Marina Apollonio

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MARINA APOLLONIO 50,00 €



MARINA APOLLONIO testi di texts by

Joe Houston Ugo Savardi Bianca Maria Menichini


Questo catalogo è stato pubblicato in occasione della mostra “Marina Apollonio. Retrospective Exhibition” 10 A.M. ART, Milano, 10 gennaio – 11 aprile 2015 This catalogue was published on the occasion of the exhibition “Marina Apollonio. Retrospective Exhibition” 10 A.M. ART, Milano, 10 January – 11 April 2015

mostra e catalogo a cura di

ringraziamenti acknowledgements

exhibition and catalogue curated by

Si ringraziano tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione della mostra e del libro. Un ringraziamento particolare a Marina Apollonio e Alvise Zen. We thank all those who made possible the realization of the exhibition and the book. Special thanks go to Marina Apollonio and Alvise Zen.

10 A.M. ART in copertina cover

Dinamica Circolare 6S+S II, 1966 particolare / detail p. 2 Marina Apollonio, 1965 testi di texts by

Joe Houston Ugo Savardi Bianca Maria Menichini redazione editing

Anna Albano traduzione translation

Manuela Errico, dall’italiano all’inglese Italian into English Anna Albano, dall’inglese all’italiano English into Italian design

Sara Salvi crediti fotografici photo credits

Archivio fotografico Marina Apollonio Archivio Studio 2B Bruno Bani Antonio Concolato Tim Perceval Franco Storti Adriano Zannini Alvise Zen ISBN: 978-88-940648-0-3

10 A.M. ART Via Anton Giulio Barrili, 31 Milano tel. +39 0292889164 – cell. +39 3393724296 e.mail: info@10amart.it – www.10amart.it

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore All rights reserved. No parts of this book may be reprinted or reproduced or utilised in any form or by any electronic, mechanical or other means, now known or hereafter invented, any information storage or retrieval system, without permission in writing from the publishers. Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 a cura di Graphic & Digital Project Printed in December 2014 by Graphic & Digital Project


SOMMARIO CONTENTS 7 15

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Marina Apollonio: espandere la percezione Marina Apollonio: Expanding Perception Joe Houston L’esattezza dello spazio stereocinetico The exactness of stereokinetic space Ugo Savardi OPERE WORKS

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OPERE SU CARTA / WORKS ON PAPER OPERE IN ACCIAIO E ALLUMINIO / WORKS IN STEEL AND ALUMINIUM DINAMICHE CIRCOLARI GRADAZIONI-ESPANSIONI CROMATICHE RILIEVI CIRCOLARI A DIFFUSIONE CROMATICA DINAMICHE ELLITTICHE FRANCOFORTE APPARATI APPENDIX

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Nota biografica Biographical note Esposizioni / Exhibitions Bibliografia selezionata / Selected Bibliography



Marina Apollonio: espandere la percezione Joe Houston

Marina Apollonio, Giancarlo Zen, 1973

“Visibile e mobile, il mio corpo è annoverabile tra le cose, è una di esse, è preso nel tessuto del mondo [...] Ma poiché vede e si muove, tiene le cose in cerchio intorno a sé [...].”1 MAURICE MERLEAU-PONTY

L’arte di Marina Apollonio prende forma alla periferia della percezione, dove talora la conoscenza e la visione a volte si rivelano incompatibili, se non inconciliabili. Per i cinquant’anni trascorsi i suoi dipinti, sculture, stampe e installazioni architettoniche hanno catalizzato straordinarie esperienze che collocano noi spettatori al centro privilegiato dell’opera d’arte. L’artista ci sollecita, a volte dolcemente, altre volte bruscamente, a una consapevolezza delle nostre facoltà percettive, obbligandoci a calibrare le molteplici sensazioni sollecitate dall’occhio, dalla mente e dal corpo nel corso di incontri estetici affascinanti e sublimi. L’arte fenomenologica di Apollonio si nutre di svariate influenze che risalgono alla sua infanzia. Marina nasce nel 1940 nella città portuale di Trieste; cresce con i suoi genitori Umbro Apollonio e Fabiola Zannini in un ambiente artistico fecondo. Umbro Apollonio fu un rinomato critico d’arte e professore di storia dell’arte contemporanea all’Università di Padova. Sostenitore della prima ora del modernismo, fu vicino alle avanguardie artistiche di tutta Europa e autore delle prime monografie su maestri moderni come Seurat, Miró e Picasso, così come di autorevoli storie del cubismo, della pittura metafisica e del futurismo. Marina Apollonio ricorda che suo padre la condusse alla Pinacoteca di Brera all’età di cinque anni, un evento che si rivelò fondamentale. L’emozione di vedere quei dipinti per la prima volta la spinse a studiare le opere dei grandi maestri e nutrì per tutta l’infanzia il suo desiderio vorace di disegnare, tanto da farle affermare che “l’arte era nel mio DNA.”2 Il fascino esercitato dalla forma sulla giovane Marina si estese dall’ambito dell’arte al mondo che la circondava. Ricorda distintamente i momenti in cui osservava le forme variegate che popolano la natura: “il profilo di una lumaca, la struttura di una foglia, gli anelli di un tronco d’albero tagliato, la trama di un nido” e, forse profeticamente, “la spirale di una pianta di pisello”. Anche gli effetti di luce e movimento si mostrano rivelatori, come una “grande ragnatela coperta di gocce di rugiada che scintillava nel sole e vibrava al vento”. Questa precoce esaltazione del design della vita coincise con l’esposizione di Marina Apollonio all’arte moderna e agli artisti che la circondavano quotidianamente a casa sua. Così, per lei la natura e l’arte si intersecavano in una acuta comprensione della struttura geometrica, e la matematica e la fisica divennero da subito oggetto dei suoi interessi scolastici. Nel 1950, quando Marina aveva dieci anni, la famiglia si trasferì a Venezia, dove suo padre era stato nominato direttore degli archivi della Biennale di Venezia, prestigioso palcoscenico per l’arte contemporanea internazionale. Marina entrò all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1959, studiando pittura con Giuseppe Santomaso, membro del Gruppo degli Otto e fondatore anni prima del Fronte Nuovo delle Arti. Le composizioni pittoriche di Santomaso erano in linea con l’arte informale, genere preminente all’epoca, tuttavia l’interesse di Marina Apollonio si rivolse sempre più all’arte razionale e sistemica ispirata agli esempi di Piet Mondrian, Kazimir Malevič e altri pionieri della pittura geometrica dell’inizio del XX secolo. Durante gli studi all’Accademia fu influenzata dai principi del Bauhaus della Germania prebellica, dove artisti quali il pittore Johannes Itten e l’architetto Walter Gropius codificarono nuove teorie del colore, del design e della funzione. Queste idee furono portate avanti negli anni cinquanta alla HfG (Hochschule für Gestaltung), a Ulm, in Svizzera, sotto la direzione di Max Bill, un ex studente del Bauhaus. La sua opera di industrial designer e di pittore seguiva rigidi principi matematici ed esaltava la logica interna delle forme, un’elaborazione dei precedenti programmi estetici del suprematismo di Malevič e del neoplasticismo di Mondrian, movimenti che allo stesso modo aderirono alla chiarezza strutturale come espressione grafica degli ideali utopistici. Anche la Bauhaus e l’HfG cercarono di intaccare la presunta gerarchia tra arti “belle” e “applicate”, mentre presentavano l’ideale del “total design”, che postulavano arte e architettura integrate in un ambiente estetico funzionale: un concetto all’avanguardia che catturò l’interesse di Marina Apollonio. Bill promosse questi ideali nel corso dei suoi molti viaggi, allo stesso modo di numerosi maestri del Bauhaus subito dopo la seconda guerra mondiale. Così, diversi movimenti di arte “costruttiva” e “concreta”–un’arte di invenzione rispetto a un’astrazione derivata dalla natura – si saldarono a livello internazionale, stimolando un dialogo transculturale sul futuro dell’arte radicata nella logica geometrica, nel progresso tecnologico e nella funzione sociale.

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Nel 1963, completati gli studi accademici in architettura, design e comunicazione visiva, Marina Apollonio si trasferì a Parigi, dove lavorò come designer per un importante studio di architettura. Nella capitale francese rinnovò i contatti con le idee dell’avanguardia. Parigi era l’epicentro del nuovo movimento costruttivista presieduto da Victor Vasarely, che applicava i principi di design del Bauhaus ai dipinti e alle sculture dotate di movimento virtuale e reale. La Galerie Denise René, della quale fu cofondatore poco dopo la guerra, fu il palcoscenico principale per questo nuovo approccio. A supporto della sua nuova mostra del 1955 Le Mouvement, Vasarely compose il suo Manifesto giallo, nel quale proclamava anacronistiche la pittura e la scultura e invocava un’arte multidimensionale con una nuova sensibilità spaziale: “Il movimento non si fonda né sulla composizione né su un soggetto specifico, ma sull’apprendimento dell’atto del guardare, considerato in sé stesso come unico atto creatore.”3 Questa enfasi sulla percezione generò forme di arte cinetica ibride che impiegavano nuovi materiali, processi collaborativi e installazioni pubbliche, opere che per la loro precisa natura sfidavano la storia, i mercati e le istituzioni artistiche tradizionali. Nel 1963, subito dopo il suo ritorno a Venezia, Apollonio intraprese le sue prime costruzioni sperimentali in metallo lucido, un materiale assimilabile più alla tecnologia avanzata che alla storia dell’arte. Creò composizioni fortemente strutturate con strisce piatte sovrapposte e anelli di alluminio, la cui finitura a specchio fornì un imprevedibile elemento di analisi. Su alcune delle facce interne di queste opere Apollonio applicava una vernice fluorescente, generando riflessi colorati che parevano emanare dal metallo stesso. Lavori come Struttura 507 (1964-1965) sollecitano nello spettatore un’esperienza al tempo stesso stabile (la struttura) e imprevedibile (i suoi riflessi). Sebbene siano oggetti fissi, queste opere sono dotate di un grande potenziale cinetico, coinvolgono l’ambiente circostante e si trasformano ai minimi movimenti dell’osservatore.

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Apollonio continuò a indagare le possibilità di un’arte generativa mediante l’uso di strutture predeterminate, un’estetica aperta che non era semplicemente la negazione della tradizione, bensì la rappresentazione di nuove idee in psicologia sperimentale e fisica avanzata. François Morellet, del Groupe de Recherche d’Art Visuel (GRAV), insieme di artisti che operavano su base collaborativa con sede a Parigi, espresse un interesse condiviso: “Immaginate di essere alla vigilia di una rivoluzione nell’arte grandiosa come la rivoluzione che esiste nella scienza. Dunque la ragione e lo spirito della ricerca sistemica devono sostituire l’intuizione e l’espressione individualista”4. Al tempo la combinazione di arte e scienza era diffusa, e i materiali e i metodi di fabbricazioni industriali aggiungevano una patina tecnologica a molta della nuova arte, soprattutto in Italia. Questa attrazione per il nuovo fu sostenuta da più di un decennio di prosperità economica con relativa crescita industriale conseguente alla ricostruzione e al rinnovamento postbellici. La modernità divenne una posizione tanto estetica quanto politica. Invocando i principi scientifici, questa nuova generazione si avvicinò alla pratica artistica come alla “ricerca”, una reinterpretazione conscia dell’estetica dall’esito spesso anticommerciale e antistituzionale. In Italia, il Gruppo N di Padova e il Gruppo T di Milano, entrambi antecedenti al GRAV, andavano già promuovendo questa nuova estetica formale ed egualitaria nei primi anni sessanta. La generazione più giovane, che pure prendeva le distanze dagli aspetti più polemici del futurismo, continuò ad abbracciarne gli ideali di libertà nella forma del progresso tecnologico. Marina Apollonio ha affermato che durante questi anni la ricerca futurista sul movimento, la trasformazione e la meccanica è stata per lei particolarmente rilevante. Apollonio strinse alleanze sul territorio con artisti che condividevano le sue opinioni tra cui Getulio Alviani, Bruno Munari e i membri del Gruppo N. Alviani, artista poliedrico e designer che operava a Milano, utilizzava nelle sue opere quasi esclusivamente metallo e plastica. Fu uno dei molti interessati alla tecnologia che esposero ad “Arte Programmata”, una mostra organizzata da Munari nel 1962. Sponsorizzata dalla Olivetti, l’esposizione toccò diverse tappe attraverso l’Europa, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, presentando al mondo l’avanguardia italiana dell’arte sistemica, elettronica e cinetica, molta della quale includeva una logica computazionale che prefigurava l’arte digitale. Alviani e Munari fornirono molto del necessario incoraggiamento alla giovane Marina Apollonio che, in quanto figlia di un rinomato critico d’arte, esitava a esporre la sua propria arte sperimentale. In ogni caso, alla sua mostra collettiva di esordio presso il Centro d’Arte Il Chiodo D’Oro di Palermo vinse il primo premio, dando prova del suo valore rispetto ai colleghi. Fu chiamata molto presto a esporre in numerose mostre di avanguardia in tutta Italia, compresa una ripresa di “Arte Programmata” che si tenne nei pressi di Milano nel 1965, in cui espose con personalità come Alviani, Alberto Biasi, Gianni Colombo, Dadamaino, Enzo Mari e Paolo Scheggi.


I rilievi di Struttura, opera degli esordi, introducono una variabile umana nata non dalla mano dell’artista, bensì dall’interazione con l’osservatore. Per dare vita alle sue composizioni, comunque, l’artista non aveva bisogno di superfici riflettenti. Una serie di inchiostri su carta in relazione con l’opera, intitolata Struttura Grafica (1964), illustra la sua capacità di generare attrito visivo con economia di mezzi. Movimentate da interruzioni ritmiche, le sue composizioni lineari sembrano vibrare e tremare, emanando un’energia nervosa al confine con l’elettricità. Sviluppando queste indagini grafiche, nel 1964 Apollonio cominciò una serie di straordinari dipinti dal titolo Dinamica Circolare. Era attratta dal formato non convenzionale del cerchio a causa della sua natura essenziale e simmetrica, a cui lo psicologo Gestalt Rudolph Arnheim si riferì come al “più semplice” tra gli schemi visivi. Egli notò che “la figura umana derivava geneticamente dal ‘circolo primordiale’, che in origine rappresenta la figura umana.” 5 Questa relazione corporea si riflette nella stessa forma dell’occhio umano, un’associazione particolarmente significativa per le indagini dell’artista. All’interno di questa espansione circolare Apollonio dipinse strutture periodiche di linee bianche e nere, calcolando lievi variazioni per creare distorsioni planari in virtù delle quali le superfici paiono curvarsi, distorcersi e piegarsi. L’intrinseco dinamismo di queste composizioni fu ulteriormente attivato dall’introduzione del movimento reale. Alcuni dei tondi sono progettati per ruotare attorno a un asse centrale, consentendo una manipolazione da parte dell’osservatore. Quando si imprime loro il movimento, gli schemi grafici di Apollonio prendono vita, con le superfici che paiono contrarsi ed espandersi mentre tornano all’inerzia. I tondi più grandi sono animati da motori elettrici nascosti usati per imprimere ai dipinti una rotazione continua che rende difficile distinguere lo schema sottostante mentre le sue linee bianche e nere si fondono nella loro rapida traiettoria. Una volta che fissiamo gli occhi sulle rotazioni lineari, sperimentiamo un’attrazione gravitazionale psichica, che a fronte di una visione prolungata sconfina nell’ipnotico. La serie Dinamica Circolare frustra il nostro desiderio innato di creare un ordine significativo a partire da dati visivi complessi, contraddicendo un principio centrale della psicologia della Gestalt, un ambito che Apollonio aveva indagato in maniera approfondita. Essa introduce invece eventi visivi simultanei che richiedono la nostra attenzione per oscillare tra opposte possibilità spaziali e temporali, culminando in una liberazione percettiva o “crisi”, a seconda del punto di vista di ciascuno. Le sfuggenti topologie di Apollonio suggeriscono le dimensioni incerte della fisica quantistica, dove le coordinate fisse dello spazio euclideo, base dell’arte geometrica del passato, lasciano il passo alla relativa fluidità dello spazio-tempo. Le distorsioni che sorgono da Dinamica Circolare, fluttuando paradossalmente tra concavità e convessità, possono senza dubbio illustrare adeguatamente la teoria della meccanica ondulatoria. Nonostante Apollonio non cerchi in alcun modo di illustrare né di rendere la natura, nelle sue composizioni centrifughe risuonano naturalmente forze celesti e terrestri: dalla rotazione delle galassie alla crescita di una conchiglia marina. Apollonio espose Dinamica Circolare 5H alla pionieristica mostra Nove Tendencije 3 (Nuove tendenze 3), inauguratasi a Zagabria nell’agosto del 1965, la terza di una serie aperta nel 1961 dal pittore brasiliano Almir Mavignier. Abbracciando uno spostamento filosofico “dal dipinto all’oggetto”, le mostre e le conferenze Nove Tendencije divennero la più importante vetrina internazionale dell’arte sperimentale adottando media non convenzionali, la logica sistemica, la collaborazione e la partecipazione. Tra gli altri artisti che esponevano a Nove Tendencije 3 c’erano Getulio Alviani, Alberto Biasi, Otto Piene, Bridget Riley e Ludwig Wilding, Anonima Group, GRAV e Equipo 57. Malgrado la differenza di approccio nelle sue diverse trasformazioni del successivo decennio, Nove Tendecije costituì un antidoto universale all’arte del passato. I dipinti cinetici di Apollonio incarnavano perfettamente quello spirito ottimistico e l’evoluzione filosofica da un’arte di contemplazione a un’arte di azione. Appesi alle pareti all’interno del contesto della galleria o del museo, essi sovvertono il medium tradizionale della pittura e sfidano le nostre aspettative fondamentali sull’arte. Invece che considerarci spettatori passivi, Apollonio ci coinvolge in una esperienza estetica come partecipanti attivi. Questa radicale rimessa a punto del rapporto tra artista, oggetto e spettatore segna un profondo cambiamento nel cammino dell’arte moderna. Tra la sua comparsa in Nove Tendencije 3 e ancora in Nove Tendencije 4 nel 1968 – dove espose la complessa, motorizzata Dinamica Circolare 6S – Apollonio espose in mostre personali per tutta Italia, tra cui al Centro d’Arte Il Chiodo a Palermo, alla Galleria il Cenobio a Milano, alla Galleria Barozzi a Venezia e allo Studio di Informazione Estetica a Torino, partecipando anche a numerose mostre collettive che davano conto dei recenti sviluppi dell’arte cinetica e optical art, o Op Art, come la definiva la stampa americana. Tra queste ultime citiamo Op-Pop alla Galerie D a Francoforte, Public Eye alla Kunsthaus di Amburgo, Konstructive Kunst: Elementen und

