L'illustre - Numero 1 2013

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Idee, stili e storie

Anno 65, n°1 Magazine - € 5,00

english inside

l'atelier Geoffrey Humphries

Casanova e lo

zar dei costumi

9 772280 822009

30 001 >

ISSN 2280-8221

Poste Italiane s.p.a. spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27 febbraio 2004 n. 46) art. 1 comma 1, NE/VE

pittura, donne e musica

Calliandro Editore


LEVI’ S® IS A REGISTERED TRADEMARK OF LEVI STRAUSS & CO.

TA I LOR E D FOR THE

YO U NG A ND H U NGRY

GO F O RT H F I N D T H E T A P E R E D L O O K A T L E V I.C O M



sommario

6 Editoriale Tempi moderni e nobiltà

Karelea & Paul

10 FOYER 13 Un martini per Hemingway

36 Un Viaggio mai visto... sulle tracce di Casanova 48 Il numero 5 che divenne icona

50 Hey! Geoffrey

14 AUGUST SANDER E MICHAEL SOMOROFF “ABSENCE OF SUBJECT”

55 Un contest crea i futuri designer 59 le 5 regole del Signor Kanai 63 LIBRI & Co. 69 Orso Partecipazio e i suoi figli 71 tra Cartoline e vecchi giornali

32 Lo Zar dei costumi

L’illustre Idee, stili e storie

Direttore Responsabile: Daniele Pajar Direttore Editoriale: Yuri Calliandro In redazione: Shaula Calliandro

Hanno collaborato: Mariachiara Peron, Lucio Maria D’Alessandro, Claudio Dell’Orso, Andrea Gion, Savino Liuzzi, Maristella Tagliaferro, Luisa De Salvo, Federico Moro, Carlo Sopracordevole Relazioni Esterne, Commerciale, Coordinamento e Traffico: Sandra Riato - relazioniesterne@calliandroeditore.it • Marketing: Cristina Andretta Immagini: Manuel Silvestri Traduzioni: VeniceDream, editing di Laurie Hussissian • English version: curated by Venice Dream, edited by Laurie Hussissian Redazione: Ca’ Bortoluzzi Grillo - San Marco 4590 - 30124 Venezia - Telefono 041 2413030 - Fax 041 5220391 - illustre@calliandroeditore.it Editore: Calliandro Editore - Ca’ Bortoluzzi Grillo - San Marco 4590 - 30124 Venezia - Telefono 041 2413030 - Fax 041 5220391 - info@calliandroeditore.it Grafica ed impaginazione: Idvisual - www.idvisual.it • Tipografia: Grafiche Veneziane Abbonamenti scrivere a: abbonamenti@calliandroeditore.it Giornale iscritto al Tribunale di Venezia in data 23 agosto 1949 al n. 58 del registro pubblicazioni del ruolo stampa

Periodico iscritto all’Uspi - Unione Stampa Periodica Italiana Numero del Repertorio del ROC. 16878

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editoriale

Tempi moderni e nobiltà

V

Viaggio e fantasia. È questo il tema conduttore del numero de L’illustre che vi accingete a sfogliare. Ed è una spregiudicata fuga dalla realtà quella che ci ha portato a costruire la storia di Casanova, trasposto in tempi moderni, che potrete scorrere nelle pagine successive. Lavorando a questo servizio ci siamo imbattuti in Stefano Nicolao: è lui lo Zar dei costumi; il suo atelier è un luogo cristallizzato in un tempo indefinito che di certo non è il nostro. Una volta superata la “porta d’ingresso” comincia un viaggio lungo almeno cinque secoli rappresentati da oltre diecimila tra abiti e costumi. La sensazione è strana: le tracce di un lavoro iniziato da Stefano negli anni Ottanta si percepiscono ma il resto delle cose è senza età forse perché in questi spazi si mescola, nel presente, l’essenza di ogni tempo passato. Quello del sarto costumista è un mestiere che oggettivamente vive in una dimensione parallela, fatta di panciotti, parrucche e tessuti antichi; un lavoro che però, giorno dopo giorno, si deve scontrare con l’aspetto imprenditoriale di una attività difficilissima ancorché unica. Nei pochi giorni del Carnevale l’atelier ha l’opportunità di entrare a contatto con una platea di persone molto ampia ma si tratta solo della punta dell’iceberg: chi vive di costumi opera un anno intero, stagione dopo stagione, grazie al lavoro che si fa nei teatri e sui set dei film di tutto il mondo. Perciò, a questo punto, nulla ci vieta di provare a rompere gli schemi e sentirci anche noi, in qualsiasi momento dell’anno, un Casanova, un nobiluomo o una nobildonna scegliendo di indossarne i costumi. Un azzardo? Se in piena estate decidessimo di passeggiare per Venezia in costume settecentesco nessuno si stupirebbe. Anzi. È vero anche che chiudere gli occhi per farsi trasportare in un viaggio così fuori dal comune potrebbe sembrare azzardato in un tempo come quello che stiamo vivendo dominato da nuvole scure; ma vale la pena provarci e sognare. Almeno per un poco. Anche solo con cappello e mantello. Noi ci abbiamo provato.

Daniele Pajar

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la foto illustre

Restiamo ad aspettare • Cosa si può trovare di assolutamente insolito passeggiando in una qualsivoglia città del mondo? Anche un paio di sneakers che con una quantomai inusuale naturalezza diventano un oggetto ar-

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tistico. Un’opera d'arte? Una performance? O scherzo burlone? Ai posteri l’ardua sentenza. È con questo scatto che inauguriamo una nuova pagina sul nostro giornale: la foto Illustre. Uno spazio fatto per accogliere ordinarie stranezze.



L’illustre

FOYER

Karelea & Paul KArelEa & Paul • Matrimonio da favola: è quello tra la modella russa Karelea Mazzola, di origini italiane e più precisamente venete, e l’imprenditore del lusso, l’americano Paul Bowyer. La cerimonia si è tenuta alla Chiesa dei Miracoli. All’uscita gli sposi si sono concessi un romantico giro in gondola. Al rientro ad attenderli i cento ospiti giunti da tutto il mondo. Party • Una serata di beneficenza con ospiti di riguardo in riva a Venezia, nella bella location dell’Hotel Metropole: tutti insieme appassionatamente (dalla foto in alto) Umberto Branchini con l’artista Maria Grazia Rosin; Mirna Zanutti, il principe Carlo Giovanelli, Marta Marzotto, Patrizia Lori; infine Enzo Fantastichini, Gloria Beggiato, Bianca D’Aosta, Carlo Giovannelli, Gilberto Arrivabene e Marta Marzotto. Brunello Cucinelli • Una nuova boutique sbarca a Venezia: si tratta di quella di Brunello Cucinelli, l’uomo che nella storia della moda c’è entrato per aver reinventato il cashmere e aver deciso di ospitare la sua azienda in uno straordinario borgo dimenticato, finemente riportato ad antico splendore: Solomeo. Renzo Rosso • Innovare, innovare, innovare ma anche restaurare; Renzo Rosso in un giorno di pioggia sfoggia il suo ultimo “colpo” vintage: il Ponte di Rialto, che grazie ad un contributo da 5,005 milioni di euro sarà fatto rinascere. Un restauro impegnativo finanziato dalla holding di Rosso Only The Brave. Dagli albori della Diesel di tempo ne è passato: “non era facile” – ricorda Rosso – “decidere di andare in America pensando di vendere i nostri jeans vintage a 100 dollari quando la Ralph Lauren, all’epoca, vendeva il suo jeans piu costoso a poco più di 50 dollari”. la vacanza • Ne hanno parlato proprio tutti della vacanza di Mario Monti a Venezia. Abbiamo saputo della sua presenza in città grazie ad una circostanza originale: lo staff della nostra redazione frequenta la stessa pasticceria visitata in quei giorni dal Premier.

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Oggi sposi

Renzo Rosso

Party

Brunello Cucinelli

La vacanza 11


Master del fresco Seguici su

La Barca del Giorno

Sono i 9 pescherecci che salpano, per Pam e Panorama, e portano il pesce fresco dal mare, ogni giorno, in 130 punti vendita

P

orto di Chioggia, ore 2.30: i 9 pescherecci di Pam Panorama sono pronti, come da 13 anni a questa parte, a solcare il Mar Adriatico per pescare il pesce che ogni giorno viene offerto, freschissimo, direttamente dal mare, sui banchi dei supermercati ed ipermercati a marchio Pam e Panorama d’Italia. I 9 pescherecci, rispettivamente Audace, Profeta, Drago, Nicole, Massimo Tonfa, Mario Tonfa, Ketty, Johnny Alberto e Marina F, appartengono ad armatori che, nel veneziano, svolgono l’attività di pesca da intere generazioni. Ognuna delle barche è specializzata in una tipologia di pesca: da quella volante, svolta da pescherecci in

coppia a quella a coccia, con una rete, oltre le 2030 miglia; ed anche le dimensioni e le capacità di pesca variano da imbarcazione a imbarcazione, consentendo così a Pam Panorama di ricevere giornalmente il più ampio assortimento di pescato: il tutto entro 24 ore. Sui banchi dei 130 punti vendita del gruppo in un anno sono arrivate circa 7.200 quintali di pesce, tra sarde, alici (le piu vendute), canocchie, triglie, sogliole, polpo e calamari giusto per citarne alcuni. Secondo una ricerca Ipsos la specie di pesce preferita dagli italiani da portare in tavola è il Branzino 15% che ha vinto su Alici e Crostacei entrambi al 12% ed Orate 11%. Negli anni ’70 Pam è stata la prima tra le grandi insegne presenti oggi sul mercato ad avere un banco del pesce fresco: da quarant’anni in mare per garantire sempre freschezza e qualità.

Pubbliredazionale

Sulla rotta dei magnifici nove


Un martini per Hemingway di Claudio Dell’Orso

L

a formula, due terzi di gin ed uno di vermut bianco secco, l’inventò un disinvolto giovane proveniente da Arma di Taggia, partito in cerca di fortuna per New York ai primi del Novecento. Durante il controllo d’identità all’ufficio immigrazione di Ellis Island preferì usare, semplificando la pratica, il cognome della madre: Martini. Assunto come barman al prestigioso Knickerbocker Hotel di Broadway frequentato dalla hit cittadina, ebbe l’occasione nel 1909 di far assaggiare un cocktail di sua invenzione al settantenne John Davidson Rockfeller che lo apprezzò molto. Lo ordinava la sera come aperitivo, subito imitato da altri frequentatori del locale che ne propagandarono l’uso. Il “gin alla Martini” divenuto in seguito semplicemente “il martini” era nato. Il miglior posto al mondo dove degustare la classica mistura rimane l’Harry’s Bar di Venezia fin da quando il fondatore, Giuseppe Cipriani, verso la fine degli anni Trenta, ebbe l’idea vincente di metterla a raffreddare sul banco dentro una ghiacciaia dalle dimensioni d’ un bauletto. A servire ineccepibili martini fu per quasi mezzo secolo il barman Ruggero Caumo, chiamato Roger dal grande Orson Welles, spesso distratto nel pagare il conto. Era originario della Valsugana e venne assunto da Cipriani appena ventitreenne. Nel suo libro di memorie, rivivono le personalità internazionali che frequentarono il locale fra intellettuali, artisti, letterati, politici, registi ed attori. Causo ricorda la collezionista d’arte Peggy Guggenheim che arrivava in compagnia di quattro viziatissimi cani pechinesi abituati a mangiare sopra la tavola. Invano il personale di cucina innaffiava di pepe bianco i piatti a loro destinati credendo li rifiutassero. Slappavano tutto in fretta e correvano abbaiando fra le gambe dei clienti. Fra i più assidui frequentatori dell’Harry’s Bar, Ernest Hemingway. Vi entrò la prima volta durante il nevoso inverno 1949-50. Divideva tempo, scrittura e bevute fra la Concordia Room accomodandosi di preferenza nel tavolo d’angolo, l’Hôtel

Un “Gin alla Martini”, oggi noto semplicemente come Martini, così come viene servito al Bar Hemningway dell’hotel Ritz di Parigi; nella foto piccola un Martini al banco all’Harry’s Bar

Gritti dove diede una favolosa festa per gli amici arrivati dal mondo intero e la Locanda Cipriani di Torcello. Di un’altra frequentazione “alcolica” hemigwayana sì è persa memoria. Forse più alla moda dell’Harry’s Bar nell’immediato dopoguerra era il ristorante La Grotta, locale dagli alti soffitti situato alla fine di Calle dell’Angelo, l’ingresso quasi sul ponte omonimo, a pochi passi da Piazza San Marco. Le due stanze dai muri grondanti di stalagmiti e stalattiti artificiali, erano divise in archi e colonne fra cui svolazzavano finti pipistrelli e si notavano altrettanto false ragnatele. Dentro piccole caverne scavate sulle pareti venivano stivate bottiglie di liquore a disposizione degli habitué. Accomodati al bar, in certe serate sfilavano insieme Hemingway (ma non si sa se bevesse il martini o preferisse qualcos’altro di più forte), il suo collega Truman Capote circondato da efebi, il musicista russo Igor Stravinskij con la moglie, la miliardaria americana Barbara Hutton abbracciata al diplomatico domenicano Porfirio Rubirosa, notorio “stragista” di cuori femminili e suo provvisorio marito. Purtroppo, dagli anni Sessanta La Grotta dovette riciclarsi nei concertini ad uso folkloristico per gruppi di stranieri sopravvivendo stentatamente prima della chiusura. Inutile cercarla. Alquanto kitsch ma suggestiva, fu demolita in anni recenti senza che nessuno protestasse. 13


ARTS

AUGUST SANDER E MICHAEL SOMOROFF “ABSENCE OF SUBJECT” Dal 1 febbraio al 7 aprile 2013, la Fondazione Stelline di Milano ospita un grande evento espositivo che mette in relazione il fotografo tedesco August Sander (Herdorf, Germania, 1876 - Colonia, 1964), tra le più importanti figure della fotografia del XX secolo, con il fotografo contemporaneo americano Michael Somoroff (New York, 1957). L’esposizione, dal titolo Absence of Subject, curata da Diana Edkins e Julian Sander, organizzata e promossa dalla Fondazione Stelline, in collaborazione con ADMIRA, presenta 40 opere fotografiche di Sander, tratte dalla celebre serie Uomini del Ventesimo Secolo, e 40 fotografie di Somoroff accompagnate da otto video, che costituiscono un toccante omaggio all’opera del maestro tedesco. Uomini del Ventesimo Secolo è costruito nel tempo da Sander come un catalogo di umanità in grado di rappresentare una visione pluralista della società della Repubblica di Weimar, lontana dal mito della razza ariana, ed è suddiviso in sette sezioni: i Contadini, i Commercianti, le Donne, Classi e Professioni, gli Artisti, le Città e gli Ultimi (come senzatetto e veterani). AUGUST SANDER E MICHAEL SOMOROFF “ABSENCE OF SUBJECT” Dal 1 febbraio al 7 aprile 2013, la Fondazione Stelline di Milano ospita un grande evento espositivo che mette in relazione il fotografo tedesco August Sander (Herdorf, Germania, 1876 - Colonia, 1964), tra le più importanti figure della fotografia del XX secolo, con il fotografo contemporaneo americano Michael Somoroff (New York, 1957). L’esposizione, dal titolo Absence of Subject, curata da Diana Edkins e Julian Sander, organizzata e promossa dalla Fondazione Stelline, in collaborazione con ADMIRA, presenta 40 opere fotografiche di Sander, tratte dalla celebre serie Uomini del Ventesimo Secolo, e 40 fotografie di Somoroff accompagnate da otto video, che costituiscono un toccante omaggio all’opera del maestro tedesco. Uomini del Ventesimo Secolo è costruito nel tempo da Sander come un catalogo di umanità in grado di rappresentare una visione pluralista della società della Repubblica di Weimar, lontana dal mito della razza ariana, ed è suddiviso in sette sezioni: i Contadini, i Commercianti, le Donne, Classi e Professioni, gli Artisti, le Città e gli Ultimi (come senzatetto e veterani). AUGUST SANDER E MICHAEL SOMOROFF Absence of Subject Dove: Milano, Fondazione Stelline - Gallery I (corso Magenta 61) Quando: 1 febbraio - 7 aprile 2013

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Michael Somoroff, come si può vedere voltando pagina, rielabora questa foto di August Sander facendo scomparire il soggetto

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GIANNI BERENGO GARDIN, Storie di un fotografo

Gianni Berengo Gardin “Venezia 1958"

In parete oltre centotrenta stampe analogiche che ripercorrono il lavoro di Gianni Berengo Gardin e che sono lo specchio di un autore che ha fatto dell’etica la sua bandiera. Il fotografo ha voluto rivedere tutta la sua produzione, le mostre passate, i libri, le pubblicazioni editoriali, per rileggere il tutto con lo sguardo di oggi, per scegliere le immagini che meglio di altre raccontassero la sua storia, una sintesi del suo viaggio da fotografo, dagli esordi all’ultima immagine che ha scattato in digitale, due ragazzi che si baciano per strada. Nato negli anni 40, predilige il bianco e nero, non solo per una questione generazionale, ma perché “il colore distrae il fotografo e chi guarda”. La passione per le strade, la gente qualunque incontrata per caso, sorprendenti abbracci rubati al quotidiano: in ogni foto ciascuno di noi ritrova un po’ di se stesso, della sua storia, dei suoi ricordi. Fotografie capaci di evocare vite semplici e preziose che, attraversando campi e piazze, raccontano la storia e i sentieri sinuosi della vita.

