SHANTHI 2017 2

Anno XXXII n. 2 - Periodico semestrale dell’A.M.I. Spediz. In abbonamento postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 Filiale di Milano Aut. del Tribunale di Milano n. 730 del Registro Periodici 10.11.2000

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viaggi di solidarietà nelle terre degli uomini

SHANTHI

in distribuzione gratuita

EDITORIALE Migrazione e migranti

LETTERE Oggi...

IN PRIMO PIANO MINORI MIGRANTI Migranti minori non accompagnati I figli dei migranti e la nostalgia ereditaria Ius soli... ius sanguinis

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE I progetti AMI

SOSTEGNO A DISTANZA Dove e come effettuare il sostegno a distanza

Il fanciullo ha diritto a un nome e ad acquisire una cittadinanza.

(Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza)

Sede Legale: via A. Moro 7 - 20090 Buccinasco (MI) Sede Operativa: via A. Manzoni 10/4 20090 Buccinasco (MI) tel 02 45701705 /fax 02 45708630 Codice Fiscale: 97018760153 Sito internet: http://www.amiweb.org La sede è aperta: mercoledì e venerdì sera

L’AMI “Amici Missioni Indiane ONLUS” è un’associazione di volontariato nata nel 1982. È stata riconosciuta ufficialmente Ente Morale autorizzato all’attività nelle procedure di Adozione Internazionale con il Decreto del Ministero dell’Interno nr. 34/2000 del 06/09/2000 (cfr: http://www. amiweb.it/decrem97.htm oppure Gazzetta Ufficiale del 21/7/97 rif. n. 97A5684).

L’AMI è stata fondata nel 1982 per iniziativa di un piccolo numero di famiglie adottive, allo scopo di inviare beni di prima necessità nelle Missioni Indiane gestite dalle Suore di Carità delle Sante B. Capitanio e V. Gerosa.

Dopo i primi anni di attività, che hanno visto incrementarsi sensibilmente il numero dei soci, AMI ha riorganizzato la propria attività focalizzando le iniziative principalmente in tre settori:

Chi Siamo

ADOZIONE INTERNAZIONALE AMI è un ente autorizzato a svolgere tutte le attività nelle procedure di Adozione Internazionale, dall’accoglimento della coppia avente già il decreto di idoneità fino al completamento di tutto l’iter adottivo. ami@amiweb.org COOPERAZIONE INTERNAZIONALE AMI sviluppa progetti di cooperazione internazionale, da sola o con altre organizzazioni, attraverso l’invio di materiali (vestiario, medicinali ecc.) e di contributi finanziari per la costruzione e il mantenimento di asili, scuole, dispensari, case per la popolazione locale, implementazione di piccole attività produttive, sviluppo e realizzazione. Collabora in progetti co-finanziati dalla Commissione Adozioni Internazionali. aiutami@amiweb.org SOSTEGNO A DISTANZA AMI promuove e realizza il sostegno a distanza (comunemente chiamata adozione a distanza) di minori in stato di bisogno. L’obiettivo è di avvicinare famiglie, gruppi e singoli a bambini e bambine che necessitano di sostegno economico per proseguire gli studi nel proprio Paese; mediante interventi individuali di istruzione si pongono anche le basi per la crescita delle comunità locali. sponsorizzami@amiweb.org

Quote associative annuali: Socio ordinario: € 60,00 Socio sostenitore: € 5,00 (senza alcun limite) Sponsorizzazioni: € 180,00

Le nostre zone Bergamo: 035.713916 Castel San Giorgio (SA): 081.951504 Limena (PD): 049.8848183 La Spezia: 0187.701114 Mantova: 0376.245259 Piacenza: 0523.896247 Roma: 06.70453637 Stiava (LU): 0584.970071

Modalità di versamento dei contributi Per bonifici relativi a: pagamento quote sociali, quote adozioni a distanza, donazioni, contributi per la realizzazione di progetti, ricavi mercatini e feste • C/C bancario intestato a: Amici Missioni Indiane ONLUS Banca Prossima n°Conto 0119923 • ABI 3359 • CAB 01600 • CIN H IBAN IT84 H033 5901 6001 0000 0119923 • C/C postale intestato a: Amici Missioni Indiane ONLUS Via A.Moro 7– 20090 Buccinasco (MI) n°Conto 20216206 • ABI 07601 • CAB 01600 • CIN P IBAN IT84 P076 0101 6000 0002 0216 206

Per bonifici relativi a: conferimento del mandato,quote referente estero, spese di traduzione e documenti, partecipazione a corsi pre o post adozione, e altro inerente l’adozione Internazionale contattate il Vostro referente in AMI.

Migrazioni e minori

EDITORIALE

di Paolo Tortiglione direzione@shanthi.it

Certo che ne abbiamo viste e sentite (e scritte) tante. Chi ha passato il mezzo secolo di vita può dire, se sforza un po’ la memoria, di aver vissuto o visto in televisione veramente tante situazioni difficili: emergenze, guerre, attentati, stragi, dirottamenti, assassinii, frodi, uccisioni, rapimenti di bambini, bombe, brigate rosse e mille altre cose che ognuno di noi ha in qualche modo attraversato, o come spettatore o in qualche più raro caso direttamente coinvolto, o spesso come semplice curioso o lettore di giornale.

Di fatto però tutte queste cose, questi fatti, ci hanno un po’ alla volta cambiato, hanno creato e disfatto opinioni, pareri e idee, che comunque alla fine si sono in qualche modo insinuate nel nostro modo di essere e di pensare.

Non è evitabile. Fa parte della vita.

Tuttavia un fenomeno come la migrazione di massa, della portata cui stiamo assistendo dall’inizio (se non prima) delle primavere arabe, non era immaginabile, anche se largamente prevedibile. Inutile iniziare dalla Preistoria: l’uomo, sulla Terra, si è sempre mosso, è sempre stato o nomade o, dove possibile, stanziale. Di fatto è partito dall’Africa e ha popolato la Terra.

E adesso, tramite la televisione, assistiamo e vediamo milioni di persone che lasciano il loro continente, affrontano viaggi di una pericolosità estrema, in migliaia perdono la vita, persone di ogni età, et-

nia, ceto, cultura, provenienza, nazionalità.

Alcuni affrontano il fenomeno migrazione come un problema, le soluzioni non si contano, anzi si sprecano. Partiti che vogliono sparare contro i barconi, altri che li vogliono rimandare indietro, altri che vogliono impedirne la partenza, altri che non vedono l’ora che arrivino i migranti, altri che li vogliono selezionare, altri ancora sparpagliare per l’Europa in modo tale che si notino meno. In questi anni ho sentito e letto tutte le soluzioni possibili alla questione. Non so se qualche soluzione sia ancora da dirsi o immaginarsi. Ognuno ha la sua. Noi su queste pagine non ne daremo! Questo numero della fine del 2017, non è un numero che darà soluzioni o risposte più o meno buone o geniali. Ci limiteremo a raccontare qualcosa, tramite la penna di chi è vicino e vive quotidianamente la migrazione e a dare delle informazioni il più oggettive possibile usando le fonti ufficiali.

La verità non esiste in questo settore. Ci sono divergenze sui numeri forniti da parte di Istat e altri importanti enti di ricerca. Sembra che ognuno li dia in modo diverso e a seconda dell’uso che ne deve essere fatto.

Ma al di là dei numeri precisi (che non sapremo mai veramente) quello che nessuno nega è la portata del fenomeno, praticamente in ascesa continua o costante nel tempo, e il problema umanitario che le migrazioni generano.

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A nostro parere, manca una volontà di contestualizzazione sociale e storica della migrazione. Queste immense movimentazioni di uomini stanno portando con sé migliaia di bambini e ragazzi non accompagnati. Di questi non si sa il nome, la data di nascita, spesso nemmeno la provenienza.

Il problema che sono migliaia sta mettendo in crisi governi, nazioni, politici, ONU e tutte le piccole ONG, onlus che in qualche modo stanno facendo un grande lavoro nell’affrontare la situazione.

In questo numero speriamo di dare qualche infor-

mazione aggiuntiva, pareri di persone ben informate in prima persona, che in qualche modo sono venute a contatto con il fenomeno migrazione da diversi osservatori. Speriamo siano utili a contribuire all’approfondimento del problema e all’idea che ognuno di noi si potrà fare aggiungendo le nostre considerazioni alle migliaia di altre che fino ad ora si sono lette e sentite.

Cercheremo di essere e rimanere una piccola voce, ma di qualità.

Tutto in stile AMI!