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Marina Apollonio, mostra personale allo Studio 2B, Bergamo, 1967 10

Marina Apollonio, solo exhibition, Studio 2B, Bergamo, 1967



Gradazione Blu su Rosso, 1970

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Prinzipien (Arte costruttiva: elementi e principi) a Norimberga, El Arte Cinetico y sus origenes (L’arte cinetica e le sue origini), all’Università di Caracas, e Plastic Research alla New Goodman Gallery di Johannesburg. Nel giro di pochi anni Marina Apollonio si allineò ampiamente al movimento percettivo e le sue Dinamiche Circolari comparvero nei testi accademici sull’arte di avanguardia, compresi Constructivism di George Rickey, Kinetic Art di Frank Popper e Op Art di Cyril Barrett. Pur continuando a sviluppare nuove trasformazioni sulle Dinamiche Circolari in bianco e nero per anni a venire, agli inizi degli anni sessanta Apollonio diede avvio a una serie parallela che indagava complesse interazioni di colore. Di solito identificati con il titolo Gradazione, questi dipinti presentano cerchi concentrici di misura costante al centro del formato statico della tela quadrata. Le miscele di pigmenti usate per queste opere erano predeterminate da una mappa cromatica per la programmazione delle sequenza di colore. All’interno di questo sistema regolato, le gradazioni di colore entrano in accordo e / o in conflitto, inducendo impercettibili fenomeni ottici. In Gradazione Verde + Blu N (1966) ogni colore è distinto al centro e sul perimetro della composizione, tuttavia si fonde visivamente con gli altri nella zona intermedia, un effetto amplificato dalle dimensioni ampie e avvolgenti del dipinto. In virtù di questo, lo schema concentrico si dissolve e il piano dell’immagine perde di compattezza. In altre varianti, come Gradazione Blu su Rosso (1970), di dimensioni più contenute, un’unica tonalità di superficie viene penetrata da una successione di gradazioni di blu, obbligandoci a dividere la nostra attenzione tra la superficie pittorica e la simultanea illusione dello spazio. Che sia resa in colori a contrasto o sfumature di grigio – come in Gradazione 8+8P Nero Bianco su Nero (1966-1972), opera morbidamente luminosa –, la luce pare emanare dal profondo dei recessi di questi dipinti concentrici. L’elemento di luminosità, nuovo nel repertorio di Apollonio, era intensificato dall’introduzione della vernice fluorescente, come si vede nelle sue serie (Rilievi Circolari a Diffusione Cromatica, 1972). Per tutti gli anni settanta l’artista presentò diversi altri materiali sintetici come il Nitro (una vernice simile alla lacca), il polistirene e il perspex, e cominciò a usare stencil fatti a mano per creare motivi senza soluzione di continuità; tutto questo contribuì ulteriormente a consolidare l’aspetto industriale del suo lavoro. Oltre all’associazione con l’innovazione tecnologica, l’uso di questo materiali conferiva alle opere un livello di anonimità, consentendo un’interpretazione variabile a seconda dell’osservatore invece che come espressione dell’artista. Entro la metà degli anni settanta Marina cominciò a realizzare serigrafie, un procedimento che consente l’applicazione di colori piatti e saturi. Queste composizioni minimali sono basate sul rapporto ortogonale di linee parallele che ondeggiano leggermente in amplificazione e luminosità, cui consegue una tensione spaziale delicatamente fluttuante. Le stampe, che nel corso degli anni seguenti furono esposte in mostre tematiche e biennali della grafica in tutta l’Europa, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, le guadagnarono una platea di pubblico più ampia. L’energia densa di tensione suggerita dalle stampe divenne più enfatica e fisica nelle sculture a tutto tondo prodotte nel decennio. Tra queste troviamo una serie di opere senza titolo consistenti in precarie cataste di anelli tubolari che, fatte ruotare mediante un motore elettrico, divengono fuorvianti rappresentazioni di equilibrio precario, perpetuamente in bilico, e tuttavia sempre sull’orlo del crollo. Apollonio studiò progetti ambientali anche più ampi, estesi alle pareti e ai pavimenti degli spazi architettonici per avvolgere lo spettatore in una coinvolgente esperienza sensoriale. L’artista immaginò, fin dal 1967, una versione su scala architettonica di Dinamica Circolare con un pavimento che ruotava al di sotto dell’osservatore, un’impresa tecnologicamente scioccante che avrebbe precorso i tempi di decenni. Nei decenni ottanta e novanta Apollonio diminuì il ritmo delle esposizioni, preferendo dedicarsi più pienamente alla ricerca nel suo studio di Padova. Continuò a sperimentare con materiali e tecniche, esplorando concetti anche mediante la produzione di tessuti. Le sue prime opere cominciarono a ricomparire in sporadiche indagini storiche sull’arte postbellica italiana. Non fu tuttavia prima del nuovo millennio che una nuova generazione di studiosi gettò nuovamente una luce stimolante sulle esperienze cinetiche e ottiche. Apollonio comparve in una serie di importanti mostre presentate in rapida successione: tra queste L’ŒIL MOTEUR: art optique et cinétique, 1959-1975, al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo; Optic Nerve: Perceptual Art of the 1960s, al Columbus Museum of Art di Columbus, Ohio; Bit International [Nove] Tendencije – Computer und visuelle Forschung, Zagreb 1961-1973 alla Neue Galerie di Graz; Dynamo al Grand Palais di Parigi. Per la sua mostra Op Art, del 2007, la Schirn Kunsthalle di Francoforte realizzò finalmente l’installazione a pavimento Dinamica Circolare, che con i suoi 10 metri di diametro riempì l’atrio del museo. Ruotando al di sopra del suo schema a coppia


motrice fluttuante, i partecipanti erano coinvolti visivamente, psichicamente e fisiologicamente nelle sue anomalie percettive, qualcosa di simile al danzare sull’orlo di un buco nero. Il successo di critica e di pubblico di quella installazione – una dimostrazione fenomenologica paragonabile ai coinvolgenti ambienti sensoriali delle Chromosaturation Chambers di Carlos Cruz-Diez e degli Impenetrables di Jesús Rafael Soto – dà la stura alla produzione di altre installazioni di Apollonio di concezione tanto più antica quanto recente. Sulla scia di questa attenzione, le determinanti opere di Apollonio sono universalmente riconosciute come icone di un’epoca. Nel 2007 Dinamica Circolare S+S, che aveva fatto parte della mostra al Columbus Museum of Art, ebbe la copertina di ArtForum International in quanto esempio archetipico di Op Art. Questo revival curatoriale e storico fu sostenuto, se non fomentato, da una nuova generazione di artisti ancora una volta interessati ai processi percettivi nella loro ricerca di un’arte dalla dimensione sensuale ed empirica. Cinquant’anni dopo la sua mostra di esordio, Marina Apollonio non è solo un’artista consacrata dal canone storico, in particolare per quanto attiene alle innovazioni materiali e concettuali degli anni sessanta, ma la sua opera rimane anche palesemente rilevante fino ai giorni nostri. E così sarà sempre. L’onnipresente tema della sua arte è dopotutto la nostra stessa esperienza, un’espansione elastica della percezione che lascia intravedere scorci senza tempo nel sublime.

Maurice Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, SE Edizioni, Milano 1989, p. 19. Tutte le citazioni dell’artista sono tratte da un’intervista scritta con l’autore, 2014. 3 Victor Vasarely, Manifesto jaune, in Mouvement, Galerie Denise René, Parigi, aprile 1955. 4 François Morellet, citato in Margit Rosen (a cura di), A Little Known Story about a Movement, a Magazine and the Computer’s Arrival in Art: The New Tendencies and Bit International, 1961-1973, ZKM / Center for Art and Media, Karlsruhe and The MIT Press, Cambridge, p. 83. 5 Rudolph Arnheim, Art and Visual Perception: A Psychology of the Creative Eye, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1954-1974, p. 175. 1 2

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Marina Apollonio: Expanding Perception Joe Houston

Visible and mobile, my body is a thing among things; it is caught in the fabric of the world, . . . But because it moves itself and sees, it holds things in a circle around itself. 1 MAURICE MERLEAU-PONTY

Marina Apollonio’s art takes shape at the periphery of perception, where knowledge and vision sometimes prove incompatible, if not irreconcilable. For the past five decades her paintings, sculptures, prints, and architectural installations have served as catalysts for extraordinary experiences that place us, the viewer, at the privileged center of the artwork. She awakens us, sometimes gently, sometimes abruptly, to an awareness of our own perceptive faculties, forcing us to calibrate the multiple sensations elicited by the eye, mind, and body in enthralling and transcendent aesthetic encounters. Apollonio’s phenomenological art embodies manifold influences that extend back to her childhood. Born in 1940 in the seaport city of Trieste, Marina’s parents Umbro Apollonio and Fabiola Zannini provided a nourishing artistic environment for their daughter. Umbro Apollonio was a renowned art critic and professor of contemporary art history at the University of Padua. An early champion of modernism, he enjoyed close connections with progressive artists throughout Europe, and authored early monographs on modern masters such as Seurat, Miró and Picasso, as well as influential histories of Cubism, Pittura Metafisica and Italian Futurism. Marina Apollonio recalls her father taking her to the Pinacoteca di Brera at the age of five, a pivotal event. The excitement of seeing those paintings for the first time encouraged her to learn the works of the great masters and fueled her voracious desire to draw throughout her childhood. She notes that “art was in my DNA.”2

Marina Apollonio, mostra personale alla Galleria dei Mille, Bergamo, 1972 Marina Apollonio, solo exhibition, Galleria dei Mille, Bergamo, 1972

Young Marina’s fascination with form extended from the realm of art to the world around her. She vividly recalls observing the variegated forms within nature: “the shape of snails, the structure of a leaf, the rings of a cut tree, the plot of a nest,” and perhaps most presciently “the spiral of a pea plant.” The effects of light and movement also proved revelatory, such as “a big cobweb covered with dew drops that shone in the sun and vibrated in the wind.” This early exaltation of the design of life was concurrent with Marina Apollonio’s exposure to the modern art and artists that surrounded her daily in her home. Thus, nature and art intersected for her in a keen understanding of geometric structure, and mathematics and physics became early subjects of her interest in school. In 1950, when Marina was 10 years of age, the family moved to Venice, where her father became Director of the archives for the Venice Biennale, the prestigious forum for international contemporary art. Marina entered the Accademia di Belle Arti in Venice (Academy of Art and Design in Venice) in 1959, studying painting with Giuseppe Santomaso, a member of Gruppo degli Otto (the Group of Eight), who had once founded the Fronte Nuovo delle Arti (Front for New Art). Santomaso’s painterly compositions were aligned with Art Informel, the leading genre of the day, yet Marina Apollonio’s interest turned increasingly toward rational and systemic art, inspired by the examples of Piet Mondrian, Kazimir Malevich and other early twentieth-century pioneers of geometric painting. While at the Academy she was influenced by the precepts of the Bauhaus of prewar Germany, wherein new theories of color, design, and function were codified by such artists as the painter Johannes Itten and architect Walter Gropius. These ideas were continued in the 1950s at Hochschule für Gestaltung (College of Design), or HfG, in Ulm, Switzerland under the direction of Max Bill, a former Bauhaus student. His work as both an industrial designer and painter followed strict mathematical principles and emphasized the internal logic of forms, an elaboration of the earlier aesthetic programs of Malevich’s Suprematism and Mondrian’s Neoplasticism, movements which similarly adhered to structural clarity as a graphic expression of utopian ideals. The Bauhaus and HfG also sought to erode the presumed hierarchy between “fine” and “applied” arts, while advancing the ideal of “total design” in which art and architecture were integrated into a functional aesthetic environment, a progressive concept that captured Marina Apollonio’s interest. Bill promoted these ideals on his extensive travels, as did numerous Bauhaus masters in the wake of the Second World War. Thus, various movements of “constructive” and “concrete” art — an art of invention as opposed to an abstraction derived from nature — coalesced internationally, stimulating a transcultural dialogue on the future of art rooted in geometric logic, technological progress, and social function.

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Upon completion of her academic studies in architecture, design, and visual communications in 1963, Marina Apollonio moved to Paris where she worked as a designer for a leading architecture firm. There she was further exposed to vanguard ideas. Paris was the epicenter for a new constructivist movement presided over by Victor Vasarely, who applied Bauhaus design principles to paintings and sculptures with virtual and real motion. Galerie Denise René, which he cofounded shortly after the war, was the primary forum for this new approach. In support of its novel 1955 exhibition Le Mouvement, Vasarely penned his “Yellow Manifesto,” in which he proclaimed that painting and sculpture had become anachronistic and called for a multi-dimensional art with a new spatial sensibility: “Movement does not rely on composition nor a specific subject, but on the apprehension of the act of looking, which by itself is considered as the only creator.”3 This perceptual emphasis spawned hybrid kinetic art forms employing new materials, collaborative processes, and public installations, work that by its very nature defied the traditional history, markets, and institutions of art. Upon her return to Venice in 1963, Apollonio embarked on her first experimental constructions of polished metal, a material that had more association with advanced technology than with art history. She created highly structured compositions from overlapping flat strips and circular rings of aluminum, whose mirror-like finish provided an unpredictable element for exploration. On some of the interior facets of these metal arrays, Apollonio applied fluorescent paint, generating colorful reflections that seem to emanate from within the metal itself. Works such as Struttura 507 (196465) activate the viewer in an experience that is both stable (the structure) and unpredictable (its reflections). Although they are fixed objects, these works hold great kinetic potential, engaging the environment around them and transforming with the viewers slightest physical movements.

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Apollonio continued to investigate the possibilities of a generative art using predetermined structures, an open-ended aesthetic that was not merely a negation of tradition, but the embodiment of new ideas in experimental psychology and advanced physics. Francois Morellet of the Paris-based collaborative Groupe de Recherche d’Art Visuel (GRAV), expressed a shared concern: “Imagine that we are in the eve of a revolution in the arts that is as great as the revolution that exists in science. Therefore, the reason and the spirit of systemic research has to replace intuition and individualist expression.”4 The conflation of art and science was widespread at the time, and industrial materials and fabrication methods added a technological gloss to much of the new art, especially in Italy. This fascination with the new was bolstered by more than a decade of economic prosperity and attendant industrial growth resulting from the postwar reconstruction and renewal. Modernity became both an aesthetic and political position. Invoking scientific principles this new generation approached their artistic practice as “research,” a conscious reinterpretation of aesthetics that was often anti-commercial and anti-institutional. Gruppo N of Padua and Gruppo T of Milan, both of which predated GRAV, were already promoting this new formal and egalitarian aesthetic in Italy by the early 1960s. While the younger generation distanced itself from the more polemical aspects of Italian Futurism, they continued to embrace its ideal of freedom in the form of technological progress. Apollonio has noted that the Futurist exploration of movement, transformation, and mechanics held particularly currency for her during these years. Apollonio soon formed alliances with likeminded artists in the region, including Getulio Alviani, Bruno Munari, and the members of Gruppo N. Alviani, a multifaceted artist and designer based in Milan, used metals and plastics almost exclusively in his artworks. He was one of a number of technologically inclined artists included in Arte Programmata, an exhibition organized by Munari in 1962. Sponsored by the technology company Olivetti, it traveled extensively throughout Europe, the UK and the United States, introducing the world to the Italian vanguard of systematic, electronic, and kinetic art, much of it embodying a computational logic that prefigured digital art. Alviani and Munari provided much needed encouragement to young Marina Apollonio who, as a daughter of a famed art critic, was hesitant to exhibit her own experimental work. However, at her debut group exhibition at Centro d’Arte Il Chiodo d’Oro Palermo she received first place award, proving her worth among her peers. Very soon after, she was included in numerous exhibitions of leading edge art throughout Italy, including a reprise of Arte Programmata held near Milan in 1965, in which she exhibited alongside such luminaries as Alviani, Alberto Biasi, Gianni Colombo, Dadamaino, Enzo Mari, and Paolo Scheggi. Apollonio’s early Struttura reliefs introduce a human variable, not born of the artist’s hand, but of the viewer’s interaction. However, she did not require reflective surfaces to bring her compositions to life. A series of related ink drawings on paper titled Struttura Grafica (1964) convey her ability