Stories of a photographer On display are more than 130 analogue prints that trace his work as a reporter and are the mirror of an artist who has made ethics his banner. Berengo Gardin wanted to look back through all his production: the past exhibitions, the books (more than 200) the newspapers and the magazines to reread everything through the eyes of the present, to select those pictures that would best recount his story, a synthesis of his journey as a photographer, from his debut to the last picture taken with a digital camera, of a young couple kissing in the street. Born in the 1940s, he prefers black and white, not only for generational reasons, but because ‘colour distracts the photographer and the observer’. People, objects, close-ups, historical monuments. Tangible, never abstract images, but above all real images.

Dove: Casa dei Tre Oci Quando: dal 1 febbraio al 12 maggio 2013 Info: 041 2412332 - info@treoci.org www.treoci.org

Where: Casa dei Tre Oci When: from 1 February through 12 May 2013 Info: 041 2412332 - info@treoci.org www.treoci.org

Manet, Ritorno a Venezia

Édouard Manet (1832-1883) “Il balcone"

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Nelle monumentali sale di Palazzo Ducale, un’esposizione di un’ottantina circa tra dipinti, disegni e incisioni di Manet. La mostra nasce dalla necessità di un approfondimento sui modelli culturali che ispirarono il giovane Manet negli anni del suo precoce avvio alla pittura. Questi modelli, fino ad oggi quasi esclusivamente riferiti all’influenza della pittura spagnola sulla sua arte, furono vicini alla pittura italiana. Se “Le Déjeuner sur l’herbe” e l’“Olympia” sono variazioni da Tiziano e due splendide testimonianze della relazione di Manet con l’arte italiana, ancora molti sono gli esempi della profonda conoscenza dell’eredità di Venezia, Firenze e Roma, da parte del grande pittore, che la mostra saprà svelare. L’itinerario dell’esposizione, che percorre, attraverso grandi capolavori, tutta la sua vita artistica, si apre con una serie di libere interpretazioni di antichi dipinti, affreschi e sculture che Manet vide durante i suoi due primi viaggi in Italia, nel 1853 e nel 1857.

Manet. Ritorno a Venezia The exhibition arises from a need to undertake a critical survey of the cultural models that inspired the young Manet when he embarked on a career as painter early in life. These models, which have hitherto referred almost exclusively to the influence of Spanish painting on his art, actually included much Italian Renaissance art. His Le Déjeuner sur l’herbe and Olympia (1863) are clearly variations on Titian and are both splendid examples of Manet’s links with Italian art, but there are many more examples of the great artist’s profound understanding of the heritage of Venice, Florence and Rome that will be revealed in the exhibition. The exhibition layout, which guides the visitor past great masterpieces, drawn from his entire artistic life, opens with a series of free interpretations of Old Masters, frescos and sculptures, which Manet saw during his first two journeys to Italy in 1853 and 1857.

Dove: Palazzo Ducale Quando: dal 24 aprile all’11 agosto 2013 Info: palazzoducale.visitmuve.it

Where: Palazzo Ducale When: from 24 April through 11 August 2013 Info: palazzoducale.visitmuve.it


Ed ecco il risultato dell'elaborazione di Michael Somoroff della foto presentata nella pagina precedente di August Sander: Absence of subject

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Un viaggio nel nostro Bel Paese

Il paesaggio italiano ritratto attraverso tutte le forme espressive sperimentate da Maurizio Galimberti. Il risultato è un caleidoscopio di immagini, più di centocinquanta, composto di scatti unici non ripetibili. “Un nuovo esordio”, così lo definisce Denis Curti, che di lui scrive: “Con questo nuovo e sorprendente “Viaggio in Italia” Maurizio Galimberti prosegue la ricerca fotografica dedicata a luoghi, spazi, paesaggi e orizzonti. Tra le diverse traiettorie possibili, Galimberti cerca l’astrazione ma deve fare i conti con il senso di appartenenza, con i punti fermi e riconoscibili delle architetture, con il fascino delle piazze, con la forza abbagliante della luce della Puglia, con la patina di commozione della pianura, con l’orgoglio barocco della Sicilia. Con Milano, la sua città. Qui vive e lavora. Per certi tratti il percorso visivo si fa autobiografico e Galimberti non si risparmia”. Le sue polaroid diventano scrigno di infinite visioni e le immagini restituiscono una dimensione strettamente personale e intima. I “Mosaici” sono quadri composti da una serie di singole Polaroid allineate come tessere e incollate secondo una precisa sequenza. Nei suoi “ready made” Galimberti reinterpreta invece con spirito ludico e creativo il ready-made di origine duchampiana. Ciò che accomuna tutti questi lavori è la “sperimentazione”, declinata in varie forme. Talvolta si tratta di una sfocatura che avvolge i dati celandoli all’osservazione, altre volte di veri e propri interventi di mascheratura dei soggetti.

Paesaggio Italia Paesaggio Italia is the first retrospective exhibition focused on italian landscapes theme in thirty years of work by artist Maurizio Galimberti, one of the greatest author of italian photography who works only in Polaroid. The exhibition is made of 150 works of Maurizio Galimberti’s visions of his favourite places in Italy. From the medieval squares in Tuscany to the shining rural landscapes in Apulia, through the Po valley at the simple landscapes in southern Italy. The journey stops also in the italian cities, like Milan where Galimberti lives and works, or Venice where he has made several mosaic-portraits of actors and directors during several editions of the Venice Film Festival. Rome, Turin, Naples, Palermo and Florence are portrayed too. The exhibit showcases also Galimberti’s notes and digressions, from his debut to the height of his success. Architectures, urban and rural visions have been prepared by the artist respecting his personal technics: singles pictures on Polaroids, mosaic and ready-made obtained through the manipulation of Polaroids and common objects. As a result the italian landscapes are decomposed in a both rigourous and extraordinary way, following the Dadaist inspiration.

Dove: Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti Palazzo Cavalli - Franchetti, Venezia Quando: dal 16 febbraio al 12 maggio 2013 Info: www.istitutoveneto.it

Where: Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti Palazzo Cavalli - Franchetti, Venezia When: from 16 February through 12 May 2013 Info: www.istitutoveneto.it

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Vito Campanelli, maestro contemporaneo del colore L’Hotel Londra Palace si trasforma in galleria e apre le sue sale all’arte inaugurando la personale di un maestro contemporaneo del colore, Vito Campanelli. L’artista veneziano ha realizzato per l’occasione una serie di opere di piccola e media dimensione, caratterizzate da un intenso lirismo cromatico. Muovendosi tra l’astratto e l’informale, Campanelli ha elaborato un personale linguaggio giocato sui contrasti: ha miscelato regola e istinto, metodo e improvvisazione, disciplina e pulsione; ha dosato le armonie dei toni per definire equilibri strutturali e calibrature materiche; ha dato vita a piccole epifanie poetiche, intense e sensuali, ma anche misteriose ed evocative. Le sue tele, difficili ed enigmatiche, offrono allo spettatore un viaggio emotivo coinvolgente e destabilizzante. Ogni sguardo che si posa su queste pennellate metabolizza una propria lettura; la diversità di ogni singolo approccio diventa, così, metafora della varietà e della complessità della vita stessa.

Vito Campanelli, contemporary master of colour Hotel Londra Palace transforms itself into a gallery and opens its rooms to contemporary art with the inauguration of the exhibition of a contemporary master of colour. The Venetian artist has produced a series of works of small and medium size, characterized by a deep and intense chromatic lyricism. Moving between abstract and informal painting, he has developed a personal language played on contrasts: he mixed rule and instinct, method and improvisation, discipline and drive; he has measured the harmony of tones to define a structural and materic balance. His works are small poetic epiphanies, something of intense and sensual, but also of mysterious and evocative. His work is uneasy and enigmatic, it’s an emotional and destabilizing travel for spectators. Anyone who looks at these brush strokes formulates his interpretation. So, different gazes become a metaphor which explains the diversity of life.

Dove: Hotel Londra Palace Quando: dall’11 febbraio al 31 marzo 2013 Info: www.londrapalace.com

Where: Hotel Londra Palace When: from 11 february to 31 March 2013 Info: www.londrapalace.com

Aspettando la Biennale, incontri d’arte e design Galleria ADmore in collaborazione con studio de Grenet promuovono una serie di incontri durante i quali si approfondirà l’arte di artiste selezionate per la loro sensibilità nel percepire alcuni aspetti del reale e per la loro capacità di trasmetterli al pubblico con l’incisione, la fotografia e il design. Giovedì 28 febbraio è in programma la mostra dell’artista visiva Laura Manfredi (www.lauramanfredi.com), che presenterà dieci monoprint calcografici in un allestimento singolare, vista la connotazione privata del luogo in cui le opere saranno esposte. Durante la serata di vernice è prevista anche una breve presentazione del lavoro da parte dell’artista, che racconterà la genesi delle opere esposte e la sua visione artistica. L’incontro è il primo di una serie dedicati all’arte contemporanea; i successivi vedranno come ospite, il 21 marzo 2013 dalle 18.00, Enrica Cavarzan Zaven con Volumi; il 18 aprile 2013 dalle 18.30, Paola de Grenet con Fotopercorsi; il 23 maggio 2013 dalle 18.30, Giulia Magg con Dolo Views.

Aspettando la Biennale. Incontri d’arte e design Galleria ADmore and studio de Grenet, promotes a series of events on visual arts. They’ll examine the personal cosmologies of four she-artists, selected for the sensibility of perceiving some aspects of the reality and for the capacity of communicating them to the audience through the printmaking, the photography and the design. On Thursday the 28th of February is taking place the Exhibition of Laura Manfredi (www.lauramanfredi. com). She exhibits ten chalcographic monoprints in a special set up, according to the private connotation of the exhibition place. During the vernice’s evening the artist is making a brief presentation of her work, talking about the birth of the works and her artistic point of view. This appointment is the first of a series of events dedicated to contemporary arts, in its many faces: 21st March 2013, 6.00 pm, Enrica Cavarzan with Zaven Volumes; 18th April 2013, 6.30 pm, Paola de Grenet with Photographer Photopaths; 23rd May 2013, 6.30 pm, Giulia Magg with Dolo Views.

Dove: Galleria Admore, San Marco 3188A, Venezia Quando: dal 28 febbraio al 23 maggio Info: incontri@studiodegrenet.com

Where: Galleria Admore, San Marco 3188A, Venezia When: from 28 February through 23 May Info: incontri@studiodegrenet.com

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TimEless Woman Il fotografo Stefano Lunardi rappresenta attraverso scatti suggestivi e mai scontati l’universo femminile nella sua completezza e complessità. Volti appassionati, magnetici, a volte teneri e a volte determinati, per una protagonista ritratta in diverse epoche storiche e che l’hanno vista attrice principale, nel bene e nel male. A legare le eroine ritratte nelle opere lo stesso fil rouge: la nascita come nuova vita e presa di coscienza, poiché l’affrancarsi da un contesto storico parte sempre da un rinnovamento. Ed è così che Lunardi presenta al pubblico la condottiera bardata pronta alla guerra, l’educatrice, la grande regina della Storia, la fatica dell’operaia, la scienziata. E poi ancora l’arguta e ammaliante cortigiana, la pilota dell’aviazione moderna e dei tempi delle prime scoperte aeree, la visionaria eretica, la sessantottina che manifesta, erede delle prime determinate suffragette. Ad interpretarle una donna che è tante donne e che attraversa il tempo mutando aspetto, abito, ruolo sociale, ma rimanendo sempre se stessa. Dove: Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia Quando: dall’8 marzo all’8 aprile 2013 Info: www.scuolasangiovanni.it

Timeless Woman Driven by the need to tell the continuing evolution-involution of the female figure in history, in a journey of self-awareness, Stefano Lunardi presents through beautiful shots “the feminine” in its entirety and complexity. Faces passionate, magnetic, sometimes soft, that represent characters portrayed in various historical periods: leading actress, for better or for worse. Its role through time for a travel in stages that retraces the most significant moments of every age: what we have read, seen or experienced and that most impressed us. A unite the heroines portrayed the same “fil rouge”: the birth as a new life and consciousness, because the freedom from a historical context always starts with a renewal. And so Lunardi presents to the public the commander ready for war, the educator, the great Queen of History, the worker, the curious research scientist, the charming courtesan, the pilot of modern aviation, the heretic, ecc. Where: Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia When: from 8 March through 8 April 2013 Info: www.scuolasangiovanni.it

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Opere di Egle Trincanato alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro Egle Trincanato’s works at the In seguito alla donazione di svaGalleria Internazionale d’Arte riati carboncini autografi di Egle Moderna di Ca’ Pesaro Trincanato alla Fondazione Musei Following the donation of sixteen Egle TrinCivici di Venezia, un’ulteriore tecanato’s signed charcoals to the Fondazione stimonianza dell’opera grafica e Musei Civici di Venezia a further evidence of pittorica della progettista e docenthe sketches and paintings of this Venetian arte veneziana è ad oggi conservata e chitecture designer and university teacher now consultabile presso il Gabinetto dei stored and visible at the Gabinetto dei disegni disegni e delle stampe della Gallee delle stampe della Galleria Internazionale ria Internazionale d’Arte Moderna Veduta del Ponte sul Canal Piccolo a Santa Croce, d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. It is about a cordi Ca’ Pesaro. Si tratta di un corpus carboncino su carta, cm 23,5x34,5, 1933 pus of sixteen charcoals on paper, nearly all of di sedici carboncini su carta, quasi tutti degli anni ’30 del Novecento e in gran parte già espo- the ’30s of the twentieth century and most of them already sti alla XXXI Mostra dell’Opera Bevilacqua La Masa, i cui shown at an exhibition of XXXI Mostra dell’Opera Bevilacqua soggetti sono ritratti a mezzo busto di parenti dell’autrice e La Masa, the subjects of which are half-length portraits of the vedute di Venezia; soprattutto per quanto riguarda le vedu- artist’s relatives and views of Venice; specially regarding the te, risulta evidente il valore di documento storico delle ope- views it results clear the value of historic document of the re che rappresentano il Rio degli Ognisanti, il Canale della pictures representing Rio degli Ognisanti, Canale della maritmarittima, il Rio degli Ormesini, la Scuola di San Giovanni tima, Rio degli Ormesini, Scuola di San Giovanni Evangelista and an inner view of the Basilica di San Marco. Evangelista, un interno della Basilica di San Marco. Trincanato’s list of paintings enumerates about 255 works Il regesto delle opere della Trincanato conta circa 255 opestill documented or existing, a number so meager that atre ancora esistenti o documentate, un numero abbastanza tests to the rarity of themselves. esiguo che attesta la rarità delle stesse. Dove: Gabinetto dei disegni e delle stampe di Ca’ Pesaro Info: capesaro.visitmuve.it

Where: Gabinetto dei disegni e delle stampe di Ca’ Pesaro When: capesaro.visitmuve.it

La stagione teatrale al Goldoni prosegue, con tante novità La stagione di prosa del Teatro The season continues, Goldoni prosegue a ritmo serrato with many novelties con una grande varietà di spettaThe theatre season at the Teatro coli. Dal 15 al 17 febbraio andrà Goldoni continues apace with a great in scena “Art”, di Yasmina Reza. variety of shows. From 15 to 17 FebruAll’interno della sezione di “nuoary it will stage “Art” by Yasmina Reza. va drammaturgia” si segnala lo Within the “new drama” section, we spettacolo “Ferdinando” (23 e 24 highlight the show “Ferdinand” (23 febbraio) di Annibale Ruccello, and 24 February) by Annibale Rucconsiderato un capolavoro del tecello, considered a masterpiece of atro contemporaneo. contemporary theatre. Dopo i successi conseguiti Following last season’s successes nella passata stagione al Verdi di Oscura immensità - Giulio Scarpati e Claudio Casadio at the Verdi Theatre of Padua, it will Padova andranno in scena “The stage “The History Boys”, 6 to 10 History boys”, dal 6 al 10 marzo, con la compagnia di Elio De March, with the company of Elio De Capitani of Teatro dell’Elfo, Capitani del Teatro dell’Elfo e “La resistibile ascesa di Arturo and “The Resistible Rise of Arturo Ui” by Bertolt Brecht, 20 to Ui” di Bertolt Brecht, dal 20 al 24 marzo con la regia di Claudio 24 March directed by Claudio Longhi and with the extraordinary Longhi e la straordinaria interpretazione di Umberto Orsini. performance of Umberto Orsini. Fra questi due spettacoli si inserisce, dal 13 al 15 marzo, una Between these two shows, 13 and 15 March, a proposal for a proposta di teatro contemporaneo, la commedia “Exit”, scritta contemporary theater will be inserted, the comedy “Exit”, write diretta da Fausto Paravidino, uno dei più apprezzati giovani ten and directed by Fausto Paravidino, one of the most respected drammaturghi italiani. young Italian playwriters. Un altro grande della scena sarà infine Roberto Herlitzka ne Another great performer is Roberto Herlitzka in “Il soc“Il soccombente” (10 e 11 aprile), con l'adattamento curato da combente - The Unsuccessful” (10 and 11 April), adapted and Ruggero Cappuccio. edited by Ruggero Cappuccio. Dove: Teatro Goldoni, San Marco 4650, Venezia Quando: dal 15 febbraio all’11 aprile 2013 Info: www.teatrostabileveneto.it

Where: Teatro Goldoni, San Marco 4650, Venice When: from 15 February to 11 April 2013 Info: www.teatrostabileveneto.it

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Gli anni Sessanta nelle collezioni Guggenheim

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La mostra illustra il panorama artistico degli anni Sessanta, un momento di svolta della cultura artistica globale, attraverso il confronto tra la scena creativa statunitense e quella europea. Un dialogo transoceanico tra capolavori assoluti, reso possibile dalla ricchezza delle Collezioni Guggenheim di Venezia e New York. Il 1964 è l’anno del trionfo della Pop Art americana alla Biennale di Venezia, che vede assegnare a Robert Rauschenberg il premio riservato a un artista straniero, spostando definitivamente il fulcro del sistema artistico dall’Europa agli Stati Uniti. Questo passaggio cruciale è presentato attraverso i differenti indirizzi assunti dalla ricerca artistica. Il momento culminante della mostra è rappresentato dalla rivoluzione iconica e mediatica che porta a maturazione la nuova figurazione Pop, fondata sulla reinterpretazione e dissacrazione della tradizione visiva.

