Cartoline d’epoca | IT

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Giuseppe Bozzato

Saluti da

CAVALLINO-TREPORTI

Cartoline d’epoca 1900 – 1970


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Giuseppe Bozzato

Saluti da

Cavallino-Treporti Cartoline d’epoca 1900 - 1970

Associazione culturale Tra mar e laguna Cavallino-Treporti (VE) 2014


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Si ringrazia per la collaborazione e il contributo:


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Un ringraziamento particolare va a Marco Santin per l’ottima impaginazione grafica, a Daniela Puppulin per l'editing, ad Andrea Salvi per la preziosa collaborazione nei vari momenti di scelta e acquisizione delle immagini e a tutte le persone e gli enti che hanno fornito cartoline, materiale documentario e notizie storiche per la realizzazione di questo volume.

Marco Agazia

Foto Archivio Storico Trevigiano (FAST)

Mirella Scarpi

Anna e Roberto Andreon

Dino D’Este

Alessandro Sgaravatti, “Union Lido Park & Resort”

Giovanna Angiolin

Profumerie Favalli, Jesolo

Simonetta Simonetti, Biblioteca civica di Longarone

Archivio storico fotografico, Comune di Cavallino-Treporti

Andrea Granzotto, campeggi “Ca’ Pasquali” e “Vela Blu”

Maria Grazia Tagliapietra

Giuseppe Artesi

Istituto “Maria Assunta” delle Suore Dorotee di Vicenza

Giuliano e Flavio Tonetto

Mauro Ballarin

Istituto “Piccole Suore della Sacra Famiglia”

Bruna Tonon

Olindo Ballarin

Istituto “Regina Mundi” delle Suore Francescane Elisabettine

Giulio Emilio Valleri

Otello Ballarin

Furio Lazzarini

Erminio Vanin

Renzo Ballarin

Maria Pia e Vittorina Lazzarini

Tiziana Vanin

Alba Bergamo Vanin

Carmelo Lo Paro

Giovanni Vian

Bernardetto Bozzato

Fernando Marinello

Davide e Laura Vianello

Eugenia Bozzato

Anna Mazzoncini

Maurizio e Nicoletta Vianello, campeggio “Ca’ Savio”

Eugenio Bozzato

Marisa Mestriner

Attilio Volpi

Bruna Cattarin Savian

Dino e Fabio Nardin

Annamaria Zambon

Campeggio Europa

Nilla Panni

Elvira Zambon

Campeggio Marina di Venezia

Livia Pizziol

Silvana Zambon

Claudio Castelli

Paolo Pizziol

Aldo Zanella

Mariolino Castelli

Roberto Perocchio, darsena “Marina del Cavallino”

Sergio Zanella, pensione “Valdor”

Marisa Chiusso

Maria Franzina Salvalaio

Gino Zanetti

Renzo e Francesco Cosma, campeggio “Silva”

Paolo Santesso, ODAR di Belluno

Manfredo Zanetto, casa per ferie “Maria Assunta”

Severino Dalla Mora

Graziano Santin

Mafalda Zottino Munerotto

Marcello Enzo, campeggio “Enzo Stella Maris”

Luciano Savian


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A Simone, Gabriele, Giulia, Matteo e Aurora affinchÊ abbiano la fortuna di conoscere e scoprire il mondo ma non dimentichino mai il loro paese d’origine.


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Indice Prefazione MICHELE BUSARELLO Associazione culturale TRA 13

MAR E LAGUNA

URBAN LOGIN: accesso alla storia e all’immaginario collettivo CLAUDIO ORAZIO Sindaco di Cavallino-Treporti

15

Saluti da Cavallino Introduzione Album Cartoline

17

Una storia lunga 200 cartoline 43

Cavallino Centro

77

Cavallino Faro

99

Cavallino Ca’ di Valle

Contributi GIANNI BERLANDA Collezionista 18

La storia della Cartolina 113

Ca’ Ballarin

121

Ca’ Pasquali e Ca’ Vio

131

Ca’Savio

ANDREA SALVI Presidente Circolo Fotografico 200 ISO 21

Uno sguardo tecnico PIERO SANTOSTEFANO

22

Una metafora per tre età. Cavallino-Treporti 1900-1970

153

Punta Sabbioni

25

Fotografi e editori

165

Treporti

41

Servizio postale a Cavallino-Treporti

181

Lio Piccolo


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Prefazione

URBAN LOGIN: accesso alla storia e all’immaginario collettivo Michele Busarello | Associazione culturale TRA

L’associazione culturale TRA

MAR E LAGUNA

con questa pubblicazione continua il suo progetto di

Ma sono anche piene di segni che registrano la storicità e la contingenza della ripresa fotografica

raccolta e sistematizzazione di materiali che contribuiscono a definire l’iconografia urbana di

mediante la presenza di oggetti facilmente databili, come i diversi tipi di automobili, le varie forme

Cavallino-Treporti.

dell’abbigliamento femminile, oppure delle insegne pubblicitarie, per fare solo qualche esempio

Tale branca dell’iconografia, la cui nascita risale a metà degli anni Settanta, si occupa dell’insieme

nell’ambito dei paesaggi urbani.

MAR E LAGUNA

delle rappresentazioni figurative di un territorio - arti visive, cartografia, fotografia, cinema e video - con lo scopo di studiare i luoghi in esse riprodotti, le loro complessità e stratificazioni, diretta

Un’altra caratteristica fondamentale, in relazione ai vari tratti di paese, è che le cartoline non hanno

espressione di esigenze individuali e collettive come l’abitare, il riunirsi per scopi civili o religiosi,

riprodotto solo le località del Litorale più note, ma anche quelle periferiche delle quali oggi

l’antropizzare per fini economici o ricreativi.

costituiscono le uniche immagini storiche.

In generale, vale anche il processo mentale opposto, ovvero che, per poter interpretare le immagini, sia necessaria una conoscenza approfondita delle dinamiche evolutive del territorio e della comunità

In tale ottica la cartolina illustrata può elevarsi al rango di fonte storica e, grazie a questo volume,

che su di essi si è insediata.

le immagini dei luoghi potranno essere ulteriormente indagate in quanto testimonianze delle mutazioni geografiche, economiche e sociali, rivelandosi utili anche come strumenti per la

Questa metodologia di studio, grazie al suo approccio innovativo, ha conquistato uno spazio autonomo

definizione di identità urbane condivise.

nel mondo della ricerca e trova molteplici applicazioni in tutti quei settori, uno per tutti il marketing territoriale, in cui è fondamentale comprendere i codici rappresentativi dei prodotti/manufatti figurativi, i rapporti tra descrizione letteraria e figurativa, i rapporti tra struttura materiale e rappresentazione, con l’ambizione ultima di garantirne la lettura corretta e l’uso appropriato. Le cartoline qui presentate ci permettono una ricostruzione ravvicinata degli episodi di trasformazione del paesaggio, con particolare riferimento ai momenti significativi della storia del turismo costiero, dagli esordi della villeggiatura spontanea lungo le spiagge, fino ad oggi, quando Cavallino-Treporti si presenta come esempio di matura città delle vacanze.

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Saluti da Cavallino

Cavallino-Treporti è stato finora raccontato in vari modi: attraverso la ricerca storica, il racconto letterario, la poesia, la pittura, il cinema, la fotografia. Ora se ne aggiunge un altro, proposto in maniera del tutto originale da Giuseppe Bozzato. Raccontare Cavallino-Treporti, almeno una parte della sua storia e della sua evoluzione, attraverso le cartoline spedite da chi ha frequentato il nostro territorio per lavoro o per vacanza, è un modo lieve e allo stesso tempo brillante per ricordarci di come eravamo e di quanti passi in avanti abbiamo fatto. Non credo che sia necessario addentrarci in tanti approfondimenti storici o sociologici su questa pubblicazione: è sufficiente sfogliarla per far nascere in ognuno di noi un ricordo, un’emozione, il desiderio di fare un confronto fra Cavallino-Treporti come si mostrava in cartolina tanti anni fa e Cavallino-Treporti dei nostri giorni. Quando pensiamo al termine “cartolina” ci viene spesso in mente un’immagine edulcorata di un luogo, di una persona. Le cartoline di questo libro sono invece documenti di una realtà concreta e di persone vere, istantanee, come diremmo oggi, che fissano momenti di vita di un luogo, dei suoi paesaggi e delle sue trasformazioni. Osservare alcune immagini - i primi insediamenti turistici in particolare, ma non solo quelli - e confrontarle con l’oggi è anche un metro per misurare quanto lavoro sia stato fatto nel corso degli anni a Cavallino-Treporti grazie a chi vive e lavora nel territorio e dedica il proprio impegno per il suo progresso. A tutti questi noi dobbiamo essere grati.

Claudio Orazio Sindaco di Cavallino-Treporti

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Introduzione

Una storia lunga 200 cartoline

Un paio di anni fa sono andato in pensione e,

Il libro raccoglie 216 cartoline d’epoca, molte

diversa ma il cui richiamo nascosto si fa strada

esprimersi con una buona approssimazione

visto il tempo libero, ho deciso di sistemare

rese disponibili gratuitamente da vari appassio-

appena si inizia a sfogliare il volume. Scrutare

c. = circa. Alcune cartoline però, come viene

tutto il materiale e i documenti accumulati in

nati, o acquistate nei mercatini d’antiquariato

delle vecchie cartoline ingiallite di quest’album

evidenziato nelle note a fianco delle stesse,

tanti anni. Mi sono così imbattuto in una vec-

e da privati. Pubblica inoltre delle riproduzioni

ha anche lo scopo di far scoprire alle nuove

risultano viaggiate cioè spedite trovando sul

chia collezione di cartoline d’epoca, che ho

tratte dall’Archivio storico-fotografico del Co-

generazioni gli aspetti culturali e sociali più au-

retro stampigliato il timbro postale con la data

pensato di riordinare e completare con nuove

mune di Cavallino-Treporti, conservato nella Bi-

tentici per non perdere il legame con le nostre

certa di spedizione. Di conseguenza sulla

acquisizioni. Dopo averne raccolte in questo

blioteca di Cavallino, attualmente gestita

radici ma soprattutto per far rivivere loro le

scheda è stata annotata tale data anche se,

modo più di 300, anche su suggerimento di

dall’Associazione culturale TRA MAR E LAGUNA, e

emozioni del passato.

bisogna tener presente, lo scatto potrebbe

qualche amico, ho deciso ora di pubblicarle in

altre provenienti dal FAST - Foto Archivio Storico

un volume che rappresenterà sicuramente una

Trevigiano che ha sede a Treviso.

Il contenuto del libro è diviso in due parti: la

in quanto, all’epoca, quelle cartoline rimane-

novità nel panorama delle edizioni riguardanti

Alcune immagini - veri e propri pezzi unici -

prima ricostruisce la storia e il lavoro dei foto-

vano in vendita nel negozio per molto tempo sia

la storia locale perché, per la prima volta, si

conferiscono al volume un carattere di esclusività,

grafi, delle case editrici e degli editori in proprio

per finire le giacenze in magazzino, considerato

racconta il passato del nostro territorio solo at-

come la scelta di inserire degli ingrandimenti a

che hanno operato nella nostra zona e si con-

il numero limitato di acquirenti e visti i costi ele-

traverso le sue cartoline illustrate.

piena pagina, che offrono inquadrature assolu-

clude con il sevizio postale nel territorio; la se-

vati per nuove riproduzioni, sia perché il luogo

Con impressa la scritta Un saluto da Cavallino-

tamente rare del paesaggio e dei centri urbani,

conda è formata dall’Album delle cartoline,

fotografato non era sostanzialmente cambiato.

Treporti, ne sono circolate a centinaia nel se-

o mostrano momenti di vita quotidiana.

raggruppate secondo la località raffigurata Ca-

colo scorso, messe in distribuzione da una

Le didascalie delle illustrazioni, che ricordano

vallino Centro, Cavallino Faro, Cavallino Ca’ di

decina di editori locali e spedite da chi trascor-

avvenimenti storici, raccontano vicende o aned-

Valle, Ca’ Ballarin, Ca’ Pasquali e Ca’ Vio, Ca’

reva le vacanze sulle spiagge del Litorale, di cui

doti legati al territorio, hanno richiesto un lungo

Savio, Punta Sabbioni, Treporti e Lio Piccolo) e

promuovevano l’immagine in giro per il mondo.

lavoro di ricerca e di verifica delle informazioni.

disposte in base a un criterio in linea di massima

Fin dalla loro introduzione, verso la fine dell’Ot-

Nel loro succedersi, le più evocative immagini

cronologico. Ciascuna illustrazione è corredata

tocento, oltre a rappresentare un metodo rapido

d’epoca e poi quelle via via più recenti, restitui-

da una scheda di individuazione, con il titolo,

e molto diffuso di comunicazione, le cartoline

scono la fisionomia del paesaggio, le forme

l’anno di esecuzione, le dimensioni (Formato

illustrate hanno contribuito, infatti, alla più

degli edifici, gli usi e i costumi che si evolvono

piccolo = 14x9 cm; formato grande = 15x10

vasta conoscenza dei luoghi da cui proveni-

nel tempo. Ne emerge il profilo di un luogo in

cm), la colorazione originale, il fotografo e l’edi-

vano. Completamente superate nell’era infor-

continua e veloce trasformazione, al passo con

tore, eventuali note e la provenienza o la rin-

matica da ben altri sistemi di trasmissione di

i tempi, grazie all’operosità della popolazione e

tracciabilità archivistica. Molti dubbi sono sorti

notizie e immagini, conservano ai nostri giorni

alla sua vivace vocazione imprenditoriale.

al momento di individuare l’anno di esecuzione

un grande valore documentario e per questo

Proprio per questo suo caratteristico rapido

della cartolina in quanto non sempre c’erano

sono ricercate dai collezionisti, e a volte rag-

mutare, è parso quasi necessario fissare la

elementi sufficienti per datarla con certezza,

giungono quotazioni elevate.

memoria di una Cavallino-Treporti antica e

pertanto, per la maggior parte, si è preferito

essere stato effettuato anche dieci anni prima

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La storia della cartolina Gianni Berlanda | collezionista di cartoline di Venezia e laguna

Inviare messaggi di saluto su cartoncini decorati

e locale (con il placet dell’amministrazione po-

TECNICHE DI STAMPA EDITORI E FOTOGRAFI

Venezia e alle sue isole oltre 200 pezzi (nume-

era un’usanza di epoca ancora rinascimentale,

stale). Nel frattempo, si diffusero in tutta Eu-

Durante il periodo del vertiginoso boom delle

rati sul retro dal numero 100 al 302);

ma l’uso di scrivere su un biglietto con decora-

ropa (soprattutto in Germania) le Gruss aus…

cartoline illustrate, databile tra il 1898 e il

- lo stabilimento tipografico Marzari di Schio,

zioni a stampa dei complimenti o degli auguri

(Saluti da...): cartoncini con collage litografici

1905 - anno in cui un aumento dell’affranca-

citato in modo particolare dall’autore di questo

si diffuse in tutta Europa e nel Nord America

di paesaggi, luoghi di interesse storico e turi-

tura produsse il crollo del settore -, ne furono

volume.

soprattutto a partire dalla fine del Settecento.

stico, animati da persone abbigliate nei costumi

prodotte con una gamma praticamente illimi-

Quanto agli editori attivi nel Veneto, restano da

Quanto alla cartolina illustrata, se alcuni ne

locali, che iniziarono la loro circolazione anche

tata di soggetti, procedimenti di stampa e stili.

menzionare: Giovanni Zanetti di Venezia, Anto-

fanno risalire la nascita al 1796, quando il

in Italia a partire dal 1885, e rappresentano le

Le tecniche spaziavano dalla tradizionale inci-

nio Rigon di Vicenza, Paolo Minotti di Padova,

litografo tedesco Miesler mise in commercio

prime vere cartoline paesaggistiche, rientranti

sione alla litografia e ai vari altri sistemi di

Pompeo Breveglieri di Belluno e Longo & Zop-

delle piccole litografie, subito oggetto di colle-

a pieno titolo nella tematica del regionalismo,

stampa fotografica. Il passaggio dall’incisione

pelli di Treviso. Nel caso delle cartoline di Ca-

zionismo, quasi tutti gli esperti riconoscono,

punto di partenza di ogni raccolta.

alla litografia, e da questa alle nuove tecniche

vallino-Treporti e delle zone limitrofe, infine, si

invece, come sicura antenata, la cartolina po-

18

di impressione, permise nella seconda metà

rinvia al capitolo successivo di questo libro, con

stale ideata in Germania nel 1865 dal funzio-

Verso il 1905, le cartoline illustrate raggiunsero

del secolo scorso la riproduzione di numerose

l’elenco dettagliato degli editori locali e le rela-

nario delle poste Heinrich von Stephan,

una popolarità e una diffusione incredibile, di-

copie dello stesso soggetto con un buon stan-

tive notizie storiche

utilizzata per la prima volta dal sistema postale

ventando un fenomeno sociale e industriale di

dard qualitativo sia a livello artigianale sia a

austriaco il 1° ottobre del 1869.

vasta portata. I temi affrontati spaziavano dalla

livello industriale.

Il passaggio successivo dalla litografia alla tec-

pubblicità commerciale alla propaganda poli-

Tra gli editori operanti in ambito nazionale nella

nica fotografica avvenne contemporaneamente

La successiva trasformazione della cartolina po-

tica e militare, dai messaggi augurali alla moda,

stampa della cartolina tipografica sono sicura-

allo sviluppo delle macchine fotografiche e al

stale in cartolina illustrata avvenne poi con il

e le tecniche di stampa erano quelle allora

mente da ricordare:

progresso nelle tecniche di stampa dei negativi.

lancio di cartoline pubblicitarie commerciali,

conosciute: la xilografia, la litografia, la fotoli-

- lo stabilimento eliografico del trentino Giu-

La produzione poteva variare in funzione delle

che riportavano inizialmente solo il timbro della

tografia e la fototipia. Il vero successo lo otten-

seppe Brunner (con sedi a Como e a Zurigo)

diverse esigenze dell’utenza e del livello opera-

ditta emittente, ma che si arricchirono in

nero, però, soprattutto le vedute di luoghi

che, nel complesso di una produzione di oltre

tivo dei professionisti, i quali potevano essere:

seguito di fregi e figurazioni fino a includere

geografici: paesaggi, scene di vita quotidiana,

10.000 esemplari, ha dedicato a Venezia e alle

- fotografi artigianali che stampavano per conto

l’immagine del prodotto reclamizzato. La fase

monumenti, chiese, castelli..., ben presto og-

isole della laguna una serie di quasi 500 pezzi

di privati (cartolerie e tipografi locali) cartoline

successiva si ebbe con la produzione delle car-

getto di collezionismo di massa da parte della

(numerati dal 7501 al 7997 ed emessi dal

con una tiratura dai 10 ai 50 esemplari per sog-

toline commemorative ufficiali emesse dalle

borghesia dell’epoca. Così, a Venezia nell’ago-

1907 al 1915);

getto, sovente privi di didascalie o con scritte

amministrazioni postali, come quella realizzata

sto del 1899, a margine della IIIa Biennale

- lo stabilimento tipografico del triestino Gu-

eseguite a mano direttamente sul negativo;

nel 1895 per il 25° anniversario della libera-

dell’arte, si tenne la Prima esposizione interna-

stavo Modiano il quale ha prodotto nel periodo

- fotografi professionali i quali esercitavano la

zione di Roma, e quelle semiufficiali o private,

zionale di cartoline postali illustrate, con la par-

dal 1906 al 1915 una quantità rilevante di car-

propria attività in ambito locale e modulavano

diffuse da organizzazioni, enti e comitati pro-

tecipazione di editori, fotografi, disegnatori e

toline di regionalismo (molto spesso animate),

la tiratura in funzione della popolarità del sog-

motori di manifestazioni a carattere nazionale

collezionisti da tutta Italia.

dedicate a tutte le regioni italiane, riservando a

getto fotografato, con quantità dai 100 ai 500


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Contributi pezzi per ciascuna cartolina, che riportano di-

Nell’area veneziana nello stesso periodo (1900-

dascalie e caratteri bianchi sul fondo nero o

1925) citiamo: Giovanni Zanetti, Amilcare

scritte integrate letteralmente nell’immagine;

Mazza, Vito Generini e Martini & Michieli.

- editori fotografici che producevano in strut-

Attivi nella zona delle montagne bellunesi e nel

ture aziendali ben organizzate cartoline desti-

Trevigiano erano: Foto Ghedina di Cortina d’Am-

nate a più località (in Italia e all’estero) con una

pezzo, Giulio Marino di Vittorio Veneto, Bruno

tiratura media variabile dalle 500 alle 200

Burloni di Belluno e Andrea Pattaro di Treviso.

copie per originale.

Da ultimo, nella produzione degli editori fotografici a livello nazionale ricordiamo: Alberto

Dal 1920 venne spesso utilizzato nelle cartoline

Traldi di Milano, Attilio Scrocchi di Milano e Ve-

il viraggio, cioè il trattamento chimico che per-

nezia, Giovanni Battista Sciutto di Genova, Fo-

mette di convertire i valori chiaroscuri di una

tocelere di Torino, Bromofoto di Milano e Torino

fotografia in bianco e nero in un’altra tonalità

e Alterocca di Terni.

cromatica, nei colori seppia, indaco e verdone. Negli anni Quaranta si sviluppa la stampa fotografica delle cartoline in bianco e nero su carta lucida. Nel decennio successivo si procede all’applicazione dei colori sul fondo bianco e nero della cartolina “acquerellata” (vedi alcuni esempi nel presente Album). Infine, con lo sviluppo della stampa offset, iniziò, dopo il 1950, la produzione di cartoline fotografiche a colori a prezzi decisamente concorrenziali, ma con tirature minime richieste da 5.000 a 10.000 pezzi per soggetto. Tra i fotografi più conosciuti a livello nazionale che hanno contribuito allo sviluppo delle cartoline in litografia sono da menzionare i fratelli Giuseppe e Vittorio Alinari a Firenze, i fratelli Anderson a Roma e Giorgio Sommer a Napoli.