Shanthi – Frontiere, verso le app ed il digitale

SHANTHI

Devo annunciare a tutti i nostri lettori che Shanthi-Frontiere ha iniziato la strada verso l’edizione digitale. Siamo in un momento di trasformazioni, tutto il mondo dell’informazione sta muovendosi in questa direzione, le necessità di contenimento dei costi di stampa, sempre più alti, la nostra ferma volontà di lasciare il giornale gratuito come lo è sempre stato, unita alla necessità di una diversa flessibilità che si protrebbe avere col formato elettronico, ci hanno spinto ad intraprendere anche la strada digitale a fianco della tradizionale cartacea.

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Quando saremo pronti sarete tutti avvisati delle nuove modalità attraverso i siti Amiweb.org e Shanthi.it che saranno interamente riveduti e rifatti nei prossimi mesi.

A questo proposito ogni suggerimento o contributo “volontario” da parte di ogni nostro lettore è decisamente benvenuto.

Scrivetemi le vostre idee e considerazioni via mail all’indirizzo direzione@shanthi.it.

Vi ricontatterò personalmente per discutere dettagliatamente ogni vostra iniziativa.

Per inviare lettere, commenti, osservazioni… potete scrivere a lettere@shanthi.it o all’indirizzo: A.M.I. Redazione Shanthi, Cascina Robbiolo, Via A.Moro, 7 20090 Buccinasco (MI)

Viaggi di solidarietà nelle terre degli uomini Shanthi Frontiere Anno XXXII- n. 2 Periodico semestrale dell’A.M.I. Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96 Filiale di Milano Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 730 del Registro Periodici 10.11.2000 Direttore responsabile: Paolo Tortiglione direzione@shanthi.it Redazione: Fabiana Polese Hanno collaborato a questo numero: Carmen, Alessandra Gatti, Guillermo, Isabella Musacchia Minodi, Charo Segrè, Bruno Zoia, Stefano Zoia Fotografia di copertina: Nicolas Economou / Shutterstock.com Grafica e impaginazione: Imagidea.it Stampa: T.R.E.G srl - Guardamiglio (LO) tel. 0377.452057 - info@tregsrl.com Sede A.M.I. e redazione Shanthi Cascina Robbiolo Via A. Moro, 7 20090 Buccinasco (MI) tel./fax 02.4501705

In questo numero...

pag. 1 EDITORIALE Migrazioni e minori di Paolo Tortiglione pag. 4 LETTERE & TESTIMONIANZE Oggi... Giovani rapper IN PRIMO PIANO Migranti minori non accompagnati pag. 5 Migranti minori non accompagnati

di Paolo Tortiglione, genitore adottivo e direttore della rivista Shanthi.

pag. 8 Come si diventa Tutore volontario di un minore non accompagnato: guida sentimental-burocratica di Isabella Musacchia Minodi, ha fondato Onalim, Milano al contrario, e ne amministra il blog. pag. 11

I figli dei migranti e la nostalgia ereditaria di Charo Segrè, laureata in Interculturalità, insegnante di italiano per migranti, arteterapeuta e operatrice shiastu, vive con un cowboy e i tre bambini che l'hanno scelta come madre ai Buschi, in una casa al limitare del bosco nell'Oltrepò montano.

pag. 14 Ius soli… ius sanguinis di Alessandra Gatti, giovane socialmente impegnata, mamma, operatrice del mercato del lavoro. pag. 16 Con parole… “nostre” di Voci da una scuola di italiano per stranieri pag. 18 Musica dei popoli: la musica migrante di Bruno Zoia, musicista e insegnante di musica.

COOPERAZIONE pag. 20 Progetti di cooperazione AMI

pag. 22 SOSTIENIMI di Cecilia Cremonesi, madre di due figli indiani, si occupa sin dal 1985 delle sponsorizzazioni AMI in India e successivamente in Bangladesh e Nigeria.

Shanthi ha una pagina web e una pagina Facebook Shanthi Frontiere.

Potete scaricare da shanthi.it liberamente tutti i numeri arretrati e dialogare con la redazione in tempo reale!

Web: www.shanthi.it - Facebook: Shanthi Frontiere

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LETTERE

&

TESTIMONIANZE

Dedichiamo questo spazio alle lettere e testimonianze inviate alla redazione.

Accoglieremo segnalazioni di esperienze interessanti, in linea con gli obiettivi AMI, ma anche argomenti che riterrete importante segnalarci e brevi comunicazioni.

Oggi lettere@shanthi.it

Visto che non ci scrivete quasi mai, care lettrici e lettori, in questo numero ho pensato di andare a caccia di lettere in rete. E così mi sono imbattuta in questa canzone che mi ha particolarmente colpito per le sue parole. Sembra davvero la lettera che avrei potuto ricevere da dei giovani, magari migranti o magari no, che vedono il loro futuro sfuggire senza riuscire a fermarlo... o meglio a giocarlo! A loro non posso che rispondere con le parole di un “grande“, Oscar Wilde: “abbiate dei sogni abbastanza grandi per non perderli mai di vista“!

Se non fossi stato zitto adesso dove ci troviamo, occhi al soffitto, quante ore che perdiamo.

Quante volte non ho agito, quante volte non ho colto l’attimo.

Forse non sarei così agitato, invece aspetto sempre un attimo...

Scappano occasioni che non tornano: lascia domani c’è tempo, quando arriva domani mi pento, vivo oggi, non so se domani mi sveglio.

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Quante cose che rimpiango, quante cose che rimando, quante cose non ti ho dato, quanti sogni nel cassetto, ormai fanno la muffa, aspettarle ormai sei stufa.

Sto zitto per paura, e il tempo passa...

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Quante porte aperte, ma mai oltrepassate, quante cose perse, persone ormai scappate Non mi fido di molto, ma son sincero frate è il tempo che decide, tu non decidi un cazzo: ti lancia dieci sfide, tu ne prendi solo quattro; Magari le più belle son quelle che hai lasciato, magari è solo il tempo che non è bastato.

Oppure è un po’ bastardo, tu aspettati di tutto: non abbassare il capo e di ‘sta roba fanne un culto.

Cony Valentino & Javi - Oggi (Prod. Giovane Giovanni) https://youtu.be/1H5fZfjd0mI

Migranti minori non accompagnati Un viaggio tra i dati e le mille complessità di una realtà che, al di là di numeri e leggi, è fatta di giovani esseri umani.

Lascerei parlare i numeri prima di ogni cosa.

Dato che noi di AMI non facciamo inchieste giornalistiche è meglio lasciar “dare i numeri” a chi questo lo fa di mestiere. I dati sono quelli dell’Istat e fotografano una realtà, di questi due ultimi anni, che forse sfugge a molti di noi.

Osserviamo i grafici e cerchiamo di capire qualcosa in più rispetto a ciò che sentiamo sommariamente ogni giorno dai telegiornali.

Se è pur vero che tra il 2016 e 2017 c’è stata una diminuzione del 5% degli ingressi e delle presenze in generale, è anche vero che il numero di ingressi nel 2016 per motivi umanitari o politici è aumentato e che il numero di minori si aggira a diverse migliaia.

L’Istat commenta così ufficialmente questa rilevazione:

in...

PRIMO PIANO

di Paolo Tortiglione direzione@shanthi.it

Pakistan e Gambia sono le principali cittadinanze delle persone in cerca di asilo e protezione internazionale; insieme queste tre coprono il 44,8% dei flussi in ingresso per ricerca di asilo e protezione internazionale. I nuovi flussi non sempre però danno luogo a una presenza destinata a radicarsi sul territorio. Ad esempio tra i migranti giunti in Italia nel 2012, solo il 53,4% è ancora presente al 1° gennaio 2017.

I cittadini non comunitari regolarmente presenti al 1° gennaio 2017 sono 3.714.137.

Da sempre il mosaico delle nazionalità nel nostro Paese è particolarmente variegato, le prime dieci cittadinanze coprono il 61,6% delle presenze. I paesi più rappresentati sono Marocco (454.817), Albania (441.838), Cina (318.975), Ucraina (234.066) e Filippine (162.469). Le prime dieci collettività per numero di presenze registrano tra il 2016 e il 2017 un decremento. La flessione più rilevante interessa quelle di più antico insediamento come il Marocco e l'Albania, che perdono rispettivamente 55.633 e 41.121 permessi. La diminuzione è in gran parte riconducibile al crescente numero di acquisizioni di cittadinanza ed è perciò un segnale di stabilizzazione sul territorio”.