’The Sixties in the Guggenheim Collections. Beyond Informel towards Pop Art’ The exhibition sets out to illustrate the artistic panorama of the sixties. It does so by confronting European and American creativity in a transoceanic dialogue. This approach, made possible by the resources of the Guggenheim collections in Venice and New York, reveals parallelisms that disclose a new dimension of visual culture. 1964 saw the triumph of American Pop Art at the Venice Biennale. Robert Rauschenberg was awarded the Grand Prix for painting, signalling a shift in the art system’s center of gravity from Paris to New York. The culmination of the show is represented by the icon and the media revolution of the new Pop figuration, based on the reinterpretation and desecration of traditional visual communication.

Dove: Arca, Chiesa di San Marco - Vercelli Quando: dal 9 febbraio al 12 maggio 2013 Info: www.guggenheimvercelli.it

Where: Arca, Chiesa di San Marco – Vercelli When: from 9 February to 12 May 2013 Info: www.guggenheimvercelli.it


L'inconfondibile opera di Lucio Fontana; a lato invece un'opera di Roy Lichtenstein: entrambi i capolavori sono esposti a Vercelli per la mostra dedicata alle collezioni Guggenheim

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Le Salon romantique Il ciclo di concerti “Le salon romantique”, conferenze con musicologi e storici dell’arte, concerti straordinari in occasione del Carnevale e della manifestazione Donne a Venezia. Questo, in sintesi, il variegato cartellone di eventi che il Palazzetto Bru Zane propone nei prossimi mesi. Tra i vari appuntamenti si segnalano il concerto “Scoprire Saent-Saëns”, in programma per il 28 febbraio e la conferenza “I pregi di una famiglia, gli Zane tra arte e storia”, che si terrà il 14 marzo. Le salon romantique” è un’incursione nella musica da camera. I compositori e la storia della musica del XIX secolo eleggono i salotti a veri e propri collettori di cultura, mondi di sperimentazione e di riflessione su emozioni profonde. Quale luogo più adeguato se non la sala del Palazzetto Bru Zane, le cui dimensioni corrispondono ai salotti ottocenteschi privi di barriere tra interprete e spettatore?

Le Salon romantique Le salon romantique concert cycle, conferences with musicologists and art historians, special concerts during the Carnival season and the special event Donne a Venezia. This is, in short, the diversifi ed events programme that Palazzetto Bru Zane is offering within the next few months. Le salon romantique is a foray into the domain of chamber music. The composers and history of nineteenth-century music adopted salons as the true show-cases of culture, places for experimentation and refl ection on profound emotions. What better venue than the concert hall of Palazzetto Bru Zane, with dimensions that correspond to nineteenth-century salons and offer no barriers between the performer and spectator?

Dove: Palazzetto Bru Zane, San Polo 2368, Venezia Quando: fino al 14 marzo 2013 Info: billetterie@bru-zane.com - bru-zane.com

Where: Palazzetto Bru Zane, San Polo 2368, Venezia When: through 14 March 2013 Info: billetterie@bru-zane.com - bru-zane.com

LA PERCEZIONE DI EVGENY ANTUFIEV

Evgeny Antufiev Untitled, 2012 plexiglass, stoffa, osso di lupo, pelle di serpente / plexiglass, fabric, wolf’s bone, snakeskin © Evgeny Antufiev

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Con questo progetto Evgeny Antufiev conduce lo spettatore in un’esperienza percettiva di trasformazione in cui materiali, oggetti, forme, abbandonano la loro identità quotidiana per ri-entrare in una dimensione archetipica. Antufiev mette costantemente in opera una varietà di materiali – stoffa, cristalli, meteoriti, ossa, capelli, denti, colla, pelle di serpente, insetti, marmo, legno – e di oggetti apparentemente privi di correlazione tra loro, ma che si fondono e si trasformano all’interno delle sue installazioni con un processo che richiama le operazioni alchemiche. L’artista russo realizza tutto con le proprie mani: cuce, ricama, intaglia il legno, fa bollire ossa e teschi perchè, nel processo, la realizzazione del lavoro assume il valore di un rito. L’allestimento della mostra segue un ritmo quasi rituale, lo spazio contiene la vibrazione visionaria di materiali e di oggetti che ci porta in una “Wunderkammer” interiore.

Twelve, wood, dolphin AND MORE BY EVGENY ANTUFIEV Evgeny Antufiev’s first exhibition in Italy marks the completion of a project for Collezione Maramotti. Antufiev makes constant use of a variety of objects and materials – cloth, crystals, meteorites, bones, hair, teeth, glue, snake skins, insects, marble, wood – that show no immediate relationship to one another, but which fuse with one another within his installations and find themselves transformed: they come to be involved in a process that’s reminiscent of alchemy. The artist is deliberately committed to the use of his own two hands for the realization of everything he does. He sews, embroiders, carves pieces of wood, boils bones and skulls: in the process with which he concerns himself, the realization of the work takes on the value of a rite. The installation of the exhibition is governed by a rhythm that approaches the rhythm of ritual; its space gives articulation to a visionary vibration of materials and objects that leads to an interior Wunderkammer.

Dove: Collezione Maramotti, Reggio Emilia Quando: 17 febbraio - 31 luglio 2013 Info: www.collezionemaramotti.org

Where: Collezione Maramotti, Reggio Emilia When: from 17 February through 31 July 2013 Info: www.collezionemaramotti.org


IL REALISMO MAGICO DI DAVRINGHAUSEN Il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona continua la sua attività di valorizzazione dei maestri della propria collezione presentando, dal 10 marzo al 9 giugno 2013, una nuova mostra di grande interesse, incentrata su un artista poco conosciuto e raramente trattato dalla critica in ambito italiano, Heinrich Maria Davringhausen (Aachen 1894 - Nizza 1970) anch’egli legato - come tanti altri esponenti della storia dell’arte moderna - alla città che si affaccia sul versante elvetico del lago Maggiore. Per la prima volta verranno riunite ed esposte al pubblico 46 opere dell’artista tedesco, uno dei pionieri del Realismo magico e della Nuova oggettività.

DAVRINGHAUSEN’S MAGIC REALISM The Municipal Museum of Modern Art in Ascona continues its activity, enhancing the masters of its collection presenting a new exhibition of great interest, from 10 March to 9 June, 2013. It centers on a little-known artist rarely considered by the Italian art critics, Heinrich Maria Davringhausen (Aachen 1894 - Nice 1970), one of the pioneers of the New Objectivity and Magic Realism and also connected to the city overlooking the Swiss side of Lake Maggiore. Forty-six works by the German artist from private Italian collections will be gathered and presented to the public for the first time, some of them rarely or not previously shown.

Dove: Ascona (CH), Museo Comunale d’Arte Moderna Quando: 10 marzo - 9 giugno 2013

Where: Ascona (CH), Municipal Museum of Modern Art When: 10 March through 9 June 2013

Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento Una mostra che riporta a Padova i capolavori della collezione che l’intellettuale veneto aveva riunito nella propria casa. Il titolo dell’esposizione riporta all’Italia sul finire del Quattrocento, quando la penisola è frantumata in piccole corti e centri di potere. Ad un paese in piena crisi politica e militare Bembo offre un’ identità comune in cui riconoscersi, egli è infatti fautore di un’idea di unificazione dell’Italia a partire dalla creazione di una lingua nazionale. Sul versante dell’arte Bembo indica Michelangelo e Raffaello come campioni di un nuovo fare artistico. Coglie infatti nel loro procedere creativo una nuova “lingua dell’arte” che ricerca una perfezione senza tempo e senza connotazioni regionali.

Pietro Bembo and the invention of the Renaissance An exhibition which will bring back to Padua, after five centuries, the masterpieces collected by the Veneto intellectual in his house. The title of the exhibit, “Bembo and the invention of the Renaissance”, shows Italy at the end of the 1400’s, when the peninsula was broken up into small courts and centres of power. Bembo offered a common identity, which the country, consumed by political and military crisis, could see itself in. In fact, he was the promoter of an idea to unify Italy, starting from the creation of a national language. With regard to art, Bembo identified Michelangelo and Raffaello as champions of a new, revolutionary artistic way, which he felt was in line with what was happening in the field of literature.

Dove: Padova, Palazzo del Monte di Pietà Quando: fino al 19 maggio 2013 Info: www.mostrabembo.it

Where: Padova, Palazzo del Monte di Pietà When: through al 19 maggio 2013 Info: www.mostrabembo.it

Cavos, un veneziano alla corte dello Zar Il Festival di Musica Russa “Ad est della musica”, creatura della pianista Natalia Kukleva, guida musicale dell’Associazione Est Ovest, Identità e Integrazione, di Vicenza, giunto alla quarta edizione, con la collaborazione di Anna Giust, ha presentato un’introduzione al capolavoro di Catterino Cavos con il proposito di portarlo in scena l'anno prossimo, per la prima volta in Italia. Catterino Cavos, un giovane musicista veneziano costretto ad espatriare a causa delle mutate condizioni politiche, nel 1798 approda a San Pietroburgo. Cavos abbandona la moda dell'imitazione dei modelli occidentali e porta sulla scena l'opera autenticamente russa, in epoca sovietica era definito “il più italiano dei compositori russi”.

Cavos, a Venetian composer in the court of the Zar The Festival of Russian Music, creature of the pianist Natalia Kukleva, is now in its fourth edition. In collaboration with Anna Giust, it has been presented an introduction to the work of Catterino Cavos with the intention of presenting it next year, for the first time in Italy. Catterino Cavos, a young venetian musician, expatriated in 1798 in St. Petersburg. Cavos brings on stage the musical work authentically Russian and he was “the most Italian of Russian composers”.

Dove: Palazzo Leoni Montanari, Vicenza Info: www.palazzomontanari.com

Where: Palazzo Leoni Montanari, Vicenza Info: www.palazzomontanari.com

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omaggio a Marilyn “La misura del piede mi rivela il carattere di chi lo possiede. Ho suddiviso le donne che sono venute da me in tre categorie: le Cenerentole, le Veneri e le Aristocratiche... La Venere è generalmente molto bella, affascinante e sofisticata, eppure dietro il luccichio esterno si cela spesso una donna di casa amante delle cose semplici; poiché queste due caratteristiche sono contraddittorie, la Venere è spesso incompresa: la si accusa di amare troppo il lusso e le frivolezze”. Così Salvatore Ferragamo descrive il prototipo delle donne che calzano scarpe numero 6. Sembra riferirsi a Marilyn Monroe, la cliente fedele che ha reso celebri i suoi décolleté a tacco 11 cm e che non ha mai incontrato, perché acquistava le sue scarpe direttamente nel negozio di Park Avenue a New York o se le faceva comprare in Italia. Marilyn adorava indossare décolleté di essenziale eleganza che accentuavano la sua innata femminilità e che Ferragamo declinò in una grande varietà di materiali e colori. Oggi il Museo di Firenze conserva oltre venti modelli di calzature indossate dall’attrice, tutti dal design attuale e senza tempo. Tra i modelli riproposti di recente, “Chianti”, un décolleté in camoscio o in capretto, rappresenta una delle più fortunate creazioni di Salvatore Ferragamo negli anni Cinquanta sulla forma di décolleté realizzato per l’attrice. A questo mito senza tempo, Marilyn, il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze rende omaggio con una grande mostra prorogata fino al primo aprile. È il risultato di un lungo lavoro di ricerca che presenta abiti dell’attrice, indossati sul set o nella vita privata e documenti che svelano il suo lato manageriale.

The Museo Ferragamo pays homage to Marilyn Monroe “The size of your feet, too, tells me about your character. I have divided the women who have come to me into three categories: the Cinderella, the Venus and the Aristocrat. [...] Venus is usually of great beauty, glamour, and sophistication, yet under her glittering exterior she is often essentially a home body loving the simple things of life. Because these two characteristics are mutually contradictory the Venus is often misunderstood. People accuse her of too much luxuryloving and frivolity.” This is how Salvatore Ferragamo described the women who wore a size 6, but he could have been describing Marilyn Monroe, the loyal customer who made his 4-inch-heel pumps famous – but whom he never met, because she bought her shoes at the Park Avenue store in New York City or she ordered to buy them for her in Italy. Today, the museum in Florence conserves over 20 pairs of shoes worn by the actress each with a contemporary, timeless look. The more recent models in the collection include “Chianti”, a pump available in either suede or kidskin, based on one of most successful creations in the same shape as the pumps made for Marilyn Monroe. Museo Salvatore Ferragamo in Florence pays tribute to this timeless myth with an important exhibition that is the result of a long research, presenting items from the actress’s wardrobe worn on the set or in her private life, as well as documents that reveal the actress’s managerial side.

Dove: Museo Salvatore Ferragamo, Piazza Santa Trinita 5, Firenze Quando: fino al 1 aprile 2013 Info: www.museoferragamo.it

Where: Museo Salvatore Ferragamo, Piazza Santa Trinita 5, Firenze When: through 1 April 2013 Info: www.museoferragamo.it

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La Primavera del Rinascimento, da Firenze a Parigi “La Primavera del Rinascimento. La scultura e le arti a Firenze, 1400-1460” è una mostra concepita in stretta collaborazione tra Firenze e Parigi. Attraverso dieci sezioni tematiche illustra la genesi di quello che ancora oggi si definisce il “miracolo” del Rinascimento, attraverso centoquaranta capolavori, molti dei quali di scultura, l’arte che per prima se ne è fatta interprete. Dopo la sede fiorentina, l’esposizione sarà a Parigi, al Museo del Louvre, dal 23 settembre 2013 al 6 gennaio 2014. Obiettivo della mostra è presentare un punto di vista generale sull’importanza che la scultura ha avuto nella prima metà del Quattrocento a Firenze per lo sviluppo del linguaggio plastico del Rinascimento, evocando le relazioni con le altre arti fiorentine contemporanee. In quegli anni, i successi politici della Repubblica fiorentina, la sua potenza economica e la pace sociale diffondono il mito di Firenze come erede della repubblica romana e come modello per gli altri stati italiani.

The Springtime of the Renaissance, from Florence to Paris “The Springtime of the Renaissance. Sculpture and the Arts in Florence, 1400-1460” is an exhibition which sets out to illustrate the origin of what is still known today as the “miracle” of the Renaissance in Florence predominantly through masterpieces of sculpture, the form of figurative art in which it was first embodied. Following its debut in Florence, the exhibition will be shown at the Musée du Louvre in Paris from 23 September 2013 to 6 January 2014. Monumental public sculpture, through the masterpieces of Donatello, Ghiberti, Nanni di Banco and Michelozzo, is the first and loftiest expression of the transformation under way and of the triumph of Florence and its civilisation. At that time, the writings of the great Humanists, singing the praises of the Florentine Republic’s political achievements, its economic power and its social harmony, were spreading the legend of Florence as heir to the Roman Republic and as a model for other Italian citystates.

Dove: Palazzo Strozzi, Firenze Quando: dal 23 marzo al 18 agosto 2013 Info: www.palazzostrozzi.org

Where: Palazzo Strozzi, Firenze When: from 23 March through 18 August 2013 Info: www.palazzostrozzi.org

Filippo Brunelleschi (Firenze 13771446) Il sacrificio di Isacco 1401; bronzo dorato; cm 41,5 x 39,5 x 9. Firenze, Museo Nazionale del Bargello, inv. 209, Bronzi © Antonio Quattrone

ARTISTI BORDERLINE, tra follia e normalitÀ Il Museo d’Arte della Città di Ravenna prosegue la sua indagine su temi di grande interesse ancora da approfondire con l’ambizioso progetto espositivo dal titolo “Borderline, Artisti tra normalità e follia”. Da Bosch a Dalì, dall’Art Brut a Basquiat. In programma dal 17 febbraio al 16 giugno 2013. L’obiettivo della mostra è di superare i confini che fino ad oggi hanno racchiuso l’Art Brut e l’“arte dei folli” in un recinto, isolandone gli esponenti da quelli che la critica (e il mercato) ha eletto artisti “ufficiali”. Già nella cultura europea del XX secolo diversi protagonisti delle avanguardie e psichiatri innovatori guardarono in luce nuova le esperienze artistiche nate nei luoghi di cura per malati mentali. Le ricerche di quegli anni avevano avviato una revisione radicale di termini quali “arte dei folli” e “arte psicopatologica”, prendendo in esame queste produzioni sia come sorgenti stesse della creatività quanto come una modalità propria di essere nel mondo, da comprendere al di là del linguaggio formale.

