ZeitPaper 01 - Il newspaper di ZeitRoom

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Il newspaper di ZeitRoom - Giovane museo virtuale

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ZEITPAPER Bolzano, Città della Memoria La nostra città è stata scelta dal Ministero dell’Interno italiano come “Città della Memoria 2022” in virtù del profondo impegno portato avanti da Bolzano sui temi legati alla Memoria della Seconda Guerra Mondiale. A partire dal 27 gennaio, Giorno della Memoria, ha preso le mosse un ampio programma di eventi ed iniziative per promuovere e valorizzare la Storia e la Memoria. Un newspaper collettivo e partecipato In occasione di questo anno speciale per la nostra città, ZeitRoom – Giovane museo virtuale lancia ZeitPaper, un magazine che vuole contribuire alla promozione del patrimonio storico di Bolzano. In questa prima edizione di ZeitPaper le ragazze e i ragazzi della città raccontano alcune iniziative e incontrano parte dei protagonisti che sono stati coinvolti negli eventi che hanno avuto luogo nei primi mesi di “Bolzano Città della Memoria 2022”. Nelle pagine di questo libricino troverete racconti, fotografie, interviste e inviti per approfondire le tematiche legate alla Shoah e alle persecuzioni che hanno ampiamente toccato anche il nostro territorio.

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MUSICA E MEMORIA I consigli musicali dei ragazzi di Bolzano

Suona Rosamunda Vinicio Capossela “È una canzone iconica che a mio parere trasmette molto bene gli orrori della Shoah.” - Thomas Traversa

The sound of silence Simon & Garfunkel “Per me rappresenta tutte le parole non dette, non scritte, mai suonate e tutti i silenzi derivati dalla Shoah.” - Leonardo Varner

1944 Jamala “È una canzone cruda e realistica in chiave contemporanea. Racconta la storia di un popolo lacerato dal dolore e dalla perdita. Questo brano racconta la guerra vissuta sulla pelle dei singoli individui tormentati in casa propria dallo straniero.” - Alejandro Zarate

Auschwitz Francesco Guccini “Questa canzone mi evoca immagini in bianco e nero di un’umanità ferita.” - Sara Hussein

Gam Gam Elie Botbol “È una canzone tradizionale ebraica che ho imparato alle scuole medie. È diventata uno degli inni più toccanti della Shoah. Consiglio di ascoltarla nella versione di Ennio Morricone.” - Veronica Tonidandel

INDICE Editoriale Bolzano Città della Memoria 2022

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Musica e Memoria Consigli musicali

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L’impegno di ricordare Il racconto di una giovane guida

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Memoria è responsabilità per vivere insieme Viaggio della Memoria

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Il buon tedesco Intervista a Carlo Greppi

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Cruciverba del ricordo Per ricordare l’esodo giuliano-dalmata

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Cos’è l’antisemitismo e come possiamo fermarlo Intervista a Federico Steinhaus

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Scuola e Memoria Matteo Saudino e Luca De Marchi

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I giusti tra le nazioni Elisabetta e Pietro Gardin

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Racconto di una guida della mostra

L’IMPEGNO DI RICORDARE Mi chiamo Alex, ho 17 anni e sono uno studente di arti figurative al Liceo Pascoli di Bolzano. Il mio sogno è di diventare un critico d’arte. DI ALEX PES | LICEO PASCOLI La mia scuola ha proposto agli studenti di partecipare come guide volontarie alla mostra “1938 - 1945 – La persecuzione degli ebrei in Italia”allestita presso il Teatro Stabile di Bolzano. Ho deciso subito di aderire a questa iniziativa e cogliere l’occasione di esercitarmi a fare la guida. Adoro parlare e notare l'interesse negli occhi di chi mi ascolta. Ero convinto però che, presentando a classi di studenti una mostra sulla tematica della Shoah, nei loro occhi avrei visto solo una gran noia. Sono davvero entusiasta nel dire che mi sono dovuto ricredere. La prima classe a cui ho presentato la mostra è stata una prima dell’Istituto Tecnico per Geometri Delai di Bolzano. Mi è stato assegnato un piccolo gruppo di studenti accompagnato dalla loro insegnante. La classe stava lavorando ad un progetto audiovisivo sui temi dell’Olocausto ALEX PES, TEATRO STABILE DI BOLZANO | FOTO DI VALENTINA GENTILI 6

