma vogliamo arrivarci insieme a tutta la nostra comunità. Inaugureremo infatti fra poco il Biennale “Pensare come una montagna”, un programma diffuso e partecipato che ha tra gli obiettivi quello di intensificare i rapporti tra GAMeC e le persone del nostro territorio, per prepararci idealmente ad entrare “insieme” nella nuova casa”.

L’anno di Bergamo Brescia Capitale della Cultura ha dato risultati molto positivi per le istituzioni culturali cittadine. Come stanno andando i primi mesi del 2024 per la GAMeC? “Lo scorso anno ha visto Bergamo e i diversi attori culturali molto impegnati in attività straordinarie pensate per l’anno della Capitale della Cultura. Nel 2023 GAMeC ha prodotto e allestito sette mostre, determinando una ulteriore crescita sia in temini di collaborazioni internazionali che di visitatori e di sostenitori. Il nostro museo ha visto un forte e costante sviluppo negli ultimi anni, dimostrato dai numeri dei visitatori che tra il 2020 e il 2023 sono stati complessivamente oltre 390.000.

SIMONA BONALDI È LA NUOVA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA GAMEC-GALLERIA

D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI BERGAMO, INCARICO CHE RICOPRIRÀ PER IL PROSSIMO TRIENNIO. NOMINATA A INIZIO APRILE, SUCCEDE ALL’INGEGNER ALBERTO BARCELLA, DOPO AVER RICOPERTO IL RUOLO DI RESPONSABILE DELLE RELAZIONI ESTERNE DELL’ISTITUZIONE

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Laureata in Economia e Commercio, imprenditrice e consulente di direzione, Simona Bonaldi ricopre diversi incarichi importanti: è membro del Consiglio del Comitato Piccola di Confindustria, vicepresidente della Fondazione della Comunità Bergamasca, membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Teatro Donizetti, Amministratore Delegato BergamoNews. È stata, inoltre, membro dei Cda di diverse istituzioni cittadine, tra cui l’Università degli Studi di Bergamo e la Camera di Commercio di Bergamo.

Una crescita esponenziale, quella costruita in questi anni di lavoro, un vero cambio di passo per una realtà diventata istituzione sul e per il territorio, in una dimensione dal respiro internazionale che ha visto la partecipazione di grandi artisti. L’attività del 2024 ha avuto il suo avvio a febbraio con l’apertura della mostra permanente Una Galleria, Tante Collezioni, un nuovo allestimento delle raccolte della GAMeC per restituire la ricchezza del patrimonio d’arte moderna e contemporanea della città di Bergamo e per rafforzare ulteriormente il legame con il territorio.

Questa esposizione resterà in visione per i prossimi due anni e contemporaneamente, a partire dal 17 maggio, il programma Pensare come una montagna coinvolgerà Bergamo e la provincia con progetti diffusi, realizzati in collaborazione con artisti internazionali e comunità locali. Alla GAMeC saranno presentati la mostra di Lin May Saeed e il progetto di Studio Ossidiana in collaborazione con Frantoio Sociale; la Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione accoglierà un’installazione site-specific dell’artista inglese Sonia Boyce, mentre gli interventi di Mercedes Azpilicueta e di Chiara Gambirasio si svilupperanno tra Brembate, Castione della Presolana e Dalmine”.

Lei è un’imprenditrice che si è dedicata molto all’arte e alla cultura: quali possono essere le soluzioni o i modelli innovativi di sinergia tra pubblico-privato?

“Sono una imprenditrice convinta che l’impresa abbia una importante responsabilità sociale per la creazione del benessere, così come tutti quegli enti, pubblici o privati, che si preoccupano della propria comunità. In un contesto come quello attuale dove c’è bisogno di risorse e di idee per trovare delle soluzioni ritengo che, nel rispetto dei ruoli, una sinergia forte tra il pubblico e il privato possa fare la differenza. Ciò è quello che da sempre avviene in GAMeC, museo che si fonda sul matrimonio tra il Comune di Bergamo e TenarisDalmine e che si è ulteriormente sviluppato e rafforzato negli ultimi anni grazie ai tanti nuovi sostenitori. Ne troviamo conferma nella grande crescita dei contributi da privati che sono passati dal 34% del 2019 al 66% nel 2023, espressione di un forte legame fondato su una visione comune.

Ph. F. Buscarino

Il nostro museo, che è innanzitutto centro di produzione, condivide il valore del lavoro con le imprese e le istituzioni anche economiche della nostra provincia, pone al centro le persone e favorisce la riflessione condivisa sui temi della sostenibilità e della partecipazione. Alle decine di imprese che ci sostengono, con continuità e sempre di più, va il nostro immenso grazie: il loro contributo, non solo economico, è stato determinate nel far diventare grande il nostro museo”.

Membro del Consiglio del Comitato Piccola di Confindustria e vicepresidente della Fondazione della Comunità Bergamasca, ha fatto parte dei Cda di diverse istituzioni cittadine, tra cui l’Università degli Studi di Bergamo, la Camera di Commercio di Bergamo, la Fondazione Donizetti. Avendo avuto modo di seguire così tante realtà importanti del nostro territorio, come ha visto cambiare e come sta cambiando la nostra città?

A cosa dedica il suo tempo libero?

“Ciò che amo innanzitutto fare durante il mio tempo libero è stare con la mia famiglia, ancora di più da quando sono diventata nonna. E poi trascorrere il tempo tra le montagne e la pace della Val Serina, luogo da cui proviene la mia famiglia d’origine. Forse è anche per questo che sono così entusiasta del prossimo progetto “Pensare come una montagna”.

“Pur restando fedeli ai propri valori, Bergamo e i bergamaschi sono cambiati molto negli ultimi anni, diventando capaci di raccontare di più e meglio la bellezza e la storia della loro terra e la grandezza della propria operosità. E così vedo imprenditori e imprese che affrontano sfide importanti, confrontandosi con grandi temi internazionali, e vedo la mia città frequentata da cittadini di tutto il mondo per scoprire le meraviglie della nostra Bergamo, tra cui i nostri musei”.

Lei ha un percorso imprenditoriale importante, iniziato in un mondo fortemente maschile come l’automotive. Ha avuto difficoltà durante la sua carriera in quando donna? C’è un modo femminile di fare impresa? “Nella mia vita personale come in quella imprenditoriale ho sempre considerato un valore la complementarità tra il femminile e il maschile, talenti e sensibilità diverse che insieme trovano soluzioni equilibrate. Ho avuto un grande esempio di donna, mia madre, contemporaneamente moglie, mamma e imprenditrice, che mi ha dato la serenità del “si può”, attraverso determinazione, dedizione e cura delle relazioni umane. Spero con il mio esempio di aiutare le giovani donne che ancora oggi devono abbattere tante barriere, ma si può e si deve”.

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Simona Bonaldi con la mamma Carla Comana in una foto del 2008
GAMeC
CON SIMONA BONALDI VERSO LA NUOVA

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ANDREA PEZZOTTA SINDACO NEL DNA

CANDIDATO DEL CENTRODESTRA

ALLE ELEZIONI COMUNALI

DELL’8 E 9 GIUGNO

Andrea Pezzotta, 67 anni, bergamasco, nato e cresciuto nella nostra meravigliosa Città, dove ha sempre vissuto e dove ho costruito la sua famiglia, composta dalla moglie Carlotta e dai figli, Giovanni e Francesca e dove ha sempre lavorato come avvocato penalista. È stato per diversi anni membro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo nonché́ presidente, per un biennio, della sezione locale della Camera Penale. Si è laureato in Giurisprudenza il 12 aprile 1983 presso l’Università degli Studi di Milano ed è iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo dal 20 maggio 1988 ed all’Albo dei Cassazionisti dal 15 dicembre 2000. È stato Assessore all’Urbanistica del Comune di Bergamo dal 2009 al 2014, esperienza altamente formativa e gratificante. Oltre alla famiglia e al lavoro le sue altre grandi passioni sono la musica e lo sport. Fa parte di un gruppo musicale (Bb Band), che si esibisce soltanto per fare beneficienza e pratica sci e golf. Ha una grande ammirazione per il corpo degli Alpini, di cui è stato ufficiale di complemento durante il servizio militare.

Ph. Gian Vittorio Frau 20

È risaputa la passione e l’amore che lei nutre per il suo lavoro: ma perché ha deciso di candidarsi Sindaco?

“La domanda è legittima e merita una risposta. Parto da una citazione illustre. Sabino Cassese, già ministro nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale, ha affermato in un’intervista che ‘Le cariche pubbliche non si sollecitano, ma non si rifiutano’. Condivido questo principio. Non mi sono mai proposto ad alcuno quale possibile candidato Sindaco, ma sono stati alcuni rappresentanti politici dell’area di centrodestra che hanno ritenuto che il mio profilo umano e professionale fosse quello giusto per poterli rappresentare alle elezioni amministrative e mi hanno quindi chiesto se fossi disponibile ad assumere l’impegno.

Ho deciso di accettare per puro spirito di servizio e per l’amore incondizionato che nutro verso la Città dove ho sempre vissuto.

Spirito di servizio, peraltro, che ho sempre respirato in famiglia, dove chi mi ha preceduto mi ha insegnato come lo spendersi per la collettività sia un valore assoluto ed irrinunciabile. E quindi eccomi qui: ho accettato la sfida e farò del mio meglio per non tradire la fiducia che mi è stata accordata”.

La campagna elettorale è quindi per lei un’esperienza nuova, così come la politica in prima persona. Come ha vissuto questi mesi?

“Ho iniziato la campagna elettorale con un sentimento di grande entusiasmo e questo sentimento, invece di affievolirsi, è cresciuto sempre di più man mano che mi confrontavo con le tantissime realtà che caratterizzano il nostro territorio. Mi sono reso conto della enorme ricchezza di valori della nostra gente.

Sono stati dei mesi sicuramente anche molto impegnativi, ma altrettanto intensi e stimolanti perché avuto la possibilità di incontrare moltissimi cittadini durante i Giri di Quartiere e molte persone che a vari livelli sono impegnate nelle associazioni di categoria, nelle attività amministrative cittadine, negli enti di volontariato; ho conosciuto i rappresentanti delle realtà imprenditoriali, i referenti di organizzazioni che si occupano di cultura e turismo, di istruzione e sanità. Insomma, ho avuto il privilegio di entrare in contatto diretto con il ricco e diversificato tessuto sociale e civile bergamasco. Un’esperienza assolutamente arricchente e formativa e che mi accompagnerà in tutto il mio percorso; ogni incontro ha rappresentato un importante fonte di informazioni e di approfondimento di tematiche fondamentali per la gestione amministrativa della città”.

Cosa vorrebbe per la Bergamo del futuro?

“Da alcuni anni, anche grazie allo sviluppo del nostro aeroporto, Bergamo si è aperta di più al mondo. Lo era già sotto il profilo imprenditoriale e commerciale, con la miriade di rapporti che l’intraprendenza dei nostri laboriosi cittadini ha saputo sviluppare negli anni. In questo periodo si sta evolvendo sempre più, anche dal punto di vista turistico. Ebbene, dobbiamo lavorare affinché la nostra Bergamo sia sempre più attrattiva, non solo per i cittadini che vi abitano, ma anche per chi vive in altre parti del mondo e voglia venire da noi per conoscere le nostre bellezze. Dobbiamo lavorare perché sia sempre più allettante per le nuove generazioni e per le giovani coppie. Vorrei che sempre più ragazzi venissero a vivere da noi per studiare nella nostra Università e, magari, per creare qui la loro famiglia o trovare un’occupazione lavorativa che soddisfi le loro aspirazioni. Faremo tutto il possibile affinché le nuove generazioni possano guardare, con rinnovata fiducia, al futuro, immaginandolo ancora qui da noi, con le loro famiglie e con i loro figli, innamorati della nostra città, proprio come lo siamo noi. Vorrei che la città venisse governata con spirito partecipativo, coinvolgendo i cittadini nelle decisioni. Sono consapevole che il percorso che voglio intraprendere non sarà né semplice né scontato, ma sento la forza e l’entusiasmo per affrontarlo nel migliore dei modi”.

Se dovesse indicare una peculiarità della sua campagna elettorale, qualcosa che la connoti, cosa potrebbe dirci?

“In questi mesi ho cercato di muovermi su due livelli paralleli, quello cittadino e locale attraverso incontri con gli enti, le associazioni, gli abitanti dei quartieri, le realtà imprenditoriali e artigianali, insomma conoscendo la gente che vive e lavora nella nostra Bergamo, mentre un secondo livello è stato quello istituzionale e governativo.

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ANDREA PEZZOTTA

“È la visone di insieme che da forza e concretezza al nostro programma, ma se dovessi sottolineare due aspetti che mi stanno particolarmente a cuore sarebbero quelli della famiglia e la lotta alla denatalità e quello della sicurezza”.

Credo che possa definirsi una modalità di ascolto e restituzione: ascolto della città e delle sue istanze e restituzione a chi ha potere decisionale.

L’idea di fondo è che a livello locale occorre saper leggere il proprio territorio, selezionare le priorità̀ di intervento sostenibili e muoversi nella direzione giusta per la loro attuazione, ma in questo processo è altresì fondamentale e determinante attivare rapporti con chi svolge un ruolo di regia a livello governativo per garantire all’amministrazione cittadina la realizzazione di un percorso che porti un beneficio diretto alla nostra comunità. Favorire la cooperazione degli attori locali con quelli nazionali porterà ricadute sicuramente vantaggiose per lo sviluppo e la crescita della nostra Bergamo”.

Quali sono i due punti del suo programma che ritiene imprescindibili? “Ovviamente è la visone di insieme che da forza e concretezza al nostro programma, ma se dovessi sottolineare due aspetti che mi stanno particolarmente a cuore sarebbero quelli della famiglia e la lotta alla denatalità e quello della sicurezza. Due argomenti, tra l’altro, sui quali mi sono potuto confrontare personalmente con il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ho avuto il piacere e l’onore di incontrare qualche giorno fa.

La famiglia è il primo nucleo sociale e non può che essere uno dei temi cardine del mio programma elettorale: la sua affermazione è strettamente connessa alla buona riuscita di qualsiasi altra politica.

La Costituzione italiana riconosce la centralità della famiglia come nucleo fondamentale della società, luogo di sviluppo individuale e sociale. Articoli dedicati tutelano i diritti di ogni famiglia, indipendentemente dalla sua forma, e ne promuovono l'autonomia. In un'epoca di profondi cambiamenti sociali, dove il ruolo della famiglia è messo in discussione è quindi più importante che mai affermare il suo valore inestimabile. Le famiglie, non solo sono il cuore della società, ma svolgono un ruolo cruciale nel suo sviluppo perché generano e educano le future generazioni, trasmettono valori e principi fondamentali, offrono sostegno e cura ai propri membri, contribuiscono al benessere collettivo.

Per questo motivo, è necessario che le politiche comunali sostengano le famiglie attraverso una tutela delle fragilità familiari, delle famiglie numerose a basso reddito, percorsi facilitanti per assistenza sanitaria sia dei minori che degli anziani che debbano trovare soluzione rapide al bisogno di salute e di autosufficienza, percorsi di integrazione nella comunità scolastica da implementarsi e migliorare, politiche dello sport che possano arruolare i giovani indirizzandoli al’impegno e alla solidarietà. Secondo tema fondamentale, è quello della sicurezza, perché incide in maniera profonda sulla qualità della vita delle persone e garantisce sviluppo e benessere. Bisogna non solo far sì che tutta Bergamo sia sicura, ma creare le condizioni indispensabili perché la gente abbia la percezione di sentirsi tranquilla nel muoversi nelle strade della Città sia di giorno che di notte. Questo aspetto della vita amministrativa riveste sempre più importanza e purtroppo, è fatto oggetto di cronaca da parte degli organi di informazione, praticamente ogni giorno. Parlare di sicurezza, significa anche parlare di contrasto al degrado. È, infatti, di dominio pubblico che alcune aree della nostra Città vivano una situazione di degrado, progressivamente peggiorata negli anni, tanto da provocare un sentimento di diffusa insicurezza nella popolazione. Situazione che deve essere contrastata con ogni mezzo a disposizione”.

La sua lista è composta da donne e uomini davvero civici e che hanno dichiarato di volersi mettere a servizio della Città per l’amore e la riconoscenza verso Bergamo.

“I candidati hanno un ruolo centrale perché ho voluto circondarmi di persone particolarmente valide nei rispettivi ambiti di competenza, trentadue persone di valore, che hanno condiviso per primi i valori che mi ispirano e le ragioni che hanno determinato la mia discesa in campo. Ma non solo. Hanno avuto il coraggio di affiancarmi in prima persona in questa avventura, mettendo a servizio della nostra Bergamo lo loro esperienza e competenza ed il loro impegno concreto per vincere le prossime elezioni amministrative. La squadra è molto operativa e propositiva, infatti i candidati hanno formato dei gruppi di lavoro tematici su aree di interesse riprese dal programma elettorale: sicurezza, vivibilità e sostenibilità, giovani, fragilità e inclusione, cultura e turismo, commercio e lavoro, famiglia, sport; i gruppi si sono riuniti e si riuniscono per condividere, approfondire le tematiche, formulare proposte e per organizzare incontri con i cittadini e addetti ai lavori per sensibilizzarli sulle diverse questioni. Insomma, rappresentano un supporto concreto nel migliorare il nostro approccio rispetto ai vari tasselli dell’amministrazione sempre con una notevole carica di entusiasmo di energia”.

Abbiamo di fronte l’ultimo scampolo di campagna elettorale, come se lo figura?

“Immaginare che ci sia un periodo ancora più intenso di quelli che ho vissuto fino adesso mi sembra praticamente difficile, però tutti mi ripetono che sarà così e questo significa che dovrò inventarmi un avatar per essere presente contemporaneamente in più posti! Scherzi a parte, ovviamente cercherò anche in questo arco di tempo che ci divide dalle elezioni, di girare il più possibile, di incontrare più persone possibili, di far capire la bontà delle nostre idee, di far percepire l'entusiasmo che mettiamo in questa avventura per cercare di ottenere il consenso che ci servirà per raggiungere l’obiettivo. Devo dire che dai riscontri avuti in questi mesi, la risposta della città è particolarmente positiva e si avverte per le strade una certa elettricità, un desiderio profondo di cambiare rispetto al passato”.

Chiudiamo con qualcosa di personale; mi confiderebbe un suo pregio e un suo difetto?

“Ho imparato nella vita a non pensare ai problemi alle tre di notte, quando sembrano insormontabili. Ma aspettare alla mattina, quando il sole rinasce e la realtà cambia. Sono convinto che nella vita serva un po’ di leggerezza, che non significa superficialità. Difetto? La precisione, mia moglie Carlotta e i miei figli direbbero la pignoleria, per essere precisi, e aggiungerebbero che questo non è l’unico!”.