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“L'Italia attraversa una fase particolarmente delicata dei fenomeni migratori; si è passati ormai da diversi anni dall'epoca delle migrazioni per lavoro e - successivamente - per famiglia a quella caratterizzata da nuovi flussi sempre più spesso motivati dalla ricerca di asilo politico e protezione internazionale.

Durante il 2016 sono stati rilasciati 226.934 nuovi permessi, il 5% in meno rispetto all'anno precedente. Il calo ha di nuovo riguardato soprattutto le migrazioni per lavoro (12.873) – diminuite del 41% rispetto al 2015 – che rappresentano ormai solo il 5,7% dei nuovi permessi.

Continua, invece, la rapida crescita dei nuovi permessi per motivo di asilo e protezione umanitaria che raggiungono il massimo storico (77.927, il 34% del totale dei nuovi permessi). Nigeria,

MINORI MIGRANTI

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Questo il freddo e spietato comunicato. Se per molti versi la complessità del fenomeno ricade su comunità locali che rispondono sul nostro territorio con le più disparate reazioni, per altri versi rimane il problema dei minori e delle migliaia di minori non accompagnati. Save the Children e altre organizzazioni hanno cercato di disegnare un quadro di riferimento pratico e normativo che inizia col chiedersi chi sono i minori stranieri non accompagnati?

Provo a riassumere di seguito un loro studio.

Si tratta di ragazzi che si trovano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano. Per cui oltre a quelli veramente soli, rientrano in tale definizione anche i minori che vivono con adulti diversi dai genitori, che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale, in quanto questi minori sono comunque privi di rappresentanza legale in base alla legge italiana.

A parte le discussioni sui minori che vivono con parenti entro il quarto grado (fratelli, zii, cugini ecc.) che non ne siano tutori o affidatari (che ovviamente fa variare il numero statistico) i casi sono migliaia. Cosa si sta facendo di concreto per risolverlo? Di fatto si sta cercando di collocarli in un luogo sicuro, di iniziare per loro un percorso di affidamento che però non è semplice e sembra irto di ostacoli normativi di diverso tipo (prima Procura, poi Giudice Tutelare, poi Comitato per i minori stranieri, permessi di soggiorno ecc.). È interessante ricordare a tutti che questi ragazzi non sono espellibili se non per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato (e in questi casi il provvedimento di espulsione è disposto dal Tribunale per i minorenni) e salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi.

La cosa però si complica se non richiedono asilo. In questo caso si procede al “rimpatrio assistito” (diverso dall’espulsione in quanto fatto nell’interesse del minore per riscostruire la sua originaria unità familiare).

… si dovrebbero comunque considerare una serie di fattori, quali la volontà del minore.

Di fatto la gestione dei minori è molto più complessa di quella degli adulti dato che

l’obbligo di fare indagini nel Paese di origine vengono svolte da organizzazioni non governative convenzionate con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quali il Servizio Sociale Internazionale, il VIS, l’AIBI ecc. Insomma un bel ginepraio di competenze che, certamente tutte in buona fede, tengono a volte il minore in uno stato limbico per mesi se non per anni.

“Dopo che l’organizzazione non governativa ha svolto le indagini nel Paese d’origine e possibilmente elaborato un progetto di reinserimento da proporre al minore, e dopo che il minore è stato sentito, il Comitato decide se è nell’interesse del minore essere rimpatriato o restare in Italia”. A questa procedura segue un complicatissimo iter per il nulla-osta, il non luogo al rimpatrio ecc.

Tuttavia questa complessa procedura sarebbe il meno se “i criteri in base a cui il Comitato per i minori stranieri decide se il minore debba essere rimpatriato o restare in Italia non sono chiaramente stabiliti né dalla legge, né dal Comitato stesso”.

Per esempio nel caso in cui il rimpatrio non comporti gravi rischi per il minore, non è chiaro quali criteri vengano adottati. Per rispettare pienamente la Convenzione sui diritti del fanciullo si dovrebbero comunque considerare una serie di fattori, quali la volontà del minore (il minore ha infatti diritto di esprimere la propria opinione e che questa sia debitamente presa in considerazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità, la volontà dei suoi familiari, le opportunità (di istruzione, assistenza...) disponibili nel suo Paese, le condizioni di inserimento (scolastico, lavorativo, relazionale e...) del minore in Italia. A ogni decisone è possibile, per legge, fare ricorso.

In sostanza è evidente che in un tale dedalo di norme, interessi, opinioni (senza contare che esistono purtroppo anche persone che su questo speculano), spesso chi che ne soffre è il minore stesso. Ricordiamoci sempre che il ragazzo che arriva qui in Italia non ha

Foto Nicolas Economou / Shutterstock.com

… La scuola invece pare essere garantita. Ma poi?

La fortuna vuole che quanto meno hanno diritto all’assistenza sanitaria... ma solo se in possesso di permesso di soggiorno! Poiché i casi di mancato o tardivo permesso per via della pastoie amministrative sono numerosi, e ciò non fa accedere alla sanità, si assiste a

una prassi “in contrasto con la Convenzione sui diritti del fanciullo, che stabilisce che tutti i minori, senza discriminazioni, devono avere accesso all’assistenza sanitaria”.

La scuola invece pare essere garantita. Ma poi? Ai 18 anni potranno rimanere in Italia?

Anche qui si apre un ventaglio di ipotesi e scenari dipendenti dal tipo di permesso di soggiorno avuto durante la minore età (che varia se e come c’è stato un affido, un tipo di assistenza e decine di altri fattori che vanno fuori dallo spazio di questo articolo).

Non vogliamo dare qui risposte o suggerimenti. Ci siamo limitati a riassumere quanto rilevato da Save the Children che da anni si occupa della complessa questione.

La nostra osservazione nota solo il triste fatto, forse non evitabile, che i ragazzi crescono, il tempo passa veloce, i ragazzi mutano di giorno in giorno e non sono arrivati certo qui per divertimento o sport.

Se non si affronta il problema con l’ottica dell’accoglienza e tutela del minore e non si cerca di semplificare, ove possibile, e affrontare la questione anche con buon senso, oltre che con le normative, di fatto renderemo la vita di questi ragazzi ancora più dura.

Noi italiani (adulti) facciamo fatica a capire cosa fare e nemmeno ci mettiamo d’accordo, figuriamoci questi minori non accompagnati, che spesso non sanno neppure una parola di italiano o semplicemente sono bimbi o adolescenti. Pensiamoci.

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alcuna colpa di questa realtà, non ha colpa della guerra da cui fugge e non ha colpa dell’essere stato abbandonato o nell’essere orfano.

Come gestire per esempio gli stranieri che hanno terminato l’espiazione di una pena detentiva per reati commessi durante la minore età e hanno partecipato a un programma di assistenza e integrazione sociale possono ottenere, al momento delle dimissioni dal carcere? Si pensi che esiste un permesso di soggiorno per protezione sociale. In alcune città tale norma viene applicata anche a coloro che sono stati sottoposti a misure alternative al carcere.

Il permesso per protezione sociale può inoltre “essere rilasciato agli stranieri che si trovino in una situazione di violenza o grave sfruttamento (prostituzione, grave sfruttamento lavorativo ecc.) e tale per cui vi siano concreti pericoli per la loro incolumità per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’organizzazione criminale o delle dichiarazioni rese nel corso di un processo a carico degli sfruttatori.”

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MINORI MIGRANTI

PRIMO PIANO

di Isabella Musacchia onalimblog@gmail.com

Come si diventa Tutore volontario di un minore non accompagnato: guida sentimental-burocratica Isabella Musacchia, di Onalim (Milano al contrario), intervista una tutrice volontaria: il modo migliore per raccontarci che cos’è questo progetto.

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Diventare tutore volontario di un minore non accompagnato significa essere per un ragazzo, ospite di una struttura di accoglienza, una figura di riferimento che abbia cura che vengano tutelati i suoi interessi, ascoltati i suoi bisogni, coltivate le sue potenzialità.

Vuol dire prendersi delle responsabilità, fare delle scelte, aiutarlo a ottenere i documenti, prenotare per lui una visita medica. Non è un affido, ma si può chiedere l’affido. Non è previsto nessun rimborso, ma nessuna spesa è a carico del tutore, e al momento non sono ancora previsti permessi di lavoro. Non si è responsabili del comportamento del minore. Si è tutori fino al raggiungimento della maggiore età, ma è evidente che dove nascono delle relazioni, il rapporto continuerà. È una possibilità molto importante che possiamo offrire a un minore che arriva nel nostro paese che non conosce la nostra lingua e che può sentirsi solo. A volte i minori hanno lasciato i genitori al paese d’origine, altre volte li hanno persi. E da soli, non sempre si ha la forza di fare le scelte migliori. Il tutore può essere una guida, un supporto, un punto di riferimento, e anche una porta per cominciare a scoprire il paese in cui sono arrivati.

