



BASSO E CONTRABBASSO
MARCO SINISCALCO • LUCA BULGARELLI
BATTERIA FABRIZIO SFERRA • CLAUDIO MASTRACCI
• GIANNI DI RENZO
CANTO CRISTINA ZAVALLONI • ELISABETTA ANTONINI
• ALICE RICCIARDI • PIERLUCA BUONFRATE
CHITARRA UMBERTO FIORENTINO • NICO STUFANO • CRISTIANO MASTROIANNI
• NICOLA DI TOMMASO • EDDY PALERMO
PIANO RAMBERTO CIAMMARUGHI • ALESSANDRO GWIS • ROBERTO TARENZI
• PIERPAOLO PRINCIPATO • STEFANO SABATINI • CLAUDIO COLASAZZA
SAX ROSARIO GIULIANI
TROMBA MARIO CAPORILLI • FRANCESCO FRATINI
VIOLINO MARCELLO SIRIGNANO
ROSARIO GIULIANI
• CRISTINA ZAVALLONI • RAMBERTO CIAMMARUGHI
• JAVIER GIROTTO • DARIO DEIDDA
ANTONIO SOLIMENE • LUIGI GIANNATEMPO
• IL DOCENTE DI STRUMENTO È A SCELTA DELLO STUDENTE OGNI ANNO
• È POSSIBILE STUDIARE CON PIÙ DI UN DOCENTE DI STRUMENTO
• PIANI DI STUDIO PERSONALIZZABILI
• 60 MATERIE ELETTIVE A SCELTA DELLO STUDENTE
• PRODUZIONE E PUBBLICAZIONE DI PROGETTI DISCOGRAFICI DI CIASCUNO STUDENTE
• CONCERTI LIVE AL FIANCO DI JAZZ STAR INTERNAZIONALI
direttore luciano vanni luciano.vanni@jazzit.it
curatore editoriale chiara giordano chiara.giordano@jazzit.it
progetto grafico davide baroni
photo editor chiara giordano chiara.giordano@jazzit.it
in redazione sergio pasquandrea editore civitates info@civitates.it
direttore responsabile enrico battisti pubblicità arianna guerin adv@jazzit.it
abbonamenti arianna guerin abbonamenti@jazzit.it
sito web chiara giordano chiara.giordano@jazzit.it
hanno scritto in questo numero massimiliano marangoni, rosario moreno, sergio pasquandrea , luciano vanni
crediti fotografici
L’editore ha fatto il possibile per rintracciare gli aventi diritto ai crediti fotografici non specificati e resta a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito foto di copertina
© Musa Foto
Iscrizione al tribunale di Terni n. 1/2000 del 25 febbraio 2000
redazione vico San Salvatore 13 - 05100 Terni tel 0744.817579 fax 0744.801252
servizio abbonamenti
Per abbonarti a jazzit collegati al sito jazzit.it Il costo di 29,00 euro all’anno comprende:
- jazzit annuario in edizione cartacea (uscita a dicembre) con allegato il poster dei jazzit awards
- jazzit dossier in edizione cartacea (uscita a maggio)
- jazzit stream (appuntamenti in streaming con guide all’ascolto (Sommelier della Musica) e incontri con musicisti e addetti ai lavori del mondo del jazz)
- archivio digitale di jazzit
Per informazioni: abbonamenti@jazzit.it
servizio arretrati
Per acquistare gli arretrati di jazzit (edizione cartacea dal n. 1 al n. 116) collegati al sito jazzit.it o scrivi a ordini@ jazzit.it. Ciascuna copia arretrata di jazzit costa 10 euro senza cd e 14 euro con cd jazzit è distribuito da civitates SRL – IMPRESA SOCIALE tel 0744.817579 fax 0744.801252
APPROFONDIMENTI
Cover story: Roberto Ottaviano Eternal Love - Il suono dell’unità 24 ·
ASCOLTI E LETTURE
Zeno De Rossi 32 · Vito Di Modugno 34 · Records - Editor’s Picks 40 · Libri 44
· Jazzit Magazine mensile (ed. digitale)
· Annuario del Jazz (ed. cartacea)
· Jazzit Dossier (ed. cartacea)
· Archivio digitale Jazzit
· Jazzit Stream (incontri in streaming)
DOLOMITI SKI JAZZ
Dall’8 al 17 marzo
torna Dolomiti Ski Jazz, organizzato da TrentinoInJazz in collaborazione con le Aziende per il Turismo delle Valli di Fiemme, Cembra e Fassa, un festival che porta il jazz tra le Dolomiti con settantasette musicisti, ventiquattro concerti e ventidue location dislocate tra piste da sci innevate, piazze dei paesi, pub, rifugi e teatri, in cui vanno in scena le performance di grandi protagonisti del jazz internazionale.
“STAGE: TEATRO E TERRITORIO” AD ANCONA JAZZ
Ancona Jazz, lo storico festival che quest’anno compie cinquant’anni, porta il jazz nei teatri storici della provincia di Ancona con la rassegna STAGE: Teatro e Territorio. In programma Patrizio Destriere 4et “Portrait of Ennio” (12 marzo), Champian Fulton Trio (17 marzo), Robertinho De Paula Trio (21 marzo), Koro Almost Brass Quintet (24 marzo) e Claudio Vignali Solo (26 marzo).
AD AMBRIA JAZZ “IL SUONO PROIBITO” DI ELENA SOMARÈ
Sabato 23 marzo, all’Auditorium S. Antonio di Morbegno (SO), Ambria Jazz presenta il concerto della fischiatrice Elena Somarè, che ha trasformato il fischio in una forma d’arte, accompagnata dal chitarrista svedese Mats Hedberg, dall’arpista e percussionista paraguaiano Lincoln Almada e dal pianista italiano Gianluca Massetti. Il programma va dalla musica sudamericana alle sonorità contemporanee.
Il pianista Thomas Umbaca presenta nei teatri italiani l’album “UMBAKA”, edito da Ponderosa Music Records, nel tour organizzato da Ponderosa Music & Art.
Il Premio Perugia “Alberto Alberti per il Jazz” nasce per ricordare colui che portò il grande jazz in Umbria. Ai vincitori un contratto con la GleAM Records.
“VIVERE DI MUSICA” DI CLAUDIO ANGELERI È uscito per la casa editrice Artdigiland il libro Vivere di musica. Improvvisazione, incontri, didattica, che racconta la vita di Claudio Angeleri.
GIOTTO JAZZ FESTIVAL
Dal 21 al 24 marzo al Teatro Giotto di Vicchio (FI) va in scena il Giotto Jazz Festival, organizzato da Jazz Club of Vicchio, Comune di Vicchio e Music Pool, con un eccezionale programma che prevede il duo Fresu & Marcotulli (21 marzo), il trio Servillo – Girotto –Mangalavite (22 marzo), Kinga Głyk (23 marzo) e Ana Popovic (24 marzo).