Andrea Pezzotta con la moglie Carlotta e i due figli Francesca e Giovanni

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CARLO SAFFIOTI

UN GRANDE RITORNO, UN RITORNO ALLA GRANDE

ESPONENTE DEL MONDO LIBERALE, FEDELE DA SEMPRE A FORZA ITALIA, TORNA IN CAMPO CARLO SAFFIOTI AL FIANCO DI ANDREA PEZZOTTA CANDIDATO SINDACO DEL CENTRODESTRA

Di Carlo Saffioti conosciamo la passione per la politica nata sui banchi del Liceo Sarpi e maturata negli anni dell’Università a Pavia dove si è laureato in Medicina e in seguito specializzato in Psichiatria. Erano tempi in cui non essere di sinistra era persino pericoloso dato il pensiero dominante. Nel tempo, lo abbiamo seguito nel suo percorso politico, dalla prima elezione in Consiglio Comunale nel 1985, alla rielezione nel 1990 fino alla nomina ad Assessore al Commercio e al Turismo al Comune di Bergamo nella giunta “pentapartito” capeggiata dal democristiano Gian Pietro Galizzi, quale esponente dell’allora glorioso Partito Liberale. Tra i fondatori di FI a Bergamo, dove era confluito dopo lo scioglimento del PLI, Candidato in Regione, è stato eletto per 4 volte, sempre con oltre 10 mila preferenze; ha ricoperto vari ruoli, da vicepresidente del Consiglio a Presidente della commissione Sanità. Quelli sono stati gli anni in cui la sanità della Lombardia veniva indicata come un’eccellenza a livello europeo ed era presa ad esempio per tutto il Paese.

Poi nel 2013 lo stop con la politica praticata e il ritorno alla professione di Psichiatra che svolge attualmente presso la Fondazione

Emilia Bosis che è impegnata per la riabilitazione dei pazienti psichiatrici, per lo più giovani, in collaborazione con i servizi psichiatrici ospedalieri. Una realtà molto complessa, specchio delle criticità della società odierna, piena di dolore ma anche ricca di affettività e di speranza.

Carlo Saffioti era tra i papabili candidati sindaco quando sembrava che l’indicazione spettasse a FI. Un sondaggio della Ghisleni lo aveva visto prevalere in tutti i quesiti posti sugli altri possibili candidati. In seguito, però, è spettato a Fratelli d’Italia indicare il candidato sindaco per il centrodestra e così è nata la candidatura di Andrea Pezzotta.

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Ritenendo che la sua candidatura possa rafforzare la proposta del centro destra ha accettato di rimettersi in corsa per la città quale capolista di Forza Italia (con la nomina a Vicesindaco in caso di vittoria di Pezzotta). Per la compagine che accompagna e sostiene Andrea Pezzotta è sicuramente un ottimo acquisto: Carlo Saffioti è conosciuto ed apprezzato per le sue doti umane e la capacità di mediare. Gode di molta simpatia negli ambienti altolocati di Bergamo, è impegnato nel volontariato (da sempre attivo con l’Ospedale da Campo ANA), nel mondo culturale (cultore del Risorgimento) e sportivo (è un maratoneta) e sarà certamente in grado di portare consensi al candidato sindaco, magari riportando al centrodestra i tanti voti della classe medio borghese sedotta alle ultime due tornate elettorali dalle sirene di Giorgio Gori.

Quali sono le motivazioni di questo suo ritorno alle origini?

“La passione per la politica è rimasta sempre intatta, nonostante il lungo periodo di distacco che mi sono preso dopo l’esperienza in Regione e potermi rimettere a disposizione dell’area politica a cui da sempre appartengo, mi ha ridato slancio, certo di poter offrire ai compagni di viaggio un discreto bagaglio di esperienza e competenza”.

Come si contrappone la sua idea di città a quella costruita dal centrosinistra in questi dieci anni?

“Giorgio Gori ha certamente fatto molto, sia in positivo, sia in negativo. In questi dieci anni ha realizzato tutto quello che poteva, anche grazie alle ingenti risorse economiche di cui ha potuto disporre. Sono però convinto che adesso sia necessario cambiare e che un centrosinistra senza Gori non potrà fare niente di nuovo e di più per la nostra città, pur con la simpatia e la considerazione che ho per Elena Carnevali.

UN GRANDE RITORNO, UN RITORNO ALLA GRANDE

SARÀ VICESINDACO IN CASO VINCA PEZZOTTA

Bisognerà adottare un approccio diverso per risolvere quei problemi trascurati, se non addirittura creati, durante l’amministrazione Gori. Traffico, sicurezza, urbanistica, arredo urbano e politiche culturali. Questi gli snodi fondamentali. Tutto il “presente” creato dovrà essere integrato con il passato di Bergamo, la modernità armonizzata con la tradizione, i nuovi cittadini con i vecchi, le esigenze dei giovani con i bisogni sempre crescenti della popolazione anziana. Le nuove costruzioni di City Life, della Montelungo, di tutto il comparto Porta Sud dovranno essere metabolizzati dalla città esistente”.

Quindi cosa propone per il futuro di Bergamo?

“Una Bergamo che va verso il futuro rinnovata e innovativa ma non snaturata nelle caratteristiche che nella storia si sono formate e che la rendono la città più bella al mondo. Capace di aprirsi all’Europa (come l’Atalanta!), ma senza esserne invasa. Ci sarà bisogno di un metodo molto diverso da quello un po’ presuntuoso attuato dal centrosinistra, che sia basato sull’ascolto attento dei cittadini e sulla valutazione degli effetti collaterali di ogni provvedimento. Bisognerà proseguire nel rendere la città sempre più attrattiva per giovani nuclei familiari creando strutture e servizi che vadano incontro alle loro esigenze, senza dimenticare che la popolazione tenderà inesorabilmente ad invecchiare e bisognerà essere in grado di rispondere adeguatamente facendo delle nuove tecnologie uno strumento importante. Bergamo dovrà collaborare con le amministrazione dei paesi vicini, facendo valere la propria leadership. Senza sconfinare nell’ideologia, bisogna mettere nel mirino tutte le possibili fonti di inquinamento dell’aria, a cominciare dalla conversione all’utilizzo di fonti energetiche alternative agli idrocarburi per il riscadamento degli edifici di proprietà pubblica. L’amministrazione uscente ha sottovalutato il problema sicurezza che è trasversale a tutti: l’anziano, lo studente, il turista, tutti devono sentirsi sicuri. Senza sicurezza non c’è libertà. Sicurezza vuol dire anche arredo urbano, illuminazione, tecnologia, conoscenza delle ricchezze artistiche e paesaggistiche della città. Vuol dire superare quella mentalità un po’ provinciale che dà valore a quello che viene da fuori e non tiene conto di quanto prodotto dalla nostra comunità. Mi riferisco soprattutto alla cultura che deve sì guardare lontano ma senza dimenticare il giardino sotto casa”.

CARLO SAFFIOTI, CANDIDATO AL CONSIGLIO COMUNALE DI BERGAMO PER FORZA ITALIA AL FIANCO DI ANDREA PEZZOTTA

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Carlo Saffioti con Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano, a Bergamo per sostenere la candidatura dell’amico Carlo Saffioti, volontario nell’ospedale da campo degli Alpini e in versione runner: ha pertecipato più volte alla Maratona di New York

Amministrative 2024 CANDIDATA AL CONSIGLIO COMUNALE

NELLA LISTA CIVICA “PEZZOTTA SINDACO”

LAURA ADELE FELTRI

PROFESSIONE

AGENTE IMMOBILIARE DA SEMPRE IMPEGNATA IN VARIE ASSOCIAZIONI CHE SI OCCUPANO DI MIGLIORARE LE CONDIZIONI SFAVOREVOLI DELLE PERSONE IN CITTÀ

FIGLIA DEL FAMOSO GIORNALISTA E SCRITTORE VITTORIO FELTRI.

Per conoscermi meglio www.laurafeltri.it

Quale sono state le motivazioni che l’hanno spinta a candidarsi per le lezioni amministrative del Comune di Bergamo?

“Per la parola data quando mi chiesero di candidarmi alle elezioni regionali. Declinai quell’invito spiegando che desideravo occuparmi prima della mia città, perché la sento più vicina a me come realtà, perché sono nata, vivo e lavoro a Bergamo”.

Perché ha accettato la candidatura nella lista civica dell’Avvocato Pezzotta??

“La lista civica mi permette di proporsi a 360° a tutti i cittadini, senza una connotazione partitica specifica, ma sicuramente di centro destra. Conosco da molti anni Andrea, ci incontriamo spesso perché la mia agenzia immobiliare è di fronte al suo studio e abbiamo sempre chiacchierato in modo piacevole. Gli riconosco valori uguali ai miei: l’ascolto, che deriva dall’indole e dal lavoro che svolgiamo a contatto con le persone, la gentilezza, la mediazione nel trovare soluzioni, lo sguardo attento agli altri, la famiglia che entrambi abbiamo nel cuore”.

Parlando di famiglia, cosa ha detto suo padre Vittorio, di questo suo impegno? “Mio padre è contento che mi dia da fare per la città. Non si può stare comodamente seduti vedendo che ci sono situazioni da migliorare e, avendone le capacità, bisogna metterci la faccia, proporre ed impegnarsi. Fin da piccola mi ha sempre detto che è piacevole vivere in questa città per mille motivi. Architettonicamente è pregevole, il Parco dei Colli è un fiore all’occhiello che preserva la natura che ci circonda, le nostre Valli a poca distanza ci permettono di respirare aria buona... manca solo il mare! Se ci fosse anche quello, i bergamaschi non andrebbero più in vacanza perché non mancherebbe nulla pensando anche alla nostra tradizione in cucina, che è armoniosa senza tanti fronzoli”.

Quali sono i suoi pensieri per una città migliore?

“Ciò che penso scaturisce dalla conoscenza dei quartieri della città e dall’ascolto delle persone che incontro quotidianamente nel mio lavoro di agente immobiliare.

1) La sicurezza è fondamentale: è diventato rischioso anche solo fare una passeggiata alla sera nel parco con il cane. Lo dico in prima persona perché non lo faccio più nemmeno io.

2) Incrementare una stretta collaborazione tra Sindaco, Prefetto, Polizia locale, Carabinieri e volontari per un maggiore controllo della città, reintroducento il servizio del Vigile di quartiere.

3) Un’integrazione reale che non sia “parcheggiare” persone alle quali abbiamo dato un posto dove dormire e qualcosa per sfamarsi, perché questo non serve ne a loro ne ai cittadini.

4) I quartieri vanno curati in modo più capillare. Non esiste solo il turista a Bergamo, esistono i bergamaschi che ci abitano ed hanno pari dignità. Iniziando dai marciapiedi sconnessi e i parchi poco illuminati che vanno più attenzionati, ricordandoci che sono popolati da mamme, nonne e bambini. Il diritto a vivere1 in luoghi sicuri è fondamentale!

5) Tutelare maggiormente l’ambito sportivo e culturale In un colpo solo sono venuti a mancare spazi idonei a queste manifestazioni e le associazioni hanno forti perplessità su ciò che è stato proposto. Se non incrementiamo lo sport e la cultura intesi come occasioni di svago e di crescita per i giovani, come pensiamo di contribuire alla formazione delle generazioni future? Siamo responsabili dei ragazzi di oggi che domani saranno adulti e dobbiamo chiederci quale Bergamo stiamo costruendo per loro.

6) Le opere pubbliche avviate devono vedere la realizzazione: non si può pensare ad una città dove vecchi spazi restino abbandonati, quando potrebbero essere altrimenti utilizzati.

7) Il commercio va sostenuto in maniera più forte Il continuo aprire e chiudere di attività, è un segnale preoccupante che qualcosa non funziona e per questo va prestato ascolto alle esigenze delle varie associazioni dei commercianti e costruite proposte unitarie per arrivare ad un miglioramento della situazione. Una città con negozi fiorenti è sinonimo di servizi utili a tutte le fasce dei cittadini. Penso a certi quartieri, abitati per la maggior parte da persone anziane che non possono recarsi nei centri commerciali, dove devono esserci i negozi di vicinato perché svolgono un servizio di prima necessità e di aggregazione. 8) La viabilità è un punto a cui prestare la massima attenzione per non intasare la città con lunghe code di automobili che peggiorano la qualità della vita e che in alcune zone causano il deprezzano del valore degli immobili. L’accesso a Città alta va reso più snello e le Ztl vanno studiate in modo che ci si possa comunque muovere anche in centro per entrare nei parcheggi e agevolare le consegne nei negozi. I flussi in entrata e uscita da Bergamo vanno ripensati per renderli più scorrevole, evitando ai tanti pendolari di trascorrore tempo prezioso incolonnati in auto”.

In conclusione, perchè si dovrebbe barrare il simbolo di Pezzotta Sindaco e scrivere Feltri?

“Mi piacerebbe poter dimostrare che mi spenderei realmente in modo costante per gli obiettivi e i valori in cui credo, per aiutare i miei concittadini a vivere in una città migliore”.

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DI BERGAMO

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TUTTI A VOTARE

Tra pochi giorni andremo a votare sia per elezioni locali, sia per le europee e, come sempre accade poco prima del momento cruciale, la Magistratura non trova meglio che creare della confusione tra gli elettori, non certo tra quelli schierati e che fanno politica, che tutto sanno e tutto vedono, ma verso quel gran numero di elettori indecisi tra il non andare a votare e chi votare.

Il terzo polo ormai divenuto quarto o quinto, si schiera con chi può dare di più e salva il presidente della Regione Puglia da un atto politico di sfiducia al suo governo ormai monco ed in odore di mafia (si dice). Assessori dimessi e nuovo reimpasto…vedremo chi saranno i sostituti, e poi si parla di voto di scambio…. Acca nissuno è fesso, poremmo dire.

In liguria il presidente è agli arresti domiciliari dopo 4 anni di inchieste e negli ultimi due serratamente… Piaceri, soldi e donnine in cambio di voti, come prima più di prima…. Anche qui: dov’è il fesso che pensava che mani pulite avesse risolto tutto? Nessuno ci ha mai creduto e nessuno ci crede, partendo dall’allora presidente Cossiga che non si fidava di Di Pietro, dei suoi pard e del suo capo.

Si è vista la unidirezionalità delle indagini, gli arresti, i suicidi, ma soprattutto le grandi assoluzioni a posteriori… Certo ora rivangare Craxi e gli altri sarebbe troppo, ma la stampa è sempre la stessa. Dio mio, Dio mio, perchè non dobbiamo mai imparerare dalla storia? Dal Panzeri a Bruxelles a tutti gli altri? Facciamola finita con il credere che tutti siano puri, tutti siamo uguali, un amico è un amico, i voti si cercano e come facevano per il Senato romano, si comprano.

POLITICANDO

Ora desidereremmo che Israele facesse un passo indietro in Palestina, ma perché abbiamo permesso che Hamas arrivasse a tanto?

Domande e ancora domande senza risposta, forse perché la risposta a ciò è talmente facile e scontata.... Però cozzando contro gli interessi generali, si è accettato Hamas, l’Iran, il Qatar e avanti così ed ora si lascia ad Isralele il compito di ditruggere Hamas (improbabile ma necessario) e la guerra è dura e fa tanti morti innocenti. Il premier israeliano vuole essere colui che vince la seconda guerra dei 6 giorni, che però durerà un anno....

La politica non esiste quasi più, solo interessi, solo demagogia, solo partenariato e web informazione, cioè disinformazione.

Però ciò deve avvenire nel massimo della legalità, senza recludere nessuno prima di una sentenza, a meno che vi sia la possibilità di reiterazione del reato.

Garantista come sempre, innocente si è sino a sentenza.

Che la Magistratura compia il suo corso, si facciano le indagini necessarie, che gli avvisi di garanzia arrivino perchè il sospettato possa difendersi, ma una moratoria sino al 10 giugno, a mio modesto parere era dovuta per entrambi i casi citati.

Però ora siamo davanti ad una scelta epocale: Europa nuova o vecchia, con le distorsioni dal progetto dei Padri Fondatori del 1957 che firmarono il trattato a Roma, oppure una nuova Europa che rivoluzioni tutto mettendo i cittadini al centro dell’interesse generale e non solo la burocrazia o gli interessi delle grandi imprese?

La sinistra cosa ci ha dato sino ad ora? La destra centro o centro destra internazionale cosa potrebbe darci? Queste sono le domande che dobbiamo porci, importantissima la risposta a ciò. Siamo tutti Israeliani o tutti Palestinesi? Solo ora approviamo la presenza all’Onu della Palestina come stato, perché non prima?

Come nelle nostre città, Bergamo e Brescia. Chi ha governato negli ultimi 10 anni ha fatto cose importanti, dopo il patto di stabilità che non ci faceva spendere nemmeno un centesimo anche se avevamo milioni in cassa, abbiamo poi potuto spendere e fare debiti amministrativi e allora tante belle cose sono state fatta: grazie di cuore, era tutto necessario e dovuto. Però ci sono le storture, per entrambe le città, il traffico, la sicurezza, la mancanza di progettualità della vita quotidiana…. Certo le grandi opere e le opere necessarie vanno fatte, ma devono essere modulate in modo corretto. I ghetti che esistono nelle nostre città lo dimostrano: attenzione ai sobborghi alla francesse ed ai centri cittadini modello Zoo di Berlino. Attenzione alla denigrazione delle forze dell’ordine, attenzione all’ospitalità gettonata... Insomma la sinistra sarà capace di rivedere gli sbagli? O almeno la sottovalutazione di questi fenomeni?

Forse è meglio un ricambio democratico con chi ha una visione diversa ed un approccio meno lassista e morbido, sempre nell’applicazione delle leggi, che ci sono ma sono disattese?

Ecco questo è il vero e reale quesito che l’elettore si pone: siamo il paese dei balocchi o possiamo diventare una realtà diversa con una migliore qualità della vita e una maggiore sicurezza?

L’8 e il 9 giugno siamo chiamati a votare, vedo tante facce di gente meritevole che si è avvicinata alla politica ben vengano...

Ma i voti sono solo quelli che vengono scritti sulle schede elettorali, si contano e si apprezzano nelle loro differenze, tra le promesse di voto e le intenzioni e poi il voto vero. La politica è sempre la solita, il voto si prende porta a porta, da amico ad amico, da colui che c’è e tra colui che non cè. Vinca il migliore si voti il migliore, ma si vada a votare, tutti quanti, nell’interesse della democrazia e della libertò di pensiero. Io andrò, la mia famiglia anche. Ne stiamo già parlando in casa… Facciamo tutti la stessa cosa.

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ELEZIONI AMMINISTRATIVE COMUNALI

Bergamo, 8-9 giugno 2024

+ Sicura + Vivibile

Competenza e impegno per la nostra Bergamo

+ Vicina ai cittadini

+ Attenta:

alla cultura alle famiglie ai giovani alle persone fragili allo sport

Giulia Monti

10 ANNI CON VOI

PRESTIGIOSO TRAGUARDO PER L’AGENZIA ENGEL & VÖLKERS BERGAMO, DA SEMPRE UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER COLORO CHE

SONO ALLA RICERCA DI IMMOBILI RESIDENZIALI NELLE ZONE PIÙ ESCLUSIVE DELLA CITTÀ, DEI COLLI BERGAMASCHI E DELLA NOSTRA SPLENDIDA PROVINCIA

Dieci anni, sembra ieri. Era l’antivigilia del Natale 2013 quando, in piena crisi finanziaria, la famiglia Tassoni decise di sottoscrivere il contratto di affiliazione con Engel & Völkers per l’apertura dello shop di Bergamo. Da molti fu definita una scommessa oltre che una scelta assai coraggiosa vuoi per la profonda crisi in cui ci trovavamo in quegli anni, vuoi per il target di mercato a cui da sempre questa prestigiosa realtà specializzata in vendita e locazione di immobili residenziali di pregio si rivolge, vuoi per gli obiettivi ambiziosi ed i tempi per raggiungerli condivisi con la casa madre, primo fra tutti l’apertura dello shop in soli cinque mesi. Ebbene, se queste erano le scommesse, sono state tutte vinte!

