Wozlab catalogo

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WOZLAB 2004/2008 Independent Political Workshop of Collaborative Design a cura di Domenico Cogliandro e Vivian Celestino


Questo piccolo album raccoglie in maniera sintetica cinque anni di lavoro del Laboratorio Woz, dal 2004 al 2008, cercando di rendere conto dei contenuti delle varie edizioni, le motivazioni, i lavori svolti, gli esiti concettuali nonché gli incontri, necessari al Woz, tra volti e luoghi, tra identità e differenze, tra competenze e idee diverse. Il laboratorio ha autoprodotto, o prodotto in maniera sostenibile, in questi anni, cinque workshop a cui sono intervenuti oltre 600 soggetti tra tutors e students, che hanno progettato, e talvolta realizzato, piccole opere a basso costo per micropoli meridiane. Alcuni di questi, tra designer e ar tisti, per l’assiduità alla par tecipazione, l’incoraggiamento all’iniziativa e il continuo flusso di suggerimenti, sono stati per noi costanti elementi di riferimento prima e dopo lo svolgimento dei vari Woz: tra cui citiamo Marco Alì, Francesco Buonfantino, Simonetta Capecchi, Annamaria Chiodo, Salvino Comes, Andrea Coppola, Maurizio Curcio, Raffaele Cutillo, Luca Forestiero, Fabio Ghersi, Emilio Leo, Filippo Malice, Mario

Manganaro, Rober to Masiero, Totò Melita, Peppe Merendino, Valerio Morabito, Sandro Nardoni, Carmelo Nigrelli, Luigi Patitucci, Giulia Pellegrini, Giacomo Pirazzoli, Giulio Pirrotta, Luca Quarin, Massimiliano Rendina, Maria Rosa Russo, Marcello Sèstito, Giovanni Vaccarini, Davide Virdis e Mario Virga. Per ultima, ma non ultima, ricordiamo Elena De Luca, prematuramente scomparsa, il cui appor to concettuale e organizzativo è stato nodale nella definizione e preparazione di tutti i laboratori sin qui svolti, nonché nelle varie fasi di comunicazione degli esiti raggiunti. Nel momento in cui viene esitato questo lavoro l’associazione WozLab/Culture Meridiane sta lavorando per mettere a frutto il bagaglio sin qui accumulato e strutturare altri eventi laboratoriali in altrettanti centri meridiani da svolgere nel quinquennio 2013/2017. Tale raccolta e pubblicazione è stata possibile anche grazie all’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana che ha dato il sostegno economico necessario alla sua produzione.

WOZLAB 2004/2008: Independent political workshop of collaborative design / a cura di Domenico Cogliandro e Vivian Celestino. [S. l.] : Biblioteca del Cenide, 2011. 1. Urbanistica. I. Cogliandro, Domenico <1963->. II. Celestino, Vivian <1974->. 711.1 CDD-22

SBN Pal0234182

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”


a Elena


quattro Woz L a b

WozLab [Political Independent Workshop of Collaborative Design] è un laboratorio politico indipendente di progettazione partecipata. Una settimana in cui architetti, ingegneri, ar tisti, designer dalle disparate provenienze si incontrano con la popolazione residente e insieme costruiscono proposte, progetti e prototipi per un design che rimetta in gioco la capacità di autodeterminazione del futuro della comunità locale ospitante.

Il laboratorio contempla tre modelli d’inter vento: le strategie, i metaprogetti, i prototipi. Ogni ambito trova riscontro in proposte teoriche e formali, accompagnate da un’adeguata comunicazione. I par tecipanti al Woz propongono ipotesi in termini di politiche urbane e culturali. Gli amministratori locali sostengono il laboratorio, facilitano le relazioni con la popolazione e discutono le proposte e i prototipi realizzati.