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e sono venuti per raccogliere informazioni. Mi sono potuto dilungare nelle spiegazioni che pensavo nessuno avrebbe ascoltato, mentre i ragazzi scattavano foto ad ogni pannello che presentavo. Ricordo che hanno prestato particolare interesse ad un grafico del 1937 che spiega come una persona ebrea sposata con una persona cattolica è causa di "contaminazione" per figli, nipoti e pronipoti. L’unione con una persona ebrea era proibita in quegli anni, doveva essere evitato a tutti i costi per mantenere una "razza pura". Mi sono sentito tremendamente in colpa a raccontare certi fatti storici: anche essendo chiaramente contrario ed inorridito dall'ideologia nazi-fascista, sono pur sempre un ragazzo bianco con gli occhi azzurri che parla di “razza pura” e contaminazione genetica a ragazzi asiatici, africani e sudamericani. Presentare a quei ragazzi di prima è stata un'esperienza bizzarra, che mi ha lasciato sentimenti contrastanti: da un lato la gioia di avere un pubblico interessato al mio lavoro e soprattutto al lavoro del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), curatore di

questa mostra. Dall'altra, l'angoscia di dover nascondere il disagio e il dolore che provavo raccontando di persecuzioni e stermini. In un’occasione eravamo in quattro a presentare l'allestimento. Mi sono reso conto che, persino essendo in quattro persone a presentare una mostra di appena 40 pannelli, c'era tanto, troppo, da dire. Troppe leggi, troppi divieti, troppe morti, troppi volti dimenticati. È impossibile rendere degna memoria a ogni vittima dell'Olocausto, tra coloro che sono morti nei campi, i sopravvissuti ed i suicidi. In soli sette anni, la metà degli ebrei in Italia fu uccisa, l'altra metà segnata a vita. Ci furono 51.000 vittime ebree solo in Italia, la stragrande maggioranza fu cancellata dalla storia umana e ridotta a un numero. Ricordare i loro nomi e riconoscere i loro volti è un nostro dovere morale. Restituire un'identità ad ognuna delle vittime del nazifascismo è un lavoro lungo e può sembrare impossibile; associazioni come la CDEC fanno un grande lavoro, ma sta a tutti supportate questo impegno. 7

EVENTI IN STREAMING Segui ZeitRoom – Giovane museo virtuale su Facebook. Troverai: • Inaugurazione della mostra “La persecuzione degli ebrei in Italia 1938-1945” • Marcello Piacentini. Architettura e potere: una biografia. Incontro con Paolo Nicoloso • Dialogo sulla Resistenza all’odio ieri, oggi e domani con Federico Faloppa e Giorgio Mezzalira


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Testimonianza del viaggio

MEMORIA È RESPONSABILITÀ PER VIVERE INSIEME Noi ragazzi del centro giovani Villa delle Rose quest’anno abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato attraverso alcune delle tappe più importanti della Shoah e della Deportazione nel nostro Paese. ascoltare e leggere parole e pensieri dei testimoni e di chi li ha conosciuti, vedere le loro fotografie e i loro disegni; tutto Grazie a degli incontri preparatori abbiamo ciò ha tolto quel velo offuscante di numeri riattraversato la storia del fascismo in e cifre permettendoci si sentire più vicine Italia e poi, partendo, abbiamo seguito a quelle persone, di renderle tali e farci ritroso l’esodo di un deportato visitandone riflettere su come ognuno di noi, se fosse alcuni dei luoghi più significativi. Da nato in un contesto diverso, si sarebbe potuto qui, il Campo di transito di Bolzano, siamo ritrovare in quella situazione, a scrivere e passati al Campo di Transito di Fossoli e il ricevere quelle lettere, dalla propria madre, Museo al Deportato di Carpi per arrivare poi dal proprio figlio. Abbiamo a Roma dove abbiamo capito come il nostro Paese visitato il museo della Non possiamo dimenticare. non sia ancora stato in Shoah e il ghetto Se ognuno di noi custodisce un grado di assumersi del tutto di Roma, luogo della piccolo ricordo possiamo formare la responsabilità di ciò terribile retata del 16 una grande memoria collettiva. che è accaduto. Il Campo di ottobre 1943. Bolzano, il Campo di Fossoli, Vedere con i nostri la Risiera di San Sabba, le leggi razziali: occhi i luoghi sul suolo Italiano che hanno la responsabilità è condivisa a livello contribuito alla tragedia della Shoah e internazionale. Spaventa la fredda distanza conoscere i nomi di molte delle persone che che si crea tra quel “noi” dei “buoni” o dei sono passate tra quelle mura in direzione, “non così cattivi” e il “loro” dei “carnefici”, però, contraria alla nostra — verso un spaventa la percentuale di negazionisti tra destino tragico e inimmaginabile — ha fatto gli italiani, spaventano l’indifferenza e le sorgere in noi una rinnovata consapevolezza discriminazioni che rinascono in casa nostra della responsabilità del nostro Paese, anche nei confronti di diversi gruppi di dell’estrema necessità di ricordare e persone. Non pretendiamo di farci testimoni prenderci cura della memoria anche se di quello che è stato. Sarebbe impossibile. dolorosa. Abbiamo compreso come Ma vogliamo farci testimoni dell’importanza quei terribili eventi siano vicini a noi e di ricordare e prenderci cura dei luoghi di come ci leghino anche al resto d’Europa in Memoria. Luoghi come il Campo di Bolzano questa grande ferita comune. Abbiamo potuto ANNA MICHELAZZI | VILLA DELLE ROSE