to generate visual friction through an economy of means. Through rhythmic interruptions, her linear compositions appear to pulsate and tremor, exuding a nervous energy that borders on the electric. Building upon these graphic investigations, in 1964 Apollonio began a series of dazzling Dinamica Circolare (Circular Dynamics) paintings. She was attracted to the unorthodox format because of its essential and symmetrical nature, which Gestalt psychologist Rudolph Arnheim referred to as the “simplest” visual pattern. He noted that “the human figure derived genetically from the ‘primordial circle’,’ which originally represents the human figure.”5 This corporeal relationship is mirrored in the very shape of the human eye, an association particularly meaningful to the artist’s investigations. Within this circular expanse Apollonio painted periodic structures of black and white lines, calculating slight variations to create planar distortions that make the surfaces appear to bend, twist and fold. The inherent dynamism of these compositions was further activated by the introduction of real movement. Some of the tondos were designed to pivot on a central axis, allowing for manipulation by the viewer. When spun into motion, Apollonio’s graphic patterns become highly animated, their surfaces appearing to contract and expand as they slow again into stasis. The larger tondos are animated by hidden electric motors that rotate the paintings continuously, making it difficult to discern the underlying schema as its black and white lines fuse in their rapid trajectory. Once our eyes are fixed upon its linear rotations, we experience a psychic gravitational pull, which upon sustained viewing verges on the hypnotic. The Dinamica Circolare series thwarts our innate desire to create meaningful order out of complex visual data, contradicting a central principle of Gestalt psychology, a field Apollonio has researched extensively. Instead, she introduces synchronous visual events that require our attention to oscillate between opposing spatial and temporal possibilities, culminating in a perceptual liberation or “crisis,” depending on one’s point of view. Apollonio’s elusive topologies suggest the uncertain dimensions of quantum physics, wherein the fixed coordinates of Euclidean space, the basis of geometric art of the past, give way to the relative fluidity of space-time. Indeed the deformities that arise from Dinamica Circolare, fluctuating paradoxically between concavity and convexity, might aptly illustrate the theory of wave mechanics. While Apollonio does not seek to illustrate or nature in any specific way, her centrifugal compositions naturally resonate with celestial and terrestrial forces: from the rotation of galaxies to the growth of a sea shell. Apollonio exhibited Dinamica Circolare 5H at the groundbreaking exhibition Nove Tendencije 3 (New Tendency 3), which opened in Zagreb, Croatia in August of 1965. It was the third in a series of exhibitions initiated in 1961 by the Brazilian-born painter Almir Mavignier. Espousing a philosophical shift “from painting to object,” the Nove Tendencije exhibitions and conferences became the premiere international showcase for experimental art embracing unconventional media, systematic logic, collaboration and participation. Among the other exhibitors in Nove Tendencije 3 were Getulio Alviani, Alberto Biasi, Otto Piene, Bridget Riley, and Ludwig Wilding, Anonima Group, GRAV, and Equipo 57. Despite the diversity of approaches in its various permutations over the next ten years the Nove Tendencije reflected a universal antidote to the art of the past. Apollonio’s kinetic paintings perfectly embodied that optimistic spirit and the philosophical evolution from an art of contemplation to an art of action. Hanging on the wall within the gallery or museum context, they subvert the traditional medium of painting and challenge our fundamental expectations of art. Rather than treat us as passive spectators, Apollonio visually and psychically engages us as active participants in the aesthetic experience. This radical reordering of the relationship between artist, object and viewer marks a profound shift in the progress of modern art. Between her appearance in the Nove Tendencije 3 and again in Nove Tendencije 4 in 1968, at which she exhibited the intricate motorized Dinamica Circolare 6S, Apollonio had solo exhibitions throughout Italy, including Centro d’Arte Il Chiodo in Palermo, Galleria Il Cenobio in Milan, Galleria Barozzi in Venice, and Studio di Informazione Estetica in Turin, and was included in numerous group exhibitions showcasing recent developments in kinetic and optical art, or Op Art as it was dubbed by the American press. Among these were Op-Pop at Galerie D in Frankfurt, Public Eye at Kunsthaus in Hamburg, Konstructive Kunst: Elemente und Prinzipien (Constructive Art: Elements and Principles) in Nurnburg, El Arte Cinético y sus orígenes (Kinetic Art and its Origins), at Ateneo de Caracas, and Plastic Research at New Goodman Gallery in Johannesburg. Within a few years she was widely aligned with the perceptual movement and her Dinamica Circolare paintings appeared in scholarly books on vanguard art, including Constructivism by George Rickey, Kinetic Art by Frank Popper, and Op Art by Cyril Barrett.

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Marina Apollonio, mostra personale allo Studio 2B, Bergamo, 1967 18

Marina Apollonio, solo exhibition, Studio 2B, Bergamo, 1967

Although she continued to develop new permutations on the black and white Dinamica Circolare series for years to come, in the early sixties, Apollonio embarked on a parallel series exploring complex color interactions. Usually identified with the title Gradazione, these paintings feature concentric circles of constant measure centered within the static format of the square canvas. Her pigment mixtures for these works were predetermined by a chromatic chart for programming color sequences. Within this regulated system, gradations of color come into agreement and/or conflict, leading to subtle optical phenomena. In Gradazione Verde + Blu N (1966) each color is distinct at the center and perimeter of the composition, yet fuse visually in the zone between, an effect amplified by the large, enveloping scale of the painting. As a result, the concentric pattern dissipates and the picture plane loses solidity. In other variations, such as the more intimately scaled Gradazione Blu su Rosso (1970), a single surface hue is pierced by a succession of blue gradations, forcing us to alternate our attention between the pictorial surface and the simultaneous illusion of space. Whether executed in contrasting colors or shades of grey, as in the softly glowing Gradazione 8+8P Nero Bianco su Nero (1966–72), light appears to emanate from deep within the recesses of these concentric paintings. The element of luminosity, new to Apollonio’s repertoire, was intensified by the introduction of fluorescent paint, as seen in her series (Circular Chromatic Reliefs with Radiance) (1972). Throughout the 1970s, she introduced a number of other synthetic materials such as Nitro (a lacquer-like paint), polystyrene, and Perspex, and she began using handmade stencils to create seamless patterns, all of which helped her further to achieve a manufactured appearance. In addition to the association with technological innovation, this provided a level of anonymity, allowing the work to be interpreted by viewers on their own terms, rather than as an expression of the artist. By the mid-1970s, Apollonio began executing editioned screenprints, a process that allows for the application of flat, saturated color. These minimal compositions featured intersecting orthogonal lines that waver slightly in amplification and luminosity, resulting in delicately fluctuating spatial tension. Apollonio’s prints garnered a wider forum for her work, and over the ensuing years were included in thematic exhibitions and graphics biennials throughout Europe, the United Kingdom, and the United States. The taut energy suggested in her prints was made more emphatic and physical in her freestanding sculptures of the decade. Among these is a series of untitled works consisting of precarious stacks of tubular rings, which when rotated by an electric motor become confounding displays of awkward equilibrium; perpetually poised, yet always on the verge of collapse. Apollonio investigated even larger environmental projects that extend to the walls and floor of architectural spaces to envelope the viewer in an immersive sensory experience. She imagined, as early as 1967 an architecturally scaled version of Dinamica Circolare that would serve as a rotating floor beneath the viewer, a technologically daunting feat that proved decades ahead of its time.


Apollonio exhibited less in the 1980s and 1990s, preferring to devote herself more fully to research within her studio in Padua. She continued to experiment with materials and techniques, even producing woven textiles to explore a concept. Her early work began to reappear in occasional historical surveys of Italian postwar art. However, it was not until the new millennium that a new generation of scholars shone a bright light again on kinetic and optical practices. Apollonio was featured in a number of major exhibitions mounted in quick succession: L’ŒIL MOTEUR: art optique et cinétique, 19591975 at Musée d’Art Moderne et Contemporain in Strasbourg; Optic Nerve: Perceptual Art of the 1960s at Columbus Museum of Art in the USA; Bit International [Nove] Tendencije – Computer und visuelle Forschung, Zagreb 1961-1973 at Neue Galerie in Graz; and Dynamo at Grand Palais in Paris, just to name a few. For its 2007 exhibition Op Art, the Schirn Kunsthalle in Frankfurt finally brought Apollonio’s Dinamica Circolare floor installation into realization, which at 10 meters in diameter filled the atrium of the museum. Rotating above its torqued and fluctuating pattern, participants became visually, psychically, and physiologically engaged in its perceptual anomalies, something akin to dancing at the edge of a black hole. The critical and popular success of that installation, a phenomenological demonstration on par with the immersive sensory environments of Carlos CruzDiez’s Chromosaturation Chambers and Jesús Rafael Soto’s Impenetrables, gives promise for the production of more of Apollonio’s installations of both early and recent conception. In the wake of this attention, Apollonio’s seminal works have become universally recognized as an icons for an era. Dinamica Circolare S+S, included in the Columbus Museum of Art exhibition, was featured on the cover of ArtForum International in 2007 as the archetypal example of Op Art. This curatorial and historical revival was bolstered, if not instigated, by a new generation of artists who are once again concerned with perceptual processes as they seek an art with sensual and experiential dimensions. Now, fifty years after her debut exhibition, Marina Apollonio is not only established within the historical canon, particularly in relation to the material and conceptual innovations of the 1960s, but her work remains manifestly relevant to our time. And it always will be. The ever-present subject of her art is, after all, our own experience, an elastic expansion of perception that reveals timeless glimpses into the sublime. Merleau-Ponty, Maurice, The Primacy of Perception, Evanston: Northwestern University Press, 1964, p. 163. All quotes by the Artist from written interview with the Author, 2014. 3 Vasarely, Victor, “Manifesto jaune,” in Mouvement, Paris: Galerie Denise René, April 1955. 4 Morellet, François, quoted in Rosen, Margit, ed., A Little Known Story about a Movement, a Magazine and the Computer’s Arrival in Art: The New Tendencies and Bit International, 1961-1973, Cambridge: ZKM / Center for Art and Media, Karlsruhe and The MIT Press, p. 83. 5 Rudolph Arnheim, Art and Visual Perception: A Psychology of the Creative Eye, Berkeley and Los Angeles: University of California Press, 1954–74, p. 175. 1 2

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L’esattezza dello spazio stereocinetico Ugo Savardi

Cattedra di Psicologia Generale Cattedra di Psicologia dell’Arte e dei Processi Creativi Università di Verona

Marina Apollonio con la sua famiglia, 1969 Marina Apollonio with her family, 1969

Questo scritto ha l’intenzione di contribuire a completare il contesto della ricerca visuale della Marina Apollonio evidenziando le basi formali dal punto di vista delle Cognive Sciences (CS) e, in particolare, della Experimental Phenomenology of Perception (EPhP), fornendo una traccia di sviluppo per ulteriori riflessioni e approfondimenti. Capita, quando si pensa, si legge o si scrive di arte, di essere coinvolti in suggestivi percorsi nei quali ornamenti linguistici e suggestioni retoriche sono spesso ricercati apposta quasi a ricreare un doppio ugualmente artistico e creativo in concorrenza all’opera, all’artista di cui si parla. Spesso, il risultato è una nuvola di incenso per il naso che nasconde alla vista il vero operato creativo che era lì davanti ai nostri occhi e toccabile con le nostre mani, del quale si sarebbe invece dovuto parlare. Ma non è alla mistica eleusina e orfica che di solito ci si riferisce e di cui si discute quando si parla di Pitagora, e gli riconosciamo, invece, di averci consegnato l’essenza dell’esattezza del mondo nella forma dei numeri che lo reggono. Allo stesso modo facciamo trattando di Euclide, riconoscendogli tutto quel merito dovuto per avere geometrizzato il mondo e, nell’Ottica, averci mostrato per primo le perfezioni degli scostamenti della percezione umana da quella geometria assiomatizzata negli Elementi. Questo è lo stesso sforzo, indirizzato a separare il mondo fattuale dell’esperienza da quello costruito per grazia del solo linguaggio, che sarà usato da A. G. Baumgarten quando ci consegna la parola Estetica nel 1750, riportando l’arte entro i confini della conoscenza dei sensi, offrendoci una traccia del metodo che la Psicologia dell’arte avrebbe fatto proprio e che in seguito avrebbe costituito l’intero impianto dell’ Experimental Phenomenology of Perception (EPhP). Non meno solo coerentemente attenta anzi, gnoseologicamente impegnata alla ricerca di fenomeni governati dalla luce, dallo spazio e dal tempo percepiti, si presenta nel secolo scorso, dopo il Rinascimento, una nuova generazione di scienziati della visione che hanno risolto la loro creatività nella ricerca artistica: quella dei Gruppi e di coloro che, solitari, hanno in vario modo contribuito alla Scuola dell’Arte di volta in volta detta Gestaltica (G. C. Argan), Esatta (G. Alviani), Programmata (Munari), Optic, Kinetic (GEPOK). Questo è il contesto nel quale cresce e al quale contribuisce Marina Apollonio. Questi ricercatori visuali nascono nel mondo parallelo a quello Gestaltico, della Experimental Phenomenology of Perception (EPhP), che gli psicologi, dopo la fondazione dello studio sperimentale della “mente”, hanno studiato nei laboratori trovando fatti e formulando Teorie sulla base di accurate, controllate statisticamente e formalizzate matematicamente ricerche con soggetti umani o animali (mentre i ricercatori visivi GEPOK si esprimevano attraverso opere d’arte e Manifesti). Gli uni e gli altri sono accumunati da un necessario principio di minimo secondo il quale, a parità di risultato, vale il complesso di argomenti e variabili concorrenti più semplice possibile. Non è una istanza estetica: fa parte di un rigoroso rispetto del principio di parsimonia che i saperi devono rispettare. Non meno dello studio della fisica quantistica, lo studio dell’esperienza percettiva è complessa e deve dare ragione di come l’intera catena psicofisica contribuisce alla creazione di un’esperienza cosciente. Un buon manuale di psicologia della percezione, fornisce sufficienti esempi di come la percezione della luce, dello spazio e del tempo sia riconducibile a relazioni tra variabili metrizzabili, computabili. Non sono minori gli esempi e scoperte che questi scienziati cresciuti nell’arte, hanno distribuito nelle gallerie e musei del mondo. Questo è il luogo della connessione: l’oggetto, il fenomeno, l’esperimento. Qui, per rispetto della dignità dello scienziato e/o artista, non c’è più spazio per esercizi di retorica o di espressionismo estetico tout-court. Altri dovrebbero essere i tavoli appositamente imbanditi per sole opinioni. Non sarà sufficiente questo scritto, perché il lavoro della Marina Apollonio dovrebbe essere parte di un progetto comparato di ricerca nel quale una virtuale matrice di contingenza tra prodotti della ricerca percettiva condotta nei laboratori della EPhP e i prodotti delle ricerche artistiche GEPOK, confronti con sistematicità variabili manipolate e risultati ottenuti. Queste successive righe sono un contributo in questa direzione. Se un’auspicabile azione di ricollocazione epistemica del manufatto sperimentale, nell’arte GEPOK o nei laboratori EPhP, fosse realmente presa in carico dalla comunità che si impegna nella valorizzazione dei saperi, allora la storia di quell’arte GEPOK che per alcuni storici si reputa già conclusa si riaprirebbe, scoprendo che la matrice profonda delle variabili indagate deve ancora essere completamente compilata. E forse riserverebbe sorprese di cui la comunità scientifica dovrebbe tenere d’acconto. Prendiamo in esame uno dei più caratterizzati filoni di ricerca della Apollonio: il movimento stereocinetico. Si tratta di capire quali siano e come interagiscano le variabili che governano la percezione di un uno spazio tridimensionale, a fronte di una figura disegnata su una superficie in movimento. È certamente uno dei nuclei più significativi della ricerca percettologica per la quantità di implicazioni che regolano l’esperienza dell’interazione umana con il mondo. Tra le molte questioni implicate nello studio del movimento stereocinetico, ve n’è una in particolare che rende lo studio

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Fig. 1. La sintesi presentata nella Figura 1 (per una più completa e approfondita comprensione si rimanda al testo originale) ci mostra come la percezione umana usi in maniera differente, e con quale relativo potere di informazione, gli indici che il sistema visivo ha a disposizione. Una spiegazione estesa è riportata nel testo originale di Cutting e Vishton (1995). Figure 1 shows how human perception uses the available visual system indexes in different ways and indicates their relative power of information (a more thorough explanation can be found in the original text, Cutting e Vishton, 1995). In this research, indexes are treated primarily as being related to a subject under static observation.

“Just-discriminable depth thresholds as a function of the log of distance from the observer, from 0.5 to 5,000 meters, for nine different sources of information about layout. Such plots were originated by Nagata (1981) and are extensively modified and elaborated here; they are plotted with analogy to contrast sensitivity functions. Our assumption is that more potent sources of information are associated with smaller depth-discrimination thresholds and that these threshold function reflect suprathreshold utiity. These functions, in turn, delimit three types of space around the moving observer—personal space, action space, and vista space—each served by different sources of information and with different weights. This array of functions, however, is idealized. Figure 2 shows variations on the themes shown here (Cutting e Vishton, 1995, p. 80).

del movimento cinetico così significativo: il fatto che nella tradizione di studio della percezione dello spazio, gran parte dell’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sulla percezione degli indici di profondità in assenza di movimento, come negli studi sulla prospettiva e, in generale, sullo spazio pittorico (Kemp, 1992; Kubovy, 1986; ecc.). Una sintesi di questi lavori sperimentali si trova nel lavoro di Cutting e Vishton del 1995 (fig. 1). In queste ricerche vengono trattati indici principalmente relativi a un soggetto in condizioni di osservazione statica. Ovviamente, a nessuno degli autori che ha prodotto queste ricerche sfugge che in tre differenti e ben argomentati libri (nel 1950, 1968, e 1979) J.J. Gibson, all’interno di un paradigma teorico che va sotto il nome di Approccio Ecologico alla Percezione, aveva inserito l’ineliminabilità del movimento per una coerente e corretta teoria dell’esperienza percettiva del mondo (fig. 2) Fig. 2. Immagine in alto: Il flusso diretto all’esterno dell’assetto ottico dal fuoco di espansione all’orizzonte. Questo è quello che un uomo in volo vedrebbe guardando in avanti nella direzione della locomozione. Immagine in basso: Il flusso dell’assetto ottico a destra della direzione di locomozione. Questo è quel che un uomo in volo vedrebbe guardando a 90°, alla sua destra e cioè se campionasse l’assetto ambiente alla destra. Top diagram: The flow directed outwards from the optical axis of the focus of expansion towards the horizon. This is what a person who is flying would see when looking forward in the direction of movement. Bottom diagram: the optical flow to the right with respect to the direction of motion (forward). This is what a person who is flying would see when turning his/her head 90° and looking towards his/her right. 22


Fig. 3. Immagini dell’archivio di Benussi relative ai suoi studi sul movimento stereocinetico Images from Benussi’s archive relating to his studies on stereokinetic motion http://www.archiviapsychologica.org/index. php?id=531

Fig. 4 Immagini dell’archivio di Musatti relative ai suoi studi sul movimento stereocinetico Images from Musatti’s archive relating to his studies on stereokinetic motion http://www.archiviapsychologica.org/index. php?id=531