Questo è il Woz, un’esperienza che si rinnova ormai da diversi anni sperimentando la propria attività all’interno di micropoli meridiane. Ogni ospite, o team, par tecipa al lavoro di analisi, preparazione e ricerca con il sostegno dello staff organizzativo e di indirizzo, e individua il tema por tante dell’inter vento che viene par tecipato alla comunità locale.

Ma i veri protagonisti del laboratorio restano gli abitanti delle micropoli che suggeriscono sia le direzioni da prendere che quelle da trascurare. Anche i bambini. Protagonisti, infatti, della sezione Woz Kiz, alla stregua dei professionisti, propongono ai temporanei ospiti il loro modello di città, le loro specifiche necessità, i loro desideri.


cinque Il WozLab produce con l’individuazione dei temi, gli incontri con l’amministrazione locale, la scelta delle aree, le soluzioni logistiche, i tavoli di concertazione, lo sviluppo delle sinergie preliminari, la promozione dell’evento; e gestisce con la messa a punto del sistema di accoglienza, la definizione delle strategie interne, i confronti di verifica dei progetti, gli stati d’avanzamento, la realizzazione di elaborati e prototitpi, la diffusione delle informazioni a mezzo stampa e web. Inoltre post-produce la raccolta dei lavori prodotti, la selezione delle risorse video e fotografiche, l’editing e l’ordinamento logico dei materiali, la preparazione delle schede di progetto, la realizzazione del catalogo cartaceo e dell’archivio in dvd. Gli esiti del WozLab hanno come peculiarità l’approdo a proposte progettuali dai risultati non prevedibili.

L’articolazione del Laboratorio Woz può essere descritta come un sistema a giaciture: all’interno di ogni stratificazione (operativa, laboratoriale, progettuale, artistica, relazionale, culturale, etc) si determinano le attività di lavoro che, poi, condurranno alla definizione dei prodotti (strategie, metaprogetti, prototipi, intersezioni). Nella commistione – infiltrazione - di una giacitura su quella inferiore e – estrusione - di un livello su quello superiore, si determinano le specificità, e originalità, dei progetti che hanno ogni sera tavoli di concertazione condivisi, brainstormings, incontri tra designers e utenti. I luoghi destinati all’accoglienza diventano sede di esposizioni temporanee (per tutta la durata del laboratorio) degli stessi ospiti: per cui si organizzano in contemporanea, e per una settimana, mostre di arte, fotografia, architettura, scultura, video.

All’interno del Laboratorio sono state, poi, strutturate sezioni specifiche rivolte a specifici interessi che possano svolgere la trama delle relazioni all’interno del luogo destinato al progetto e da qui all’esterno per comunicare l’evoluzione delle cose proprio mentre si realizzano. Per cui ci si trova ad organizzare i contenuti attraverso pratiche di management strategy e marketing territoriale; a trasformare i luoghi con i progetti di design urbano e di microprogettazione; ad esibire opere d’ar te in allestimenti museali temporanei, e idee nello showroom “Alimentari Woz(on)”; ad intrattenere gli ospiti e la città attraverso la pratica degli assembramenti e le performances spontanee. Inoltre, nelle varie edizioni sono state sperimentate produzioni utili alla comunicazione dei contenuti, anche con il coinvolgimento degli attori locali.


sei [ R e na t o N i c o l i n i ]

“Il WOZ è forse la sola manifestazione d’architettura in Italia che ha, nel suo DNA, il nomadismo. L’architettura – nella sua nuova condizione nomade, dove lo stesso luogo, il venerabile genius loci, è secondario rispetto alla possibilità – è sempre più ibridata (ma non lo è forse sempre stata?) con le arti, le arti vecchie dell’Accademia e le arti nuove della riproducibilità tecnica, con la comunicazione, con la sociologia, con la politica, con lo spettacolo.”