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Contributi

Uno sguardo tecnico Andrea Salvi | Presidente Circolo Fotografico 200 ISO

È una consolazione non avere molto da dire.

ticolare alle cartoline tratte da “vere fotografie”,

tratte le riproduzioni di questo libro e i file di

Una volta tanto non è stato necessario fare i

di cui si facevano piccolissime tirature, quando

visualizzazione, saranno consultabili nella Bi-

salti mortali, potendo contare sull’apporto qua-

capitava al fotografo di paese la bella istanta-

blioteca di Cavallino, gestita dall’associazione

lificato dei professionisti migliori, dotati dei

nea. Osservando attentamente lo sfondo di que-

culturale TRA

mezzi più adeguati. Le adesioni raccolte sono

ste immagini, a volte si riescono a cogliere

l’archivio fotografico.

state tali da permetterci di operare senza ri-

quadretti inediti di vita dell’epoca, particolari

nunce per dare al libro una veste editoriale di-

interessantissimi, tali da permettere vere e pro-

gnitosa, anche se non di lusso. Di questo

prie ricostruzioni storiche. Mi riferisco a quelle

ringrazio gli sponsor e quanti hanno collaborato

che inquadrano gruppi di persone come parte

direttamente al progetto, augurandomi che in

integrante della scena, ma anche alle altre in

futuro la cosa si ripeta.

cui, nascosti negli angoli bui o defilati, dei cu-

Le cartoline presentano una difficoltà di ripro-

riosi osservano il fotografo da lontano.

duzione legata al retino, piuttosto largo, usato

Per la quantità di informazioni offerte, mi pia-

nelle tirature economiche, alcune volte spinte

cerebbe davvero molto che si organizzasse

fino al degradarsi dell’immagine. Un’altra dif-

una mostra in cui fossero esposte alcune car-

ficoltà è rappresentata dalla natura/dallo stato

toline originali con gli ingrandimenti delle più

del supporto, il quale può essere spugnoso,

significative.

rugoso, graffiato, rotto e ingiallito o, peggio,

Riguardo ai diritti d’autore, la legge italiana non

macchiato. Senza contare che le cartoline più

prevede la tutela delle immagini più vecchie di

antiche, molto pregiate - ma questo lo lascio

vent’anni, a meno che non siano state dichiarate

spiegare ai collezionisti -, sono eseguite con i

“artistiche” da un critico o da un’accademia, e

più disparati mezzi di stampa, a volte artistici,

successivamente ciò sia stato confermato dalla

e a volte sono realizzate a mano, su supporti

sentenza di un giudice - ma per le cartoline è

anch’essi diversi e colorati, mutando di pari

improbabile - al termine di una causa legale.

passo con l’evoluzione del colore in fotocine-

Diverso è il caso della proprietà dell’immagine

matografia. Ricordo come spesso le emulsioni

personale, qualora l’individuo sia riconoscibile:

fossero colorate a mano, con o senza ma-

ogni suo uso deve essere preventivamente au-

schere, e ci siano esempi di interi film per cui

torizzato, dalla persona stessa, se vivente, o, in

si usato questo procedimento, fotogramma

caso contrario, dai famigliari che conservano il

per fotogramma.

diritto di salvaguardarne la memoria.

In quanto fotoamatore, mi dedico con cura par-

Come sempre, le scansioni da cui sono state

MAR E LAGUNA,

nella sezione del-

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Una metafora per tre età. Cavallino-Treporti 1900-1970 Piero Santostefano

Nel voler condensare in poche righe un insieme

stica, Birth of a Nation.

Ma i recinti dei militari, a volte solo segnati da

coltivo di cereali il quale spianava la strada agli

complesso di eventi e territori, si è pensato di

Una “nazione” esplosa nel Novecento soprat-

cippi in mezzo a terreni improduttivi, non pro-

“orti dei dogi”, dall’altro certifica la feconda di-

ricorrere a una figura retorica che contenga in

tutto a sud del canale Pordelio, straordinario

teggevano dalla malaria e si rivelarono, alla fine

sponibilità dei terreni più prossimi al mare a la-

sé una concisa e concitata narrazione, e l’invito

taglio longitudinale che - pur sutura dove ago e

del conflitto, nocivi nei confronti proprio dei re-

sciarsi inserire nei ciclo produttivo.

a necessari, quanto auspicati, approfondimenti

filo sono sostituiti da imbarcazioni in incessante

sidenti, a causa dei vasti danneggiamenti subiti

su testi di storia locale.

movimento tra tutti i centri lagunari nel tenta-

dalle aziende agricole dove, a man salva, si pre-

Il fosso, il filare, la linea retta lungo la quale si

Si è scelta come figura la metafora, topos per

tivo di disegnare arabeschi sulle vite degli uo-

levavano raccolti e si abbattevano alberi da

succedono le cosiddette “case rosse”…

eccellenza che, nel suo essere un paragone ab-

mini - divide, impietosamente, il territorio del

frutto per approvvigionarsi di legna da ardere.

A partire dall’immediato primo dopoguerra -

breviato, riunisce, appunto, energia potenziale

comune di Cavallino e Treporti, al punto che, a

Così, la necessità di tutelare, in primis, la salute

smobilitato l’esercito ma non le servitù militari

da dispiegare, secondo la storia personale del

ben vedere, sarebbe opportuno, riferirsi con

delle truppe portò alla prima sistematica opera

che rimasero tali attorno alle fortificazioni fino

lettore, con pubblicazioni specialistiche, o con

maggior precisione alla storia di Treporti e alla

di bonifica realizzata, soprattutto attorno alla

al 1962 condizionando le iniziative economiche

collegamenti ai riferimenti già posseduti, per la

storia di Cavallino.

batteria Amalfi, proprio per eliminare le acque

che intendevano utilizzare gli ampi scoperti nei

stagnanti dove proliferava l’anophele, e all’in-

dintorni - prende piede la città-stato in forma di

comprensione dello scorrere vorticoso del No-

22

vecento negli angusti confini di un territorio di

Il muro, il filo spinato, le garitte, l’ossessivo ri-

nervatura del Litorale con una rete ferroviaria a

vasta tenuta agricola. Inizialmente sotto il con-

periferia, ma non periferico.

petersi degli avvisi con il divieto di avvicinarsi

scartamento ridotto che, partendo dal Forte Tre-

trollo Società agricola bolognese (1920), essa

Il recinto, «spazio scoperto racchiuso tutt’in-

ai recinti...

porti (purtroppo poi banalmente indicato come

modificherà poi la propria ragione sociale in So-

torno da mura, siepi, cancellate», incarna l’im-

L’elenco, che potrebbe continuare all’infinito,

Forte Vecchio), toccava le altre costruzioni mi-

cietà agricola del Cavallino (1927) e, uscita

magine cui affidarci per cogliere, attraverso tre

evidenzia le caratteristiche più appariscenti di

litari. Segni anticipatori, questi due, dei succes-

dall’orbita del Monte dei Paschi di Siena, tran-

periodi che hanno segnato quei decenni, lo

un villaggio di guerra quale era venuto a trasfor-

sivi imponenti lavori di redenzione dei terreni

siterà per l’onnipotente Giuseppe Volpi (1941),

scarto, la differenza, la non omologabilità di Ca-

marsi il Litorale negli anni tra il 1909 e il 1918.

paludosi, e di costruzione di un rete di trasporti

per essere poi artificialmente e artificiosamente

vallino-Treporti, rispetto agli altri luoghi della

Ai fatti, già magistralmente organizzati nei testi

sospinta dalla modernità, e non poteva essere

smembrata nei giorni della Liberazione.

gronda lagunare.

di invidiabile rigore scientifico di Furio Lazzarini,

altrimenti, dall’acqua alla terraferma, prima su

Si trattava, a pieno regime, di quasi 1.000 et-

Tre momenti del tutto dissimili, in cui spazio e

aggiungiamo un tag, un marcatore, termine di

rotaia e poi su carrozzabili.

tari di terreno su cui trovavano lavoro, e dimora,

tempo in parte fisicamente si sovrappongono,

diffusione virale grazie ai social network.

L’esperimento di azienda agricola militare

circa duemila persone, ben oltre la metà dei re-

idealmente antagonisti ma poi, con il trascor-

Un villaggio in cui la presenza di migliaia di uo-

(1917-1919) per la produzione di frumento ef-

sidenti sull’intero Litorale, dove dirigenti e ge-

rere degli anni, la smobilitazione degli eroi, lo

mini comportò una ristrutturazione dei sistemi

fettuato sui terreni litoranei occupati dall’esercito

rarchi del partito fascista potevano essere

sfaldarsi delle oligarchie economiche veneziane,

di trasporto da e verso Venezia, da e verso il

e sottratti temporaneamente ai coloni, se da un

rappresentati dalla medesima persona. Non è

il passaggio da pionieri a leader nell’imprendi-

fronte nella prima guerra mondiale, con la

lato appare come un deja vù che, quattrocento

certo un caso se nel marzo 1929 Treporti, lon-

toria del turismo, sono destinati a fondersi in

naturale apertura delle prime tratte di servizi di

anni dopo, su terreni geomorfologicamente si-

tana dalla città-stato, espresse, in proporzione,

una complessità direttamente proporzionale al

trasporto pubblico lungo il canale Pordelio e

mili, riprendeva il primo appoderamento in isola

un altissimo numero di oppositori al plebiscito

numero di attori della locale, ma non locali-

fino a Cavazuccherina.

della Chiesa realizzato, appunto, mediante il

sulle liste bloccate del neoparlamento fascista,


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Contributi mentre a Cavallino non si registrò alcun dis-

stanti l’entrata, guardiole con scritte plurilingue…

aperta - storicamente non ancora analizzate e

stica inferenza che si fosse intrapresa una

senso dalla farsa elettorale.

Siamo all’ultima metafora, all’ultima città nella

sulle quale in altra sede bisognerà ritornare in

strada senza sbocco, quanto piuttosto alla con-

L’organizzazione aziendale, alla ricerca di utili,

città, al paese delle vacanze nato dentro, o me-

maniera molto approfondita, tralasciando l’in-

sapevolezza che si erano messe a frutto nei “re-

ricorse non solo alla “razionalizzazione dei

glio, a fianco di quello che era stato per secoli

genua vulgata intesa a leggervi solo forme di

cinti” di cui, allora, disponeva Cavallino-Treporti

costi” della manodopera, ma anche a innovativi

il contado della Dominante. Fissando, per ri-

criptocolonialismo - inglobava, come in un

innumerevoli risorse: umane, innanzitutto, ma

piani aziendali, le cui intenzioni - non sempre

duttiva consuetudine al 1955, anno di aper-

gioco di scatole cinesi, proprio le città-recinto

poi anche ambientali, di felice localizzazione tra

attuate anche per la disparità di trattamento ri-

tura del camping NSU-Lido, l’inizio delle

tangibili antecedenti dell’affermarsi di tende,

mare e laguna, tra la zona orientale della la-

servata ad affittuari e mezzadri (cui erano affi-

attività balneari sul Litorale, si entra così nel

roulotte, caravan, case mobili e bungalow.

guna e il Basso Piave, tra il Lido di Venezia e il

dati i terreni di nuova bonifica) - sono ancora

terzo macroelemento causa di trasformazione

Le batterie dismesse, trasformate e assimilate

Lido di Jesolo.

inscritte sulle pietre, letteralmente, delle case

della vita dei residenti.

funzionalmente nei villaggi turistici, i tracciati

Quale sarà il prossimo catalizzatore di una

coloniche dove la qualità dell’impianto di edili-

Recintare il campeggio era un prescrizione delle

stradali militari recuperati a servizio del traffico

nuova trasformazione in grado di rimescolare

zia rurale testimonia, con forza, l’intento di una

norme di pubblica sicurezza che si assommava

locale, la pineta litoranea, creata ex novo dalla

confini fisici e attività dell’uomo, l’indicarlo non

modernizzazione, nel suo complesso, della qua-

- per le aperture pionieristiche - al dover rispet-

Forestale a cavallo dell’ultimo conflitto mondiale

è certo compito di queste poche righe più vi-

lità della vita dell’agricoltore.

tare una certa distanza dai centri urbani. Sem-

per difendere le coltivazioni a ridosso del mare,

cine a un bignami di storia locale che a una

Né si dimentichino i tentativi di organizzare una

brava, quindi, accentuarsi l’idea di un corpo

che offre l’ombra sotto cui lasciar piantare le

lectio magistralis.

filiera per la trasformazione dei prodotti agricoli

estraneo al tessuto sociale di Cavallino-Treporti,

tende, sono altrettanti esempi di questa conti-

Tra le poche certezze l’impossibilità di fare ta-

in alimenti non facilmente deperibili, quali con-

quantunque gran parte dei dipendenti prove-

nua commistione tra il passato e il presente.

bula rasa di una storia orami profondamente

serve di pomodoro e di frutta.

nisse proprio da queste plaghe.

Per arricchire un racconto sostenuto da meta-

radicata nel territorio, e che - purtroppo - non

E, come tutte le città, anche la Società agricola

Se si aggiungono questioni di sicurezza, con-

fore, si può osservare come in queste strutture

ci confronteremo più con le cartoline illustrate

del Cavallino costruì il proprio reticolo di strade

trollo sulle presenze degli ospiti, dotazione di

turistiche le idee di controllo e gestione del suolo

ma con supporti digitali di formati non ancora

che, nate a servizio delle attività rurali, furono

servizi commerciali per rendere sempre più

e delle persone, nate per l’assoluta autosuffi-

immaginabili.

poi inserite facilmente nella successiva maglia

“spensierata” la vacanza, si può comprendere

cienza, si compromettevano fino a meticciarsi

viaria. Superfluo ricordare come l’apertura della

come, di fronte al moltiplicarsi di queste atti-

con il dar vita a un nuovo soggetto il quale, fa-

Via Fausta (1 agosto 1929) rendesse di colpo

vità imprenditoriali che, fisicamente contigue,

cendo proprio leva sullo smantellamento del “re-

obsoleto il trasporto pubblico su vaporetto

restituivano proprio l’idea di una città nella

cinto” che le aveva preceduto, traeva nuova linfa

lungo il Pordelio, indirizzando il Litorale verso

città, la perplessità su questo modello di svi-

per puntare a livelli di eccellenza.

l’est della provincia, e da lì verso il mondo.

luppo in un quartiere a fortissima vocazione agricola si manifestasse senza infingimenti

Che questa gemmazione, basata su un circolo

Reti metalliche mascherate con arelle o stuoie,

nelle scelte urbanistiche adottate tra la fine

di virtuoso saprofitismo, con il trascorrere dei

paletti infissi nel terreno, sbarre con bilancia-

degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta.

decenni non si sia ulteriormente manifestata in

mento a contrappeso, insegne colorate sovra-

Ma l’affermarsi del cosiddetto turismo all’aria

nuove forme, non deve condurre alla semplici-

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Fotografi e editori a Cavallino-Treporti La produzione di una cartolina illustrata, oltre ovviamente allo scatto di un fotografo, richiede l’intervento

Fotografi

di una casa editrice, o di un editore, che ne curi la stampa, si interessi della diffusione e della vendita. Nella realizzazione delle vedute di Cavallino-Treporti, sono soprattutto quattro i fotografi che si di-

Vittorio Stein .....................................................................................Venezia

stinguono: Vittorio Stein, per l’alta definizione e la raffinatezza delle immagini, Beppino Gnocato,

Beppino Gnocato ...............................................................................Silea (Treviso)

per la mole del lavoro, Ilario Zago, per la “firma” lasciata in ogni suo scatto, e Dino D’Este perché

Ilario Zago.........................................................................................Venezia

si tratta di un fotografo locale.

Dino D’Este .......................................................................................Ca’ Savio

Tra le case editrici, le più importanti sono la Marzari di Schio che contrassegna sul retro ciascuno dei suoi prodotti, e la Berretta di Terni (di cui non abbiamo trovato notizie sufficienti). Una terza, la Favalli di Jesolo, rappresenta il momento di passaggio - verso la metà degli anni Sessanta - in cui

Case editrici

l’azienda tipografica, saltando le tappe intermedie, propone al commerciante il prodotto finito. Riguardo alla diffusone del prodotto finale, nel nostro territorio erano attivi, dagli anni Trenta fino ai

Marzari.............................................................................................Schio (Vicenza)

Sessanta, alcuni editori locali che vendevano le proprie cartoline. Negozi di mercerie o di dolciumi,

Favalli ..............................................................................................Jesolo

edicole e cartolerie, bazar, osterie e locande commissionavano il lavoro ad un fotografo, facevano stampare e poi vendevano ai clienti le cartoline di cui detenevano il copyright. Per l’epoca, questi esercizi pubblici rappresentavano i primi punti di aggregazione: in ogni paese, da

Editori

Cavallino a Treporti, a Punta Sabbioni, ne ritroviamo uno o due, come si evidenzia dall’elenco riportato. Miralio Tonon ....................................................................................Cavallino Severino Dalla Mora ...........................................................................Cavallino Sergio Vianello...................................................................................Ca’ Ballarin Antonio e Ugo Zambon .......................................................................Ca’ Vio Antonio Vanin....................................................................................Pordelio (Ca’ Savio) Giovanni Nardin e Emilia Ballarin ........................................................Ca’ Savio Giovanni Mestriner .............................................................................Punta Sabbioni Egidio Zanella....................................................................................Treporti Carmelo Lo Paro ................................................................................Treporti

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Vittorio Stein - Venezia

Fortunato Vittorio Stein nasce a Venezia nel 1866. Si specializza in cartoline postali illustrate e, come dichiara in un messaggio che reclamizza il suo lavoro, «Eseguisce cartoline illustrate di ogni sistema e qualità, riprodotte da qualunque fotografia, disegno o altre vecchie cartoline». A Venezia, realizzando immagini artistiche, in poco tempo diventa uno dei fotografi più rinomati e ricercati per le rappresentazioni “dinamiche” della città. In seguito lo troviamo attivo a Trieste, dove risiede dal 1896 al 1914, tranne che nei due anni (1900-1902) in cui va ad abitare a Capodistria. Nel 1921 lavorerà anche a Budapest. A Trieste, per motivi di lavoro, Stein incontra Ines Cadel, la figlia del proprietario della casa editrice omonima. Divenuta sua moglie, la signora, che eredita l’azienda paterna con il notevole fondo di immagini fotografiche, continuerà a stampare le cartoline del marito fino al 1938, anni dopo la morte di Stein, avvenuta a Venezia nel 1931.

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Fotografi

Beppino Gnocato - Silea (Treviso)

Nato nel 1928, Beppino Gnocato è stato uno degli ultimi fotografi-editori di cartoline ad aver operato nei paesi del Veneto. Frequentando, agli inizi degli anni Cinquanta, i negozi di alimentari e le tabaccherie della Marca Trevigiana come rappresentante di prodotti di profumeria e cancelleria, si rende conto che nel settore delle cartoline illustrate c’è la possibilità di guadagnare. Così, senza prendere lezioni da nessuno, da vero autodidatta, si improvvisa fotografo e con la sua Fiat 1100, equipaggiato di una Zeiss a soffietto, incomincia a percorrere il territorio veneto, riprendendone gli aspetti più significativi. In un primo momento lavora a percentuale per la casa editrice Marzari di Schio e poi per la Berretta

Il Foto Archivio Storico Trevigiano è stato istituito dalla Provincia di Treviso nel 1989, per salva-

di Terni. Ben presto, però, decide di curare da solo i vari passaggi che vanno dalla ripresa alla ven-

guardare il patrimonio fotografico e storico relativo al territorio trevigiano. La fotografia vi viene tu-

dita, diventando un editore a tutti gli effetti.

telata in quanto bene culturale, forma di espressione artistica, fonte per la ricerca storica, strumento

Il lavoro continua ad andar bene per gran parte degli anni Sessanta, finché si usa il bianco e nero.

di informazione e documentazione dei cambiamenti sociali, economici e culturali.

Poi arriva il colore e i tempi cambiano, la stagione della cartolina illustrata inizia un lento, inarre-

Oltre a curare la conservazione, la catalogazione, la digitalizzazione e la valorizzazione delle foto

stabile declino. La richiesta va restringendosi alle sole città e località turistiche: troppo poco per so-

recuperate anche tramite il web, il FAST organizza convegni ed esposizioni tematiche in collabora-

pravvivere, anche per un editore in proprio. Per Beppino Gnocato è giunto il momento di appendere

zione con altre istituzioni e associazioni culturali. Inoltre, promuove ogni anno retrospettive fotogra-

la macchina fotografica al chiodo. Purtroppo non farà in tempo a godersi la pensione: muore a soli

fiche su svariate tematiche e il concorso fotografico dedicato ad Aldo Nascimben.

settantadue anni nel 1984.