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Eccezionali i risultati conseguiti grazie alla creazione di una squadra di professionisti, un team affiatato e coeso che ha saputo costruire in breve tempo strategie vincenti non solo per penetrare nel mercato al top centrando obiettivi prestigiosi ma anche favorito lo sviluppo del brand Engel anche a Bergamo così come avvenuto in Italia e nel mondo.

“In questi anni la costante formazione acquisita dall’Academy Engel & Völkers di Amburgo - ci ha raccontato Francesco Tassoni, Licence partner dell’agenzia di Bergamo - è stato il contorno che è diventato anima e sostanza della nostra attività: gli insegnamenti, l’entusiasmo, il puntare all’obiettivo, infatti, sono entrati a far parte del nostro modo di essere e di agire. La nostra clientela ha potuto così constatare l’efficacia del metodo Engel & Völkers, una strategia che consente di vendere il proprio immobile in tempi rapidi e, soprattutto, in linea coi valori di mercato. Competenza, professionalità e passione, dunque, non sono solamente degli slogan ma un modo di concepire il lavoro e la vita. Quando questi valori animano ciascun componente del nostro team, i risultati non possono che essere grandiosi. Certo un ruolo determinante l’hanno avuto i nostri clienti che, una volta toccato con mano cosa significa affidarsi ad Engel & Völkers, ci hanno dato fiducia e noi l’abbiamo ricambiata con tanti successi. Grazie a loro abbiamo potuto crescere come squadra e come azienda. Ora nuove sfide avvolgenti ci attendono: il mercato e le esigenze delle famiglie è profondamente cambiato. Noi, col nostro gruppo, siamo pronti ad affrontare e vincere queste nuove sfide”.

(Dott.Tassoni Francesco Licence Partner)

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GIOVANNI LICINI

C’ERA UNA VOLTA IL TENNIS VIP

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Chiara Moretti - ph. Foto Studio San Marco

Quattro chiacchiere con Giovanni Licini, fondatore dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà, unavera macchiana da guerra che da anni si prodiga per il territorio bergamasco: durante la pandemia, grazie a lui la città ha avuto l’ospedale alla Fiera gestito dagli Alpini e una rara Tac mobile dall’Olanda per l’ospedale di Seriate. Adesso il nuovo obiettivo dell’Accademia è andare in soccorso laddove si soffre di più. Vicino ai malati oncologici che hanno visto un incremento preoccupante. Ci racconti qualcosa…

“Sabato 20 aprile abbiamo inaugurato un nuovo polo oncologico presso la Casa di Cura San Francesco, con quattordici linee di chemioterapia e dodici posti letto. La clinica si occuperà dell’infusione dei farmaci che saranno forniti dall’Ospedale Papa Giovanni, in una sinergia tra pubblico e privato. Il tutto è iniziato grazie al Dott. Antonello Quadri, dal maggio 2023 primario oncologo alla San Francesco (in precedenza al Papa Giovanni, poi passato al gruppo San Donato Ponte San Pietro), che mi ha chiesto aiuto perché i tumori nella bergamasca stanno aumentando in modo vertiginoso, anche tra i giovani. A tal proposito, nel dicembre scorso, abbiamo spinto tutti i nostri sponsor a fare un regalo di Natale alle donne lavoratrici, stipulando una convenzione con il Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle per fare prevenzione, effettuando mammografie e visite senologiche a prezzi convenientissimi”.

Torniamo ai suoi inizi: come è arrivato all’idea dei tornei di tennis con i vip? “Dopo aver terminato gli studi, a 21 anni sono stato assunto dalla Cariplo a Milano, presso il loro centro elettronico. Ero un ragazzo di provincia, immerso in una metropoli: un mondo completamente nuovo per me. La banca aveva un centro sportivo, teatri, case al mare, in montagna e io non potevo che chiedermi: “Accidenti, ma dove sono arrivato?”. Nel mentre, mi hanno inserito nella squadra di tennis della Cariplo: man mano scoprivo una realtà diversa da quella a cui ero abituato da ragazzo, fatta di oratori e campi di provincia. È stato un incidente stradale a riportarmi a Bergamo, sempre in Cariplo, ma in una filiale. Il mio mondo è cambiato completamente, di nuovo: a Bergamo non c’era niente, a Milano avevano tutto. Ho deciso di sfondare le porte che bloccavano tutto ciò che era la banca nel milanese per portare all’esterno del territorio qualcosa di nuovo: così, nel 1976, ho fondato il gruppo sportivo di tennis della Cariplo a Bergamo. Da zero, in due anni, siamo passati a duecentoventi iscritti. Vista l’esperienza positiva e poiché mi occupavo anche dell’area marketing della banca, in seguito, ho ideato un primo torneo, Tennis Vip, all’ombra del campanile di Lallio. Tra i partecipanti c’erano calciatori come Giacinto Facchetti e Angelo Domenghini, il cantante Fred Bongusto, Milo e Fausto Radici e vari imprenditori. Nel tempo il torneo si è fatto conoscere, ci siamo ingranditi e ci siamo spostati a Gavarno, ad Alzano, alla Città dei Mille, al Tennis Bergamo e poi a Sarnico. Nel 2002, abbiamo cambiato pelle ed è nata l’Accademia dello sport per la solidarietà, per far sì che i proventi del torneo contribuissero a qualcosa di buono. Una specifica: noi non doniamo soldi, ma attrezzature. Il denaro vola, l’attrezzatura rimane, è una risposta concreta ai bisogni del territorio”.

Siete mai andati oltre Bergamo?

“Il nostro statuto prevede che l’Associazione agisca per il territorio bergamasco, ma in due casi abbiamo contravvenuto questa norma. Entrambe le volte a muoverci è stato un terremoto: Carpi nel 2012, Amatrice nel 2016, città a cui abbiamo donato rispettivamente tre casette mobili. Con le venti famiglie di Amatrice abbiamo ancora oggi un contatto mensile anche perché, nell’anno della tragedia, grazie alla collaborazione con l’Azienda autonoma di soggiorno della Val Pusteria (Monguelfo-Tesido), venti di loro hanno trascorso al Nord un periodo di ripresa”.

Cosa vi ha spinto, nel 2002, al salto verso il mondo della solidarietà?

“In quegli anni, il Tennis Vip, appoggiato dal Tennis Club Bergamo, era ormai diventato un evento importante per il territorio.Tuttavia, il Consiglio dell’epoca voleva entrare nel merito della gestione del torneo: come organizzatori temporeggiavamo nella decisione, considerato che, oltretutto, il ricavato economico dell’evento rimaneva nelle casse del Circolo. Il Dott. Piero Pedroli, allora presidente di Tennis Bergamo, mi ha consigliato di creare un’associazione tutta nostra, idea subito suffragata da me e Franco Morotti. Il progetto ha così preso il via e lo statuto redatto è stato esaminato dallo studio Pedroli e dalla Guardia di Finanza. Da quel momento, l’evento sportivo si è trasformato, divenendo solidale: abbiamo cambiato marcia, siamo passati dallo sport alla solidarietà, finendo con l’essere sulla bocca di tutti… quest’anno, pure la premier Meloni ci ha inviato una lettera, letta durante l’inaugurazione del polo oncologico alla San Francesco.

Nella foto in alto Giovanni Licini con il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. In basso la consegna a Licini del Premio Rosa Camuna della Regione Lombardia conferito dal suo presidente, Attilio Fontana, per l’impegno e l’energia profusi durante il periodo del Covid in soccorso e a sostegno delle popolazioni colpite dalla pandemia.

Il passaggio all’ambito della salute è stato automatico… “Sì, perché siamo sempre stati vicini a chi ha necessità particolari: negli anni trascorsi, ad esempio, abbiamo dato un grosso aiuto agli amici dell'oncologia Val Seriana e Val Cavallina, donando autovetture per il trasporto dei malati, un immobile ad Alzano per ospitare chi, sul territorio, è affetto da tumore e necessita di cure importanti e un’ambulanza alla Croce Blu Basso Sebino. Ci siamo sempre rivolti a coloro che sono nella fragilità, come i ragazzi con la sindrome di Down, e diamo sostegno anche ad ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili). Dopo il Covid, abbiamo riportato il nostro evento dal Tennis Mongodi di Cividino a Bergamo: la location più idonea è risultata la Cittadella dello Sport, dove abbiamo anche l’ufficio. Da una riunione con Vittorio Bosio (presidente nazionale CSI) e con il presidente del CSI Bergamo, è nato l’accordo per potenziare gli impianti sportivi esistenti: si è passati da due campi in cemento a quattro in terra battuta, scoperti e coperti, tre campi di padel e relativi spogliatoi. Il tutto è stato finanziato da noi, dal CSI e da regione Lombardia, con il sostegno del presidente Fontana, di Roberto Anelli e Claudia Terzi. Siamo dove c’è necessità, ci siamo sempre stati e sempre ci saremo. Come di recente ha ricordato Bosio, sport, salute e solidarietà viaggiano insieme: lo sport deve portare salute e dove non c’è salute, ci deve essere solidarietà”.

La passione per il tennis è nata quando ha iniziato a lavorare in Cariplo?

“No, è un qualcosa che mi ha sempre accompagnato: non dico sia stato un motivo di vita, ma qualsiasi ora avessi libera, l’ho sempre passata giocando a tennis, portando con me tanti amici. Siamo diventati grandi insieme, io ed il tennis, nella bergamasca… è stato un mio veicolo di vita. Adesso, come associazione, organizziamo sia tornei di tennis, che di golf: ci occupiamo degli sport più attinenti, se così vogliamo dire, alla vita del cittadino comune, che non pratica sub o vela. Il tennis dà uno sprint di vita perché è sempre relazione con l'altro, non solo per vincere, ma per battagliare, come nella vita. Nel tennis, ogni palla che giochi, la giochi per vincere, non tanto per battere l’avversario, ma per capire il tuo livello di gioco. Il golf, che oltretutto si pratica nei parchi più belli d’Italia, è abbastanza simile perché giochi per te stesso, per abbattere il tuo handicap, più che l’avversario”.

Cosa ne pensa del padel, invece?

“Sarò di parte, ma per me è un po’ un tennis di serie B! Indubbiamente piace a tanta gente e quindi porta un valore aggiunto allo sport, ma credo che tra i due ci sia ancora un abisso. La conferma viene anche dalla Sinner-mania che ha riavvicinato tanti bambini al tennis, una disciplina che ha una propria cultura, che richiede la frequenza di una scuola per essere appresa, al contrario del padel che un po’ tutti possono praticare. Comunque, la Federazione Italiana Tennis vuole arrivare a superare, a livello numerico, il calcio, impresa a cui la moda del padel sta contribuendo tantissimo: basti pensare che oggi nella bergamasca i campi di padel sono quasi il doppio di quelli di tennis”.

A breve cambierà l’amministrazione cittadina: influirà sul vostro rapporto con il territorio?

“Ho buonissimi rapporti con tutti i candidati sindaci, soprattutto con Elena Carnevali, moglie del Dottor Molinero, ex primario alla Casa degli Angeli a Mozzo, struttura che porta aiuto a chi è nel momento di un trauma enorme e non può più camminare. L’Accademia ha donato a questa realtà dei letti particolari ed insieme si è realizzato un percorso per abituare le persone costrette in sedia a rotelle, dopo un incidente, ad una nuova normalità, nelle diverse difficoltà urbane. Elena Carnevali sa quanto facciamo, così come Andrea Pezzotta, che conosciamo a livello sportivo perché, giocando a golf, partecipa ai

GIOVANNI LICINI

C’ERA UNA VOLTA IL TENNIS VIP

“Il tennis dà uno sprint di vita perché è sempre relazione con l'altro, non solo per vincere, ma per battagliare, come nella vita. Nel tennis, ogni palla che giochi, la giochi per vincere, non tanto per battere l’avversario, ma per capire il tuo livello di gioco”.

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nostri eventi. Chiunque vinca le prossime elezioni sosterrà l’Accademia, di questo sono sicuro. Questa vicinanza è fondamentale perché il macigno della burocrazia, a volte, ferma anche le onde più alte del mare: io non mi arrendo mai, vado sempre avanti per la mia strada, ma ben venga un aiuto da parte dell’amministrazione per superare certi piccoli ostacoli burocratici”.

Quali sono i prossimi obiettivi dell’Accademia? Qualche mese fa, ha dichiarato che il 2024 sarebbe stato un anno economicamente complesso vista l’attuale situazione geopolitica… “Ormai, dal 2002 ad oggi, abbiamo visto annate difficili ed annate meno difficili, ma la cosa che mi sorprende sempre è che l’aiuto non ci è mai mancato. Le aziende, anche quando hanno vissuto periodi bui, non ci hanno mai negato il loro sostegno, il che significa che la nostra credibilità va al di sopra anche delle difficoltà economiche. Certo, l'economia in questo momento, per le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente, sta segnando il passo, ma confidiamo in un aiuto come nel passato, come durante la crisi del 2007-2008, quando continuamente ci meravigliavamo di come tutti stessero al nostro fianco. E questo perché?

Perché siamo a Bergamo. Fossimo da qualsiasi altra parte, le cose sarebbero diverse, ma i bergamaschi, anche nei momenti di difficoltà, pensano sempre di poter dare una mano a chi è più in difficoltà di loro.

L’Accademia dello sport per la solidarietà vive perché è a Bergamo, dove qualsiasi cosa noi proponiamo viene accolta, perché fa parte del nostro DNA aiutare il prossimo.

L’emergenza Covid conferma quanto ha appena detto…

“Io lo dicevo vent'anni fa che Bergamo è la capitale della solidarietà. Poi, qualcuno si è accorto che era vero e sono piovute le celebrazioni e le medaglie. Ma non sono le medaglie che si portano al petto ad essere importanti, ciò che conta è quello che ognuno di noi ha dentro. Dopo il Covid ho ricevuto tanti riconoscimenti, ma la vera medaglia, per me, è stata aver avuto la possibilità di salvare tanta gente. Incontrare una persona che non conosci e ti ringrazia perché hai salvato la sua mamma, questo ha un valore inimmaginabile”.

Per concludere: un parere su BgBs23?

“Sicuramente, raggiungere un riconoscimento del genere è stato un traguardo importante e vanno fatti i complimenti all’amministrazione comunale. Credo, però, non si sia dato il giusto rilievo a certi aspetti della nostra città: siamo la patria dei Mille, dei Tasso, fondatori degli uffici postali nel mondo, del Colleoni che, per quanto possa essere stato un capitano di ventura, ha fatto la storia di quel periodo. I bergamaschi hanno insegnato tante cose al resto d’Italia, quindi sarebbe stato doveroso ricordare chi ha fatto grande la città nel passato. Siamo diventati Capitale della Cultura anche grazie alla cultura di chi ci ha preceduto e in questo senso, altra dimenticanza, è stato il nostro retaggio veneziano, il debito culturale che abbiamo verso la Serenissima. Altra questione è il tema della solidarietà, sui cui ci si poteva forse esprimere in modo più significativo. Dicendo questo, penso al riconoscimento che si sarebbe potuto tributare agli Alpini, ad esempio: dire Alpini non equivale a dire Bergamo, ma certo gli Alpini bergamaschi sono una parte importante dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini). Nel complesso, si doveva ragionare meglio su certi aspetti, ma, probabilmente, alcune questioni si sono perse di vista nei tempi ristretti e accelerati per la preparazione dell’evento. Del resto, anche io spesso dimentico di ringraziare mia moglie, la persona che in tutti questi anni è stata al mio fianco, accettando il mio ruolo, e senza la quale tutto quello che ho fatto non sarebbe stato possibile”.

CAPOLAVORO

UNA CHIACCHIERATA CON LA PROF.SSA ANNA MARIA CROTTI, COORDINATORE DELLE ATTIVITÀ DIDATTI CHE DEL LICEO ARTISTICO PARITARIO “ANDREA FANTONI” E CON TRE RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO: ERIKA POLINI (5 TIVE), GIOVANNI DE SANCTIS ED EDOARDO STUCCHI (ENTRAMBI 5aA, MULTIMEDIALE).

Iniziamo da voi, ragazzi: perché avete scelto il liceo Fantoni? Rifareste que sta scelta?

Erika: “Ho scelto questa scuola per ché ho sempre avuto interesse per l’arte e una predisposizione al dise gno.

Avendo una situazione economi ca abbastanza agiata, ho potuto optare per una scuola paritaria e non ho rimpianti perché, tutto sommato, mi trovo bene con i compagni e con l’ambiente; i problemi che ho sono quelli classici di un qualunque studente in una qualunque scuola”.

Giovanni: “Io mi sono orientato verso il Fantoni e nello specifico verso l’indirizzo multimediale perché sono un appassionato di cinema e fotografia, passioni che qui posso coltivare creando, ad esempio, piccoli cortometraggi o imparando ad utilizzare software come After Effects e Photoshop. In più, direi che il fatto che la scuo la sia vicinissima a casa mia non guasta!”.

Edoardo: “Anche le mie motivazioni sono simili a quelle di Edoardo: anch’io amo il cinema, fare riprese, montaggi e così via. Tra i licei artistici di Bergamo, questa scuola mi è parsa la più adatta per approfondire i miei interessi: i tre indirizzi pre senti (arti figurative, architettura e ambiente, au diovisivo e multimediale) sono tutti molto specia lizzati e coerenti nel loro sviluppo. Inoltre, il Fantoni è abbastanza piccolo e per un carattere un po’ chiuso come il mio ho pensato sarebbe stato più facile integrarsi. In effetti, conosco praticamente tutti i miei compagni e i do centi ed ho con ognuno un buon rapporto: se tornassi indietro, rifarei sicuramente questa scelta”.

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FANTONI

Preside, la scuola ha partecipato al contest Junk Kouture (QUI Bergamo, febbraio ’24) con gli abiti presentati con la mostra Röméta Kouture, allestita presso il Fantoni Hub. Ieri, 22 febbraio 2024, c’è stata la finale a Montecar“È andata benissimo, abbiamo vinto il primo premio di design e style Italia (Milan Designer of the Year) con l’abito Blody Mary! Ero in collegamento con l'insegnante, la Prof.ssa Bulla, che ha accompagnato i tre ragazzi che hanno rappresentato la scuola: ci siamo scambiate messaggi in continuazione, nell’attesa del verdetto finale che ci ha lasciati estremamente soddisfatti. Anche l’anno scorso, ad Abu Dhabi, eravamo in finale: non avevamo vinto nessun premio, ma il solo fatto di essere presenti era stato un grande riconoscimento. Insomma, siamo tutti molto contenti!”.