“Ecco un’altra caratteristica che distingue il WOZ dagli altri workshop. Visto che bisogna affidarsi all’intuito ed alla concretezza insieme, far vedere lontano e far vedere subito qualcosa che cambia, e creare immediatamente una situazione diversa, un’immagine concreta del possibile: architetti ed ar tisti sono invitati con uguale calore, non nella confusione dei ruoli ma nella consapevolezza della differenza specifica della loro attività.”

“I wozzers hanno voluto affidarsi al progetto ed alla creatività, sapendo che, per un buon cammino, bisogna sapere qual è la direzione giusta e muovere il primo passo, senza indugiare inutilmente nell’attesa del progetto chiaro e definitivo. Per progettare bisogna progettare, non aspettare di avere le idee chiare. Solo camminando si possono evitare gli ostacoli; l’indugio li rafforza, con la nostra tendenza all’accidia, al lasciar fare.”

“Quella del WOZ è una progettazione che si adatta però ai tempi brevi del Festival, che vuole produrre interventi immediatamente visibili. Senza smarrire ciò che distingue il progetto dell’architetto dal progetto del performer o dell’ar tista visivo – ma puntando comunque ad una relazione d’inclusione. Sui progetti s’innesta la progettazione degli eventi, compresi gli eventi che lo stesso WOZ provoca nei suoi gradi più elementari (alloggiare, mangiare, dimorare nella contrada - direbbe Heidegger).”


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2004> WOZLAB/01 PREVIEW

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a prima scintilla del Laboratorio Woz è scattata dalla esigenza di verificare su un luogo reale idee e ipotesi di progetto “in vitro” derivate da due esperienze didattiche universitarie (Urban design & Industrial design) di due docenti a contratto (Domenico Cogliandro & Salvino Comes) di due facoltà d’architettura meridiane (Reggio Calabria & Siracusa). La parola chiave di quell’incontro stava nel termine “segno”: come radice del design, ovvero segnale, traccia, elemento minimo notevole. La possibilità di produrre “segni” ha portato ad esperienze realizzative parallele alla definizione dei progetti: cioè, man mano che il segno si andava delineando come ipotesi di lavoro quasi in contemporanea se ne verificavano (o vanificavano) le possibilità disponendo “cose” che potevano essere prodotte e distrutte nell’arco di poche ore. Il progetto, elemento indifferibile di una fase programmatica del designer, e il modello, riscontro delle modalità e plausibilità del progetto, andavano di pari passo. Nei tre giorni di lavoro sono stati sia prodotti e collocati on site elementi minimi di design (elementi di toponomastica e di arredo urbano, di interior design o marcatura territoriale) che hanno occupato visibilmente stanze e spazi del paese di Riace, in Calabria, sia evidenziate potenzialità economiche e propositive mediante happening performativi, ma soprattutto sono state evidenziate le potenzialità di quella esperienza laboratoriale radicale, al punto da esigere un riscontro, una continuità, un’espansione di tale evento: così è nato WozLab.


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2005> WOZLAB/02 RIACE

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’esperienza didattica dell’anno precedente ha sollecitato la realizzazione di un workshop indipendente e autofinanziato che partisse dalle esigenze di una micropoli (un comune con meno di 5000 abitanti) per dipanare sollecitazioni progettuali destinate a suggerire sviluppi sostenibili o a definire piccole opere (d’architettura, d’arte o urban design) da realizzare, e lasciare, sul luogo. La scelta è ricaduta, consapevolmente, su Riace per sottolineare il potere evocativo di un nome che nell’immaginario collettivo rimandava ad altro. In questa occasione di lavoro la compagine dei wozzers contava circa quaranta professionisti d’ogni parte d’Italia (architetti, artisti, fotografi, designers) e altrettanti partecipanti junior che hanno orientato le attività verso una sostenibilità operativa del progetto dimostrando (sia con la realizzazione di opere che con la produzione di idee) che è possibile, condividendo le prospettive di un’amministrazione locale, far aderire budget minimi ad espressioni di qualità notevoli. Tra gli altri, PeK Studio (SR) e Oxsimoro (UD) hanno realizzato la piccola Piazza Rossa; Studio Map (CT) una seconda piazza urbana;Totò Melita (EN) e Antonio Santacroce (CT) due sculture lungo le vie della città (“Donna articolata”, di Melita, qui a sinistra); Studio OfCA (CE), Massimiliano Rendina (NA), Giovanni Vaccarini (TE) e Valerio Morabito (RC) hanno ripensato il margine cittadino; Marcello Sestito (MI), Mimesi 62 (FI) e Studio ATA (TO) hanno lavorato su nodi e architetture urbane. Wozlab ha inoltre prodotto il video “Riace riemerge” di Sandro Nardoni.


