Dentro il welfare locale. L'inserimento di donne immigrate nel lavoro domestico e di cura

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rispetto agli autoctoni, e contribuendo così a costruire e consolidare uno stereotipo riduttivo e svalorizzante della professione di assistenza agli anziani, nonché delle immigrate che svolgono tale lavoro e degli anziani fragili cui la cura si rivolge. Il termine badante, infatti, è un termine riduttivo, poiché l’attività svolta non è un semplice badare, ma una vera e propria forma di assistenza che si consuma all’interno del domicilio della persona non autosufficiente. Le sue mansioni sono molteplici: si passa da forme di assistenza infermieristica e psicologica nei confronti di anziani e disabili, ad attività rivolte alla cura della persona e del suo ambiente. Nodo cruciale del fenomeno è il rapporto che si instaura tra assistente e assistito, in quanto presenta tratti del tutto caratteristici, data la stretta relazione che lega la lavoratrice, l’anziano e i suoi parenti, in cui si fondono inevitabilmente elementi, tempi e spazi di vita e che a volte innesca delle dinamiche più simili a quelle familiari che non a quelle datoriali. È un rapporto che necessita di essere regolamentato, di uscire dal sommerso e di acquistare visibilità nei confronti della rete dei servizi territoriali. L’assistente familiare è una figura nuova che si è ormai diffusa all’interno del nostro paese, ma nonostante la crescente domanda da parte delle famiglie questo mercato si inserisce ancora, in un mercato di cura frammentato e con alti livelli di precarietà. I percorsi delle immigrate necessitano di essere compresi nella loro complessità, considerando anche le ricadute delle migrazioni femminili sui legami familiari, poiché è necessario analizzare i molteplici ruoli, lavorativi e familiari, assunti dalle donne, impegnate in un gioco di equilibri tra presenza e assenza, lontananza e vicinanza rispetto ai familiari rimasti in patria o ricongiunti in Italia, in una difficile conciliazione tra la cura degli altri e la cura e la promozione di sé, dimensione fondamentale per la persona e premessa per una piena integrazione nella società di accoglienza. Infatti, risulta davvero difficile, per le assistenti familiari vivere la loro quotidianità di vita nella situazione di lavoro “tra due famiglie”, quella dell’anziano e la propria rimasta in patria o ricongiunta in Italia. Infine, assai importante è il ruolo della formazione nell’assistenza agli anziani, che andrebbe rivalutata con l’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni del territorio e della società civile, con soluzioni di tipo cooperativistico nell’organizzazione del lavoro e dalla diffusione di forme di tutela per le donne straniere. Infatti, queste donne si trovano spesso in situazioni di sfruttamento e di vulnerabilità del lavoro precario e sottopagato, valorizzato e non garantito, segregato che sconfina nell’area del lavoro nero e coatto.

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