BORDERLINE ARTISTS The Art Museum of the City of Ravenna continues its inquiry into issues of great interest yet to be explored with the ambitious exhibition project entitled “Borderline, Artists between Normality and Madness. From Bosch to Dalì, from Art Brut to Basquiat” scheduled from 17 February to 16 June, 2013. The aim of the exhibition is to go beyond the boundaries that up until now have relegated the Art Brut and the “art of the insane” to an enclosure, isolating their representatives from those that the critics (and the market) had chosen as “official artists”. Several protagonists of the avant-garde and innovative psychiatrists in the European culture of the twentieth century had already considered the artistic experiences born in mental homes in a new light. The research of those years had initiated a radical revision of such terms as “art of the insane” and “psychopathological art”, analysing these productions both as wellsprings of creativity and as personal ways of living, to be understood beyond a formal language.

Dove: Museo d’Arte della città di Ravenna Quando: dal 17 febbraio al 16 giugno 2013

Where: Art Museum of Ravenna When: from 17 February to 16 June, 2013

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ART@Hilton con Oliviero Dall’Asta ART@Hilton è una serie di mostre d’arte ospitate dall’Hotel Hilton Molino Stucky Venice, a cura di Giudecca 795 Art Gallery, che presenta progetti e artisti emergenti di grande interesse e le cui opere hanno un legame speciale con Venezia. Il programma prevede sei mostre che si svolgeranno nel corso del 2013, cadenzate in modo da invitare gli ospiti del Molino Stucky ad una “full immersion” nel clima della Venezia d’oggi, specialmente in prossimità di grandi eventi come il Carnevale, la Biennale Arte e la Mostra del Cinema. La particolare prospettiva è quella di artisti che hanno incontrato Venezia come viaggiatori, finendo per sceglierla come luogo del cuore e di lavoro, tappa importante nella propria crescita artistica e personale. La rassegna traccia un percorso per un’avventura attraverso il presente e la storia, a partire dalla visione festosa e surreale di Oliviero Dall’Asta, quasi un diario di viaggio veneziano su tela, nella meraviglia di una giornata trascorsa a passeggiare per le calli di una città a lungo immaginata. Oliviero Dall’Asta è nato a Brescia e lavora da qualche tempo per il suo atelier veneziano alla Giudecca. Pittore particolarissimo, vincitore di numerosi premi, Dall’Asta è noto appunto per la sua rappresentazione della realtà urbana in una dimensione fiabesca. In questi ultimi lavori propone il ricordo della Venezia del Carnevale, ma non solo: caotica, piena di luce e colore, rumorosa, capace di cose straordinarie così come la sente lo straniero (il “foresto” in dialetto) che anche solo per pochi giorni vorrebbe trasformarsi in un veneziano nascosto dietro un costume. Una città da capogiro. Un’ebbrezza enfatizzata da parte dell’artista, che firma due volte le sue opere, invitando l’osservatore a guardarle da tutti gli angoli. Le reminiscenze ingenue, l’immediato richiamo all’Art Brut, la forza dei colori nello stile di un

ART@Hilton, Oliviero Dall’Asta ART@Hilton is a series of art exhibitions at the Hilton Molino Stucky Venice and curated by Giudecca 795 Art Gallery, which presents projects and emerging artists of great interest and whose work has a special connection to Venice. The programme includes six exhibitions that will take place during 2013, timed to invite guests arriving at the Hilton Molino Stucky to a “full immersion” in the atmosphere of today’s Venice, also in proximity to great events such as Carnival, the Art Biennale and the Venice Film Festival. These particular perspectives are those by artists who have known Venice initially as travelers, and ended up choosing the city as their place of the heart and work, and making it a focal point in their artistic and personal growth. The exhibition traces a path to an adventure through the present and in history, starting with the festive and surreal vision of Oliviero Dall’Asta, almost a Venetian travel diary laid on the canvas, the wonder of a day spent walking in the city’s long imagined calli. Oliviero Dall’Asta was born in Italy and has worked for some time in his Venetian atelier on the island of Giudecca. A peculiar painter and winner of numerous awards, he is known precisely for his portrayal of the urban dimension in a fairy tale form. His recent work suggests the memory of the Carnival of Venice, not only chaotic, full of light and color and noise, but one also capable of extraordinary things - a feeling shared with the stranger (the “foresto” in the local dialect) that hides behind a costume, and for a few days wishes to become a Venetian. Venice looks like the place of dreams where everything is possible. An intoxicating city, emphasized by the artist’s style and by his habit of signing his works twice, inviting the viewer to look at them from all angles. The naive reminiscences, strongly recalling the Art Brut, the strength of the colors in the style of a young Matisse and the addition of expressive Kirchner-like free-

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giovane Matisse e l’aggiunta di una libertà espressiva sulle orme di Kirchner ci mostrano, al di là del bizzarro panorama, l’attenzione per forma e tecnica, con una ricerca che vuole a catturare la memoria. Ci si può perdere, nelle opere di Dall’Asta, a cercare dettagli, posti, momenti vissuti, fissati in una rete di piccole figure che sembrano danzare in una mappa impossibile. In mezzo a loro scorgiamo un personaggio che è la vera firma di Dall’Asta: L’Omino della Felicità, la guida che ci aiuta a smarrirci tra le calli senza timore, e magari a dichiarare le nostre più segrete speranze, a noi stessi, o forse alla persona amata. Perché perdersi è la vera maniera di godersi questa magia; e perché non aver paura dei propri sogni è il modo più bello di viaggiare attraverso Venezia, come attraverso la vita. Giudecca 795 Art Gallery ha un legame speciale con l’Hotel Hilton Molino Stucky: è situata a pochi metri dall’albergo, affacciata sul Canale della Giudecca; anch’essa inaugurata nel giugno 2007, la galleria si trova nel cinquecentesco Palazzo Foscari al civico 795, che è stato una delle abitazioni dell’imprenditore Giovanni Stucky. In pochi anni la galleria si è fatta conoscere e apprezzare per la sua intensa attività espositiva, dedicata principalmente agli artisti emergenti. Dal 2009 è membro della Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea ANGAMC, è un riferimento per i collezionisti per le sue proposte in pittura, scultura, design, fotografia, e cyber-art. Partner di ART@Hilton - Le presentazioni degli eventi Art@Hilton sono realizzate in collaborazione con le rinomate Cantine Perla del Garda.

dom show us, beyond the bizarre panorama, Dall’Asta’s care for form and technique, while capturing the visitor’s memory. One can get lost in the works of Dall’Asta, looking at those details, those places and moments lived in the city of Comedy and universally recognizable, set in a network of small figures that seem to dance in an impossible geography. Among them we see a character which is the true signature of Dall’Asta: The Little Man of Happiness, the guide that helps us wander through the narrow streets without fear, and perhaps to declare our most secret hopes to ourselves, or maybe to our loved one. Because getting lost is the real way to enjoy this magic, because not being afraid of our dreams is the most beautiful way to travel through Venice, as through life. The Giudecca 795 Art Gallery has a special bond with the Hilton Molino Stucky Venice; it is located a few meters from the Hotel, also overlooking the Giudecca Canal; established at the same time as the hotel’s opening (June 2007), the gallery is situated in the sixteenth century Palazzo Foscari at the civic 795, which was one of the houses of the entrepreneur Giovanni Stucky.. In a few years the gallery has become known and appreciated for its intense exhibition activity, mainly dedicated to emerging artists and original projects. Since 2009 it has been a member of the National Association of Modern and Contemporary Art Galleries ANGAMC, and is a reference point for collectors, with proposals that not only give visibility to established artists but also enhance new talents in painting, sculpture, design, photography, and cyber art. The presentations of the events ART@Hilton” are organized in partnership with the Cantine Perla del Garda, wine makers.

Dove: Hilton Molino Stucky Venice Quando: dal 25 Gennaio al 24 Marzo 2013 Info: Giudecca 795 Art Gallery - tel (+39) 3408798327 www.giudecca795.com Hilton Molino Stucky Venice - tel (+39) 04127233111 www.molinostuckyhilton.it

Where: Hilton Molino Stucky Venice When: 25 January to 24 March 2013 Info: Giudecca 795 Art Gallery - phone (+39) 3408798327 www.giudecca795.com Hilton Molino Stucky Venice - phone (+39) 04127233111 www.molinostuckyhilton.it

jan mizo, EXPOSTI

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Arte come codice dello straordinario nel quotidiano , ovvero testimone di tentativi di fuga, di espressioni troppo a lungo soffocate e ingabbiate in regole che hanno perso credibilità. “Jan Mizo - Exposti” presenta alcune opere di un precursore della digital art sempre più apprezzato internazionalmente. Sorpresa da un obiettivo fintamente distratto, in partecipe ma discreta osservazione, la normalità viene fissata nel suo labile guizzo di poesia, negli sprazzi di imprevedibilità per piatte esistenze. La rivelazione arriva insieme al sorriso contenuto e bonario, senza giudizio, di chi guarda la realtà con gli occhi di chi non le appartiene già più. Eroi di vite parcheggiate negli affanni del quotidiano, camuffati in una ostentata normalità, incontrati per caso per strada, vengono smascherati e spogliati ma solo per un breve istante, subito restituiti al rispetto della loro vita in lista d’attesa.

EXPOSTI Art as a code of the extraordinary in the daily routines, witnessing escape attempts, and expressions which have been too long stifled and caged in rules that have lost credibility. “Jan Mizo - Exposti” presents works by a precursor of digital art, increasingly recognized internationally. Surprised by an apparently distracted, but participating lens in discrete observation, normality is fixed in its fleeting flash of poetry, in bursts of unpredictability for flat lives. The revelation comes along with content and good-natured smile, without judgment, looking at reality as someone who does not belong any more. Heroes of lives parked on the troubles of everyday stories, camouflaged in an ostentatious normality, met by chance in the street, are unmasked and stripped but only for a brief moment, immediately returned to the respect for their lives on the waiting list.

Dove: Giudecca 795 Art Gallery Quando: fino al 31 Marzo 2013 Info: www.giudecca795.com

Where: Giudecca 795 Art Gallery When: through 31 March 2013 Info: www.giudecca795.com



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Lo Zar dei costumi di DANIELE PAJAR

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astano cinque secondi. Stefano Nicolao si occupa di sartoria da più di 30 anni ma per trovare la definizione che meglio lo inquadra ci vogliono 5 secondi: lui è lo Zar dei Costumi. Sarà l’aspetto, sarà il modo di fare, sarà quell’autoritratto ironicamente serio che tiene appeso all’ingresso del suo atelier, in Fondamenta della Misericordia a Venezia, ma le sue dichiarate origini caucasiche si percepiscono subito. E che Zar sia. È con lui che abbiamo voluto avviare un viaggio lungo la storia del costume, (parallelo anche ad un altro tour tra le immagini, che potrete vedere nelle pagine seguenti, da Firenze fino a Venezia) perché anche se a Carnevale ogni scherzo vale, la questione “abbigliamento” è serissima: “un abito, che sia di scena o per una notte di Carnevale, deve rispettare determinati canoni soprattutto dal punto di vista del taglio”. Insomma che l’occasione sia per “Un ballo in maschera di Verdi”, 250 costumi di scena in queste settimane tra Tokyo ed Osaka (tutta opera di Nicolao, che ci legge proprio dal Giappone), per indossare uno smoking da cerimonia, per fare quattro passi al Carnevale, serve sempre la stessa maestria ed il rispetto dei materiali: “ho cominciato 32 anni fa decidendo di portare avanti il concetto del taglio storico – spiega Stefano – un costume deve ricalcare la struttura del suo tempo”. E lo sanno bene i suoi allievi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove insegna appunto Taglio Storico: “basta veramente poco per sba33


gliare ed un abito dei primi del ’900, senza le sottogonne giuste, senza le stecche giuste, senza i busti giusti, può diventare tranquillamente un ’500 o un tardo ’400”. Scopriamo quindi che in un film dell’inizio del secolo (indovinate quale) “Greta Garbo compare con parrucche del ’700 bianche ma con quelle ondine tipiche degli anni 30; e ancora le crinoline (le gabbie che andavano ‘montate’ sotto le gonne, ndr) erano a vita bassa, come si usava negli anni ’20, ricalcando un disegno che dava l’idea della libellula, della farfalla; insomma tutt’altro rispetto alle tipiche gonne settecentesche, necessarie per il film, che erano molto gonfie paragonabili a mongolfiere, scoperta di quell’epoca dei fratelli Montgolfier”. La passione per gli abiti è grande in Stefano Nicolao: “nel mio atelier ci sono circa 10mila costumi – e ce li vediamo raccontare uno a uno man mano che ci avventuriamo tra scale e scalette, del suo regno di creatività - ed ho anche una collezione di 250 pezzi originali”. Piccole opere d’arte: due costumi sono esposti in una grande teca all’ingresso dell’atelier Nicolao, alcuni sono esposti al Museo Fortuny e uno invece ha varcato la soglia del Metropolitan Museum, presso il Costume Institute, di New York. A cosa serve custodire un numero così rilevante di abiti? Passione, come abbiamo già

CHI è Stefano Nicolao nasce a Venezia il 25 marzo 1954. Si diploma presso il Liceo artistico di Venezia nel 1972 ed abbraccia la carriera teatrale, come attore, dopo l’esperienza formativa presso il Teatro “A l’Avogaria” di Venezia diretto da Giovanni Poli. Contemporaneamente, vista la sua preparazione artistica inizia la sua esperienza di assistente di sartoria per scene e costumi con vari costumisti nelle discipline teatrali, cinematografiche e televisive. Nel 1975, presso il Teatro Stabile Friuli Venezia Giulia a Trieste, gli viene assegnata la direzione della sartoria per la stagione di prosa, che viene riconfermata per la stagione successiva per poi staccarsene definitivamente e diventare libero professionista. Nel 1980, con la rinascita del Carnevale di Venezia, decide di fermarsi nella città per fondare la società “Il Baule” per la quale è responsabile di scene e costumi. Nel 1983 si rende indipendente costituendo la ditta “Nicolao Atelier”.

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Who is Stefano Nicolao was born in Venice on the 25th March 1954. He obtained his School-Leaving Diploma at the High School of Arte (Liceo Artistico) in 1972 and began his career as an actor, after training at the “A l’Avogaria” Theatre Drama School of Venice under the direction of Giovanni Poli. At the same time thanks to his artistic qualifications, he began his work as assistant in the coutumes, and set department with various costume designers in the world of theatre, film and television. In 1975, at the Friuli Venezia Giulia Repertory Theatre in Trieste, he was put in charge of the costume department for the season, also reconfirmed for the following season, but after this experience he finally branched out as a professional free-lance. In 1980, with the revival of the Venice Carnival, he decided to make his mark in the city and founded the company “Il Baule” for which he was responsible far costumes and sets. In 1983 he became a free-lance, setting-up the firm “Nicolao Atelier”.