AMARO FREITAS
PIANO SOLO AL LAGUNA LIBRE A VENEZIA
Amaro Freitas, stella nascente del jazz contemporaneo, domenica 24 marzo presenterà in un concerto in piano solo, organizzato da Caligola Music al Laguna Libre di Venezia, il suo quarto disco “Y’Y”, un omaggio alla foresta amazzonica e ai fiumi del Nord del Brasile, suo paese natio, che è anche «un invito a vivere, sentire, rispettare e prendersi cura della natura, riconoscendola come nostra antenata».
ALLA CASCINA CUCCAGNA DI MILANO I GIOVANI TALENTI DEL JAZZ ITALIANO
“Prodjgi”, acronimo di Promozione del jazz giovane italiano, è un ciclo di concerti ed eventi organizzati dall’associazione culturale Musicamorfosi, ideato con l’obiettivo di promuovere e valorizzare i musicisti emergenti di età non superiore ai 35 anni e organizzato all’interno del ristorante Un posto a Milano in Cascina Cuccagna. In programma il Bramante Quartet il 5, 12 e 19 marzo e il Francesco Sensi Quartet il 26 marzo.
OFFICINA PASOLINI
Officina delle arti Pier
Paolo Pasolini, il Laboratorio di Alta formazione artistica e HUB culturale della Regione Lazio diretto dalla cantante Tosca, presenta a marzo un’interessante programmazione con tanti nomi prestigiosi della scena culturale italiana e internazionale: per l’ambito jazz il trio del chitarrista Tony Canto, Daniela Spalletta e Stefania Tallini in duo per la rassegna sui giovani talenti del jazz curata da Roberto Ramberti, e l’innovativo pianista Amaro Freitas.
BJF @ CAMERA SPRING 2024
Il Bologna Jazz Festival continua la sua attività concertistica anche fuori dal festival di novembre con una programmazione primaverile che prevede quattro concerti al Camera Jazz & Music Club: Toninho Horta Solo (7 marzo), Aaron Goldberg Trio (13 marzo), Joel Frahm Trio (6 aprile) e Dejan Terzic Axiom (26 aprile).
IL CARTELLONE PER UMBRIA JAZZ 2024 DEL TEATRO MORLACCHI
Il programma del Teatro Morlacchi a Umbria Jazz 2024 si preannuncia anche quest’anno ricco di straordinari concerti con protagonisti Paolo Fresu Devil Quartet, Fabrizio Bosso About Ten, Kenny Barron Trio, Lizz Wright, Christian Sands Trio, Charles Lloyd Quartet, Kind of Bill (Dado Moroni, Eddie Gomez, Joe La Barbera), Alessandro Lanzoni Trio feat. Francesco Cafiso, Something Else!, Kurt Rosenwinkel 4et ed Enrico Rava “The Fearless Five”.
GEZZIAMOCI 2024
Il festival lucano Gezziamoci 2024 presenta un ciclo di sei conferenze dal titolo “Storie di Jazz”, tenute dal batterista Israel Varela.
METJAZZ 2024
Si chiude a Prato la 29a edizione della rassegna MetJazz, organizzata dal Teatro Metastasio e con la direzione artistica di Stefano Zenni.
AL VIA LA NUOVA EDIZIONE DI JAZZOP
XXI edizione di JazzOP, la rassegna organizzata dall’Associazione Blue Note Orchestra che commissiona opere per l’Orchestra Jazz della Sardegna.
PAZZI DI JAZZ 2024
L’iniziativa didattica e musicale “Pazzi di Jazz”, promossa da Jazz Network, che si svolgerà tra i mesi di marzo e maggio, ha l’obiettivo di avvicinare i giovani alla musica jazz, grazie a incontri e laboratori guidati da stimati musicisti e studiosi, come il musicologo Francesco Martinelli, il rapper beatboxer Alien Dee, il sassofonista e clarinettista Mauro Negri e il trombonista, compositore e arrangiatore Mauro Ottolini.
PROCLAMATI I VINCITORI DEL 15°
L’Orpheus Award 2024, il premio della critica per la fisarmonica e la famiglia delle ance, promosso dall’Associazione Promozione Arte, con la direzione artistica del giornalista Gerlando Gatto e la presidenza del M° Renzo Ruggieri, per la categoria jazz ha premiato il disco di Vince Abbracciante e Andrea Sabatino “Melodico”, edito da Dodicilune, e ha consegnato il premio alla carriera a Guy Klucevsek, virtuoso della fisarmonica.
SCRITTORI IN JAZZ PRESENTA “SUONA CON GENTILEZZA. LA MIA STORIA” DI SIDNEY BECHET
Venerdì 5 aprile la rassegna che unisce jazz e letteratura, curata dalla giornalista Alessandra Cafiero per Music Pool, presenta il libro Suona con gentilezza. La mia storia di Sidney Bechet, con prefazione di Claudio Sessa, introduzione di Marcello Lorrai, note di Roberto Ottaviano, nota discografica di Stefano Zenni e traduzione di Giuseppe Lucchesini.
La 45° edizione del Bergamo Jazz Festival, organizzato da Fondazione Teatro Donizetti con il sostegno del Comune di Bergamo, si terrà dal 21 al 24 marzo, con i concerti in scena al Teatro Donizetti e al Teatro Sociale, affiancati da numerosi eventi sparsi per la città. Quest’anno la direzione artistica è affidata al sassofonista Joe Lovano, che ha intitolato questa edizione “In The Moment of Now”, dichiarando: «“In the Moment of Now” significa riflettere la musica nel preciso momento in cui viene creata, con amore e rispetto per la sua ricca storia, attraverso la visione di artisti che guardano avanti con la consapevolezza delle proprie radici. Il jazz è un’idea sulla creazione di una musica spontanea che racconta storie personali. È un’idea che non ha confini. E il futuro del jazz è nelle mani, e nelle anime, di tutti coloro che osano essere
creativi e che dedicano la propria vita all’essere liberi secondo le proprie possibilità». L’edizione 2024 di Bergamo Jazz sarà quindi una finestra spalancata su una musica che continua sempre a mostrare segni di vitalità nel suo essere mutevole e ideale punto di incontro tra musiche e culture diverse. Il programma prevede, tra gli altri, Dave Burrell in piano solo, il trio di Danilo Pérez, il quartetto di Fabrizio Bosso, John Scofield con il suo nuovo progetto “Yankee Go Home”, i ritmi latini di Miguel Zenón, il veterano di battaglie musicali di matrice bop Bobby Watson, il batterista e percussionista Famoudou Don Moye con un progetto speciale ideato per il festival, il ritorno del pianista sudafricano Abdullah Ibrahim e per il gran finale il supergruppo Modern Standards Supergroup.