L’Archivio, aperto al pubblico, è diventato nel corso degli anni un punto di riferimento di eccellenza

Il fondo fotografico di Beppino Gnocato, che la moglie ha generosamente donato al FAST, è costituito

in ambito regionale e nazionale, utilizzato da istituti universitari, editori, storici, architetti, enti pub-

da circa 20.500 tra negativi su lastra e pellicola, diapositive a colori, positivi in bianco e nero e a

blici, studenti, case di produzione cinematografica.

colori. Le immagini riprendono un po’ tutte le località del Triveneto. E la loro straordinarietà consiste

Attualmente il patrimonio dell’Archivio consta di 500.000 fotografie relative al periodo che va dalla

nel documentare la realtà di molti paesi prima dell’avvento delle grandi trasformazioni, conseguenti

fine dell’800 ai più recenti anni Settanta. Nel corso del tempo si è arricchito grazie alle numerose

al boom economico ed edilizio degli anni Sessanta, le quali stravolsero il volto, fino allora immutato,

donazioni di fondi privati: Ferretto-Fini, Mazzotti, Gnocato, Bragaggia, Marino2.

dei centri urbani1.

1

C. Pavan, I paesi e la città in riva al Sile, Treviso 1991. Notizie fornite direttamente dal FAST (Via Cal di Breda, 116 - Treviso). Orari di apertura al pubblico: lunedì 15-17.30, mercoledì e giovedì 10-13. Info tel. 0422 656239 - email: fast@provincia.treviso.ithttp://fast.provincia.treviso.it. 2

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Ilario Zago - Venezia

La maggior parte delle cartoline pubblicate nell’Album portano la firma del fotografo Ilario Zago di Venezia. E sono facilmente individuabili perché, probabilmente per conferire maggior dinamicità all’immagine, l’autore inquadra sempre al centro della foto la sua automobile: una Fiat 600 targata VE 30311. Ilario Zago è stato forse il più importante fotografo-editore di cartoline del Veneziano e uno dei più prolifici, insieme a Beppino Gnocato, ad aver operato nel Veneto. La sua attività si svolge tra gli anni Quaranta e Settanta del secolo scorso: inizialmente, per la pubblicazione dei suoi scatti, collabora con la Marzari di Vicenza o la Berretta di Terni; successivamente, come Gnocato, diventa editore in proprio. Dapprima apre un negozio-laboratorio a Venezia, poi nell’ultimo periodo della sua vita viene ad abitare nel Litorale, in Via della Fonte a Ca’ Ballarin. È possibile ipotizzare che siano migliaia le foto e i negativi lasciati da Zago agli eredi. Ma del materiale, purtroppo, si sono perse le tracce.

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Dino D’Este - Ca’ Savio

Fotografi

Dino D’Este inizia la professione di fotografo nel 1959, aprendo a Treporti uno studio accanto all’edicola Rigutto1. Ma già l’anno successivo trasferisce il suo laboratorio a Ca’ Savio, nei locali di proprietà di Facco in Via di Ca’ Savio, dove più tardi avrà sede la gioielleria Sommer e successivamente una agenzia di viaggi. Oltre a eseguire servizi su cerimonie e avvenimenti vari, inizia anche a realizzare e a stampare cartoline illustrate, riprendendo soprattutto la strada principale che dal centro del paese porta alla spiaggia. Nel 1962 D’Este trasloca nella casa De Marchi di proprietà del dottor Bergamo di Murano, anche questa situata lungo Via di Ca’ Savio, come si può osservare nella foto qui riprodotta. Una decina di anni più tardi, si sposta infine al civico 39. In questo periodo è la casa editrice Ardo di Venezia a stampare i suoi scatti. Attualmente il negozio “Foto D’Este” si è specializzato anche in strumenti ottici e di misurazione, articoli da regalo e per il tempo libero.

1

Notizie ricevute da Dino D’Este.

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Marzari - Schio

Come rivela l’inconfondibile monogramma MS sul retro, una gran parte delle cartoline di questa collezione sono state stampate dalla Marzari. La casa editrice, una delle più importati in Italia nella produzione di cartoline, ha tuttora sede a Schio, dove è stata fondata da Paolo Marzari nel 1894. Agli inizi è soltanto una piccola tipografia, in cui il titolare si applica allo studio e al perfezionamento del nuovo metodo fototipografico da poco inventato in Germania. Ben presto, però, poiché la fototipia (o fotocollografia), per essere avviata su larga scala, richiede macchinari a forza motrice meccanica, l’azienda acquista una dimensione industriale e si trasferisce negli ampi locali di una fabbrica dismessa. Nei primi tempi la produzione è molto diversificata, ma poi la Marzari si specializza nel ramo delle cartoline illustrate, tanto che nel 1900 ottiene l’incarico di stampare quelle commemorative dei funerali di Umberto I. Negli anni seguenti, la diffusione della cartolina postale illustrata anche tra i ceti meno abbienti favorisce la continua crescita dello stabilimento il quale, nel 1908, arriva a contare settanta operai. Anche le attrezzature sono all’avanguardia e per questo, durante la prima guerra mondiale, i suoi laboratori ospitano i cartografi militari del V Corpo d’armata addetti alla stampa di carte topografiche. Nel 1915 Paolo Marzari inizia a realizzare le prime diapositive a colori su vetro e così, grazie alle innovazioni apportate ai processi produttivi, la ditta consolida la propria presenza sul mercato italiano ed estero. La seconda guerra mondiale comporta un ridimensionamento dell’intero comparto, perché la carta scarseggia, però le macchine non subiscono danni dal conflitto. E negli anni Cinquanta la Marzari di Schio comincia a distinguersi pure nella stampa delle guide artistiche di numerose località italiane ed estere. Dal 1955 la casa editrice è amministrata dai figli del fondatore, Silvio e Mario, che hanno ammodernato gli impianti, moltiplicato le tirature conquistando altri mercati europei e mediorientali.

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Favalli - Jesolo

Case Editrici

La ditta Favalli è fondata nel 1958 a Meolo dai fratelli Giorgio e Roberto Favalli e inizialmente si specializza nella vendita di profumi, cosmetici e chincaglierie1. Un paio di anni più tardi si trasferisce a Jesolo e qui, constatata la grande richiesta di cartoline illustrate del paese e dei centri balneari limitrofi, i titolari incaricano un fotografo ad effettuare degli scatti, li fanno stampare dal laboratorio Garanzini di Milano e iniziano a pubblicare in proprio le prime vedute in bianco e nero. Rapidamente la produzione aumenta e copre tutte le località della costa adriatica, da Cavallino fino a Caorle e a Grado. Con l’avvento del colore, l’Editrice Favalli diventa una delle più importanti del nord Italia per il numero di cartoline prodotte. Poi il settore declina e nel 2005 l’azienda cessa questo tipo di attività, mantenendo solo il ramo della profumeria.

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Notizie ricevute dalla ditta Favalli di Jesolo.

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Miralio Tonon - Cavallino

La storia della famiglia Tonon è emblematica perché nei protagonisti ritroviamo quell’intraprendenza che ha sempre contraddistinto la gente del Litorale ed è stata il motore dello sviluppo economico della zona. Giuseppina e Carolina Tonon, figlie di Giovanni e Maddalena Trevisan, vivono con i genitori e i numerosi fratelli in Via Pordelio ma convincono il padre ad acquistare un terreno nel centro di Cavallino, in piazza Santa Maria Elisabetta, dove, al termine della Grande Guerra, riescono a costruire una casa. Per guadagnare qualcosa, le due sorelle iniziano a fare pani di sapone che mettono in vendita davanti alla loro abitazione. Al piano terra aprono in seguito una piccola rivendita di mercerie, oggetti di cartoleria e dolciumi. È la prima del genere nel paese, come documenta un contratto di assicurazione per furto e incendio da loro stipulato nel 1927. Animate da spirito di iniziativa, le due donne cominciano inoltre a far stampare le prime cartoline illustrate di Cavallino che contrassegnano con la dicitura “Sorelle Tonon”. Giuseppina e Carolina gestiscono l’attività fino agli anni Quaranta, allorché subentra il nipote Miralio Tonon (nato nel 1916 da Giuseppe e Brigida Maestrello). Lo aiuta nel lavoro la moglie Margherita

Nell’inquadratura la casetta delle sorelle Tonon è quella che si vede a sinistra,

(Severina) Longo ed è in questo periodo che viene prodotta una serie di vedute veramente uniche

accanto alla vecchia scuola elementare.

del centro di Cavallino, realizzate in collaborazione con la ditta Marzari di Schio. Nel 1949, a soli trentatré anni, Miralio muore e l’attività è continuata dalla vedova Severina. Come risulta dalle cartoline che la signora continua a stampare - con i diritti riservati alla “Ditta Tonon”-, nella bottega si vendono anche giocattoli. Dal 1965 la gestione del negozio passa alla figlia della coppia, Bruna, la quale, un paio di anni più tardi, lo trasferisce in Via Fausta (sempre a Cavallino). Nella conduzione la affianca ora il marito Silvano Vianello. Ma le cartoline illustrate non vengono più pubblicate in proprio, sono acquistate direttamente dai fotografi-editori, in particolar modo dallo studio Zago di Venezia. Dopo novant’anni di attività, nel 2003, il negozio Tonon chiude definitivamente. La signora Severina muore nel 2009, a novantadue anni1.

1

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Notizie ricevute da Bruna Tonon, figlia di Miralio.


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Severino Dalla Mora - Cavallino

Editori in proprio

Nel 1938 la famiglia di Ermenegildo Dalla Mora e Stella Bozzato abita ancora in una delle più vecchie case di Cavallino1, in Via del Casson, quando l’uomo, che è il postino del paese, presenta al comune di Venezia una richiesta di autorizzazione a costruire, proprio dietro alla chiesa, in una posizione molto centrale, un piccolo edificio in legno per allestirvi una bottega di barbiere e dare un futuro ai propri figli2. La baracca viene sostituita negli anni Cinquanta da una costruzione in muratura ad un piano, suddivisa in due vani, dove, accanto alla barbieria, trova spazio un’edicola-bazar gestita da uno dei figli di Ermenegildo, Severino Dalla Mora. Più tardi, nello stesso stabile sarà sistemato anche un negozio di scarpe e in seguito l’edificio verrà rialzato di un piano per ospitare l’abitazione di famiglia. Curando in proprio la stampa delle fotografie realizzate da Giuseppe Gnocato, Severino diventa l’editore delle cartoline in vendita nella sua edicola. Poi, dagli inizi degli anni Sessanta, decide che è più semplice acquistare quelle edite dalla ditta Zago di Venezia. La rivendita di giornali e oggetti di cancelleria, tuttora in attività, è gestita ora dal figlio di Severino, Remigio. Quest’ultimo un po’ di tempo fa ha realizzato e pubblicato in proprio alcune cartoline a

La cartoleria e la bottega di barbiere della famiglia Dalla Mora erano situate nell’edificio

colori su particolari ambientali e sociali di Cavallino veramente originali e interessanti.

bianco ad un piano che si vede sulla sinistra nell’immagine.

1 2

Cfr. p. 41. Notizie ricevute da Severino Dalla Mora.

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Sergio Vianello - Ca’ Ballarin

Nei primi anni del secondo dopoguerra la zona di Ca’ Ballarin è quasi disabitata, vi sorge solo la vecchia casa colonica di Giuseppe Ballarin. Ma poi, in prossimità dell’edificio è collocata una fermata delle autocorriere che, percorrendo Via Fausta, da Jesolo portano a Punta Sabbioni e la località inizia ad animarsi. È soprattutto Guerrino Vianello1, allora proprietario di tutti i terreni circostanti, a darsi da fare: nel 1955 costruisce un bar all’incrocio tra Via Fausta e la stradina che porta alla chiesetta e alla località di Settecasoni (ora Via della Fonte). Poi, l’anno successivo, visto il buon andamento degli affari, vi apre a fianco una macelleria e un negozietto di alimentari. Alla sua morte, avvenuta nel 1958, subentrano gli otto figli e in particolare il bar con la rivendita di sigarette viene gestito da Sergio, che trasforma il locale in trattoria con alloggi al piano superiore. A lui si deve l’iniziativa di commissionare al fotografo Beppino Gnocato una serie di vedute, le quali riprendono in primo piano il suo locale e recano la scritta «Locanda-Ristorante da Vianello Sergio». Intanto, nel lungo stabile trovano posto nuovi negozi: un’edicola-bazar, un panificio e una bottega di barbiere. Così, a poco a poco, il luogo diventa un centro di incontro e di aggregazione, punto di riferimento e di sosta per tanti turisti. E il toponimo Ca’ Ballarin sostituisce quello vecchio di Settecasoni, con il quale si indicava la parte più interna del territorio verso la laguna. Dopo la morte di Sergio Vianello, un vero e proprio pioniere, le sue attività sono proseguite dalla moglie Eugenia e poi dalla figlia Laura, che attualmente gestisce l’omonimo hotel.

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Notizie ricevute da Eugenia Bozzato e dalla figlia Laura Vianello.


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Antonio e Ugo Zambon - Ca’ Vio

Editori in proprio

La famiglia Zambon, soprannominata “Fuser”, è originaria del Friuli: proviene, infatti, da quella regione il capostipite Giuseppe, allorché arriva a Punta Sabbioni verso il 18801. Qui, l’uomo trova una sistemazione nel casello della Finanza e della Sanità, dove apre una mescita di vino, e ha modo di conoscere una ragazza di Burano, Augusta Farisato, con la quale si sposa, creandosi una numerosa famiglia. Dei nove figli, Pietro si costruisce una casa poco discosta da quella paterna, la stessa che darà il nome al collettore Zambon. Antonio, invece, con la moglie Elvira Pizziol - siamo negli anni Venti si trasferisce a Ca’ Vio e va ad abitare di fronte all’ingresso della caserma “Mandracio”, in una lunga baracca su palafitte sopra il canale Pordelio2, nella quale ricava pure gli ambienti per un’osteria, uno spaccio di alimentari e una rivendita di tabacchi. Il locale è frequentato dalla gente del posto ma soprattutto dai soldati della caserma adiacente, allora anche Antonio, come diversi altri esercenti, si improvvisa editore di cartoline illustrate. In collaborazione con il fotografo Beppino Gnocato e la casa editrice Marzari di Schio, comincia a far eseguire e stampare alcune vedute di Ca’ Vio da mettere in vendita nel tabacchino. Questa produzione continuerà anche dopo la morte di Antonio, avvenuta nel 1945, a cura del figlio Gino e della nuora Lidia Zamengo. In seguito alla scomparsa prematura di Gino nel 1956, il fratello Ugo, assumerà l’amministrazione dell’osteria, del negozio di alimentari e della tabaccheria . Si interromperà solo nel 1966, anno in cui l’intera proprietà è rilevata dai fratelli Gino e Bruno Zanetti, i quali mantengono solo il ristorante3.

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Notizie fornite da Elvira, Silvana e Annamaria Zambon, pronipoti di Giuseppe. Treporti e Cavallino: 1911-1915. Dall’album fotografico del medico condotto Almiro Dinelli, a cura di Giuseppe Bozzato Cavallino-Treporti (Ve) 2011, p.135. 3 Notizie fornite da Gino Zanetti. Cfr. p. 127. 2

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Antonio Vanin - Ca’ Savio

Antonio (Toni) Vanin nasce a Treporti nel 1924: è il quintogenito di Antonio e di Erminia Ballarin, il primo maschio1. La famiglia risiede in una casa situata lungo il Pordelio ed è in un locale adiacente all’abitazione che il padre di Toni, nel 1936, allestisce una sorta di osteria, con un piccolo emporio, dove i pochi abitanti del paese possono acquistare prodotti alimentari e altri generi di prima necessità, ma anche incontrarsi, giocare a carte e trascorrere qualche ora di svago dopo il faticoso lavoro nei campi. I tempi sono difficili e il giovane Toni, avendo dieci fratelli, deve ben presto rimboccarsi le maniche: ancora adolescente è già dietro al bancone, cosa che non gli impedisce tuttavia di conseguire il diploma elementare. L’impegno e la capacità di darsi da fare evidentemente non gli mancano, come non mancano al padre che, fin dagli anni Quaranta, decide di rivolgersi al fotografo Barufaldi per realizzare delle cartoline illustrate con le quali fare un po’ di pubblicità alla loro trattoria con alloggi. Nel 1943 Toni viene richiamato alle armi e l’esperienza si rivela particolarmente dolorosa per lui perché, fatto prigioniero dai Tedeschi, è costretto a trascorrere due anni in campo di concentramento. Di ritorno a casa, è molto provato ma in grado di affrontare i sacrifici più duri. Diventa il principale collaboratore del padre e si assume anche la responsabilità della numerosa famiglia, quando questi viene a mancare nel 1951. L’anno dopo Toni sposa Iole Scarpi ma non si separa dai fratelli, insieme a loro, anzi, dà ulteriore impulso alle imprese familiari, aprendo un negozio di generi alimentari e una tabaccheria a Ca’ Savio. È, infatti, fra i primi a intuire che il turismo diventerà un’importante risorsa economica per il Litorale e che l’offerta commerciale deve svilupparsi per soddisfare le richieste crescenti degli ospiti italiani e stranieri. Testimonia questo fervore la nuova serie di cartoline pubblicata in quel periodo. Dopo aver avviato altre attività nel settore alimentare a Cavallino, a Punta Sabbioni e a Ca’Savio, negli anni Settanta i fratelli Vanin decidono di dividersi e Toni sceglie di tenere la tabaccheria. Ne sarà titolare fino al 1993, anno in cui passerà le redini al figlio Paolo, continuando, però, a coadiuvarlo, occupandosi della contabilità e di altre incombenze burocratiche.

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Notizie ricevute dalla figlia Tiziana Vanin.


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Giovanni Nardin ed Emilia Ballarin - Ca’ Savio

Editori in proprio

Una delle prime strutture turistico-ricettive del Litorale è la trattoria con alloggi che Giovanni Nardin, conosciuto da tutti come “Neno”, e la moglie Emilia Ballarin aprono a Ca’ Savio nel lontano 19311. Il locale sorge in una posizione privilegiata2, proprio all’incrocio di Via Treportina con Via Fausta, inaugurata da poco. Ma, per farlo conoscere più diffusamente, “Neno” decide di produrre anche delle cartoline che lo inquadrino, facendole stampare dalla ditta specializzata Berretta di Terni. Le immagini ne restituiscono l’aspetto curato ed accogliente, merito, possiamo immaginare, della signora Emilia. Dopo la morte del marito, sarà lei a gestire la locanda, con l’aiuto dei figli3, pure quando, nel 1959, la pensione viene spostata in un nuovo edificio fatto costruire accanto dove i Nardin aprono anche una rivendita di giornali e un bazar.4 La famiglia continua comunque a pubblicare delle vedute di Ca’ Savio, commissionandole, tra gli altri, a Ilario Zago. Intanto, negli ambienti dell’ex trattoria sono sistemati gli uffici dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo - come si chiamava allora l’Azienda di Promozione Turistica - e, più tardi, una gioielleria e una tintoria. Quando, nel 1961, Emilia Ballarin muore, il vecchio stabile è definitivamente chiuso; e più tardi demolito per far spazio ad un anonimo fabbricato a due piani. Nello spazio antistante, un robusto platano - piantato nel lontano 1929 - ci ricorda che proprio lì un tempo c’era il giardino della pensione del signor “Neno”.

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Notizie ricevute da Dino e Fabio Nardin. Per la sua posizione centrale dal 1931 sarà scelto per ospitare una postazione pubblica del telefono e, dal 1946, una rivendita di pane. 3 Dino, Fabio, Angelina, Wilma, Wanda e Bianca. 4 La pensione chiude nel 1965. 2

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Giovanni Mestriner - Punta Sabbioni

Il Litorale, con le sue risorse, ha dato la possibilità di migliorare le proprie condizioni economiche, o di ricominciare una vita, non solo alla gente originaria del luogo con un po’ di spirito di iniziativa, ma anche a tante persone venute da fuori. Come nel caso della famiglia Mestriner. Giovanni Mestriner, classe 1910, figlio di Giuseppe, vive e lavora con i genitori, i fratelli e la moglie Antonia Fagotto, in una fattoria dei conti Lucheschi a Casale sul Sile1. Attorno agli anni Quaranta, però, una terribile disgrazia colpisce la giovane coppia: l’unico figlioletto muore annegato in un abbeveratoio. Giovanni decide allora di abbandonare tutto e di trasferirsi con la moglie nel nostro territorio. Acquista un pezzo di terreno in una posizione incantevole, sulle rive della laguna di fronte alla chiesetta di Punta Sabbioni, e vi costruisce una piccola casa che tinteggia di bianco. Qui, in una stanza rivolta verso la piazza del paese, dà inizio alla sua prima attività: vende biciclette, pentole e altri oggetti che compra all’asta a Venezia e poi aggiusta. La moglie Antonietta lo affianca quando nel locale sistemano anche una bottega di generi di prima necessità (formaggio e pane), di mercerie e abiti da sposa. Conseguita una certa agiatezza, probabilmente per ricordare la morte prematura del figlio, Giovanni Mestriner dona alla chiesetta di Punta Sabbioni la statua in bronzo di una Madonnina che viene collocata nell’abside2. Nel 1956, in seguito allo spostamento del pontile nella nuova piazza, anche lui trasferisce il suo negozio in un chiosco di legno proprio di fronte all’imbarcadero. Mantiene la tabaccheria e, visto il flusso dei primi turisti, inizia a provvedersi di souvenir e a far stampare per suo conto cartoline illustrate di Punta Sabbioni e di Venezia. In società con il fratello Giulio, inaugura anche un servizio di taxi e noleggia macchine per occasioni importanti, come i matrimoni. Nel 19733, per l’avanzare dell’età e non avendo eredi, i coniugi Mestriner decidono di vendere sia l’esercizio commerciale sia la casetta bianca sulle rive della laguna a Italo Cadamuro e alla moglie Livia (Lidia) Pizziol, per andare a vivere in una nuova abitazione vicino al ponte di Cavallino. Dopo qualche anno, Giovanni muore e la moglie si trasferisce definitivamente a Quarto d’Altino, suo paese d’origine. I coniugi Cadamuro, che sono rientrati in Italia dopo aver lavorato per molto tempo in Australia, gestiscono il chiosco per altri vent’anni e poi a loro volta lo cedono.