The Tsar of Costumes Five seconds are enough. Stefano Nicolao has been a tailor for over 30 years, but finding the definition that best fits him takes 5 seconds: he is the Tsar of Costumes. Whether for the way he looks, or he behaves, or for that seriously ironic self-portrait ironically hung at the entrance of his studio in Fondamenta della Misericordia, Venice, its declared Caucasian origins are immediately perceived. So, let’s go for the Tsar. It’s in his company that we wanted to begin a journey in the history of costume, (also parallel to another tour through images from Florence to Venice, which you can view in the following pages) because, even if at Carnival anything goes, the “clothing” matter is a very serious one: “A dress for the stage, or for a Carnival night must comply with certain canons especially from the point of view of the cut.” In brief, no matter if the occasion is “A Masked Ball by Verdi”, 250 costumes in these weeks between Tokyo and Osaka (all by Nicolao, who is reading us right in Japan), or wearing a formal tuxedo, or a stroll through Carnival, the same craftsmanship and respect for the material are needed: “I started 32 years ago, deciding to carry on the concept of the historical cut” – Stefano explains – “a costume must be able to trace the structure of its time.” And his students are very conscious of this at the Academy of Fine Arts in Venice where he teaches Historical Cut. “It takes very little to go wrong, and a dress of the early ’900 without the right petticoat, without the right slats, without the right bustier, can easily become a ’500 or late ’400.” We find that in a film of the early century (guess what), “Greta Garbo appears with white wigs ’700 style but with those typical curls of the 30’s; and yet the crinoline (the cages to be ‘assembled’ under the skirts, Ed.) were low-rise, as in the ’20s fashion, tracing a design recalling a dragonfly, a butterfly; in conclusion, anything else than the typical eighteenth-century skirts, which were necessary for the film, which were very swollen comparable to the balloons, invented in that period by the Montgolfier brothers.” Stefano Nicolao shows a great passion for clothes. “In my atelier there are about 10 thousand costumes” – and he talks about them, one by one, as we venture between stairs and ladders in his kingdom of creativity – “and I also have a collection of 250 original pieces.” Small works of art: two costumes are exhibited in a large display case at the atelier Nicolao entrance, while others are exhibited at the Fortuny Museum. One has even crossed the threshold of the Metropolitan Museum at the Costume Institute, New York. What is so important to keep so many clothes? For what? Passion, as we have already said, but study above all. “At that time the fabrics were only 60 cm in width and a dress could cost very much; the actual cost would correspond to something between 60 and 90 thousand euros. To make an outfit it took almost 20 metres of fabric; on the contrary, the work of the tailor was not greatly taken into consideration: I have documents certifying payments as demijohns of wine.” A well of knowledge gained over the years and with experience in the field: “In effect you can read


detto, ma soprattutto studio: “all’epoca i tessuti erano alti solo 60 cm e un abito poteva costare veramente molto; facendo un calcolo riportato ai giorni nostri parliamo di cifre che oscillavano tra i 60 ed i 90mila euro. Per fare un abito ci volevano quasi 20 metri di tessuto; al contrario il lavoro del sarto non era granché valorizzato: ho dei documenti che certificano pagamenti in damigiane di vino”. Un pozzo di nozioni acquisite con gli anni e l’esperienza sul campo: “in effetti sul taglio storico si possono leggere dei libri ma penso che la stratificazione delle esperienze negli anni sia stata fondamentale”; in questo senso Stefano Nicolao ha lavorato molto anche per il mondo del cinema applicando sempre il suo “mantra” sul rispetto del taglio: suoi i costumi di un paio di classici come “Casanova” e il “Mercante di Venezia” e suoi anche quelli che si vedono nella saga Disney “i Pirati dei Caraibi”; ma la pellicola a cui probabilmente è rimasto più “affezionato” è il “Marco Polo” giunto nelle sale nel 1982: un vero e proprio colossal che ha portato Stefano in Asia; “mi chiesero di essere nella Second Unit del film in Tibet – racconta - ma la cosa complicata era che lì si sarebbe dovuto lavorare solo sui modelli che ci eravamo portati dall’Europa: il resto era solo frutto della capacità di tagliare, cucire, adattare sul posto. E penso proprio che fu per questa mia abilità manuale che fui scelto”. E poi? “Poi il film divenne un ottimo biglietto da visita, il richiamo di Venezia si fece forte e tornai in città. Allora rinasceva il Carnevale, arrivavano personaggi straordinari come Maurice Bejart, Roland Petit e pure i Beatles; c’era il Teatro del Mondo ed ogni piccolo o grande teatro aveva un cartellone; altri tempi: tutti volevano vestirsi per essere parte del Carnevale e noi partivamo da zero, prima con una società chiamata il Baule e poi io da solo”. Va raccontato che la carriera di Stefano Nicolao inizia non dietro al palcoscenico ma davanti: “è vero per alcuni anni sono stato un attore, avevo anche buone critiche, ed ero stato chiamato, negli anni Settanta, da Giorgio Strehler al Piccolo, poi però arrivò il servizio militare”: un anno nei paracadutisti. “D’altronde, visto che si era interrotta questa carriera, decisi di volare in maniera diversa: fui anche maestro di paracadutismo; al mio rientro le cose erano cambiate: tornai sul palco ma la voglia di lavorare con la materia, con il colore, mi fece capire che il mio futuro sarebbe stato un altro”. Diventare lo Zar dei costumi.

Nell'atelier Nicolao sono conservati oltre 10.000 costumi

books on the historical style, but I think the layering of experiences over the years has been fundamental.” In this sense Stefano Nicolao has also worked very well for the movies, continuing to apply his “mantra” of compliance with the cut: among his costumes, the ones for a couple of classics like “Casanova” and “The Merchant of Venice”, and the Disney saga “Pirates of the Caribbean”; but the film that probably he is most fond of is the “Marco Polo” released in 1982: a really spectacular movie that brought Stefano to Asia. “They asked me to join the Second Unit of the film in Tibet” – he recalls – “but the tricky thing was that we would have had to work only on models that we had brought from Europe. The rest was just the result of the ability to cut, sew, fit in place. And I think that it was for my dexterity that I was chosen.” And then? “The film became a great business card, the lure of Venice became strong and I returned. At the time Carnival was having a second birth, attracting extraordinary people such as Maurice Bejart, Roland Petit and even the Beatles; it was il Teatro del Mondo (the Theatre of the World) and every small or large theatre had a playbill. Other times, everyone wanted to be dressed up and enjoy the Carnival, and we were starting from scratch, first with a company called il Baule and then on my own.” It must be said that Stefano Nicolao’s career did not begin behind the scene but in front. “It is true, for some years I had been an actor, I also had some good reviews, and I was called upon, in the seventies, by Giorgio Strehler at the Piccolo Teatro, but then the military service called me”, one year in the paratroopers. “On the other hand, since this career had been interrupted, I decided to fly in a different way: I was also a master of skydiving. When I returned, things had changed, I went back on stage but my desire to work with the material, with colors, made me realize that my future would have been different.” Becoming the Tsar of costumes.

Stefano Nicolao nel suo atelier mostra al fotografo de L'illustre uno splendido abito; sulla sinistra si nota spuntare l'ironico quadro dove lo stesso Nicolao è ritratto

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Da Firenze a Venezia

Un Viaggio mai visto... sulle tracce di Casanova

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dettagliate per non perdersi nemmeno una vetrina. Una breve sosta per un tè al Caffè Florian di Firenze e poi via verso la ferrovia. La seconda parte di questo viaggio si svolge invece a bordo di un mezzo ideale per raggiungere Venezia: il treno. La scelta è caduta su Italo, il nuovissimo gioiello di Ntv, che ha ospitato letteralmente la trasformazione del nostro Casanova; un viaggio confortevole, in ambiente Club, con la possibilità di sfogliare qualche giornale (magari L’illustre nella nuova versione digitale sull’iPad) oppure godersi un buon libro sullo schermo touch che spunta fuori dalla poltrona Frau: il tutto viaggiando sul filo dei 300 all’ora.

Si parte da Firenze. Nella città de’ Medici non abbiamo tralasciato l’opportunità di soffermarci, in questa corsa verso la laguna, davanti agli scorci più affascinanti della città, con un occhio anche allo shopping: idee e spunti in boutique di charme con le indicazioni

Il terzo capitolo di questo tour, tanto fantastico quanto reale, si svolge a Venezia. È il rosso della passione di due dame Settecentesche avvolte in splendidi abiti ad accogliere il Casanova ormai rivelato: dalla carrozza Club, passando per la Casa Italo, fino al motoscafo che attende in Canal Grande, è questione di pochi passi. A fare il resto ci pensa la magia della notte veneziana, il passaggio sotto il Ponte di Rialto. E arriviamo all’epilogo, almeno così pare: i tre costumi, la cui fattura è stata curata dall’atelier veneziano di Stefano Nicolao (lo Zar di cui parliamo nelle pagine precedenti) d’improvviso scompaiono, al di là di un ponticello, in una tipica atmosfera veneziana. Una favola che, in realtà, ciascuno di noi può provare a vivere: nei giorni del Carnevale o anche con l’incedere della bella stagione.

iacomo Casanova è vissuto tra il 1725 e il 1798. Il suo nome è diventato sinonimo di fascino ma durante la sua rocambolesca vita il veneziano Giacomo fu scrittore, poeta, alchimista, diplomatico, filosofo e pure un agente segreto italiano. Insomma, un vero avventuriero. Trasponendo la sua immagine sfaccettata ad oggi, il Casanova moderno ci piace immaginarlo nelle vesti di un manager, indubbiamente di successo, che d’improvviso smette la cravatta e il completo classico e si trasforma in un nobile d’altri tempi. Favola o realtà? A voi l’ardua sentenza. L’illustre, sia l’una che l’altra, l’ha immaginata così: un viaggio, della durata di un weekend, che partendo da Firenze ci porta a Venezia. Città dove in qualsiasi periodo dell’anno è possibile passeggiare con un abito del ’700 senza rischiare di apparire fuori stagione. Anzi.

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Firenze

Inizia da qui il viaggio mai visto sulla tracce di Casanova tra le vie e le boutique di Firenze

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PINEIDER Sigillo personalizzato con due stick di ceralacca Collezione 1949

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GUCCI L'Equestrian look di Gucci comprende oltre al frustino e l'elmetto anche una sella

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A piedi in piazza del Duomo a Firenze

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Un momento di relax lungo l'Arno a un passo da Ponte Vecchio, sullo sfondo il ponte S. Trinita

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L'arrivo in piazza della Signoria

Una pausa al Caffè Florian di Firenze

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Volete organizzarvi un weekend alla Casanova tra Firenze e Venezia? Ecco come fare.

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Here are the you can find the boutiques and ideas for your shopping in Florence with L’illustre.

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Cena • Antica Sacrestia, Castello 4442 www.anticasacrestia.it

Shop • Le boutique del centro di Firenze (vedi sopra)

Costumi • Atelier Nicolao - www.nicolao.com

Viaggio • Italo di Ntv - www.italotreno.it

• Shop: le boutique del centro storico di Venezia (vedi n. 9/2012 L’illustre, anche in edizione digitale per iPad)


IL VIAGGIO 43


BACKSTAGE

Dall'alto: in stazione si sale a bordo di Italo, direzione Venezia; il salottino dell'ambiente Club, ottimo per rilassarsi consultando il tablet di bordo, ospita la trasformazione di un perfetto uomo d'affari in un novello Giacomo Casanova (foto grande)

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Il Treno In viaggio con Italo Un treno di ultimissima generazione, progettato per viaggiare a velocità fino a 360 km/h, in un comfort mai visto. È Italo di Ntv, capace di coniugare in maniera unica sicurezza, comfort, ecologia. Ed è il mezzo che abbiamo scelto per viaggiare da Firenze a Venezia, per realizzare il servizio di queste pagine. Appena saliti a bordo abbiamo scoperto che gli interni di Italo sono divisi in ambienti e non in classi: Smart e Smart Cinema, Prima e Prima Relax, Club. Il concetto è semplice: puoi scegliere lo stile del viaggio e decidere se vuoi includere o meno il servizio di bordo, senza rinunciare in nessun caso alla qualità e alla comodità. Nel nostro caso abbiamo viaggiato in ambiente Club; la carrozza, collocata all’estremità del treno, per non esporla al passaggio di viaggiatori, dispone di comode poltrone in pelle Frau; i posti sono organizzati in un’area “open space” per 11 viaggiatori, e in due Salotti acquistabili esclusivamente “a corpo”, ciascuno fino a un massimo di 4 posti, per una scelta improntata alla riservatezza. Ogni passeggero club ha in dotazione uno schermo da 9” touch screen: si possono consultare, così, notizie, selezionare film oppure vedere programmi tv; ma per chi preferisce usare il suo tablet o pc, su tutto il treno è disponibile una connessione wi-fi gratuita. Per chi sceglie di mangiare a bordo treno c’è la possibilità di scegliere tra i menù sviluppati in esclusiva da Eataly. Casa Italo Prima e dopo il viaggio chi si sposta con Italo ha a disposizione anche Casa Italo. Dotata di un design innovativo e funzionale, sviluppato dall’architetto urbanista di fama internazionale Stefano Boeri, Casa Italo: il centro servizi di Italo con un desk di accoglienza. Le biglietterie Self Service per i soli treni Italo, per gestire il viaggio in completa autonomia, acquistando un biglietto o modificandolo (in caso di bisogno le hostess e gli steward sono a disposizione per fornire tutto il supporto necessario); connessione Wi-Fi oltre ad un apposito tavolo dotato di prese elettriche per consentire di lavorare con il pc; area di sosta breve, con divani e sedute per trascorrere comodamente il tempo d’attesa; display informativo sui treni Italo in arrivo e in partenza; pannelli touch screen per scoprire tutte le novità di Italo. www.italotreno.it

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VENEZIA

Il transito lungo il ponte della LibertĂ segna l'arrivo del Casanova moderno a Venezia: ad accoglierlo due dame in abito settecentesco. La serata proseguirĂ tra calli e campielli, dopo un ulteriore viaggio tra le vie d'acqua della cittĂ lagunare, passando sotto il ponte di Rialto, lontano dall'occhio indiscreto della nostra troupe. Foto di Manuel Silvestri Coordinamento di Shaula Calliandro Costumi di Atelier Nicolao Trucco di Cristiana Bertini Hanno partecipato: Matteo Cesarato (Casanova), Olimpia Nicolao e Anna Barel (dame) Si ringrazia Matteo Corvino

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Il numero 5 che divenne icona “Due gocce di Chanel N.5... e niente altro”. Nemmeno prima di dormire, Marilyn Monroe rinunciava a inebriarsi della fragranza più celebre della storia. E proprio da Chanel iniziamo il nostro viaggio nell’affascinante mondo del profumo, fatto di fiori, essenze, aromi. Un’arte iniziata secoli fa, ma ancora oggi oggetto di studi, evoluzioni, con l’intento di confezionare fragranze sempre originali, che possano farsi riconoscere anche dai meno esperti: immortali e inconfondibili, allo stesso tempo classiche e moderne. Perché lei, Madame Coco, nel 1921 ha davvero scritto la storia della cosmesi grazie al numero cinque: il profumo prescelto, creato da Ernest Beaux, era contenuto nella boccetta di prova numero cinque, ed è stato presentato il giorno cinque maggio. Un auspicio di buona fortuna che si è poi rivelato un successo planetario. Sono diversi gli ingredienti che formano un bouquet complesso, in cui tutte le essenze si sposano alla perfezione. E così, il N.5 non sa solo di rosa, bergamotto, iris e vaniglia, ma di tutti questi

profumi combinati insieme a formare una fragranza unica ed elaborata, così come la voleva la stilista. Estremamente femminile, elegante e seducente, negli anni si è guadagnato il posto d’onore nella profumeria, riconfermando il suo successo non solo tra le affezionate, ma conquistando in anni recenti sempre più donne, grazie anche a versioni rivisitate: non solo una nuova concentrazione, bensì una reinterpretazione olfattiva sempre fedele allo spirito e alla persistenza della composizione originale. Profumo, Eau de Parfum, Eau de Toilette, Eau Première: ciascuna interpretazione mette in risalto un aspetto diverso del N°5. Con l’ultimo nato, Eau Première, il creatore Jacques Polge perpetua la leggenda e immagina un’armonia satinata che ne svela la sfaccettatura più morbida e delicata. Moderna e fresca, ma sempre seduttiva, è adatta all’uso quotidiano senza rinunciare alla fragranza tipica della maison francese. Perché per Coco Chanel la femminilità è stile: per una donna, un aspetto irrinunciabile della propria personalità. Nel 1921, ma anche oggi. (S.C.)

Un packaging decisamente unico per un campioncino del celeberrimo Chanel N.5: sulla destra ad osservare la modella all’avvio della sfilata, Coco Chanel

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Hey! Geoffrey 51


di Andrea Gion e Savino Liuzzi

Amo la bellezza, non cerco la mondanità o la carnalità: preferisco il gusto estetico

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iamo a Palanca. La casaatelier di Geoffrey si affaccia sull’irrequieto canale della Giudecca, sovrastando la fermata del vaporetto. Saliamo una scala ripidissima ed entriamo nella tana del bianconiglio. Seguiamo il padrone di casa in religioso silenzio, mentre ci svela, una stanza dopo l’altra, gli incredibili ambienti del suo regno: l’atelier, con le grandi finestre che ammirano le zattere e inondano di fasci luminosi le tele e i cavalletti, riflessi da un’enorme parete a specchio. Il cinematografo, dove divani e schermo sono coperti da una selva di ombrelli di carta giapponese, appesi al soffitto a testa in giù. La cucina, tutta rivestita di ceramica e ghisa, ci riporta indietro nel tempo di almeno quarant’anni. “Una volta – ci spiega Geoffrey – qui c’era una fabbrica tedesca di prodotti farmaceutici. L’intera Giudecca funzionava come zona portuale e industriale e pullulava di marinai e ubriaconi, tanto che tutti la evitavano. A parte noi. Come allievi dell’accademia cercavamo uno studio ideale. Così, insieme agli altri amici artisti, abbiamo acquistato questo posto. Successivamente ognuno ha preso la sua strada. Io pure... e ho deciso di restare qui. Questa – continua Geoffrey, prendendo in mano una tazza coperta di animali e forme astratte delicatamente miniate – l’ha decorata mia figlia, Lucy Mae. È un gioco di parole. “Mae” si pronuncia come “may”, “possibilità.” È un mantra, un augurio”. Ci muoviamo incuriositi nel labirinto di quadri e tele sciolte disposte un po’ ovunque, mentre Geoffrey ci guida camminando piano, con lo sguardo di chi si trova in tutt’altro luogo. A volte ride “pirotecnicamente”, altre, si perde nei meandri delle mente, trasformandosi l’istante immediatamente successivo. Sembra di essere in un’altra dimensione, sospesa. Quando rientriamo nell’atelier vero e proprio, ci blocchiamo davanti a un dipinto: una donna semi nuda, appena coperta da una specie di peplo rosso, ci scruta con sensualità. Per non lasciarci distrarre dalle curve e dal

candore della donna ritratta, volgiamo l’osservazione poco più in là, dove Geoffrey esibisce i suoi strumenti musicali, pronti per un’occasione improvvisa. Pittura e musica. Da sempre due amori. “Sono due stili di vita. Da ragazzo avrei potuto suonare la fisarmonica professionalmente sul ponte dell’Accademia, oppure avrei potuto dipingere. Alla fine ho scelto il secondo desiderio, anche se la musica è rimasta comunque una grande passione e un divertimento. La prima fisarmonica l’ho presa in mano in un club studentesco, ma la vera rivelazione è stata l’incontro con la chitarra. Molti anni fa, quando dipingevo in piazza San Marco, ho venduto per tre sere di seguito una serie di tele allo stesso tizio; allora ne ho fatta una quarta, più grande, sperando tornasse. Cosa che non è mai successa. Così ho regalato la tela a uno dei violinisti della piazza e lui, in cambio, mi ha regalato una chitarra.” Ogni qual volta un amico musicista – compresa qualche rock star – passa a salutare Geoffrey, l’atelier diventa teatro di vere e proprie jam sessions. Non si contano le occasioni in cui lui stesso ha partecipato, unendo pittura e musica in un unico e totalizzante atto creativo. Un pianoforte, chitarre di ogni tipo e altri strumenti allineati lungo la parete testimoniano le sue parole. La sua passione intramontabile sono le donne. Figure predilette e visioni spensierate. “Amo la bellezza, non cerco la mondanità o la carnalità. Preferisco il gusto estetico, l’eleganza e il fascino. I primi ritratti li facevo a matita, poi ho scelto la pittura a olio. Scovo delle idee, mi ispiro a icone del passato. La collaborazione con le modelle è un processo di confidenza e abitudine: quando iniziamo a lavorare sono un po’ rigide, devono cercare il carattere giusto, ma lentamente si aprono ai consigli e si lasciano andare. Si stancano parecchio a stare immobili per tutto quel tempo, restando comunque espressive. Un lavoro lodevole.” La tempistica media per ottenere un prodotto finito? “Dalle due ore in su. Dipende.”