Dal 3 marzo al 13 luglio il festival Crossroads, organizzato da Jazz Network con la direzione artistica di Sandra Costantini, che quest’anno festeggia 25 anni, percorrerà tutta l’Emilia Romagna con più di sessanta concerti e oltre quattrocento musicisti, che spazieranno dai big del jazz italiano e internazionale ai nomi più insoliti, dai giovani talenti nazionali e locali alle figure storiche del panorama jazz mondiale, in un melting pot musicale con parentesi etniche, cantautorali e sperimentali. Si conferma inoltre l’abitudine del festival di organizzare residenze artistiche con stimati protagonisti del jazz italiano, che proporranno nuovi e originali progetti. Un festival nomade che incrocia innumerevoli e variegate storie musicali, con artisti provenienti da ogni dove e svariate influenze culturali, dando ampio spazio alla creatività
musicale italiana, con alcuni dei suoi più importanti esponenti (Paolo Fresu, Enrico Rava, Mauro Ottolini, Javier Girotto, Vince Abbracciante, Claudio Fasoli, Antonio Faraò, Daniele Sepe, Matteo Mancuso, Danilo Rea, Roberto Gatto, Maria Pia De Vito e Rossana Casale, solo per citarne alcuni), e facendo contestualmente un giro per il mondo, spaziando dagli Stati Uniti (Marc Copland, Famoudou Don Moye, Uri Caine) e Sud America (Roberto Fonseca, Melingo), all’Australia (Sarah McKenzie), attraversando poi tutta l’Europa, dall’Inghilterra (Sarah Jane Morris) alla Spagna (Magalí Sare & Manel Fortià) e Portogallo (Luísa e Salvador Sobral), dalla Francia (Richard Galliano) alla Svizzera (Tatiana Eva-Marie con Avalon Jazz Band), dalla Germania (Michael e Lorenzo Riessler) all’Olanda (Ernst Reijseger e Harmen Fraanje).
Un jazz club non è un semplice “luogo”, alcuni lo sentono come fosse la propria casa, c’è chi invece lo elegge come il proprio posto del cuore e taluni, “leggermente” esagerando, un santuario. Il nostro terzo incontro è dedicato a Giuseppe Netti, direttore artistico del Club 1799 di Acquaviva delle Fonti (Bari). Un viaggio attraverso il tempo, la sua passione per il jazz, la missione del club e gli incontri rimasti indelebili ma anche un punto di vista attuale sull’universo dei club e sul futuro di questa musica. Questa rubrica nasce per raccontare la vitalità, la bellezza, la funzione strategica ma anche la fragilità dell’ecosistema artistico e sociale rappresentato dai jazz club, attraverso un punto di vista che vuole essere intimo e interno al sistema.
Giuseppe, partiamo dalle origini, come nasce la tua passione per il jazz, che cosa ti ha spinto ad aprire un jazz club e come questo si è evoluto nel tempo?
La passione nasce in adolescenza, contestualmente ad alcune lezioni di sassofono e di canto e di una propensione alla musica manifestata già da piccolo. Durante il periodo universitario questa propensione si è poi focalizzata sull’organizzazione dei concerti. Verso la fine degli anni ’90 in Puglia si assisteva a una situazione paradossale, da un lato un grande fermento musicale con vecchie e nuove generazioni di musicisti, e dall’altro un lento dissolvimento di festival e live club che avevano fatto la storia del jazz pugliese. In questo quadro di cambiamenti, nel 2002 decisi di organizzare la rassegna Jazzset, coinvolgendo alcuni straordinari giovani musicisti (Partipilo, Vendola, Signorile e Bardaro) con i quali costituimmo l’associazione Café 1799. I risultati della rassegna furono apprezzabili e così nel 2007 decisi di intraprendere, con l’amico Partipilo, un percorso più impegnativo: ristrutturammo un piccolo palazzotto di famiglia trasformandolo in un vero e proprio jazz club. La gestione del club con una programmazione costante si rivelò tanto appagante dal punto di vista artistico quanto difficile. Dopo i primi anni, Gaetano lasciò il club per dedicarsi a tempo pieno alla sua brillante carriera di sassofonista e io ho proseguito sino a oggi.
Negli anni avete ospitato musicisti italiani, affermati ed emergenti, ma anche nomi prestigiosi del jazz internazionale. Nella tua veste di direttore artistico come operi le scelte, in particolare nei confronti dei giovani talenti del nostro jazz?
La complicità e l’amicizia con numerosi musicisti mi hanno dato la possibilità di attingere a una rete di contatti straordinari. Di fatto le scelte sono sempre ricadute nello schema che hai enunciato, musicisti emergenti, artisti affermati, nuove produzioni discografiche e nuove sonorità, per gli appassionati del genere ma soprattutto per avvicinare quanto più possibile al jazz un pubblico nuovo, spesso immotivatamente diffidente.
Ricordi un artista o un evento che hanno avuto un impatto significativo su di te e sul tuo club?
Sicuramente la settimana inaugurale ha regalato emozioni indescrivibili sia per gli artisti in programma (Richardson, Akinmusire, Pinto, Brewer e Waits, Yamanaka con Archer e Accardi, Conte, Ricciardi con Premazzi) sia per l’eccezionale presenza di pubblico, incredulo di poter ascoltare degli straordinari musicisti in una piccola cittadina di provincia. A quel punto capii che la scelta di puntare sulla musica dal vivo con un nuovo contenitore fu azzeccata. Sicuramente un artista che mi ha colpito, e non potrebbe essere diversamente, è stato Franco D’Andrea: un pomeriggio con lui e un concerto in piano solo sono stati un arricchimento non da poco.
La complicità e l’amicizia con numerosi musicisti mi hanno dato la possibilità di attingere a una rete di contatti straordinari. Di fatto le scelte sono sempre ricadute nello schema che hai enunciato, musicisti emergenti, artisti affermati, nuove produzioni discografiche e nuove sonorità, per gli appassionati del genere ma soprattutto per avvicinare quanto più possibile al jazz un pubblico nuovo, spesso immotivatamente diffidente
Sappiamo delle difficoltà che ogni giorno bisogna affrontare per tenere in vita un jazz club: come riesci a mantenere il giusto equilibrio fra promozione della cultura jazzistica, finalità sociali e sostenibilità finanziaria?
Inutile nascondere le difficoltà di un settore considerato erroneamente di nicchia. Purtroppo si paga lo scotto di una nazione che ha trascurato il jazz e in generale la musica come strumento di crescita collettiva e di arricchimento culturale. È una sfida che non si può vincere da soli ed è per questo che grazie a realtà come Italia Jazz Club, di cui mi onoro di far parte, la partita è ancora aperta. Salvo rare eccezioni, senza sostegno pubblico, promuovere musica di qualità è quasi impossibile.
Quali sono le caratteristiche che rendono unica l’esperienza di partecipare a un concerto al Club 1799?
Luci soffuse, ambiente caldo e raccolto in un contesto architettonico tipicamente pugliese. Non meno importante, un pubblico attento e preparato.
Una domanda d’obbligo: come reputi lo stato di salute della musica live nei club e nello specifico della musica jazz?