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vanno curati e valorizzati, sono dei veri e propri monumenti che possono insegnarci molto. Non possiamo dimenticare e, per quanto sia impossibile assimilare tutto, se ognuno custodisse un piccolo ricordo si può formare una grande Memoria collettiva che aiuterebbe a scacciare l’indifferenza che purtroppo si sta facendo sempre più largo tra le persone. Viviamo in una società in cui ogni giorno l’individualismo è IN PARTENZA DAVANTI AL MURO DEL LAGER DI BOLZANO sempre più al centro credere — o continuare a farlo — di avere della vita di ognuno. Il fatto che si debba intrinsecamente più diritti di qualcun ancora lottare per l’uguaglianza mostra altro sulla base di una presunta “razza”, quanto poco abbiamo imparato dal passato, orientamento sessuale, religione o altro. rinunciare a parte della propria libertà La storia è importante, le persone lo sono, cosicché che anche gli altri possano averne custodiamo questi luoghi per custodire la la stessa quantità è l’atto più umano che si Memoria stessa, per costruire un mondo in possa compiere, e dovrebbe essere automatico. cui l’indifferenza — sia verso il passato che Purtroppo non lo è ancora. La Memoria serve verso gli altri — possa pian piano iniziare a questo: a evitare che una persona — o a svanire. un’intero gruppo di persone — possa di nuovo 9


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Intervista allo storico e scrittore Carlo Greppi

IL BUON TEDESCO

“Il buon tedesco” è il nuovo libro di Carlo Greppi pubblicato da Editori Laterza nel 2021. Il capitano Rudolf Jacobs è un soldato diligente e rispettoso della gerarchia. Nel 1944, però, prende una decisione importante e sceglie di combattere contro i propri camerati. Furono diverse centinaia i tedeschi e gli austriaci a percorrere lo stesso cammino. Un piccolo esercito senza patria e bandiera, una pagina anomala nella storia della guerra. cui credo che il messaggio sia potentissimo: in ogni Il suo libro “Il buon tedesco” situazione l’essere umano può in qualche modo sempre è tra i primi in Italia che scegliere. racconta queste storie, come Qual è la motivazione che è nata l’idea? Cosa ti ha ha spinto questi soldati a spinto a raccontarle? cambiare fronte e unirsi ai È un’idea che avevo da più partigiani? di dieci anni, cioè da prima Rispetto a tante scelte, ancora che iniziassi a questa è stata innanzitutto la pubblicare libri di storia, più difficile perché era una per cui questa è una vecchia scelta senza la possibilità ossessione che è rimasta a di ripensamento: non si lungo sottotraccia. Secondo poteva più tornare indietro. me è una storia, quella Era molto rischiosa anche del soldato Jacobs che è nel momento in cui la si un po’ la “guida” del libro, compiva, perché avresti potuto straordinariamente evocativa essere ammazzato sul colpo, o e molto importante, non solo comunque non essere accettato a livello simbolico, ma anche dai partigiani. Inoltre a livello concreto. Nessuno l’aggravante è che anche si sarebbe aspettato che dal cuore del Terzo Reich ci fosse sopravvivendo alla guerra saresti stato comunque, con un discreto numero di persone ogni probabilità, rinnegato che scelse di impugnare dai tuoi connazionali una le armi e cambiare fronte volta tornato in patria. Le per sconfiggere i fascismi motivazioni che stanno europei, della propria e alla base di queste scelte delle altre nazioni. Per DI DIEGO LARATTA