CHI è Geoffrey Humphries nasce ad Amersham, in Inghilterra, nel 1945. Nel 1963 compie un viaggio in Italia, se ne innamora perdutamente e decide di trasferirsi e di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Artista figurativo di spicco, genio creativo riconosciuto in diverse regioni del pianeta, Geoffrey ha fatto di Venezia la sua città d’elezione. Vicino a San Marco, tra l’altro, cura e gestisce la galleria Holly Snapp, dove sono esposte molte delle sue opere.

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Mentre parliamo con il Maestro, le sue opere a olio su tela sembrano respirare, ascoltandoci. Una selva di personaggi femminili, ritratti in molteplici pose, scene e atteggiamenti, in gran parte senza veli, danno la sensazione di muoversi impercettibilmente. I loro sguardi somigliano al canto ipnotico delle sirene descritto da Omero, la pelle trasmette calore e nulla è volgare. L’effetto e la naturalezza delle linee ammaliano, la consistenza del colore è tale da illudere le percezioni di poter sfiorare una spalla reale, una gamba sinuosa, un seno scoperto, oppure perdersi nei tornanti di una schiena. Ci si trova di fronte a un vero essere in carne e ossa. Il set che ospita le modelle è sempre ed esclusivamente la curiosa casa di Geoffrey, colta nelle prospettive più imprevedibili. Cosa può dirci, invece, riguardo l’uso del colore? È senza dubbio un tratto caratteristico e forse rappresenta la vera chiave alchemica del suo stile? “Il colore non si usa. Piuttosto, deve essere interpretato. La luce, in particolare, apporta lo smalto finale ed è un elemento indispensabile. Spesso utilizzo specchi e finestre aperte per ricoprire i miei soggetti di luce da tutte le angolazioni possibili. Il colore gioca con le forme umane e le accende, le emoziona. Il periodo trascorso a Parigi, negli anni 70, il cabaret, le influenze circensi e le acrobazie cromatiche dei burlesque hanno incentivato una sperimentazione incredibile e significano molto per me.” Qualche nome di rilievo che ha segnato il suo orientamento artistico? “James Abbot Mcneill Whistler – una specie di scioglilingua – e Edgar Degas. Due geni indiscussi. Eccellenti nelle arti figurative e nella disciplina.” Anche se non ce lo dice, sappiamo che ha insegnato in diverse scuole del mondo. “Posso dire una cosa molto semplice sull’argomento e mi rivolgo agli allievi che ho avuto e a quelli che non avrò mai: imparare a dipingere non è questione di tecnica, ma di confronto con altri artisti e, soprattutto, di volontà.” È vero che il suo atelier ha ospitato i personaggi più impensabili? “Ho un ritratto di Kate Winslet lasciato a metà. Anni fa è venuta qui con Sam Mendes. Si erano presi sei mesi di fuga dal lavoro e Sam, che a suo tempo aveva lavorato nel mio atelier, me l’aveva portata. Prima che potessi finire sono ripartiti per una nuova produzione. Anche Naomi Watts ha posato per me. Era bellissima.” Una base operativa a Venezia. Perché proprio qui e non altrove? “Venezia è un paradiso. È come se ogni epoca convivesse nel presente. E poi è internazionale. Ormai la mondanità mi interessa poco. A suo tempo mi sono divertito. Ho trascorso degli anni negli Stati Uniti, ma non è stata una gran espe-

rienza. Gli americani pubblicamente girano con la bibbia sempre in tasca, ma in realtà guardano pornografia dalla mattina alla sera. Fa eccezione New Orleans, lì sono più aperti. È una città che amo. Peccato faccia troppo caldo.”

Geoffrey al telefono in un angolo del suo atelier a Venezia

In effetti, sia Venezia che New Orleans tornano spesso nei suoi acquerelli. “A Venezia non restano molti posti dove poter dipingere in tranquillità. Oltretutto mi piace ritrarre poche vedute, più o meno sempre le stesse, e registrarne i cambiamenti. Lo squero di San Trovaso, per esempio. Hanno tagliato due alberi, fatto dei cambiamenti. Uno stesso luogo può apparire molto diverso a seconda di quando e come lo vedi. Ho dipinto Venezia durante l’Accademia, per i primi studi, poi ho smesso per moltissimi anni. La tentazione di ricominciare è arrivata solo dieci anni fa, perché poteva capitare che qualche amico si fermasse in atelier. Quasi sempre erano artisti che venivano a Venezia per ritrarla. Vedendo i loro lavori mi sono detto “Possibile che io non possa fare di meglio?” Così mi sono messo all’opera.” Artisti di passaggio, jam sessions improvvisate, ospiti famosi. Atelier o porto di mare? “Soprattutto feste. C’è stato un periodo in cui il mio motto era scherzosamente “More parties, less painting”, più feste e meno dipinti. Ho sempre visto l’atelier come un luogo aperto agli amici e agli amici degli amici.” Se il dono degli artisti è immortalare la fuggevolezza dell’attimo, cogliendolo e vivificandolo, Geoffrey Humphries ha senz’altro questo dono. Uomo affascinato dai volti dell’animo umano, dal simposio e dalla sensualità, artista versatile, residente in quella linea di confine, sottile, tra il sogno e la realtà. 53


la giusta impronta al tuo lavoro

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Un contest crea i futuri designer

{ } di MARISTELLA TAGLIAFERRO

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gnuna ricrea sé stessa, il proprio modo di essere e di “leggere” il suo mondo. E proprio partendo dalla propria realtà si possono costruire oggetti, spesso belli, che risultano utili in tutto il mondo. Sono pensieri che sorgono spontanei osservando le sei giovanissime (cinque ragazze e un ragazzo, ecco perché usiamo il femminile) vincitrici del concorso “Bag in Town” ("Borsa in città") di IED Creative Factory. Hanno

Think, design, create Each one of us recreates herself, her way of being and of “reading” her world. Starting from one’s reality, one can build objects, often beautiful ones, that can turn up to be useful worldwide. Such thoughts come to one’s mind spontaneously while observing the six (five ladies and a man, that’s why we use the feminine genre) very young winners of “Bag in Town”, a contest by IED Creative Factory. They attended two stages with architects and designers - the first one in Madrid, the second one in Venice - in order to take up the challenge of EASTPAK and IED: to rethink the triangular relationship between a bag for 24 hours, its owner and its environment; to rethink the relationship between aesthetics and functions, container and contents. As 55


I FINALISTI Fernando Ocampo, Cile My bag is Roller Bag L’unico ragazzo nel gruppo vincenti è Fernando Ocampo Celis del Angel, 26 anni. Nato in Messico, negli ultimi quattro anno ha vissuto a Santiago: nella capitale del Cile ha conseguito un diploma post-lauream in arte e direzione teatrale che va a sommarsi alla doppia laurea con lode in architettura in Messico e in Cile. È tra i fondatori di MoodLab, laboratorio di sperimentazione creativa: “come impresa - racconta - cerchiamo di consolidare una nuova industria creativa che supporti il dialogo tra vari professionisti mantenendo come punto di riferimento le arti sceniche”. The only man in the group of winners is Fernando Ocampo Celis del Angel, 26 years old. He was born in Mexico and has been living in Santiago for the last four years: in the capital city of Chile he obtained a postgraduate certificate in arts and theatre direction, which came after his double graduation with highest honours in architecture in Mexico and in Chile. He is one of the founders of MoodLab, a creative experimentation laboratory: “as a firm - Fernando says - we seek to consolidate a new creative industry that supports the dialogue between various professional actors”.

Iane de Souza Machado, Brasile My bag is Seii Iane non ha dubbi: la sua passione primaria è viaggiare. “Al contrario di mio padre, che non potrebbe mai vivere fuori dal Brasile: lui dice che io sono il suo problema - confida Iane. “Ho partecipato a un programma Erasmus in Inghilterra che mi ha cambiato la vita: ora vedo il mondo come la mia casa”. Ventitré anni, Iane de Souza Machado è neolaurata in Product Design a Rio de Janeiro, la città in cui è nata. Ama molto gli sport, specialmente la corsa e il muay thai, e darebbe qualunque cosa per una giornata di attività all’aperto. Iane has no doubts: her primary passion is travelling. “Just the opposite of my father, who could never live outside Brazil: he says I’m his problem - Iane tells showing to be not worried at all. “I attended to an Erasmus program in England that changed my life: today I see the world as my home”. 23 years old Iane de Souza Machado recently graduated in Product Design in Rio de Janeiro, the city where she was born. She’s very into sports, expecially running and muay thai, and would trade everything for a day of outdoor activities.

Ana Margarita Jimenez, Filippine My bag is: all light “A chi mi chiede quando è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa di nuovo, rispondo sempre: adesso!” La ventiquattrenne Ana Margarita Jimenez ha una laurea in Amministrazione e lavora come marketing manager in una multinazionale a Manila, nelle Filippine. “La soddisfazione per me viene dall’esplorare nuovi modi di pensare, di creare e di vivere” dice Ana ridendo. “If somebody asks me when was the last time I did something new, I always answer: right now!” 24 years old Ana Margarita Jimenez graduated in Business Administration and now works as a marketing manager for a multinational company in Manila, Philippines: more than 7.000 islands. “Fulfilment for me comes from exploring different ways of thinking, of creating and of living” Ana laughs.

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Federica Ghinoi, Italia My bag is Pack To The Future Dopo aver studiato design della moda, Federica Ghinoi ha deciso di dedicarsi al design della comunicazione. Con Ilaria Corrieri ho fondato Amen Studio. La cosa più importante da sapere su di me è che credo in ciò che faccio e mi piace mettermi alla prova: proprio come quando da bambina giocavo per ore con i Lego”. Oppure come quando ha partecipato al concorso “Double Track a Trieste” presentando il progetto di una lampada da scrivania fatta con degli sturalavandini. After studying fashion design Federica Ghinoi (25 years old, born in Carrara) decided to pick up communication designTogether with Ilaria Corrieri I founded Amen Studio: “the main thing to know about me is that I believe in what I do and I like to explore my limits: just as when as a child I used to spend hours playing with Lego”. Or as when she entered the contest “Double Track in Trieste” by submitting her design for a table light made up with plungers.

La bag vincitrice del contest ideata da Chiara Castellana Elisabeth Hernandez, Messico My bag is: anti rain/anti robber A Elisabeth Hernandez Medina, 23 anni, piace sentirsi al sicuro. “L’ispirazione non viene sempre dalle cose belle, a volte i problemi ci conducono per sentieri inimmaginabili” dice Elisabeth. “Sono nata a Queretaro e mi sono trasferita a Città del Messico per frequentare l’università. Come molte città messicane, è una metropoli pericolosa dove tutti tengono strette le loro borse e non le portano mai sulla schiena, per proteggere quello che contengono”. Dopo la laurea in design industriale, quando ha deciso di disegnare uno zaino per le 24 ore ha pensato a Città del Messico perché è una metropoli frenetica, uno spazio completamente urbanizzato dove sono sempre in corso cambiamenti molto rapidi, come in altre grandi città del mondo. Elizabeth Hernandez Medina, 23 years old, likes to feel safe. “Inspiration doesn’t always come from beautiful things, sometimes problems lead you down paths you never imagined” Elizabeth says. “I was born in Queretaro and I moved to Mexico D.F. to attend university. Like many Mexican cities, that is a dangerous city where people wear their bags very close, never on the back, in order to protect what they carry in them. None of my family lives in the capital city, so I used to spend a lot of time at university, attending the lessons but also relaxing and dozing off in the gardens because I felt safe there”. As a graduated industrial designer, when she decided to design a rucksack for 24 hours she thought of Mexico D.F. because it is a frenzied city, a completely urban space which is always full of quick change, like other big cities in the world.


partecipato a due stage con architetti e designers - il primo a Madrid, il secondo a Venezia - per raccogliere la sfida lanciata da EASTPAK e IED: ripensare alla relazione triangolare tra una borsa per le 24 ore, il suo proprietario e l’ambiente in cui vive; ripensare le relazioni tra estetica e funzioni, contenitore e contenuti. Di fatto, ciò che mettiamo nelle nostre borse racconta molto di noi. Ecco perché le borse sono diventate oggetti versatili e multifunzionali come le persone che le indossano e le città in cui abitano, lavorano, si divertono. Sono oltre quattrocento i progetti che hanno partecipato attraverso la piattaforma Creative Contexts. Sei progetti hanno vinto il premio “IED Creative Factory”. L’Illustre ha incontrato le sei vincitrici a palazzo Cavalli Franchetti nella giornata conclusiva dello stage presso IED School di Venezia. Con l’aiuto dei tutors e delle altre partecipanti hanno lavorato ai loro progetti iniziali, usando anche le mani e tecniche tradizionali, e li hanno trasformati per la produzione in serie. I progetti erano molto diversi tra loro. Il concorso lasciava libera la scelta tra borsetta, zaino per la scuola, borsa da viaggio, trolley, portatutto, sacca, valigia, valigetta porta-documenti, astuccio: hanno messo insieme più scelte, e ognuna di loro ha creato qualcosa di veramente nuovo. Oggetti che riflettono il loro modo di essere e quello che “leggono” nel loro mondo. È l’italiana Chiara Castellana la vincitrice di Bag In Town con la sua borsa AW2B. Il prgetto di Chiara ha ricevuto 15.839 voti seguita da Elizabeth Hernandez Medina (Mexico) 10,043, Iane de Souza Machado (Brazil) 5,599, Fernando Ocampo (Chile) 2,508, Ana Margarita Jimenez (Philippines) 1,730 e Federica Ghinoi (Italy) 1,292. “Qui – ha spiegato Chiara – la mia bag è molto cambiata grazie agli stimoli delle altre partecipanti e dei tutor: penso proprio che i fan apprezzeranno i cambiamenti” spiega Chiara, 30 anni. Nata a Piazza Armerina (Enna) è arrivata a Milano per frequentare il Politecnico, dove si è laureata in architettura: ora lavora come consulente esterno nei campi della ristrutturazione, dell’interior design e dell’urbanistica. Ma è anche scenografa di spettacoli di danza. Per “Bag in Town” ha affrontato per la prima volta il design di un prodotto. “Dopo la laurea ho lavorato per noti studi di architettura e design che si occupano della vendita al dettaglio e dell’organizzazione di eventi per marchi importanti, per esempio Valentino e Missoni, e adoro i dettagli - spiega Chiara -. Il mio progetto è per una borsa elegante ma anche alla moda. Non deve avere uno stile specifico ma essere modificabile da chi la usa. La si può tenere in mano come una clutch, piegarla o portarla a tracolla: perciò ha una linea semplice, pulita e rettangolare. Per proteggere nel modo migliore oggetti delicati come i tablet e le macchine fotografiche, è facilmente gonfiabile grazie a una valvola automatica: bastano 30 secondi”. “I workshop - aggiunge Chiara - mi hanno dato la possibilità di capire come si lavora quando si tratta di un prodotto specifico per un’azienda”.

a matter of fact, what people put into their bag tells a lot about them. That’s the reason why the bag has become an object that is as versatile and multifunctional as the people who use them and the cities in which they live, work and play. More than 400 projects were submitted through the Creative Contexts platform. Six projects won the prize “IED Creative Factory”. L’Illustre met the six winners at palazzo Cavalli Franchetti on the final day of their stage at IED School Venice. With the help of the tutors and of the other winners, they worked at their initial projects, often through handwork and traditional techniques, and they transformed them for mass production. Their projects were very different. The contest gave free choice among handbag, school bag, travel bag, trolley, hold-all, duffel, suitcase, briefcase, pencil case: they put together different choices, and each one of them created something really new. Objects that mirror their way of being and what they “read” in their worlds. And the winner is... Chiara Castellana, Italy: AIRBAG. Chiara Castellana, from Italy, is the winner of Bag in Town Competition with the bag project “AW2B”. The winning project was subjected to public scrutiny and received 15,839 votes followed by Elizabeth Hernandez Medina (Mexico) 10,043, Iane de Souza Machado (Brazil) 5,599, Fernando Ocampo (Chile) 2,508, Ana Margarita Jimenez (Philippines) 1,730 and Federica Ghinoi (Italy) 1,292. The six selected designers participated in a unique experience at the IED Creative Factory in Madrid and Venice where they received expert guidance from EASTPAK product and marketing managers and IED design management specialists with the goal of manufacturing a prototype of each design and transforming their respective projects into reality. “Once here my AIRBAG changed a lot thanks to the inputs of the other partecipants and of the tutors: I’m quite sure the fans will love the changes” states Chiara, 30 years old. Born in Piazza Armerina (Enna), she has been living in Milan since she attended Politecnico University, where she graduated with a master in architecture: now she works as a free lance designer on renovations, interior design and city planning. But she is also a ballet scenographer. For “Bag in Town” she faced for the first time a real product design. “Since graduating I’ve worked in several well known architecture and design companies focused on retail and event planning for important brands, for instance Valentino and Missoni, and I am a big fan of small details - Chiara explains -. My project is for an elegant but also fashionable bag. It should not have a specific style, it must be modifiable by the owner. You can hold it like a clutch, fold it, wear it over a shoulder: that’s why it has a simple, clean, rectangular shape. In order to better protect fragile objects like tablets and cameras, it is easily inflatable through an automatic valve: all you need is 30 seconds”. “The workshops - Chiara says - gave me the chance to learn how people really work when dealing with a specific product for a company”.