Il contest in questione ruota attorno alla moda sostenibile. Trovare un’apertura a questa disciplina in un liceo è inusuale, anche in un liceo artistico: come viene recepito il tutto dai ragazzi? La moda spesso sente ancora un bisogno di legittimazione, come forse tante discipline che qui studiate, che dall’esterno possono sembrare puro spettacolo, intrattenimento, ma che invece richiedono una grande preparazione…

“È vero, le attività e le materie di un liceo artistico sono percepite come attività di intrattenimento, che necessitano di poca formazione mentre, in realtà, per arrivare a questi livelli, l'attività di pratica e di studio è altissima. Niente viene per caso: i ragazzi si impegnano quotidianamente ed in modo crescente. Pensare che tutto sia dovuto all'estro o alla passione è estremamente riduttivo: fondamentali sono il lavoro, il seguire le indicazioni degli insegnanti e l’avere degli insegnanti appassionati. Il fatto che i nostri alunni riescano a partecipare ad eventi e competizioni di questo tipo, competizioni che fanno bene perché quando vissute correttamente stimolano l'ambizione e la creatività, è proprio frutto anche del fatto che qui ci siano docenti particolarmente addentro ad alcune specificità artistiche, come

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Giovanni: “Per quanto riguarda l’indirizzo multimedia, nella differenza, dal punto di vista tecnico, che si può osservare tra i progetti di terza e quelli di quinta, è evidente come ogni giorno in classe si lavori per apprendere nozioni nuove sull’uso della macchina fotografica e sulle riprese video”.

Edoardo: “Concordo: adesso, ad esempio, stiamo lavorando sul cinema neorealista italiano, immergendoci nell’argomento, senza rimanere in superficie, ma imparando anche a mettere in pratica quello che studiamo. Gli insegnanti fanno davvero la differenza: nel caso di Junk Kouture, la professoressa Bulla, con alle spalle anni di esperienza nello studio della moda, è fondamentale ed ha molto da insegnare ai suoi studenti”.

DS: “Importantissimo è anche il confronto con le realtà locali, consolidate ma anche nascenti, con artisti ed esposizioni che mettono in moto negli studenti quella voglia di conoscere aspetti nuovi e diversi che li porterà a trovare la propria strada. Se non si conosce la varietà, è faticoso identificare il proprio stile, capire dove la propria voglia vada a collocarsi: in questo senso, io intendo la scuola come una palestra, una palestra dove non si esce finiti, ma dove si apprendono le basi per costruire il futuro”.

Il prossimo anno cosa farete? Preside, dove si indirizzano maggiormente i suoi studenti?

DS: “Più di due terzi dei ragazzi che si diplomano al nostro liceo artistico frequentano in seguito le accademie, mentre la parte restante tende ad iscriversi all'università: in questo caso si spazia molto, si passa da architettura a lettere o psicologia. Rimane un gruppo minoritario, ma non tutti, dunque, proseguono prettamente in ambito artistico”. Erika: “Confermo, io rientro nello scenario di maggioranza: mi piacerebbe frequentare un’accademia di belle arti, con indirizzo scultura, probabilmente a Brescia o a Venezia”. Giovanni: Io, al contrario, mi sto preparando per il test d’ingresso al Politecnico di Milano per la laurea in design del prodotto industriale, facoltà dove comunque permane una certa base artistica. È vero, sono un amante del cinema, ma non credo possa diventare una possibilità lavorativa futura, penso rimarrà una passione personale. Edoardo: Io sono più fiducioso: mi sto preparando per il test d’ingresso per un’accademia di cinema di Milano. Spero che mi prendano, se no dovrò cercare qualcos’altro!

CAPOLAVORO FANTONI

Dei presidi incontrati finora, nessuno sognava questa carriera: lei cosa ci racconta? DS: “Io sono all'Andrea Fantoni da pochissimo, questo è solo il secondo anno, però ho alle spalle venticinque anni da preside in altre scuole e prima ancora altri anni da insegnante. In effetti, è vero: ci si capita un po’ per caso a fare il preside. Quello che non capita per caso, invece, è fare l'insegnante, nel senso che l'amore per la scuola o ce l'hai o non ce l'hai, difficilmente ti viene. Quello dell’insegnante è un mestiere molto complesso, per cui devi essere animato da una forte passione; un mestiere complesso, come tutti quelli che hanno a che vedere con le relazioni umane, capace di regalare grandi soddisfazioni, ma anche grandi preoccupazioni.

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Sono comunque contenta di essere preside, sono una delle persone fortunate che fa il lavoro che le piace e questo riduce tantissimo il peso delle fatiche, specie in un mondo completamente diverso da quello in cui ho iniziato ormai trent’anni fa. Anche allora, come per ogni professione, c’erano delle difficoltà, ma non paragonabili a quelle che si riscontrano oggi”.

Qual è il ricordo più bello che ha legato al Fantoni?

DS: “Io sono molto curiosa e nel mio lavoro, cambiando diversi istituti, ho sperimentato più indirizzi scolastici: il liceo artistico era una delle tre scuole che ancora non conoscevo e ora sto finalmente colmando questa lacuna. È una tipologia di liceo molto particolare, ha davvero una marcia diversa rispetto agli altri. Non sono una persona portata per le arti, ma le ho sempre ammirate (e anche un po' invidiate); mi piaceva l’idea di confrontarmi con un ambiente creativo e sono contentissima di essere a contatto con una tipologia di utenza, di studenti, molto diversa da quella a cui ero abituata. Chiaramente, tutti i ragazzi hanno dei tratti in comune e questo è altrettanto bello perché in qualunque scuola li trovi curiosi, vivaci e propensi al cambiamento, una delle loro caratteristiche migliori, che viene un po' a mancare con l'età. Direi, quindi, che i momenti più belli al Fantoni sono proprio legati allo stare con loro”.

Erika: “Noi tre abbiamo partecipato ad un progetto Erasmus in Lettonia. Per me, questa è stata una delle esperienze più belle del mio percorso scolastico perché, incontrando tante persone straniere, ho notato un cambiamento nel mio modo di pensare, un’evoluzione significativa”.

Giovanni: “Sarò monotono, ma mi trovo d’accordo con Erika: è stata un’esperienza fantastica, a cui abbiamo potuto partecipare avendo vinto un concorso con progetto di riqualificazione per il recupero di un luogo abbandonato. In Lettonia abbiamo tenuto un corso sullo storytelling ed è stato stupendo sia imparare cose nuove sui meccanismi della narrazione, sia confrontarsi con altri studenti di scuole d’arte europee”.

Edoardo: “A quanto già detto dai miei compagni, aggiungerei un’esperienza personale: lo scorso anno, per l'attività di alternanza scuola-lavoro, i ragazzi con la media più alta hanno avuto la possibilità di andare a Roma per sei giorni e lavorare nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Abbiamo catalogato alcune opere minori dei Musei Vaticani: poterle analizzare e toccare con mano è stato emozionante”.

Tre punti di forza e tre cose in cui il Fantoni può migliorare?

DS: “Tra i punti di forza indicherei: il personale giovane, che compensa l’inesperienza con la voglia di fare, l'energia e l’inventiva; l'accoglienza, vale a dire il saper porre attenzione agli studenti, ma anche alle famiglie e ai colleghi nuovi; infine, la capacità di cogliere al volo le opportunità, che senza sollecito vengono subito fatte proprie sia dagli insegnanti, sia dagli studenti. Per quanto riguarda gli aspetti da migliorare (il miglioramento dovrebbe essere parte della mentalità di tutti, specie in una scuola), invece, mi soffermerei sull’organizzazione, a livello di ruolo della segreteria, orari di servizio e riduzione degli sprechi di energia. In seconda battuta, c’è possibilità di sviluppo anche nei confronti del nostro sistema qualità, che potrebbe essere più aderente alle esigenze della scuola, intesa come comunità di pratiche educanti. Per concludere, si può fare meglio rispetto agli esiti Invalsi, spazio di confronto del quale non si deve mai avere timore”.

Ragazzi: Tra i punti di forza abbiamo individuato la competenza e la disponibilità dei professori, il fatto che i nostri lavori siano esposti e valorizzati, la facilità di reperibilità dei materiali tecnici, il rapporto con realtà esterne e la gestione ottimale in tempi Covid: avendo tante ore di laboratorio, durante la seconda fase della pandemia, per queste attività si è potuto tornare a scuola e vivere l’ambiente scolastico in maniera più vera che non in altri istituti. Se dovessimo trovare un difetto, forse, c’è qualche problema di organizzazione interna della segreteria, forse causato dalla divisione tra liceo artistico e CFP”.

Un'ultima domanda per la preside: come descriverebbe il Fantoni con una parola?

“Un Capolavoro”.

MARIA
COORDINATORE DELLE ATTIVITÀ DIDATTICHE DEL LICEO ARTISTICO PARITARIO “ANDREA FANTONI”
ANNA
CROTTI,

PRIMA LA SALUTE INFORMAZIONI & CURIOSITÀ

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CANCRO ALLA PROSTATA: PSA HA VALORE PREDITTIVO DOPO RADIOTERAPIA O ADT

Negli uomini con cancro della prostata, uno specifico valore del PSA superiore a 0,5ng/ml dopo la radioterapia e deprivazione androgenica (ADT) sarebbe associato a una peggiore sopravvivenza. È quanto emerge da un’analisi secondaria a una sperimentazione clinica condotta negli USA e pubblicata da JAMA Oncology. “I risultati evidenziano un modo per identificare i pazienti che falliranno il trattamento e saranno ad alto rischio di morte precoce basato sul PSA - dice Trevor Royce, del Brigham and Women Hospital di Boston - è necessario identificare e includere questi pazienti negli studi clinici tempestivamente”. Royce e il suo team hanno esaminato i dati di 157 uomini con carcinoma prostaticoa rischio elevato. I partecipanti non avevano comorbidità ed erano stati precedentemente randomizzati a ricevere radioterapia o 6 mesi di deprivazione androgenica. Il follow up è statto di oltre 16 mesi. Sono stati utilizzati i criteri Prentice e il fallimento del PSA non è stato un surrogato per tutte le cause di morte. Tuttavia, un PSA superiore a 0,5ng/ml dopo irradiazione con o senza ADT, era associato ad una Hazard Ratio aggiustato di 1,72 (p=0,01). A cinque anni dalla randomizzazione, quasi il 40% degli uomini con un PSA superiore a 0,5 ng/ml erano morti, mentre solo un 10% era deceduto di quelli che avevano un PSA pari o inferiore a 0,5 ng/ml. Le evidenze I ricercatori sottolineano che questi risultati richiedono una conferma, poiché basati sull’analisi di sottogruppi di uno studio troppo piccolo; tuttavia essi concludono che il valore del PSA potrebbe essere considerato come un criterio per l’ingresso in futuri studi che valtuino l’efficacia della deprivazione androgenica convenzionale con o senza farmaci per prolungare la sopravvivenza negli uomini con carcinoma prostatico avanzato resistente alla castrazione. Fonte: JAMA Oncology

Dr. Haim Reitan

Direttore Sanitario Studio Medici Associati

DEPRESSIONE: LE NUOVE LINEE GUIDA

ENFATIZZANO

L’APPROCCIO

CENTRATO

SUL PAZIENTE

Il Canadian Journal of Psychiatry ha pubblicato le line guida cliniche aggiornate del Canadian Network for Mood and Anxiety Treatment (CANMAT) sulla depressione. Si tratta delle raccomandazioni più utilizzate al mondo. La nuova versione delle linee guida integra le prove scientifiche più recenti e i progressi nella cura della depressione. La loro ultima edizione è datata 2016. L’aggiornamento è stato condotto da ricercatori dell’Università della British Columbia e dell’Università di Toronto, insieme a un gruppo di oltre 40 esperti clinici e partner di pazienti. Il documento affronta otto aree tematiche principali che mappano il percorso di cura del paziente, dalla valutazione e diagnosi, fino alla scelta del trattamento e delle strategie per prevenire le recidive. Le raccomandazioni sono organizzate in base al livello di evidenza a supporto di ciascuna terapia e a fattori quali sicurezza, tollerabilità e fattibilità dei trattamenti. Il documento, inoltre, fornisce una guida per aiutare gli operatori sanitari nella scelta della opzione terapeutica più opportuna, con particolare attenzione al processo decisionale da svolgere in collaborazione con il paziente. Infine, offre indicazioni su come integrare alle terapie interventi sullo stile di vita (esercizio fisico, alimentazione e sonno).

“Le linee guida evidenziano l’importanza di collaborare con i pazienti nelle decisioni di cura e di fornire un approccio terapeutico personalizzato che consideri attentamente le esigenze, le preferenze e la storia del trattamento di una persona”, conclude Raymond Lam, co-autore principale del documento.

Fonte: The Canadian Journal of Psychiatry 2024

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INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN ONCOLOGIA: NUOVE PROSPETTIVE PER DIAGNOSI E TERAPIE

La Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha ospitato la seconda edizione della conferenza internazionale “Artificial Intelligence for Oncology” sotto la presidenza di Arsela Prelaj, oncologa e ricercatrice dell’INT, nonché coordinatrice del Laboratorio di intelligenza artificiale dell’Istituto. L’evento ha riunito a Milano i massimi esperti di IA applicata all’Oncologia: un campo di ricerca che promette di rivoluzionare la diagnosi e la terapia dei tumori, grazie alla possibilità di analizzare automaticamente l’enorme mole di informazioni che attualmente vengono raccolte in formato digitale per caratterizzare le neoplasie. Si tratta di dati clinici, radiologici e di imaging, oltre che di anatomia patologica, e di dati cosiddetti multiomici, che riguardano, cioè, il profilo immunitario circolante, la radiomica, la genomica e il sequenziamento dell’RNA. Gli algoritmi automatici supportano i clinici nei compiti più gravosi, aiutandoli nelle decisioni e consentendo di ottimizzare i percorsi diagnostici e terapeutici.

L’applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito clinico è molto promettente, ma si tratta di un terreno in gran parte ancora inesplorato. Lo scopo di questa conferenza è quello di facilitare l’ingresso di medici e biologi nel mondo delle metodologie di Intelligenza Artificiale, permettendo loro di identificare il valore dei modelli di IA più adatti per i propri studi e le proprie sperimentazioni, rendendo prezioso e pienamente sfruttabile il volume di dati relativi ai pazienti e ai tumori, in particolare nell’individuazione di nuovi biomarcatori e meccanismi.

IMPATTO E AFFIDABILITÀ DELL’I.A.

Le metodiche di IA promettono di rivoluzionare a 360 gradi tutto il percorso diagnostico terapeutico, anche in ambito oncologico. Ma dove si vedranno i maggiori effetti? E quanto i suoi risultati possono essere ritenuti affidabili?

“Allo stato attuale delle conoscenze, possiamo prevedere che l’impatto maggiore sarà sulla diagnostica, in particolare nel campo dell’analisi delle immagini PET, TAC e di risonanza magnetica”, ha chiarito Prelaj. “L’obiettivo è utilizzare l’IA per aiutare radiologi e anatomopatologi nella refertazione, non solo automatizzando le fasi più ripetitive, ma anche interpretando in modo più profondo le immagini dal punto di vista morfologico e istologico, o consentendo di individuare con più precisione i fenotipi genomici della patologia. Inoltre, la fase di previsione dei trattamenti oncologici va un po’ oltre la fase della diagnostica, ma anche in questo campo i risultati sono promettenti”. Ma quanto sono affidabili gli algoritmi di IA rispetto a un operatore umano?

I3LUNG

Il tumore del polmone è attualmente la prima causa di morte per cancro negli uomini e la seconda nelle donne. A questa neoplasia è dedicato il progetto di ricerca I3LUNG, di cui Arsela Prelaj è coordinatrice, che è stato finanziato con 10 milioni di euro dall’Unione Europea e vede la partecipazione di 16 partner internazionali, tra i quali quattro centri clinici europei e due extraeuropei. L’iniziativa è nata per rispondere a un bisogno insoddisfatto della ricerca clinica nel tumore del polmone non a piccole cellule metastatico (mNSCLC), ovvero la mancanza di biomarcatori predittivi della risposta di un dato paziente all’immunoterapia, il trattamento che ha recentemente ottenuto risultati molto soddisfacenti in molte forme tumorali. Anche per l’mNSCLC è così, ma solo il 30-50% dei pazienti ottiene una risposta duratura. L’idea è quindi utilizzare le metodiche più avanzate dell’IA, quali l’apprendimento profondo (deep learning) e l’apprendimento automatico (machine learning), per analizzare i diversi tipi di dati disponibili su questa neoplasia, in particolare quelli relativi all’espressione del ligando di morte programmata 1 (PD-L1), che rimane l’unico biomarcatore utilizzato per predire la risposta all’IO e la sopravvivenza del paziente. Sulla base dei risultati che emergeranno dal tumore del polmone, si potranno applicare le stesse metodiche ad altre neoplasie, come i tumori genito-urinari, il linfoma, il melanoma e il tumore alla mammella.

“Lo studio I3LUNG si compone di una parte retrospettiva, su dati relativi a soggetti che hanno già ricevuto l’immunoterapia o la stanno ricevendo, per un totale di 2188 pazienti coinvolti nei sei centri clinici, di cui 731 afferenti all’INT, e una parte prospettica, che coinvolgerà più di 170 soggetti, di cui 47 sono i cosiddetti pazienti ‘omici’ per i quali cioè sono disponibili dati completi”, ha concluso Prelaj.

APOLLO11

“Il concetto fondamentale è quello della generalizzabilità: un algoritmo che ha funzionato bene su un certo insieme di dati è giudicato robusto e affidabile quando funziona altrettanto bene su un altro insieme di dati”, ha aggiunto Prelaj.

L’intelligenza artificiale in INT

L’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano può vantare una posizione di assoluta preminenza nel campo dell’IA applicata all’Oncologia. L’Istituto, in collaborazione con il Politecnico di Milano, ha infatti inaugurato da pochi mesi un Laboratorio specificamente dedicato all’intelligenza artificiale. Presso l’Istituto sono inoltre in corso diversi studi di applicazione dell’IA in ambito clinico, allo scopo di mettere in atto una più attenta personalizzazione del trattamento, come I3LUNG e APOLLO11.

APOLLO11 è uno studio multicentrico italiano, di tipo osservazionale, che coinvolge pazienti con diagnosi di carcinoma polmonare avanzato trattati con terapie innovative. Nell’ambito di questo progetto, verranno raccolti dati multiomici retrospettivi e prospettici, come i tessuti e il materiale biologico ematico, oltre ai dati clinici e radiologici. L’obiettivo generale del progetto è quello di costruire un consorzio che integri diversi set di dati e una biobanca virtuale dei centri italiani partecipanti per il cancro al polmone. Per gestire questo grande set di dati forniti, verranno applicate tecniche di IA e in particolare di machine learning, integrando dati retrospettivi e prospettici basati sulla popolazione. L’obiettivo finale è realizzare uno strumento in grado di aiutare medici e pazienti a prendere decisioni sul trattamento.