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drastiche non è sempre facile studiarle, però sono a mio avviso perlopiù motivazioni ideali. Se pensi che siamo nel cuore del Novecento, in cui il principio di nazionalità è così forte, così pervasivo, così asfissiante per tutti: è impressionante il fatto che questi ragazzi trovatisi in territorio straniero da occupanti a un certo punto si diano alla macchia, vadano a cercare i partigiani e dicano loro “vogliamo unirci a voi”. Per me si tratta dell’ennesima dimostrazione del fatto che i confini sono solo tracciati sulle carte, sono una costruzione culturale: quando poi ci si trova ad affrontare le questioni cruciali della vita, diverse persone sono in grado di trascendere dai confini. Nel 2013 hai fondato l’associazione Deina che si occupa di giovani e memoria. Quale rapporto hai con

CARLO GREPPI PRESSO IL TEATRO STABILE DI BOLZANO | FOTO DI VALENTINA GENTILI Deina e cosa ti ha spinto a fondarla? Deina è un po’ nostro figlio, mio e delle persone che con me l’hanno fondata. Sono e siamo legatissimi e legatissime a Deina: ci riteniamo una grande famiglia, che si è scelta. Il mio percorso professionale è sempre andato di pari passo con quello associativo e con l’organizzazione dei viaggi ad Auschwitz, in diversi altri ex campi di concentramento e sterminio e in molti luoghi della memoria, e per diversi anni anche con la partecipazione fisica a molti di questi viaggi. È da qualche anno che io ormai non viaggio più, però continuo a lavorare con Deina “dietro le quinte”, contribuendo all’elaborazione dei nostri percorsi culturali e formativi. Siamo cresciuti tanto: il rapporto con i

ragazzi è stato fondamentale, adesso io incontro tanti studenti comunque ma un po’ mi manca la possibilità di confrontarmi con loro in una modalità più “intima” su questi temi. Per me è stato un pezzo fondamentale del mio percorso. Per te come è legata oggi la Memoria ai giovani? Si può dire che sia una Memoria diversa rispetto a quella di 50-60 anni fa? Un po’ è fisiologico: gli eventi si allontanano nel tempo. Per la mia generazione, riferendoci ai temi di cui stiamo discutendo,si parla della storia della generazione dei nostri nonni, che è distante ma fino a un certo punto. È vero però che non è solo una questione cronologica: questa fase centrale della storia europea e mondiale ha un tasso di 11

rilevanza altissimo. D’altro canto penso, e non la ritengo una contraddizione, che le generazioni successive alla mia dovranno trovare degli altri segmenti del passato da valorizzare nella memoria pubblica, segmenti ai quali magari noi non abbiamo dato sufficiente peso o sui quali non abbiamo insistito in maniera convincente. Mi ha raccontato il presidente dell’ANPI Alto Adige, Guido Margheri, della cerimonia di ricordo che si fa qui, da due anni a questa parte, il 19 febbraio, “Yekatit12”. Trovo che sia una bellissima idea, e per quanto possa valere sposo del tutto la causa. È fondamentale che la memoria del colonialismo diventi sempre più centrale nella memoria pubblica italiana, anche perché l’Italia è cambiata molto, negli ultimi


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Intervista allo storico e scrittore Carlo Greppi

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Il cruciverba per ricordare l’esodo giuliano - dalmata

Bisogna essere molto lucidi. decenni. Adesso abbiamo Non esiste una Memoria parecchie centinaia di migliaia di figli di migranti, ecumenica che piace a tutti: non può esistere. Ci sarà le cosiddette “seconde sempre qualcuno che rivendica generazioni”, e non puoi più l’eredità del ventennio far finta che quella storia fascista, ad esempio. È non esista. È la vostra giusto, penso, che coloro che generazione, credo, a dover si definiscono fascisti non spingere in questa direzione, si riconoscano nella nostra come peraltro state già Memoria pubblica che dovrebbe facendo sulla questione del essere antifascista: non cambiamento climatico, che voglio vivere in un Paese in non è mai stata di fatto tra cui questo accade. Loro fanno le priorità nonostante già il loro “gioco”: cercheranno negli anni Ottanta si sapesse sempre di riportare sotto perfettamente cosa stava la luce dei riflettori degli capitando. La memoria va “coltivata” anche per obiettivi eventi e degli episodi che in qualche modo riabilitano il del presente: penso che sia fascismo. un “buon uso” pubblico del Anche sostenendo, per passato. esempio, che il 25 aprile sia Tu che rapporto hai con la divisivo... Memoria? Vuoi che io mi riconosca con “Memoria” in quest’accezione per me da un lato è militanza, un neofascista sullo stesso terreno? Noi rivendichiamo, e la rivendico, e dall’altra celebrandola, il fatto che la è conflitto. Non esiste una Resistenza italiana è stata Memoria pubblica neutra. Ci un’esperienza fondamentale e sono spinte istituzionali, fondante per la Repubblica temi trascurati e istanze di democratica in cui viviamo. E gruppi di persone mossi dalle chi non lo pensa, per quanto più varie motivazioni, ed è mi riguarda, lo ritenga pure naturale che queste tensioni divisivo. Perché, in questo siano foriere di conflitti caso, lo è. intorno a quello che si vuole e non si vuole ricordare. 12