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COME DIVENTARE TUTORE

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È possibile fare richiesta per diventare tutore volontario in tutte le regioni d’Italia. Prima di diventare tutore si segue un corso di formazione.

L’83% dei minori non accompagnati ha un’età fra i 16 e i 17 anni, il 92,9% ed è di sesso maschile. La maggior parte di loro arriva da Gambia, Egitto, Albania, Nigeria,

Guinea e Costa d’Avorio. Fino a pochi anni fa i minori arrivavano in Italia con un progetto di vita, che poteva essere il completamento degli studi o la realizzazione di una professione. Oggi le cose sono cambiate e molti minori arrivano per motivi di sopravvivenza.

Sono in aumento i casi di ragazzi con problemi psicologici. Questo a mio avviso non dovrebbe scoraggiare ma al contrario invogliare a diventare per uno di loro un punto di riferimento. Il tutore volontario, è vero, si troverà ad avere a che fare con molte questioni burocratiche (potrà aiutare il minore a ottenere i documenti o a iscriverlo a scuola ecc...), ma dovrà affrontare altrettante questioni sentimentali.

… oggi le cose sono cambiate e molti minori arrivano per motivi di sopravvivenza Così mi ha raccontato Antonia Cascio, una palermitana che ho conosciuto a Milano all’incontro nazionale dei volontari di Save the Children, e che da qualche mese è diventata tutrice di Sabbir.

Isabella: Quanto tempo fa sei diventata tutrice?

Antonia: Sono diventata tutrice a fine giugno con decreto del giudice tutelare.

Quanto tempo è passato da quando hai fatto richiesta a quando ti hanno chiamato?

Il Comune di Palermo ha indetto un bando, ho partecipato, è stata fatta una selezione, abbiamo partecipato ad alcune giornate di formazione, alla conclusione del percorso siamo stati “promossi” e inseriti nell’Albo dei tutori volontari per minori stranieri non accompagnati.

Anche i dolori sono, dopo lungo tempo, una gioia, per chi ricorda tutto ciò che ha passato e sopportato. (Ulisse, Omero)

Quanto tempo dopo hai conosciuto il minore che ti era stato assegnato?

Dopo l’assegnazione della tutela abbiamo avuto due incontri con la comunità presso la quale erano ospiti i ragazzi, durante gli incontri abbiamo ricevuto informazioni sulla loro provenienza, su aspetti legali ecc.

Abbiamo perso un po’ di tempo perché abbiamo dovuto aspettare che la comunità si dotasse di una mediatrice; infatti Sabbir, ma anche gli altri ragazzi del Bangladesh, parlano solo bangla. Ma alla fine siamo riusciti a parlarci.

Sono andata spesso a trovarlo in comunità anche con mio figlio.

Quando non è a scuola, come trascorre le giornate Sabbir?

Il venerdì va in moschea, il pomeriggio escono e si incontra con gli altri ragazzi che sono in comunità diverse, vanno a giocare a cricket al Foro Italico, passeggiano per la città, vanno dal barbiere, fanno qualche acquisto.

Vi vedete anche per fare una passeggiata o vi sentite solo per sbrigare delle questioni burocratiche? È venuto a pranzo a casa mia assieme a un amico; una domenica abbiamo fatto un giro in città e siamo andati a pranzo insieme in un ristorante gestito da “Moltivolti”, una cooperativa fatta anche da ragazzi stranieri. Mi sono occupata di un suo problema di salute: ha una sinusite che gli crea problemi e quindi siamo andati dall’otori-

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Quanti anni ha Sabbir e da dove arriva?

Sabbir ha la data di nascita assegnata a chi non ha documenti e cioè 1.01.2000, lui sostiene di essere nato nel 2002, vedremo se sarà possibile modificare la data di nascita, altrimenti al 31 dicembre diventa maggiorenne e la tutela finisce. Ma non finirà certamente il nostro rapporto che nel tempo è cresciuto.

Nel frattempo Sabbir ha cambiato comunità, adesso è in un appartamento assieme ad altri 7 minori, con lui sono andati altri due ragazzi bangla.

Hai detto che all’inizio vi siete sorrisi molto, ma che non si può andare avanti a sorrisi.

Adesso Sabbir ha imparato un po’ l’italiano?

Ha frequentato il corso di italiano per stranieri presso l’ITASTRA e adesso va a scuola in un CPIA, dove c’è un bel gruppo di docenti ed è contento di imparare l’italiano.

In Bangladesh era andato a scuola e faceva piccoli lavoretti di elettricità, vorrebbe fare lo stesso qui.

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no; adesso andremo a fare una radiografia.

Dovrò sicuramente accompagnarlo in tribunale e andrò a parlare con i docenti.

Credo che per lui sia molto importante sapere di avere una persona con cui ha un rapporto “privilegiato”, a cui può chiedere e anche raccontare, mi scrive su WZ e mi dice che gli piace la scuola, che gli piace Palermo, che è stato in ansia per la mamma che stava male, mi ha raccontato della sua famiglia, mi ha mostrato le loro foto.

Hai detto che hai conosciuto su skype la sua famiglia e che ti sei emozionata perché hai pensato che, se fosse tuo figlio a essere lontano, saresti contenta di sapere che qualcuno se ne sta prendendo cura.

Per me è stata una decisione maturata nel tempo e risponde all’esigenza di fare qualcosa che vada oltre l’impegno politico, che si concretizza in una relazione a due. Per Sabbir e la sua famiglia credo sia importante la nostra presenza e il nostro sostegno.

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Bisogna avere molto tempo per diventare tutori?

Tu mi chiedi se chi lavora può farlo: considera che il ragazzo vive in comunità, quindi si è esentati dall’organizzazione del quotidiano (spesa, pulizia, bucato ecc.), l’impe-

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gno c’è ma è in relazione anche al ragazzo che ti viene affidato, alla sua situazione che può essere più o meno semplice. Io per esempio sono stata fortunata: Sabbir non ha particolari problemi sanitari né disturbi psicologici, ha la famiglia con cui si sente spesso e non ha subito particolari traumi durante il viaggio e sia gli operatori della prima comunità che di questa mi dicono che è molto gentile, educato e studioso.

L’articolo è uscito su Onalim.it il blog di Isabella Musacchia. Onalim, Milano al contrario, è un blog nato nel 2011 per raccontare le diverse anime di Milano e provare a ribaltare i luoghi comuni sulla città. Sempre alla ricerca di una Milano che non si prende troppo sul serio, una Milano sentimentale, ironica, buffa, colorata, solidale e imperfetta, Onalim racconta una città empatica dove tutti possono sentirsi a casa.

Se sei un tutore volontario e ti va di raccontare la tua esperienza scrivi a onalimblog@gmail.com.

I figli dei migranti e la nostalgia ereditaria La nostalgia è un sentimento noto a molti di noi: lo riconosciamo negli occhi dei nostri figli, un po’ “migranti” anche loro. È qualcosa che alcuni di noi hanno sperimentato, lasciando la terra dei propri figli, che è diventata un po’ anche nostra. Speriamo che la comunanza di questo sentimento ci aiuti ad affrontare i problemi della convivenza in maniera più empatica.

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di Charo Segrè charosullaterra.blogspot.com

Tu che puoi tornatene - mi disse il fiume piangendo Le montagne che tanto ami - mi disse là ti stanno aspettando...

Atahualpa Yupanqui Il segreto dei figli della migrazione Chi è nato e cresciuto nel luogo in cui sono nati e cresciuti i suoi genitori e antenati forse non può capire quello che prova chi ha vissuto la migrazione o è un figlio della migrazione.

Quando dico “figli della migrazione” mi riferisco a chi è nato in Italia da genitori stranieri (ed è ancora considerato straniero), a chi è arrivato in Italia bambino o adolescente insieme ai genitori o successivamente (ricongiungimento famigliare), ma anche a chi, italiano di nascita e sulla carta di identità, ha genitori o nonni che sono emigrati dalla terra d’origine.

Non parlo solo della grande e traumatica migrazione degli italiani del Sud al Nord: anche spostarsi da un paesino di campagna a una grande metropoli a poche ore di distanza è in fin dei conti una migrazione e non bisogna pensare che la distanza più piccola renda l’esperienza meno difficile o dolorosa.