Forse a Gibson era però sfuggito che proprio sull’importanza del movimento, Vittorio Benussi – allievo di Meinong, che dal 1919 si trasferisce all’Università di Padova dove nel 1922 otterrà la Cattedra di Psicologia Sperimentale – aveva condotto dal 1922 al 1927 le sue prime osservazioni sul movimento stereocinetico, poi riprese in maniera sistematica da Cesare Musatti nel 1924. Vero è che già Mach nel 1868 e 1886 aveva focalizzato l’attenzione attorno alla percezione di profondità ottenuta da immagini in rotazione su una superficie piana. Ma sarà proprio la Scuola Padovana ad approfondire, nei successivi anni, la formalizzazione delle variabili che concorrono alla produzione dell’esperienza stereocinetica (figg. 3, 4, 5). Ecco accennato, in estrema sintesi, il contesto parallelo nel quale prende forma la ricerca di Marina Apollonio, nata in quella Trieste nella quale Gaetano Kanizsa, allievo di Cesare Musatti, fonderà l’Istituto di Psicologia Sperimentale. Musatti, prima di dedicarsi alla psicologia, aveva studiato matematica e questa prima formazione gli permette non solo di affrontare il fenomeno stereocinetico; sarà anche il primo ad usare l’analisi vettoriale in questi contesti – poi sviluppata da G. Johannson nel 1950 e negli anni successivi nell’analisi del movimento biologico. Quali sono i possibili problemi intimamente connessi allo studio dello spazio-tempo-movimento (STM) nella cognizione umana e, più in particolare, del tempo-movimento stereocinetico che un ricercatore deve sapere cogestire? La relazione tra STM è stata una delle relazioni che ha permesso a Galileo la scoperta dell’isocronismo del pendolo; e dalla meccanica classica alla teoria della relatività ristretta il passo non è stato così lungo. Ma il salto gnoseologico più importante è stato quando si è capito che la formulazione dello STM della fisica non reggeva all’evidenza dell’esperienza umana. Nessuno vede muoversi il sole o le lancette delle ore dell’orologio se non con soglie differenziali che non sono quelle del tempo fisico e questo crea un problema relativo

Fig. 5 . Un disegno preparatorio per un lavoro stereocinetico di Marina Apollonio One of Marina Apollonio’s sketches for a stereokinetic artwork

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Fig. 6. Schema dell’elisse rotante. Il centro dell’elisse M coincide con l’origine del sistema di riferimento stazionario 0xy e con il centro di rotazione della piattaforma, mentre il sistema di riferimento Mχη ruota con lo stimolo. Mχ coincide con l’asse di simmetria maggiore dell’elisse (ϑ è l’angolo di inclinazione di Mχ rispetto a Mx). Sketch of the rotating ellipse. The center M of the ellipse coincides with the origin of the stationary reference system 0xy and with the platform’s rotation center, while the reference system Mχη rotates with the stimulus. Mχ coincides with the ellipse’s major symmetry axis; (ϑ is the inclination angle of Mχ with respect to Mx).

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all’indipendenza delle leggi Fenomeniche da quelle della Fisica. Questo è il cuneo nel quale si inserisce la ricerca della GEPOK e della EPhP: manipolare quelle variabili indipendenti, forme, dimensioni, concentricità, eccentricità, velocità delle rotazioni, spessori del tratto, colori, ecc. che spostano il piano della legge che governa il fenomeno dalla competenza della fisica a quello della percezione fenomenica. È quella zona di confine dove la descrizione fisica dello stimolo parla di superfici piane e quella fenomenica di superfici solide; dove a fronte dell’uguaglianza delle caratteristiche fisiche di due superfici cromatiche si riscontra una differenza sul piano fenomenico; dove a fronte della assenza di movimento nell’accensione ad intervalli di due lampadine separate al buio si vede un movimento dall’una all’altra, ecc… È così che si istituisce un ambito di ricerca iuxta propria principia autonomo e, sul piano della valenza in un trattato di filosofia della scienza, di pari dignità scientifica rispetto al fisico: quello dello studio della visione manipolando fatti percettivi fenomenicamente tracciabili e formalizzabili. Studio non di illusioni che esistono sul piano dell’inganno dei sensi o solo nell’immaginazione e non reali; studio, invece, di immagini percettive che tali sono perché non c’è inganno o errore nei sensi, ma obbligo e rispetto delle contingenze del mondo di cui sono fatte. È in questo contesto e consapevolezza della indipendenza delle ontologie fenomeniche da quelle della fisica, a parità di strumento statistico, metrico, topologico e geometrico per la descrizione e spiegazione dei fenomeni studiati, che la ricerca GEPOK e EPhP vivono in parallelo e spesso intersecano i loro percorsi come alcuni dei protagonisti hanno professionalmente fatto: Manfredo Massironi dopo avere preso parte alla stagione dei Gruppi, continua e concluderà la sua ricerca in ambito accademico universitario non per questo abbandonando le stesse istanze metodologiche che con Marina Apollonio aveva condiviso nella stagione Padovana. Molti sarebbero gli esempi da elencare che potrebbero contribuire a mostrare quanta rilevanza ha avuto lo studio del movimento fenomenico: dalla scoperta del movimento indotto di Dunker del 1929, quello ottenuto facendo ruotare la famosa spirale di Archimede, al movimento indotto di Oppenheimer del 1934, e la lista sarebbe ancora molto lunga per importanza e bellezza dei fenomeni scoperti. Quello studiato da Marina Apollonio è certamente uno dei fenomeni più ricchi e intriganti. Molte sono le possibili spiegazioni e formalizzazioni del fenomeno stereocinetico che in questi ultimi anni sono state testate in modo rigoroso empiricamente. Tra queste riportiamo, in estrema sintesi, la formulazione più recente proposta da Mario Zanforlin che, dopo Benussi e Musatti, ha sistematicamente studiato il fenomeno e ha proposto, in collaborazione con alcuni matematici del Dipartimento di Matematica Pura e Applicata padovani, una coerente proposta formale. Si è trattato di fornire un modello matematico all’esito percettivo che si ha quando una figura semplice (fig. 6) come una figura piana di colore bianco uniforme e di contorno ellittico viene collocata su un disco piano nero che ruota attorno ad un perno centrale, ortogonale al piano del disco stesso. Dopo alcuni istanti (circa 80 sec.) nei quali si vede la cialda bianca muoversi in maniera elastica, appare un solido cerchio che si muove in profondità ad un angolo stabile attorno all’asse di rotazione del disco. Il cerchio in profondità assume tridimensionalità diventa come fosse un uovo che ruota attorno a un asse. Questa versione semplificata delle più complesse immagini della Apollonio permette un controllo delle variabili matematiche connesse. Per spiegare questo fenomeno Musatti (1924,1955) aveva ipotizzato che il sistema percettivo tendesse ad uguagliare nel tempo, o in immagini successive, le distanze relative tra tutti i punti corrispondenti del pattern. Poiché un oggetto che conserva inalterate nel tempo le distanze relative tra tutti i suoi punti è per definizione un oggetto rigido, l’ipotesi di Musatti corrisponde all’assunto che il sistema percettivo imponga all’elaborazione dell’immagine retinica il vincolo della rigidità. Tale ipotesi è stata ripresa, in una forma matematica più esplicita, da vari altri autori (Ulman,1979, 1984; Hildreth, 1990). Ma Zanforlin (1988), Zanforlin e Vallortigara (1988), Beghi et al. (1991 a, b) hanno dimostrato che l’assunto di rigidità non e in grado di spiegare le apparenti dimensioni di certi fenomeni stereocinetici, né la comparsa di tridimensionalità in altri fenomeni, ed hanno proposto una ipotesi alternativa basata su di un processo di minimizzazione delle differenze di velocità tra tutti i punti dei pattern bidimensionali in movimento. Una formulazione ulteriore, più accurata rispetto alla precedente sulla base delle indicazioni ottenute in esperimenti successivi con differenti elementi geometrici (es. linee) in rotazione, completa il principio di minimo formulato da Zanforlin nel modo seguente: il sistema visivo trasforma le velocità relative sul piano dei punti dello stimolo, attribuendo loro una componente di velocità additiva dell’asse ortogonale al piano frontale in


modo da minimizzare le differenze tra la lunghezza dei vettori di velocità risultanti dalla dislocazione in profondità. Evitiamo in questo contesto di riportare l’intera formulazione della dimostrazione matematica del modello. Sottolineiamo solo come, per quanto evoluto dal punto di vista formale, sia ancora lontano dalla capacità di comprendere la classe di variabili presenti nei pattern costruiti dalla Apollonio e che dovrebbe essere sistematicamente analizzata. Rimane da argomentare un ultimo e importante passaggio, sfumato in tutto questo scritto ma che deve diventare solido ed evidente senza ambiguità: non c’è differenza alcuna tra lo sforzo creativo prodotto nel laboratorio della Marina Apollonio e in quello dei laboratori di psicologia della percezione. Il conto da pagare, come la storia della fenomenologia sperimentale accademica ha dimostrato, è a coloro i quali hanno messo davanti ai nostri occhi fatti, spesso prodotti solo con carta, matita, chine, riga e compasso, con perseveranza e istinto a manipolare evidenze insoddisfacenti, alla ricerca del miglior e più pregnante effetto percettivo. Poi le teorie, le formalizzazioni matematiche e i modelli. Sono gli explanans a comandare gli indirizzi delle teorie, formulate prima o dopo. Ci sembrava importante in questo scritto fornire una indicazione, per quanto approssimata, di come il percorso di ricerca della Marina Apollonio possa essere fatto rientrare a pieno titolo in quello spazio della ricerca artistica che spesso è stato definito entro il rapporto arte-scienza. Sarebbe complesso in questo contesto aprire pur una breve parentesi attorno al dibattito promosso dalla tesi formulata da Hokney-Falco proprio attorno alla questione dell’esperienza delle geometrie dello spazio (e che ha coinvolto critici e storici dell’arte). Riteniamo che, invece di anossici dibattiti sull’etica dell’arte o sulle sue implicate e sfuggenti atmosfere ideologiche, l’occasione della riproposizione del corpus dei lavori della Marina Apollonio possa ri-proporre una diversa e dimenticata alleanza tra il mondo delle botteghe artigiane, siano esse accademiche o no, allo scopo di promuovere con forza nuovi percorsi di creatività interdisciplinare. Ne abbiamo bisogno.

Bibliografia - L. Beghi, E. Xausa, M. Zanforlin, Modelling stereokinetic phenomena by a minimum relative motion assumption: The tilted disk, the ellipsoid and the tilted bar, in “Biological Cybernetics”, 99, 2008, pp. 115–123. - J.E. Cutting, P.M. Vishton, Perceiving layout and knowing distances: The integration, relative potency, and contextual use of different information about depth, in W. Epstein, S. Rogers (a cura di), Handbook of perception and cognition, Vol. 5: Perception of space and motion (pp. 69–117), Academic Press, San Diego, CA, 1995. - M. Kemp, The Science of Art. Yale University Press, 1992. - M. Kubovy, The Psychology of Perspective and Renaissance Art, Cambridge University Press, 1986. - E. Mach, Beobachtungen über monokulare Stereoskopie, in “Sitzungsberichte der Wiener Akademie”, 58, 1868. - E. Mach, Beiträge zur Analyse der Empfindungen, Gustav Fischer, Jena 1886. Traduzione inglese: Contributions to the analysis of the sensations (C.M. Williams, trad.), The Open Court, Chicago 1897. - C.L. Musatti, Sui fenomeni stereocinetici, in “Archivio Italiano di Psicologia”, 3, 1924, pp. 105-120. - C.L. Musatti, On stereokinetic phenomena and their interpretation, in G.B. Flores D’Arcais (a cura di), Studies in Perception. Festschrift for Fabio Metelli (pp. 166-189), Martello-Giunti, Milano-Firenze 1975. - S. Ullman, The interpretation of visual motion, MIT Press, Cambridge, MA, 1979. - S. Ullman, Maximizing rigidity: The incremental recovery of 3-D structure from rigid and nonrigid motion, in “Perception”, 13, 1984, pp. 255-274. - G. Vallortigara, P. Bressan, M. Bertamini, Perceptual alternations in stereokinesis, in “Perception”, 17, 1988, pp. 31-34. - M. Zanforlin, The height of a stereokinetic cone: A quantitative determination of a 3-D effect from a 2-D moving pattern without a “rigidity assumption”, in “Psychological Research”, 50, 1988, pp. 162-172.

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The exactness of stereokinetic space Ugo Savardi

Chair of General Psychology Chair of Psychology of Art and Creative Processes Università di Verona

Toni Costa, Getulio Alviani, Marina Apollonio, Ennio Chiggio, mostra personale alla Galleria 1+1, Padova, 1966 Toni Costa, Getulio Alviani, Marina Apollonio, Ennio Chiggio, solo exhibition, Galleria 1+1, Padua, 1966

This essay intends to contribute towards a widening of the context of Marina Apollonio’s research on visual phenomena, introducing elements from the cognitive sciences and in particular the experimental phenomenology of perception, at the same time providing indications for the direction that further reflections and insights might take. Sometimes, when people think, read or write about art, they find themselves wandering along evocative pathways where linguistic ornaments and rhetorical suggestions are often deliberately sought. It almost seems as if they want to create a copy of the artwork, a copy which is equally artistic and creative and in some ways in competition with the original. And often, the result of this is a cloud of incense that hides the real artistic creation from view even though it is there before our eyes and within reach (and it is this real artistic creation that they were supposed to be speaking about). But it is not Eleusinian and Orphic mystique that we usually refer to and discuss when we talk about Pythagoras, who we acknowledge revealed to us the very essence of the accuracy of the world by means of the numbers that govern it. And the same applies when we speak of Euclid, to whom we recognize all due merit for having geometrized the world and for being the first to show us, in the Optics, the perfections of human perceptual deviations from the axiomatic geometry contained in the Elements. And this is also what A.G. Baumgarten achieved when in 1750 he coined the word “aesthetics” in an effort to separate the factual world of experiences from a world created solely by the grace of language. He brought art within the boundaries of knowledge of the senses, providing us with a hint at the method that the Psychology of Art would make its own and which would later characterize the whole system pertaining to the Experimental Phenomenology of Perception (EPhP). Non less consistently attentive of (and indeed even committed to) a gnoseological search for the phenomena governed by perceived light, space and time was, in the last century, post Renaissance, a new generation of visual scientists who satisfied their creativity in artistic research. There were those known as the Groups and those who worked alone, but all of them contributed in different ways to the School of the Art named Gestaltic (G.C. Argan), Exact (G. Alviani), Programmed (Munari), Optic and Kinetic (hereinafter: GEPOK). This was the context which Marina Apollonio grew up in and to which she contributed. These visual researchers were born into a world which was parallel to the Gestaltic world that psychologists (after establishing an experimental approach to the human mind) were studying in laboratories, finding facts and formulating theories on the basis of accurate, statistically controlled and mathematically formalized research, using human subjects or animals (while the GEPOK visual artists expressed themselves in works of art and Manifestos). Both worlds share a necessity for a principle of minimum according to which the simplest possible set of arguments and variables in competition with each other is to be followed, if it guarantees the same results. It is not a request concerning aesthetics: it is part of a strict compliance with the principle of parsimony that all those who seek knowledge must respect. The study of perceptual experiences is no less complex than the study of quantum physics and reasons must be given for how the whole psychophysical chain contributes to the creation of a conscious experience. A good manual of Psychology of Perception provides sufficient examples of how the perception of light, space and time is due to relationships between measurable, computable variables. But these scientists, who grew up in the world of art galleries and museums around the world, gave examples and made discoveries that are not to be discounted. The connecting point is here: in the object, the phenomenon and the experiment. And, out of respect for the dignity of the scientist and/or the artist, there is no room here for exercises in rhetoric or in aesthetic expressionism as if only opinions were invited to the feast. It will not be possible to cover all aspects of this subject in this paper since a study of the work of Marina Apollonio should be part of a research project in which a virtual matrix of contingency between the products of perceptual research conducted in the laboratories of EPhP and those of GEPOK artistic research would provide a systematic comparison of the variables which are manipulated and the results which are obtained. The following lines may help. If the desired epistemic relocation of an experimental artefact (realised either in the field of GEPOK artistic research or in EPhP laboratories) was taken over by a group of people who are committed to the enhancement of knowledge, then the history of GEPOK art (that some historians consider to have already ended) would be revived and they would find that the rich matrix of variables that is being investigated has yet to be completed. And there may also be some surprises that the scientific community should take into account.

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Let us consider one of Marina Apollonio’s most renowned areas of research: stereokinetic motion. The aim is to understand the variables that govern perception in a three-dimensional space, and how they interact with respect to a figure drawn on a moving surface. It is certainly one of the most significant topics in the field of perceptual research due to the number of implications that regulate the human experience of interaction with the world. Among the many issues involved in the study of stereokinetic motion, there is one issue in particular which makes this study so relevant: the fact that in the tradition of research on the perception of space, much of the attention has focused on the indexes of depth in the absence of movement — as occurs in studies on perspective and, in general, on pictorial space (Kemp, 1992; Kubovy, 1986; etc.). A summary of these experimental works can be found in Cutting e Vishton (1995) (fig. 1). Of course, none of the authors who produced this research were unaware that J.J. Gibson, when describing a theoretical paradigm that goes by the name of the Ecological Approach to Visual Perception in three different and well-argued books (published in 1950, 1968 and 1979), asserted that it is not possible to eliminate motion from the equation, if we want to develop a consistent and correct theory which regards perceptual experiences of the world (fig. 2). However, maybe even Gibson himself did not know that, on the subject of the importance of motion, Vittorio Benussi (who was a pupil of Meinong and who in 1919 moved to the University of Padua where in 1922 he was awarded the Chair of Experimental Psychology) had conducted his first studies of stereokinetic motion from 1922 to 1927. This area was also systematically researched by Cesare Musatti in 1924. It is true that in 1868 and 1886 Mach had already focused his attention on the depth obtained by images rotating on a flat surface. But in fact it was the researchers from Padua who in the years following Mach went on to carry out more in depth research in order to formalize the variables that contribute to the production of a stereokinetic experience (fig. 3, fig. 4, fig. 5).