CRUCIVERBA DEL RICORDO 6

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ORIZZONTALI 1. Termine utilizzato per indicare le caverne verticali o i pozzi dove venivano commessi eccidi dai partigiani jugoslavi durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. 2. La via dove è situata la nuova area memoriale dedicata agli esuli giuliano-dalmati arrivati a Bolzano. 3. Il nome del pozzo minerario utilizzato dai partigiani jugoslavi per l’occultamento di cadaveri di italiani e tedeschi durante l’occupazione jugoslava di Trieste. 4. Città natale di Egea Haffner, bambina simbolo degli esuli arrivati a Bolzano. 5. Cognome del “prete dell’esodo” che aiutò gli esuli a trovare accoglienza in Trentino-Alto Adige. VERTICALI 1. Il dieci di quale mese cade il Giorno del Ricordo? 6. Nome della caserma altoatesina che ha accolto profughi dell’Istria e della Dalmazia. 7. Termine per indicare l’emigrazione da una regione da parte di popolazioni, volontaria o più spesso forzata. 8. Il nome dell’ex dittatore del governo jugoslavo-comunista. 9. Gli esuli provenivano dalla regione della Dalmazia e dell’...

Hai bisogno di aiuto per completare il cruciverba? Consulta il sito web Open City del Comune di Bolzano e ricerca le risposte. opencity.comune.bolzano.it

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Intervista a Federico Steinhaus

CHE COS’È L’ANTISEMITISMO E COME POSSIAMO FERMARLO “Sono i giovani la nostra arma più efficace per sradicare questa incitazione all’odio che sembra diventata endemica nella nostra società e nella nostra cultura. Personalmente ripongo ogni speranza nei giovani, le cui opinioni sono ancora in fase di formazione e sono in grado di imparare e riconoscere gli stereotipi e i pregiudizi.” DI VERONICA TONIDANDEL, SAMIRA MOSCA E DIEGO LARATTA Con queste parole Federico Steinhaus ha concluso il suo intervento all’evento inaugurativo di “Bolzano, Città della Memoria 2022” dedicato al tema della persecuzione degli ebrei in Italia. Noi ragazzi di ZeitRoom, seduti nella platea del Teatro Stabile di Bolzano, alle sue parole ci siamo sentiti “richiamati”. Come possiamo noi frenare gli episodi d’odio? Quali strumenti abbiamo? Con queste domande in testa, qualche giorno dopo, ci siamo recati presso la Sinagoga di Merano in cerca di risposte. Ad attenderci al cancello con gli scudi di David c’era il Dott. Steinhaus che per molti anni è stato Presidente della Comunità ebraica di Merano, consigliere dell’Unione delle Comunità

che non è vero. Certo, alcuni ebraiche italiane e Delegato al Congresso mondiale ebraico, grandi geni erano ebrei, come Einstein, Kafka o Freud. Ma nonché autore di numerose non si può generalizzare. Ci pubblicazioni riguardanti la sono anche persone idiote, storia del popolo ebraico. come dappertutto. Siamo come Dott. Steinhaus, prima gli altri. Gli ebrei vengono di tutto, che cos’è odiati perché sono ricchi, l’antisemitismo? alcuni straricchi. Pensiamo a È l’odio per gli ebrei. Nasce Zuckerberg o Soros. da pregiudizi, anche antichi, che ancora oggi si perpetuano. È vero, alcuni ebrei sono ricchi e straricchi, ma la Gli ebrei sono stati odiati maggior parte non lo è. nella Storia per molte Si stanno sviluppando nuove ragioni, sono stati eletti forme di antisemitismo? a responsabili di colpe Purtroppo oggi stanno collettive delle quali erano nascendo nuove forme d’odio o sono innocenti. Una delle verso la popolazione ebraica. accuse medioevali contro Una delle accuse più recenti gli ebrei era che uccidevano è stato inventato da un i bambini cristiani per movimento No Vax che sostiene impastare il pane azzimo che sono stati gli ebrei ad con il loro sangue. Cosa inventare il Covid. Secondo assolutamente assurda perché loro la pandemia è un modo gli ebrei odiano il sangue e da un punto di vista religioso per gli ebrei di dominare il mondo. Queste forme di il sangue è tabù. Uno pregiudizio rovesciano la stereotipo sugli ebrei è che realtà. Sono cose irrazionali sono tutti intelligenti. Io a che non hanno spiegazioni questa frase rispondo sempre 14

FEDERICO STEINHAUS, SINAGOGA DI MERANO | FOTO DI SAMIRA MOSCA logiche. In realtà gli ebrei sono quelli che hanno inventato i vaccini, non la pandemia. Quando arriva l’odio per gli ebrei nella nostra Provincia? Nel 1938 nascono le Leggi Razziali, che erano leggi antiebraiche.