I segnali che rilevo sono contrastanti. Da un lato una sorta di riserva indiana con un pubblico di aficionados a cui basta la parola “jazz” per sentirsi appagati e dall’altro un pubblico tutto da scoprire, da sorprendere… e non spaventare. E questo dipende anche da noi
“TIME AND LIFE” È L’ULTIMA FATICA DI ROBERTO GATTO: UN’ESPLORAZIONE DELLE
COMPOSIZIONI DI TONY WILLIAMS, COMMISSIONATA L’ANNO SCORSO DALLA “CASA DEL JAZZ” DI ROMA E ORA ARRIVATA SU DISCO. LO ACCOMPAGNANO UMBERTO FIORENTINO, ALFONSO SANTIMONE, MARCELLO ALULLI E PIERPAOLO RANIERI
DI SERGIO PASQUANDREA
“Time and Life” è un disco di Roberto Gatto, dedicato a Tony Williams. Detta così, sarebbe facile cedere alla tentazione di considerarlo semplicemente come l’omaggio di un batterista a un altro batterista (e non sarebbe nemmeno poco, vista la statura indiscutibile dei due musicisti). Ma in realtà le cose stanno diversamente. Non a caso lo stesso Gatto, in una video-intervista con il quasi omonimo giornalista Gerlando Gatto, racconta così il progetto: «Quando Luciano Linzi me l’ha proposto, ho detto che sapevo se me la sentivo di farlo. Sarebbe stato facile pensare a un tributo da batterista a batterista. In realtà mi piace presentare questo progetto come la musica di Tony Williams». Già in queste poche frasi ci sono alcuni elementi da sottilineare. Il primo, ovviamente, che il disco nasce da una commissione della Fondazione Musica per Roma e della Casa del Jazz, dove il gruppo è andato in anteprima il 19 giugno del 2023 e che ora lo rende disponibile anche su disco. Il secondo è che il progetto non riguarda tanto il Tony Williams batterista, quanto la sua più ampia dimensione di musicista e compositore. E non è una precisazione da poco, perché se l’importanza di Williams come innovatore del suo strumento è chiara a chiunque conosca anche superficialmente il jazz, la sua reale statura musicale, come compositore e bandleader, rischia invece di passare inosservata o sottovalutata.
In fondo, lo stesso titolo del disco, oltre che un ovvio omaggio al celebre gruppo Lifetime, si può leggere come un indizio: non soltanto il Williams sublime strumentista, ma anche e soprattutto la sua vita, il suo tempo: insomma, il suo intero mondo musicale.
Un gruppo selezionato anche per la sua capacità di generare sonorità sia elettriche sia acustiche, e perciò adatto a immergersi nella rievocazione dell’universo sonoro di Tony Williams, dalle suadenti atmosfere acustiche del periodo con Miles, alle atmosfere dei lavori anni Settanta, fino alle più ambiziose opere della maturità
Cominciamo con un breve bignamino, forse non del tutto inutile: Tony Williams nasce a Chicago il 12 dicembre 1945, lavora come professionista già a tredici o quattordici anni e a diciassette si trasferisce a New York per suonare con Jackie McLean. Proprio qui lo nota Miles Davis, che non si fa alcuno scrupolo a rubarselo per inserirlo in quello che diventerà noto come “The Second Great Quintet”. Ciò che il batterista fece in quella band fra il 1963 e il 1969 (una vera e propria rivoluzione copernicana, che riguardò l’intera concezione del jazz drumming) è stampato a chiare lettere in qualunque storia del jazz, per non parlare delle tante collaborazioni con McLean, Herbie Hancock, Grachan Moncur III, Eric Dolphy, Sam Rivers, Andrew Hill e via dicendo. E questo per quanto riguarda ciò che è noto più o meno a tutti, ma che rappresenta solo una parte della sua attività.
Forse meno nota è la sua attività come leader, che comincia anch’essa precocemente, con due splendidi dischi Blue Note (“Life Time”, del 1965, e “Spring”, del 1966), dove già si rivela un’interessantissima penna di compositore, dato che tutti i brani sono firmati da lui. La sua discografia prosegue con il gruppo Lifetime, attivo dal 1969 al 1976 e poi riproposto in varie reincarnazioni: una delle formazioni seminali del jazz-rock. E poi, ancora, con i diversi gruppi capitanati nel corso degli anni Ottanta e Novanta, fino alla scomparsa nel 1997, a soli cinquantadue anni, per un attacco cardiaco dopo un’operazione chirurgica.
In totale, una ventina abbondante di titoli, in un’attività che copre, purtroppo, il troppo breve arco di due decenni e mezzo: e già da qui si capisce come questa non fosse affatto una faccia secondaria della musica di Tony Williams.
PUNTO DI VISTA
E proprio sul Williams musicista in senso ampio – non esclusivamente sul geniale strumentista – si concentra il progetto di Roberto Gatto, che così lo descrive: «Tony Williams ha subito manifestato l’intenzione di emergere non solo come un fenomeno batteristico, ma anche come una personalità che potesse raccontare, in termini più estesi (musicali, di leadership), un suo punto di vista». E in fondo, aggiungiamo noi, è forse questa una somiglianza profonda tra i due, perché Gatto ha sempre affiancato la carriera di sideman e accompagnatore con quella di leader e compositore, dai primi titoli come “Notes” (1986) o “Ask” (1987) fino alle produzioni più recenti, in cui la sua penna è sempre ben rappresentata.
Per realizzare il disco “Time and Life”, Roberto Gatto ha chiamato suoi collaboratori di vecchia data. Alla chitarra c’è Umberto Fiorentino, suo coetaneo e già più volte compagno in tanti gruppi. Gli altri tre, invece, sono musicisti più giovani: Alfonso Santimone, che suona tastiere ed elettronica, e Pierpaolo Ranieri, al basso elettrico, lavorano da tempo con lui nel Perfect Trio, mentre il sassofonista Marcello Allulli – sempre insieme a Pierpaolo Ranieri – collabora in un’altra formazione, denominata Imperfect Trio.
Un gruppo selezionato, probabilmente, anche per la sua capacità di generare sonorità sia elettriche sia acustiche, e perciò adatto a immergersi nella rievocazione dell’universo sonoro di Tony Williams, dalle suadenti atmosfere acustiche del periodo con Miles Davis, alle atmosfere – prima proto-fusion e poi pienamente fusion – dei lavori anni Settanta, fino alle più complesse e ambiziose opere della maturità.
TIME AND LIFE
E veniamo infine alla scelta del repertorio, che denota chiaramente la volontà di dare una panoramica il più possibile ampia del Williams compositore.
Un primo nucleo è costituito da tre brani composti per il quintetto Miles Davis: Pee Wee (da “Sorcery”, 1967) mostra un’evidente influenza shorteriana, nella melodia sognante e nelle armonie ambigue e ondivaghe; Hand Jive (da “Nefertiti”, 1968) è un eloquente esempio di quello che all’epoca venne – piuttosto impropriamente – definito “approccio time no chords”; Black Comedy (da “Miles in the Sky”, 1968) è costruito su un’asimmetrica alternanza di frammenti melodici e fill batteristici. Vengono poi, ovviamente i Lifetime, rappresentati da There Comes a Time (da “Ego”, 1971), un lungo brano denso di atmosfere elettroniche, nel quale fa da padrone il sintetizzatore di Santimone, impegnato a creare tessiture sonore sempre cangianti. Si arriva infine – e questa è la parte più numericamente rilevante del disco – ai lavori maturi come “Civilization”, del 1987 (da cui provengono Ancient Eyes e Geo Rose), “Foreign Intrigue” del 1985 (Sister Cheryl ), “Native Eyes” del 1990 (Juicy Fruit) e il tardo “The Story of Neptune” del 1992 (Neptune: Creatures of Conscience). È qui, forse, che si può misurare in maniera più evidente la statura del Williams compositore, perché i riferimenti stilistici sono molto ampi, così come varie sono le strutture formali e le griglie armoniche di ciascun brano.