MY LIFE PARTNER

Tommaso Revera - ph. Paolo Stroppa

INSIEME A FRANCESCO VACCARIELLO, FOUNDER DI PERFORM SPORT MEDICAL CENTER NONCHÉ AFFERMATO PREPARATORE ATLETICO IN AMBITO CALCISTICO, VI PRESENTIAMO L’OFFERTA DI PERFORM MEDICAL CENTER, IL PARTNER IDEALE CHE ACCOMPAGNA CHIUNQUE NEL PROPRIO PERCORSO DI CONSAPEVOLEZZA E MIGLIORAMENTO DI SÉ SIA DAL PUNTO DI VISTA FISICO, SIA MENTALE

Il professionismo medico-sportivo per migliorare il proprio potenziale individuale. Questo in estrema sintesi il manifesto di Perform Sport Medical Center, il centro medico sportivo di via Furietti a Bergamo che si propone di unire e trasferire i concetti e metodi del mondo sportivo professionistico alle persone che vogliono prendersi cura a 360 gradi del proprio benessere psicofisico. Una realtà che ha di fatto sovvertito il concetto classico di palestra non cedendo alla prospettiva di un guadagno facile attraverso l’erogazione di servizi base e standardizzazione della propria proposta ma ha messo al primo posto la qualità, il metodo e la relazione con la persona. Per saperne di più siamo andati da Francesco Vaccariello, founder del centro nonché affermato preparatore atletico in ambito di calcistico recentemente premiato a Coverciano con il Cronometro d’argento, il riconoscimento come miglior preparatore atletico della Serie B, per la stagione 2022/2023 trascorsa al Frosinone.

Nel 2016, anche per assecondare la tua voglia di ‘uscire’ dal rettangolo di gioco per mettere a frutto l’esperienza acquisita tra i professionisti, hai fondato Perform insieme al Papu Gomez. Come vi è venuta l’idea di aprire un centro medico sportivo ed oggi, a distanza di otto anni, come stanno andando le cose?

“Ho sempre pensato che star bene con se stessi sia fondamentale per star bene anche con gli altri. Questo è un principio, se vogliamo anche con una valenza sociale, che da sempre mi anima sia come professionista, sia come persona. In seconda analisi ciò che è stata determinante è la mia passione per il movimento che coltivo sin da quando ero bambino. Da questa visione, più olistica che analitica, è nata l’idea di Perform, un’idea coerente alla filosofia alla base del mio processo professionale. Perform deriva da “to perform” ovvero aumentare il potenziale individuale per migliorare la vita quotidiana. A distanza di otto anni l’attività sta migliorando sia sotto il profilo del metodo interno sia sotto il profilo del valore dell’azienda sul territorio e non solo. Un grazie e un plauso va fatto anche a tutti i membri dello staff. Dal Direttore Giacomo Milesi agli altri soci, Emanuele Arioli, Andre Pedrocchi, Gilberto Oliboni, Massimo Amaddeo, Giorgia Bombardini e i vari referenti d’area e professionisti che sono fondamentali nel nostro percorso di crescita coerente e sostenibile”.

Perché non stiamo parlando della solita palestra?

“Perform Sport Medical Center nasce da un’esperienza professionale in ambito sportivo legata alla preparazione atletica nel mondo del calcio a livello professionistico. Una preparazione non solo fisica ma anche mentale finalizzata alla volontà di porsi un obiettivo, di mettersi davanti ad un percorso personale e/o collettivo prendendo in esame tutti gli aspetti della persona: salute, mente e corpo. Ciò mi ha portato, anche in seguito ai nove anni in cui ho lavorato per l’Atalanta in qualità di responsabile dell’area fisica, a pensare a come migliorare la vita delle persone, prima ancora che il potenziale individuale, e per farlo ho creato una realtà nella quale lavorano in sinergia molteplici figure professionali, ognuna specializzata in un diverso ambito della medicina: dal medico all’allenatore, dal preparatore atletico al professionista. Da qui l’idea di Perform applicata all’essere umano, dal bambino all’anziano, in maniera del tutto trasversale: noi crediamo nel valore della salute e dello sport e al fatto che tutti vi possano accedere”.

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Un percorso integrato definito da ben quattro aree di lavoro, non è così?

“Esattamente. 4 aree e un’unica visione: sistema uomo integrato e percorsi con servizi integrati. Disponiamo dell’area Medical (grazie alla quale offriamo servizi di fisioterapia, riabilitazione, nutrizione, ortopedia, medicina sportiva ed osteopatia), dell’area Training (allenamento individuale, di coppia o in mini gruppi rivolto al benessere fisico e finalizzato all’individualizzazione del bisogno), dell’area Coaching (consapevolezza e miglioramento personale) sviluppata in tre aree Life, Sport, Business e, infine, Competition (rivolta allo sportivo che vuole ottenere il massimo risultato a livello agonistico). Perform è un centro medico sportivo in cui al massimo ci devono essere dieci persone: è un club che ha l’obiettivo di creare una sorte di community fra le persone. Lavoriamo per fare in modo di far sentire riconosciuti coloro che ci scelgono: ogni seduta di allenamento si calendarizza, per accedere al centro si suona e qualcuno è sempre pronto ad accoglierti, ogni area presenta delle persone di riferimento dedicate e si fa in modo che il percorso diventi unico proprio per una profonda interazione tra le varie aree del centro”.

Perform è centrale nel tuo progetto ma non è la sola… “A fianco di Perform c’è un’associazione sportiva che opera in ambito di sviluppo e innovazione tecnico sportiva e psico-fisica, yourbestrainer (il tuo migliore allenatore), che ha l’obiettivo di creare un volano e sviluppare tutte le attività sportive per le persone sul territorio di Bergamo. Una realtà che è nata nel 2014 ed è stata propedeutica sia per la nascita, sia per la filosofia adottata da Perform grazie alla quale gestiamo il Villaggio dello Sport - Centro Sportivo del Villaggio degli Sposi, Seriate Sport Lab, il Centro Sportivo Fitness di Seriate, e la palestra, in collaborazione con Cristiano Doni e 27Padel, nel quartiere di Boccaleone. Strutture che sono a disposizione della cittadinanza per far sì che ognuno possa intraprendere un percorso finalizzato al conseguimento del proprio benessere psicofisico.

Ma non solo: essendo la nostra un’attività che richiede un aggiornamento professionale costante, abbiamo pensato di istituire un’altra entità, Med and Sport, un’Academy di formazione e aggiornamento integrata nell’ambito medico (Medical), di benessere (Training) e Sportivo (Competition) rivolta a tutti i professionisti che lavorano contribuendo alla salute (intesa come prevenzione e cura), al benessere e al raggiungimento della migliore performance di vita della persona e dell’atleta. Ad oggi è una piattaforma di formazione online ma contiamo presto di organizzare anche corsi sul territorio: in questa prima fase l’obiettivo è farla diventare una sorta di Netflix per far sì che ciascun professionista possa affinare e sviluppare le proprie competenze a 360°. “The first integrate academy” è il claim che abbiamo scelto proprio perché a dispetto delle altre academy perseguiamo una cultura professionale che proponga un metodo integrato senza focalizzarci in modo analitico in un solo ambito”.

Negli anni siete cresciuti e vi siete affermati restando coerenti ai vostri principi. Il vostro obiettivo ora è esportare il modello Perform in altre realtà italiane?

“Perform ha l’obiettivo di diventare unico ma soprattuto replicabile. Stiamo facendo del nostro meglio non solo per sviluppare il brand e il valore della nostra idea ma anche per far sì che questo format possa diventare un franchising prima in Lombardia e a seguire in Veneto, Emilia Romagna e così in tutta Italia”.

Via A. Furietti, 10 Bergamo Tel: 035 310871 www.performsmc.it MEDICAL TRAINING COACHING COMPETITION

E GREEN! TRE MOTORI E OLTRE 300 CV

Valentina Colleoni - ph. Sergio Nessi

SUZUKI ACROSS PLUG-IN HYBRID

Il Kilometro Rosso, fiore all’occhiello di Bergamo e fulcro dell’innovazione tecnologia conosciuto a livello mondiale è la location perfetta per presentare il restyling di uno dei suv firmati Suzuki più richiesti: la stupenda Suzuki Across Plug-in Hybrid. Una nuova versione quella progettata dalla casa madre giapponese che regge pochi confronti sul mercato globale attuale: basti pensare che questa vettura vanta una potenza combinata massima di 306 cavalli, per un 0-100 in 6 secondi, per capire le prestazioni uniche delle quali è capace. Tutto questo grazie ad una combinazione di efficienza e potenza determinata dai ben tre motori, due elettrici sull’asse anteriore e su quello posteriore (rispettivamente da 182 e 54 cv) ai quali si affianca un efficiente 4 cilindri 2.5 a ciclo Atkinson da 185 cv.Tutto questo senza dimenticare un aspetto chiave, essenza del brand Suzuki: la sostenibilità. Grazie ad un avanzato sistema ibrido plug in -progettato per funzionare primariamente in modalità elettrica- e alla sua batteria da 18,1 kWh, Suzuki Across Plug in Hybrid riesce a percorrere fino a 98km in città a zero emissioni. Un risultato mai visto che consente di annoverare questo suv come un vero e proprio esempio di rispetto della natura pur mantenete delle prestazioni invidiabili. Non solo: impeccabili le performance da vero suv 4X4 dettate da una trazione 4x4 garantita dai due motori elettrici che ripartiscono automaticamente la coppia, fino all’80% al posteriore, per muoversi in totale libertà a zero emissioni nel rispetto della natura.

IL FUTURO È OGGI

Si ringrazia Kilometro Rosso per la realizzazione delle immagini

SET D’ECCEZIONE PER LA PRESENTAZIONE DELLA RINNOVATA SUZUKI ACROSS PLUG-IN HYBRID, ANCORA PIÙ SCATTANTE,
TECNOLOGICA
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ELETTRICA SEMPRE IBRIDA QUANDO SERVE!

SUZUKI ACROSS PLUG-IN HYBRID

Non meno determinante il design rivisitato per consentire a Suzuki Across Plug in Hybrid un aspetto sempre più accattivante. Le linee poligonali risultano robuste, impareggiabile l’ampia griglia frontale ed i cerchi da 19”, per delineare un profilo deciso e sportivo così come lo skid plate, il modanature silver, i dettagli in nero lucido e i fari full led, perfetti per sottolineare l’eleganza e il carattere della vettura. Anche gli interni sfiorano la perfezione a partire dai dettagli degli allestimenti agli optional di bordo senza dimenticare un aspetto fondamentale: la tecnologia avanzata applicata alla navigazione ed ai sistemi integrati. Nel suo complesso la nuova Suzuki Across Plug-in Hybrid rappresenta il suv perfetto per vivere la città con tutta la versatilità della quale abbiamo bisogno così come l’auto perfetta per “aggredire” la strada su percorsi più impervi. Per vivere tutte le avventure che vuoi, pesando ad un futuro che è già presente!

NDR: Nella sua versione originale, il motore a ciclo Atkinson richiede una sola rotazione dell'albero per completare un ciclo di funzionamento, pur mantenendo inalterate le fasi del motore a ciclo Otto: aspirazione, compressione, espansione (fase utile) e scarico. Però, grazie a una particolare geometria del manovellismo, la corsa di espansione è maggiore di quella di compressione, consentendo così al motore di avere un maggiore rendimento rispetto al ciclo Otto.

VI ASPETTO PER UN TEST DRIVE

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GSD Foundation ETS

RIPARTE LA CAMPAGNA 5XMILLE

Al via, anche quest’anno, la campagna 5xmille promossa da GSD Foundation ETS, l’anima non profit del Gruppo San Donato, che ne sostiene i valori, attraverso progetti che abbiano un impatto positivo sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie. L’umanizzazione delle cure, la prevenzione e la ricerca scientifica sono al centro del suo impegno quotidiano. Scegliere di donare il proprio 5xmille alla GSD Foundation ETS significa offrire un aiuto concreto per sostenere tutte le attività di umanizzazione svolte nei reparti degli ospedali del Gruppo San Donato a beneficio dei pazienti durante la loro degenza.

Oltre ai progetti ormai consolidati da parte di GSD Foundation ETS, come la Poetry Therapy, lo Yoga in ospedale o i Supereroi in visita ai bimbi, quest’anno sono nate tante altre nuove iniziative di umanizzazione. Negli ospedali del Gruppo San Donato è arrivata l’Arte, come cura dell’anima: i capolavori del pittore bergamasco, Antonio Cifrondi, hanno riempito di bellezza gli spazi del Policlinico San Pietro (Bergamo), rendendo gli ambienti ospedalieri emotivamente positivi. In occasione del mese dedicato alle cardiopatie congenite, è nata l’iniziativa “Piccoli ricercatori fotografano”, rivolta a tutti i bimbi ricoverati all’IRCCS Policlinico San Donato (Milano) che hanno avuto l’occasione di apprendere, sperimentare e sviluppare competenze cognitive, emotive e comportamentali, attraverso la fotografia e la creatività. Un altro progetto molto importante, che si svilupperà per tutto l’anno 2024 nelle strutture ospedaliere del Gruppo San Donato, è “Quattro zampe in corsia”, un’idea nata grazie al sostegno di Fondazione Prossimo Mio, che prevede interazioni positive tra pazienti e cani, guidate da un gruppo di professionisti, al fine di migliorare e mantenere lo stato di salute e il benessere fisico, psicologico e sociale della persona, nel rispetto dell’animale.

“Destinare il proprio 5xmille alla GSD Foundation ETS è un atto semplice ma concreto che ci aiuta a sostenere le attività promosse dalla Fondazione, rivolte ai pazienti del Gruppo San Donato, in un’ottica di umanizzazione delle cure, e a realizzare progetti dedicati alla salute e al benessere dei pazienti. La tua firma ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi primari: supportare chi ogni giorno lotta contro la malattia, migliorare la qualità della degenza dei pazienti e sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione” ha dichiarato Chloè Larsay, direttrice Comunicazione Marketing del Gruppo San Donato. Devolvere il 5xmille a GSD Foundation ETS è una scelta libera e anonima, che ogni contribuente può effettuare in modo semplice e senza costi aggiuntivi. Per sostenere GSD Foundation con il 5xmille si può visitare la seguente pagina web: https://www.gsdfoundation.it/sostienici/privati/5x1000

Chloè Larsay, Direttrice Comunicazione Marketing del Gruppo San Donato

Le opere pittoriche di Antonio Cifrondi ospitate all’interno del Policlinico San Pietro

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La tua firma per sostenere

l’impegno per i pazienti negli ospedali del

Gruppo San Donato

A sinistra il progetto GSD Foundation ‘Quattro zampe in corsia”, qui sotto Spiderman in visita all’IRCCS Policlinico San Donato

Clownterapia, la terapia del sorriso

GSD Foundation ETS

Nata nel 1995, GSD Foundation ETS è un’organizzazione non profit che ha il fine di promuovere la ricerca scientifica nel campo delle scienze biomediche e, in particolare, nelle malattie cardiovascolari. Prevenzione, umanizzazione delle cure e sostegno alla ricerca, sono i tre principali obiettivi sui quali GSD Foundation concentra la propria attività, impegnandosi nella realizzazione di progetti umanizzazione delle cure per il sostegno ai pazienti nei reparti e per accompagnare i loro familiari, nel sostegno alla ricerca scientifica che ha l’obiettivo di sviluppare metodiche diagnostiche e terapeutiche innovative nell’applicazione clinica, nella promozione di attività di sensibilizzazione e diffusione della cultura della salute.

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Lamborghini 350 GT torna a Ginevra a 60 anni dal debutto

Automobili Lamborghini celebra il suo primo modello di produzione riportandolo nella città in cui venne presentato nel 1964 da Ferruccio Lamborghini

Nel marzo del 1964, Automobili Lamborghini era una realtà industriale giovanissima. Fondata solo pochi mesi prima, aveva presentato ad ottobre del 1963 il suo primo prototipo, chiamato 350 GTV, disegnato da Franco Scaglione e realizzato dalla carrozzeria Sargiotto di Torino. La vettura di serie, derivata da quel primo prototipo rimasto esemplare unico, è stata la 350 GT, presentata al Salone dell’Automobile di Ginevra nel marzo del 1964. Dopo 60 anni da quel debutto, Automobili Lamborghini torna sulle strade di Ginevra, con la 350 GT secondo numero di telaio, la più antica Lamborghini di serie in esistenza, per celebrare la storia della sua prima vettura di serie, genesi del DNA della casa di Sant’Agata Bolognese.

La storia commerciale di Automobili Lamborghini ha inizio sul suo stand al Salone di Ginevra nel 1964, con la presentazione al pubblico della 350GT. Da lì in poi, i clienti potranno acquistare una vettura con il simbolo del toro.

I 60 ANNI DELLA 350 GT LA PRIMA LAMBORGHINI

Revient à Genève

La 350 GT è un modello dalla genesi, allo stesso tempo, rapida e straordinaria. Il telaio e la ciclistica sono il frutto del lavoro dell’Ingegner Giampaolo Dallara, all’epoca giovanissimo ed oggi considerato il miglior telaista al mondo. Il motore,V12, 3,5 litri con 4 alberi a camme in testa, nasce dal progetto dell’Ingegner Giotto Bizzarrini, che lo immaginò per un impegno nelle competizioni, reso più “civile” e idoneo all’utilizzo su strada sulla 350GT dal lavoro dell’Ingegner Paolo Stanzani, figura fondamentale nella storia di Automobili Lamborghini e delle vetture GT a livello mondiale. Il disegno della carrozzeria in alluminio, e la sua produzione, è opera della Carrozzeria Touring di Milano, in quei primi anni ’60 considerata la più prestigiosa in assoluto, capace di fornire vetture sportive con finiture di lusso. Il primo modello di serie prodotto dalla Lamborghini convince fin da subito e conquista l’attenzione di moltissimi media presenti a Ginevra. Sulla 350 GT la finitura degli interni è di altissimo livello, con largo uso di pelle e cromature, ed è caratterizzata da una configurazione 2 + 1, con due posti anteriori ed uno centrale posteriore. A colpire, oltre alla linea, è la tecnica: la scelta della 4 ruote indipendenti e le prestazioni del motore, con una potenza dichiarata di 320 Cv, sono scelte all’avanguardia. Il motore incanta ogni visitatore dello stand, dove è Ferruccio Lamborghini stesso a mostrare l’auto a curiosi, futuri clienti e giornalisti. Il V12 Lamborghini, a conferma delle sue qualità, verrà portato a 4 litri pochi mesi dopo nella 400GT e in questa nuova configurazione diventerà l’asse portante del successo della casa di Sant’Agata Bolognese.

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350 GT (1964-1965): Motore Tipo: L351, 12 cilindri a V di 60°

Longitudinale anteriore Cilindrata: 3464 cc

Potenza massima: 320 CV a 7000 giri/min. Esemplari prodotti: 135

Per i successivi 40 anni la stessa geometria troverà applicazione in diverse posizioni ed evoluzioni, e diventerà uno dei simboli principali del DNA Lamborghini. Questo motore, infatti, verrà utilizzato in posizione longitudinale anteriore nella 400 GT, Islero, Jarama, Espada ed LM002, in posizione trasversale posteriore nella Miura ed in posizione longitudinale posteriore in Countach e Diablo.