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< “la piazza rossa” di pek studio e oxsimoro “i bronzi assenti” > di marcello séstito

< “il volto di riace” di antonio santacroce “i guerrieri” > di filippo malice e lab-01

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04 < “la piazza cerniera” di valerio morabito “i margini riacesi” > di cutillo, rendina, fiamingo

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07 < “la piazza di sabbia” di atelier map “cine riaccesi” > di studio ata e mimesi 61

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01. “rosso limite” di giovanni vaccarini 02. “impronte fiorite” di alessandra ghiraldelli 03. “anatomia del passo” di silvia lepore 04. “lo scavo del fonte” di domenico cogliandro + wozzers 05. “relitti” di davide virdis 06. “backstage Riace video” di sandro nardoni 07. “storie migranti” di peppe maisto


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2006> WOZLAB/03 USTICA

U

stica è stata scelta per evidenziare il senso evocativo e simbolico che già era emerso nel laboratorio dell’anno precedente. Anche Ustica può essere definita una micropoli - con la tautologia geografica che fa corrispondere il nome della città a quello dell’isola. Questa esperienza ha sottolineato sia una marcata collaborazione tra l’amministrazione locale e lo staff del workshop, che ha reso possibile la realizzazione di opere anche in ambiti difficili, sia la necessità di una più ampia collaborazione interdisciplinare per raggiungere risultati a percezione multisensoriale. Si sono verificate, infatti, contaminazioni di genere tra musica, arti visive, progetto urbano, design di prodotto. Il numero dei partecipanti è aumentato, e si è consolidata una stretta relazione tra i wozzers e gli abitanti. Qui è emerso il tema del rapporto tra margine e centro, intesi come luoghi topici della vita quotidiana. Tra i progetti: l’hub galleggiante di PeK Studio (SR) e Luca Quarin (UD), il percorso liminare di Marcello Sestito (MI) e Giorgio Goffi (BG), il landscape design di MariaRosa Russo (ME) e Valerio Morabito (RC), l’immagine coordinata di Peppe Cusa (CT), l’hortus di Mario Manganaro (ME), i disegni narrativi (a sinistra) di Simonetta Capecchi (NA) e di progetto di Luciano Blasich (TS) e Francesco Buonfantino (NA).Tra le realizzazioni, rimaste in situ: il “giardino sonoro” di Lucia Coniglione (CT) e Ivan Corsaro (VV), la scultura Minotauro di LabUno (RC), le ficopale di Totò Melita (EN). Va segnalata, inoltre, la ricerca di soundscape di ArsNova che ha esitato il brano sonoro “R.A.D.A.R.” di Maurizio Curcio (PA).