MUSICISTA TOTALE
Va anche notato che i temi sono eseguiti di solito con fedeltà all’originale, ma il materiale è disposto liberamente, senza alcuna preoccupazione di rigore cronologico o didascalico, permettendo all’ascoltatore di spaziare, a grandi salti, in un mondo musicale vasto e variegato. Perché Tony Williams non è mai stato semplicemente un batterista che scriveva (anche) musica, ma sempre un musicista a tutto tondo, che non a caso era stato allievo di Alan Dawson, esempio di batterista “totale” che concepì sempre il suo strumento in senso ritmico, timbrico e persino melodico.
TIME AND LIFE - THE MUSIC OF TONY WILLIAMS
“Time and Life” è un caleidoscopio, così come lo è la msuica di Tony Williams, a cui rende omaggio. Di brano in brano, si aprono all’ascoltatore prospettive sempre nuove: dagli squadrati ritmi fusion di Geo Rose alle suadenti atmosfere shorteriane di Pee Wee, dal poema sinfonico in miniatura di Neptune: Creatures of Conscience alle sontuose sonorità orchestrali di There Comes A Time Perché il messaggio fondamentale del disco sembra essere soprattutto che la figura di Williams non si esaurisce nella sua indiscutibile grandezza di innovatore della batteria, ma va valutata anche tramite la dimensione del compositore e bandleader, capace di creare pezzi altrettanto innovativi e inaspettati, quanto lo erano i suoi assolo ai tamburi. Il gruppo selezionato da Gatto è un ensemble dinamico e flessibile, abile nell’adattarsi di volta in volta alle richieste di ciascuno dei brani: e in questo giocano un ruolo essenziale i sintetizzatori di Alfonso Santimone, capaci di generare una gran varietà di timbri, che espandono la dimensione sonora della band oltre quella del quartetto. Ma tutti i musicisti forniscono contributi di spessore, con un sound collettivo compatto e trascinante. (SP)
Rose / Pee Wee / Neptune: Creatures of Conscience / Ancient Eyes / Juicy Fruit / Hand Jive / There Comes a Time / Black Comedy / Sister Cheryl
A DISTANZA DI SEI ANNI DAL
PRIMO ALBUM, ZENO DE ROSSI
RITORNA A “GIOCARE” CON LE SUE PASSIONI MUSICALI, COSÌ QUELLO CHE SEMBRAVA
SOLO UN DIVERTISSEMENT
MOMENTANEO DIVENTA UN PROGETTO MOLTO PIÙ
STRUTTURATO E IN QUESTO DISCO, CON LA NUOVA
ETICHETTA HORA RECORDS, LA
SUA MARCHIN’ BAND CI INVITA
A SEGUIRLO NEL SUO UNIVERSO MUSICALE
«Conosco musicalmente Dean sin dalla metà degli anni ‘90 [...]. Il suo modo di usare la voce è incredibile, profondamente radicato nella tradizione gospel e blues ma allo stesso tempo aperto alla sperimentazione. Quando l’ho contattato si è subito mostrato disponibile a collaborare al progetto»
Zenophilia, il ritorno: qual è stata l’occasione?
C’era la volontà di dare un seguito al primo episodio. Questo gruppo rappresenta per me un “divertissement”, andando a stimolare il lato più giocoso e gioioso del mio mondo musicale, ma è un gioco che affrontiamo molto seriamente.
Ora la squadra si è allargata.
La decisione di passare da trio a quartetto con l’inserimento della tuba è stata presa dopo una lunga riflessione. Da un lato avevo paura di snaturare il suono e gli equilibri del gruppo, ma allo stesso tempo sentivo l’esigenza di aggiungere sostanza ai nuovi pezzi, soprattutto nei groove. Poi sono un grande fan di Glauco ed era da tempo che volevo suonare con lui. Inoltre, per la registrazione ho voluto chiamare anche il mio amico Simone Padovani alle percussioni, perché in alcuni brani sentivo fosse indispensabile la sua presenza. Il suo apporto è stato fondamentale. Ho anche voluto inserire in alcuni brani la voce straordinaria di Dean Bowman.
Come sei riuscito a coinvolgerlo?
Conosco musicalmente Dean sin dalla metà degli anni ‘90, quando faceva parte degli Screaming Headless Torsos. Il suo modo di usare la voce è incredibile, profondamente radicato nella tradizione gospel e blues ma allo stesso tempo aperto alla sperimentazione. Quando l’ho contattato si è subito mostrato disponibile a collaborare al progetto. Ora vive in Romania per cui questo rende più agevoli gli aspetti logistici.
Raccontaci la scelta del repertorio.
Ho scelto di inserire due brani non di mia composizione, immaginando che fossero ben adatti al sound del gruppo e alla voce di Dean. I’ll Change My Style è un brano scritto da David Parker e Manuel Villa che faceva parte del repertorio di Jimmy Reed di cui sono un grande fan e in particolare del suo disco “At Carnegie Hall”. Il batterista è il maestro Earl Phillips, uno dei massimi esempi di batterismo minimale, essenziale e incredibilmente efficace allo stesso tempo. L’altro pezzo, invece, è Shama Lama Ding Dong, tratto dalla colonna sonora di Animal House di John Landis del 1978. Il brano, che sembra uscito dagli anni ‘40 in perfetto stile doo-wop, è stato in realtà composto appositamente da Mark Davis per la pellicola di Landis. Oltre alla magistrale performance di Dean Bowman alla voce, la nostra versione vede lo storico esordio di Piero Bittolo Bon al sax tenore, qui per la prima volta documentato su disco.
In questo disco traspare un tema di fondo come il calcio. Sono un appassionato del calcio del Novecento e proprio per questo faccio molta fatica a seguirlo oggi con la stessa passione, perché ormai ha ceduto alle lusinghe dei potenti e di chi ha voluto trasformarlo solo in uno strumento per produrre denaro. Non a caso, tutti i calciatori che vengono citati nel disco – Briegel, Elkjaer, Bordon e Vialli – appartengono a un calcio molto lontano, quello della mia gioventù.
Il disco si chiude con un omaggio a Gianluca Vialli.