La prima 350 GT venne consegnata al batterista livornese Giampiero Giusti, all’epoca all’apice del successo con il complesso musicale “I 5 di Lucca” diventato poi “Quartetto di Lucca” e considerata una delle formazioni Jazz più importanti in Italia. Inizia così uno stretto rapporto tra Lamborghini ed il mondo dello spettacolo, che farà di tanti attori e cantanti appassionati clienti della casa. Ruolo da protagonista cinematografica per una 350 GT si ebbe nel film della Columbia Picture del 1967 “Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo!” (Kill Me Quick, I'm Cold UK); regia di Francesco Maselli, dove venne usata come mezzo di trasporto dalla coppia principale, composta dalla celebrata Monica Vitti e da Jean Sorel.

Revient à Genève

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La vettura esposta allo stand Lamborghini di Ginevra 1964 è la 350 GT telaio #101, di colore Verde Ginevra Metallizzato su interni bianchi, la prima prodotta. La vettura, usata poi come muletto per lo sviluppo e le prove di durata, è andata purtroppo distrutta a causa di un tamponamento mentre era ferma ad un semaforo.

Sopravvive, invece, la 350 GT immediatamente successiva, secondo numero di telaio, di colore Grigio metallizzato con interni rossi, spedita da Sant’Agata Bolognese il 15 agosto 1964 e consegnata nuova proprio a Ginevra. La stessa vettura è oggi la più antica Lamborghini di serie esistente, perfettamente restaurata e certificata dal Polo Storico. Quest’anno, la casa di Sant’Agata Bolognese ne ha voluto celebrare la storia riportandola dinamica ed in piena forma sulle strade di Ginevra, città dove è stata consegnata e che ne ha visto la presentazione ben 60 anni fa.

Napoli a Bergamo

In mostra la pittura napoletana del Seicento e il legame con Bergamo: 15 artisti, 40 opere, di cui molte inedite, studi, scoperte, attribuzioni, restauri realizzati ad hoc.

NAPOLI A BERGAMO riscopre la città e il suo territorio. All’importante nucleo di dipinti, provenienti da Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito, si uniscono opere inedite dell’Accademia Carrara e tele in prestito da chiese e istituzioni del territorio (Pedrengo, Rovetta, Stezzano, Clusone, Nese di Alzano Lombardo).

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UNO SGUARDO SUL ’600 NELLA COLLEZIONE DE VITO E IN

CITTÀ.

A cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi

Napoli a Bergamo

“Cosa accomuna Napoli a Bergamo? A prima vista non molto. Eppure, alla fine del XVII secolo Bergamo cercò a Napoli gli artisti migliori per decorare i luoghi più sacri della città. Questa mostra disegna i contorni di un episodio poco studiato della cultura figurativa, portando all’attenzione della critica e del pubblico nuove attribuzioni e nuovi documenti che testimoniano gli scambi proficui tra le due città. In tal senso questa mostra è stata una grande occasione di restituzione anche in virtù dei numerosi restauri compiuti per migliorare la leggibilità e lo stato conservativo delle opere sparse sul territorio.

Questo è un aspetto molto importante della rassegna perché testimonia il radicamento della mostra non solo nelle sue collezioni ma anche nell’eredità culturale del territorio, e dimostra come il museo possa esser un luogo di ricerca e di sviluppo”.

Bagnoli, direttrice Fondazione Accademia

Martina Bagnoli, Direttrice Fondazione Accademia

Bernardo Cavallino Santa Lucia, 1645-1648 ca. olio su tela

Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

“La mostra propone uno sguardo sulla scuola pittorica partenopea del Seicento cogliendo l’occasione per riscrivere il capitolo poco noto dei rapporti storico artistici tra Napoli e Bergamo, che furono intensi nella seconda metà del XVII secolo e passarono perlopiù attraverso Venezia, tramite figure di intraprendenti mercanti. Per offrire uno sguardo complessivo sul periodo preso in considerazione, a una serie di dipinti provenienti da Bergamo e provincia si unisce il generoso prestito di 22 opere della Fondazione De Vito”. Elena Fumagalli, curatrice

Maestro degli Annunci ai pastori Giovane che adora una rosa (Allegoria dell’Olfatto?), 1635-1640 ca.olio su tela

Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

La parte iniziale del percorso espositivo offre una selezione di dipinti provenienti dalla Fondazione De Vito, che illustra la varietà della pittura napoletana dal 1620 al 1670 circa, a partire dall’attenzione agli esempi di Caravaggio e di Jusepe de Ribera, proseguendo con l’apertura verso istanze più classiciste e di intenso pittoricismo, dovute all’influenza degli artisti emiliani presenti a Napoli e del filone neoveneto, fino a concludersi nella seconda metà del secolo con Mattia Preti e Luca Giordano. Si inizia con Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, il Maestro degli annunci ai pastori, nelle cui opere il naturalismo di marca ancora caravaggesca si accompagna a soluzioni di maggior dolcezza espressiva e materica. Di particolare interesse, per la loro originalità, le mezze figure maschili raffiguranti filosofi e sapienti dell’anonimo Maestro, rappresentative di temi legati alla vanità dei beni terreni e alla transitorietà della vita, da leggere in parallelo al Sant’Antonio del Ribera. Con Paolo Finoglio, Antonio De Bellis, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro si introducono toni di maggior raffinatezza ed eleganza sia formale che pittorica, come ben attestano alcune mezze figure femminili di sante ed eroine bibliche, che con la preziosità degli abiti, i larghi panneggi, la teatralità delle pose, costituiscono soggetti molto richiesti dai collezionisti napoletani dell’epoca e cari anche a Giuseppe de Vito. Mattia Preti e Luca Giordano sono presenti ciascuno con un dipinto degli anni cinquanta e uno degli anni settanta, così da evidenziare il loro diverso percorso.

Carrara
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È Giordano a costituire il trait-d’union con la seconda parte dell’esposizione, dedicata alle presenze napoletane in terra bergamasca. Un’intera sala è a lui dedicata, con le quattro tele giovanili di Pedrengo, raffiguranti scene di martirio, note solo agli specialisti e per la prima volta esposte al pubblico in un contesto museale, insieme a un’inedita Incoronazione di spine di Accademia Carrara, anch’essa opera precoce dell’artista.

L’enorme telero di Giordano raffigurante il Passaggio del Mar Rosso e la gratitudine degli israeliti per la basilica bergamasca di Santa Maria Maggiore, inviato a Bergamo via Venezia nel 1682, è evocato in mostra tramite una proiezione e attraverso la versione “in piccolo” del clusonese Antonio Cifrondi. Il maestro napoletano avrebbe dovuto completare la decorazione della navata centrale della chiesa bergamasca, ma dopo un decennio di rinvii partì infine per la Spagna. Grazie alla mediazione del mercante veneziano Simone Giogalli, che svolgeva il ruolo di suo agente da quasi vent’anni, giunse a Bergamo nel 1693 un allievo di Giordano, Nicola Malinconico. A lui è dedicata la sala finale del percorso, che ricostruisce la sua attività sul territorio presentando inedite pale rintracciate nelle chiese della bergamasca insieme a prestiti dalla Pinacoteca di Brera e dal Museo Gaetano Filangieri di Napoli.

L’EREDITÀ DI CARAVAGGIO

Grande rilevanza assume l’eredita della rivoluzione caravaggesca, in artisti napoletani come Battistello Caracciolo presente in mostra con un San Giovannino, che manifesta precocemente l’acquisizione del potente naturalismo del Merisi, declinandolo verso soluzioni di maggiore dolcezza espressiva, attraverso gli esempi romani ed emiliani. Così come lo spagnolo Jusepe de Ribera, a Napoli dal 1616, che interpreta la lezione di Caravaggio secondo un realismo ancora più marcato.

Antonio De Bellis Cristo e la Samaritana, 1645 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro Corteo di Bacco, 1650 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

Napoli a Bergamo

UN «NUOVO» GIORDANO

Di poco precedente al ciclo di Pedrengo, dunque sempre opera giovanile, è Incoronazione di spine, parte della collezione dell’Accademia Carrara, ora – grazie al restauro e agli studi condotti – definitivamente restituita al catalogo di Luca Giordano e datata agli anni 1656-1660. Il dipinto presenta effetti di luce e colore di derivazione veneta e insieme attesta, nelle scelte iconografiche, la vicinanza dell’artista alla grafica nordica, come nell’uomo che mostra la lingua e deride Cristo.

GIORDANO A PEDRENGO

I quattro dipinti esposti per la prima volta al pubblico in un contesto museale, perché di norma conservati nella chiesa di Sant’Evasio a Pedrengo, sono certamente uno dei capitoli più straordinari della mostra Napoli a Bergamo, sia per l’eccezionalità di poterli vedere non all’interno dell’abside della chiesa – dunque di difficile accessibilità – sia per la straordinarietà della pittura di Giordano che, seppur ancora in una fase iniziale del suo percorso artistico, raggiunge qui uno dei suoi vertici. Lapidazione di San Paolo, Martirio di San Bartolomeo, Martirio di Sant'Andrea, Martirio di San Pietro, datati intorno al 1660-1665, sono potenti brani di pittura in cui le scure tonalit cromatiche e il forte risalto chiaroscurale avvicinano l’artista a Jusepe de Ribera.

Luca Giordano Incoronazione di spine, 1660-1665 olio su tela, Bergamo, Accademia Carrara

Mattia Preti Deposizione di Cristo dalla croce, 1675 ca. olio su tela Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

Con Napoli a Bergamo Accademia Carrara affronta una doppia scommessa: quella di portare alla luce un passaggio tanto prezioso quanto poco noto della storia dell’arte italiana - l’incontro del nostro territorio con gli artisti della scuola napoletana del secondo Seicento - e quella di accompagnare il proprio pubblico lungo un percorso tutt’altro scontato, decisamente ricco di sorprese. La mostra riesce così a essere fedele a una tradizione espositiva che sempre ha cercato un aggancio con il territorio o con la propria collezione permanente, in questo caso grazie alla presenza di importanti opere disseminate tra il capoluogo e diversi centri della provincia, e nel contempo a raccontare una storia artistica del tutto nuova e stimolante. Il progetto, così, è pienamente rappresentativo di ciò che è oggi Accademia Carrara: un’istituzione capace di appassionare i visitatori e, a tratti, di sorprenderli, sempre tenendo fede alle proprie molteplici finalità istituzionali”. Giorgio Gori sindaco di Bergamo e presidente Fondazione Accademia Carrara

“Il nuovo indirizzo dato da Martina Bagnoli alla conduzione della Carrara è apprezzabile fin dalla prima proposta espositiva, che apre strade poco esplorate. Il rapporto tra Bergamo e Napoli era appena accennato negli studi precedenti sul Seicento, trattando soprattutto della presenza, insolita certamente, di Luca Giordano in santa Maria Maggiore, e poi del suo allievo Nicola Malinconico. La mostra appena inaugurata approfondisce invece questa storia ancora tutta da scoprire, aprendo inediti percorsi di conoscenza tra collezionismo, relazioni mercantili, nuove attribuzioni, restauri e prestiti speciali. Nel solco della tradizione della Carrara, e dei migliori musei, è invece la capacità di studiare, riscoprire, non perdere mai di vista il patrimonio conservato nei depositi. Ancora una volta un dipinto, conosciuto nel catalogo come di ambito, scuola o allievo, viene attribuito a Luca Giordano, andando a implementare il già ricco catalogo dell’artista partenopeo. Anche lo studio e la valorizzazione del patrimonio locale fa parte del DNA del museo che, con l’obiettivo di dare una testimonianza il più possibile ampia della presenza napoletana nel nostro territorio, si allarga alla Provincia, riuscendo a ottenere lo straordinario prestito dei dipinti di Pedrengo, ora visibili nelle sale della pinacoteca, a una distanza ravvicinata altrimenti impossibile nell’abside di una chiesa. Un’occasione per scoprire la Napoli del Seicento, e quanto della sua bellezza è custodito a Bergamo”. Nadia Ghisalberti assessore alla cultura Comune di Bergamo

Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura Comune di Bergamo

NAPOLI a BERGAMO

Uno sguardo sul ’600 nella collezione

De Vito e in città

A cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi Fino all’1 settembre 2024

Accademia Carrara Bergamo

Luca Giordano Lapidazione di San Paolo, 1660-1665 olio su tela Pedrengo (BG), Chiesa di Sant’Evasio Vescovo e Martire
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MARIO BETTINELLI, RITRATTI E PAESAGGI

FINO AL 9 GIUGNO LA GALLERIA DI SPAZIOAREF OSPITA LA MOSTRA MARIO BETTINELLI | RITRATTI E PAESAGGI A CURA DI SILVIA BIANCHERA BETTINELLI. Ingresso libero dal giovedì alla domenica, dalle 16 alle 19.30. L’iniziativa è realizzata con il sostegno dell’Associazione MALALA di Treviglio.

“Questa Mostra dal titolo Ritratti e paesaggi, che vede protagonista il pittore Mario Bettinelli (1880-1953) fa seguito, a poco più di un anno, a quella inaugurata il 21 gennaio 2023 sempre all’Aref e dedicata allo stesso Artista. La scorsa esposizione fu però volutamente limitata alle numerose e affascinanti maschere caricaturali di cui Bettinelli fu un celebre esponente. Il nostro artista però sperimentò liberamente anche in altri generi pittorici, primo fra tutti quello del paesaggio, un paesaggio emozionale, specchio segreto dello stato d’animo del pittore. L’amata val di Fassa, le Dolomiti, le cascine bresciane e bergamasche, il lago di Garda e quello di Como, il surreale panorama dei paesini Ceriana e Baiardo nell’entroterra ligure, gli amatissimi Navigli milanesi sono i soggetti ricorrenti dei suoi quadri. La poesia quotidiana delle sue darsene, avvolte da un’atmosfera silenziosa e lucente si avvicina senz’altro a quello che fu l’ultimo periodo della poetica bettinelliana, che possiamo fissare dal 1945 al 1952, ovvero la dimensione chiarista accanto a quella quasi coeva della Scuola di Burano. Appaiono in quegli anni numerosi dipinti dei canali veneziani e molte vedute di Burano e Torcello. Bettinelli si muove tra un linguaggio tardo scapigliato e la musicalità crepuscolare.

Anche la figura femminile diviene un motivo centrale della sua produzione pittorica, attento a modelli nazionali quali quelli di Cesare Tallone e di Ambrogio Alciati, che raffigurano donne flessuose e trascendenti. Questi due soggetti ricorrenti e proposti da Bettinelli nelle sue numerose apparizioni in mostre milanesi, saranno alla base del suo successo di pubblico e di critica” (Silvia Bianchera Bettinelli).

Mario Bettinelli nasce a Treviglio (Bg) nel 1880 e nel 1882 la famiglia si trasferisce a Brescia dove conclude gli studi di ragioneria presso l’Istituto Tecnico Tartaglia e quelli di pittura presso la Scuola Comunale di disegno ‘Moretto’, sotto la guida di Cesare Bertolotti. In seguito frequenta, per un anno, a Roma la Scuola del Nudo. Esordisce a vent’anni nell’Esposizione d’Arte Moderna del 1902 dell’Ateneo Bresciano. Nel 1911 si trasferisce a Milano e frequenta Circoli e Società Storiche come La Patriottica, La Famiglia Meneghina, La Famiglia Artistica. Nel 1912 l’Accademia di Brera lo nomina socio onorario e qualche anno dopo, nel 1918, entra nella Giuria di Accettazione dell’Accademia stessa. All’Esposizione Annuale di Belle Arti del 1916, allestita alla Permanente, consegue la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione. Tra il 1924 e il 1925, si trasferisce in Brasile per poi tornare nel capoluogo Lombardo. Costanti sono le personali dell’artista presso le più importanti gallerie milanesi fino al momento della morte, avvenuta a Milano nel 1953.

Mario Bettinelli | Ritratti e paesaggi Fino al 9 giugno 2024 - Ingresso libero Giovedì - Domenica | ore 16.00 - 19.30 Piazza della Loggia 11/f www.aref-brescia.it - info@aref-brescia.it Tel. 030 3752369 - 333 3499545

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FUOCHI

CAMBIAMENTO E TRASFORMAZIONE

Tanti sono i fattori che stanno cambiando la società con una velocità che mai si era vista prima. Cambiano i costumi, il clima, le tecnologie, il modo di comunicare, i valori, l’etica, l’economia, il lavoro, la politica e pure l’approccio religioso e spirituale. Tutto si evolve, ma soprattutto è l’uomo che cambia. Nel corso dell’evoluzione la nostra specie ha saputo adattarsi gradualmente alle condizioni esterne e, in qualche decina di migliaia di anni, è passata dal tenere in mano una clava al portarsi appresso uno smartphone. Con la clava poteva solo difendersi ed andare a caccia per cibarsi, ma oggi con la tecnologia può fare qualsiasi cosa. Così non solo siamo cambiati, ma in una conseguente mutazione di pensiero, ci siamo pure trasformati. È una trasformazione non tanto esteriore quanto interiore, perché tutto dipende dall’evoluzione della nostra mente indotta dalle condizioni esterne.

Un esempio: il concetto di denaro. Prima era semplicemente un mezzo, una merce di scambio, oggi è un fine per acquisire potere, fama e rilevanza sociale. La tecnica ha preteso che per guadagnare l’uomo dovesse diventare flessibile, produttivo ed efficiente. Le masse si sono adeguate a queste 3 caratteristiche, ma i “migliori” hanno usato anche altre strade per arricchirsi e queste non sono naturali percorsi tribali, ma oscuri sentieri privilegiati. Le elite hanno sviluppato conoscenze che non hanno condiviso, hanno modificato la realtà grazie ad un’informazione ed a una comunicazione che in pochi decenni è passata dall’editoria, poi è transitata sulle TV ed infine è arrivata nel mondo social. I social non sono altro che piazze private dove finiscono utenti, per lo più ignari, che così possono essere controllati e gestiti totalmente. Basti pensare che nel recentissimo passato un presidente degli Stati Uniti, uno degli uomini più potenti del mondo, è stato bannato dai proprietari dei social. E chi è il vero potente, Trump o Zuckerberg?