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< “hortus” di mario manganaro “minotauro” > di filippo malice e lab1

< “backstage r.a.d.a.r.” di maurizio curcio e arsnova “landscape circles” > di valerio morabito e agp

< “volti” di mario virga “ficostop” > di ofca

< “tra le garitte” di giorgio goffi e marcello séstito “hub-sea” > di pek studio e luca quarin

< “ustica à porter” di mariarosa russo “ficopale” > di totò melita


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2006> WOZKIZ/01 USTICA

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gni luogo ha un’anima, un’identità: cercare di scoprirla e porsi in relazione con essa significa ripartire dalle esigenze di chi solitamente vive di imposizioni, non sempre educative. WozKiz fiorisce ad Ustica con l’intento di scoprire le anime dei luoghi con i bambini o, forse meglio, scoprire i luoghi con l’anima e l’animo dei bambini. L’isola ha suggerito i modi: quello con i bambini è stato un incontro quasi casuale, che poi si è trasformato in un appuntamento quotidiano fatto di giochi, di segni, di colori, di scoperte, di passeggiate. I bambini di Ustica hanno raccontato la loro isola, con le parole e i disegni, hanno preso parte agli incontri dei wozzers, i quali si sono confrontati con un mondo fatto di parole semplici e significati chiari. Proprio da Ustica parte questa scrittura di parole nuove sui luoghi: una raccolta di pensieri e di sguardi. Quale luogo migliore, per scoprire le radici del rapporto con un luogo selvaggio? Qui abbiamo visto bambini liberi di camminare per le strade: una condizione irrealizzabile, o anche solo impensabile, nelle nostre città? La modalità di approccio e di analisi di WozKiz parte dai piccoli centri, da una dimensione minima e controllata, che restituisce uno sguardo aperto ad una dimensione più ampia della relazione tra i bambini e gli spazi delle città, al loro modo singolare di appropriarsi dei luoghi. Tra le realizzazioni dei bambini: la collaborazione al progetto del “giardino sonoro” degli architetti Coniglione e Corsaro, dipingendo le bottiglie di vetro che suonano con il vento dell’isola, e la partecipazione attiva al video “LaLeLiLoLu”.


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2007> WOZLAB/04 MALETTO

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opo Riace e Ustica, la scelta di una località sull’Etna (altro rimando evocativo territoriale) è parsa d’obbligo per definire una prima trilogia dell’evento. La scelta è ricaduta su Maletto per via della sua dimensione demografica, o la sua qualità micropolica, e per il suo rapporto di prossimità e distacco con l’Etna. Nonostante gli studi preliminari sul luogo e le scelte delle aree di progetto il laboratorio di Maletto si è distinto, rispetto agli altri, per un mutevole e proficuo design anarchico, a dimostrazione, qualora fosse necessario, che il WozLab vive del suo farsi e disfarsi accettando i cambi di rotta e orientando le istanze dei designers verso una visione unitaria di progetto. La frammentazione per punti della linea programmatica iniziale ha prodotto una serie di progetti caratterizzati dal recupero di un’immaginario fiabesco locale, che è diventato elemento distintivo delle opere e delle proposte. In questa direzione sono andati soprattutto i “Mammacucchiari” dello staff coordinato da Biagio Bisignani (CT) e la proliferazione di “Scavuzzi” del gruppo Solecaldo (SR); “MO(bilità)MA(letto)” degli studi PeK+Ata (SR+TO) ha suggerito lo sviluppo di percorsi marginali al paese, “Reflected Woz” (EN) si è posto il problema della comunicazione territoriale; il gemellaggio col progetto “Grande Madre” della Fiumara d’Arte, inoltre, ha stimolato lo scultore Filippo Malice (RC) a realizzare una scultura apotropaica all’ingresso della sede municipale, e i musicisti Maurizio Curcio e Oriana Civile (PA) a produrre una versione rivisitata di canti ancestrali di area etnea.