Durante la mia adolescenza è stato, dopo Bordon, il mio secondo grande eroe contemporaneo. Nel brano ho voluto inserire il coro di incitamento dei tifosi doriani basato sul celebre tema di Oh My Darling Clementine e, nella coda, la registrazione di mio figlio Milo che lo canta a squarciagola in giardino… sulla falsariga dei Pink Floyd che in Fearless avevano inserito il famoso coro dei tifosi del Liverpool You’ll Never Walk Alone
COME ON DOWN (AND FOLLOWS US)
HORA RECORDS, 2023
Zeno De Rossi è a suo agio dalle avanguardie al pop-rock, dal jazz mainstream alle sperimentazioni. In prima linea anche come promotore di iniziative discografiche, dal collettivo El Gallo Rojo alla nuova realtà di Hora Records. Il batterista dallo stile elegante e rigoroso si racconta nel progetto Zenophilia nato nel 2017 (“Zenophilia”, Auand/El Gallo Rojo) assieme a Piero Bittolo Bon e Filippo Vignato. In questo nuovo episodio trasforma il trio originario in una vera e propria brass band inserendo la tuba, le percussioni e la voce gospel di Dean Bowman. “Come On Down (And Follow Us)” avvolge l’ascoltatore con un’aria di fresca giocosità, di ritmi incalzanti, di rubiconde atmosfere blues e fumosi doo-wop. Un groove influenzato anche dalle sonorità dell’epoca d’oro dell’Atlantic, della Stax e della Motown. La fanfara rutilante si intrufola anche nei ricordi del musicista veronese, nei blues della sua prima band (i CBBB, ovvero i Centro Bagno Blues Band) con l’incipit di I’ll Change My Style; ma sono Ivano Bordon, Briegel, Elkjaer e soprattutto Batucada eroica blucerchiata a esprimere la sua altra passione: quel calcio che rimanda ai campetti e alle ginocchia sbucciate dei ragazzini, come nella copertina che ritrae il Nostro in un’elaborazione grafica di Stefania D’Eri. (MM)
Come On Down (And Follow Us) / I’ll Change My Style / Briegel / Verdeca / El Perro / Shama Lama Ding Dong / Elkjaer / Ivano Bordon / Gentle Rain / Tee Tot / The Marvelous / Master Of Disaster / Batucada eroica blucerchiata
IL MUSICISTA BARESE, TRA I PROTAGONISTI
INDISCUSSI DEL SUO STRUMENTO, PROSEGUE
IL CAMMINO DI RICERCA TRA LE SONORITÀ
BLUESY E SI AFFIDA ALLA VOCE DI FAUSTO
LEALI PER QUESTO NUOVO LAVORO PUBBLICATO
DALL’ETICHETTA ABEAT DI MARIO CACCIA
MASSIMILIANO MARANGONI
«Quindi abbiamo scelto tre standard che Fausto ama cantare e che spesso esegue durante i suoi tour. Come Together rappresenta gli albori della sua carriera, quando apriva i concerti dei Beatles; Georgia On My Mind, brano di Hoagy Carmichael, è stato reso celebre da Ray Charles, uno degli artisti che più ha influenzato Fausto»
Questo è il secondo disco dopo “Songs From The Soul” (Abeat, 2018) con l’Organ Quartet, una formazione che con questo assetto guidi da pochi anni, ma che comprende musicisti con cui collabori da tempo.
In realtà il gruppo è attivo dal 2002, anno in cui registrai il mio primo disco per la Red Records. Allora era un quintetto che comprendeva Massimo Manzi alla batteria, Sandro Gibellini alla chitarra, Stefano D’Anna al sax e Fabrizio Bosso alla tromba. Qualche anno dopo, Pietro Condorelli ha sostituito Gibellini e Michele Carrabba è subentrato al posto di D’Anna. Successivamente abbiamo registrato altri tre dischi per la Red Records per poi passare alla Abeat con la quale abbiamo inciso prima “My Pictures At An Exhibition” (Abeat, 2016), una mia rilettura dei “Quadri di un’esposizione” del compositore russo Modest Musorgskij, poi “Songs From The Soul” (Abeat, 2018) con ospite la straordinaria cantante Patrizia Conte e ora “Black, White and Blues”.
Con l’Organ Quartet affronti un repertorio jazz-soul-blues con sonorità che affondano le loro radici negli anni Cinquanta: vuoi descrivere il progetto? Il gruppo nasce da un’idea mia e di Sergio Veschi, il fondatore della Red Records. Il nostro repertorio spazia dall’hard bop, orientato sulle incisioni della Blue Note, a uno stile più attuale con composizioni originali. Spesso durante i concerti facciamo anche una breve incursione sui “Quadri di un’esposizione”.
Nel disco precedente hai ospitato Patrizia Conte, mentre in “Black, White and Blues” troviamo uno degli interpreti che hanno fatto la storia della canzone italiana, Fausto Leali. Com’è nata questa collaborazione?
Sono stato sempre un ammiratore di Fausto come interprete. L’ho conosciuto una quindicina d’anni fa grazie a Germana Schena, la cantante che, nella seconda metà degli anni ‘90, faceva parte del mio gruppo. Poiché è una straordinaria vocalist, verso l’inizio del nuovo millennio fu presa come corista nei concerti di Fausto. Di lì a qualche anno ne è diventata prima la compagna e poi la moglie. Lo segue ancora oggi nelle sue tournée.
Come vi siete trovati a lavorare con lui?
Fausto, oltre a essere un grande artista, è anche una persona straordinaria e queste due componenti, secondo me, sono importantissime per poter lavorare nel migliore dei modi e ti consentono di fare tutto con estrema naturalezza e facilità.
Le composizioni pescano nella tradizione così come il brano di apertura, il celebre Angelitos negros nella versione in lingua spagnola originale, che proprio Leali portò al successo in Italia nel 1968. Come avete scelto i brani?