Del resto anche cambiare quartiere all’interno della stessa città può portare una cesura nella vita di una persona.

Ogni storia di migrazione è diversa, ma qualcosa le accomuna tutte e, in qualche strano modo, accomuna anche chi non ha vissuto la migrazione in prima persona, ma l’ha ricevuta trasmessa nel sangue. Questo qualcosa è la nostalgia.

SHANTHI 11 Migranti europei di inizio secolo ad Ellis Island, USA.

La parola che ci mancava Ci sono parole intraducibili in altre lingue, se non con l’uso di lunghe perifrasi. In giapponese komorebi indica la luce del sole filtrata dalle foglie degli alberi, utepils in norvegese significa stendersi al sole in compagnia di una buona bottiglia di birra, mentre in Brasile si dice cafuné quando si scorrono con tenerezza le dita nei capelli di una persona a cui si vuole bene, wabi-sabi per i giapponesi consiste nel riuscire a trovare la bellezza nell’imperfezione e accettare serenamente il ciclo di vita e morte.

Nabokov si lamentava di non trovare l’esatta traduzione inglese di toska, che in russo indica “una sensazione di grande angoscia spirituale, spesso senza motivo” o anche “un dolore sordo dell’anima, un desiderio senza oggetto, uno struggimento che duole, una vaga irrequietezza, uno spasimo mentale, una brama.”

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… ho visto la luce negli occhi dei ragazzi quando suggerivo loro il termine che non trovavano per parlare di sé.

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Riuscire a tradurre in parole i sentimenti può essere davvero liberatorio.

Ricordo di essermi commossa quando ho incontrato, studiando il romanticismo, la parola tedesca Sehnsucht, un desiderio struggente e infinito per qualcosa di irraggiungibile e al tempo stesso dolorosamente indefinibile.

Insegnando italiano ad adolescenti appena arrivati in Italia con il ricongiungimento familiare, ho visto la luce negli occhi dei ragazzi quando suggerivo loro il termine che non trovavano per parlare di sé. Quella parola mancante era “nostalgia”.

Nonostante l’evidente etimologia greca (νόστος = ritorno + άλγος = dolore), questo termine non esiste nella lingua greca, poiché si tratta di un neologismo. Fu creato nel XVII secolo da uno studente di medicina alsaziano che studiava lo stato patologico dei mercenari svizzeri al servizio di Luigi XIV. Questi si ammalavano e arrivavano a morire per la sofferenza causata dalla lontananza dalla propria terra e dagli affetti.

Autorizzare la nostalgia ingiustificata Io in fondo invidio i migranti per il loro diritto a provare nostalgia.

L’altro giorno ho ascoltato una donna ma-

rocchina, che vive in Italia da anni e lavora in una casa dove sono ospitati i rifugiati ai quali sto insegnando italiano. Questa donna stava spiegando alle mie allieve che è normale che la testa non funzioni più tanto bene dopo un po’ di anni di lontananza da casa: “All’inizio ce la fai, devi lavorare, imparare, sistemarti, ma poi dopo un po’ inizi a sentire un gran male qui… tanto tempo senza la mamma, senza il cibo, le persone che conosci da sempre…

Io ho qui mio marito, i miei figli, ho un lavoro, sto bene, ma non c’entra, il cuore ti fa male quando sei lontano da casa per tanto tempo e allora comincia a non capire più niente, perché non sei più qui, il tuo cuore è là”.

Chi ha vissuto la migrazione sulla propria pelle soffre, sempre, anche quando è stata una scelta libera e consapevole, anche quando si è lasciata una situazione per una migliore, anche quando si è vincenti, anche quando si ha una casa, un lavoro, una famiglia, anche quando si è integrati... c’è sempre una ferita da qualche parte, più o meno cicatrizzata.

E chi non ha vissuto la migrazione ma è nato e cresciuto in Italia da genitori con usi e costumi, lingua e perfino un aspetto “italiano”, è ugualmente autorizzato a provare nostalgia? Nostalgia per cosa?

Per il Paese dove è nato uno dei genitori?

Per il mare su cui si sono affacciati i nonni dei nonni per generazioni e generazioni?

Per le montagne imponenti e le valli verdi dove sono nati i bisnonni? Per luoghi lontani mai visti e di cui magari non si è mai nemmeno sentito parlare in famiglia? O forse si tratta solo di uno struggimento indefinito verso qualcosa che non si ha più ma che in realtà non si ha mai avuto e che mai si potrà avere? Una romantica e adolescenziale Sehnsucht?

Se sei nato in un Paese che considera stranieri i tuoi genitori (nel caso dell’Italia in verità quel Paese considera straniero pure te, se i tuoi genitori non sono italiani), sai che tu, in quanto seconda generazione, sei privilegiato rispetto alla prima. Intanto non

… Non sei autorizzato a soffrire. Tanto meno se i tuoi genitori hanno sofferto o soffrono, tu devi risarcirli con il tuo successo... hai mai dovuto abbandonare l’amata terra natia, non hai dovuto affrontare le fatiche dell’inizio, l’umiliazione di tornare bambino, di non saper parlare, di non capire, di non sapere come comportarsi, di abituarsi ad abitudini strane, a sapori nuovi, di rimpiangere il passato senza certezze sul futuro.

Ma soprattutto tu hai da mangiare, da dormire, hai vicino a te la tua famiglia. Non sei autorizzato a soffrire. Tanto meno se i tuoi genitori hanno sofferto o soffrono, tu devi risarcirli con il tuo successo, con la tua felicità, devi dimostrare che il loro sacrificio non è stato vano. E soprattutto, non sei autorizzato a provare nostalgia. Per cosa, del resto?

Lo stesso vale per la nostalgia. La nostalgia ereditata è però orfana di oggetto, non c’è nessun Paese a cui tornare, nessun calore di famiglia lontana di cui sentire la mancanza, nessun sapore preciso che si rimpiange.

SHANTHI

La nostalgia si può ereditare Pare che già i chirurghi di Napoleone nel 1812 avessero osservato che i soldati sopravvissuti al massacro della disfatta in Russia avessero, a distanza di tempo, gravi disturbi psicologici legati allo shock traumatico.

Alcuni avevano cancellato il ricordo dell'evento, altri erano rimasti profondamente segnati, ma la cosa più sorprendente è che anche nei loro discendenti, durante i periodi di anniversario del trauma, si manifestava una sintomatologia post-traumatica, come se ci fosse una sorta di collisione spazio temporale tra le generazioni.

Anche Freud in Totem e tabù (1913) parla di trasmissione filogenetica di gravi e ripetuti traumi e ci sono molti altri studi successivi di epigenetica e di psicogenealogia su quella che viene definita “trasmissione transgenerazionale del trauma”. C’è chi parla di una “cicatrice psicobiologica” che crea una traccia trasmissibile nelle generazioni seguenti finché la sua energia non viene esaurita.

Non sono un’esperta del settore e accosto queste parole senza sapere che cosa è già riconosciuto come scientifico e che cosa no... ma per quello che mi riguarda, mi ricordo che mi aveva colpito tantissimo la storia dei canarini vissuti in un’isola tropicale priva di rapaci che ugualmente reagivano con terrore di fronte alla sagoma di un uccello predatore, pur non avendone mai visto uno dal vivo.

Qualcosa di simile avviene dentro di me quando sono spettatrice di qualsiasi fenomeno di esclusione, di umiliazione, di sopraffazione o di emarginazione. Reagisco interiormente, e non solo, come se non avessi fatto altro che subire segregazione e ingiustizie e quella fosse la goccia per far traboccare il vaso. Eppure nella mia vita non ho mai sperimentato niente di simile.

Deve essere qualcosa di molto antico, scritto in qualche piega interna non so se dei geni o di che cos’altro.

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Voci da una scuola di italiano per stranieri redazione@shanthi.it

Con parole… “nostre” “Desidero solo che mia figlia possa andare all’università…”

“Il mio sogno sarebbe poter studiare…”

Parole che, anche se pronunciate in un’altra lingua, risuonano come nostre, che potrebbero essere dette da un nostro parente o amico...

E allora, perché ci fanno tanta paura?

Ore 19, entriamo in una scuola di Milano in cui si insegna italiano a persone non italofone: donne e uomini, alcuni sono giovanissimi e vengono per “recuperare l’italiano”, perché al mattino, a scuola, non ci sono tempo e risorse per farlo adeguatamente; tanti giovani; molte persone già pienamente adulte. Vengono dopo una giornata di lavoro, o prima di una notte di fatiche.