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Notizie ricevute dalla nipote Marisa Mestriner. P. Lucchetta, A tu per tu con la mia gente. Uno sguardo al passato, Cavallino-Treporti (Ve) 1998, p.154. 3 Notizie ricevute da Livia (Lidia) Pizziol. 2

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Egidio Zanella - Treporti

Editori in proprio

Già nel 1912 Ferdinando Zanella1 gestisce un’osteria che dà sulla piazza di Treporti, situata di fronte alla vecchia chiesa2. Dietro il bancone lo aiutano la moglie Francesca Dalla Mora e i figli Ines, Pietro, Carlo e Egidio3. Gli affari vanno bene e, nel 1924, Ferdinando decide di costruire accanto al suo locale un nuovo edificio che diventa la “Locanda Zanella”. La trattoria, quando la famiglia si divide e il figlio maggiore Pietro si trasferisce a Ca’ Savio, rilevando il bar “Primavera”4, rimane in gestione al fratello minore Egidio che vi ricava all’interno anche una rivendita di tabacchi e, per farsi un po’ di pubblicità, commissiona - soprattutto alla Berretta di Terni - alcune vedute che inquadrano il suo ristorante e il centro storico di Treporti. Negli anni Sessanta Egidio ristruttura l’intero ambiente, facendo aggiungere dei portici verso la piazza e altri nella parte interna, in modo da realizzare con il cortile un’unica ampia sala da pranzo all’aperto. La clientela va, infatti, aumentando, anche perché, insieme al pesce arrostito sulle braci del caminetto, tra le specialità offerte dalla cucina ci sono le sopresse e i salami prodotti in proprio. Alla morte di Egidio nel 1975, la conduzione del locale passa al figlio Aldo, il quale lo gestisce per altri dieci anni, ma decide di sospendere la pubblicazione delle cartoline. Intanto la tabaccheria è trasferita nella parte settentrionale dell’edificio e, dal 2001, affidata a Vittorio, un nipote di Egidio. Nel 1987, la locanda viene dapprima affittata a Paolo Zanella e, poco dopo, venduta ad Annibale Berton. Oggi il ristorante, che continua a mantenere il nome degli Zanella, è gestito dai fratelli Renzo e Luca Mavaracchio, con il nipote Marco.

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Notizie ricevute dal nipote Aldo Zanella; anche Treporti e Cavallino: 1911-1915, p. 109, dove una bellissima fotografia antica ritrae tutta la famiglia Zanella. Ora casa Bergamo, cfr. p. 179. 3 Nome con cui è conosciuto da tutti, anche se all’anagrafe risulta come Igidio. 4 Cfr. p. 133. 2

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Carmelo Lo Paro - Treporti

Le origini del piccolo, “storico”, locale situato di fronte alla chiesa di Treporti, che fino ad una ventina di anni fa ospitava il negozio di dolci dei Lo Paro, risalgono al primo dopoguerra. Nato a Messina ma emigrato negli Stati Uniti, Carmelo Lo Paro (1884-1963) torna in Italia allo scoppio del primo conflitto mondiale. Qui viene arruolato e destinato alla caserma di Ca’ Vio, a fungere da interprete per gli ufficiali inglesi e americani1. A Treporti, il giovane conosce Maria Carmela Tagliapietra, che lavora nella trattoria gestita dal padre, aperta nell’edificio rosso all’angolo della piazza del paese. Dopo averla sposata, Carmelo costruisce una casetta nel terreno lasciatogli dal suocero. Per mantenersi, l’uomo vende macchine per cucire e la moglie frutta e verdura. Poi, nel 1937, nella loro abitazione i Lo Paro allestiscono un bar-gelateria, dove tengono un po’ di tutto: pasticceria, frutta secca, profumi e oggetti di cancelleria e le cartoline illustrate che producono in proprio. Durante le sagre del paese, alla domenica o nei giorni di apertura del cinema Bergamo, il vecchio Carmelo si piazza sul marciapiede col suo banchetto di dolciumi e frutta secca. Dopo la sua morte, gli subentra Giorgina (1925-2006), l’unica figlia ad essere rimasta nubile2. Quando la casetta della famiglia Lo Paro crolla, in seguito alla rovinosa alluvione del 1966, tutta la popolazione aiuta i muratori della ditta Celant a ricostruirla. Si ripristina anche il bar e il locale riacquista quell’atmosfera speciale che attira bambini e adulti, affascinati dalla lunga fila di vasi panciuti di vetro pieni di ogni tipo di ghiottoneria: caramelle, lecca-lecca, confetti, liquirizie, cioccolatini, gomme da masticare... Nel 1988 la proprietaria riceve un premio per i cinquant’anni di attività. Giorgina Lo Paro chiude definitivamente l’esercizio per motivi di salute nel 1992, e ora la casetta bianca campeggia solitaria e disabitata in mezzo alla piazza di Treporti.

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Notizie ricevute dal nipote Carmelo Lo Paro; anche P. Santostefano, L’isola della Chiesa e Treporti, Cavallino-Treporti (Ve) 2002 p. 100. S. Zanella, Dalla Giorgina, il regno dei dolcetti, «Il Litorale», dicembre 2004.

Editori in proprio


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Il servizio postale a Cavallino-Treporti In un libro sulle cartoline illustrate di Cavallino-Treporti non poteva mancare un cenno su come fun-

Sabbioni e Ca’ Savio. Da Cavallino fin quasi a Ca’ Pasquali si spingeva invece Severino Dalla Mora.

zionasse il servizio postale nella zona.

I sacchi della posta da Burano erano trasportati - inizialmente con una barca a remi e in seguito

Agli inizi del Novecento l’ufficio postale comunale in cui si smistava la corrispondenza destinata al

con un vaporetto - fino alla Ricevitoria e di lì in bicicletta nell’ufficio di Treporti dove avveniva lo

nostro territorio aveva sede a Burano1. Era qui che il postino di Lio Piccolo, in quegli anni Andrea

smistamento. Poi il postino si avviava lungo Via Pordelio per incontrare, oltre Settecasoni, il collega

Canevese, andava con la barca a prelevarla per consegnarla all’isola delle Saline, a Lio Piccolo, alle

di Cavallino. Qui i due addetti si scambiavano la corrispondenza: il postino cavallinotto ritirava

Mesole e a Lio Maggiore. La posta diretta a Cavallino era lasciata a Settecasoni, dove ogni mattina

quella da distribuire nel territorio e consegnava al collega treportino quella da inoltrare nell’alta zona

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si recava a piedi Angelo Dalla Mora , il primo portalettere del paese, per ritirarla e poi recapitarla

del Litorale e verso tutte le destinazioni. Gli spostamenti avvenivano esclusivamente in bicicletta

nelle poche case dei due abitati.

anche perché la maggior parte di strade e sentieri non erano asfaltati, e con qualsiasi condizione

Nel frattempo, in seguito alla presenza di un gran numero di militari e di maestranze impegnate nei

atmosferica: caldo, freddo, vento, pioggia e neve.

lavori di fortificazione del Litorale, l’esercito organizzava dei propri uffici addetti a ricevere e inoltrare,

Con il passare del tempo, naturalmente, il servizio si evolve e finalmente negli anni Novanta gli

insieme a dispacci e informative, la corrispondenza indirizzata ai soldati o da questi spedita alle famiglie,

uffici postali trovano ubicazione in spazi più appropriati, funzionali e moderni, sia a Ca’ Savio, dove

servendosi per il trasporto della linea ferroviaria a scartamento ridotto che collegava le varie piazzeforti.

viene accorpata anche la sede di Treporti, sia a Cavallino.

Un flusso epistolare il quale andò aumentando con lo scoppio della guerra e divenne ingente dal 1917, allorché, dopo la rotta di Caporetto, nell’area fu trasferito un numero massiccio di truppe. La posta raccolta presso i vari distaccamenti arrivava al forte di Punta Sabbioni o alla caserma di Ca’ Vio e quindi era imbarcata per Venezia dove, nella stazione centrale, esisteva un apposito ufficio incaricato di controllare ed eventualmente censurare i messaggi inviati a casa dai soldati3. Terminata la guerra, ritroviamo nel territorio alcune ricevitorie, sistemate in genere negli stessi stabili in cui abitavano anche i responsabili del servizio. A Cavallino, ad esempio, nel 1929 la Collettoria rurale4 si trovava nella casa di Angelo Dalla Mora situata in Via del Casson, e solo nel 1940 verrà spostata nei locali della vecchia scuola elementare. Quanto a Treporti, dove l’incaricato era Angelo Battagliarin5, l’ufficio rimarrà in un piccolo fabbricato sulla piazza del paese fino alla metà degli anni Cinquanta, quando sarà trasferito nella casa rossa che fa angolo tra Via Porfirogenito e Via Marco Polo. In quel periodo gli impieghi di responsabile della ricevitoria o di postino non erano assegnati per concorso ma, venivano in pratica “ereditati”6. Così, ad Angelo Dalla Mora succedono il figlio Egisto e poi il nipote Lucio, mentre un altro figlio Ermenegildo e poi i nipoti Amelia e Severino diventano portalettere. A Lio Piccolo il servizio postale, per un certo tempo appannaggio della famiglia Cane-

La Collettoria rurale nell’abitazione di Angelo

La Collettoria rurale nella casa di Angelo

vese - Piovesan, passa successivamente ai Ballarin - i “Rabiati” -, ad Amedeo7 e a suo figlio Natale.

Battagliarin in piazza Ss. Trinità a Treporti

Dalla Mora a Cavallino

La quantità della corrispondenza, sicuramente inferiore rispetto ai giorni nostri, non richiedeva molti postini. A Treporti, svolgevano questo lavoro Carletto D’Este, cui spettavano le isole treportine, Lio Pic1

colo e Mesole, e Marcello Bergamo - più tardi sostituito dal figlio Giuseppe - che serviva Treporti, Punta

L’ufficio postale di Burano, istituito nel 1873, era di IIa classe. Lucchetta, A tu per tu con la mia gente, pp. 166, 167. 3 Una delle prime cartoline pubblicate nell’album è stata proprio spedita da un soldato, cfr. p. 45. 4 Come si chiamava allora l’ufficio di grado inferiore alle dipendenze dell’ufficio postale di zona. 5 Si tratta del padre di monsignor Dante Battagliarin, Vescovo di Khulna (Bangladesh). 6 Il postino doveva saper leggere e scrivere, giurare di mantenere il segreto postale e garantire che il servizio fosse regolarmente e interamente completato ogni giorno. 7 G. Bastianello, Litorale da ricordare, «Il Litorale», maggio 2001. 2

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~ Cavallino Centro ~

Album Cartoline

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Piazza S. Maria Elisabetta 1909 Formato piccolo- seppia, cartolina postale viaggiata nel 1909 da Cavallino a Venezia, collezione autore

La vecchia cartolina permette di vedere quale fosse l’aspetto della piazza di Cavallino e della chiesa di S. Maria Elisabetta più di un secolo fa. Il piccolo tempio, edificato alla metà del Settecento, grazie alla generosità del console olandese Jacobus Feitama, presenta una facciata completamente priva di decorazioni; in cima al campanile, in precedenza a torre, svetta invece la cuspide costruita nel 1905. Dei due edifici addossati alla navata, quello di sinistra è ancora a due piani (sarà rialzato solo in seguito), mentre l’altro ha pressoché l’aspetto attuale. A chiudere il lato settentrionale del sagrato, sorge il palazzo1 costruito nel 1650 dal mercante

fiammingo Daniel Nijs. Una folta siepe ne separa il giardino dalla piazzetta, interamente coperta da un manto erboso. La stessa inquadratura di vent’anni posteriore (n. 2) evidenzia come le modifiche più importanti riguardino la facciata della chiesa, completa di timpano, lesene, colonnine e capitelli. La casa alla sinistra appare sopraelevata di un piano, mentre al centro della piazza si nota la presenza del monumento ai caduti della prima guerra mondiale inaugurato nel 1920.

CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta 1930 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 2 1

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Destinato ad ospitare il ristorante “da Achille”.


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CAVALLINO

Il paese visto dalla laguna 1915 Formato piccolo - seppia, cartolina postale (serie 80991), viaggiata nel 1915 da Venezia a Milano, collezione autore

Il borgo di Cavallino con la vecchia scuola, la chiesa e la canonica sono qui ripresi dalla laguna. La cartolina è stata spedita in data 26 giugno 1915 - a un mese dall’entrata in guerra dell’Italia - da un soldato di stanza a Cavallino alla moglie a Milano. Lo confermano due stampigliature sul retro del cartoncino con le scritte: Verificato per censura e 108° Batt.ne M.T. DI MARCIA. La sigla M.T. sta per Milizia Territoriale, un reparto dell’esercito formato da riservisti, non ritenuti

più validi per l’impiego al fronte, con funzioni di presidio e, all’occorrenza, di difesa del territorio. Il 108° battaglione M.T., che non ricorre tra quelli della Terza Armata distaccati nelle nostre zone soprattutto dal 1917, potrebbe essere stato uno di quei raggruppamenti in servizio alle batterie costiere, che si occupavano di logistica, trasporti, navigazione lagunare, ecc. e si avvicendavano continuamente1.

(Retro) 3 1

Scheda redatta in collaborazione con Furio Lazzarini.

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CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta 1935 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

Le vedute ritraggono il centro di Cavallino e la chiesa di S. Maria Elisabetta con la nuova facciata. I lavori di rifacimento e di decorazione dell’edificio vengono realizzati nella primavera del 1916, mentre in tutta Europa infuria la guerra, e creano non poche difficoltà al parroco di allora, don Spiridione Lazzari. È dunque giustificato l’orgoglio con cui il sacerdote descrive in un suo memoriale il momento in cui, tolta l’armatura, davanti ai fedeli compare «la bella ed

elegante facciata tutta in cemento ma lavorata con vero gusto artistico»1. Al prospetto sono stati applicati elementi decorativi classicheggianti: sei lesene con capitelli corinzi poggianti su un alto basamento e un grande timpano con rosone centrale. Colonnine e piccoli timpani inquadrano anche le due finestre, il portale e il bassorilievo raffigurante la Visitazione.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1935 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 5 1

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Archivio della Parrocchia, Memoria di don Spiridione Lazzari per l’anno 1916.


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CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta 1932 Formato piccolo - seppia, Editore Vittorio Stein - Venezia (serie 117/7632), cartolina viaggiata nel 1932 da Cavallino a Venezia, collezione autore

La piazza del paese è inquadrata dall’imboccatura di Via Pordelio in questa rara cartolina di Vittorio Stein. Agli inizi del Novecento la comunità parrocchiale di Cavallino conta ormai circa 1600 fedeli e la vecchia chiesa si rivela assolutamente insufficiente ad ospitarli. Tra il 1915 e il 1916 si provvede dunque ad ampliarla. Demolita la parete di fondo ove poggiava l’altare maggiore, una nuova abside a pianta semicircolare, illuminata da due finestre, prolunga di circa

nove metri l’edificio. Nell’occasione, davanti al presbiterio sono collocate delle balaustre «confezionate in cemento con gusto artistico dalla ditta Vettore Giuseppe e figli di Venezia»1. Viene completamente rifatto il pavimento con piastre di cemento bianche e rosse, è eretto un altare a Sant’Antonio - che si può scorgere sulla sinistra nella seconda immagine (n.7) -, si provvedono nuovi banchi e nuove immagini per la Via Crucis.

CAVALLINO

L’interno della chiesa di S. Maria Elisabetta 1930 c. Formato piccolo - verdone, Editore Vittorio Stein - Venezia (serie 333), collezione Eugenio Bozzato 7 1

Archivio della Parrocchia, Memoria di don Spiridione Lazzari.

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CAVALLINO

L’asilo infantile “Ai caduti” 1935 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

Grazie all’interessamento dell’allora parroco don Arturo Vidal, la comunità di Cavallino, il 4 novembre del 1930, può inaugurare il nuovo asilo infantile. L’edificio sorge su un terreno ceduto per una somma contenuta dalla Società Agricola del Cavallino alla parrocchia di Santa Maria Elisabetta1. E, come si può vedere, non ha lo stile architettonico dell’epoca fascista, ma si rifà a temi ottocenteschi, ricorda piuttosto le ville venete di quel secolo. Un mosaico di Gino Avon, della famosa scuola di Spilimbergo, recante l’iscrizione Asilo Monumento ai Caduti, impreziosisce il semplice prospetto, mentre un frontone triangolare e quattro corti pinnacoli di marmo decorano il cornicione. Sulla facciata c’erano anche due tondi a bassorilievo, raffiguranti rispettivamente un fascio littorio e un “leon in moeca”. Alla fine della seconda guerra mondiale, il primo è stato tolto perché recava un emblema del fascismo; l’altro si trova ora sulla facciata

della chiesa vecchia di Cavallino. L’asilo, affidato alle cure delle suore domenicane della Beata Imelda, nel tempo arriva ad accogliere fino a 200 bambini, suddivisi in più sezioni. In due occasioni ospita anche alcune classi elementari, quando la vecchia scuola diventa insufficiente, e durante il periodo della guerra allorché la nuova sede è occupata dalle milizie fasciste. Rimasto in funzione fino al 1979, punto di incontro e di aggregazione per i ragazzi e i giovani del paese, l’asilo chiude definitivamente l’anno successivo, quando le suore Imeldine lasciano per sempre il paese. L’immobile è ora in stato di abbandono e in parte crollato.

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La laguna, Le scuole pubbliche, Piazza S. Maria Elisabetta con il monumento, L’asilo infantile 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 9 1 P. Santostefano, Cavallino. Lingua di sabbia, giardino dei popoli. La chiesa e la parrocchia di S. Maria Elisabetta. 1699-1999, Cavallino-Treporti (Ve) 1999, pp.74-82.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1935 Formato piccolo - seppia, Editore Albeme, cartolina viaggiata nel 1935 da Cavallino a Milano, collezione Eugenio Bozzato

Le bancarelle allestite davanti alla chiesa e attorno al monumento fanno capire che siamo in un giorno di festa, forse durante la sagra del “Tempeston”1. Il 29 agosto 1849 Cavallino è sconvolto da una grandinata di estrema violenza che distrugge completamente i raccolti e causa numerosi danni alle povere abitazioni dei contadini. Anche la chiesa rimane lesionata, come dimostra una nota spese redatta pochi giorni dopo dal fenestrajo Giusto Pivirotto, che chiede 5,50 lire austriache per sistemare le vetrate «rotte dalla grandine»2. Non ci sono, però, vittime ed è per lo scampato pericolo che nasce la festa votiva. Val la pena forse di rammentare in quale drammatico momento storico si sia scatenato il fortunale. L’insurrezione di Venezia contro

l’Austria sta per finire, in terraferma, però, i combattimenti continuano. Nella nostra zona, ottocento “Cacciatori delle Alpi”, acquartierati nel Forte di Treporti, si scontrano con le truppe imperiali austriache di stanza nei pressi di Cavallino. La notte del 3 agosto i volontari vengono respinti: le perdite non sono consistenti, ma i nemici riconquistano l’intera zona. Il 23 agosto, stremata dalla fame e dal colera, Venezia si arrende: solo qualche giorno più tardi si scatena il tremendo uragano che sconvolge il paese.

CAVALLINO

La laguna, L’asilo infantile, Piazza S. Maria Elisabetta, Il monumento ai caduti, Via Equilia 1935 Formato piccolo - seppia, Editore Albeme, cartolina viaggiata nel 1935 da Cavallino a Milano, collezione autore 11 1 2

Sulla festa del “Tempestonˮ, cfr. p. 62. P. Santostefano, Tra “sortita” e tempeston: qualche appunto sulla storia di Cavallino negli anni 1848-49, «Forum», n. 20, dicembre 1996.

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CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta con le vecchie scuole 1935 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

“Alunni in posa davanti alla scuola”, potrebbe essere intitolata questa immagine. Edificata nel 1870, la vecchia sede delle elementari di Cavallino ospita negli anni Trenta solo quattro classi e quattro maestri, ed è già del tutto insufficiente per una popolazione scolastica salita, nel 1936, al numero considerevole di 323 scolari. Una nuova sede si rende dunque assolutamente necessaria. Chiuso nel 1940, il vecchio istituto tornerà ad accogliere alcune classi durante la seconda guerra mondiale, come vedremo, ma poi sarà definitivamente abbandonato. Rimane il rammarico che sia stato demolito - alla metà degli anni Sessanta - per far posto a una

costruzione in forme moderniste chiaramente fuori luogo rispetto allo stile più antico della piazza. Nella cartolina compare anche la casetta delle sorelle Giuseppina e Carolina Tonon, di cui è già stata raccontata la storia1. La seconda veduta (n. 13) mostra gli edifici situati sul lato meridionale della piazza: la casa comunale e i magazzini frigoriferi della Tenuta del Cavallino. Inquadra inoltre Via Mare, la strada che conduceva alla spiaggia, a Ca’ di Valle, il cui tracciato rettilineo esisteva fin dal Seicento e, più a sinistra, il complesso delle nuove scuole elementari.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1938 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 13 1

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Cfr. p. 32.