Ci siamo voluti attenere alle versioni originali. Stesso dicasi per Hurt (A chi), brano del 1954 inciso per la prima volta da Roy Hamilton. Questo pezzo però Fausto, nella parte finale, lo riprende in italiano. Quindi abbiamo scelto tre standard che Fausto ama cantare e che spesso esegue durante i suoi tour. Come Together, per esempio, rappresenta gli albori della sua carriera, quando apriva i concerti dei Beatles; Georgia On My Mind, brano di Hoagy Carmichael, è stato reso celebre da Ray Charles, uno degli artisti che più ha influenzato Fausto. Ci sono poi tre brani rappresentativi della sua carriera, riproposti con una sonorità più jazzistica, e tre brani inediti che abbiamo selezionato tra le mie composizioni. Tutti gli arrangiamenti sono miei
BLACK, WHITE AND BLUES
ABEAT, 2023
Fausto Leali in “Black, White and Blues” incontra le sonorità jazz del quartetto di Vito Di Modugno che con questo disco continua il suo percorso esplorativo nel repertorio hard bop con particolare riferimento a certe sonorità Blue Note e a quei musicisti quali Jimmy Smith o Larry Young che ne furono i principali attori. La sua voce graffiante apre, in solo, il primo dei nove brani che compongono questo disco: il grido lacerante antirazzista di Angelitos negros, composizione interpretata in origine da Pedro Infante e tratta dal film messicano omonimo del 1948, e portata al successo in versione italiana proprio da Leali (Il negro bianco, Ri-Fi 1968). La sua voce dialoga con l’organo Hammond del musicista barese che con i suoi solo sottolinea l’aspetto struggente e spirituale del brano. Un dialogo che caratterizza l’intero lavoro e in particolare i “cavalli di battaglia” del cantante, come A chi (Hurt) o Mi manchi che, grazie ai puntuali arrangiamenti e a una formazione più che rodata, risorgono in una veste jazzy che ne sottolinea l’impronta soul (l’intrigante versione di Come Together dal piglio funk). Tra i brani originali, spicca Memories Of My Mind in cui Germana Schena mette in risalto le sue ineccepibili doti vocali. “Black, White and Blues” scorre piacevolmente e riscalda l’anima dell’ascoltatore. (MM)
Angelitos negros / What Mama Told Me / Giorgia On My Mind / Come Together / Hurt (A chi) / Memories Of My Mind / Mi manchi / Knock On Wood / The Eyes Of Soul
a cura di Luciano Vanni
A SOUND IN COMMON FEAT. PETER BERNSTEIN
A SOUND IN COMMON GLEAM RECORDS, 2023
Il quartetto A Sound in Common – attivo a New York e composto da Francesco Patti al tenore, Andrea Domenici al pianoforte, Giuseppe Cucchiara al contrabbasso e Andrea Niccolai alla batteria – ha un nome che è come un manifesto espressivo. Il sound in comune è il modern mainstream, una musica che nelle mani dei quattro giovani trova nuova linfa vitale e che attraverso arrangiamenti eleganti e puntuali appare come una little big band. L’album contiene anche tre brani registrati con il chitarrista Peter Bernstein, autore anche del brano Simple as That
AA.VV. ADDENDA, 1. CAT SOUND RECORDS, 2023
L’idea è assolutamente affascinante, così come la realizzazione: riprendere alcune delle partiture iconiche del jazz moderno –si pensi a Maiden Voyage, Nature Boy, Time Remembered e Nardis – e rileggerle in modo aperto, libero e senza schemi armonici, melodici e ritmici. Merito di un quintetto all star, quello che registra “Addenda, 1”, che vede al suo interno Stefano Benini, Beppe Guizzardi, Mario Marcassa, Jerry Popolo e Adelino Zanini. L’effetto finale è sorprendentemente fresco, fitto di intuizioni.
MARCO CASTELLI/MARCO PONCHIROLI
SONGS FOR A DESERT ISLAND CALIGOLA, 2023
Marco Castelli (soprano e tenore) e Marco Ponchiroli (pianoforte) affrontano un vasto repertorio d’autore, tra Settecento e Novecento, partendo dalla suggestiva quanto complessa domanda sulle melodie da isola deserta. Si passa con naturalezza attraverso spartiti sublimi che portiamo un po’ tutti nel cuore, tra Beethoven e Chopin, Tchaikovskj e Schumann, Verdi ed Ellington, Jobim e Piazzolla, fino ai grandi compositori per il cinema come Morricone e Williams. Il collante è il jazz in una dimensione cameristica, grimaldello per inserirci il nuovo.
CERCLE MAGIQUE TRIO LIBRA ALFAMUSIC, 2023
Circolo magico come simbolo di simmetria, proporzioni ed equilibro formale. Il trio –composto da Nando Di Modugno alle chitarre e synt, Vincenzo (Viz) Maurogiovanni al basso elettrico (ma anche al fretless, alla voce e alle percussioni) e Gianlivio Liberti alla batteria e alle percussioni – si muove con eleganza, magnetismo e forza poetica. “Libra” è un concept album che ci conduce in un lungo viaggio tra ambienti prog (Blu Onirico), echi etnici (Penelope’s Gaza) e ballad struggenti (Onir), con uno straordinario Gaetano Partipilo come ospite.
EXTRA SAUCE EXTRAVAGANZA
EMME RECORD LABEL, 2023
Un suono d’altri tempi, da periodo d’oro della fusion con venature funk e r’n’b, quello organizzato da un ensemble di otto membri composto da una sezione fiati a tre (tromba, tenore e baritono), tastiere, chitarra e ritmica. C’è esuberanza, fuoco vivo, ispirazione e una joie de vivre, grazie a temi sempre ispirati e meccanicamente perfetti – anche negli arrangiamenti – per mettere in moto una macchina sonora potente, ricca di soluzioni e di solisti.
NIKKI ILES / NDR BIG BAND FACE TO FACE EDITION, 2023
La pianista e compositrice britannica Nikki Iles, classe 1963, dirige la big band tedesca NDR proponendo un repertorio, scritto di suo pugno, che rimanda, fin dal primo ascolto, agli ambienti sonori di Kenny Wheeler. “Face to Face” procede con eleganza e passionalità, permettendo all’orchestra di esprimere tutto il suo potenziale espressivo, sia solistico (è il caso del chitarrista Mike Walker, del sassofonista Nigel Hitchcock) sia corale, esaltando la flessibilità dell’organico. Un’opera mai statica e fortemente creativa.
ARTHUR KELL SPECULATION QUARTET LIVE AT LUNATICO ORIGIN, 2023
Il contrabbassista americano Arthur Kell è uno dei protagonisti della scena jazzistica contemporanea newyorkese e questo album è registrato dal vivo al Lunàtico, un locale fondato nel 2014 dallo stesso Kell assieme ad altri colleghi musicisti come Richard Julian e Rosita Késs. Alla guida di un quartetto con Brad Shepik alla chitarra, Kell produce un sound magmatico, potente e a tratti lisergico, magnetico e frenetico, carico di forza espressiva, ma anche a suo modo lirico nelle ballad proposte.
ANTONELLO LOSACCO FEAT. ROBERTO OTTAVIANO
WORLDS BEYOND
GLEAM RECORDS, 2023
Antonello Losacco, qui al basso a sette corde, si fa ascoltare a fianco del vibrafonista Vitantonio Gasparro e del batterista Vito Tenzone, con l’aggiunta del sassofonista Roberto Ottaviano (in tre brani) e della cantante Badrya Razem (in una sola traccia). L’opera scorre in modo omogeno, con atmosfere di ampio respiro di tipo cinematografico. Emergono incastri timbrici di grande efficacia (l’acustico del vibrafono e l’elettrico del basso a sette corde), ma anche temi e passaggi ricorrenti, come i leitmotiv wagneriani.
SADE MANGIARACINA
PRAYERS VOL. 1
TUK MUSIC, 2023
Il terzo album registrato dalla pianista Sade Mangiaracina per la Tuk Music è un lavoro ciclopico per vastità e profondità espressiva tanto nella scrittura che negli arrangiamenti degli ensemble jazz e del quartetto d’archi Alborada. Distribuito su due CD registrati con altrettanti organici, “Prayers” è un concept album che risente della forte spiritualità di Mangiaracina: un’opera che fa sintesi delle varie nature del jazz contemporaneo, tra nouveau swing, minimalismo, classicismo e multietnicità, tra scrittura e interpretazione.
MENDACE
MENAGRAMO
BARLY RECORDS, 2024
Registrato all’interno del castello normannosvevo di Gioia del Colle (BA), l’album si compone di brani scritti per l’occasione da un ensemble straordinariamente nuovo da un punto di vista timbrico ed espressivo, grazie alle sonorità del serpentone e del basso elettrico di Michel Godard, del sax soprano di Roberto Ottaviano, della voce di Ninfa Giannuzzi, della tiorba (un liuto) di Luca Tarantino e della voce recitante (e testi) di Anita Piscazzi. Un’opera affascinante, dove l’atmosfera sonora arcaica è sublimata dagli interventi solistici, di pura poesia, di Ottaviano.