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< “around the water” di letizia schiavone e agp “woz-logo” > di 3ns designer

< “demolition cube” di ... “il parco liminare” > di ata/pek + comes + melita < “glocal design” di cogliandro/genovese studio “less’n’more” > di manganari staff < “maletto visual” di malatti design “monte fragoletto” > di totò melita

< “maletto da favola” di mammacucchiari group “l’origine” > di filippo malice e lab1


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2007> WOZKIZ/02 MALETTO

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Maletto il laboratorio WozKiz ha visto il coinvolgimento attivo delle scuole primarie. La partecipazione operosa dei bambini li ha resi testimoni informati delle proposte e delle idee dei partecipanti al WozLab, ed è stato possibile restituire una soluzione o elaborazione delle loro proposte: il che ha permesso di chiarir loro l’uso che si sarebbe fatto delle loro idee, da chi sarebbero state rielaborate e per quali scopi. E queste idee, a quel punto, hanno raccontato il possibile e l’impossibile: hanno descritto, dal loro privilegiato punto di vista, lo stato di fatto del paese e ne hanno immaginato i possibili cambiamenti. A partire da questa esperienza, WozKiz si è impegnato a renderli consapevoli dei loro diritti e considerarne la soddisfazione come punto di partenza per acquisirne altri. Il laboratorio è diventato così occasione di denuncia di mancanze, di rivendicazione di diritti, di richiesta d’ascolto, e ha favorito l’attivazione della cultura del desiderio e dell’opportunità per i bambini di essere protagonisti nella loro comunità. I bambini hanno realizzato i disegni del paese com’è e come lo vorrebbero, e l’installazione temporanea dell’albero dei desideri; sono stati i protagonisti del video “Vulcanicamente WozKiz”, raccontando e giocando, e hanno partecipato all’iniziativa promossa dalla Fondazione Fiumara d’Arte “Io sono acqua” (attività che ha coinvolto diverse scuole) che li ha visti artisti protagonisti lungo la strada principale del paese occupata da una lunghissima tela nella quale ogni gruppo di bambini ha prodotto un’opera ispirandosi all’elemento acqua come fonte di vita.


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2008> WOZLAB/05 PALERMO

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l passaggio dimensionale da una serie di micropoli ad una metropoli è stato dettato dall’esigenza di sperimentare in una dimensione differente i princìpi e le finalità del workshop. La differenza di scala e il rapporto col territorio circostante, poi, hanno ulteriormente influenzato le scelte dell’area su cui iniziare e proseguire il lavoro di ricerca e preparazione degli sviluppi laboratoriali. All’interno della città la scelta è ricaduta su un’area dalle forti connotazioni “territoriali” che, più di altre, riusciva a fotografare le dinamiche di complessità e conflittualità proprie di una metropoli meridiana: Palermo. Così il lavoro preparatorio si è concentrato sul quartiere Albergheria che dimostra essere una specie di polis nella città più grande che l’accoglie; qui il topos del quartiere viene sostituito dalla sedimentazione e sovrapposizione di elementi appartenenti a diversi livelli di vita e di vivibilità. È il quartiere che include anche Palazzo Reale, da sempre residenza dei sovrani di Sicilia, oggi sede della Regione Siciliana. Nella sua area i Fenici fondarono la città e vi stabilirono i primi insediamenti attorno al fiume Kemonia, attualmente sotterraneo, che correva al suo interno. La configurazione attuale all’interno del sistema viario di Via Maqueda, Corso Tukory, Corso Re Ruggiero e Corso Vittorio Emanuele, si deve al periodo rinascimentale, dopo il taglio di Via Maqueda. Per lungo tempo, inoltre, è stato sinonimo di degrado urbano, da cui ne è in parte uscito solo nell’ultimo decennio. Al suo interno vi si tiene il celebre mercato storico di Ballarò.