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This, in a nutshell, is the context in which the research of Marina Apollonio took shape, in a world which was parallel to that of the Gestalt scholars. The artist was in fact born in Trieste, where Gaetano Kanizsa, a pupil of Cesare Musatti, founded the Institute of Experimental Psychology. Before devoting himself to psychology, Musatti had studied mathematics and this early education not only led to his interest in stereokinetic phenomena, but also meant that he was the first to use vector analyses in this context. The use of vector analysis was subsequently developed by G. Johannson (in 1950 and later on) for the study of biological motion. We should now consider the potential problems that a researcher faces when studying spacetime-motion (STM) in terms of human cognition and stereokinetic time-motion. The relationship between space, time and motion allowed Galileo to study and discover the isochronism of the pendulum and from classical mechanics to a theory of special relativity is not that big a step. But the most important gnoseological leap was realizing that the formulation of STM in physics could not stand up to the evidence of human experience. Nobody sees the sun moving or the hour hand of a clock moving unless differential thresholds that are not those of physical time are involved. And this creates a problem for the independence of phenomenal laws with respect to the laws of physics. This is where research in the fields of GEPOK and EPhP comes in: by manipulating those independent variables (shape, size, concentricity, eccentricity, rate of rotation, the thickness of brushstrokes, colour etc.) that shift the laws governing phenomena from the discipline of physics to that of phenomenal perception. This is a borderline area where physical descriptions speak about flat surfaces and phenomenal descriptions refer instead to solid surfaces; where, in contrast to the equality of the physical characteristics applying to two chromatic surfaces, differences on a phenomenal level are observed; where two separate immobile light bulbs in a dark space light up alternatively and as a result movement is perceived. This is how an autonomous iuxta propria principia field of research is established; a field of research with the same scientific value (just as a treatise on the Philosophy of Science would define it) as that of physics: the field of visual perception, which involves a manipulation of perceptual facts that are phenomenally traceable and can be formalized. This is not a question of studying illusions that exist due to some deception of the senses or that exist only in the imagination and are therefore not real. This is instead a matter of studying perceptual images that are so because there is no deception or error in the senses, only an obligation to and respect for the contingencies of the world that they are made up of. It is in this context and within this awareness that phenomenal ontologies are independent from those of physics (despite the fact that they use the same statistical, topological and geometrical


tools to describe and explain phenomena) that GEPOK and EPhP conduct their studies. And their paths often cross as in the case of Manfredo Massironi, for example, who worked with the GEPOK groups but then continued and completed his academic research without abandoning the methodological requirements that he had shared in Padua with Marina Apollonio. There are many examples, which might be listed in order to demonstrate the importance of the phenomenal study of motion: from the discovery of induced motion made by Dunker in 1929 and obtained by rotating the Archimedean spiral to the research on induced motion led by Oppenheimer in 1934. And the list of significant and beautiful phenomena which have been discovered might continue. The phenomenon studied by Marina Apollonio is certainly one of the richest and most intriguing. There are many possible explanations for and formulations relating to stereokinetic phenomena that in recent years have been strictly tested from an empirical point of view. Among these is (briefly) the most recent formulation proposed by Mario Zanforlin, a psychologist of perception, who (following on from Benussi and Musatti) studied the phenomenon extremely systematically. Working with some mathematicians in the Department of Pure and Applied Mathematics at the University of Padua, he came up with a consistent formal proposal. He produced a mathematical model for describing the perceptual outcome, which emerges when a simple, flat, elliptical figure is placed on a flat black disc, which rotates around its centre on a pivot, which is orthogonal to the disc itself fig. 6). After a few moments (about 80 seconds), during which it is possible to see the white plate moving in an elastic manner, a solid circle appears which moves at a stable angle around the rotation axis of the disc. Then the circle becomes three-dimensional and begins to appear like an egg rotating around the axis. This simplified version of Marina Apollonio’s most complex images allows researchers to control the mathematical variables involved. To explain this phenomenon, Musatti (1924, 1955) speculated that the perceptual system tended to equalize over time (or over subsequent images) all the relative distances relating to the corresponding points of the pattern. Since an object that maintains the relative distances between all its points unaltered over time is by definition a rigid object, Musatti’s hypothesis corresponds to an assumption that the perceptual system imposes a constraint of rigidity to the processing of the retinal image. This hypothesis was revived in a more explicitly mathematical form by various authors (Ulman, 1979, 1984; Hildreth, 1990). But Zanforlin (1988), Zanforlin and Vallortigara (1988) and Beghi et al. (1991 a, b), demonstrated that the suggestion that the object takes on an appearance of rigidity is not sufficient to explain either the apparent extent of certain stereokinetic phenomena or the three-dimensionality of other phenomena. They proposed an alternative hypothesis based on a process of minimizing differences in speed between all the points on a moving twodimensional pattern. There was then a further formulation which was more accurate than the previous one. It was based on information obtained in subsequent experiments with various different rotating geometric elements (e.g. lines) and this completed the minimum principle formulated by Zanforlin as follows: the visual system transforms the relative speeds at the points of the stimulus giving them the added speed component of the axis which is orthogonal to the plane at the forefront; this minimizes the differences between the length of the speed vectors resulting from this deep dislocation. We do not aim to give a full demonstration of this mathematical model. We will merely point out that even if this model follows formal mathematical principles, it is still not enough to explain the entire class of variables pertaining to the patterns built by Marina Apollonio – which would deserve a systematical analysis. There is still a further final (but important) step which needs to be discussed. It has been hinted at throughout this paper, but now we must speak clearly and without ambiguity: there is no difference between the creative efforts produced in the laboratory of Marina Apollonio and that produced in the laboratories of psychology of perception. Recognition is due entirely, as the history of experimental phenomenology in the academic world has shown, to those who have given us facts and results after working often only with paper, pencils, inks, rulers and compasses, with perseverance and using their instincts to manipulate unsatisfactory evidence while looking for the best and most meaningful perceptual effects. Afterwards came theories, mathematical formulas and models. It is the explanans which determines the direction that theories (formulated either before or after) will take.

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The main aim of this essay was to provide at least an indication, however approximate, of how the path which Marina Apollonio has followed can be justifiably integrated into that area of artistic research which has often been defined by the relationship between art and science. It would be too complex in this context to even briefly mention the debate arising from the thesis formulated by Hockney and Falco which regards exactly this issue related to the geometry of space and which involves art critics and historians. Instead of anoxic debates on the ethics of art or its implied and elusively ideological atmosphere, we believe that this opportunity to display once again the work of Marina Apollonio will revive and make stronger the forgotten alliance between the worlds of different groups of artisans (academic or otherwise) in order to encourage new, interdisciplinary paths of creativity. They are needed.

Bibliography - Beghi, L., Xausa, E., & Zanforlin, M. (2008). “Modelling stereokinetic phenomena by a minimum relative motion assumption: The tilted disk, the ellipsoid and the tilted bar”. Biological Cybernetics, 99, 115–123. - Cutting, J.E., & Vishton, P.M. (1995). Perceiving layout and knowing distances: The integration, relative potency, and contextual use of different information about depth. W. Epstein & S. Rogers (Eds.), Handbook of perception and cognition, Vol. 5: Perception of space and motion (pp. 69–117). San Diego, CA: Academic Press. - Kemp, M. (1992). The Science of Art. Yale University Press. - Kubovy, M. (1986). The Psychology of Perspective and Renaissance Art. Cambridge University Press. - Mach, E. (1868). “Beobachtungen über monokulare Stereoskopie”. Sitzungsberichte der Wiener Akademie, 58. - Mach, E. (1886). Beiträge zur Analyse der Empfindungen. Jena: Gustav Fischer. English translation: Contributions to the analysis of the sensations (C. M. Williams, Trans.), 1897. Chicago: The Open Court. - Musatti, C. L. (1924). “Sui fenomeni stereocinetici”. Archivio Italiano di Psicologia, 3, 105–120. - Musatti, C. L. (1975). “On stereokinetic phenomena and their interpretation”. In G.B. Flores D’Arcais (Ed.), Studies in Perception. Festschrift for Fabio Metelli (pp. 166–189), Milan-Florence: Martello-Giunti. - Ullman, S. (1979). The interpretation of visual motion. Cambridge, MA: MIT Press. - Ullman, S. (1984). “Maximizing rigidity: The incremental recovery of 3-D structure from rigid and nonrigid motion”. Perception, 13, 255–274. - Vallortigara, G., Bressan, P., & Bertamini, M. (1988). “Perceptual alternations in stereokinesis”. Perception, 17, 31–34. - Zanforlin, M. (1988). “The height of a stereokinetic cone: A quantitative determination of a 3-D effect from a 2-D moving pattern without a ‘rigidity assumption’”. Psychological Research, 50, 162–172.

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OPERE WORKS


OPERE SU CARTA WORKS ON PAPER




Senza titolo, 1963, acrilico su carta, 21 x 21 cm

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Senza titolo, 1963, acrilico su carta, 21 x 21 cm


Senza titolo, 1963, acrilico su carta, 25 x 25 cm

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Struttura Grafica, 1964, china su carta, 48 x 66 cm


Struttura Grafica NBPR 3-2, 1964, china su carta, 48 x 66 cm

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Struttura Grafica NP+4SP, 1964, china su carta, 48 x 66 cm


Struttura Grafica NBM2, 1964, china su carta, 48 x 66 cm

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Struttura Grafica, 1964, china su carta, 66 x 48 cm


Struttura Grafica, 1964, china su carta, 66 x 48 cm

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Dinamica Circolare 5I, 1964, china su carta su alluminio, 70 x 70 cm


Dinamica Circolare 5E, 1964, china su carta su alluminio, 70 x 70 cm

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Dinamica Circolare 5L, 1965, china su carta su alluminio, 70 x 70 cm


Dinamica Circolare 5G, 1965, china su carta su alluminio, 70 x 70 cm

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Dinamica Circolare 5CN, 1965, china su carta, 70 x 70 cm


Dinamica Circolare 5CP, 1965, china su carta, 70 x 70 cm

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OPERE IN ACCIAIO E ALLUMINIO WORKS IN STEEL AND ALUMINIUM



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Rilievo in Alluminio + Rosso Fluorescente n° 401, 1964, 50 x 50 x 5 cm


Rilievo in Alluminio + Rosso Fluorescente n° 402, 1964, 50 x 50 x 5 cm

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Rilievo 703, 1964-1970, alluminio + rosso fluorescente, 50 x 50 x 5 cm




Struttura 506, 1964-1965, alluminio e carta fluorescente su tavola, 66 x 66 x 20 cm

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Struttura 507, 1964-1965, alluminio e carta fluorescente su tavola, 66 x 66 x 20 cm


Struttura ad Anelli 6X3, 1966, alluminio + rosso fluorescente, 30 x 20 x12 cm pp. 60-61 Struttura ad Anelli Alternati, 1966, alluminio + rosso fluorescente, 80 x 20 cm Struttura in Acciaio 6X6, 1969, acciaio + rosso fluorescente, 185 x 60 x 48 cm

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Struttura in Acciaio 6X6, 1969, acciaio, 185 x 60 x 48 cm


Spirale ad Anelli, 1967, alluminio + rosso fluorescente, 160 x 50 cm

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Spirale in Alluminio 803, 1968, alluminio, 30 x 19 cm


Spirale ad Anelli in Alluminio + rosso fluorescente, 1968, alluminio, 30 x 19 cm

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DINAMICHE CIRCOLARI “Dinamica Circolare” è una ricerca tra le più importanti di Marina Apollonio, è la sintesi semplice di uno studio complesso. Punto di partenza è il cerchio su cui l’artista imprime un tessuto di linee bianche e nere, matematicamente calcolate, al fine di creare uno spazio programmato capace di attivare virtualmente una percezione di fenomeni di restrizione ed espansione della forma. Tali cerchi, montati su perni che ne permettono il movimento, se stimolati in modo manuale o meccanico possono girare a diverse velocità così da amplificare gli effetti ottici insiti nella forma stessa e creare sensazioni di concavità e convessità. Curioso è il cambiamento di risultato a seconda della direzione in cui viene ruotata l’opera; in ogni caso la forma non si altera realmente, perciò, è preziosa la presenza del fruitore perché solo il rapporto con esso conferisce a questi lavori il loro significato più intimo. Il movimento determina il continuo divenire dell’opera e lo spettatore, attivando le proprie percezioni mentali, ne coglie le variazioni creando una personale visione spaziotemporale-virtuale. Con Dinamica Circolare Marina Apollonio riesce a costruire un’espressione unica, ottenendo il massimo risultato nel modo più economico possibile, poiché indaga sulle capacità di espressione di forme geometriche elementari. “Dinamica Circolare” is one of the most important research of Marina Apollonio, the simple synthesis of a complex study. The starting point is a circle, on which the artist imprints a twist of white and black lines, mathematically calculated, in order to create a programmed space capable of virtually activating the perception of shape restriction and expansion phenomena. These circles, mounted on pivots that enable them to be moved, if stimulated in a manual or mechanical way can turn at different speeds so as to amplify the optical effects of any shape and create feelings of concavity and convexity. The change in the outcome is curious and depends on the direction towards which the work is rotated; in any case, the shape does not really alter — and this is the reason why the presence of the viewer is valuable, because only the relation with him gives these works their more intimate meaning. The motion determines the continuous becoming of the work and the spectator; by activating his mental perceptions, he grasps the variations creating a personal spatio-temporal-virtual vision. With Dinamica Circolare Marina Apollonio manages to build a unique expression, obtaining the best result in the most effective way, because it investigates the capacity for expression of elementary geometric figures. bianca maria menichini




Dinamica Circolare 4B I, 1964, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm

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Dinamica Circolare 4B, 1964, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm (opera in movimento)


Dinamica Circolare 4B Degradante, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare Doppio B 8°, 1965-1995, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare Doppio B,1965-2010, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

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Dinamica Circolare 9PN, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare 9DN, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 9D, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare 9BN, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 9M, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare 9BN2, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 9BN, 1968-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

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Dinamica Circolare Nastro 3, 1967, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare Nastro, 1967, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare Nastro, 1968-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm


Dinamica Circolare 9C, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare Spirale 360, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare Spirale B, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare Spirale Due Giri, 1968-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm


Dinamica Circolare Spirale 28, 1964-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

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Dinamica Circolare 5H, 1965-1967, smalto su legno, meccanismo rotante, 30 x 30 cm, Ø 20 cm


Dinamica Circolare 5H, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm

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Dinamica Circolare 5H, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 5HN, 1965-1972, smalto su alluminio, meccanismo rotante, 104 x 104 cm, Ø 84 cm

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Dinamica Circolare 6K, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm

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Dinamica Circolare 6K, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 6K, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare 6KN, 1966-1969, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 7KR, 1967, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

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Dinamica Circolare 6R, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 6R, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm

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Dinamica Circolare 6R Asimmetrico, 1967, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm


Dinamica Circolare 6R, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

103


104

Dinamica Circolare 6RH, 1965-1966, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 6RR2, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

105


106

Dinamica Circolare 6RR3, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 6RR, 1967-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

107


108


Dinamica Circolare 6Z NN, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

109


110

Dinamica Circolare 6Z, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm


Dinamica Circolare 6Z, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm (opera in movimento)

111


112

Dinamica Circolare 6Z Degradante, 1969, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 6Z, 1966-1972, smalto su alluminio, meccanismo rotante, 104 x 104 cm, Ø 84 cm

113


114

Dinamica Circolare 6Z+H, 1968-2010, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm


Dinamica Circolare 6Z Asimmetrico, 2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

115



Dinamica Circolare 6S, 1966-1967, smalto su legno, meccanismo rotante, 30 x 30 cm, Ø 20 cm

117


118

Dinamica Circolare 6S 15 Righe, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 6S, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm

119


120

Dinamica Circolare 6S 35 Righe, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm


Dinamica Circolare 6S, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

121


122

Dinamica Circolare 6S II, 1966-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm


Dinamica Circolare 6S 26 Righe, 1966-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm

123


124

Dinamica Circolare 6S+S, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 6S+S 22 Righe, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

125


126

Dinamica Circolare 6S+S, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, 84 x 84 cm, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 6S+S, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm

127


128

Dinamica Circolare 6S+S, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm


Dinamica Circolare 6S+S II, 1966, tecnica mista su tavola, meccanismo rotante motorizzato, Ø 102 cm

129


130

Dinamica Circolare S+S+S, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 6S+S+S, 1969, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm

131


132

Dinamica Circolare 4S, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 4S, 1968, smalto su legno, meccanismo rotante, cm 86 x 86, Ø 66 cm

133


134

Dinamica Circolare 4S, 1968, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm


Dinamica Circolare 6B, 1966, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 64 cm

135


136

Dinamica Circolare 6B, 1967, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 100 cm


Dinamica Circolare 6B Ruotato, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

137


138

Dinamica Circolare 9B, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40


Dinamica Circolare 6B, 1966-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

139


140

Dinamica Circolare 6B Ruotato, 1967-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66cm


Dinamica Circolare 6B Ruotato 4, 1967-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66cm

141


142

Dinamica Circolare S+S Invariato, 1967, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare Cratere II, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

143


144

Dinamica Circolare Cratere N, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare Cratere P, 1968, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

145


146

Dinamica Circolare 3S II, 1965-2010, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66cm


Dinamica Circolare Cratere P, 1968-2012, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

147



Dinamica Circolare 8M, 1966, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm

149


150

Dinamica Circolare 5F, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante, Ø 64 cm


Dinamica Circolare 5F, 1965, smalto su legno, meccanismo rotante motorizzato, 100 x 100 cm, Ø 80 cm

151


152

Dinamica Circolare 5F, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 5F, 1965-2011, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

153


154

Dinamica Circolare 9A, 1969, nitro su perspex, meccanismo rotante, 50 x 50 cm, Ø 40 cm


Dinamica Circolare 9A, 1969, smalto su legno, meccanismo rotante, 86 x 86 cm, Ø 66 cm

155


DINAMICHE CIRCOLARI SU TELA DINAMICHE CIRCOLARI ON CANVAS


Dinamica Circolare 6SB, 1964-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

157


158

Dinamica Circolare 5D, 1965-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Dinamica Circolare 5DD, 1965-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