Agli ebrei era stato vietato praticamente tutto: non potevamo praticare molte professioni, non potevamo avere una radio in casa, non potevamo passeggiare nei parchi o non potevamo andare a scuola. Io non ho potuto fare le elementari 15

quando avevo 6 anni perché sono ebreo. Con queste leggi la comunità ebraica dell’Alto Adige è stata espulsa: qualcuno è riuscito a fuggire all’estero, altri sono stati mandati in campi d’internamento. Non erano come i campi di concentramento


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Intervista a Federico Steinhaus

IL FIRMAMENTO EBRAICO nazisti, erano come dei paesi in cui gli ebrei venivano concentrati e dovevano stare sotto il controllo della polizia. Le cose sono cambiate nel 1943 quando i nazisti sono entrati in Italia dopo la caduta del fascismo. La prima deportazione di ebrei italiani è avvenuta proprio a Merano. Sono stati deportati praticamente tutti. La comunità altoatesina ha contribuito alle deportazioni? Certamente, ci sono state molte delazioni. Una cosa per capire la Shoah: se denunciavi un ebreo, ti liberavi di un concorrente. Se l’avvocato ebreo ti dava fastidio, allora lo denunciavi e ti liberavi facilmente di lui. Se denunciavi un ebreo

l’odio verso qualcuno, spesso in genere potevi andare a è semplicemente qualcosa di casa sua e prenderti tutto irrazionale generato dalla quello che volevi. Questo è nostra testa. Si tratta di successo spesso. Ad esempio, individuare i pregiudizi un panettiere di Merano nella nostra testa, capirli, ha denunciato la baronessa Hoffmann ed è stata deportata. prendere consapevolezza e combatterli. Oltre al È riuscita a sopravvivere e pregiudizio, c’è un’altra quando, è tornata a Merano forma da combattere: la dopo la guerra ha trovato generalizzazione! Vi faccio un delle sue proprietà presso esempio: sono stato truffato una famiglia locale. Erano da un ebreo, allora tutti tovaglie biancheria, pentole. gli ebrei sono truffatori. Non prendevano solo le cose Non è vero. Quell’ebreo è un preziose, rubavano tutto. truffatore, non tutti. Questo purtroppo è stato uno La generalizzazione è un dei momenti della Shoah poco grande problema. Tutti noi conosciuti e riconosciuti. tendiamo a generalizzare e Quali strumenti abbiamo a diffidare da chi è diverso per fermare l’incitazione da noi. Dobbiamo superare i all’odio? pregiudizi! Voi giovani dovete L’unico antidoto che avete è farlo! ragionare. L’antisemitismo, o

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La stella di David, in ebraico lo Scudo di David, è la stella a sei punte che rappresenta la civiltà e la religiosità ebraica. Da simbolo spirituale si è trasformata a segno identificativo e discriminatorio (stelle spesso di colore giallo utilizzate per contraddistinguere gli ebrei). Nella Sinagoga di Merano ho capito come l’appartenenza, il sentimento e la Storia del popolo ebraico si è formata, come è stata demolita e ricostruita più volte nel corso dei secoli trovando sempre diverse forme e modalità di espressione. La stella cambia di significato nelle pagine di Storia, ma rimane presente e sempre “riabilitata”. Nella Sinagoga e nel Museo Ebraico di Merano eravamo circondati da stelle, simbolo e rappresentazione dell’eredità lasciata dalle persone ebraiche.

