Dentro il welfare locale. L'inserimento di donne immigrate nel lavoro domestico e di cura

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in aggiunta non si facevano sentire nemmeno nel sistema dei servizi socio-sanitari, perché si appoggiavano ad un ambito di protezione strettamente collegato alle strutture caritatevoli della chiesa cattolica, che diventavano spesso l’intermediario per il reperimento del lavoro e per l’aiuto concreto in caso di bisogno. Un’altra specificità delle migrazioni di questo periodo è, infatti, connessa alla religione: arrivavano soprattutto donne provenienti da Paesi cattolici, quali: Filippine, Ecuador ed altri Paesi dell’America Latina o centrale, Capo verde ed Eritrea come osserva Tognetti Bordogna. “Per le caratteristiche dei flussi migratori siamo in presenza di donne che hanno un progetto migratorio attivo, un ruolo economico forte che si sovrappone alla ricerca della libertà e autonomia e che spesso hanno abbandonato il proprio paese per abbracciare un mondo e modelli culturali nuovi”109. Esse erano prevalentemente in possesso di permesso di soggiorno, anche se con una presenza non irrilevante di donne irregolari. Secondo l’analisi condotta dalla stessa Tognetti Bordogna, queste donne inviavano risorse economiche al paese di origine e vi rientravano per un periodo limitato, spesso per le vacanze, anche dopo molti anni dalla partenza, mantenendo un legame epistolare, molto spesso solo simbolico, con il loro paese d’origine. Almeno fino agli anni ottanta svolgevano l’attività di colf a tempo pieno e solo in seguito secondo un lento processo di emancipazione, lavorarono presso famiglie ad ore. La loro presenza interessava prevalentemente famiglie del ceto medioalto, in regioni come la Lombardia, il Lazio e la Sicilia; Milano e Roma assorbivano il 40% di queste lavoratrici che in generale si trovavano soprattutto nelle città di grandi o medie dimensioni110. Le migrazioni femminili negli anni ’80, invece, sembrano dettate, oltre che dal bisogno economico, da fattori di tipo culturale; l’altro elemento che spesso spinge le donne ad uscire è dato dalla ricerca di libertà e da un bisogno di crescita culturale. Le motivazioni sono plurime collegate a un conflitto coniugale, unito al desiderio di sfuggire dalla posizione sottomessa che la cultura e la tradizione del Paese di origine riservano loro, nei confronti delle figure maschili. Da alcune ricerche condotte nei paesi europei, infatti, emerge chiaramente come la presenza di donne immigrate separate, divorziate, separate di fatto, sia molto più elevata di quanto non sia l’incidenza di questo fenomeno fra i maschi. Infatti, è utile ricordare che l’immigrazione in Italia negli anni ’80, è in generale molto più visibile che in precedenza, caratterizzata dalla presenza di maschi di origine africana e asiatica prima diretti verso paesi come Francia, Inghilterra, Germania, più attraenti dal punto di vista economico, ma che in quegli anni hanno 109 110

M. Tognetti Bordogna, Le donne della migrazione in “Ricongiungere la famiglia altrove”, cit., pp.81-82. Ivi, p. 83.

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