Vengono per costruirsi un futuro migliore, i più giovani; o per dare una speranza ai propri figli, gli adulti.

Abbiamo ascoltato le loro voci, abbiamo cambiato i loro nomi, abbiamo nascosto i loro volti, abbiamo riscritto il loro italiano; non abbiamo, però, modificato le loro storie.

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Carmen, giovane madre di minori migranti

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Io vengo dall’Equador, ho due figlie di 16 e 17 anni e un bambino di 6.

In Equador con mio marito avevamo una piccola società di trasporti e io lavoravo anche in un’azienda di telecomunicazioni. Per anni siamo stati in grado di mantenere la nostra famiglia, finché non siamo stati vittime della criminalità locale: ci hanno rapinati più volte, sono riusciti a rubarci anche i documenti e le informazioni su dove vivevano e studiavano i nostri figli. Questo ci ha colpito non solo economicamente ma anche psicologicamente.

Come se ciò non bastasse, si sono aggiunti problemi di salute miei, dei miei figli, contrasti sul lavoro e il continuo aumento delle tasse… a un certo punto non siamo più stati in grado di sostenere le continue spese.

Per questo, alla nostra età, abbiamo deciso di venire a Milano, anche grazie al sostegno di alcune famiglie di amici che erano qui in Italia. Sapevamo che avremmo dovuto affrontare molte difficoltà, che la lingua era differente, ma niente è male se è per il bene dei nostri figli, per dare loro un futuro!

La mia speranza è ora di trovare un po’ di stabilità, non solo economica, ma anche emotiva, per far sì che le mie figlie possano andare all’università; mi piacerebbe trovare un lavoro che mi permette di stare a casa con il più piccolo, mentre lui non è a scuola.

Vorrei anche riuscire a avviare una scuola di cucito, anche per insegnare alle donne immigrate e alle madri single un lavoro che permetta loro di mantenere i propri figli e contemporaneamente di restare accanto a loro.

Guillermo, minore migrante

Vengo dal Salvador, abito in Italia da quasi un anno.

Sono venuto in questo Paese prima di tutto perché, si sa, in Salvador c’è molta violenza; ma anche perché ci sono poche opportunità di lavoro per i giovani e ho pensato che forse in Italia avrei avuto anche l’opportunità di studiare.

Mi piacerebbe trovare lavoro, ma il mio sogno sarebbe poter studiare. Però ora devo affrontare parecchi problemi: sono senza documenti e non conosco persone che possano aiutarmi.

Ma penso di restare in Italia, per trovare il modo di migliorare la mia vita.

Big (lo chiamo così perché è “un grande”), invece lo incontro tutte le mattine davanti al bar dove prendo il caffè. Oppure il sabato, davanti la panetteria. O al supermercato, ai carrelli... fate voi!

Saluta ogni persona per nome (ricorda il nome di tutti, anche dei loro cani) con un gran sorriso, chiede della famiglia e augura loro buona giornata.

Se gli offri qualcosa al bar, prende una bottiglietta d’acqua naturale.

Se ti fermi a parlare con lui ti dice che non trova lavoro. Sta studiando: italiano, panetteria, giardinaggio, falegnameria, informatica...

Ti mostra il suo curriculum tutto orgoglioso.

Così scopri che ha un paio d’anni in più di tuo figlio, che vive in un centro di accoglienza e che qui è solo. Ha frequentato l’università al suo Paese, poi è stato costretto a venire via.

E ora cerca un computer che gli permetta di collegarsi a Internet per studiare. Perché, sì, si è iscritto a un’università online…

5PER

Ringraziamo tutti coloro che hanno sostenuto AMI onlus attraverso la donazione del 5 per mille.

Anche quest'anno AMI Amici missioni Indiane Onlus è stata inserita tra le organizzazioni di volontariato alle quali potrà essere destinato il 5 per mille dell'IRPEF. Il vostro sostegno consentirà di finanziare progetti di aiuto in collaborazione con i nostri "partner storici" fra tutti Argonauti Explorer e Obiettivo sul Mondo.

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MILLE Ricorda il codice fiscale

97018760153

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di Alessandra Gatti redazione@shanthi.it

Ius soli… ius sanguinis Che cosa vogliono significare esattamente queste parole, al di là delle opinioni e del “sentire” di ciascuno di noi? Come si legano al concetto di cittadinanza?

Facciamo un pò chiarezza per poter prendere posizione con maggiore consapevolezza

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Modelli di cittadinanza La cittadinanza come status giuridico può essere concessa in due modi: con l’appartenenza a una comunità genetica (ius sanguinis) o per via del legame con un territorio (ius soli). Questi due criteri non si trovano sempre in opposizione: negli Stati moderni tendono infatti a convergere e a portare a leggi sulla cittadinanza che contemplano entrambi i tipi a seconda dei casi. Una comunità genetica è normalmente preferita da uno Stato in cui si verificano imponenti emigrazioni, mentre lo ius soli è spesso utilizzato da Paesi coinvolti in rilevanti immigrazioni che, quindi, cercano di includere nella loro comunità coloro che vengono da altre nazioni.

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La concezione del diritto di cittadinanza come qualcosa di statico e invariabile ignora completamente il fatto che la posizione di forza o di debolezza di uno Stato non è fissa, ma cambia con il variare delle condizioni del singolo Paese e del sistema internazionale, e con essa varia anche il fatto che questo Paese attiri immigrati o crei emigrazione. Per comprendere il diritto di cittadinanza è quindi fondamentale concentrare la propria attenzione sulla storia di un determinato Stato, sia dal punto di vista della popolazione sia dal punto di vista economico.

L’evoluzione dei modelli di concessione della cittadinanza va verso versioni “temperate” dello ius soli e dello ius sanguinis…

Secondo alcuni studiosi il modo migliore per affrontare lo studio del diritto di cit-

tadinanza è confrontare direttamente gli Stati simbolo dei due modelli: la Francia per lo ius soli e la Germania per lo ius sanguinis. Questa visione implica il fatto che i due modelli si trovino all’opposto e non possano convivere. Tale idea viene ampiamente affrontata da Rogers Brubaker nel suo Cittadinanza e nazionalità in Francia e Germania, pubblicato nel 1997. La teoria di Brubaker considera il percorso della storia tedesca come una linea retta che, partendo dalla costituzione dello Stato germanico, arriva a determinare un’unità etnica, cioè di sangue, che non viene mai dimenticata né contraddetta; tuttavia, gli ultimi anni della storia tedesca hanno visto uno spostamento della legge sulla cittadinanza verso un modello che coinvolge anche elementi di ius soli.

L’evoluzione dei modelli di concessione della cittadinanza va verso versioni “temperate” dello ius soli e dello ius sanguinis, inserendo nelle norme moderne elementi di entrambi i modelli originari.

Prendendo ad esempio un modello di ius sanguinis, come quello italiano originale, le prime modifiche sono quelle che prevedono l’acquisizione della cittadinanza tramite soggiorno di lungo termine, a questo temperamento si unisce il limitare l’accesso diretto alle generazioni figlie degli espatriati (che mantengono un carattere di priorità, ma non ricevono la cittadinanza italiana alla nascita). Il soggiorno di lungo termine può essere mediato, cosa che non avviene in Italia, con l’integrazione scolastica, andando a ridurre il numero di anni necessari per la richiesta in caso di percorsi scolastici nel Paese di arrivo. Un’ulteriore apertura è quella data dall’unione famigliare, che prevede la facilitazione ad acquisire la cittadinanza italiana per coniugi di cittadini italiani.

L’ultima evoluzione possibile, in discussione ad oggi in Italia, prevede l’integrazione dei due sistemi con un accesso alla cittadinanza sia per ius sanguinis, come è per tutti i bambini nati da cittadini italiani, sia per ius soli, previsto per determinate situazioni famigliari.

Il terzo significato di cittadinanza si riferisce solamente al sentimento del singolo; non è un rapporto con lo Stato, ma una concezione di se stessi come membri di una comunità. Secondo questa concezione una persona si considera cittadino di uno Stato quando si comporta secondo le regole di una data comunità perché se ne sente parte. Questo sentimento implica il sentirsi portatore di determinati diritti, ma non necessariamente l’esserne realmente portatore. Spesso questo significato di cittadinanza include diritti non ancora riconosciuti, ma che i singoli sentono di avere e, in un certo senso, rivendicano.