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SCUOLA E MEMORIA

«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario» scriveva Primo Levi in “Se questo è un uomo”, romanzo che da decenni frequenta i banchi di tutta Italia. La scuola è il luogo dove, prima di tutto, si impara a ragionare, a guardare il mondo con criticità, ma il ricordo di fatti così intensi come quelli della Seconda Guerra Mondiale, è una fiamma che purtroppo si indebolisce ogni anno che passa. DI MADDALENA ANSALONI Le iniziative sono sempre presenti: le visite nei luoghi della memoria, la lettura dei testi, gli spettacoli teatrali, i film, e se la risposta degli studenti il più delle volte è la stessa che da anni ha il giovane che guarda in faccia il male per la prima volta, la domanda comunque resta: Si può insegnare la Shoah nelle scuole? Ma soprattutto: qual è il modo ‘migliore’ per farlo? Questo è stato l’argomento centrale del Talk tra Matteo della propria interiorità a volte mi lascia Saudino e Luca de Marchi, che ha avuto luogo perplesso. Il lavoro che dobbiamo fare non è nel teatro Rainerum di Bolzano lo scorso tanto solo sul giorno della Memoria, quindi gennaio in occasione del Remember Festival, sul fatto che quello che è accaduto non deve manifestazione culturale in memoria della Shoah. Matteo Saudino, professore di filosofia più accadere, quanto sulle nostre sensazioni. Spesso è dalle ferite che si comincia a e storia da 20 anni, ha raggiunto il pubblico riflettere su qualcosa in termini profondi del web grazie al canale youtube da lui e autentici” sottolinea. Entrambi però si creato: Barbasophia, dove discute tematiche interrogano anche sul fatto che la cosiddetta filosofiche e storiche in un’ottica spesso attuale. “La ripetitività della memoria quasi ‘terapia d’urto’ forse non sia sempre la scelta migliore. Portare gli studenti in visita a ci distanzia da tutto” afferma Saudino e continua: “Le cose un conto è farle e un conto un campo di concentramento suscita reazioni diversissime a seconda del ragazzo, chi è viverle, indossarle come un abito. A scuola a volte si fa troppo e in maniera superficiale, organizza ogni anno i viaggi della Memoria lo sa benissimo. C’è chi sfoga subito rabbia e è importante che i ragazzi prendano parola”. tristezza, chi sul momento non prova niente e Anche Luca De Marchi è un docente, quindi le tematiche riguardano entrambi molto da vicino: arriva a sentirsi in colpa, chi sdrammatizza con i compagni. Ognuno ha i suoi tempi e i “È importante insistere perché gli studenti suoi modi per elaborare le sensazioni. Per scavino oltre la superficie. Parlare di temi profondi come la memoria senza che un ragazzo questo, se è fondamentale vedere quei luoghi con i propri occhi, altrettanto importante è abbia la consapevolezza della propria storia, 18

MATTEO SAUDINO E LUCA DE MARCHI | FOTO DI SAMIRA MOSCA arrivarci con buone conoscenze pregresse. Secondo un’indagine del 2020 circa la metà degli studenti intervistati afferma di conoscere poco e male la Shoah. Dall’altra parte alcuni lamentano un’eccessiva ripetitività dell’argomento che ha accompagnato tutto il loro percorso scolastico. Il primo dato è gravissimo e preoccupante, il 20% degli studenti non conosce il motivo per cui si celebra la Giornata della Memoria, il che significa che il 20% degli adulti di domani probabilmente non ne porterà avanti il ricordo. Il secondo dato dimostra che l’indigestione di nozioni, qualsiasi esse siano, anestetizza la sensibilità dei ragazzi fino a renderli incapaci di elaborare un pensiero che sia sincero e non preso a spizzichi e bocconi dai testi che hanno letto in classe per 8 anni. Un altro errore, se si può definire tale, è quello di rendere i racconti troppo ‘crudi’, di suscitare con l’orrore l’interesse degli alunni. Se questo approccio, da una parte, scuote i ragazzi dall’addormentamento scolastico, dall’altra può provocare pensieri persecutori, oppure allontana gli eventi talmente tanto dalla realtà che conoscono

da far credere loro impossibile che possano accadere di nuovo. Oltre a far immedesimare i ragazzi nelle vittime bisogna anche delineare un ritratto realistico dei carnefici e, soprattutto, di chi è rimasto a guardare. Per questo è importante raccontare anche il bene che c’è stato in quegli anni: gli intellettuali – anche chi ha appoggiato le dittature del ‘900 - gli artisti, la scienza e il progresso. Chi si è opposto affrontando la prigionia, chi appoggiava gli ideali e chi non si è schierato. Questo può avvicinare quel periodo storico al nostro, anche in luce a quello che sta accadendo adesso in Europa. In conclusione possiamo dire che l’argomento della memoria è tra i più delicati che si affrontano negli anni scolastici. Non esiste un unico metodo corretto per portare i fatti della seconda guerra mondiale alla conoscenza degli studenti. Sicuramente la lezione frontale sta perdendo di efficacia su una generazione iperstimolata e per questo motivo adesso è ancora più fondamentale lasciare spazio ai ragazzi, che dalla storia imparino a riflettere su gli errori che si continuano a fare nel presente, anche in un 2022 in cui una guerra in Europa sembrava impossibile. 19