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Le nuove scuole comunali 1940 c. Formato piccolo- seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

Le nuove scuole elementari vengono ultimate nel 1940, ma durante la seconda guerra mondiale per due anni (1943- 1944) gli alunni sono costretti a frequentare le lezioni nella vecchia sede o nell’asilo. L’edificio è, infatti, occupato da truppe tedesche e da una formazione dell’esercito nazionale repubblicano (le milizie di Salò) comandata dal tenente Mario Sacco. Alla fine del conflitto, si rendono dunque necessari lavori di ristrutturazione, che mantengono tuttavia le pareti esterne in mattoni faccia a vista. Intanto il numero degli scolari aumenta: nel 1958, nel plesso di Cavallino le classi sono salite a dieci, tra sezioni maschili e femminili.

Un nuovo restauro avviene verso gli anni Sessanta, con il rifacimento del pavimento, dell’impianto di riscaldamento, dell’intonaco esterno. Poi, nel giugno del 2002, l’attività scolastica è definitivamente trasferita nella sede distaccata dell’Istituto comprensivo “V. Carpaccio” in Via dell’Aviere. L’immobile, ora centro “G. Pascoli”, ospita vari circoli culturali tra i quali l’associazione TRA

MAR E LAGUNA.

CAVALLINO

Il centro, Via Mare, Piazza S. Maria Elisabetta, Le nuove e le vecchie scuole comunali 1942 Formato piccolo - seppia, Editrici Sorelle Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1942 da Cavallino a Venezia (erroneamente le scuole comunali sono indicate come Asilo monumento ai caduti), collezione autore 15

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Via Fausta 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

Via Fausta è parte integrante della grande bonifica iniziata nel nostro territorio negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. La Provincia di Venezia ne delibera la costruzione nel 1927 e il progetto prevede che vengano sfruttati dei tracciati già esistenti. Così, dal corso del Sile a Cavallino la via segue il percorso di una stradina di proprietà dei Padri Armeni; da Cavallino a Ca’ di Valle si sovrappone invece al vecchio stradon costruito da Daniel Nijs nel 1630. Dopo un’ampia curva di novanta gradi, la strada procede infine in perfetta linea retta fino a Punta Sabbioni1. Secondo i piani, la carreggiata è larga otto metri e si trova ad una quota più alta rispetto alla campagna circostante per permettere il deflusso dell’acqua nei fossati laterali. Ai pontili di Cavallino, di Ca’ Vio e di Ca’ Savio, arrivano allora grossi burci carichi di sabbia, terra argillosa e torba di provenienza locale, altri pieni di ghiaia del Piave e sasso trachitico trasportati dai colli Euganei. Il materiale viene poi trasferito con carri ferroviari trainati sui binari dai cavalli fino al luogo di avanzamento dei lavori2. Nel 1928 è ultimato e collaudato il ponte sul Sile (la Piave Vecchia), ufficialmente aperto nel mese di novembre alla presenza del Duca d’Aosta e, il primo di agosto del 1929, Via Fausta è inaugurata dall’allora Ministro delle Finanze, conte Volpi di Misurata. Il giorno successivo prende avvio il servizio di autocorriere tra Punta Sabbioni e San Donà di Piave, gestito dalla ditta Ferrari Autolinee Pubbliche (FAP). È istituita anche la nuova linea di navigazione lagunare VeneziaPunta Sabbioni3, con sei corse giornaliere. Le motonavi attraccano al vecchio approdo di proprietà militare situato davanti alla caserma della finanza, nel luogo dove ora sorge la chiesetta. Lungo Via Fausta si piantumano in seguito i platani e i pini domestici e la strada diventa, così, una delle più lunghe, belle e maestose d’Italia.

1

Via Fausta, tramite dei ponti, avrebbe dovuto raggiungere anche l’isola di Sant’Erasmo e poi le Vignole e la Certosa. Questo sistema ferroviario leggero, chiamato decauville, era già stato usato in zona dall’esercito, per il trasporto di truppe, armi, munizioni e vettovagliamento. 3 In sostituzione della linea di navigazione lagunare che si spingeva fino a Cavazuccherina con due corse giornaliere. 2

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Via Fausta, Piazza S. Maria Elisabetta, Il monumento ai caduti 1947 Formato piccolo- seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1947 da Cavallino a Milano, collezione autore Al termine della Grande Guerra, un comitato di cittadini, presieduto dal medico condotto, promuove una raccolta di offerte tra gli abitanti di Cavallino e Lio Maggiore, allo scopo di erigere un monumento in ricordo di quanti in quella guerra avevano sacrificato la vita e non erano più tornati a casa. Inaugurato il 15 giugno del 1920, il monumento1 è formato da un basamento su cui poggia un pilastro di marmo di Carrara che ha sulla sommità la statua in gesso di un cavallo, rivolto verso il Piave. L’opera, recintata da otto colonnine unite da una catena, è stata realizzata dalla ditta Manfrin di Venezia e, a quanto risulta, è la prima dedicata ai caduti in territorio veneziano.

Purtroppo, nel 1944, viene gravemente danneggiata: un ufficiale del reparto delle milizie di Salò di stanza nel litorale, durante le operazioni di imbarco dal molo di Cavallino - con destinazione linea Gotica -, spara alla statua, facendola letteralmente a pezzi. Conclusosi il conflitto, un secondo comitato si adopera affinché il monumento sia restaurato, così un nuovo cavallino in bronzo, opera dell’artista Remigio Barbaro, ritorna sul pilastro, in cui sono stati incisi anche i nomi degli undici soldati morti nel corso della seconda guerra mondiale. E, l’11 settembre del 1948, lo stesso sindaco di Venezia Giovanni Battista Gianquinto partecipa alla sua inaugurazione.

CAVALLINO

Il monumento ai caduti 1950 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 18 1

A. Padovan, I novant’anni del Monumento ai caduti di Cavallino (1920-2010), Cavallino-Treporti (Ve) 2010.

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Veduta dalla laguna 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, sul retro reca la stampigliatura, collezione autore

Nella veduta il centro di Cavallino è inquadrato dalla laguna: sulla riva del canale Pordelio, di fronte alla chiesa, si nota il molo cui sono attraccate alcune peate. È da qui che partivano ogni giorno tali imbarcazioni per portare i prodotti ortofrutticoli del Litorale al mercato di Rialto a Venezia. Questo era anche l’approdo del vaporetto della linea Treporti-Cavallino, istituita nel 1913, che effettuava due corse giornaliere1. A Treporti c’era poi la coincidenza per Burano e Venezia. Il servizio sarà abolito nel 1929 in seguito all’apertura di Via Fausta.

Colto nel tipico gesto della voga alla veneta, un uomo sta attraversando il canale su di un sandalo nell’immagine successiva (n.20). Molto probabilmente arriva dall’isola della Falconera, allora di proprietà dei Padri Armeni, dove vivevano a quel tempo circa sessanta persone appartenenti alle famiglie Bardella e Bozzato.

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Veduta dalla laguna 1947 Formato piccolo- seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, cartolina scritta in data 1947 ma senza destinatario, collezione autore 20 1

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Treporti Cavallino: 1911-1915, p. 140.


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La spiaggia 1935 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore

La cartolina ritrae i ragazzi delle colonie marine estive con i loro accompagnatori sulla spiaggia di Cavallino, probabilmente nel tratto di Ca’ di Valle. Le baracche che sono sulla sinistra offrivano riparo e fungevano da spogliatoi, ma in realtà i ragazzi alloggiavano nelle scuole comunali del paese. Nell’immagine si può anche osservare il cordone dunoso che a quel tempo percorreva il litorale e impediva all’acqua del mare di penetrare nell’entroterra durante le

mareggiate. Ricordiamo che le colonie nascono come sanatori marini gli inizi del Novecento, per ospitare bimbi affetti da malattie tubercolari: si era, infatti, scoperto che il mare e il sole avevano effetti curativi sui piccoli. Durante il periodo fascista, alla funzione terapeutica si aggiunse quella educativa e di propaganda e nel 1928 le colonie furono affidate all’Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia.

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La spiaggia 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino, collezione autore 22

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La spiaggia 1950 c. Formato grande - seppia, Editore Dalla Mora - Cavallino, collezione Mariolino Castelli

Negli anni Cinquanta, le colonie non assolvono più a uno scopo propagandistico, ma conservano importanti funzioni sanitarie e sociali. Offrono la possibilità di trascorrere delle vacanze al mare a ragazzi di condizioni modeste, magari traumatizzati dal recente conflitto. Sono gestite da enti pubblici e privati: comuni, parrocchie, istituti religiosi, e anche aziende.

Nel Litorale di Cavallino arrivano ragazzi provenienti da Belluno, Feltre, Longarone, Vicenza, Padova e Verona. Nei primi tempi continuano a essere alloggiati nelle scuole comunali, poi le varie comunità cominciano a provvedersi di nuove sedi più adeguate, appositamente costruite lungo Via Fausta e vicino al mare, che diventano vere e proprie case per ferie e villaggi per famiglie.

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Le scuole comunali e la colonia estiva 1950 c. Formato grande - seppia, Editore Dalla Mora - Cavallino, collezione Mariolino Castelli 24

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La trattoria “Bozzato” 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Miralio Tonon - Cavallino (un refuso ha trasformato Bozzato in Borsato), collezione autore

L’osteria dei Bozzato (e non Borsato come erroneamente scritto sulla cartolina) risale agli inizi degli anni Venti, quando Nicola (o Nicolò)1 allestisce nella vecchia casa colonica di famiglia una sorta di trattoria” La campagna” in cui, oltre a mangiare, nelle giornate di festa si balla. Nei decenni successivi il locale è gestito dal figlio di Nicola, Mariano, e poi, in seguito alla sua morte prematura, dal nipote Artiano. È in questo periodo che l’edificio viene completamente rifatto e assume l’aspetto che si vede nella riproduzione. Nel nuovo fabbricato trova posto anche una tabaccheria con ricevitoria del lotto. Accanto c’è il negozio di alimentari con panificio gestito da

Rosino Bozzato, e successivamente dai figli Nicolò, Giorgio e Remo. Dalla parte opposta, il piccolo manufatto addossato all’osteria ospita il negozio di parrucchiera di Alfrida e Speranzino Berton. Nella seconda inquadratura (n.26) si vede, sulla sinistra, la casetta a un piano di Ermenegildo Dalla Mora, di cui è già stata raccontata la storia2. Si tratta dell’edificio in muratura, adibito a negozio di calzature, cartoleria e profumeria, che aveva sostituito il precedente fabbricato in legno con la bottega di barbiere.

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La trattoria “Bozzato” 1950 c. Formato grande - verdone, Editore Severino Dalla Mora - Cavallino, collezione autore 26 1 2

Nicola o Nicolò Bozzato (1871-1941) figlio di Bernardo e Maria Ricesso. Cfr. p. 33.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1950 c. Formato grande - verdone, Editore Severino Dalla Mora - Cavallino, collezione autore

Il palazzo che si affaccia sulla piazza di Cavallino, come è stato anticipato, si deve al mercante olandese Daniel Nijs. Nel 1628, l’uomo acquista all’incanto dai Savi ed esecutori alle acque settecento campi di terreni sabbiosi di recente formazione in questa zona del Litorale. Poi, per migliorare e rendere più produttivi i suoi possedimenti, fa ampliare il canale del Cavallino e costruire le conche idrauliche (nel 1632); infine, lungo il Pordelio, si costruisce la casa padronale che diventa uno dei pochi edifici emergenti in un borgo, la cui comunità, secondo quanto elenca il pievano, ha poco più di un centinaio di abitanti. Alla distanza di una trentina d’anni, però, l’intero «luoco, cioè l’isola tutta chiamata del Cavallino», con i «campi arativi, prativi, boschivi, paludivi, et vallivi, con palazzo et fabriche di più sorti»1 cambia proprietario, perché è rilevata da Giovanni Matteo Alberti.

1

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Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Atti, b. 7174, 2 dicembre 1686; Santostefano, Cavallino. Lingua di sabbia, giardino dei popoli, p. 10.


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Veduta dalla laguna 1952 Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1952 da Cavallino a Bologna, collezione autore

Al pari della chiesa, o di palazzo Nijs, delle vecchie scuole o del negozio di mercerie delle sorelle Tonon, anche il mulino1, e in seguito il cinematografo, hanno svolto un ruolo importante nella storia sociale del paese. Costruito lungo il canale Pordelio perché parte delle granaglie vi arrivava via acqua su burci, il mulino viene aperto nel 1930-1931 da Giuseppe Baffi, che già ne possiede uno a Jesolo. Dapprima è gestito dal figlio di questi, Romeo, poi, nel 1936, nella conduzione subentra la famiglia dei Calvi, sempre di Jesolo. Durante la seconda guerra mondiale vi venivano macinati più di venti quintali di grano al giorno,

perché, oltre alle famiglie di Cavallino e Settecasoni, anche molti abitanti di Treporti, di Jesolo e persino di Mestre vi accorrevano, in quanto il gestore, a costo di grossi rischi, non sempre segnava nella tessera annonaria la farina realmente consegnata. Alla fine degli anni Sessanta, i macchinari si fermano per sempre e il fabbricato diventa un emporio per il commercio e la vendita di granaglie e farine, che chiude nel 1978. A ricordare l’attività di un tempo, rimane il frontone curvilineo con la scritta “Mulino”2 sorretta da quattro colonnine in ghisa.

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Via Piave (ora Via Equilia), La laguna, Il bivio tra Via Fausta e Via Faitema, Piazza S. Maria Elisabetta 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Cavallino a Schio (Vicenza), collezione autore 29 1 2

Edifici Storici del Litorale del Cavallino, Venezia 1996, p. 24. Purtroppo alcune lettere sono andate disperse per l’incuria.

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Via Equilia 1950 c. Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 247)

La cartolina riprende il tratto di Via Fausta all’entrata di Cavallino. Sul lato destro della strada, si vede il magazzino di frutta e verdura di Umberto Ballarin, davanti al quale è parcheggiato il furgone del titolare1. Di fianco c’è l’abitazione della famiglia, “Villa Cristina”, dove erano stati ricavati anche degli alloggi per i turisti. Nel 1960, un bar prenderà il posto del magazzino che, due anni più tardi, diventerà la “Pizzeria Mauro”. Sul lato sinistro, l’officina con servizio di autonoleggio, come si legge nell’insegna, appartiene a Stefano Valentini. La sua, simile a quella di tanti abitanti del Litorale, è una storia di grande laboriosità e spirito di iniziativa. Nel primo dopoguerra con il padre Olindo, la madre Luigia Bottan e il fratello Ferruccio, Stefano abita in una baracca dietro la chiesa di Cavallino. Fin da

molto giovane, però, si dà da fare, impara il mestiere del meccanico e, ben presto, avvia un proprio laboratorio nei capannoni situati di fianco all’osteria “La campagna”, l’attuale ristorante Tonon. Subito dopo il secondo conflitto, riesce finalmente a costruirsi la casa - quella che vediamo nella riproduzione successiva (n. 31) - con l’officina nei locali a pianoterra. Nel 1955, con l’apertura del campeggio NSU, Stefano si specializza nella vendita e nella riparazione delle auto NSU e Audi Union. Alla sua morte, il negozio è gestito dalla figlia Valentina e dal genero Guido Nardin.

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Via Piave (ora Via Equilia) 1954 Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1954 da Cavallino a Perarolo (Belluno), collezione Maria Franzina Salvalaio 31 1

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Notizie ricevute dal figlio Mauro Ballarin.


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Piazza S. Maria Elisabetta 1955 c. Formato grande - b/n - Foto Beppino Gnocato, FAST- Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 1982)

Il palazzo seicentesco di Daniel Nijs, qui in primo piano, ospitava all’occorrenza i vescovi e i patriarchi durante le loro visite pastorali nel territorio lagunare1. Dopo essere appartenuta a Giovanni Matteo Alberti, nel 1701 la casa è acquistata da un altro ricco mercante fiammingo, Jan Druyvesteyn. Quindi, alla sua morte, avvenuta nel 1728, passa nelle disponibilità del rappresentante legale dei suoi eredi, e cioè di Jacobus Feitama, a sua volta facoltoso uomo d’affari, nonché console d’Olanda a Venezia. È alla sua generosità, come abbiamo ricordato, che si deve la riedificazione della chiesa di S. Maria Elisabetta. Nel 1743 gli abitanti di Cavallino, appartenenti a ventisei famiglie, sono, infatti, saliti a 158 e la vecchia chiesa è completamente insufficiente ad accoglierli tutti. Per questo il parroco, don

Giuseppe Tosetti, si adopera per ottenerne l’ampliamento: in realtà, grazie al contributo di Feitama, l’edificio religioso viene completamente rifatto. I lavori, iniziati nel 1744, sono ultimati nel 1751, anno in cui la nuova chiesa con campanile a torre è inaugurata. Nel 1753, Feitama, sentendo approssimarsi la morte, chiede di esservi sepolto, ma gli esecutori testamentari non rispettano le sue ultime volontà2. La Fiat 600 che compare in bella vista nella seconda inquadratura (n. 33) non lascia dubbi sul fatto che l’autore dello scatto sia Ilario Zago3.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1960 c. Formato grande - acquerellata, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3387), cartolina viaggiata in data non leggibile da Cavallino a Rehau in Bayern (Germania), collezione autore 33 1

Santostefano, Cavallino. Lingua di sabbia, giardino dei popoli, p. 10. Ivi, p. 26. 3 Cfr. p. 28. 2

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Via Equilia 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 5860), cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Crotone (Catanzaro), Archivio Associazione culturale TRA MAR E LAGUNA Cavallino-Treporti Nella veduta è ripreso il complesso delle case comunali edificate a Cavallino verso la metà degli anni Cinquanta. La giostra che si intravede sul margine sinistro fa intuire come la fotografia sia stata scattata nella ricorrenza di una delle due sagre del paese: quella del 2 luglio, in onore della patrona S. Maria Elisabetta, o quella del 29 agosto, detta del “Tempeston”1. Le cronache di don Arturo Vidal2, parroco di Cavallino dal 1920 al 1937, confermano come questa festa fosse molto sentita e partecipata, tanto che la Società Veneta di Navigazione metteva a disposizione un vaporetto per il trasporto della gente da Treporti a Cavallino. Nel 1926, racconta il sacerdote, la mattina una processione muove verso il Ghetto e il canale Bovon; la sera, dopo il concerto della banda, si accendono i bengala e c’è la distribuzione dei

biglietti della lotteria. L’estrazione dei premi avviene il mattino successivo: Maria Munerotto vince un copriletto, Giuseppe Busato una lampada a petrolio e Filomena Longo una sveglia. Nel 1928 il parroco annota che la partecipazione della gente va scemando nel pomeriggio, probabilmente perché è il periodo della raccolta delle pesche. Ma la sera, aggiunge, ci sono molte persone nelle osterie; e nella trattoria “da Tortato”, nonostante manchi il permesso, si balla, conclude il parroco con una vena di riprovazione.

CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta, Il monumento ai caduti, La chiesa di S. Maria Elisabetta, Via Equilia, L’istituto “Maria Assunta”, Il campeggio “Joker” 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3378), cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Mira Porte (Venezia), collezione autore 35 1

Cfr. p. 49. P. Santostefano, Cavallino nel Novecento. Momenti di storia religiosa e sociale nei diari di don Arturo Vidal e don Emilio Spolaor (1925-1952), Cavallino-Treporti (Ve) 2006, pp.46-77. 2

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Il monumento ai caduti 1957 Formato grande - b/n, Editore Tonon, Bromostampa - Milano, cartolina viaggiata nel 1957 da Cavallino a Conegliano Veneto (Treviso), collezione autore Il cavallino del monumento ai caduti1, divenuto ormai il simbolo del paese, offre l’occasione di raccontare la storia di uno dei suoi personaggi “storici”, e cioè di Marcellino Oreste Lazzarini, conosciuto da tutti come “Ino scarper”2. Nato agli inizi del secolo scorso da Vittorio ed Elisabetta Berton, a soli quattro anni Marcellino subisce un grave infortunio a un piede. La menomazione non incide tuttavia sul suo carattere allegro, altruista, intraprendente. Inizia fin da ragazzo a fare il calzolaio, attività che svolge in una costruzione di legno situata in Via Pordelio, quasi di fronte all’osteria “Laguna”. Ma insieme coltiva la sua passione: la musica. Nella baracca dove di giorno risuola le scarpe, di sera suona la pianola e insegna musica. Diventa l’organista del paese, come si legge nei diari di don Arturo Vidal e don Emilio Spolaor, preti di Cavallino dal 1925 al 19523. Suona bene la fisarmonica pertanto viene

spesso invitato ai matrimoni; durante i quali diverte gli invitati recitando poesie e sonetti in dialetto di sua invenzione. Nel 1925 Marcellino si forma una famiglia, sposandosi con Amelia Longo e, anche in seguito alla nascita dei figli, trasferisce la bottega di calzolaio in un chiosco sempre in Via Pordelio, poco lontano da casa. Nel 1945 crea il “Coro Cavallino”, che arriva a circa quaranta elementi; per le prove, la sera, mette a disposizione la sua casa. Verso il 1960 Marcellino smette l’attività di calzolaio e vende il chiosco4, ma continuerà fino alla fine della vita a seguire la sua passione per la musica e il canto. Quando “Ino” muore nel 1977, «Il Gazzettino» lo ricorda con queste parole: «se ne va un personaggio storico del paese, un uomo di animo semplice ma che ha passato tutta la vita aiutando sempre chi si trovava in difficoltà e promovendo l’attività musicale».