Quando si comprava un giornale, l’editore non sapeva nemmeno chi fossero i suoi lettori ed era solo la quantità di copie vendute a generare credibilità ed influenza. Oggi si entra in internet e si viene gestiti da algoritmi esterni che sono in grado di elaborare ogni tipo di informazione sul proprietario del cellulare o del PC di accesso. Quanti messaggi ricevete ogni giorno, dove vi vengono proposti degli oggetti o delle attività che rispecchiano proprio i vostri desiderata? Così si è trasformata la comunicazione in gestione delle masse e tutti i centri di potere ne hanno subito approfittato. Dall’Agenzia delle Entrate, che è in grado di sapere in tempo reale tutti i vostri averi e tutte le vostre proprietà, incrociando spese e guadagni che devono essere compatibili con i parametri decisi dallo Stato; alla politica che trasforma promesse elettorali in mancette europee dell’ultima ora. Tipo il recentissimo bonus di 100 € all’anno per chi guadagna meno di una certa cifra. Peccato che al momento i 100 € in busta paga siano lordi (75 € netti!), non riguardino i redditi bassissimi, non coinvolgano più di un milione di persone e che verranno erogati solamente nel 2025. Insomma una grandissima presa per i fondelli, una pizzata offerta dallo Stato, ma fatta passare come un energico sostegno alle famiglie più in difficoltà. Poco importa se poi per avere un esame specialistico in un ospedale pubblico italiano serva attendere oltre un anno, perchè basta pagare qualche centinaio di euro e lo si può fare in una settimana in privato. E cosa dire quando ti accorgi che banche e assicurazioni ti aiutano solo quando non (NON) hai bisogno e che appena finisci in difficoltà ti portano via anche le mutande? I nuovi centri di potere sanno abusare dell’uomo trasformato e lo utilizzano come vogliono. Tanto quasi più nessuno protesta e le lamentele girano solo nei bar di provincia. Ora è arrivata anche l’intelligenza artificiale, con la sua capacità incredibile di manipolare la realtà, ma a chi pensate porterà i lauti guadagni che è in grado di generare? Ad esempio, con un nuovo Decreto Legge del Governo, grazie all’’A.I., il Fisco invierà accertamenti automatici a cui il cittadino non potrà replicare direttamente, se non sostenendo le onerose spese di un ricorso ufficiale. Allora i cambiamenti proseguono veloci in un mondo che sta diventando sempre più cinico e sempre più violento. Infatti è universalmente noto che chi è stato ricco ieri potrebbe diventare un mendicante oggi, perché tutte le cose cambiano costantemente di momento in momento. Anzi semplicemente si trasformano in silenzio.

Alla prossima e in alto i cuori leggeri.

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IL BENE, NEL MALE

È STATA INAUGURATA SABATO 11 MAGGIO, PRESSO IL PALAZZO STORICO DEL CREDITO BERGAMASCO, LA MOSTRA DELLO SCULTORE GIANCARLO DEFENDI (BERGAMO, 1946) CHE RESTERÀ APERTA FINO ALL’11 GIUGNO 2024

Nella storica sede di Palazzo Creberg, in Largo Porta Nuova – nell’ambito del progetto di valorizzazione degli artisti contemporanei bergamaschi promosso negli anni da Fondazione Creberg – sarà possibile visitare, fino all’11 giugno 2024, un affascinante percorso nella produzione scultorea di Giancarlo Defendi con opere selezionate dagli anni Settanta ad oggi. La mostra, dal titolo Il Bene, nel Male, è curata da Angelo Piazzoli e Paola Silvia Ubiali. Due lati della stessa medaglia, il Bene e il Male sono le due forze fondamentali della lotta perenne che governa la vita umana. Non potrebbe esistere l’una se non ci fosse anche l’altra. “La mostra – ha sottolineato Angelo Piazzoli, Presidente di Fondazione Creberg – si innesta nel nostro percorso volto ad assicurare una doverosa valorizzazione ai Maestri della scultura bergamasca in un progetto pluriennale, indirizzato ad attribuire il meritato rilievo alla splendid stagione artistica del Novecento nella nostra città. Dopo le molteplici esposizioni personali dedicate nel tempo a illustri e importanti scultori – pensiamo, solo nell’anno 2023, a Giacomo Manzù, Ugo Riva, Piero Cattaneo – la nostra proposta per la primavera 2024 si concentra sulla autorevole figura di Giancarlo Defendi”. SCULTURE

MOSTRA PRIMAVERILE DI FONDAZIONE CREBERG
DI GIANCARLO DEFENDI

Le quattordici opere selezionate fanno parte della ricerca plastica dell’artista bergamasco Giancarlo Defendi, per molti anni titolare della Cattedra di Scultura al Liceo Artistico di Bergamo. Il Foyer e il Salone principale ospitano le opere di maggiori dimensioni, otto sculture re alizzate dagli anni Settanta ad oggi con materiali antichi e contempo ranei tra i più eterogenei: dal bronzo al legno di recupero, dalla terra refrattaria alla resina. La curatrice Paola Silvia Ubiali ha evidenziato che “la fantasia progettuale, da cui deriva l’attitudine all’uso di ogni tipo di materiale e strumento, anche quelli totalmente estranei alle arti plastiche, permette a Defendi di risolvere qualunque problema tecnico e formale. Quando gli strumenti più canonici non danno il risultato voluto, l’artista non esita ad utilizzare attrezzi e ingredienti diversi e alquanto “improbabili”, ma decisamente funzionali al raggiungimento del proprio obiettivo”. In Loggiato sono invece allestite le sculture più piccole e alcuni bozzetti preparatori o varianti delle opere esposte al piano inferiore. Questa sezione è fondamentale per conoscere il suo peculiare modus operandi. “Da sempre libero da contingenze di mercato” – ha sottolineato Angelo Piazzoli – “la sua è una cultura del “pezzo unico” che evita fusioni remunerative ma ripetitive. Su ogni soggetto infatti interviene sempre con numerose varianti, spendendosi generosamente per la sua arte”. I bozzetti sono infatti sempre molto diversi rispetto all’opera finale e sono differenti anche tra loro. “La ricerca di Defendi – ha continuato Angelo Piazzoli – è sempre stata indipendente, ben riconoscibile, dotata di autonomia di pensiero e di accenti personali inconfondibili. Nessuna soluzione di continuità si av verte tra l’uomo e artista: rappresentano un tutt’uno inscindibile che connota fortemente l’identità dello scultore”.

In alto : Diavolo e amante 2009-2010 legno di recupero co ossidatura al nitrato di alluminio, 160 (h) x 65,5 (p) x 108 (l) cm

A destra: Gli Egizi 1992-1993, bronzo patinato verderame con parti lucidate, 148 (h) x 48 (p) x 78 (l)nella pagina di fronte Giancarlo Defendi al lavoro

LE OPERE

Tutte le sculture in mostra, dall’Infanta all’Amante e la Diva, parlano di “esseri viventi”, siano essi personaggi storici, biblici oppure uomini e donne comuni. I volti dei protagonisti di Defendi non sono mai dei ritratti ma il frutto della sua capacità inventiva. Non capiterà mai di imbatterci in uno dei visi da lui tracciati sebbene ognuno di essi abbia un’espressività talmente potente e realistica da rispondere perfettamente ai canoni umani più naturali e autentici, senza idealizzazioni. “La natura morta non appartiene al vocabolario espressivo di Defendi” – ha spiegato Paola Silvia Ubiali. Il suo bisogno di fare arte pone infatti al centro la dimensione esistenziale come perenne ricerca del fattore umano, a volte anche bestiale. Una bestialità che non è mai disumana o crudele nemmeno quando incarna il Maligno, come per esempio in Diavolo e Amante dove Satana teriomorfo, principe dei demoni, da sempre identificato con l’istinto malvagio, incarna invece un animo sensibile e delicato che soccombe al cospetto dell’amore. La magia di Defendi sta tutta qui, nella potenza di un gesto naturale e disarmante che spariglia le carte, ribaltando consuetudini e luoghi comuni”. “Mi ha molto colpito la capacità evocativa delle opere esposte, che riconducono alle pieghe più nascoste dell’esistenza” – ha sottolineato Angelo Piazzoli. “La visione di queste sculture mi ha condotto in un viaggio col pensiero che ha richiamato alla memoria i giochi semplici dell’infanzia (Pergiocando e Pervolando), i racconti della fanciullezza (Egizi - Giuditta e Oloferne), i sogni del Ginnasio (Pervolando con Icaro), le riflessioni del Liceo (L’Asceta - Il Poeta). Un itinerario affascinante, che penso possa valere per ciascuno di noi, nei periodi più belli e spensierati della vita”. Attraverso la sperimentazione di nuove tecniche lo scultore si confronta con l’imprevedibilità della materia mentre è grazie all’innata curiosità che raggiunge quella padronanza degli elementi e delle loro reazioni. “Ma la sola tecnica non basta” – ha ricordato Paola Silvia Ubiali – “serve quel quid, quel

Sopra: L’Infanta 2024, resina verniciata 148 (h) x 55 (diam.) cm.

Sotto: L’amante e la diva 1972-73, bronzo patinato al nitrato d’argento 151 (h) x 58 (p) x 90 (l) cm.

qualcosa in più che trasforma la scultura ordinaria in opera straordinaria. Nei lavori di Defendi quel quid è l’infusione della vita, sempre presente in qualunque “cosa” esca dalle sue mani. Ogni “Cosa” e non solo personaggio, figura, tipo, carattere ecc. perché non tutto ciò che di Defendi presenta caratteristiche umane può essere definito tale e di conseguenza nemmeno può essere facilmente collocato nella categoria del “Bene” o in quella del “Male”. Defendi crea una suggestione e dopo un istante la distrugge non senza venare lo scenario di sottili inquietudini. È come passare istantaneamente da una fiaba a un martirologio, da un melodramma a un film dell’orrore. Le fiabe sono la messa in scena di paure ancestrali che abitano l’inconscio e la lotta del bene contro il male termina sempre con un lieto fine che rassicura il bambino che è in ognuno di noi. Ma l’artista ci priva del lieto fine e ci lascia pieni di dubbi. Defendi è un grande narratore, ma le sue sono volutamente storie incompiute; si spinge fino a un certo punto oltre al quale lascia spazio al mistero della fede o alla immaginazione umana, stimolando in noi reazioni non definibili, riflessi della complessità che ci circonda”.

L’ARTISTA

La nota biografica di Giancarlo Defendi è, per sua specifica richiesta, molto sintetica perché, più del curriculum è convinto che siano le opere a dover parlare. Nasce a Bergamo nel 1946 e, dopo aver frequentato il Liceo Artistico della sua città, si diploma alla Scuola d’arte di Cantù. Nel 1969 gli viene affidata la cattedra di scultura presso il Liceo Artistico Statale di Bergamo. Ha esposto con continuità in Italia e all’estero in mostre personali e collettive. Tra le ultime mostre personali che gli sono state dedicate si citano:

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2017 “Defendi - L’Etrusco Bergamasco”, OCRA Officina Creativa dell’Abitare, Montalcino, Siena 2018 “Diàoi. Tutti giù per terra”, Bergamo 2019 “Sculture 1988 – 2018”, Museo d’Arte e Cultura Sacra, Romano di Lombardia, Bergamo 2019 “Sculture (dedicata a mia madre)”, Cà Berizzi, Corna Imagna, Bergamo 2023 “Sculture”, Kilometro Rosso, Dalmine, Bergamo 2024 “Il Bene, nel Male”, Fondazione Credito Bergamasco, Palazzo Storico Creberg, Bergamo.

Sopra: Il Poeta 2019, terra refrattariav patinata e legno, 92 (h)x 40 (p) x

A sinistra: Pergiocando 1996-97, terracotta patinata oro

A Palazzo Creberg anche la tappa finale della mostra itinerante "L'anima e il tempo" con le straordinarie opere di Cosetta Arzuffi Dopo le tappe di Lodi, Grumello del Monte, Romano di Lombardia, Bergamo, Clusone e Seriate, le opere raffinate e profonde di Cosetta Arzuffi giungono a Palazzo Creberg per l’esposizione finale. La mostra, curata da Angelo Piazzoli e Tarcisio Tironi, sarà visitabile sino al 13 Settembre nei giorni feriali dalle 9 alle 13. In un primo tempo, in mostra saranno presentate, nel Loggiato di Palazzo Creberg, diciotto tele di rilevante impatto cromatico e visivo - per lo più di grandi dimensioni (tecnica mista su tela) - oltre ad una suggestiva stele (legno, pietra, ferro, su base in marmo); esse rappresentano il nucleo storico della mostra L’Anima e il Tempo. Dal 20 giugno 2024 - al termine della mostra dedicata allo scultore Giancarlo Defendi, che impegnerà il Salone Principale dall’11 maggio all’11 giugno 2024 - saranno collocate, nel medesimo Salone Principale di Palazzo Creberg, altre otto opere di Cosetta Arzuffi, tutte sui toni del colore Blu.

(l)

88
cm.
82 (h)x 44 (p)x 88 (l) cm.

GIUSEPPE RIVADOSSI

SCULTURE RECENTI

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La Galleria dell’Incisione ha inaugurato il 18 maggio una mostra dedicata alle sculture recenti di Giuseppe Rivadossi, figura di spicco della scultura contemporanea, la cui importanza è stata celebrata attraverso innumerevoli mostre organizzate in tutto il mondo.A quasi cinquant’anni anni dalla sua prima personale del 1975 in galleria, saranno esposte una ventina di opere realizzate negli ultimi due anni in legno, bronzo e gesso. L’approdo a queste forme geometriche e il loro approfondimento rappresentano la sintesi di un aspetto tra i più iconici della produzione dell’artista. “L’arte per me non è il frutto di ricerche, ironie o provocazioni come oggi in gran parte avviene, ma è un canto alla vita e all’amore, è un riconoscere l’esistere nella sua umanità e nel suo infinito mistero.”

Giuseppe Rivadossi è nato l’8 luglio 1935 a Nave (BS), dove vive e lavora. È sposato con Marisa Bonomi e ha due figli, Emanuele e Clemente. Giuseppe pratica la scultura fin dalla giovane età: nel 1949 si allontana per la prima volta, da solo, da Brescia per incontrare Manzù a Milano. Nel 1960 circa, avendo maturato già una sua esperienza, sia della falegnameria, che del fare scultura, e non volendo accodarsi all’assurdo sistema “produzione-consumo” che stava nascendo, inizia una sua personale attività rivolta a definire gli spazi e le strutture dell’habitat, secondo una visione di razionalità e di poesia. Seguendo la grande lezione dell’arte e della carpenteria medioevale rinascimentale, oltre che dell’architettura dei grandi maestri del nostro tempo come Alvar Aalto, Mies Van Der Rohe… andò riscoprendo e mettendo a punto, attraverso il materiale legno, strutture destinate all’abitare, definite secondo una sempre più misurata essenzialità pratica e poetica. Queste strutture, secondo Giuseppe, al servizio della quotidianità, devono favorire anche un buon rapporto e una riconciliazione con la vita. In questo senso l’ambiente deve essere considerato il fondamentale fatto della comunicazione umana. ...“nello spazio dell’uomo dobbiamo ritrovare anche la visione della nostra umanità e della nostra cultura...”.

Nel 1970 inizia per Rivadossi una stagione espositiva a Milano e nelle principali città italiane, grazie all’attenzione di importanti galleristi come Renato Cardazzo (Galleria del Naviglio) e Alfredo Paglione (Galleria 32). Nel 1980, il suo lavoro viene documentato per la prima volta in una grande mostra alla Rotonda della Besana di Milano, con presentazione dello storico dell’arte Gianfranco Bruno e catalogo Electa. Nascono così le grandi Custodie, le Madie, tutte quelle immagini che sono la nota distintiva dell’intuizione di Giuseppe Rivadossi: l’immagine è sempre un archetipo in cui la persona può riconoscersi e scorgere tracce della verità che la costituisce. Le mostre non distolgono Giuseppe Rivadossi dal continuare nel frattempo l’attività scultorea, seguita con grande attenzione dagli scrittori Giovanni Testori e Roberto Tassi. Nel 1995, con una personale alla Compagnia del Disegno di Milano, Giuseppe Rivadossi continua l’attività espositiva di opere di scultura in legno, pietra, bronzo. Seguono le personali al Palazzo Comunale a Cesena, alla Galleria d’Arte Michelangelo a Pietrasanta e Antologia a Monza. Giuseppe Rivadossi è anche presente nella Fiera dell’Arte di Bologna e Milano con le Gallerie Niccoli di Parma e ArteBergamo di Bergamo.

Galleria dell’Incisione

Via Bezzecca 4 - Brescia

Tel. 030 304690

www.incisione.com

galleria@incisione.com

Fino al 10 luglio 2024

Del lavoro e dell’opera di Giuseppe Rivadossi hanno scritto fra gli altri Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi, Roberto Tassi, Gianfranco Bruno, Marco Vallora, Ermanno Olmi, Giorgio Cortenova, Piercarlo Santini, Domenico Montalto, Philippe Daverio e Mario Botta. Un’importante antologica del lavoro di Giuseppe Rivadossi e del suo atelier si tiene nella primavera del 2005 al Museo di Palazzo Forti di Verona, a cura di Giorgio Cortenova. Degna di nota, inoltre, è la mostra realizzata presso la Galleria Agnellini Arte Moderna di Brescia a cura di Dominique Stella e Roberto Agnellini a primavera del 2014. Nel 2022 l’AAB (Associazione Artisti Bresciani) celebra il lavoro di Giuseppe con la mostra Eidosmariae. Le opere dell’atelier sono presenti in varie collezioni, tra le quali quella del MoMA di New York, nella collezione Tamajo in Mexico City, nello Shard di Londra e a Shanghai. Oggi in questa piccola bottega Giuseppe Rivadossi lavora con i figli, utilizzando il nuovo marchio “Habito”, alla elaborazione di nuove architetture che portino in sé la consapevolezza della appartenenza dell’uomo al mistero della creazione.

Di certo, i Frati che hanno edificato il bellissimo convento nella valle di Astino, sarebbero stati felici nel sapere che oggi, nella loro magione ristrutturata, si sarebbero date appuntamento tante persone per raccogliere fondi per la ricerca scientifica, per donare, attraverso le borse di studio elargite ai ricercatori dell’Istituto Mario Negri, una speranza di guarigione a chi oggi non ne ha perchè affetto da una malattia poco diffusa, rara appunto, e per la quale le aziende farmaceutiche non hanno grandi interessi nello sviluppare medicine efficaci. Per la prima volta la Fondazione ARMR ha organizzato la sua festa di primavera nelle antiche cantine del Monastero di Astino per gentile concessione della Fondazione MIA e ancora una volta ha centrato l’obiettivo di raccogliere i fondi necessari per consentire ad un giovane ricercatore di iniziare o proseguire nei suoi studi. Il tutto grazie anche alla preziosa presenza dell’Estetic Chef Mirko Ronzoni che con il suo staff ha dato vita ad uno show cooking particolarmente apprezzato dai presenti.

LA PRIMA VOLTA IN CONVENTO ARTE É RICERCA COME LA BUONA CUCINA

LA TRADIZIONALE SERATA ORGANIZZATA DA FONDAZIONE ARMR SI È TENUTA PER LA PRIMA VOLTA IN QUELLE CHE FURONO LE CANTINE DEL CONVENTO DI ASTINO

ph. Sergio Nessi

72 Fondazione A.R.M.R.
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ringrazia per la concessione gratuita di questo spazio.
Enpa

Sono Luca Ruggeri malato di Sla dal 2015; non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.

Mi nutro attraverso un sondino che ho inserito nell’addome con delle pappe speciali. Respiro tramite una macchina che mi spinge aria nei polmoni attraverso un tubo in gola.