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Luci nel buio

I GIUSTI TRA LE NAZIONI DI PIETRO MARCHI Questo termine è stato coniato successivamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale e comprende tutte quelle persone, non-ebree, che hanno rischiato la propria vita per salvare uno o più ebrei. La definizione completa aggiunge anche che non ci doveva essere un interesse nel farlo e che la persona compiva quell’atto per evitare il pericolo di morte immediata o la deportazione in campi di sterminio. Vederla scritta così può apparire un po’ fredda e soprattutto selettiva. In verità l’origine del termine proviene da molto prima. Nella religione ebraica infatti il “Gentile giusto” era quella persona non ebrea che aveva rispetto per Dio e di conseguenza per le persone. Infatti i Giusti tra le nazioni sono sì non-ebrei, ma sono soprattutto persone che hanno rischiato la loro vita per salvarne altre, non perché le persone che hanno salvato fossero ebree, ma perché erano delle persone. Solamente in Italia sono più di 700 le persone insignite

FOTO D’ARCHIVIO DI ELISABETTA E PIETRO GARDIN di questo titolo e ogni anno altre centinaia di persone vengono individuate. Due di queste persone si trovavano 20

proprio a Bolzano. Nel 1944 i coniugi Pietro ed Elisabetta Gardin salvarono la vita del primogenito della famiglia

Rovighi, Luigi. Il padre Augusto Rovighi di religione ebraica era un noto ingegnere di Bolzano, dove progettò numerose fabbriche. Proprio per il suo lavoro Augusto conobbe Pietro, imprenditore tessile, che voleva aprire una fabbrica a Bolzano. Ai tempi del nazismo negli anni ‘42 – ‘43 i nazisti prelevavano tutti i padri di famiglia, ma nel caso in cui non lo avessero trovato prelevavano il primogenito che nella famiglia Rovighi era proprio Luigi. Il padre di Luigi era riuscito a mettersi in salvo scappando in Val di Non. A salvarlo fu Monsignor Bortolameotti

di Trento, che ottenne la medaglia dei Giusti e che grazie a quella fu nominato Monsignore. Bortolameotti era il parroco di Cloz, in Val di Non, dove il padre di Luigi rimase nascosto nella canonica per mesi. La signora Gardin un giorno passeggiando per Bolzano incontrò la madre di Luigi, era disperata, le raccontò di aver avuto paura che i nazisti le avessero potuto portare via suo figlio. La signora Gardin non esitò un momento e le promise che lei e suo marito avrebbero portato in salvo il figlio. I coniugi lo portarono a Caerano, paese dove vivevano i genitori della signora Gardin, dove si erano rifugiati dalla guerra anche i loro figli Maria Luisa e Gian Maria. Il viaggio da Bolzano a Caerano in Veneto per Luigi fu molto spaventoso. Ogni pochi chilometri il furgone dove viaggiava veniva fermato ai posti di blocco dove ad aspettarli c’erano militari con i mitra spianati. Per nascondere l’identità di Luigi, i coniugi dovevano dire che fosse un cugino dei loro figli. Quando Luigi arrivò finalmente a Caerano lo nascosero sempre in casa. Maria Luisa racconta che il padre li aveva istruiti a dire che Luigi fosse un loro cugino di Mussolente. Maria 21

Luisa era triste a vedere Luigi chiuso in casa che non poteva andare a giocare fuori con lei e suo fratello, ma sapeva che era per il suo bene. Luigi non sentì sua madre in quei mesi, aveva solo 10 anni, tante cose le venne a sapere dopo. Infatti proprio 20 anni dopo, finita la guerra, il padre di Luigi, Augusto, mandò una lettera di ringraziamenti a Pietro Gardin. Fu da lì che partì una procedura per la consegna della medaglia dei Giusti, che però si bloccò quando scoprirono che Luigi non praticava la religione ebraica. Si fermò tutto, fino a quando, recentemente, arrivò la comunicazione ufficiale da Gerusalemme, con il riconoscimento a Pietro ed Elisabetta Gardin. La medaglia è stata consegnata direttamente dal funzionario dell’ambasciata di Israele a Roma: i nomi dei coniugi verranno aggiunti sul monumento «righteous honor wall» al museo Yad Vashem a Gerusalemme, dove sono riportati tutti gli altri nomi dei Giusti tra le nazioni. Questa storia ci insegna che, anche nei momenti più bui della storia dell’umanità, ci sono state persone che hanno sacrificato tutto pur di salvare la vita di altre persone.


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