CAVALLINO

Piazza S. M. Elisabetta, Il monumento ai caduti, Via Equilia, Veduta aerea 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore 37 1

Sul monumento ai caduti, cfr. p. 53. Notizie ricevute dalle figlie Vittorina e Maria Pia Lazzarini. | 3 Santostefano, Cavallino nel Novecento, p.38. 4 Il chiosco, smontato dal falegname Paolo Pizziol, sarà acquistato dalla famiglia Salvalaio, che ne farà una rivendita di frutta e verdura a Jesolo. 2

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Piazza S. Maria Elisabetta, La spiaggia, Il faro, Via Faitema 1960 Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Padova, collezione autore

Nella piccola bottega che fino a qualche tempo fa si poteva vedere lungo Via Fausta, vicino alla piazza del paese, sembrava che il tempo si fosse fermato: l’ultimo calzolaio di Cavallino vi svolgeva il suo lavoro, un’attività ora praticamente scomparsa. Molti altri mestieri sono spariti o si sono profondamente trasformati negli ultimi cinquant’anni. Così, non esistono più il caregheta, l’impagliatore di sedie, o il boer che governava e curava la stalla e i buoi, il campanaro cui spettava il compito di suonare le campane e il nonsolo, cioè il sacrestano1. Nessuno più confeziona artigianalmente e vende cappelli di paglia come il capelaro, costruisce e aggiusta carretti come il carietier, realizza mastelli di legno come il mastelaro. Nessuno fa più il guetta, l’arrotino, il muner, il mugnaio, l’ombreler, l’ombrellaio, o il mistro, il quale aggiustava pentole e attrezzi in rame. È molto cambiato il lavoro del falegname, il marangon, e chi amministra i fondi per conto del proprietario non è più definito gastaldo. Quanto ai feracavai, qualche maniscalco si trova solo nei maneggi e, siccome le famiglie non allevano il maiale in casa, come una volta, non c’è bisogno del porseer per macellarlo e trasformarlo in salami e salsicce.

1 L’ultimo sacrestano “a tempo pieno” di Cavallino è stato Emilio Lazzarini. Classe 1898, inizia a lavorare già nel 1928 con don Arturo Vidal e conclude la sua attività verso il 1965 con don Gino Fiorese.

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CAVALLINO

Piazza S. Maria Elisabetta, Via Faitema, Il monumento ai caduti, Via Equilia 1956 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3380), cartolina viaggiata nel 1956 da Cavallino a Mestre, collezione autore 39

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CAVALLINO

Panorama 1957 Formato grande - b/n, Editore Dalla Mora - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1957 da Cavallino a Rimini, collezione Eugenio Bozzato

La panoramica di Cavallino, realizzata dalla sommità della torre telemetrica Vignotto, consente di avere una visione d’insieme della località, di osservare, in particolare, l’argine rettilineo lungo il canale Pordelio e la laguna, costeggiata da una zona in parte ancora paludosa e in parte coltivata secondo la pratica tradizionale della “mazzuolatura”1. Tra i vari edifici, si riconosce, sulla destra, l’ultimo cinematografo del paese. L’apertura della prima sala per proiettare film si deve all’iniziativa della famiglia Baffi che, nel 1945, decide di destinare a questo uso il grande granaio del suo mulino2. Negli anni seguenti, la conduzione del locale passa ai Calvi, gli stessi gestori del mulino, i quali se ne occupano fino al 1950, e poi ad Erminio Ballarin che, con la moglie Virginia, decide di rilevarlo. Il locale ha 250 posti a sedere ma, siccome molti si accontentano di assistere allo spettacolo anche in piedi (una volta le regole non erano così ferree), riesce ad accogliere fino a 350 spettatori. D’estate, le pellicole sono proiettate in un’arena all’aperto, che ne raddoppia la capienza e, fin dal 1955, durante la stagione turistica i programmi prevedono film in lingua tedesca. Nel 1961, dichiarato inagibile il vecchio stabile, i figli di Erminio, Virgilio, Piero e Benito decidono di spostare le proiezioni in un edificio lungo Via Fausta, vicino al distributore Q8. Nella nuova sala sono organizzati numerosi cineforum, si presentano spettacoli teatrali, di varietà e di illusionismo, uno dei quali vede come protagonista il mago Silvan3. Nel 1977 la gestione del cinema passa a Cesare Ballarin e poi al figlio di questi, Giorgio. D’estate continua la rassegna dei film in lingua tedesca, e la sala ospita anche manifestazioni musicali, quali minifestival per bambini. Molte volte, di mattina, sono proiettati film educativi per gli alunni delle scuole del Litorale. L’attività cessa nel 1983 e il fabbricato viene trasformato in una esposizione di mobili. Attualmente è sede dell’Assocamping4.

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Da “mazzuoli”, gli stretti argini paralleli ottenuti con la terra ricavata dallo scavo dei fossati eseguito allo scopo di innalzare il livello dei terreni acquitrinosi e renderli parzialmente coltivabili, G. Bozzato, M. Busarello, P. Santostefano, Cavallino-Treporti. Atlante delle trasformazioni: 1552-2010, Cavallino-Treporti (Ve) 2014, p. 94. Cfr. p. 59. 3 M. Agazia, Kino Cavallino, un cinema… polivalente, «Il Litorale», aprile-maggio 2007. 4 Cfr. p. 103. 2

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Veduta aerea 1955 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3392), collezione autore In questa veduta di Cavallino, che spazia fino al faro lontano, possiamo riconoscere molti degli edifici di cui è stata raccontata la storia: il mulino con il frontone e il pontile sulla laguna, il cinematografo con lo schermo nell’arena all’aperto, la vecchia osteria “Laguna” e il chiosco di legno di “Ino Scarper”. Oltre alla casa di Giovanni Bassanese e al negozio di Lazzarini, c’è la vecchia scuola elementare e, vicino al monumento, s’intravedono alcuni tabelloni elettorali. Come si può notare, sono state appena costruite le case comunali ma manca la macelleria di Tiziano Bozzato. Della locanda affacciata sulla laguna, si hanno notizie fin dal 19251. Nei diari di don Arturo Vidal, il parroco di allora, si legge che era gestita da Piero Bortoluzzi il quale, oltre alla mescita di vino, offriva la possibilità di consumare dei pasti. Negli anni Trenta, con la costruzione di un mulino accanto, l’osteria diventa una tappa obbligatoria per quanti portavano granaglie a macinare, punto d’incontro per contadini e ortolani. Secondo un’insegna recentemente ritrovata, era anche una “Regia rivendita di Sali e Tabacchi”2. E, all’apertura del cinematografo sopra il mulino (1945), il locale ne ospita pure la biglietteria. A quel tempo l’osteria era soprannominata “La busa”, la buca, perché il luogo dove sorgeva era leggermente più basso rispetto all’argine del canale, il futuro tracciato di Via Pordelio. Alla metà degli anni Cinquanta, la trattoria è prelevata dai fratelli Piero e Adele Ballarin, ha anche una sala da ballo e un campo di bocce. Poi, dal 1962 al 1964, sono Orlando e Paolo Pizziol3 ad averne la conduzione, che passa successivamente a Guido Ballarin e al figlio Rino. Quando in seguito è prelevata da Aldo Morando, questi ne cambia il nome in “Laguna”, per la splendida vista sullo specchio d’acqua. Dal 1974 il ristorante è gestito da Olindo Ballarin e poi dal figlio Alvise. I piatti a base di pesce, di laguna o di mare, sono i protagonisti della sua cucina e hanno fatto diventare questo ristorante uno tra i più conosciuti e rinomati della zona. Tornando al primo piano, in Via Pordelio è possibile osservare ancora in costruzione il fabbricato di Narciso Zoia, trasformato, una decina di anni più tardi, nel deposito dei camion GMC impegnati nella bonifica di Ca’ di Valle e di Valle Dolce, che si stende ancora paludosa sullo sfondo. Oggi lo stabile ospita l’officina di riparazioni e vendita di motocicli e biciclette di Giancarlo Borsoi.

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Santostefano, Cavallino nel Novecento, p 14. Notizie ricevute da Olindo Ballarin. 3 Notizie ricevute da Paolo Pizziol. 2

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Veduta aerea 1965 c. Formato grande - a colori, Editore Dalla Mora - Cavallino, Stampa Marzari di Schio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n.1)

I dieci anni che dividono questa immagine dalla precedente (n. 41) hanno trasformato il territorio e il centro abitato. La vecchia scuola in piazza è stata demolita per far posto alla nuova sede del Comune; i fossati a sud sono stati interrati e ricoperti quelli verso nord, lungo Via Fausta, per far posto a nuove lottizzazioni; rimangono ancora i fossi vicino alla laguna. Una piazza si sta formando attorno all’osteria Bozzato (ora Tonon) e altre case comunali sono sorte all’ingresso est del paese. Davanti alle scuole elementari sostano le giostre, nella ricorrenza di una delle due sagre paesane.

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La festa dell’uva 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

La Festa dell’uva, che l’immagine ricorda, si svolgeva - fin dagli anni Cinquanta - nella prima domenica di settembre. Gli uffici turistici del Comune di Jesolo organizzavano la manifestazione, ma la maggior parte dei carri allegorici erano allestiti da famiglie della nostra zona1. La cartolina ne mostra alcuni di quelli sfilati nel 1960: il n. 2, raffigurante una gondola, e il n. 6 erano presentati dalla famiglia Angiolin. Il terzo, intitolato “Sulla cresta dell’onda”, con i cavallucci marini guidati da una sirena, era stato ideato e realizzato da Attilio Salvalaio. L’allestimento dei carri richiedeva mesi di lavoro e coinvolgeva tutto il nucleo familiare. Anche i bambini, infatti, contribuivano, ritagliando ed eseguendo gli elementi più semplici, come i fiori di carta e le piccole ceste di cartoncino che, riempite d’uva, si vendevano al pubblico. Durante l’inverno veniva elaborato il progetto generale e poi, in primavera, i disegni, riportati su grandi fogli di compensato, prendevano forma nelle sagome realizzate con il fil di ferro. Queste, rivestite da più strati di fogli di carta fissati da una colla fatta con l’acqua e la farina bianca, una volta asciutte, si rifinivano con la dipintura. La sirena, ad esempio, aveva un corpetto rosso e la coda verde con sfumature d’argento; anche le grandi conchiglie, che giravano su se stesse e si aprivano e si chiudevano, erano coloratissime. Seguiva infine la fase dell’assemblaggio, dopodiché il nemico più temuto era la pioggia perché, per la loro mole, le composizioni allegoriche rimanevano all’aperto. Nei primi tempi i carri erano trainati fino a Jesolo da cavalli o da asini, in seguito da frese e trattori, e una vera folla accompagnava il corteo fino a piazza Drago, dove avveniva la premiazione e la distribuzione dell’uva. Nel corso degli anni la manifestazione si è notevolmente ridimensionata e continua anche ai nostri giorni con uno svolgimento in tono minore.

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Salvalaio, Zamengo, Angiolin, Noè, Zanella, Bozzato e altre. Notizie ricevute da Maria Franzina Salvalaio.


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Piazza S. Maria Elisabetta 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

Siamo negli anni del boom economico e le automobili parcheggiate sulla piazza sono un segno dei tempi che cambiano. Davanti alla chiesa si nota la Fiat 500c Giardinetta di don Antonio de Rai, parroco del paese dal 1960 al 1962. Invece l’Opel Rekord coupé, che sta sfrecciando a fianco del monumento dei caduti, è probabilmente la vettura del dottor Pietro Dal Moro, il medico del paese. Proveniente da Portogruaro, il dottor Dal Moro assume la condotta di Cavallino nel gennaio del 1960, succedendo al dottor Carlotto. Nei primi tempi, si sistema con la famiglia nella locanda

“da Achille” poi va ad abitare nella casa comunale in cui è ospitata anche la levatrice del paese. All’epoca il medico condotto deve essere a disposizione 24 ore su 24, anche nei giorni festivi, e il dottor Dal Moro non si sottrae ai suoi compiti: è ricordato da tutti per la disponibilità, l’abnegazione e la professionalità. Alla sua morte, avvenuta il 7 ottobre 1982, prende il suo posto la dottoressa Giuseppina Forner, ritiratasi dalla professione un paio di anni fa.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore 45

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Il ristorante “da Achille” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

L’antico palazzo Nijs1, agli inizi degli anni Sessanta, è acquistato da Achille Scarpa, che lo trasforma in un albergo con annesso ristorante. Come si può osservare nell’immagine, l’edificio seicentesco viene completamente rinnovato; sono anche aggiunti un porticato verso la piazza e una terrazza al prospetto sulla laguna. L’impegno e la bravura di Achille, e della moglie Elena Bortoluzzi, nella preparazione di piatti, soprattutto a base di pesce locale accompagnato da contorni di verdure stagionali, raccolte direttamente negli orti di Cavallino, hanno fatto diventare questo ristorante uno dei più rinomati

e conosciuti del Nord Italia. A testimoniarlo sono le numerose foto autografate di personaggi illustri italiani e stranieri appese alle pareti del locale. Vi si leggono gli apprezzamenti dei molti uomini politici e attori, scrittori, artisti e calciatori che hanno frequentato il ristorante, gustandone le specialità. Dopo che la tradizione è stata continuata per alcuni anni dal figlio Lucio, il locale - rinominato “Inconserva” - è ora gestito dal nipote di Achille, il quale del nonno porta anche il nome.

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Piazza S. Maria Elisabetta 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore 47 1

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Già agli inzizi del 1800 questo palazzo ospitava un’osteria, gestita da Giovanni Bozzato (1768-1812) di Fortunato, fattore dell’allora proprietario Giovanni Filippo van Sande, Cavallino, lingua di sabbia, giardino dei popoli p. 38; un secolo più tardi, nel 1926, l’osteria veniva riaperta da Giovanni Battista Tortato (proprietaria era Iones Faiffofer cfr. p. 94.) e poi gestita successivamente dal veneziano Basilio Biancato. Nel 1948 ospitava al piano terra il panificio a destra e l’osteria a sinistra gestite entrambe da Vincenzo Lazzarini. Notizie ricevute da Giovanna Angiolin.


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Piazza S. Maria Elisabetta 1961 Formato grande - acquerellata, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1961 da Cavallino a Belluno, collezione autore

La chiesa di S. Maria Elisabetta, dopo anni di incuria, ed essere rimasta a lungo chiusa al culto per motivi di sicurezza, tra il 1985 e il 1988, è sottoposta finalmente ad un radicale restauro. Viene ricostruito il tetto, crollato da tempo, avendo cura di recuperare le antiche capriate lignee; sono asportati gli intonaci rovinati dall’umidità in modo da lasciare in vista la muratura, nella quale i diversi tipi di mattoni documentano gli interventi costruttivi succedutisi negli anni. Piastre di marmo bianco e rosso sostituiscono i riquadri in graniglia di cemento del pavimento. La volumetria dell’aula riacquista le dimensioni che aveva nel Settecento perché si ripristina il muro di fondo abbattuto nel 1916, scorporando l’abside.

Quest’ultimo spazio, grazie ai contributi dei privati, nell’ottobre del 2007, è riportato all’aspetto originale e offerto alla fruizione della cittadinanza1. Diventa un nuovo centro espositivo, affidato all’associazione “Daniel Nijs”, in cui trovano spazio importanti attività culturali, mentre lo scoperto antistante, liberato dalla folta vegetazione, è trasformato in un giardino che all’occorrenza ospita concerti e piccoli spettacoli.

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Via Equilia 1960 Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, Foto M.U.T.I. - Treviso, cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Predazzo (Trento), collezione autore 49 1

A. Padovan, Restaurata l’abside, «Cittadini al centro», dicembre 2007.

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La pensione “Al Ponte” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

La locanda “Al Ponte”, che fa da sfondo nell’inquadratura all’immancabile Fiat 600 di Ilario Zago, è aperta nei primi anni del dopoguerra da Modesto Munerotto, in un edificio costruito proprio accanto all’abitazione di famiglia, la casetta bianca sulla destra. Il nome si deve al fatto che sorge ai piedi del ponte sul Sile (la Piave Vecchia), giusto al bivio in cui da Via Fausta si diparte una strada sterrata, Via del Faro (ora Via F. Baracca). Dopo averlo gestito per un po’ di tempo, nel 1958 circa, Modesto vende il locale ad Antonio de Nardi, titolare del celebre ristorante le “Guaiane” di Noventa di Piave, il quale vi allestisce anche una pensione e lo affitta ai Rorato, una famiglia di suoi compaesani. Alla metà degli anni Sessanta1, l’esercizio passa quindi a Romano Bars che è uno jesolano ma, avendo sposato Anna Mazzoncini, una giovane di Pistoia, caratterizza da subito la cucina del

ristorante affiancando ai tipici piatti veneti anche delle specialità toscane. Quando, nel 1968, viene a mancare il marito, la signora Anna, nonostante due bambini ancora piccoli, non si perde d’animo, prosegue da sola la gestione della locanda che, nel 1972, riesce addirittura ad acquistare. In seguito ne chiude l’attività alberghiera per dedicarsi interamente al ristorante e al bar, nella cui conduzione sono ora subentrati i figli Walter e Roger. Nell’immagine (n.51) il primo ponte sul fiume Sile costruito nel 19282 e demolito nel 1988 per far posto all’attuale viadotto più largo e più funzionale.

CAVALLINO

La pensione “Al ponte”, Via Fausta, Il vecchio ponte sul Sile (la Piave Vecchia), La terrazza della pensione 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 4122), collezione autore 51 1 2

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Notizie fornite da Anna Mazzoncini. Cfr. p. 52.


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~ Cavallino Faro ~

Album Cartoline

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Il faro 1935 c. Formato piccolo - seppia, cartolina postale, collezione autore

L’antico faro di Piave Vecchia era una torre slanciata (alta 45 metri) con una gabbia sulla sommità che ospitava la lanterna1. Edificato nel 1846 su commissione dell’Imperial Regio Governo Austriaco soprattutto per scopi militari 2 , cioè per consentire l’avvistamento e l’identificazione del naviglio in transito, era diventato ben presto un importante punto di riferimento anche per la navigazione civile. La costruzione acquista una straordinaria importanza strategica durante la prima guerra mondiale e, per questo, dal novembre del 1917, vi si acquartierano - nella palazzina accanto - gli equipaggi di tre siluranti MAS della squadriglia Difesa Sile - Base Faro Cavallino3. Durante il conflitto, la torre ospita anche la più importante colombaia della Terza Armata: qui, trasportati da piccioni viaggiatori, giungono dalle trincee del fronte i “colombogrammi”, sorta di primitivi fax.

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Alimentata prima a gas acetilene e in seguito per incandescenza di vapori di petrolio. F. Lazzarini, Faro di Piave Vecchia: 167 anni e non sentirli, «La Garzetta», agosto 2013. 3 I MAS, veloci motoscafi antisommergibili, armati di siluri, cannoncini e mitragliere, diventeranno famosi per il ruolo avuto nell’affondamento della corazzata austriaca Santo Stefano avvenuto nel 1918. 2

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CAVALLINO

Il faro 1959 Formato grande - b/n, Editore Visentin - Jesolo, cartolina viaggiata nel 1959 da Jesolo a Terni, collezione Erminio Vanin

Dopo il primo conflitto mondiale, il faro torna alla propria funzione civile; si dipingono sulla torre sei fasce nere e sette bianche e, nel 1936, una lampada elettrica a intermittenza e con effetto rotatorio sostituisce la vecchia lanterna. Purtroppo, però, il 19 settembre del 19441 tutta la zona è occupata da un reparto dell’esercito tedesco2 e il faro viene fatto brillare perché probabilmente avrebbe limitato il brandeggio e l’elevazione dei pezzi d’artiglieria che si intendeva posizionare nei bunker della vicina batteria. Nell’immediato dopoguerra, sulle sue rovine è provvisoriamente eretto un piccolo traliccio metallico, con una lampada a portata ridotta. E infine, tra il 1948 e il 1950 ad opera del Genio

civile di Venezia, l’odierno faro, quello ripreso in migliaia di cartoline, torna al proprio posto. L’aspetto risulta più elegante, anche se le dimensioni - ad esempio l’altezza di 48 metri rimangono quasi inalterate, come il numero delle fasce bianche e nere del rivestimento di formelle sagomate in cemento. Sulla sommità, la gabbia accoglie un nuovo apparato lenticolare a rotazione, dotato di una lampada alogena da 1000 Watt e quattro pannelli riflettenti. Nell’immagine (n. 54) si possono vedere, sulla destra, la caserma della Guardia di Finanza e, al centro, la pensione di Vincenzo Ballarin ancora in costruzione.