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Lo studio preliminare del quartiere Albergheria ha tenuto in considerazione esigenze radicalmente differenti rispetto alle esperienze precedenti per due ordini di motivi: le micropoli erano parte di un vasto territorio che le circondava e le isolava, mentre il “mandamento” è contiguo ad altre parti di città da cui lo separano soltanto dei fronti stradali; le tematiche dei piccoli centri sono da ricondursi ad un dialogo preliminare operato con le amministrazioni e, comunque, ad un loro coinvolgimento diretto nello sviluppo dei lavori, cosa non facile da attuare nella porzione della grande città per via della sovrapposizione o separazione di responsabilità, poteri e gestioni della cosa pubblica. Per quest’ultimo motivo si è instaurato un dialogo con associazioni culturali, di volontariato, a carattere storico e ambientale in maniera da avere sponde con cui scontrarsi o confrontarsi, mentre l’analisi della porzione di città ha evidenziato aree, traiettorie e punti sensibili verso cui rivolgere la dovuta attenzione. Il tema che è emerso, più di altri, nel confronto generale tra i partecipanti al WozLab

ha riguardato le scale di valore del rifiuto -non organico-, ovvero: in che misura un oggetto perda o guadagni valore in ordine ad esigenze sociali e culturali. Espressione e teatro del valore del rifiuto dentro l’area di Albergheria sono i mercati del quartiere [1. Ballarò, quotidiano e istituzionale; 2. San Saverio e aree limitrofe, periodico ma non riconosciuto; 3. Area tra la scuola Nuccio e la via Albergheria, spontaneo e marginale] e i recipienti dell’immondizia variamente distribuiti, in una sorta di ricambio sociale non dichiarato in cui è possibile acquistare da una parte un oggetto che ha acquisito status di rifiuto dall’altra, fino ad arrivare ad un oggetto a valore zero [un indumento, per esempio, che diventa espressione di donazione per gli indigenti viene scartato, dopo l’uso, da chi lo ha ricevuto e gettato in un recipiente generico per l’immondizia; da qui viene recuperato da individui maggiormente indigenti per due motivi: indossarlo o venderlo; il primo caso porterà ad un ulteriore uso e un rifiuto da consumo, il secondo caso lo vedrà affastellato tra altri indumenti su una pubblica piazza e, se non venduto, ulteriormente

rifiutato] secondo una parabola discendente che lo condurrà, in fondo al percorso, in discarica. In senso più ampio lo stesso quartiere, riconoscibile per la sovrapposizione di monumenti e ruderi, edifici ristrutturati e case degradate, pareti urbane e strade scarificate accanto a zone recuperate o di recente pavimentazione, attività produttive e abusivismi commerciali, ha ereditato una tale promiscuità di qualità e disvalori da comunicare a chi lo abita, a chi ne usufruisce in maniera temporanea o a chi lo visita, un’evidente permanenza di conflittualità che in parte vengono assorbite dal giudizio “benevolo” di un kitsch ultrapopolare e in parte da quello di una sciatteria generalizzata che pervade luoghi e abitudini. Il WozLab, dovendosi confrontare con tali categorie di riferimento e con tali usi degli spazi pubblici, ha operato sottolineando, in maniera ridondante, il tema del “rifiuto” all’interno di “spazi del rifiuto” e incistando suggerimenti di progetto urbano di varia natura: dall’happening audiovisivo allo stencil murale di genere ludico, dalle idee di recupero dei margini alle contaminazioni tra arte e design.


ventidue Il rifiuto diventa elemento di arredo nella proposta di Studio Ata (TO): la trama dei sacchetti standard, riempiti di immondizia non organica (carta, plastica) e uniti tra loro, diventa layout che informa il luogo in cui questo “tappeto” verrà abbandonato. Le scarpe, oggetto di rifiuto, vengono trasformate, nell’ipotesi di allievi della Facoltà di Architettura di Palermo, in elementi cromatici tesi ad evidenziare percorsi o elementi architettonici e urbani.


ventitre

Le istanze dei bambini del quartiere (proteggere l’area residuale che viene utilizzata “stabilmente” come campetto di calcio, invece dell’uso saltuario a mercato spontaneo) viene riletta in maniera ironica dall’arch. Marco Alì (MI) inserendo elementi scultorei oldenburghiani agli angoli della piazza.