STEVE LEHMAN / ORCHESTRA NATIONAL DE JAZZ
EX MACHINA
PI RECORDINGS, 2023
Sono anni che Steve Lehman elabora un linguaggio sincretico tra improvvisazione, hip hop, avanguardia, musica etnica, elettronica e contemporanea. Ma la curiosità e la ricerca di Lehman non si limitano alla dimensione artistica bensì, come in questo caso, sfiorano anche la tecnologia, tanto che in questo lavoro gli spettri sonori ed espressivi, garantiti dall’orchestra diretta da Frédéric Maurin, sono potenziati da un software di intelligenza artificiale (DICY2). Il risultato è strepitoso, affascinante e potente.
SONIA SPINELLO/EUGENIA CANALE FLOW
ABEAT, 2023
Il chitarrista Antonio Grillo debutta in trio, accompagnato dal contrabbassista Tommaso Pugliese e dal batterista Francesco Scopelliti, nel solco della tradizione mainstream. L’organico si muove con grande raffinatezza, senza eccessi virtuosistici ma con profondità, e con un sound che rimanda ai trii di Jim Hall per timbro e scelta di organizzazione della materia musicale. Di notevole qualità il contributo dell’ospite, il trombettista Giovanni Amato, e si segnala anche la presenza della cantante Simona Daniele nella traccia While You Go Away.
Devo confessare che, con il passare del tempo e l’avanzare dell’età (ormai sto per toccare i cinquanta), osservo anche in me l’inevitabile tendenza a guardarmi più indietro che attorno o davanti, a ritornare su ciò che conosco, sulla musica del passato, invece di esplorare quella del presente e –per quanto è possibile – del futuro. Perciò, come antidoto, cerco libri come questo Ugly Beauty. Jazz in the 21st Century (Century Zero Books, 2022), in cui Phil Freeman ha effettuato una ricognizione di quanto c’è di più vitale nel jazz odierno. Come tutti gli sguardi sull’attualità, il testo non ha nessuna pretesa di essere esaustivo né tantomeno oggettivo – si sa che esaustività e oggettività richiedono una prospettiva che solo la distanza storica può fornire – ma il suo interesse sta proprio nel tentativo di fissare in un’instantanea qualcosa che è ancora del tutto in fieri. I ventinove medaglioni che lo compongono sono la rielaborazione di articoli che Freeman ha pubblicato su diverse riviste, cartacee e online; anche il titolo viene da quello della rubrica da lui curata sul blog Stereogum. Qui vengono riuniti e articolati in cinque sezioni, ognuno con una nota introduttiva a fare da trait d’union. Ciò può costituire un pregio o un difetto del libro: difetto, perché l’impressione generale rimane quella di un mosaico dalle giunture non sempre perfettamente fuse; pregio, perché le singole tessere mantengono la vivezza della tranche de vie colta dal vero.
A titolo d’informazione, le sezioni sono disposte in un percorso progressivo: i “tradizionalisti” (in senso lato, visto che ci sono nomi come JD Allen, Jeremy Pelt, Ethan Iverson, Orrin Evans e Jason Moran), coloro che lavorano sul margine fra tradizione e ibridazione (Vijay Iyer, Taylor Ho Bynum, Mary Halvorson, fra gli altri), lo “spiritual jazz” (qualunque cosa l’etichetta significhi: diciamo Kamasi Washington e dintorni), le connessioni fra jazz e hip-hop e infine coloro per i quali la definizione stessa di “jazz” sembra spesso problematica.
Un altro limite del libro è il suo sguardo pesantemente americano-centrico: quasi tutti i musicisti citati – quarantatré in tutto – sono attivi a New York, Los Angeles o Chicago, a parte qualche londinese e un manipolo di sudafricani, trattati tutti in uno stesso capitolo, all’interno della terza sezione. Il resto del mondo, evidentemente, è ancora in larga parte fuori dai radar di molti critici americani; ed è un peccato. Fra i punti di forza, invece, ci sono la scrittura vivida e coinvolgente di Freeman e il suo sguardo spregiudicato, che tratta musicisti di tutti gli orientamenti e di tutte le generazioni (le date di nascita spaziano dal 1967 di Nicole Mitchell al 1992 di Linda Sikhakhane).
Un libro da leggere con YouTube e Spotify aperti, per ascoltare con le proprie orecchie le musiche che vengono descritte.
Il nome di Roberto Polillo non ha bisogno di presentazioni per qualunque appassionato di jazz: non solo figlio del grande Arrigo, ma anche artista in proprio, prima come fotografo, attivo negli anni Sessanta e Settanta, poi – dopo una lunga pausa dedicata ad altre esperienze professionali – con un ritorno alla sua prima passione, integrata dall’esplorazione di nuovi linguaggi e dedicata alla fotografia di viaggio.
Jazz dietro le quinte (Mousse, 2022) raccoglie più di duecento immagini da lui scattate: da Armstrong a Ellington, da Ella Fitzgerald a Miles Davis, da Monk a Ornette Coleman, molte delle quali finite sulle storiche copertine di Musica Jazz , e che qui sono accompagnate dalle parole di Polillo, che raccontano il suo rapporto con il jazz e la sua concezione dei rapporti fra musica e immagine.
Cambiamo ambito per parlare di Play... Latin Piano Like a Pro! , che Riccardo Scivales ha pubblicato nel 2021 per la sua etichetta Scivales Music. Da anni ormai Scivales sta portando avanti una pregevole opera didattica, in una serie di manuali dedicati a vari stili di jazz, con una particolare attenzione allo stride piano. Qui si affronta il delicato campo del latin, che richiede consapevolezza e padronanza dei complessi meccanismi ritmici che lo dominano. Nella prima parte del libro si trovano venti composizioni originali dell’autore, ognuna dedicata a un particolare genere: dal tango alla rhumba, dal merengue alla salsa, e così via; nella seconda vengono esposti gli elementi che compongono i diversi stili: clave, tumbao, montuno, pattern ritmici e tecniche per l’improvvisazione. Uno strumento prezioso sia per chi non ha ancora familiarità con il variegato mondo delle musiche latinoamericane, sia per chi vuole affinarne la conoscenza.
Chiudiamo segnalando il volumetto di Igor Ebuli Poletti, Il jazz. Una storia sentimentale (Oligo, 2023). Come avvisa il titolo stesso, non una storia del jazz – del resto impossibile in una quarantina di pagine di piccolo formato – ma piuttosto, nelle parole dell’autore, «un corpus eterogeneo di nomi» e «uno squarcio vivido su uno dei fenomeni musicali e culturali più importanti del XX secolo». Diviso in tre parti (Improvvisazione, Improvvisazione, Luci ed ombre e La via italiana), il libro si muove con penna ilare e leggera, a volte riflettendo, a volte narrando, a volte divagando e fantasticando.