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Il porto del Sile 1959 Formato grande - b/n, Editore Sergio De Nadal - Vittorio Veneto, cartolina viaggiata nel 1959 da Cavallino al Lido di Venezia, collezione autore 54 1

Lazzarini, Faro di Piave Vecchia. Si trattava dei Pionieri tedeschi del 632° Marine Artillerie Abteilung, impegnati nella realizzazione della batteria antiaerea-antisbarco denominata “Batteria Cavallino Nord”. 2

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CAVALLINO

Il faro 1961 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3593), cartolina viaggiata nel 1961 da Cavallino a Mestre, collezione autore

Il faro è senza dubbio uno degli edifici più caratteristici del nostro litorale, il protagonista di centinaia di cartoline illustrate, lo sfondo ideale di tante foto ricordo scattate dai turisti. E, siccome l’alta torre slanciata, o la sua lama di luce instancabile, è visibile giorno e notte da lontano, inevitabilmente è diventato parte integrante anche dello skyline della vicina spiaggia jesolana.

Così, sono innumerevoli le vedute in cui si legge la scritta: Lido di Jesolo - Il faro (n. 56). Anche se ormai è un simbolo condiviso, rimane, però, il fatto che sorge nel territorio di Cavallino, al di qua del fiume Sile che segna il confine tra i due comuni.

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Il faro 1958 Formato grande - b/n, Edizioni S.M. - Lido di Jesolo, cartolina viaggiata nel 1961 da Jesolo a Vittorio Veneto (Treviso), collezione autore 56

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La foce del Sile con dei bragozzi 1960 c. Formato grande - b/n, Edizioni Minerva - Lido di Jesolo, collezione autore

L’inquadratura coglie una fila di bragozzi al rientro serale dopo una giornata di lavoro in alto mare. Usate per la pesca ma anche per il trasporto, queste imbarcazioni, dotate di due alberi muniti di vela al terzo, erano un tempo molto diffuse in tutto il medio e l’alto Adriatico. Queste, in particolare, facevano parte di una cooperativa di pescatori, la “Bolla”, che aveva la propria base al porto di Piave Vecchia, ed erano le uniche barche di un certo cabotaggio a potervi entrare, dato il basso fondale dell’alveo.

La costruzione di legno visibile in primo piano, sulla sponda destra del fiume a pochi passi dalla foce, era allora in concessione a Carlo Tagliapietra, soprannominato “Carletto Tachea”. Le bilance visibili nelle cartoline (nn. 57, 58 e 59) venivano usate soprattutto per la pesca di anguille, passere di mare e cefali.

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La foce del Sile con il faro 1961 Formato grande - b/n, Edizione “Foto al mare”- Jesolo, cartolina viaggiata nel 1961 da Cavallino alla Svizzera, collezione autore 58

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Pesca nel Sile 1956 Formato grande - b/n, Edizioni Dalla Mora - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1956 da Cavallino a Milano, collezione autore

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Il traghetto sul Sile e il faro 1957 Formato grande - acquerellata, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1957 da Cavallino a Venezia, collezione autore

Per molti anni ancora dopo la costruzione del ponte sul Sile, quanti intendevano raggiungere la spiaggia di Jesolo a piedi o, viceversa, i turisti che volevano ammirare da vicino il faro, potevano servirsi di un traghetto in funzione nel tratto del fiume vicino alla foce. Il barcaiolo ripreso nella cartolina è Riccardo Boscolo, il quale ha casa e cantiere poco lontani, sulla riva iesolana. Il servizio, prestato in seguito da Ampelio Morando e poi dal figlio Nilo, sarà definitivamente interrotto nel 1973 perché il carico dell’IVA sul costo del biglietto rende l’attività non abbastanza remunerativa.

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CAVALLINO

Veduta panoramica della foce del Sile 1962 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata nel 1962 da Cavallino a Vicenza, collezione autore

Nella veduta aerea del faro e della foce del Sile, si scorge, lontano sullo sfondo, il vecchio ponte, quello costruito nel 1929 in seguito all’apertura di Via Fausta. Prima della sua realizzazione, il collegamento tra Jesolo e il nostro Litorale era garantito da un traghetto, che andava e veniva dall’una all’altra riva, trasportando uomini, animali e merci. L’ultimo passo a barche a prestare questo servizio apparteneva a Giuseppe Munerotto. Classe 1866, Giuseppe è originario di Giavera del Montello, donde il soprannome che contraddistingue ancora la sua famiglia1. È una persona istruita, cosa abbastanza rara in un tempo e in un paese di campagna in cui pochi sanno leggere e scrivere. Anche per questo, nelle elezioni amministrative del 1920, riceve abbastanza voti per essere nominato Consigliere al Comune di Burano. I diversi interessi, però, non lo distolgono dall’attività che sopra tutte ama svolgere, quella del traghettatore. Forse perché ritiene il suo lavoro importante per la comunità, gli piace incontrare persone, scambiare idee. Il suo passo è formato da due barche sulle quali è fissato un pontone quadrato, di quattro metri di lato, protetto da una sorta di steccato che impedisce agli animali e alle merci di finire in acqua. Attracca alla sponda sinistra del fiume nel punto da cui si diparte l’unica strada di collegamento con la vicina Jesolo, Via Cristo Re, per poi ritornare e approdare accanto alle porte del Cavallino. L’antico passaggio tra il fiume e la laguna, fatto scavare nel Seicento da Daniel Nijs2, dove fin dalla prima apertura sorge un’osteria3. Da qui, due sono le strade alla volta di Cavallino: l’argine lungo il canale Casson, oppure, soprattutto per i carri, la strada sterrata degli Armeni che passa davanti alle case Bozzato “Moretti” e Berton “Sansonio”, la stessa sul cui tracciato nel 1929 sarà costruito il primo tratto di Via Fausta. L’apertura di quest’ultima e la costruzione del ponte segnano la fine del traghetto, che ovviamente non ha più motivo di sopravvivere e così il signor Giuseppe, a sessantatré anni, anche se a malincuore, deve cambiare lavoro.

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1 I Munerotto, soprannominati “ Giavera”, erano immigrati nel nostro territorio nel 1840. Giuseppe era figlio di Angelo e di Luigia Bardella; la famiglia abitava nella casa, Ca’ Munerotto, che sorge tuttora ai piedi del ponte. 2 Sulla storia delle porte di Cavallino, P. Santostefano, Le porte del Cavallino al tempo della Serenissima, Cavallino-Treporti (Ve) 1994 e Bozzato, Busarello, Santostefano, Cavallino-Treporti. Atlante delle trasformazioni, p. 52. 3 Dai primi anni del Novecento conosciuta come “Osteria Roma”, dal nome della famiglia che la gestiva.


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CAVALLINO

La foce del Sile 1960 c. Formato grande - b/n, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1007)

Inizialmente, il porto alla foce del Sile ospita solo pescherecci. Solo nel 1968, in un’ansa naturale di quel tratto del fiume, viene realizzata la prima darsena rivolta ai diportisti: l’iniziativa è di un gruppo di amici e compagni di regate legati dalla passione per la vela. Ben presto il porticciolo “Marina del Faro” diventa un punto di riferimento per tutto l’alto Adriatico; nei suoi cantieri inizia la produzione in serie di imbarcazioni in legno e di barche a

vela. Intanto, il circolo nautico nel frattempo fondato, il “Faro Piave Sailing Club”, si distingue nel mondo delle regate, organizzando eventi sportivi di alto livello, tra i quali ricordiamo un campionato italiano di Flying Dutchman. La seconda immagine (n.63) mostra una ripresa della darsena “Marina del faro” con accanto il porticciolo della famiglia Boscolo, sorti nello stesso periodo.

LIDO DI JESOLO

Veduta aerea delle darsene alla foce del Sile 1968 Formato grande - a colori, Edizione DREI - San Donà di Piave, cartolina viaggiata nel 1972 da Cavallino a Brescia, collezione “Marina del Cavallino” 63

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CAVALLINO

Veduta aerea delle darsene alla foce del Sile 1973 Formato grande - a colori, Edizioni Favalli - Jesolo, collezione autore

Vista la numerosa richiesta di nuovi posti barca che i porticcioli già realizzati non riescono a soddisfare, nel 1971 alcuni investitori1 rilevano quello dei Boscolo, lo ampliano e realizzano la darsena “Marina del Cavallino”. Il nuovo complesso diventa uno dei più attrezzati del suo genere, capace di accogliere barche da diporto di grandi dimensioni e di fornire tutti i necessari servizi di assistenza: alaggio, fornitura di carburante, vendita di accessori, ricovero invernale sui piazzali e nei capannoni, officine per le riparazioni meccaniche e strutturali. Il porto “Marina del Cavallino” ha ospitato, tra gli anni Ottanta e Novanta, diciannove edizioni della Mostra nautica dell’Adriatico, tredici campionati europei di motonautica d’altura, due edizioni della gara motonautica Venezia-Montecarlo e una tappa del Festivalbar. Attualmente la darsena conta 400 ormeggi in acqua dolce, per imbarcazioni che possono arrivare fino a trenta metri. È completa di ristorante, piscina, palestra, diving center, jet-sky center, piazzola di atterraggio per elicotteri, negozio di accessori nautici.

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Perocchio, Baroni, Minicucci e Lazzarini. Notizie fornite da Roberto Perocchio.

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CAVALLINO

La trattoria “Al Piave” 1955c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 12)

Prima di realizzare lo scatto, Ilario Zago ha avuto cura, come si vede, di parcheggiare all’ombra della vegetazione la sua Fiat 600. Quella che il fotografo riprende, con i gestori in posa nella terrazza assolata, è la trattoria “Al Piave con alloggi”. Risale al 1952, anno in cui Aldo Savian1, con un socio2, acquista dalla signora Aureliana Dell’Andrea Bianchini di Venezia3 un terreno appena bonificato, non molto distante da dove abita, e costruisce il locale.

Il ristorante, frequentato d’estate soprattutto da turisti tedeschi e austriaci, acquista ben presto notorietà e cambia il nome, che diventa “Al buon pesce di Aldo Savian al Faro”. L’edificio che lo ospita nel tempo viene anche ampliato e sopraelevato e poi completamente ristrutturato negli anni Settanta. Ma, quando, nel 1999, il signor Aldo passa l’attività agli eredi, questi non se la sentono di continuare e vendono l’immobile che viene suddiviso in appartamenti.

CAVALLINO

Il ristorante “Al buon pesce di Aldo Savian al Faro” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore 66 1

Figlio di Domenico e Virginia Castelli. Vincenzo Ballarin, da cui si dividerà nel 1956. 3 Cfr. p. 94. 2

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CAVALLINO

La pensione “Da Giovanni” 1958 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

Sull’esempio del fratello Aldo, anche Giovanni Savian sceglie di dedicarsi alla ristorazione e all’attività alberghiera1. Nel lotto di terreno incolto vicino alla foce del Sile acquistato dalla signora Aureliana Dell’Andrea Bianchini, fa costruire - siamo nel 1956 - un semplice fabbricato di due piani per adibirlo a pensione e ristorante. All’inizio le camere sono soltanto quattordici, ma, poiché la richiesta di ospitalità è nel frattempo aumentata, una decina di anni più tardi l’edificio viene sopraelevato e la capienza raddoppia. Sul retro, Savian allestisce anche una sala da ballo, il dancing “Da Giovanni”, che è frequentato

in prevalenza da turisti stranieri e rimarrà aperto per una quindicina di anni. Nel 1975, il ristorante viene ampliato con una terrazza sul Sile da cui si gode una vista incantevole del fiume. Così, per la piacevole posizione, oltre che per l’ottima cucina a base di pesce, il locale diventa rinomato, soprattutto tra i frequentatori trevigiani e padovani del litorale. Allorché, nel 1994, Giovanni Savian viene a mancare, gli subentra nella gestione il figlio Luciano, il quale dopo un paio di anni decide di cedere l’esercizio. I nuovi proprietari mantengono solo il bar a piano terra, ricavando degli appartamenti ai piani superiori.

CAVALLINO

La pensione “Da Giovanni”, La spiaggia, Il faro, La foce del Sile 1959 Formato grande - b/n, Edizioni Sergio De Nadal - Vittorio Veneto, collezione autore 68 1

Notizie ricevute dal figlio Luciano Savian.

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CAVALLINO

Il faro 1953 Formato grande - b/n, Edizioni Santin - Lido di Jesolo, cartolina viaggiata nel 1953 da Jesolo a Conegliano (Treviso), collezione autore

Nella cartolina del faro di Cavallino, risalente ai primi anni del dopoguerra, è ancora possibile vedere, sulla destra, gli acquitrini che ricoprivano l’intera zona circostante. Tutta quest’area, tra la foce del fiume e la spiaggia, viene rilevata nel 1955 da Vincenzo (Nino)

Ballarin1, il quale provvede a bonificare il terreno con la sabbia che circondava le fortificazioni militari. E vi edifica una pensione, con annesso anche un negozio di generi alimentari (n. 70).

CAVALLINO

La pensione “Villa al Mare” 1957 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 11) 70 1

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Notizie ricevute da Renzo Ballarin.


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CAVALLINO

Il campeggio “Villa al Mare” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 790)

A un anno dall’apertura della pensione, nello scoperto che possiedono accanto, i Ballarin iniziano a realizzare, dapprima in maniera un po’ improvvisata, una struttura ricettiva destinata a un modo completamente nuovo di passare le vacanze, praticato quasi esclusivamente da turisti stranieri, il campeggio1. Provvedono, infatti, a recintare con delle arelle il terreno e collocano un piccolo ufficio in legno vicino all’entrata, come si può intravedere nella cartolina (n.71), in cui si legge anche il nome: “Villa al Mare” Dal 1966, in seguito all’acquisizione dei lotti circostanti, i gestori provvedono alla costruzione di nuove infrastrutture e all’ammodernamento di quelle esistenti e così il complesso prende

la forma e le dimensioni attuali. L’immagine successiva (n. 72) ci mostra com’era l’ingresso negli anni Settanta. L’attività appartiene ancora alla famiglia Ballarin che, profondamente legata al proprio territorio e alle sue tradizioni, gestisce con orgoglio e cura il villaggio turistico ed ha ospiti che ritornano regolarmente da più di cinquant’anni, premiando in questo modo la scelta dei titolari di puntare con coerenza su un turismo eco-compatibile, dove la qualità dei servizi e il comfort delle strutture ricettive si integrano con il massimo rispetto per la natura.

CAVALLINO

Il campeggio “Villa al Mare” 1970 Formato grande - a colori, Edizioni S.M. - Lido di Jesolo, cartolina viaggiata nel 1970 da Cavallino a Torino, collezione autore 72 1

Notizie ricevute da Renzo Ballarin.

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CAVALLINO

La pensione e il campeggio “Villa al Mare” 1970 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore

Dal 1972 la famiglia Ballarin, oltre al campeggio “Villa al Mare”, assume la conduzione anche del vicino “San Marco”. La società Etruria di Firenze, che l’ha aperto nel 1967 - insieme al “Florenz” di Jesolo - e amministrato fino ad allora, non ha, infatti, più rinnovato i contratti di

affitto. Per questo i proprietari dei terreni si sono rivolti ai Ballarin. Quest’ultimi rileveranno, infine, il complesso nel 1980.

CAVALLINO

Il campeggio “San Marco” 1960 c. Formato grande - a colori, Edizioni S.M. - Lido di Jesolo, collezione Giuseppe Artesi 74

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CAVALLINO

Veduta panoramica del Litorale dal Faro a Ca’ di Valle 1969 Formato grande - a colori, Edizioni DREI - San Donà di Piave, cartolina viaggiata nel 1969 da Cavallino a Bergamo, collezione autore

La veduta panoramica della spiaggia nella zona del faro mostra, in primo piano, il campeggio “Residence”1. Sorge sui terreni che alcuni imprenditori2 hanno acquistato alla metà degli anni Sessanta, con l’intenzione di avviarvi delle attività turistiche. La società ha in programma lo sviluppo immobiliare dell’area denominata “Faro Valle Dolce”. Il progetto tarda, però, a decollare e di conseguenza si ripiega sulla costruzione di un campeggio che riscontra fin da subito un notevole successo.

Il camping “Residence”3, inaugurato nel 1967, dopo che sono state realizzate le strutture di servizio, i bungalow in muratura, un ristorante e un negozio di alimentari, triplica in pochi anni la sua superficie, dove sono messi a dimora più di 2.000 pini domestici e alberi d’alto fusto. Recentemente rinnovato, il “Residence Village” aderisce al consorzio per la tutela ambientale “Manifesto Qualità Ambiente”, il quale si propone una gestione eco-compatibile dei campeggi e dei villaggi turistici del territorio di Cavallino.

CAVALLINO

Il campeggio “Residence” 1972 Formato grande - a colori, Edizioni Camping “Residence” - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1972 da Cavallino a Lecco, collezione autore 76 1

Lungo la spiaggia è possibile osservare la diga di cemento, costruita dal Consorzio di Bonifica, nel 1952 e rinforzata nel 1955 a seguito della mareggiata dell’inverrno precedente. Consorzio di Bonifica Litorale del Cavallino-Treporti, Monografia p. 12. | 2 Perocchio, Baroni, Pedretti e Macola. 3 Notizie fornite da Roberto Perocchio.

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CAVALLINO

Il Litorale dalla foce del Sile a Cavallino 1975 Formato grande - a colori, Edizioni Rotografica - Padova, cartolina viaggiata nel 1975 da Cavallino a Vicenza, collezione Eugenio Bozzato

La ripresa aerea spazia dalla foce del Sile agli specchi acquei della laguna lontana. Questa parte della penisola di Cavallino, dal corso del fiume fino a Valle Dolce, agli inizi del secolo scorso appartiene a Iones Faifofer1, una signora di origini dalmate, ma residente da tempo a Venezia, dove ha sposato Angelo Dell’Andrea. Alla sua morte, avvenuta nel 1944, le proprietà vengono ereditate dalle figlie della coppia: Aureliana (Augusta) Dell’Andrea sposata Bianchini e Maria Dell’Andrea sposata Cesa-Bianchi. Quando nel dopoguerra entrambe iniziano ad alienare i terreni, a rilevarli sono soprattutto i loro affittuari 2, avvalendosi forse del diritto di prelazione.

Fa eccezione un lotto incolto e paludoso nella zona del faro, che è acquistato da una comunità, le Piccole Suore della Sacra Famiglia3. Le religiose intendono costruirvi una casa per le vacanze dove ospitare le consorelle bisognose di cure marine. Dopo aver fatto bonificare l’area, interrando paludi e fossati con la sabbia delle dune, affidano all’impresa edile Ferraro di Jesolo4 l’incarico di innalzare, vicino all’imbocco di Via F. Baracca, il fabbricato con portico che è inquadrato nella seconda cartolina (n. 78). Dotato anche di una piccola cappella, l’istituto sarà ufficialmente inaugurato il 12 novembre del 1960, alla presenza della madre generale dell’ordine, suor Ifigenia Maria Salandin5.

CAVALLINO

L’istituto “Piccole Suore della Sacra Famiglia” 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione “Piccole Suore della Sacra Famiglia” 78 1

Era figlia di Aureliano e Adele Dian, provenienti dalle Bocche di Cattaro. | 2 Tra le altre, le famiglie dei Bozzato, Longo, Savian, Bergamo, Dalla Mora, Castelli, Padovan,Tonetto, Barbassi, Mian e Chiaranda. La comunità fondata nel 1892 a Castelletto sul Garda (Verona) dai beati Giuseppe Nascimbeni e Maria Domenica Mantovani. | 4 Notizie fornite da Bernardetto Bozzato. 5 Come si legge in un manoscritto conservato nell’archivio dell’Istituto “Beato Giuseppe Nascimbeni” di Cavallino. 3

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CAVALLINO

L’istituto “Piccole Suore della Sacra Famiglia” 1963 Formato grande - b/n, Edizione Favalli - Jesolo, cartolina viaggiata nel 1963 da Cavallino a Migliaro (Ferrara), collezione autore

La comunità religiosa, che nella sua casa per le vacanze offre ospitalità anche a bambini e a famiglie, viste le numerose richieste, già nel 1962, decide di edificare un’altra sede da affiancare alla prima. Come è possibile vedere, il nuovo stabile si innalza per cinque piani, ha una grande terrazza panoramica sul tetto e il prospetto nord decorato da un mosaico raffigurante la Sacra Famiglia. È inoltre circondato da un vasto scoperto che si trasformerà nel tempo in un magnifico parco, grazie alla piantumazione di molti alberi d’alto fusto.

Destinato ad accogliere i bimbi delle colonie estive, ma anche adulti, come si diceva, l’istituto, nel mese di agosto del 1987, riceve la benedizione dell’allora patriarca di Venezia Marco Cé. Risale invece agli anni Novanta la nuova chiesa eretta, su un disegno dell’architetto Alessandro Bianchi di Verona, dall’impresa edile di Bernardetto Bozzato di Cavallino1. Negli ultimi tempi la casa per le ferie circondata dal verde, con il bel viale alberato che porta direttamente alla spiaggia, è aperta tutto l’anno per quanti desiderano ritemprarvi lo spirito oltre che il corpo.

CAVALLINO

L’istituto “Piccole Suore della Sacra Famiglia” 1965 Formato grande - b/n, Edizioni “Piccole Suore della Sacra Famiglia”, cartolina viaggiata nel 1965 da Cavallino a Ferrara, collezione autore 80 1

Notizie fornite da Bernardetto Bozzato.