Pensa, disegna, crea: così si scoprono nuovi talenti

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Laboratorio di tecnologia delle interfacce interattivitĂ marketing multimediale digital publishing comunicazione polisensoriale

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da un’iniziativa di


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Le regole del Signor Kanai

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Il Signor Masaaki Kanai ha fatto del no-logo lo stile della Muji, lo abbiamo incontrato

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i chiama Masaaki Kanai. È giapponese ed è uno di quei nomi che dobbiamo imparare a conoscere: lui è il Presidente e Amministratore Delegato del marchio Muji. L’azienda è nata in Giappone nel 1980 ma per noi italiani è una scoperta recente; il carattere distintivo del brand è quello di immettere sul mercato prodotti di qualità senza marchio. Il principio fondamentale dell’azienda è di sviluppare nuovi, semplici prodotti a prezzi ragionevoli, utilizzando i materiali nel modo migliore, e tenendo sempre presente l’impatto ambientale. Per Kanai l’obiettivo dell’azienda è “dare priorità alla logica umana rispetto alla logica del capitale, alla logica del consumatore e della vita quotidiana contro la logica della controparte che vende qualche tipo di prodotto. Negli anni ’80 queste due cose coincidevano, poi un po’ alla volta il mercato si è saturato perché tutti avevano tutto e quindi Muji ha proseguito nella strada di dare un valore aggiunto al prodotto con design e qualità”. Il concetto Muji è semplice: prodotti di alta qualità, a prezzi competitivi, grazie alla selezione attenta dei materiali, con processi di manifattura estremamente fluidi, ed alla semplificazione degli imballi. Incontrando gli studenti di Ca’ Foscari il Signor Kanai ha spiegato come il lifestyle giapponese sia riuscito a superare la grande crisi del 2001, che colpì il Giappone, e di avviare una sempre più ampia diffusione, anche all’estero, del marchio al passo con la globalizzazione ma nel rispetto di una propria ben definita identità. La filosofia Muji è basata su cinque regole che Kanai ci rivela: essere in antitesi all’iperdesign,

contro il commercialismo e contro i prodotti usa e getta; critica alla produzione, al consumo e ai rifiuti di massa; rispettare l’individualità, affidandola al consumatore; svincolare il consumo dal brand, oggi si compra solo perché c’è il marchio o il designer. E infine la regola 5, forse la piu importante, puntare sulle “cose migliori” per un consumatore intelligente. L’azienda giapponese ha creato negli anni un design definito “no design” in un momento in cui il design e il packaging erano importanti, quasi ridondanti. Secondo il professor Carlo Bagnoli, che insegna strategia aziendale e visione imprenditoriale, Muji ha creato innovazione cambiando modello di business, creando un design che non è design estrinsecato in uno stile di vita che ripropone le tradizioni giapponesi. Nell’85 l’azienda è stata quotata in borsa, nel 2001 ha superato una profonda crisi dovuta al mutamento del mercato, della concorrenza e della produzione; l’ha superata introducendo nuovi designer e nuovi valori che si riassumono nella frase: non “questo va bene”, ma “questo può andare bene”, cioè si mira a coloro che non hanno gusti decisi: “può andar bene” quindi racchiude il concetto di controllo e di compromesso, è una logica di gestione dell’egoismo. “La semplicità non è inferiore al lusso”: è un valore che si ispira alla “cerimonia del tè giapponese”, si elimina il superfluo per dare spazio all’essenziale. C’è la riscoperta delle tradizioni culturali giapponesi, partendo dall’essenzialità della cerimonia del tè. Per questa azienda si è parlato spesso di “no design”: è la politica della massima sobrietà dell’eliminazione degli orpelli, della valorizzazione degli elementi e dei colori naturali, oltre che della ricerca dei materiali e dell’attenzione per l’ambiente. (D.P)




L’immagine potè più delle parole

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Pagine a cura di SHAULA CALLIANDRO

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rendere in mano un libro significa esplorare tanti universi differenti: non è solo la semplice lettura della storia, o l’immedesimazione in essa e nei suoi personaggi, ma rappresenta anche un tuffo in tutto ciò che rende il libro particolare e unico nel suo genere. Un libro si legge, si ascolta, si osserva. E talvolta sono proprio le immagini a rendere i libri più emozionanti, trasformandoli in veri e propri piccoli gioielli, quasi delle opere d’arte. Questo lo aveva capito bene Hugo Pratt, uno dei più grandi fumettisti al mondo, i cui insegnamenti costituiscono una pietra miliare insostituibile per gli illustratori di tutto il mondo. Ce lo spiega Laura Scarpa nel suo “Hugo Pratt. Le lezioni perdute” (Mompracem, pp. 226, € 24,00): grazie al recente ritrovamento delle dispense della Escuela Panamericana De Arte, dove Pratt ha insegnato, nei primi anni Cinquanta, è stato possibile ricostruire gli insegnamenti del maestro, i metodi e gli strumenti utilizzati, le ispirazioni e le esperienze da lui vissute, svelando lo stretto rapporto tra l’editoria e il fumetto. Si tratta di un ricco repertorio iconografico, unito alle memorie dei suoi compagni di lavoro dell’epoca, degli allievi divenuti autori celebri e di grandi autori segnati e ispirati da Pratt: Ongaro, Pavone, Fenzo, Muñoz, Fuga, Vianello, Manara, Stano e Bacilieri, che hanno inoltre collaborato con testimonianze e materiali inediti. Ed ecco che l’illustrazione diventa così parte integrante, talvolta insostituibile, del testo, e diventa un’occasione per proporre opere, già pubblicate o addirittura inedite, sotto forma di graphic novels. È il caso di Paolo Barbieri, illustratore specializzato nel genere fantasy e autore delle copertine di autori qua-

li Wilbur Smith e Umberto Eco, che con la sua matita reinterpreta “L’inferno di Dante” (Mondadori, pp. 120, € 22,00), i suoi luoghi straordinari e i personaggi che vi abitano. Uno stile scultoreo e unico, dallo stile rinascimentale e dai colori infuocati: ogni tavola, accompagnata dalle terzine a cui è ispirata, offre una visione terribile e spesso toccante delle anime dannate e delle loro storie, dei demoni che vegliano sul loro eterno supplizio e dei gironi infernali. Ritroviamo Caronte, Paolo e Francesca, Cleopatra, il conte Ugolino. Un altro esempio recente è la ripubblicazione del romanzo “Lo Hobbit” di J.R.R. Tolkien (Bompiani, pp. 432, € 11,00), nella nuova traduzione della Società Tolkeniana Italiana e con gli splendidi disegni di Alan Lee, storico illustratore e sceneggiatore della saga de “Il Signore degli Anelli”, uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Pubblicato per la prima volta nel 1937, “Lo Hobbit” è considerato dai lettori di tutto il mondo il prequel della più famosa trilogia. Protagonisti della vicenda sono, per l’appunto, gli hobbit, che vivono con semplicità e saggezza in un idillico scenario di campagna: la Contea. La loro placida esistenza viene turbata quando il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell’ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca nell’impresa, inconsapevole che lungo il cammino s’imbatterà in una strana creatura di nome Gollum e nel suo anello magico. Le illustrazioni si fondono con il testo, divenendone parte integrante e trasformando la lettura in un’esperienza travolgente. Per non dimenticare che il fumetto non è solo per ragazzi.

In alto il libro dedicato a Hugo Pratt, Le lezioni perdute, di Laura Scarpa; subito sotto Lo Hobbit, sostanzialmente il prequel della saga Il signore degli Anelli, e L'inferno di Dante, viaggio illustrato tra le anime dannate

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La Venezia di Gianrico Carofiglio di Luisa De Salvo

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Venezia non ha casa, ma è di casa, Gianrico Carofiglio. Da qualche anno la città lo invita e lui di buon grado accetta: per parlare in pubblico senza insegnare, per lanciare messaggi senza pontificare, per raccogliere esperienze senza rubare. Lo incontriamo in un campo vicino Palazzo Grassi e, strada facendo verso l’Università Ca’ Foscari, ci svela la sua Venezia e quello che di lei sarà dopo questa lunga, anche se intermittente, permanenza. All’approdo di San Samuele, Carofiglio guarda nella direzione giusta da dove arriva il vaporetto, 64

così l’impressione è che conosca bene la città, anche nelle sue abitudini. In più continuando ad indossare gli occhiali da sole sa che può evitare di farsi abbagliare da una bellezza che non lascia scampo, per chi la sa guardare. Parla con entusiasmo di questi quattro appuntamenti con gli studenti cafoscarini, ai quali racconta di come si costruisce un libro, del patto che si può o meno rispettare nei confronti del lettore, delle critiche ricevute e di quelle contestate, del come e del perché si ama ma anche si odia il mestiere dello scrittore. E se uno come lui, magistratosenatore-politico-autore, esprime questi e molti altri concetti vestito in jeans, giacca sportiva ed una buona dose di timidezza, diventa più credibile, inevitabilmente taglia a sforbiciate le distanze e gli inutili formalismi. Per fortuna. D. Se dovesse spiegare Venezia ad un adolescente…


R. Troppo difficile, non sono abbastanza bravo (sorride) D. Qual è l’elemento che connota maggiormente Venezia? Per esempio una libreria, un caffè, la vita notturna, il senso dei passi? R. Per usare le sue parole: il senso dei passi, molto diverso di giorno e di notte. D. Cos’è la notte a Venezia? R. Appunto il senso dei passi. D. Ed il giorno? R. Per me, per ragioni personalissime: grandi nubi bianche su cielo azzurro osservate da una panchina dei giardini della biennale. D. C’è qualcosa in questa città che la rimanda alla memoria di luoghi o persone del suo passato? R. A casa c’era una bellissima foto in bianco e nero di Riva degli Schiavoni al tramonto. Una foto di mio padre; una foto cui associo un sacco di cose della mia infanzia. Quando mi trovo su quel punto della Riva, per uno di quegli strani meccanismi della memoria, penso alla mia infanzia, anche se io a Venezia ci sono andato per la prima volta a diciannove anni. D. Venezia, da dove viene e dove va? R. Mi spiace ma non sono capace di rispondere. Ci vuole molto di più di qualche settimana di permanenza per rispondere a una domanda del genere. D. Cosa c’è di stonato in questa città?

R. A costo di apparire banale: il troppo pieno di certo turismo consumistico. D. Che energia le sprigiona il vivere qui: centripeta o centrifuga? R. Centrifuga. D. La prima emozione che ha provato quando è venuto a Venezia? R. Avevo diciannove anni e per la prima volta mi parve davvero che il mondo si spalancasse davanti a me. D. Essere veneziani - abitante o lavoratore secondo lei è un privilegio o uno svantaggio? R. Beh, direi senz’altro un privilegio. D. Il mestiere che si adatta meglio a questa città? R. Non è niente male per scrivere o dipingere. D. Ore pasti: cosa vorrebbe mangiare di tipicamente veneziano? R. Polenta e baccalà mantecato. D. Quando se ne andrà, cosa porterà con sé della sua vita a Venezia? R. Due o tre ottime storie. Anche se mi toccherà scriverle, cosa non propriamente indolore. D. E cosa vorrebbe che gli studenti che ha incontrato ricordassero delle sue parole? R. Che uno scrittore (in realtà chiunque) dovrebbe essere capace di non prendersi troppo sul serio. Il senso dell’umorismo e l’autoironia sono qualità fondamentali.

La Salizada galleria è uno spazio ideato con l'intento di valorizzare la fotografia, come arte, come forma di espressione e comunicazione; uno spazio ritagliato nel tessuto urbano di Venezia, che è senza dubbio uno delle città più fotografate al mondo; ritagliato nel sestiere di San Marco, in salizada San Samuele, in una zona che accoglie il passeggiare di veneziani e turisti, amanti di arte e antiquariato, che trovano tra queste calli stimoli diversi ed opportunità.

MOSTRA FOTOGRAFICA COSTUMI IN SCENA

Alberto De Giulio, architetto veneziano, nella pratica da libero professionista si è ritrovato più volte stregato dal potere che la fotografia sapeva esercitare sull'immaginazione e di conseguenza sulla progettazione, così, con la spinta dell'amore che anche il padre - Emilio nutriva per quest'arte, ha iniziato a studiare questo progetto. Il 15 aprile 2011 ha inaugurato La Salizada Galleria.

La Salizada Galleria ha iniziato quindi un percorso di esposizioni che hanno visto protagonisti fotografi noti ed emergenti, italiani e stranieri, divenendo punto d'incontro per chi vuole condividere il piacere del perdersi nel racconto di una foto. Così come è anche luogo in cui è possibile trovare un'ampia scelta bibliografica sul tema "fotografia", nelle sue diverse accezioni, dalle tecniche, ai protagonisti, agli illustrati.

Archivio Cameraphoto Epoche

Da subito il progetto si sviluppa in collaborazione con lo storico Archivio fotografico Fratelli Alinari, che, sulla base di un patrimonio fotografico che dal 1852 arriva fino ai giorni nostri, offre alla galleria la possibilità di proporre e vendere al pubblico foto originali in albumina, edizioni storiche di foto d'epoca e diversi altri tipi di riproduzioni. Altro partner d'eccezione si rivela l'agenzia di photoreporter Archivio Cameraphoto Epoche, che vanta un'ampia raccolta di foto inedite di personaggi, eventi dell'ultimo sessantennio, di vita veneziana, concentrando la sua attenzione sulla Mostra del cinema, sulla Biennale d'arte, ma non solo.

Archivio Alinari foto d’autore spazio espositivo

La Salizada Galleria

San Marco 3448 - 30124 Venezia vaporetto: San Samuele - Palazzo Grassi

65 info@lasalizada.it - www.lasalizada.it


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Selezione Venezia

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Del denaro o della gloria

Libri, editori e vanità nella Venezia del Cinquecento Venezia, primo Cinquecento. A pochi decenni dalla rivoluzione di Gutenberg, la città è una stamperia a cielo aperto. Mentre il numero di librai e tipografi è in euforico aumento - la concorrenza si fa feroce e i torchi macinano pagine senza tregua -, si affaccia con urgenza sulla scena il problema della qualità dei testi. Per garantire l’"onore” dei libri pubblicati, gli stampatori si circondano di un fitto pulviscolo di collaboratori: chierici e laici che correggono, limano, “bulinano” scrupolosamente i testi da editare. Vengono detti, appunto, “correttori”: oggi si chiamano redattori, editor.
Fra tutti spicca Giovan Francesco Valier, chierico veneziano amico di importanti letterati e artisti, dal Bembo a Raffaello, da Bernardo Tasso all’Ariosto - che ne parla con gratitudine perfino nell’Orlando Furioso.
Mondano e colto, brillante raccontatore di storie boccaccesche e conoscitore del migliore italiano letterario, il Valier verrà scelto dagli eredi di Aldo Manuzio per intervenire su un libro che diventerà un bestseller, il Cortigiano di Baldassar Castiglione. Ma Monsignor Valier, uomo intraprendente e all’occorrenza assai spregiudicato, vanta parecchi contatti anche sul fronte della politica, veneziana e italica. In tal senso col-

tiva alcune ambizioni pericolose; talmente rischiose che, sullo sfondo di un intrigo internazionale, lo condurranno a una fine tragica e sconvolgente.
Intanto, attorno a lui autori e stampatori - sedotti dal canto del denaro e della gloria, due sirene quasi mai in perfetto accordo - progettano libri e li vedono uscire fra aspettative, ansie, sogni e delusioni. Proprio come accade ancora oggi.
Con una lunga esperienza sul campo, unita all’acribia della studiosa e a una vena narrativa felice e lucidamente ironica, Laura Lepri racconta la storia avventurosa di un uomo di lettere che, alcuni secoli fa, è stato uno fra i primi a fare un bellissimo mestiere. E ricostruisce la splendida aurora di un mondo antico col pensiero rivolto all’editoria contemporanea.
 Davvero i libri sono al tramonto? O non aspettano, forse, un nuovo giorno?