ventiquattro

Uno spazio di risulta tra Via Benfratelli e Via Porta di Castro, utilizzato di giorno e di notte come area di parcheggio, in parte invaso da rifiuti, è stato oggetto della performance progettuale “Tu tagghiu ‘stu palluni” da parte del gruppo (Cannizzaro, Chiarenza, Saporito, Carrubba) che ha elaborato un gioco site specific utilizzando le quinte urbane del lotto come involucro e la parete cieca di un edificio come schermo sensibile. Il lancio di un pallone sulle immagini proiettate consentiva, al rimbalzo su alcuni punti segnalati, l’interazione con le stesse e l’acquisizione di un punteggio, alla stregua dei videogames. La particolarità dell’evento ha attratto gli abitanti del quartiere che hanno utilizzato quello spazio negato come espressione di una possibilità.


venticinque

Le stratificazioni di senso e di segno che si sovrappongono sulle superfici disponibili della città (strade, pareti, treni, bus, sottopassi, pensiline), che siano legali o abusive, partecipano assieme alla narrazione di un luogo. In tal senso, l’azione estrema di un team spontaneo di wozzers, ha voluto polemizzare con il racconto di Ballarò usando, per essere compreso, la stessa lingua. D’altronde questa scelta di discutere coi segni era stata intrapresa dall’artista Cumbo che aveva suggerito una riutilizzazione di un rudere a “residenza di sogni”. Mentre su tre aree degradate, lungo via Grasso, nei pressi dell’ex-cinema Edison, il gruppo Manganaro suggerisce trasformazioni utilizzando la stessa logica delle sostruzioni e delle giaciture con cui il quartiere è stato modificato nel tempo: mediante elementi d’arredo, alberature, soluzioni cromatiche, pavimentazioni.


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2008> WOZKIZ/03 PALERMO

La possibilità di svolgere il laboratorio nel mandamento Albergheria a Palermo ha offerto l’occasione per svelare l’identità “infantile” di un quartiere, riattivando l’interesse dei bambini verso lo spazio urbano che li circonda e facendolo diventare luogo per partecipare ed imparare. Attraverso un laboratorio svolto con la scuola primaria Nuccio è stato avviato un percorso di scoperta, esplorazione e conoscenza del quartiere, fornendo ai bambini strumenti per comunicare pensieri, bisogni, sogni e desideri sul “vivere la città”. I piccoli protagonisti hanno realizzato le “Cartoline da Ballarò” descrivendo attività e luoghi tipici; hanno svolto il gioco “Giochiamo a cambiare la città”, una passeggiata urbana tesa a segnalare, a partire da un’osservazione diretta, i luoghi positivi e negativi del quartiere in cui vivono, giocano, si muovono ogni giorno. Questo ha permesso di realizzare una mappa delle preferenze, indicando i luoghi su cui intervenire per cambiare il quartiere a loro immagine. Infine è stata allestita la mostra “Città intima” in cui, a partire da foto di luoghi degradati, sono intervenuti con colori, ritagli, carta colorata, per modificare le immagini: una lettura allo stesso tempo fantastica e reale, proiezione di desideri e volontà. Dopo aver individuato i loro bisogni e le loro esigenze la speranza è di tradurli in indicazioni utili alla progettazione di spazi urbani di qualità. La settimana del WozKiz ha visto un fitto programma laboratoriale: giardinaggio, fumetto, passeggiate, proiezioni, giochi. I bambini di WozKiz, a Ballarò, sono stati una presenza forte, colorata e felicemente rumorosa.


ventisette LABORATORI DIDATTICI SCUOLA PRIMARIA “NUCCIO”


ventotto LABORATORI LUDICO-ARTISTICI “PALAB”


ventinove LABORATORI D’IMPEGNO CIVICO “BALLARÒ” E “UBUNTU”


trenta PA L E R M O


WOZZERS

trentuno


Finito di stampare nel luglio 2011 presso le officine tipografiche Aiello & Provenzano di Bagheria (PA)


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