Il quarto modo di intendere la cittadinanza (Volkszugehörigkeit) distingue completamente l’appartenenza dai diritti e i doveri legali; cittadini sono coloro che si sentono appartenenti a una data comunità, non in quanto portatori di diritti, ma in quarto portatori di una cultura comune. Spesso però questa tipo di cittadinanza si lega di più all’identità nazionale che allo status giuridico e, in alcuni casi, se ne discosta del tutto. In epoca moderna questo tipo di cittadinanza si può riscontrare nelle seconde generazioni di immigrati che si sentono parte di una comunità pur non essendo riconosciuti da questa come membri.

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Definizioni di cittadinanza Nelle diverse epoche storiche la cittadinanza ha assunto diversi significati; il primo significato, lo Staatsangehörigkeit*, riguarda l’appartenenza a uno Stato intesa come status giuridico. Questo concetto è slegato dall’appartenenza a una determinata classe sociale e dalla concessione di determinati diritti e non vi rientra in alcun modo il sentimento di appartenenza del singolo.

Tutto ciò che conta è il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’esistenza della persona e dall’inclusione fra i propri membri.

Il secondo significato di cittadinanza, determinato storicamente dall’avvento dello Stato liberale, si riferisce all’insieme di diritti e doveri che lo Stato riconosce solo a certe persone attraverso regole ben precise. Questi diritti riguardano diversi ambiti politici, sociali, contrattuali e giudiziari; questa concezione di cittadinanza rimane un concetto relativamente formale, nonostante contempli la possibilità del singolo di partecipare attivamente alla vita politica del paese. Spesso questo significato viene legato direttamente alla prima accezione ed è difficile coglierne la differenza. Nella

maggior parte dei casi, infatti, l’appartenenza allo Stato porta direttamente con sé alcuni diritti.

17 * La parola cittadinanza in tedesco, fa riferimento non tanto alla “città” ma all’appartenenza a uno Stato.

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di Bruno Zoia onalimblog@gmail.com

Musica dei popoli La musica migrante

La musica non ha confini, nè di spaziali nè temporali (sarà per questo che l’autore ha scritto un articolo che dovrà essere spezzato in due “puntate”?). In lei la contaminazione non fa paura, forse per questo crea nuovi meravigliosi mondi!

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La migrazione ha contraddistinto le popolazioni praticamente da sempre, tracciando percorsi che vanno dalla diaspora degli ebrei, nell’antica Babilonia del VI sec a.C. sino in al-Andalus nel periodo sefardita, e via via scorrendo, per arrivare alle popolazioni schiavizzate e trasferite nel Nuovo Mondo.

Insomma la storia delle grandi migrazioni non ha mai avuto interruzione. E come banditi, nel senso di colpiti da un bando, da una condanna, dal medioevo al ‘900 le popolazioni erranti vivevano nell’incertezza del luogo e del tempo, portando con sé l’unica eredità trasportabile, la loro cultura, le loro danze e gli strumenti con la loro musica.

Cercando nelle storie dei popoli si trova puntualmente traccia di contaminazione contratta nei luoghi più svariati, tutti i porti e le terre da loro toccate, e la nascita di nuovi linguaggi musicali, come fossero echi modulanti di un’unica fonte ricca e fertile. È il caso, ad esempio, della musica country

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parte I

americana, che nelle sue origini porta con sé strumenti ed echi irlandesi, e la musica irlandese, a sua volta, che adotta stilemi e scale provenienti addirittura dall’antica Persia.

Un caso a parte, ma nelle orecchie di tutti, è quello costituito dal jazz, che nasce da una vera e propria fusione di elementi, le scale e i modi africani che incontrano in America le melodie del belcanto italiano, ma espresse tramite gli strumenti delle bande militari delle guerre di Secessione. E da lì nasce una trasmutazione che include i riti e le usanze africane che incontrano i riti religiosi occidentali, la trasformazione degli strumenti, delle scale musicali generate nel blues e nel gospel e l’evoluzione di un mondo nuovo come quello americano, allora neonato.

… attualizzando ancora un processo di “musica che vive”…

Nel prossimo numero andremo a conoscere altri gruppi musicali: la Banda di briganti in concerto (Taraf de Haidouks) e l’Orchestra di Piazza Vittorio.

Mishmash: musiche lungo la strada di una carovana appassionata “Lungo la strada di Alessandro il Grande, che dalla Macedonia rotola sinuosa attraverso la Persia sino all’India scorre la storia della nostra civiltà musicale. Ancora oggi qua e là i violini si confondono col rebab e il sarob, lo zarb con le tabla, i saz con i tar e i sitar. Ancora oggi i viaggiatori dello spirito corrono avanti e indietro come anime curiose e inquiete, incapaci di posarsi inconsapevolmente occidentali ad oriente e viceversa. Mishmash è una di queste appassionate carovane in viaggio, piena di facce e di colori, dove le voci e le corde si intrecciano e si dissolvono in una lingua unica nata per parlare al mondo lungo un viaggio che non finirà mai.” (Mauro Pagani) Il quartetto dei Mishmash, che si esibisce regolarmente in numerosi festival nelle principali città italiane e estere , partecipando anche a trasmissioni radiotelevisive, ha pubblicato tre album per la Finisterre riscuotendo lusinghieri consensi da parte di pubblico e stampa specializzata : il primo album, “Delta”, il secondo "Parvanè" e il terzo "Yasaman".

Il quartetto collabora da anni con prestigiose cantanti di diversa provenienza, da Laura Polimero, a Faye Nepon, da Evelina Meghnagi a Yasemin Sannino, e ha realizzato le musiche di scena di alcune prestigiose produzioni teatrali.

Edith Bruck in una sua presentazione del gruppo Mishmash scrisse: “La musica dei Mishmash è lamento biblico, rievocazione, memoria di sé, pianto, riso, invocazione, allegria, suono dell’anima universale, profondità, fine e ricominciamento, terra ed elevazione, eco, pastorizia, cuore Yiddish, dialogo musicale che unisce le diversità e le somiglianze umane, creando un’armonia spirituale e carnale insieme con qualcosa che stimola la voglia di vivere, sollevarsi, muoversi e commuoversi.”

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Al giorno d’oggi vari gruppi musicali hanno ripreso in mano le sorti della tradizione musicale delle popolazioni precedenti e spesso, con un lavoro di attenta analisi e sintesi, le ripropongono in versioni nuove, attualizzando ancora un processo di "musica che vive" in contraddizione alla morte delle tradizioni popolari frutto della globalizzazione crescente.

Il quartetto Mishmash (termine mobile che in varie lingue racchiude diversi significati legati al concetto di "mescolanza"), formato da Marco Valabrega al violino e viola, Domenico Ascione alle chitarre e ‘ud, Bruno Zoia al contrabbasso e Mosshen Kasirossafar alle percussioni persiane, è una di queste formazioni. Dagli anni ‘90 propone una versione molto originale e affascinante del complesso di suoni che abitano il Mediterraneo, il mondo medio-orientale, i paesi dell’Est. Gli spunti principali sono nel repertorio klezmer (la musica delle comunità ebraiche askhenazite), nelle romanze sefardite che abbracciano un territorio dalla Spagna alla Turchia, nei brani tradizionali di musica persiana e medio-orientale, nei brani originali e d’autore ispirati da queste stesse culture musicali, con scelte di arrangiamento e d’esecuzione che ricreano quel sapore "vagabondo" che da sempre caratterizzano questi repertori.

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COOPERAZIONE

redazione@shanthi.it

I progetti di cooperazione di AMI del 2016 Dove vanno i “ricavi” del volontariato di AMI? Naturalmente nei progetti di cooperazione internazionale che l’associazione sostiene in tante parti del mondo. Ve li raccontiamo in queste pagine.

SHANTHI

Mercatini, lotterie, donazioni e tanto altro… un modo anche questo per aiutare AMI a portare avanti i suoi progetti di cooperazione internazionale a supporto soprattutto dell’educazione dei bambini e delle bambine e del sostegno a madri e figli in difficoltà.

Un lavoro che AMI porta avanti in collaborazione con alcune organizzazioni locali di fiducia, che negli anni hanno saputo far “fruttare i talenti” (pochi o tanti, giudicate voi) che siamo riusciti a ricavare per loro.