159


160

Dinamica Circolare 7.1, 1971, acrilico su tela, 45 x 45 cm


Dinamica Circolare 7.2, 1971, acrilico su tela, 45 x 45 cm

161


GRADAZIONI – ESPANSIONI CROMATICHE Durante gli anni sessanta Marina Apollonio dà vita alle opere che chiamerà Gradazioni. L’artista dipinge, su tela o masonite, corone circolari concentriche ed equidistanti, colorandole secondo una programmazione schematica ben precisa derivante dall’analisi complessa effettuata sulle diverse gradazioni di colore. L’occhio umano, attraverso un procedimento di fusione delle tinte che avviene nella retina, percepisce due toni adiacenti in modo diverso da come sono realmente, perciò tale alterazione contribuisce a creare fenomeni di attivazione virtuale degli elementi di base. Se guardate per qualche istante, le opere non appaiono più statiche, ma iniziano a vibrare innescando fenomeni di tridimensionalità. During the sixties Marina Apollonio created the works that she would call Gradazioni. The artist painted, both on canvas or masonite, concentric and equidistant circles, colouring them according to a very precise schedule programme deriving from the complex analysis performed on the various gradations of colours. The human eye, through a process of fusion of the tints that occurs in the retina, perceives two adjacent tones in a different way from how they are actually, therefore this alteration contributes to create phenomena of virtual activation of base elements. If you look at the works for a few moments, they do not appear static, but they begin to vibrate, triggering three-dimensional phenomena. bianca maria menichini



164

Gradazione Verde+Blu P, 1965-1966, acrilico su masonite, 130 x 130 cm


Gradazione Verde+Blu N, 1966, acrilico su masonite, 130 x 130 cm

165


166

Verde+Blu 8P, 1966-1971, acrilico su masonite, 60 x 60 cm


Gradazione 16N, 1966, acrilico su legno, 70 x 70 cm

167



Blu+Blu, 1969, acrilico su masonite, 40 x 40 cm

169


170

Forma Colore 13N, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Forma Colore 13P, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

171


172

Forma Colore 14N,1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Forma Colore 14P, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

173


174

Forma Colore Gradazione 20N Blu Bianco su Rosso, 1972, acrilico su tela, 95 x 95 cm


Forma Colore Gradazione 20P Blu Bianco su Rosso, 1972, acrilico su tela, 95 x 95 cm

175


176

Gradazione 15N Rosso Giallo su Blu, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Gradazione 15P Rosso Giallo su Blu, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

177


178

Gradazione 15N Giallo + Rosso, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Gradazione 15P Giallo + Rosso, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

179


180

N.27 Gradazione 8+8, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


N.35 Gradazione 15N, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

181


182

N.42 Gradazione 15N Nero Bianco su Nero, 1966-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


N.43 Gradazione 15P Nero Bianco su Nero,1966-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

183


184

N.44 Gradazione 8+8P Nero Bianco su Nero, 1966-1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Gradazione 15N Saturante, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm

185


186

Gradazione 15P Saturante, 1972, acrilico su tela, 70 x 70 cm


Gradazione 21N, 1972, acrilico su tela, 100 x 100 cm

187


188

Interazione Cromatica 1H, 1973, acrilico su tela su tavola, 20 x 20 cm


Espansione Cromatica 1H, 1973, acrilico su tela su tavola, 20 x 20 cm

189


190

Espansione Cromatica Rosa – Giallo, 1973, acrilico su tela su tavola, 20 x 20 cm


Espansione Cromatica RA, 1973, acrilico su tela su tavola, 20 x 20 cm

191


192

Espansione Cromatica in Azzurro, 1975, acrilico su tela su tavola, 15 x 15 cm


Senza titolo, 1975, acrilico su tela su tavola, 20 x 20 cm

193


RILIEVI CIRCOLARI A DIFFUSIONE CROMATICA Nei primi anni settanta Marina Apollonio realizza i suoi Rilievi Circolari a Diffusione Cromatica, un ciclo di opere dall’aspetto essenziale. La costruzione di questi lavori, raffinati ed elegantissimi, è studiata in modo da creare un’interferenza tra la forma perfetta disegnata sul materiale plastico e il gioco ottico generato dai colori dipinti in modo alternato, sui bordi dei solchi incisi. L’incidenza della luce e la mutevolezza dell’angolo di visuale che si crea spostandosi da destra verso sinistra permettono di cogliere il colore e di percepire frontalmente un alone, la cosiddetta diffusione cromatica, che sembra emanare dal cerchio dipinto. La realizzazione di queste opere è tutt’altro che semplice: ogni parte della circonferenza disegnata dista da quella scavata la misura di un rapporto matematico calcolato in modo da innescare una perfetta relazione bivalente tra l’elemento fisso e quello variabile. Marina Apollonio predilige per i Rilievi Circolari a Diffusione Cromatica l’alternanza di colori opposti come il bianco e il nero o quella di tinte fluorescenti, incastrando il cerchio di base con una o più circonferenze incise. In the early seventies, Marina Apollonio realized her Rilievi Circolari a Diffusione Cromatica, a cycle of works characterised by their essential aspect. The construction of these works, refined and very elegant, is designed in such a way as to create an interference between the perfect shape drawn on the plastic material and the optical game generated by the colours painted in an alternating fashion, on the edges of the engraved grooves. The incidence of light and the variability of the view angle created by moving from right to left allow you to seize the colour and to frontally perceive a halo, the so-called chromatic diffusion, which seems to emanate from the painted circle. The creation of these works is anything but easy: every part of the circle drawn is far from the digged one of the measure of a mathematical ratio calculated in such a way as to trigger a perfect bilateral relationship between the fixed and the variable element. For Rilievi Circolari a Diffusione Cromatica Marina Apollonio preferred the alternation of opposite colours, as black and white, or fluorescent dyes, inserting the base circle with one or more circles engraved. bianca maria menichini



196

Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica, 1971-1972, plastica incisa su masonite, 70 x 70 cm


Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica, 1972, plastica incisa su masonite, 70 x 70 cm

197



Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica 029, 1973, plastica incisa su masonite, 96 x 96 cm

199


200

Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica n.21, 1973, plastica incisa su masonite, 70 x 70 cm


Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica n.22, 1973, plastica incisa su masonite, 70 x 70 cm

201



Rilievo Circolare a Diffusione Cromatica, 1979, plastica incisa su masonite, 60 x 60 cm

203


DINAMICHE ELLITTICHE




Dinamica Ellittica, 1967-2011, smalto su legno, 180 x 70 cm

207


208

Dinamiche Ellittiche X Y Z, 1967-2011, smalto su legno, 80 x 31 cm ciascuna


Dinamica Ellittica, 1967-2011, smalto su legno, 120 x 46,5 cm

209



FRANCOFORTE Spazio ad Attivazione Cinetica nella rotonda della Schirn Kunsthalle di Francoforte Il pavimento della rotonda è costituito da un disco del diametro di 10 metri. Questa unità circolare ad attivazione interna è ottenuta con pattern bianchi e neri: a strutture curvilinee transassiali, a cerchi concentrici ed eccentrici, ad archi di cerchio e loro organizzazione e trasformazione; proporzionalmente e inversamente graduali. La tessitura grafica ha in sé gli elementi per creare una percezione spaziale “attrattivo-espansiva” e “fluido-elastica”. Il mega-disco è azionato meccanicamente e ruotando crea effetti disequilibranti permettendo al fruitore di cogliere il comportamento dinamico dello spazio all’interno del cerchio. La rotazione accresce gli aspetti fenomenici e, a seconda della velocità, si hanno effetti di allontanamento e avvicinamento delle masse lineari, di concavità e convessità virtuali e sensazioni di fluidità pulsanti. La possibilità di osservare il disco dall’alto implica un ulteriore effetto di massa fluida che sprofonda e si innalza. Marina Apollonio Op Art, Schirn Kunsthalle, Francoforte, 2007 Kinetically Activated Space in the rotunda of the Schirn Kunsthalle in Frankfurt The rotunda pavement is made up of a disc 10 metres in diameter. This internally activated cicular unit is obtained by way of black and white patterns: with transaxial curvilinear structures, concentric and eccentric circles, and with the arcs of circles and their organisation and transformation; proportionally and inversely gradual. The graphic weave has within itself the elements to create an “attractive-expansive” and “fluid-elastic” spatial perception. The mega-disc is activated mechanically, and when rotated it creates imbalance effects which allow the viewer to perceive the dynamic behaviour of the space inside the circle. The rotational movement augments the phenomenic aspects and, depending on speed, the linear masses, concavities, virtual convexities so that sensations of pulsating fluidity either move closer or farther away. Observing the disc from above implies a further effect of fluid mass as it sinks and rises. Marina Apollonio Op Art, Schirn Kunsthalle, Frankfurt, 2007

Marina Apollonio, Davide Boriani, Francoforte, 2007


212

Spazio ad Attivazione Cinetica, 1967-1971-2007, installazione, Schirn Kunsthalle, Francoforte, 2007


Spazio ad Attivazione Cinetica, 1967-1971-2007, installazione, Schirn Kunsthalle, Francoforte, 2007 pp. 214-215 Spazio ad Attivazione Cinetica, 1967-1971, progetto

213





APPARATI APPENDIX


Nota biografica

1940

1948

1959

1962 1963 1964

1965

1966

1967

Marina Apollonio, Ennio Chiggio, 1966

1968

1969

1975

1977

1979 218

Nasce a Trieste il 12 novembre. Figlia del teorico e critico d’arte Umbro Apollonio e di Fabiola Zannini, cresce in un ambiente artistico stimolante. Si trasferisce con la famiglia a Venezia quando il padre viene chiamato a dirigere l’archivio storico della Biennale. Dopo aver concluso gli studi superiori, frequenta i corsi di pittura del professor Giuseppe Santomaso all’Accademia di Belle Arti a Venezia. Si dedica alla progettazione di industrial e graphic design e a soluzioni di architettura per interni. Inizia la sua ricerca sulla percezione e la comunicazione visiva. Si reca a Parigi, dove lavora come progettista presso un importante studio di architettura. Torna in Italia e realizza i suoi primi Rilievi metallici a sequenze cromatiche alternate e le prime Dinamiche Circolari. Condivide con altri esponenti dell’Optical Art il desiderio di un’arte depersonalizzata, in opposizione al concetto di astrazione espressiva. Utilizza materiali industriali moderni, per creare strutture calcolate che nella visione dello spettatore si trasformano in spazi dinamici e fluttuanti. In questo periodo conosce Getulio Alviani, grazie al cui incoraggiamento decide di presentare al pubblico le sue opere. Esordisce alla collettiva organizzata presso il Centro d’Arte Il Chiodo a Palermo, vincendo il primo premio. Aderisce al movimento internazionale Nuova Tendenza e partecipa alla rassegna Nova Tendencija 3 presso la Galerija Suvremene Umjetnosti a Zagabria. È tra i protagonisti dell’importante mostra Aktuel ’65 alla Galerie Aktuel di Berna e, insieme a Getulio Alviani e Paolo Scheggi, dell’esposizione Œuvres Plastiques et Appliquées alla Galerie Smith di Bruxelles. Allestisce la sua prima personale presso il Centro Arte Viva Feltrinelli a Trieste e partecipa alla rassegna Op-Pop alla Galerie D di Francoforte. Tiene la personale La nuova tendenza alla Galleria il Cenobio di Milano. Negli anni che seguono partecipa a numerose mostre collettive nazionali e internazionali. Presenta i suoi lavori alla collettiva Public Eye, presso la Kunsthaus di Amburgo. Serializza dischi di animazione elettromeccanica intitolati Dinamica Circolare per un’edizione di multipli realizzata dal Centro Duchamp di San Lazzaro a Bologna. Queste immagini di precisione geometrica si attivano al contatto con la vista dello spettatore, che percepisce il quadro non più come superficie, bensì come una realtà a più dimensioni. A partire da quest’anno partecipa a diverse edizioni della biennale di grafica di Cracovia. L’artista, finora vissuta al Lido di Venezia, si trasferisce a Padova, dove vive tuttora. Espone alle rassegne Nova Tendencija 4, al Muzej za umjetnost i obrt di Zagabria e El arte cinético y sus orígenes, presso l’Ateneo de Caracas. Realizza opere basate sul rapporto ortogonale di linee parallele colorate, verticali e orizzontali su fondo nero. Le viene commissionata un’opera in miniatura per il Museum of Drawers di Herbert Distel, una raccolta di cinquecento opere realizzate da alcuni artisti ben conosciuti, come Picasso, e altri meno conosciuti. Espone alla personale dedicatale alla Galleria arte struktura di Milano.

1981 1983

2005

2007

2008

2010

2012

2013

2014

Inizia a dedicarsi alla tessitura, esponendo i suoi lavori al Laboratorio Artivisive di Foggia. Presenta le sue opere tessili a Morbide & Trame, presso la Civica Galleria d’Arte Contemporanea di Foggia, e alla mostra Testi Tessili, presso la libreria Il Monte Analogo di Roma. Espone alla mostra L’ŒIL MOTEUR: Art optique et cinétique, 1950-1975, al Musée d’Art moderne et contemporain di Strasburgo, e alla Praguebiennale2, al Karlin Hall di Praga. La Schirn Kunsthalle di Frankfurt le commissiona l’opera Spazio ad Attivazione Cinetica 1967-1971/2007, un disco rotante di dieci metri, collocato nella rotonda del museo per la mostra internazionale Op Art, dove espone al fianco dei maggiori esponenti dell’Optical Art tra cui Victor Vasarely, Bridget Riley, François Morellet, Julio Le Parc, Gianni Colombo. Partecipa ai maggiori eventi internazionali di Optical Art: la mostra Optic Nerve. Perceptual Art of the 1960s, al Columbus Museum of Arts e Bit International [Nove] tendencije - Computer und visuelle Forschung. Zagreb 1961-1973, alla Neue Galerie di Graz. Partecipa alla collettiva Viaggio in Italia - Arte italiana 1960 al 1990, presso la Neue Galerie Graz am Landesmuseum Joanneum di Graz. Partecipa alle mostre collettive Donne nell’Arte, alla Galleria Cavour di Padova, Dix dans la recherche pour l’œil a partir des années soixante, alla galleria Espace Meyer Zafra a Parigi, Women From 60’s & 70’s, alla Osart Gallery di Milano, e Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, al Museo MAGA di Gallarate. È presente alle due mostre internazionali Arte Programmata e Cinetica, da Munari a Biasi a Colombo e…, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e a Ghosts in The Machine, al New Museum di New York. È presente a una delle mostre più importanti di sempre sull’arte cinetica internazionale, Dynamo, un siècle de lumière et de mouvement dans l’art 1913-2013, al Grand Palais di Parigi. Partecipa alle mostre internazionali Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, al Museo MACBA di Buenos Aires, Percezione e Illusione, Arte programmata e cinetica Italiana, al Museo MACLA di Buenos Aires e a Sculptrices, alla Fondation pour la Sculpture Contemporaine Villa Datris, L’Isle-sur-la-Sorgue in Francia. Espone nelle mostre Le Nuove Tendenze, Rivelazioni di un’Arte Percettiva e Sensoriale, Costruttiva e Interattiva, da 10 A.M. ART di Milano; Turn Me On: European and Latin American Kinetic Art 19481979, Christie’s Mayfair a Londra; Kinetic Art, al Yamanashi Prefectural Museum of Art, Yamanashi, Giappone; Arte Cinetica, al Museo di Santa Giulia a Brescia; Global Exchange: Astrazione Geometrica dal 1950, al MACRO di Roma; Arte Cinetica e Programmata in Italia 1958-1968, al Sompo Japan Museum of Art di Tokyo; Occhio Mobile. Linguaggi dell’Arte Cinetica Italiana anni 50-70, al CeAC Centro de Arte Contemporaneo Las Condes di Santiago del Cile. Marina Apollonio vive e lavora a Padova.


Biographical note

1940

1948

1959

1962 1963 1964

1965

1966

1967

Marina Apollonio, Ivan Picelj, Umbro Apollonio, Galleria del Cavallino, Venezia, 1971 1968

1969

1975

1977

She was born in Trieste on 12 November. Daughter of the theorist and art critic Umbro Apollonio and of Fabiola Zannini, she grew up in a stimulating artistic environment. She moved to Venice with her family when her father was appointed director of the historical archive of the Biennale. After completing her studies, she attended the painting classes of professor Giuseppe Santomaso at the Accademia di Belle Arti in Venice. She dedicated herself to the industrial and graphic design as well as to interior architecture solutions. She began her research on perception and visual communication. She went to Paris, where she worked as a designer at a leading important architecture firm. She came back to Italy and realized her first Rilievi metallici a sequenze cromatiche alternate and her first Dinamiche Circolari. She shared with other exponents of the Optical Art the desire for a de-personalized art, in opposition to the concept of expressive abstraction. She used modern industrial materials to create calculated structures that in the vision of the spectator are transformed into dynamic and billowing spaces. In this period she got to know Getulio Alviani, thanks to whose encouragement she decided to exhibit her works to the public. She made her début with a collective exhibition organized at the art centre Il Chiodo in Palermo, where she won the first prize. She joined the international movement Nuova Tendenza and participated in the show Nova Tendencija 3 at the Galerija Suvremene Umjetnosti in Zagreb. She was one of the protagonists of the important exhibition Aktuel ‘65 at the Galerie Aktuel in Bern and, along with Getulio Alviani and Paolo Scheggi, she held the exhibition Œuvres Plastiques et Appliquées at the Galerie Smith in Brussels. She held her first solo exhibition at the Centro Arte Viva Feltrinelli in Trieste and participated in the exhibition Op-pop at the Galerie D in Frankfurt. She held the solo exhibition La nuova tendenza at the Galleria il Cenobio in Milan. In the following years she participated in numerous group exhibitions both at national and international level. She exhibited her works in the group exhibition Public Eye, at the Kunsthaus in Hamburg. She serialized some electromechanical animation discs entitled Dinamica Circolare for an edition of multiples held at the Centro Duchamp di San Lazzaro in Bologna. These images of geometric precision are activated upon contact with the view of the spectator, who doesn’t feel the picture as a surface but as a multi-dimensional reality. From 1968, she participated in various editions of the Biennale Grafiki Krakow. From the Lido of Venice, where she had been living until then, the artist moved to Padua, where she still lives. She exhibited her works in the exhibitions Nova Tendencija 4 at the Muzej za umjetnost i obrt in Zagreb and El arte cinético y sus orígenes, at the Ateneo in Caracas. She created her works on the basis of the orthogonal relationship among coloured, vertical and horizontal parallel lines on a black background. She was commissioned a miniature work for the Museum of Drawers of Herbert Distel, a collection of five hundred works by some well-known artists, such as Picasso, and others less known.