Sono sposato con Lucia Ministrini da 33 anni con una figlia Marina che otto mesi fa mi ha reso nonno di Alessio. Scrivo per passione e per passare il tempo. Sto scrivendo un libro che avrà come titolo “Il gatto del Presidente”

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LA DIAGNOSI

SECOND LIFE AGAIN

Il 31 Agosto del 2015 è una giornata bellissima, limpida e con un piacevole venticello rinfrescante. Siamo reduci da un’estate torrida e io sono abbastanza sereno, mi sento bene e sono fiducioso: oggi dobbiamo recarci al Civile di Brescia per conoscere l’esito degli esami fatti il mese scorso e per una visita da parte del Prof. Massimiliano che segue la mia vicenda. Mi faccio accompagnare, oltre che da mia moglie Lucia, da mio fratello Diego e mia figlia Marina. Loro hanno volti un po’ preoccupati. Io no e, a parte le fascicolazioni muscolari - sono come contrazioni involontarie - ed il braccio sinistro più debole, perché l’ho fratturato alcuni anni fa, mi sento bene... Perché mai dovrei essere preoccupato?

L’appuntamento è alle 14.30 e, dopo aver aspettato alcuni minuti, vengo chiamato dall’infermiera. Nello studio mi accompagna solo mia moglie Lucia e, chiusa la porta alle nostre spalle, il Prof. inizia quasi timidamente il suo discorso: “Vede, signor Ruggeri, noi abbiamo fatto tutti gli esami possibili ed immaginabili e sono risultati tutti negativi perciò, per esclusione, ma anche per mia esperienza, lei ha la malattia del motoneurone. Solo nei prossimi mesi potremo capire se si rivelerà una SLA”. Mi fissa negli occhi e mi domanda se sono informato di cosa stiamo parlando. Rispondo di no e guardo Lucia che invece sembra aver già capito. Non dice nulla ma ha già gli occhi lucidi. Il Prof., sentita la mia risposta, disegna velocemente uno schema sul suo notes. “I cerchiolini - mi spiega - sono le cellule neuronali, mentre i fili sono i nervi che collegano cellule e muscoli che ho disegnato con delle piccole onde. I tuoi muscoli - prosegue - non sono malati, nemmeno i tuoi nervi, il tuo problema sono le cellule neuronali chiamate motoneuroni che comandano i movimenti e che stanno morendo per un motivo ancora sconosciuto. È una malattia cronica progressiva e neurodegenerativa, attualmente senza cure che ne possano modificare la progressione. La vostra vita cambierà - conclude scuro in viso - sarete sempre più spesso in ospedale o in qualche struttura riabilitativa”.

Questo discorso del Prof. mi si incide nella mente, esco dallo studio barcollando poi abbraccio i miei, confido loro la diagnosi e ci mettiamo tutti a piangere. Nei giorni successivi siamo come degli zombi. Io, per non alimentare lo sconforto cerco di farmi vedere sereno ma è molto difficile fingere tutto il giorno allora, quando posso, vado in un ripostiglio vicino al seminterrato per piangere e urlare la mia disperazione, sicuro di non essere sentito. Quei giorni sono stati sicuramente i più difficili della mia vita, sono passato attraverso molte cadute nel mio passato e mi sono sempre rialzato, ma sento che stavolta sarà molto difficile, però un obiettivo ce l’ho, cercare di far soffrire il meno possibile la mia famiglia.

QUESTA È UN’ALTRA STORIA

Tony, malato di SLA già da qualche anno, in attesa della Peg - gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) che permette di collegare la cavità gastrica con l'esterno per l'assunzione di cibi e di liquidi - già bisognoso di respiratore notturno oltre che di carrozzina per la deambulazione, quel giorno chiese a sua moglie: “Rachele oggi è il nostro anniversario e visto che riesco ancora, anche se con fatica e attenzione, a mangiare e bere vorrei portarti in quella trattoria famosa dove vanno molti personaggi dello sport, dello spettacolo e della politica milanese. Si chiama il “Trombone” e si mangiano cibi tradizionali molto buoni, ma ha due grandi difetti: hanno solo vino sfuso di pessima qualità ed il prezzo è stellare qualsiasi piatto ordini. Tony decise di provare comunque e, se per il prezzo non poteva farci nulla, per il vino sì. Prese una bottiglia di Brunello di Montalcino che gli avevano regalato e disse a Rachele: “Magari ci faranno pagare per aprirla e per servirla ma almeno berremo bene.

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Decisero di dare il pomeriggio libero alla ragazza che si occupava dell’assistenza di Tony e, dopo tante remore, si recarono in questa famosa trattoria, entrando quasi in punta di piedi con una soggezione tale e si notava lontano un chilometro che era la prima volta.

Si sedettero dove indicò il cameriere al quale fecero aprire la bottiglia che si erano portati da casa e, mentre questi la stappava, riferì loro che ci sarebbe stato un piccolo supplemento nel conto per il servizio.

Trascorsa circa mezz’ora entrarono nel locale una decina di persone e dal loro atteggiamento e dalla loro confidenza con i camerieri si capì subito fossero degli abituè. Erano alcuni esponenti della giunta regionale.

Dopo aver scelto cosa mangiare, qualcuno del gruppo notò la presenza di Tony e Rachele che silenziosamente stavano mangiando e fece notare agli altri che il disabile se la passava bene bevendo un vino costosissimo. Un altro seduto accanto sibilò “... poi sono i disabili ci fanno sballare tutti i bilanci!”

Un terzo arrivò a sentenziare che si danno troppi soldi in mano a questi disabili! E ancora, bisognerebbe tagliare i fondi, farli proprio sparire nel giro di pochi anni e sostituirli con più servizi! Quello seduto a capotavola annui e disse: bella idea faremo così! Tony che aveva molti problemi ma aveva un perfetto udito disse a Rachele sottovoce: questi sono pazzi vogliono sostituire le sovvenzioni ed erogare più servizi ai disabili come me. Potrebbe anche essere una bella idea ma non ci si rende conto che tutti gli ospedali, tutte le strutture riabilitative e tutte le cooperative che si occupano di sanità, comprese le RSA, sono in difficoltà per carenza di personale e questi dicono di voler aumentare i servizi. Ma il personale medico dove vanno a prenderlo? Alla fine resteremo senza sovvenzioni e senza servizi!

Mi sono inventato questa storiella per farvi capire quanto sia sbagliato triste e bizzarro tagliare i sussidi ai disabili. La Regione Lombardia vuole tagliare del 30% i sussidi dei cargiver, sussidi già non sufficienti! La Regione incolpa il Ministero di aver tagliato i fondi il Ministero passa la palla alla Regione dicendo che non è vero, alla fine toccherà ai comuni provvedere a dare dei servizi pari alla cifra tagliata dalla Regione, solo che non sanno ne come ne quando.

I rappresentanti di trenta e più associazioni sono scesi in piazza a Milano a protestare contro i tagli e alla fine hanno ottenuto che il provvedimento sarà rimandato a fine anno ma non verrà cambiato. I mass media si sono guardati bene di non dare risalto a questa protesta. Io mi domando se non aiutate i disabili, i più sfortunati, i più fragili, gli ultimi della cosiddetta società, che cavolo ci state a fare su quelle prestigiose poltrone?

La SLA o Sclerosi Laterale Amiotrofica, conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa progressiva. Colpisce gli adulti ed è causata dalla morte dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali. È la più comune patologia motoneuronale: colpisce 1,7 persone ogni 100.000 ogni anno, prevalentemente di età compresa fra 50 e 60 anni. Pur essendo una malattia rara, gode di una certa popolarità, anche legata al fatto che ne sono stati colpiti personaggi in vista del mondo dello sport (come il campione di baseball Lou Gehrig, di cui la patologia porta il nome) e della scienza (come il fisico Stephen Hawking nella foto a destra).

Nella sclerosi laterale amiotrofica, per cause non ben note, si instaura nel sistema nervoso del soggetto colpito, un processo infiammatorio che porta alla perdita dei motoneuroni. Il risultato è la paralisi dei muscoli volontari, inclusi quelli che partecipano al mantenimento di funzioni vitali come quella della respirazione.

Nella fase iniziale e intermedia, i sintomi sono per lo più riferibili al deterioramento della capacità di movimento, che si esprime con la comparsa di crampi, contrazioni muscolari involontarie e fascicolazioni. Invece, nella fase tardiva, viene penalizzata la funzione respiratoria. L’insufficienza respiratoria è la causa più frequente di morte nei pazienti, la cui aspettativa di vita varia fra i 3 ed i 5 anni dalla diagnosi.

La causa della SLA è per lo più ignota. Solo nel 5-10% dei casi si riconosce una correlazione con una mutazione genetica. Malgrado l’elevato numero di studi nei quali è impegnata la comunità scientifica mondiale, non è disponibile una terapia risolutiva per questa malattia. Esistono due farmaci approvati, ma entrambi hanno indicazioni limitate e producono un aumento esiguo della sopravvivenza dei pazienti.

La terapia della SLA è quindi di supporto, assistenza e mirata al trattamento dei sintomi. Il 21 giugno si celebra la Giornata mondiale della Sla. Si stima che in Italia siano presenti più di 6.000 malati, con 1.000 nuovi casi ogni anno. La prevalenza della malattia, globalmente stimata intorno ai 200.000-300.000 casi, è oggi in aumento. Esistono rare forme giovanili che compaiono fra i 20 ed i 30 anni. Infatti, è popolare il caso dello scienziato inglese Stephen Hawking, che ha avuto la SLA all’età di 21 anni e ne morì 55 anni dopo.

La SLA è più frequente negli uomini che nelle donne (con rapporto di 1,2-1,5), anche se con l’aumentare dell’età, l’incidenza della malattia

SECOND LIFE AGAIN 78

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

(Winston Churchill)

LUPUS IN FABULA

Benito Melchionna

Procuratore emerito della Repubblica

IL MATRIMONIO DI “UN’ORA” E IL “DIVORZIO” DI GARIBALDI

QUESTO MESE RACCONTO

ALCUNI PARTICOLARI DELLA VITA

SENTIMENTALE DECISAMENTE

MOVIMENTATA DI GIUSEPPE

GARIBALDI L’EROE DEI DUE MONDI.

Prima parte

1. L’insondabile mistero dei sentimenti

Abbiamo un po’ tutti il timore che il nostro mondo stia ormai andando a pezzi. Questo a causa, in particolare, delle veloci radicali innovazioni della tecnocrazia e di una geopolitica di guerra, ivi compresa addirittura la minaccia di uno sconquasso nucleare. Pertanto, in tempi di generali rampanti e di risorgenti nazionalismi-populismi che mirano a destrutturare la stessa coesione della Europa unita, il lettore non frettoloso potrebbe abbozzare qualche sorriso ironico andando a curiosare in uno degli eventi marginali e poco noto del nostro glorioso Risorgimento.

Ci si riferisce in particolare al racconto della storia beffarda e romanzesca del matrimonio, celebrato il 24 gennaio 1860 con rito cattolico, nella cappella gentilizia di Villa Raimondåi in Fino Mornasco (CO), tra Giuseppe Garibaldi e la marchesina Giuseppina Raimondi. Tale evento ebbe a consumarsi nel classico gioco pirandelliano delle parti, con attori che si muovevano nel contesto della doppiezza che quasi sempre caratterizza i comportamenti umani. Ci accostiamo così a personaggi complessi e di grande modernità: Garibaldi eroe coerente e impavido, Giuseppina modello di donna anticonformista ribelle e volitiva che sa sfidare le convenzioni del suo tempo, Pasquale Stanislao Mancini eccelso giurista patrocinatore di Garibaldi e statista appassionato dell’idea di Nazione, da lui analizzata “come fonte del diritto delle genti” (1851). A distanza di oltre un secolo e mezzo, oggi ci è consentito di illuminare quelle vicende attraverso la suggestione del dubbio, che fortunatamente ha ormai soppiantato la certezza di tanti dogmi, soprattutto con riguardo alla ricostruzione storica dei fatti.

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Non si può perciò pretendere di giudicare i protagonisti che, visti da vicino e sottratti a ogni aura mitica, mostrano tutta la loro ambivalente umanissima fragilità. Abbiamo allora l’ulteriore conferma che nella rappresentazione teatrale della vita si intrecciano continuamente vizi (privati) e virtù (pubbliche).

Questa regola farisaica, che avvicinava alle umane debolezze finanche gli dei dell’Olimpo, non risparmia ovviamente neppure i nostri “sposi”

Infatti, sbirciando nelle tormentate volubili pieghe degli affetti, possiamo comprendere perché il matrimonio di cui ci occupiamo durò la beffa di un’ora, restando per sempre “rato e non consumato”

Forse proprio perché, trattandosi di due personaggi di forte tempra, ciascuno era autocentrato a modo suo nel proprio narcisismo, anche se non c’era ancora il selfie. Giuseppe e Giuseppina risultavano comunque entrambi poco adatti a diventare coniugi per tracciare, uniti da quel giogo, il solco produttivo del matrimonio; insomma, ognuno incapace di intraprendere un generoso cammino di attenzione-integrazione nella terra sconosciuta dell’altro.

È del resto quasi banale osservare che, nell’attuale era del relativismo etico, della globalizzazione economico-finanziaria e della frammentazione indotta dalla conoscenza solo virtuale, molte coppie scoppiano. I partner, infatti, indipendenti e poco solidali, condizionati dalla precarietà dei sentimenti e dai bisogni del consumismo compulsivo, non riescono più a sintonizzarsi con i ritmi lenti e propri della medit-azione e della intesa amorosa.

2. Garibaldi e le donne nel XIX secolo

Forse le notazioni che precedono interessano poco chi non ama soffermarsi sulle cause che indirizzano, nel bene e nel male, gli accadimenti della storia.

In ogni caso però la vicenda di quel curioso improbabile matrimonio, sebbene ormai lontana nel tempo, potrebbe risultare ancora oggi intrigante, sia come attualizzazione di un gossip-pettegolezzo quasi conosciuto, sia nella sua assai più pregnante rilevanza sul piano tecnico-giuridico

Occorre pertanto situare il suddetto evento nel bel mezzo del XIX secolo, per tentare di rileggerne il senso alla stregua delle successive trasformazioni del costume e del diritto.

Sarà così possibile tratteggiare una sorta di sceneggiatura dove si incontrano e si scontrano - ciascuno con la propria caratterizzazione - gli attori principali e i comprimari della storia; pensiamo soprattutto a Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807 - Caprera 1882), a Giuseppina Raimondi (Como 1841 - Lentate sul Seveso 1918) e a Pasquale Stanislao Mancini (Castel Baronia 1817 - Napoli 1888).

Sebbene le meraviglie (energia elettrica, invenzione del motore a scoppio, ecc.) della nascente seconda Rivoluzione industriale (lontanissima dalla nostra era digital-robotica e di IA) e le idee libertarie di impronta socialista si stessero imponendo - innescando nuovi conflitti - nel progredire dello sviluppo umano, la cultura dell’epoca era sostanzialmente dominata dagli stereotipi di un patriarcale maschilismo e dalla retorica risorgimentale. (segue...)

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LUPUS IN FABULA

Si trattava di una cultura, appena inzuccherata dai posticci languori del romanticismo e del melodramma, dove tra l’altro le donne venivano descritte come semplici fattrici e come soggetti antropologicamente inclini al ricamo e al cucito. Perciò, anche Garibaldi, leggendaria icona del nostro Risorgimento, mentre portava al successo (quasi sempre) le sue epiche tumultuose imprese militari, visse “alla garibaldina”, ossia con entusiasmo, senza troppa cura e con disordinato predominio sul genere femminile, molte delle sue passioni sentimentali. Tutto ciò spiega perché, in forza di una vasta letteratura, nell’immaginario italico ilnostro eroe è tuttora accreditato quale indomito fortunato tombeur de femmes, capace cioè di far cadere molte donne dinanzi al suo richiamo di guerriero dalla chioma leonina.

Del resto, mentre il puritanesimo bacchettone imponeva allora (?) ai comuni mortali - e in specie alle donne - un rigido repressivo costume sessuale, gli uomini ricchi, nobili e potenti (vedi Vittorio Emanuele II, Cavour …) potevano praticare, con spavalda ipocrisia e come status symbol privilegiato, rapporti usa-e-getta e addirittura tollerati amorazzi ancillari.

Il nostro Garibaldi dunque conobbe - in senso biblico - molte donne. Non è questa la sede per elencare, come nel nutrito “catalogo” del celebre libertino Don Giovanni musicato da Mozart, le numerose “madamine” che arricchirono il palmarès, l’albo d’oro dell’intensa e movimentata vita sentimentale di Garibaldi.

Meritano comunque citazione almeno le sue tre mogli:

- Ana Maria Ribeiro da Silva, detta Anita, disinvolta amazzone brasiliana conosciuta in Uruguay nel 1839, suo grande amore e assidua compagna di molte avventure, morta nel 1849 a 28 anni a Marina di Ravenna nel corso della rocambolesca fuga dalla disastrosa impresa della Repubblica romana; da lei Garibaldi - che l’aveva sposata nel 1842 - ebbe 4 figli (Menotti, Ricciotti, Rosa e Teresa);

- Giuseppina Raimondi (guarda caso, stesso cognome della madre di Garibaldi), della quale tratteremo in seguito;

- Francesca Armosino, discendente da una nobile famiglia armena emigrata nell’Astigiano per sfuggire alla persecuzione dei turchi contro i cristiani. Chiamata diciassettenne (era nata nel 1848) a Caprera nel 1865 per curare l’amministrazione di casa Garibaldi, divenne presto sua amante dandogli 3 figli (Clelia-1867, Rosa-1869 e Manlio-1873). Garibaldi potè finalmente sposarla il 26 gennaio 1880, dodici giorni dopo la sentenza (pubblicata il 14 gennaio 1880) di annullamento del matrimonio con la Raimondi; cosa che consentì ai freschi coniugi di riconoscere i figli Manlio e Clelia (Rosa era morta che aveva 18 mesi). La donna (spentasi poi a Caprera nel 1923) consacrò assidue cure e amorosa assistenza al generale, alleviandogli i gravi malanni che ne segnarono la vecchiaia. Qualche cenno inoltre va fatto alle donne tra le più importanti della sua vita:

- Emma Roberts, ricca vedova londinese, conosciuta nel 1854 e rimasta sempre al suo fianco quale “intima” fidanzata; - Battistina Ravello, servetta nizzarda, giunta diciottenne a Caprera per fare da balia a Teresita e a Ricciotti; la ragazza generò da Garibaldi nel 1859 Anna Maria Imeni (detta Anita), morta a 16 anni di meningite fulminante;

- Esperance von Schwartz, bellissima raffinata scrittrice e baronessa inglese di origine tedesca, divorziata da un ricco banchiere; la donna, pur restando fedele garibaldina, rifiutò più volte le richieste di matrimonio del suo leggendario idolo: lo considerava infatti impacciato e ingenuo nel gioco del tete-a-tete, definendolo perciò non altrettanto leggendario sotto le lenzuola.

Segue sul prosasimo numero il terzo capitolo

3. Il matrimonio di “un’ora” con Giuseppina Raimondi

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