Questa stessa rivista vuole essere da una parte strumento per mantenere il contatto tra soci, AMIci e l’associazione, ma dall’altra è

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un modo per sensibilizzare tutti voi ad “aiutarci ad aiutare”, a portare avanti i progetti per scuole, assistenza sanitaria, educazione alla salute…

Anche se negli ultimi anni il nostro bilancio (lo trovate a pag.20) non ci ha permesso di ampliare il nostro raggio d’azione e siamo stati costretti a limitarci a mantenere (con fatica) i progetti già avviati, non vogliamo arrenderci all’idea che non sia possibile fare di più e continueremo a impegnarci, grazie al sostegno di tutti voi, per migliorare il nostro contributo per strappare un sorriso a qualche bambino in più!

PAESE

PROGETTO

BANGLADESH

Progetto Anirban Progetto della Comunità di Anirban per la riabilitazione e integrazione sociale dei portatori di handicap psicofisico.

BRASILE

Progetto Educadores Salvador Favelas Valeria, Canabrava, Brotas Prosecuzione sostegno delle attività extrascolastiche, dei Centri Comunitari, con l’inserimento di 3 educatori.

Brinquedoteca ludocriarte Sao Sebastiao - Brasilia Sostegno alle attività didattiche e acquisto materiali occorrenti.

SaD Gullele Addis Ababa Sostegno a distanza di 120 ragazzi del Comune di Addis Ababa in collaborazione con le autorità locali.

ETIOPIA

INDIA

Bright Vision Hope Village Fonko e Lereba Scuola di Cucito Elda Longhi Progetto per insegnare a una ventina di giovani ragazze i mestieri legati al comparto tessile.

Missions to the Nations Kakinada A.P. a) Progetto Safe Mother & Child per donne incinte e nascituri. b) Sostegno a vedove bisognose. c) Progetto realizzazione water wells (pozzi) nei villaggi della zona.

Accoglienza Minori e Famiglie Samadhana Bhavan, Panamaram Wayanad Sostegno al mantenimento del Samadhana Bhavan, coprendo le spese primarie per il cibo e le cure necessarie a migliorare le condizioni degli assistiti.

SHANTHI 21

SOSTEGNO A DISTANZA (ADOZIONI A DISTANZA)

Sostienimi

Sin dai primi anni, AMI ha pensato che il sostegno a distanza (adozione a distanza) di bambini e ragazzi per sostenerli negli studi di Cecilia Cremonesi potesse costituire un valido strusponsorizzami@amiweb.org mento per favorire un loro progresso autonomo.

Nelle realtà in cui operiamo cerchiamo di realizzare un progetto individuale, di studio o di formazione professionale, che favorisca, nel medio termine, l’inserimento nella realtà sociale e professionale locale e contemporaneamente diventino risorse per la stessa collettività.

L’AMI segue attualmente circa 2.700 giovani.

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Come effettuare un sostegno a distanza?

Come primo passo, la persona o famiglia che desidera fare un sostegno a distanza (sostenitori) contatta l’Associazione e dà comunicazione della propria disponibilità. Il passo successivo è l’invio da parte nostra di una scheda informativa del ragazzo/a individuato/a anche tenendo conto delle eventuali indicazioni di chi effettua il SaD circa il Paese (India, Brasile, Etiopia, ecc), l’età e il sesso.

Solo dopo aver ricevuto la scheda il sostenitore invierà il contributo di 180 € annui, in una o più rate, con le modalità contenute nei documenti spediti assieme alla scheda.

Eventuali eccedenze rispetto alla quota saranno comunque inviate al ragazzo/a.

Da parte AMI vengono trattenuti 15 €: circa la metà serve a coprire le spese di gestione delle adozioni a distanza, l’altra metà per finanziare progetti e interventi di aiuto in loco.

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La cifra è sufficiente in generale per gli studi primari, mentre gli studi secondari l'assorbono interamente, in quanto comportano il soggiorno in college o l’iscrizione a scuole private.

Grazie al tuo contributo un mondo diverso sara' possibile!

Una o due volte all’anno riceviamo notizie sulla salute e sull’andamento scolastico dei ragazzi, che vengono distribuite ai sostenitori.

A seconda dell’età del ragazzo/a sarà possibile una corrispondenza diretta più frequente.

Non è esclusa la possibilità di visitare sul luogo i giovani sostenuti e le realtà in cui vivono. La durata del sostegno a distanza è legata caso per caso alle esigenze del ragazzo/a, alla sua età e al tipo di studi; di regola essa è pluriennale anche se il sostenitore può decidere di interromperla, così come le Missioni possono trovarsi nella condizione di terminarla quando non sono più in grado di seguire il ragazzo/a.

Nel caso di interruzione del sostegno chiediamo di essere informati tempestivamente in modo da consentire l’abbinamento del ragazzo/a a un nuovo sostenitore.

Dove operiamo?

INDIA La nostra presenza maggiore è negli Stati del Kerala e Tamil Nadu, dove, in collaborazione con le Suore di Maria Bambina, seguiamo circa 2.200 bambini in una trentina di località. Alcuni sono orfani e vivono presso le Suore, molti appartengono a famiglie povere e frequentano la scuola della Missione o hanno contatti coi piccoli dispensari che le Suore gestiscono in zone rurali o negli slum delle città.

Ancora nel Tamil Nadu, a Pondicherry un centinaio di bambine/ragazze è seguito per l’asilo, il doposcuola e l’apprendimento dell’inglese.

La nostra presenza nel continente indiano si estende anche ad altri Stati: Karnataka (India Sud-Occidentale): sostegno di una missione di suore nel distretto del Dharward che accoglie soprattutto ragazze povere.

Jharkand - ex Bihar (India Nord-Orientale): sostegno di ragazze della comunità tribale dei Santals, una comunità antica ed emarginata; si consente loro di studiare, cercando al contempo di valorizzarne la tradizione culturale.

West Bengala (India Orientale): sosteniamo a distanza ragazzi in età scolare, orfani o appartenenti a famiglie povere degli slum di Calcutta.

BANGLADESH In questo stato, tra i più poveri al mondo, le Suore del Cuore Immacolato di Maria Regina gestiscono piccoli dispensari e centri dove le donne possono imparare taglio e cucito, per sostentare le loro famiglie. In tre villaggi abbiamo in corso circa 340 adozioni a distanza.

Inoltre collaboriamo con dei padri nella Diocesi di Khulna che seguono una trentina di ragazze e ragazzi per consentire loro di avanzare negli studi.

NIGERIA A Ngugo, nello Stato di Imo, dal 1988 le “Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue” gestiscono, con una ventina di suore, una scuola materna e una elementare. Di recente è stato costruito un orfanotrofio, la “Hope House”, che ospita tra gli altri bambini orfani di genitori vittime dell’AIDS. GUATEMALA A Chacaltè, a 40 km dalla costa del Pacifico, è sorta una struttura polivalente che ospita 400 ragazzi che sono assistiti nello studio. La struttura, nata grazie all’impegno di Padre De Leon, di volontari locali e di un gruppo di universitari di La Spezia, si fa carico anche dell’assistenza sanitaria alla popolazione.

COSTA D’AVORIO Tabagne: tramite l’Istituto Ravasco Suore della Congregazione figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria sosteniamo gli studi superiori di 30 ragazze.

Per bonifici relativi a: pagamento quote sociali, quote adozioni a distanza, donazioni, contributi per la realizzazione di progetti, ricavi mercatini e/o feste C/C bancario intestato: Amici Missioni Indiane ONLUS Banca Prossima n°Conto 0119923 • ABI 3359 • CAB 01600 • CIN H IBAN IT84 H033 5901 6001 0000 0119 923 C/C postale intestato: Amici Missioni Indiane ONLUS Via A.Moro 7 – 20090 Buccinasco (MI) n°Conto 20216206 ABI 07601 CAB 01600 CIN P IBAN IT84 P076 0101 6000 0002 0216 206

SHANTHI

BRASILE Rio de Janeiro: la baixada fluminense è una zona periferica tra le più violente del mondo; qui il sostegno a distanza assume il significato di una prevenzione, togliendo molti ragazzi dalla strada.

Aiutiamo quattro gruppi di ragazzi: il primo frequenta la “Escola Nossa Senhora Aparecida”, una piccola scuola per i più poveri; il secondo è alla casa-asilo Sao Judas Tadeu di Heliopolis, dove i bambini passano la giornata; il terzo è quello dell’asilo di Xavantes, uno dei barios più miserabili e degradati della zona; il quarto è legato alla comunità di base di Sao Francisco de Assis. Due maestre seguono bambini e famiglie. Sempre nell’area di Rio, il Centro Arminda Marques segue i ragazzi nelle attività di dopo scuola, con le stesse finalità.

ETIOPIA Nei villaggi di Fonko e Lereba seguiamo circa 50 bambini affidati alle cure di Hirut.

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