Laura Lepri Del denaro o della gloria – Libri, editori e vanità nella Venezia del Cinquecento Mondadori Pagine 216 Prezzo Euro 19,00

Ettore Beggiato Lissa, l’ultima vittoria della Serenissima (20 luglio 1866) Il Cerchio Iniziative Editoriali Pagine 130 Prezzo € 15,00

Giuseppe Furno Vetro Longanesi Pagine 784 Prezzo € 18,60

Francesco Verni Il fido elastico delle tue mutande Panda edizioni Pagine 62 Prezzo € 9,00

Una lettura insolita della battaglia di Lissa, svoltasi nel Mare Adriatico il 20 luglio 1866, nelle ultime battute della terza guerra d’indipendenza e che vide l’inaspettato tracollo della flotta tricolore di fronte a quella asburgica: una sconfitta che viene vissuta ancor oggi dalla marina italiana come una tragedia, come un’onta impossibile da cancellare.
L’autore la ricostruisce con un’ottica del tutto particolare, basandosi su documenti ed elenchi praticamente inediti e sui resoconti della stampa dell’epoca, una ricostruzione vista da parte di coloro che si riconoscevano nella Serenissima.

Venezia 1569. Andrea Loredan, secondogenito del doge, ha scelto di stare dalla parte dei poveri. Quando, in una notte di settembre, le polveriere dell’Arsenale esplodono, radendo al suolo una parte della città, Andrea si prodiga per dare soccorso ai feriti e raccoglie così le ultime, enigmatiche parole della badessa di un convento: “Cerca la verità senza paura…” È il primo tassello di un mistero che lo coinvolgerà in una vicenda oscura e terribile, di spionaggio e controspionaggio, sullo sfondo di una Venezia che custodisce da secoli sia biblioteche nascoste, cercate dall’Inquisizione romana, sia i segreti dell’arte del vetro, segreti che possono uccidere.

“Il fido elastico delle tue mutande” è una raccolta di poesie dal suono “rock” che narra un pezzo di vita, quella del suo autore, Francesco Verni, giornalista prestato ai versi d’amore. Nella sua prefazione, Milo Manara commenta il volume con queste parole: “Del resto, non sono sicuro che le mutande femminili abbiano ancora l’elastico. Credo piuttosto che siano interamente composte da un tessuto elasticizzato, da una trama merlettata impalpabile. Ma le poesie di Francesco Verni non sono merletti. Sono proprio degli elastici, duri e crudeli, di quelli che lasciano un solco arrossato sui morbidi fianchi delle donne”. La raccolta è impreziosita da un’illustrazione inedita di Sergio Toppi.

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La nostra libreria

Andrés Pascual Il canto delle parole perdute Corbaccio Pagine 394 Prezzo € 16,40

Nagasaki, agosto 1945. Kazuo, un ragazzo occidentale adottato da una famiglia giapponese, e Junko, figlia di una maestra di ikebana, si sono ripromessi di incontrarsi su una collina per suggellare il loro amore adolescente con un haiku. Pochi minuti prima dell’appuntamento, la bomba atomica trasforma la città intera nell’inferno. Tokyo, febbraio 2011. Emilian Zäch, architetto svizzero sostenitore dell’energia nucleare, conosce una gallerista di arte giapponese ossessionata dall’idea di rintracciare il primo amore della nonna. Due storie parallele, destinate a incrociarsi, per un libro commovente sulla forza dell’amore capace di superare ogni cosa.

Remo Guerrini Strega Fanucci – TimeCrime Collana Nero Italiano Pagine 320 Prezzo € 9,90

Remo Guerrini, penna acuta del giornalismo italiano da oltre quarant’anni, dà vita a una lettura incredibilmente coinvolgente, un thriller storico sapientemente costruito in costante equilibrio fra fantasia creatrice e fedeltà delle ambientazioni e dei personaggi. Chi è Battistina? Una strega capace di compiere prodigi e fatture e di convincere i rovi a fiorire, oppure una povera contadina ignorante, che conosce solo le virtù inebrianti delle erbe e delle piante di montagna? Nella Liguria del 1587, il Commissario straordinario Giulio Scribani verrà incaricato di debellare la stirpe delle streghe, per scoprire così la verità sulla vera natura della ragazza.

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CONSIGLIATO

Idea n. 2 Sandro Luporini G. Vi racconto Gaber Mondadori Pagine 312 – Prezzo € 18,00 Idea n. 3 Paolo Villaggio Fantozzi, rag. Ugo La tragica e definitiva trilogia Rizzoli Pagine 600 – Prezzo € 14,00 Idea n.4

CONSIGLIATO

Idea n. 5 Susanna Tamaro Ogni angelo è tremendo Bompiani Pagine 270 – Prezzo € 16,50 Idea n. 6 Emanuela Scarpellini A tavola! Gli italiani in 7 pranzi Laterza Pagine 346 – Prezzo € 18,00 Idea n. 7

CONSIGLIATO

Idea n. 8 Gabriele Salari Guida segreta ai paradisi naturali d’Italia Newton Compton Pagine 336 – Prezzo € 14,90 Idea n. 9

CONSIGLIATO

Idea n. 10 Stefano Gargano Sua felinità. Due cuori e una gatta Fazi Pagine 240 – Prezzo € 14,50

Viola Di Grado Cuore cavo Edizioni E/O Pagine 176 Prezzo € 16,00

Viola Di Grado, giovanissima autrice di “Settanta acrilico trenta lana”, premiato con il Campiello Opera Prima nel 2011, nel nuovo romanzo racconta la storia di un suicidio, di ciò che lo precede e lo segue: la famiglia, l’amore, la solitudine, la voglia di vivere intensamente e, dopo la morte, la nostalgia, la frequentazione “fantasmatica” delle persone amate. Un romanzo dalla natura crudele che racconta la decomposizione dei corpi e la “vita” dell’anima dopo la morte, il rimpianto per il mondo e l’aldilà senza sensi, la solitudine dei morti e quella dei vivi. “Cuore cavo” è un romanzo devastante, coraggioso, sorretto da una scrittura originale e poetica.

Stefano Casacca Tanti modi di fuggire da una città Gorilla Sapiens Edizioni Pagine 272 Prezzo € 14,00

Liber è uno solo, anzi no, Liber sono tanti. Un personaggio ricorrente, che come nei sogni attraversa città e dimensioni, tracciando ogni volta una storia diversa. Liber fugge dalle situazioni difficili, dai ricordi dolorosi, dalle città caotiche, ma ogni fuga non è altro che l’inizio di un viaggio. E così aggira le trame dei racconti, si maschera da vecchio, da uomo volante, da bambino sognante. Ogni alter ego racconta una storia in più, permettendogli di tenere fede al suo nome e di restare libero. Il libro rappresenta un viaggio letterario e poetico a metà tra città reali e dimensioni interiori.

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Orso Partecipazio e i suoi figli di FEDERICO MORO

La Storia della Serenissima

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’elezione al dogado di Orso Partecipazio I segna il ritorno della potente famiglia ai vertici dello Stato Veneto, come possiamo ormai chiamarlo. Il nuovo doge si confronta subito con il più insidioso dei problemi politico-militari che assillano la Venetia Marittima, vale a dire la pirateria adriatica. Inevitabile conseguenza di geografia e condizioni della navigazione del tempo, il nodo è rappresentato dal controllo della rotta orientale adriatica. Lo scontro con le bande narentane, acquattate tra costa e arcipelaghi dalmati, è violento e drammatico. Stavolta le armi venete sembrano ottenere risultati positivi. Lo conferma tre anni dopo, quindi nell’867, la crociera di una flotta lagunare fino alla lontana Taranto. L’obiettivo diventa la principale base di pirati, questa volta saraceni, nel Mar Ionio. A dar retta alle cronache veneziane si tratta di un autentico trionfo concluso da un’impressionante carneficina. Si tratta di pura propaganda, è ovvio. Di vero resta la sostanza di una spedizione navale alla metà del IX Secolo oltre il tacco dello stivale, proiettata quindi nel Mediterraneo. Non è poca cosa per una realtà ancora tutta da definire e, da un punto di vista formale, ancora subordinata a un altro potere, l’impero grecoromano di Costantinopoli, di cui giuridicamente sarebbe una provincia. Taranto, insomma, rappresenta un punto di svolta nella vicenda storica veneziana. Per definirla nei termini della teoria della complessità ci si trova di fronte a una biforcazione catastrofica al margine del caos. Nell’881 il doge Orso Partecipazio I muore. Gli succede il figlio Giovanni II, trasmissione

ereditaria di titolo e funzioni, che si segnala per la sua assoluta rarità. Testimonia, però, come l’identità repubblicana conti ancora su formidabili nemici. Il primo atto del nuovo doge s’inserisce nel solco della tradizione politica veneziana: attacca Comacchio, l’eterna rivale adriatica. La necessità di domare, una buona volta, la città romagnola, era tanto avvertita a nord del Po che qualche tempo prima Badoario Partecipazio, fratello del doge Giovanni II, aveva cercato di farsi investire della contea clomachense dal Papa, suo signore feudale. Il ferimento a morte di Badoario da parte di uomini al soldo di Marino, conte in carica di Comacchio, si presta quale pretesto perfetto per una spedizione punitiva. I sei anni di dogado di Giovanni II presentano due elementi curiosi. Il primo: dall’883 le lagune sono spazzate da violenti fenomeni metereologici, tra i quali si può individuare un’autentica Acqua Granda che “superando i lidi, allagò le isole e mentre il mare bolliva e infuriava, la forza dell’uragano sradicava gli alberi e trasportava le case”1. Il secondo: se già Giovanni deve il dogado al fatto d’essere stato associato al potere dal padre Orso, lo stesso cerca di fare lui con i fratelli Pietro e Orso II. Pietro Partecipazio, però, muore e raggiunge anzitempo il fratello Badoario nella chiesa di San Zaccaria e Orso II si rifiuta di assumere la carica. Così, ormai non più in grado per le precarie condizioni di salute di dirigere la politica veneziana, nell’887 il malandato Giovanni II abdica. Il termine non è usato a caso visto che trasferisce letteralmente scettro, spada e trono ducale al nuovo doge, Pietro Candiano I. Tutti i figli di Orso Partecipazio furono, dunque dogi, tranne Badoario, dal quale comunque i discendenti del casato si faranno chiamare Badoer, rimanendo sino alla fine della Repubblica una delle principali famiglie veneziane. A dispetto del trionfalismo di cui sono sature le antiche cronache, il governo dei Partecipazio lascia molti capitoli in sospeso. Uno di questi, quello della pirateria narentana in Adriatico, torna presto d’attualità. Nell’887 l’appena eletto Pietro Candiano I si trova di fronte alla necessità di agire. Energico e dalle idee chiare, per la maggioranza dei veneti anfibi è una scelta particolarmente felice. Almeno così sembra. Coraggio personale e abilità rappresentano delle ottime premesse, non è detto bastino, purtroppo. Cosa successe, però, lo vedremo la prossima puntata… 1 S. Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo I, p. 147

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a quanti saranno mai i g ior na l i veneziani? È una curiosità che può nascere quando, frequentando edicole e rivendite ci si chiede perchè, assieme a tante testate “storiche”, che sono durate nel tempo, ce ne siano molte altre di cui si finisce per perdere il ricordo. O perchè alcune riappaiano all’improvviso cambiando nome e formato, risorgendo a nuova vita. Diversi anni fa questa domanda è saltata in mente a Marco Borghi, direttore dell’Iveser (Istituto Veneziano per la storia della Resistenza nell’età contemporanea), che pensò sarebbe stato utile e interessante fare un’indagine a questo proposito e darne un resoconto. Detto, fatto. Grazie a un iniziale finanziamento della Fondazione della Cassa di Risparmio, il progetto prese forma e operatività. Il proposito era quello di censire e catalogare tutta la stampa periodica veneziana, vale a dire l’insieme di giornali, riviste, notiziari e bollettini, annuari e numeri unici, strenne, almanacchi, ecc. Nel 2000 iniziò dunque una ricerca documentaria che si pensava si sarebbe conclusa in breve tempo. Ci fu invece necessità di andare avanti per una dozzina d’anni a causa dei tanti ritrovamenti di materiale in luoghi spesso imprevisti o sottovalutati che hanno consentito, al termine del 2012, di uscire con un Repertorio analitico della stampa periodica veneziana negli anni 1866 – 1969 (almeno per ora, perché il progetto non è concluso e proseguirà col fine di analizzare gli anni successivi). Sono saltate fuori più di 1800 testate, a volte

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tra Cartoline e vecchi giornali costituite da pochissimi numeri, talvolta da uno solo e, come sottolineava Mario Isnenghi durante la presentazione del progetto, sembra che alcuni di quei giornaletti siano stati “fatti più per chi scrive che per chi legge”. Infatti l’importante era prima di tutto esprimere e far conoscere le proprie idee, aspirazioni e rivendicazioni. È un lavoro che restituisce cento anni di storia cittadina, a partire dall’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) fino alle profonde trasformazioni avvenute tra Otto e Novecento, approdando al 1969, con la crescita di Mestre e della Terraferma, di Porto Marghera, agli anni del fascismo, del dopoguerra e delle contestazioni studentesche e operaie. Si tratta di una mole di materiale che per ora è visibile soltanto sul web, all’indirizzo unsecolodi-

cartavenezia.it. Grazie a una certa flessibilità - ha spiegato Borghi - il sito è sempre soggetto a implementazione ed è possibile accedere al catalogo organizzato in ordine alfabetico e cronologico; è inoltre possibile attivare il motore interno di ricerca con parole chiave. Noi adesso vogliamo occuparci di un aspetto marginale ma particolare della stampa veneziana che il Repertorio – pur essenziale nel fornire tanti dati - non ha preso in considerazione. Riproduciamo allora alcune cartoline commerciali, celebrative o promozionali che furono pubblicate in alcune di quelle testate. Ecco per esempio un settimanale che si diffuse dall’inizio del Novecento: Il Secolo Nuovo. Era un giornale dei socialisti che fu pubblicato con

di Carlo Sopracordevole

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LA CURIOSITà Si riprometteva di essere un “Giornale per tutti ” e costare 5 centesimi, “in VAPORETO”, con una T sola perché il titolo era in veneziano. Distribuì questa cartolina in carta leggera illustrata da un disegno di Fornari. Questa testata non è presente nel repertorio perché non è stata finora reperita nessuna copia di giornale con questo nome. Fu effettivamente edito? Speriamo di scoprirlo. Per ora, esaminando le caratteristiche grafiche e postali, si può dire che fu pubblicato probabilmente poco prima del 1906.

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qualche interruzione fino al 1960, quando il secolo non era già più nuovo. La cartolina alla fig.1, che ne riprende una copia edita nel 1902, fa parte di una lunga serie di cartoline edite da Modiano che rappresentavano varie testate con simili caratteristiche iconografiche. Sullo squarcio in alto si vede il monumento a Vittorio Emanuele II in riva degli Schiavoni, mentre quello in basso offre uno spazio bianco per brevi comunicazioni. Vale la pena ricordare come fino al settembre 1905 la facciata con l’indirizzo delle cartoline postali non doveva contenere testi diversi dall’indirizzo e quindi, per scrivere anche solo qualche frase, occorreva utilizzare gli spazi utili presenti nell’altra facciata. Il Giornale di Venezia fu pubblicato nei primi anni del secolo, dal marzo del 1903 al 1906. Aveva sede a San Samuele. Contava 4 pagine e costava 5 centesimi, corrispondenti a una palanca. Uscì anche con dei supplementi. È di marzo 1903 la spedizione della cartolina promozionale a colori (fig.2) che riprende un anziano signore con occhialetti, sorridente e con una copia in mano. La fig. 3 ci porta fuori di Venezia. La cartolina fa infatti parte della serie dei “costumi napoletani” e riprende un ragazzino che si esibisce nell’attività di strillone e sta quindi reggendo alcuni giornali fra le mani. Tra questi però, e proprio al centro, si nota la testata de il Gazzettino, il ben noto giornale di Venezia che fu fondato nel 1887 da Gianpietro Talamini che lo diresse per quasi mezzo secolo e riuscì a imporlo puntando soprattutto sulle notizie più vicine alla sensibilità del popolo. Come è ben noto, è pubbli72

cato tuttora. La cartolina è dell’inizio del Novecento, quando la lunga vita della testata poteva essere auspicabile ma non prevedibile. Comunque, il fatto che fosse allora presente fra le altre testate, sta a dimostrare che il quotidiano era già piuttosto noto in Italia. Questa sintetica rassegna di giornali e periodici si può chiudere con la testimonianza di una cartolina degli anni 10 del ’900 (fig.4): la foto di una delle rivendite più classiche per i giornali, l’edicola. Al momento della foto però, questa edicola di Via Garibaldi, più che i giornali (che forse stavano nel lato opposto) esponeva cartoline illustrate, oggetti che allora, un secolo fa, erano molto in voga.




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