1979 1981 1983

2005

2007

2008

2010

2012

2013

2014

She held a solo exhibition at the gallery arte struktura in Milan. She began to devote herself to weaving, exhibiting her works at the Laboratorio Artivisive of Foggia. She exhibited her textile works in the Morbide & Trame exhibition, held at the Civica Galleria d’Arte Contemporanea in Foggia, and in Testi Tessili, held at the bookshop Il Monte Analogo in Rome. She exhibited in the L’ŒIL MOTEUR: Art optique et cinétique, 1950-1975, at the Musée d’Art moderne et contemporain in Strasbourg, and in the Praguebiennale2, at the Karlin Hall in Prague. The Schirn Kunsthalle in Frankfurt commissioned her the work Spazio ad Attivazione Cinetica 19671971/2007, a rotating disk of ten meters, located in the rotunda of the museum for the Op Art international exhibition, where she exhibited at the side of the greatest exponents of the Optical Art, among whom Victor Vasarely, Bridget Riley, François Morellet, Julio Le Parc, Gianni Colombo. She participated in some major international events of Optical Art, such as the Optic Nerve exhibition. Perceptual Art of the 1960s, at the Columbus Museum of Arts and Bit International [Nove] Tendencije - Computer und visuelle Forschung. Zagreb 1961-1973, at the Neue Galerie in Graz. She took part in the group exhibition entitled Viaggio in Italia - Arte italiana 1960 al 1990, at the Neue Galerie Graz am Landesmuseum Joanneum in Graz. She showed her works in the group exhibitions Donne nell’Arte at the Galleria Cavour in Padua, Dix dans la recherche pour l’œil a partir des années soixante, at the Espace Meyer Zafra gallery in Paris, Women From 60’s & 70’s, at the Osart Gallery in Milan, and Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, at the Museo MAGA in Gallarate. She took part in the two international exhibitions Arte Programmata e Cinetica, da Munari a Biasi a Colombo e…, at the Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Rome and in Ghosts in The Machine, at the New Museum in New York. She took part in one of the most important exhibitions on kinetic art ever held, namely Dynamo, un siècle de lumière et de mouvement dans l’art 1913-2013, at the Grand Palais in Paris. She participated in the international exhibitions Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, at the Museo MACBA in Buenos Aires. Percezione e Illusione, Arte programmata e cinetica Italiana, al Museo MACLA di Buenos Aires and in Sculptrices, at the Fondation pour la Sculpture Contemporaine Villa Datris, L’Isle-sur-la-Sorgue in France. She showed her works in the following exhibitions: Le Nuove Tendenze, Rivelazioni di un’Arte Percettiva e Sensoriale, Costruttiva e Interattiva, at 10 A.M. ART in Milan; Turn Me On: European and Latin American Kinetic Art 1948-1979,at Christie’s Mayfair in London; Kinetic Art, at the Yamanashi Prefectural Museum of Art, Yamanashi, Japan; Arte Cinetica, at the Museo di Santa Giulia in Brescia; Global Exchange: Astrazione Geometrica dal 1950, at the MACRO in Rome; Arte Cinetica e Programmata in Italia 1958-1968, at the Sompo Japan Museum of Art in Tokyo; Occhio Mobile. Linguaggi dell’Arte Cinetica Italiana anni 50-70, at the CeAC Centro de Arte Contemporaneo Las Condes in Santiago de Chile. Marina Apollonio lives and works in Padua.

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Esposizioni / Exhibitions

Mostre personali / Solo Exhibitions 1966

1967 1968 1969 1970 1971 1972

1973 1974 1975 1979 1981 2008 2011 2015

- Centro Arte Viva Feltrinelli, Trieste - Centro d’Arte Il Chiodo, Palermo - Galleria 1+1, Padova - Galleria il Cenobio, Milano - Studio 2B, Bergamo - Galleria Sincron, Brescia - Galleria Barozzi, Venezia - Studio di Informazione Estetica, Torino - Galerie Historial, Nyon - Galerie 58, Rapperswill - Galleria La Chiocciola, Padova - Galleria dei Mille, Bergamo - Imeges 70, Abano - Il Segnapassi, Pesaro - Neue Galerie am Landes Museum Joanneum, Graz - Galleria Il Nome, Vigevano - Galleria Temi, Bari - Galleria Method, Bergamo - arte struktura, Milano - Centro ricerche artistiche Verifica 8+1, Venezia - Presentazione dell’edizione Marina Apollonio, Dinamica Circolare, Neue Galerie, Graz - Fioretto Arte, Padova - 10 A.M. ART, Milano

1970

1971

1972 Mostre collettive / Group Exhibitions 1964 1965

1966

1967 Christian Akrivos, Marina Apollonio, Bianca Maria Menichini, 10 A.M. ART, Milano, 2014

1968

1969

Marcello Morandini, Marina Apollonio, 10 A.M. ART, Milano, 2014 Marina Apollonio, Almir Mavignier, Francoforte, 2007 Marina Apollonio, Carlos Cruz-Diez, Strasburgo, 2005 220

Marina Apollonio, Getulio Alviani, Grazia Varisco, Diora Fraglica, Strasburgo, 2005

- Il Chiodo d’Oro, Centro d’Arte Il Chiodo, Palermo - Aktuel 65, Galerie Aktuel, Berne - Nova Tendencija 3, Galerija Suvremene Umjetnosti, Zagreb - Œuvres Plastiques et Appliquées, Galerie Smith, Bruxelles - Op-Pop, Galerie D, Frankfurt - 11° Premio Castello Svevo, Termoli - Premio San Fedele, Galleria San Fedele, Milano - Sigma 2, Bordeaux - Il gioco degli artisti, Galleria del Naviglio, Milano - La nuova tendenza, Galleria Il Cenobio, Milano - Premi Joan Miró, Barcelona - Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea, Torino - Ipotesi linguistiche intersoggettive, Firenze, Bologna, Napoli, Torino - Dodekaedr, Galerie d, Praga - 2° miedzynadorowe Biennale Grafiki, Krakow - Arte Internazionale Contemporanea, Studio 2B, Bergamo - 13° Premio Spoleto, Spoleto - Public Eye, Kunsthaus, Hamburg - Arte permanente, Galerija 212, Beograd - Konstruktive kunst: elementen und rinzipien, Biennale 1969, Nürnberg - Kunst als spiel, spiel als kunst, Kunsthalle, Recklinghausen - Nova Tendencija 4, Muzej za umjetnost i obrt, Zagreb - 8° Mednarodna Graficna Razstava, Moderna Galerija, Ljubljana - El arte cinético y sus orígenes, Ateneo de Caracas, Caracas - Nuovi materiali nuove tecniche, Caorle - Meno 31, rapporto estetico per il 2000, Varese - Plastic Research, New Goodman Gallery, Johannesburg - Grafica italiana d’oggi, Palazzo Reale, Napoli

1973

1974

1975

1976

1977

- Achromes, Circolo La Nuova Torretta, Sesto San Giovanni - Salon des Comparaisons, Paris - 3° Miedzynarodowe Biennale Grafiki, Krakow - Premi Joan Miró, Barcelona - Screen print 70, Chicago - Kunst als spiel, spiel als kunst, Kunstverein, Wolsburg e. v. - Miniaturen 70 international, Galerie 66, Hofheim - Inostrana grafika iz zbirke, Museja Savramene Umtenosti, Beograd - Grafica Rysunek Collage, Muzeum Sztuki w Łodzi, Łodz - La percezione pura, Barozzi-Ricci, Milano - Proposta del piccolo formato, Galleria Vismara, Milano - Sérigraphies Duo d’Art Genève, Galerie Historial, Nyon - Grafica internazionale 1971, Sincron, Brescia - Panorama di grafica, Galleria La Chiocciola, Padova - 9° Mednarodna Graficna Razstava, Moderna Galerija, Ljubljana - Operazioni estetiche e strutture sperimentali, Ti. Zero, Torino - Senza titolo, Rocca Sforzesca, Soncino - Luglio 1971, Galleria Ferrari, Verona - 4° Miedzynarodowe Biennale Grafiki, Krakow - Faites votre jeu, Galleria del Cavallino, Venezia - Seconda mostra degli artisti del Friuli Venezia Giulia, Gradisca - Incontro artistico, Ardesio - Premio Burano 1972, Venezia - 1° Norske Internasjonale Grafikk, Biennale 1972, Fredrikstad - Collettiva, Galleria Barozzi, Venezia - Continuità, Studio d’Arte Eremitani, Padova - 4° Biennale d’Arte Mario Pettenon, San Martino di Lupari - Collettiva, Galleria Vismara, Milano - Tendenze attuali, Galleria La Chiocciola, Padova - Xerox, Galerija Studentskog Centra, Zagreb - Grafiska Italienska, Italienska Kulturinstitutet, Stockholm - 3° Interationalen Malerwochen, Eisenstadt - Iki 1973, Düsseldorf - Sull’opera come campo, Centro culturale Serre Ratti, Como, Milano, Massa Carrara - V Miedzynadorowe Biennale Grafiki, Krakow - Arbeiten aus den internationalen Malerwochen in der Orangerie, Landesgalerie im Schloss Esterházy, Eisenstadt - Norske Internasjonale Grafikk Biennale 1974, Fredrikstad - Accrochage, Galerie Seestrasse, Rapperswil - Grafica dei linguaggi non-verbali, Galleria Zen, Milano - Beispiel Eisenstadt, Museum des 20. Jahrhunderts, Wien - Raccolta Nikol Art, Saletta della Grafica, Gallerie d’Arte La Chiocciola, Padova - Proposte ‘75, Galleria di Arti Visive, Parma - Collezione Nikol Art, MPM arredamenti, Milano - Grafica delle arti sperimentali, Galleria d’Arte Libera Parini, Como - Grafica delle Arti Sperimentali, Palazzo Strozzi, Firenze - Expo Arte 77, Bari - Il volto sinistro dell’arte, Galleria De Amicis, Firenze - Herbert Distel’s Museum of Drawers, Zürich


1979

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- Grafik in Padua Heute, Tiroler Kunstpavillon, Innsbruck - Sixth British International Print Biennale, Bradford City Art Gallery and Museums, Cartwright Hall, Bradford (Lister Park) - 10 protagonisti della plasticità inoggettiva, arte struktura, Milano - Rassegna Internazionale di scultura contemporanea – Immagini e strutture nel ferro e nell’acciaio, San Marino - Arazzi…?, Centro Culturale Laboratorio Artivisive, Foggia - c.c.c.2, arte struktura, Milano - Morbide & Trame, Civica Galleria d’Arte Contemporanea, Foggia - Costruttivismo, Concretismo, Cinevisualismo, Galleria Civica, Desenzano del Garda - Testi Tessili, Libreria Il Monte Analogo, Roma - Libro Galleria Castello, Milano - Rassegna Internazionale d’Arte Concreta, Cenacolo Cult., Mestre - Nuevas Adquisiciones 1981-1984, Fundación Museo de Arte Moderno Jesús Soto, Ciudad Bolívar - Il museo sperimentale di Torino – Arte Italiana degli anni Sessanta nelle collezioni della Galleria Civica d’Arte Moderna, Castello Di Rivoli, Torino - 8+1=10! 10 Anni alla ricerca dell’arte, Verifica 8+1, Venezia-Mestre - Black and white, Palazzo dei Diamanti, Ferrara - III Biennale Internazionale d’arte contemporanea, Fiera di Milano - 51 ideatori inoggettivi della visualità strutturata, arte struktura, Milano - 51 ideatori inoggettivi della visualità strutturata, Galleria la Polena, Genova - È ancora futuro?, Biblioteca Civica, Noventa Vicentina - 30 anni di arte contemporanea alla Chiocciola, La Chiocciola, Padova - Der Kreis, Galerie Blau, Seeheim-Jugenheim - Crno in Belo (Bianco e Nero), Cankarjev dom, Ljubljana - 30 anni 1965-1995, Vismara Arte, Milano - Collettiva, Studio Barozzi, Milano, maggio; Casa delle Zattere, Venezia - Costruttivismo, Concretismo, Cinevisualismo + Nuova Visualità Internazionale, Villa Ormond, San Remo - Nuova visualità internazionale, Centro Internazionale d’arte moderna e contemporanea, Palazzo Ducale, Revere

1999 2001 2003

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- Le mostre speciali di Artepadova ’98, dal museo Umbro Apollonio di San Martino di Lupari, Padova - 8+10= 20! Vent’anni alla ricerca dell’arte, Venezia-Mestre - Nuova Visualità internazionale, Forum Omegna, Omegna - Arte Costruita. Dal Museo “Umbro Apollonio”, Biblioteca Comunale, Cadoneghe - Il Mito della Velocità. L’Arte del Movimento. Dal Futurismo alla video-arte, Casa del Mantegna, Mantova - Il Centro Duchamp 1969-1973, Zucca Arte Design, Pesaro - L’ŒIL MOTEUR: Art optique et cinétique, 19501975, Musée d’Art moderne et contemporain, Strasbourg - Praguebiennale2, Karlin Hall, Praha - Arte Cinetica, Spazio Boccioni, Milano - Die Neuen Tendenzen, Museum für konkrete Kunst, Ingolstadt - Leopold-Hoesch-Museum, Düren - Op Art, Schirn Kunsthalle, Frankfurt - Optic Nerve. Perceptual Art of the 1960s, Columbus Museum of Arts, Columbus - Bit International [Nove] Tendencije - Computer und visuelle Forschung. Zagreb 1961-1973, Neue Galerie, Graz - Cinetica. Dalla collezione di Getulio Alviani, Museo Cid, Torviscosa, Udine - Viaggio in Italia - Arte italiana 1960 al 1990, Neue Galerie Graz am Landesmuseum Joanneum, Graz - Donne nell’Arte, Galleria Cavour, Padova - Dix dans la recherche pour l’œil a partir des années soixante, Espace Meyer Zafra, Paris - Women From 60’s & 70’s, Osart Gallery, Milano - Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, Museo MAGA, Gallarate - Arte Programmata e Cinetica, da Munari a Biasi a Colombo e…, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma - Ghosts In The Machine, New Museum, New York - Dynamo, un siècle de lumière et de mouvement dans l’art 1913-2013, Grand Palais, Paris - Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, Museo MACBA, Buenos Aires - Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, Museo MACLA, Buenos Aires

2014

- Sculptrices, Fondation pour la Sculpture Contemporaine Villa Datris, L’Isle-sur-la-Sorgue, France - 50 e Oltre, Storia di una Galleria d’arte: La Galleria Cortina 1962-2013, Cascina Roma, San Donato Milanese - Fuori dal coro, Associazione Culturale Renzo Cortina, Milano - Visioni, Arte Programmata e Cinetica, Galleria Nuovo Spazio, Udine - Le Nuove Tendenze, Rivelazioni di un’Arte Percettiva e Sensoriale, Costruttiva e Interattiva, 10 A.M.ART, Milano - Turn Me On: European and Latin American Kinetic Art 1948-1979, Christie’s Mayfair, London - Kinetic Art, Yamanashi Prefectural Museum of Art, Yamanashi - Arte Cinetica, Museo di Santa Giulia, Brescia - Global Exchange: Astrazione Geometrica dal 1950, MACRO, Roma - Arte Cinetica e Programmata in Italia 19581968, Sompo Japan Museum of Art, Tokyo - Occhio Mobile. Linguaggi dell’Arte Cinetica Italiana anni 50-70, CeAC Centro de Arte Contemporáneo Las Condes, Santiago de Chile - Great Expectations #1, Galleria Cortesi, Lugano - Occhio Mobile. Linguaggi dell’Arte Cinetica Italiana anni 50-70, MAC, Lima, Perù

Opere in collezioni pubbliche / Works in public collections - Das Progressive Museum, Basel - Museo de Arte Moderno, Ciudad Bolívar - Musée cantonal des beaux-arts, Lausanne - Museo Umbro Apollonio, Padova - Museo nazonale, Łodz - Museo nazionale, Poznan - Kunsthalle, Recklinghausen - Museo d’Arte Moderna, Torino - Collezione Guggenheim, Venezia - Haus Konstruktiv, Zürich - The Museum of Drawers, Zürich - VAF Stiftung, Frankfurt - MART, Rovereto - Neue Galerie, Graz - New Museum, New York - MACBA Museo de Arte Contemporáneo, Buenos Aires - Villa Datris - Fondation pour la Sculpture Contemporaine, L’Isle-sur-la-Sorgue



Bibliografia selezionata / Selected Bibliography

1966

1967

1968

1969 1970

1971

1973

1974 1975 1976 1979

1986 1989

1996 2003

- M. Scuderi, “ Una rassegna internazionale di Arte Visiva”, in Sicilia domani, n. 14, Palermo - F. Carbone, “Premio Centrozero”, in Pensiero ed Arte, n. 6-9, Bari - G. Illiprandi, “La breve stagione dell’Op”, in Photography italiana, n. 105, Milano - George Rickey, Constructivism, Origins and Evolution, George Braziller, New York - F. Sossi, Luce spazio strutture, La Cornice, Taranto - C. Belloli, La Biennale di Venezia, n. 61, Venezia - M. Apollonio, “Apollonio – Un’arte fatta di scetticismo”, in Centroarte, n. 1, Milano - “Ricerche di attivazione visuale: Marina Apollonio”, in Gala, n. 27, Milano - F. Menna, “Arte Cinetica e Visuale”, in L’Arte Moderna, Fratelli Fabbri Editori, Milano - B. Munari, Design e comunicazione visiva, Laterza Editori, Bari - G. Brett, Kinetic art – The Language of Movement, Studio Vista, London - U. Kultermann, Nuove forme della pittura, Feltrinelli, Milano - F. Popper, L’Arte Cinetica, l’immagine del movimento nelle arti plastiche dopo il 1860, Einaudi, Torino - T. Mocanu, “Ambiguitatea Sensibilităţii Estetice”, in Arta, n. 6, Romania - I. Tomassoni, Arte dopo il 1945 Italia, Cappelli editore, Bologna - K. Groh, If I Had a Mind…, Kó´ln - C. Barrett, An introduction to Optical Art, Studio Vista, London - L. Vergine, QUI arte contemporanea, Roma - L. Vergine, “Arte Programmata”, in Arte contemporanea, n. 7, Roma - E.L. Francalanci, “Marina Apollonio”, in Art International, vol. XV/6, Lugano - G. Contessi, “La IX biennale della grafica di Lubiana”, in Gala, n. 49, Milano - W. Skreiner, G. Dorfles, Marina Apollonio, Werke 1964-1973, catalogo della mostra, Neue Galerie, Graz - L. Vergine, L’Arte cinetica in Italia, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma - A. Faré, Le arti figurative, Mursia, Milano - M. Massironi, Ricerche Visuali, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma - I. Tomassoni, “Lo spontaneo e il programmato”, in Design, n. 2, Milano - M. Seuphor, “La tendenza alla ripetizione dei segni geometrici semplici nell’arte contemporanea”, in Arte e società, n. 10, Roma - L. Caramel, Marina Apollonio, Galleria il Nome, Vigevano - F. Popper, Art-Action and Participation, Studio Vista, London - S. Weller, Il complesso di Michelangelo, La Nuova Foglio editore, Pollenza-Macerata - C. Belloli, Marina Apollonio: anticampi cromoformali ottico rotatori/cinestensivi a radiazione progressiva, arte struktura, Milano - K. Tú́rr, Op Art – Stil, Ornament oder Experiment?, Gebr. Mann Verlag, Berlin - A. Vettese, catalogo della mostra, Palazzo dei Diamanti, Ferrara - G. C. Argan, C. Barlett, C. Belloli, M. Meneguzzo, G. Montana, E. Pontiggia, Arte Costruita: Incidenza Italiana, Edizioni di arte struktura - Lea Vergine, L’Arte in trincea, catalogo della mostra, Skira, Milano - Lara Vinca Masini, L’Arte Del Novecento, Dall’Espressionismo al Multimediale, Giunti, Firenze - F. Poli, Arte Contemporanea, le ricerche internazionali

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dalla fine degli anni ’50 a oggi, Electa, Milano - A. Pierre, L’ŒIL MOTEUR: Art optique et cinétique, 1950-1975, catalogo della mostra, Musée d’Art moderne et contemporain, Strasbourg - T. Hoffmann, Die Neuen Tendenzen – Eine europäische Künstlerbewegung 1961-1973, catalogo della mostra, Edition Braus, Heidelberg - G. Como, Arte Cinetica, catalogo della mostra, Spazio Bocconi, Milano - S.K. Rich, “Allegories of Op”, in Artforum International, n. 9, maggio - D. Rimanelli, “Beautiful Loser: Op Art Revisited”, in Artforum International, n.9, maggio - M. Weinhart, Op Art, catalogo della mostra, Schrin Kunsthalle, Frankfurt - J. Huston, Optic Nerve. Perceptual Art of the 1960s, catalogo della mostra, Columbus Museum of Art, New York - S. Zannier, Cinetica dalla collezione Getulio Alviani, catalogo della mostra, Comunicare Edizioni, Udine - C. Steinle, Viaggio in Italia, Arte italiana 1960 al 1990, catalogo della mostra, Neue Galerie, Graz - R.M. Benetti, “Rivestiti alla moda”, in AD, n. 323, aprile - N. Mucci, I. Peroni, A. Crespi, Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, catalogo della mostra, Museo MAGA, Gallarate, Electa, Milano - M. Rosen, A Little-Known Story about a Movement, a Magazine, and the Computer’s Arrival in Art: New tendencies and Bit international, 1961-1973, catalogo della mostra, ZKM, Karlsruhe - G. Dorfles, O. Pinarello, Paolo Barozzi, una Passione per l’Arte, ArteCom - G. Alviani, Bergamo, I mitici anni Sessanta dello Studio 2B, Studio 2B, Bergamo - M. Margozzi, G. Granzotto, Arte programmata e Cinetica, da Munari a Biasi a Colombo e…, catalogo della mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Il Cigno GG Edizioni, Roma - M. Gioni, L. Phillips, Ghost in the Machine, catalogo della mostra, New Museum, New York, Skira-Rizzoli, New York - K. Wolbert, D. Ferrari, V.W. Feierabend, VAF Stiftung, La Collezione, Fondazione VAF, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo - A. Rubino, G. Granzotto, M. Di Veroli, Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, catalogo della mostra, Museo MACBA, Buenos Aires - S. Lemoine, Dynamo, un siècle de lumière et de mouvement dans l’art 1913-2013, catalogo della mostra, Grand Palais, Paris, Réunion des musées nationaux-Grand Palais, Paris - A. Carretti, L’Arte di Comprare Arte, Guida per diventare da piccoli a grandi collezionisti, Campanotto, Pasian di Prato (Udine) - G. Anceschi, Le Nuove Tendenze, Rivelazioni di un’Arte Percettiva e Sensoriale, Costruttiva e Interattiva, catalogo della mostra, 10 A.M.ART, Milano - F. Popper, Turn Me On, European and Latin American Kinetic Art 1948-1979, catalogo della mostra, Christie’s, London - P. Bolpagni, Arte Cinetica, catalogo della mostra, Museo di Santa Giulia, Brescia - J. Houston, Global Exchange: Astrazione Geometrica dal 1950, catalogo della mostra, MACRO, Roma - M. Di Veroli, Occhio Mobile, Lenguajes del Arte Cinético Italiano años 50-70, catalogo della mostra, Corporación Cultural de Las Condes, Santiago de Chile - M. Di Veroli, Occhio Mobile, Lenguajes del Arte Cinético Italiano años 50-70, catalogo della mostra, Museo MAC, Lima, Perù.

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1965 1. aktuell 65, Galerie aktuell, Bern 2. Arte Programmata, Galleria d’Arte Portichetto, Arenzano 3. Galleria Il Punto, Torino 4. Nova Tendencija 3, Galerija Suvremene Umjetnosti, Zagreb 5. Œuvres plastiques et appliquées, Galerie Smith, Bruxelles 6. Piccole opere, Galleria del Deposito, Genova-Boccadasse 7. Piccole opere, Galleria del Deposito, Genova-Boccadasse 8. 5° Centenario dell’arte tipografica in Italia, a cura di G. Celant, Istituto del Politecnico, Torino 1

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1966 9. Il gioco degli artisti, Galleria del Naviglio, Milano 10. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria 1+1, Padova 11. Omaggio alla Nuova Tendenza, Galleria dell’Arco, Albisola 12. Op-pop, Galerie D, Frankfurt 13. Sigma 2, Galerie des Beaux-Arts, Bordeaux 14. Studio d’arte Arco d’Alibert di Mara Coccia, Roma 15. XI Premio Termoli, Palazzo del Comune 16. Alan Isaacs, The Survival of God in the Scientific Age, Penguin Books 17. Centro Arte Viva, Feltrinelli, Trieste 1967 18. Ipotesi linguistiche intersoggettive, Libreria Feltrinelli, Firenze, Bologna, Napoli, Torino 19. La nuova tendenza, Studio 2 B, Bergamo 20. Marina Apollonio, mostra personale, Il Cenobio, Milano 21. Museo sperimentale d’arte contemporanea, Galleria civica d’arte moderna, Torino 22. Premio provincia di Trento, Trento 23. Primo inventario della nuova generazione italiana, Sincron galleria arte contemporanea, Brescia 24. Tendenze oggi in Italia, Galleria Il Chiodo, Palermo 25. Franco Sossi, Luce Spazio Strutture, Edizione La Cornice, Taranto 26. Italo Calvino, Ti con zero, Einaudi 27. Frank Popper, L’arte cinetica L’immagine del movimento nelle arti plastiche dopo il 1860, Einaudi 28. George Rickey, Constructivism Origins and Evolution, George Braziller 29. Studio 2B, Bergamo 30. Studio 2B, Bergamo


1968 31. Centro Duchamp, Gavina, San Lazzaro di Bologna 32. Dodekaedr, Praha 33. II Miedzynarodowe Biennale Grafiki, Krakov 34. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria Sincron, Brescia 35. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria Paolo Barozzi, Venezia 36. Premio San Fedele, Galleria San Fedele, Milano 37. Public eye, Kunsthaus, Hamburg 38. XIII Premio Spoleto, Spoleto 39. Bruno Munari, Design e comunicazione visiva, Laterza 40. 17° convegno internazionale artisti critici studiosi d’arte, con la collaborazione del Cenobio di Milano, Rimini 1969 41. 3a biennale di Bolzano, Bolzano 42. Edizione di serigrafie, nikol ART 43. El arte cinético y sus orígenes, Ateneo de Caracas, Caracas 44. Konstruktive Kunst Elementen und Prinzipien, Biennale 1969 Kunsthalle, Nürnberg 45. Konstruktive Kunst Elementen und Prinzipien, Biennale 1969 Kunsthalle, Nurnberg 46. Kunst als Spiel - Spiel als Kunst, Kunsthalle, Recklinghausen 47. Nova Tendencija 4, Galerija Suvremene Umjetnosti, Zagreb 48. Nuovi materiali nuove tecniche, Caorle 19. Plastic Reserch, New Goodman Gallery, Johannesburg 50. Terza rassegna internazionale d’arte, Palazzo di Città, Acireale 51. Secolul 20 52. Udo Kultermann, Nuove forme della pittura, Feltrinelli 53. mobilia galerie, Im Rahmen der Biennale Nurnberg, Nürnberg 54. Studio di informazione estetica, Torino 55. 8° Mednarodna Graficna Razstava, Moderna Galerija, Ljubljana

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1970 56. Galerie Historial, Nyon 57. 3° Miedzynarodowe Biennale Grafiki, Krakov 58. 5° Rassegna d’arte del mezzogiorno - Grafica Italiana, Palazzo Reale, Napoli 59. OP ART, Cyril Barrett, Studio Vista London 60. Das Progressive Museum, Basel 61. Grafica rysunek collage, Muzeum Sztuki W Łodzi, Łodz 62. Kunst als Spiel Spiel als Kunst, Kunstverein, Wolfsburg e. V. 63. Barozzi-Ricci, La percezione pura, Milano 64. Marina Apollonio, mostra personale, Galerie 58, Rapperswill Schweiz

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65. Originaux, multiples et sérigraphies, White Gallery, Lutry-Lausanne 66. Premi Joan Miró, Barcelona 67. Premi Joan Miró, Barcelona 68. Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti 1971 69. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria La Chiocciola, Padova 70. OP ART, Cyril Barrett, Dumont 71. 9° Mednarodna Graficna Razstava, Moderna Galerija, Ljublijana 72. Cyril Barrett, An introduction to Optical Art, Studio Vista 73. Italo Tomassoni, Arte dopo il 1945 - Italia, Cappelli Editore 74. klaus groh, if I had a mind..., verlag m. dumont

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1972 75. 1° Norske Internasjonale Grafikk, Biennale, Fredrikstad 76. 4° Miedzynarodowe Biennale Grafiki, Krakov 77. Il segnapassi, galleria d’arte, Pesaro 78. images 70 alpha zero, Abano 79. images 70 alpha zero, Abano 80. Faites votre jeu, Galleria del Cavallino, Venezia 81. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria dei Mille, Bergamo 82. Sérigraphies duo d’art Genève, Galerie Historial, Nyon 1973 83. Gillo Dorfles, Ultime tendenze nell’arte d’oggi, Feltrinelli 84. IKI, Düsseldorf 85. Marina Apollonio Werke 1964 - 1973, Neue Galerie Am Landesmuseum Joanneum Graz 1974 86. Beispiel Eisenstadt IV, Eisenstadt 87. Beispiel Eisenstadt, Museum des 20 Jahrhunderts, Wien 88. Norske Internasjonale Grafikk Biennale 1974, Fredrikstad 89. Sull’opera come campo, Centro Serre Ratti, Como, Milano, Massa Carrara 90. Galleria Il Nome, Vigevano 1975 91. Galleria Method, Bergamo 92. Frank Popper, Art - Action and Participation, Studio Vista 93. Marina Apollonio, mostra personale, Galleria d’Arte TEMI, Bari 1977 94. Il volto sinistro dell’arte, Galleria De Amicis, Firenze 95. The Museum of Drawers

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1979 96. Immagini e strutture nel ferro e nell’acciaio, San Marino 97. Marina Apollonio, mostra personale arte struktura, Milano 98. Sixth British International Print Biennale, Cartwright Hall, Bradford 1981 99. verifica 8+1, Venezia 100. verifica 8+1, Venezia 1983 101. Thomas M. Messer, La Collezione Peggy Guggenheim, Mondadori 102. Testi Tessili, Libreria Il Monte Analogo, Roma

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1984 103. Nuevas Adquisiciones 1981-1984, Museo de Arte Moderno, Fundación Soto, Ciudad Bolívar 104. Rassegna internazionale d’Arte Concreta a Umbro Apollonio, Mestre 1985 105. Il Museo Sperimentale di Torino-Arte italiana degli anni Sessanta nelle collezioni della Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino 1986 106. OP ART Stil, Ornament oder Experiment, Karina Turr, 1986, Mann Verlag 1989 107. Arte Costruita, Incidenza Italiana, arte struktura, Milano 108. black and white, Palazzo dei Diamanti, Ferrara 1994 109. CRNO & BELO - BLACK & WHITE, Galerija Cankarjev, Ljubljana 1996 110. Lea Vergine, L’arte in trincea, Skira editore 1997 111. costruttivismo, concretismo, cinevisualismo + Nuova Visualità Internazionale, Villa Ormond, San Remo 2001 112. Nuova Visualità Internazionale, Omegna

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2003 113. Francesco Poli, Arte Contemporanea, Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ‘50 a oggi, Electa 114. Arte Costruita, Dal Museo Umbro Apollonio, Biblioteca comunale, Cadoneghe, Padova 115. Arte Costruita, Dal Museo Umbro Apollonio, Biblioteca comunale, Cadoneghe, Padova


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116. L’Arte Del Novecento, Dall’Espressionismo al Multimediale, Lara Vinca Masini, Giunti 117. Il mito della Velocità, L’Arte del Movimento, Dal Futurismo alla video-arte, Casa del Mantegna, Mantova 118. Praguebiennale2, Karin Hall, Prague 119. Il Centro Duchamp 1969 1973, Zucca Arte Design, Pesaro 2005 120. L’ŒIL MOTEUR: Art Optique et Cinétique, 1950-1975, Musée d’Art Moderne et Contemporain, Strasbourg 97

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2006 121. Arte Cinetica, Spazio Bocconi, Milano 2007 122. Die Neuen Tendenzen, Museums fur Konkrete Kunst, Ingolstadt 2006, Leopold-Hoesch-Museum, Duren 123. Bit International [Nove] tendencije - Computer und visuelle Forschung, Zagreb 1961-1973, Neue Galerie, Graz 124. ARTFORUM International, May 125. Cinetica dalla collezione di Getulio Alviani, Museo CID, Udine 126. OP ART, Schirn Kunsthalle, Frankfurt 127. Optic Nerve. Perceptual Art of the 1960s, Columbus Museum of Arts, Columbus 2008 128. Presentazione dell’edizione Marina Apollonio, Dinamica Circolare, Neue Galerie, Graz 129. Viaggio in Italia, Arte Italiana 1960 al 1990, Neue Galerie, Graz 2010 130. Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando?, Museo MAGA, Gallarate 131. Donne nell’Arte, Galleria Cavour, Padova 132. la recherche pour l’œil, espace mayer zafra, Paris 2011 133. A Little Know Story about a Movement, a Magazine, and the Computer’s Arrival in Art - New Tendencies and Bit International, 1961 - 1973, ZKM, Karlsruhe 134. Marina Apollonio Dinamiche Circolari, Fioretto Arte, Padova 135. Paolo Barozzi, Una Passione per l’Arte, ArteCom

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2012 136. Arte Programmata e Cinetica, da Munari a Biasi a Colombo e..., GNAM, Roma 137. Bergamo, I Mitici Anni Sessanta dello Studio 2B, Studio 2B 138. Ghosts In The Machine, New Museum, New York 139. VAF Stiftung, La Collezione, Silvana Editoriale 2013 140. Dynamo, Un Siècle de Lumière et de Mouvement dans l’Art 1913-2013, Grand Palais, Beaux Arts editions, Paris 141. Dynamo, Un Siècle de Lumière et de Mouvement dans l’Art 1913 - 2013, Grand Palais, Paris 142. Fuori dal Coro, Associazione Culturale Renzo Cortina, Milano 143. L’Arte di Comprare Arte, Guida per diventare da piccoli a grandi collezionisti, Edizioni Campanotto 144. Locandina della mostra Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica, Museo MACLA di Buenos Aires 145. Percezione e Illusione, Arte Programmata e Cinetica Italiana, Museo MACBA, Buenos Aires 146. Beaux Arts, Aprile 2014 147. Arte Cinetica, Museo di Santa Giulia, Brescia 148. Global Exchange, Astrazione geometrica dal 1950, Museo MACRO, Roma 149. Occhio Mobile. Linguaggi dell’Arte Cinetica Italiana, anni 50 - 70, CeAC Centro de Arte Contemporaneo Las Condes, Santiago del Cile 150. Turn Me On, European and Latin American Kinetic Art 1948 - 1979, Christie’s London 151. Le Nuove Tendenze, Rivelazioni di un’Arte Percettiva e Sensoriale, Costruttiva e Interattiva, 10 A.M. ART, Milano 152. Great Expectations #1, Cortesi Contemporary, Lugano

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Marina Apollonio, Villa Datris, 2013



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