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CAVALLINO

La pensione “Rosa” 1965 c. Formato grande - b/n, Editore Beppino Gnocato - Silea (Treviso), collezione autore

Solo la bimba abbassa gli occhi con ritrosia in questo scatto che riprende - lungo Via F. Baracca - il semplice edificio, nello stile tipico degli anni Sessanta, della pensione “Rosa”. Il locale si chiama così in omaggio alla signora Rosa Vianello, la moglie del proprietario Aldo Tonetto1 e ha aperto i battenti il 10 agosto del 1963, caratterizzandosi fin da subito per un’atmosfera

familiare e tranquilla. Forse anche per questo nel recente passato è stata scelta per ospitare le squadre di calcio giovanili della nazionale russa impegnate in partite amichevoli in Italia. A distanza di mezzo secolo, l’albergo appartiene ancora alla stessa famiglia, che prosegue l’attività con la sua terza generazione, cercando di offrire ai clienti lo stesso comfort di sempre.

CAVALLINO

Il faro, La pensione “Rosa”, Il campeggio “Villa al Mare”, Scene di pesca 1965 c. Formato grande - b/n, Editore Beppino Gnocato - Silea (Treviso), collezione Flavio Tonetto 82 1

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La signora Rosa ha avuto una lunga vita: si è spenta a novantasei anni nel 2011. Notizie fornite da Giuliano e Flavio Tonetto.


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CAVALLINO

Il campeggio “Silva” 1967 c. Formato grande - 15x10 b/n, Edizioni Camping “Silva” - Cavallino, collezione autore

Direkt am Meer, proprio sul mare, si legge nell’insegna. È esattamente questa l’attrattiva maggiore delle vacanze trascorse sotto una tenda montata vicino alla spiaggia: la possibilità di vivere alcuni giorni immersi nella natura, di addormentarsi al rumore delle onde, di vestirsi in modo informale, liberi da convenzioni e costrizioni. Quanto al campeggio “Silva”1, sappiamo che viene aperto nel 1965 da Gino Cosma, un imprenditore mestrino molto conosciuto nella sua città natale per aver tenuto a lungo il Totobar di piazza Barche. Cosma in realtà si era trasferito nel Litorale già un paio di anni prima e in quel periodo aveva condotto il camping “Villa al Mare”. Poi, però, ha deciso di mettersi in

proprio, assicurandosi un terreno in parte ancora dunoso e solcato da fossati2, nella zona tra Via F. Baracca e il mare. È questa l’area nella quale, dopo una necessaria sistemazione, ha allestito il nuovo campeggio, che ha dedicato alla figlia Silva, scomparsa da poco a causa di un tragico incidente stradale. Immerso nel verde del parco turistico di Cavallino-Treporti, luogo ideale per una vacanza serena e confortevole, il campeggio “Silva” appartiene tuttora alla famiglia Cosma, ed è oggi amministrato da Renzo, figlio di Gino, e dal nipote Francesco.

CAVALLINO

Il campeggio “Silva” 1970 c. Formato grande - a colori, Edizioni Camping “Silva” - Cavallino, collezione Camping ”Silva” 84 1 2

Notizie fornite da Renzo e Francesco Cosma. La bonifica in quella zona era stata effettuata in parte dalla famiglia Schiavon.

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CAVALLINO

Il campeggio “Continental” 1968 Formato grande - a colori, Edizioni Litografia Adriatica - Musile di Piave, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Cavallino a Venaria (Torino), collezione autore Il campeggio “Continental” sorge nel 1966 su terreni di recente bonifica. L’area, denominata “Faro Valle Dolce”, sarebbe in realtà destinata all’edificazione di una serie di condomini, ma il progetto già approvato dal Comune di Venezia in risposta alla grande richiesta di seconde case, risulta troppo controverso e non viene realizzato. Si ripiega così per una diversa utilizzazione dei suoli. Il “Continental”, amministrato per diversi anni dalla famiglia Rado di Jesolo, ha inizialmente servizi molto semplici: l’ufficio allestito in una piccola costruzione di legno, impianti igienici spartani. Nel corso del tempo viene ristrutturato e dotato anche di un bar e di un negozio di alimentari. Negli anni Novanta la sua conduzione passa alla famiglia Macola che attua significative trasformazioni: ingloba l’adiacente piccolo campeggio “Gemini Garden”, rinnova completamente le varie strutture, ne cambia anche il nome. Ora il “Sant’Angelo Village” è un complesso turistico di prestigio, tranquillo e protetto, adatto soprattutto alle famiglie con bambini.

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~ Cavallino Ca’ di Valle ~

Album Cartoline

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CA’ DI VALLE

Ca’ di Valle e il campeggio “Joker” 1963 Formato grande - acquerellata, Edizioni Fratelli Dalla Mora - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1963 da Cavallino a Cervignano (Udine), collezione autore

È già stato ricordato in più schede come, agli inizi del Novecento, a Ca’ di Valle ci fosse una distesa acquitrinosa. Era dovuta al ristagno dell’acqua piovana ma anche al fatto che, durante le mareggiate, attraverso un varco chiamato la Rotta1 si verificavano degli allagamenti. In quel tratto della spiaggia, infatti, le dune erano poco consistenti e non riuscivano a fermare le onde sollevate dallo scirocco. Per questo, in seguito alla costruzione di Via Fausta, era stata eretta anche una diga a protezione della strada e di tutta la zona a nord dell’arteria. In questa veduta aerea degli anni Sessanta, è possibile scorgere sullo sfondo l’area rimasta paludosa, dove nei primi anni Cinquanta era stata tentata - senza molto successo - la realizzazione di una salina, in seguito completamente bonificata per iniziativa di Volpato e Silvestri. Oltre al campeggio “Joker”, nell’immagine risalta la curva di Via Fausta con il baracchino di Lino Bozzato, la torre telemetrica e la strada che conduce al mare con il chiosco sulla spiaggia di Pierina Scarpa.

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Bozzato, Busarello, Santostefano, Cavallino-Treporti. Atlante delle trasformazioni, p. 88.


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CA’ DI VALLE

Il campeggio “Joker” 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Monaco di Baviera (Germania), collezione autore

Quando, nel 1952, Mario Vedovato - considerato un pioniere in Italia nel settore del turismo all’aria aperta - realizza a Mestre il campeggio “Gondola”, ci sono ancora molte perplessità e scetticismo su questo modo di far vacanza, così insolito nel nostro Paese. Lui, invece, ne intuisce il futuro e realizza anche il “Villa Tivan” sul Terraglio e l’”Ira” a Marocco di Mestre, punti di sosta ideali per gli escursionisti che provengono da tutta Europa per visitare Venezia.

L’imprenditore ha dunque una buona esperienza allorché, quattro anni più tardi, arriva a Ca’ di Valle1 per avviarvi un nuovo complesso turistico. Acquistato un pezzo di terreno tra Via Fausta e il mare, provvede alla sua sistemazione, spianando le dune e colmando le bassure, mette a dimora decine di pioppi, effettua l’allacciamento con la rete idrica, costruisce i servizi igienici, un piccolo ufficio e i primi bungalow. Nasce così il camping “Joker”, uno dei primi di Cavallino-Treporti.

CA’ DI VALLE

Il campeggio “Joker” 1961 Formato grande - b/n, Fotocelere - Torino, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1961 da Cavallino a Lindau (Germania), collezione autore 88 1

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Lucchetta, A tu per tu con la mia gente, p. 112.


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CA’ DI VALLE

Il campeggio “Joker” 1963 Formato grande - a colori, Editore Favalli - Jesolo, cartolina viaggiata nel 1963 da Cavallino a Migliaro (Ferrara), collezione autore

L’esempio del “Joker”, com’è ben noto, non tarda ad essere seguito e di lì a poco i campeggi si moltiplicano lungo il litorale. Per coordinarne l’attività, Vedovato promuove allora la fondazione dell’Assocamping che riunisce tutti i proprietari e i gestori delle strutture all’aria aperta1. Condotto oggi dagli eredi dell’imprenditore, il “Village Camping Joker” si è completamente

rinnovato nel corso degli anni, mentre cespugli e alberi sono cresciuti, trasformandosi in una vegetazione rigogliosa. Completo di bar, ristorante, supermercato, rivendita di giornali, spazi attrezzati per le attività ricreative, è diventato un parco vacanze a quattro stelle.

CA’ DI VALLE

Il campeggio “Joker” 1964 Formato grande - b/n, Fotocelere - Torino, Editore Tonon - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1964 da Cavallino a Trieste, collezione Eugenio Bozzato 90 1 È l’ottobre del 1967 e, oltre a Mario Vedovato, aderiscono all’associazione: Giovanni Pietro Traldi, Vittorio Vianello, Erminio Nardin, Alfredo Zanella, Mario Italo Serafini, Alfredo Dal Pozzo, Alessandro Perocchio, Angelo Macola, Ignazio Vok e Romano Ballarin.

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CA’ DI VALLE

Il campeggio “Europa” 1966 Formato grande - a colori, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata nel 1966 da Cavallino a Ronchi dei Legionari (Gorizia), collezione autore

Nei primi anni del dopoguerra, la zona in cui è stato costruito il campeggio “Europa” è ancora acquitrinosa e malsana. Il proprietario, Volpato1, per bonificarla, utilizza migliaia di metri cubi di sabbia, molti dei quali provengono dalle dune che circondano le fortificazioni militari. Forse è proprio in pagamento di tale materiale che l’uomo cede il lotto dove, dal 1958, in maniera un po’ improvvisata viene allestito un campeggio, dotato di un singolo gruppo di servizi igienici. La società che lo rileva successivamente, la SITI, prima di riaprirne i battenti nel 1962,

provvede dunque a rifare i bagni e costruisce anche un piccolo ristorante. In seguito, poiché l’afflusso dei turisti si fa sempre maggiore, i gestori allargano il complesso verso est, aprendo un varco e utilizzando anche il terreno adiacente. Nel 1986 nella conduzione del campeggio subentra la società Camping Europa Cavallino S.r.l., e la struttura ricettiva si arricchisce di un supermercato, un ristorante con un’ampia terrazza sulla spiaggia, alcuni bungalow e una serie di caravan. Oggi l’”Europa Camping Village”, grazie alla modernità degli impianti, può vantare di aver conseguito la “Gestione Ambientale Certificata”2.

CA’ DI VALLE

Il campeggio “Europa” 1970 Formato grande - a colori, Edizioni Grafiche Biodetti - Verona, cartolina viaggiata nel 1970 da Cavallino a Roma, collezione autore 92 1

Notizie ricevute dalla direzione del campeggio “Europa”. Viene data dall’EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), uno strumento volontario creato dalla Comunità Europea al quale possono aderire volontariamente le aziende, gli enti pubblici, ecc. per ottenere una valutazione e migliorare le proprie prestazioni e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale. 2

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CA’ DI VALLE

La pensione “Ca’ di Valle” 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, Stampa Fototipia Berretta -Terni, collezione autore

La pensione “Ca’ di Valle”, della famiglia Castelli1, inizia la sua attività nel 1957. Deve il nome alla località in cui si trova, alle valli un tempo presenti nella zona. Alla data in cui apre i battenti, è l’unico edificio in muratura costruito a sud di Via Fausta, un’area non ancora raggiunta dall’acquedotto né allacciata alla rete elettrica. Rappresenta, in altre parole, uno degli esempi concreti di come la gente della nostra zona, intuendone le potenzialità e la vocazione futura, non si sia fatta scoraggiare dalle difficoltà nel cercare di raggiungere i propri obiettivi.

Per l’approvvigionamento idrico, ad esempio, i titolari della locanda si avvalgono di Vincenzo Bortoluzzi, che quotidianamente trasporta a dorso d’asino grosse cisterne d’acqua attinta dalla fontana della piazza di Cavallino; all’energia elettrica provvede invece un generatore. In questo modo sono assicurati i servizi necessari alla gestione di una ventina di camere, del bar e del ristorante annessi. L’accesso alla spiaggia è garantito da una strada sterrata - diventata ora corso Italia - che si snoda attraverso le dune dell’arenile.

CA’ DI VALLE

Le pensioni “Al Cavallino Bianco” e “Ca’ Di Valle” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione autore 94 1

Notizie fornite da Claudio Castelli.

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Gli alberghi sulla Via Fausta 1962 Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, Fototipia Berretta - Terni, cartolina viaggiata nel 1962 da Cavallino a Muggia (Trieste), collezione autore

Negli anni successivi all’impresa pionieristica dei Castelli, l’interesse per le spiagge del Litorale cresce sempre di più1 e tutta l’area di Ca’ di Valle compresa tra Via Fausta e il mare è risanata e allacciata alle reti dell’acqua potabile e dell’energia elettrica2. Nella zona in questo modo riqualificata sorgono nuove strutture ricettive: una delle prime è la pensione “Al Cavallino Bianco”, edificata proprio di fronte alla locanda “Ca’ di Valle”, di cui riprende le semplici linee. L’opera si deve all’iniziativa di Galileo Baldan e Bianca Feltani, che cominciano ad ospitare i primi villeggianti nell’estate del 1959.

A più di cinquant’anni di distanza, l’albergo ha acquistato un aspetto diverso in seguito ai successivi interventi di ampliamento e ammodernamento, ma appartiene ancora alla stessa famiglia, essendo ora amministrato da Paolo, il figlio di Galileo Baldan. Nelle riproduzioni di questa pagina, risalenti agli anni Sessanta, si nota come nei pressi delle due pensioni ci siano già altri stabili, oltre a un distributore di benzina. Il proprietario dell’impianto era Egidio Teso, ma l’uomo ne aveva affidata la gestione agli Schiavetto, i quali avevano casa nelle vicinanze.

CA’ DI VALLE

La pensione “Al Cavallino Bianco” 1967 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago -Venezia, cartolina viaggiata nel 1967 da Cavallino a Torino, collezione autore 96 1 2

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Più di 500 ettari di terreni risultavano acquistati da grandi gruppi finanziari nella speranza che il Litorale di Cavallino diventasse una nuova Jesolo. Soprattutto ad opera degli imprenditori Gusso, Didin e Farina.


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CA’ DI VALLE

L’hotel “Sole” 1962 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 771)

Lo sviluppo edilizio comincia a interessare anche il territorio di Ca’ di Valle che si estende a nord di Via Fausta, quando la famiglia Borghesi avvia la lottizzazione e l’alienazione dei propri terreni agli inizi degli anni Sessanta. È in uno di questi lotti, proprio all’incrocio dell’arteria principale con il nuovo tracciato destinato a diventare corso Europa, che la famiglia Donadon costruisce l’hotel “Sole”, come si può

osservare nella prima cartolina. Poi diventato “Solemare”, l’albergo cambierà successivamente anche la destinazione d’uso, trasformandosi in un residence con un ristorante-pizzeria nei locali a piano terra. La seconda veduta (n. 98) inquadra tutte e tre le strutture ricettive attorno alle quali si è costituito il primo nucleo della località balneare di Ca’ di Valle.

CA’ DI VALLE

Corso Italia 1965 c. Formato grande - b/n, Editore Tonon - Cavallino, collezione autore 98

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CA’ DI VALLE

L’istituto “Maria Assunta” 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3070), cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Vicenza, collezione autore

Prima delle Piccole Suore della Sacra Famiglia1, un’altra comunità religiosa ha già scelto Cavallino-Treporti per costruirvi una propria sede: si tratta delle Suore Dorotee di Vicenza. Il loro istituto, intitolato a “Maria Assunta”, ha avuto il privilegio di essere ufficialmente inaugurato il 30 giugno del 1957 dal Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII2. La Fiat 600 non lascia dubbi sull’autore delle fotografie che ne mostrano l’entrata e poi il grande edificio illuminato dal sole, ma stranamente deserto e silenzioso, da cui si protende l’aula della cappella decorata dalle lunghe vetrate e con il campaniletto a vela sul tetto.

L’istituto, in grado di accogliere fino a un centinaio di ragazzine, in genere provenienti dalla provincia di Vicenza, insieme a una trentina di consorelle insegnanti, prosegue la sua attività medico-pedagogica per quasi vent’anni. Poi si trasforma in scuola materna e colonia marina per i bambini residenti nel comune; infine, è ceduto - al termine degli anni Novanta - alla Diocesi di Venezia. Quest’ultima, attuando un progetto ambizioso voluto dal patriarca Marco Cè, lo trasforma in una moderna e accogliente casa per le vacanze, una vera oasi di pace aperta a tutti, ma in particolar modo alle famiglie3.

CA’ DI VALLE

L’istituto “Maria Assunta” 1969 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3056), cartolina viaggiata nel 1969 da Cavallino a Piacenza, collezione autore 100 1

Cfr. p. 94. Notizie ricevute dalla Casa Madre della congregazione religiosa, che ha sede a Vicenza. 3 Notizie fornite da Manfredo Zanetti direttore della casa per ferie “Maria Assunta” di Cavallino. 2

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CA’ DI VALLE

L’istituto “Regina Mundi” 1960 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 3081), cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Pordenone, collezione autore

Le suore nella candida veste estiva che la cartolina ritrae sulla spiaggia di Ca’ di Valle, insieme a un gruppo di ragazzine, appartengono alla comunità delle Francescane Elisabettine di Padova1. Fin dal 1955, la loro congregazione ha comprato nella zona di Ca’ di Valle un appezzamento di circa tredici ettari, sul quale ci sono già quattro fabbricati di legno, per organizzarvi una colonia marina. Qui, dopo qualche aggiustamento, dal 31 maggio dello stesso anno, hanno cominciato ad ospitare bambini provenienti soprattutto dalla provincia di Padova. Al piccolo complesso la madre generale dell’ordine ha dato il nome di “Regina Mundi” perché ha iniziato la sua attività nel giorno dedicato alla Vergine Maria “Regina del Mondo”.

Nel 1960, l’istituto amplia la sua capienza in seguito alla costruzione, accanto all’ingresso, di una villetta in muratura destinata alle consorelle bisognose di un soggiorno al mare. Quando poi l’alluvione del 1966 spazza via i prefabbricati sulla spiaggia, le religiose avviano la progettazione e la realizzazione - a partire dal 1972 - dell’attuale grande edificio, nelle cui tre ali, oltre ai bambini e alle suore, si iniziano ad accogliere intere famiglie. L’inaugurazione avviene nel 1975, alla presenza dell’allora Patriarca di Venezia, il cardinale Albino Luciani, poi divenuto papa con il nome di Giovanni Paolo I.

CA’ DI VALLE

L’istituto “Regina Mundi” 1961 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 4123) cartolina viaggiata nel 1961 da Cavallino a Trieste, collezione autore 102 1

Notizie tratte da una Monografia dattiloscritta, stilata dalla Madre Provinciale della congregazione negli anni 1977-78.

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CAVALLINO

Il campeggio “NSU” 1957 Formato grande - a colori, Editore Camping “NSU” - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1957 da Cavallino a Leibnitz (Austria), collezione autore

Si è già detto come negli anni Cinquanta ci volesse un grande intuito e una buona dose di coraggio per prevedere i clamorosi sviluppi di un nuovo e inconsueto modo di villeggiare, il campeggio, e investirvi dei capitali. Queste doti evidentemente non mancano all’ingegner Angelo Macola e a Ignazio Vok senior se, già nel 1955, scegliendo il verde Litorale di Cavallino, a due passi da Venezia, decidono di realizzare quella che viene considerata la prima struttura ricettiva all’aria aperta dell’intera costa adriatica1. I due imprenditori chiamano il loro camping “NSU” perché sono fra i più importanti concessionari

in Italia del celebre marchio2, ed è stato proprio pensando ai proprietari dei veicoli prodotti dalla fabbrica tedesca, e ai suoi operai3, che hanno avuto l’idea del campeggio, quale destinazione ideale dove trascorrere una vacanza economica vicino alla città più bella del mondo. La prima veduta a volo d’uccello mostra l’”NSU” a pochi anni dalla sua apertura, con l’aspetto di una piccola tendopoli, le piazzole ancora spoglie, i pochi alberelli appena messi a dimora, separata dall’arenile da una duna.

CAVALLINO

Il campeggio “NSU” con la grande terrazza a mare 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 1991) 104 1

Notizie ricevute dal dottor Alessandro Sgaravatti dell’”Union Lido Park & Resort”. Lucchetta, A tu per tu con la mia gente, pp. 111e 112. 3 Nei primi anni i proprietari di veicoli NSU e i dipendenti della fabbrica di Neckarsulm avevano uno sconto speciale. 2

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CAVALLINO

La spiaggia del campeggio “NSU” 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Camping “NSU” - Cavallino, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Cavallino a Köln (Germania), collezione autore

Con il passare degli anni, l’”NSU” diventerà uno dei campeggi più esclusivi e rinomati d’Europa ma, quando iniziano i lavori nel maggio del 1955, quella di Macola e Vok sembra davvero un’avventura pionieristica. Si devono sistemare i terreni, colmando gli avvallamenti, vanno piantate centinaia e centinaia di pioppi; è necessario approntare i locali di servizio: una portineria, un bar, uno spaccio di alimentari, una rivendita di giornali. Seguono, a distanza di un po’ di tempo, l’erogazione di acqua calda 24 ore su 24, il primo ristorante con una terrazza sul mare, una postazione di pronto soccorso1. Viene edificato anche un hotel - per i clienti abituati ad un modo più convenzionale di passare le vacanze - con ottanta camere vista sul

mare. Allorché la drammatica alluvione del 1966 lo danneggia, allaga e distrugge numerosi impianti, l’intero villaggio è rinnovato: sono realizzati nuovi bungalow in muratura e, per gli sportivi, un centro con campi da calcio e da tennis e un sentiero dove praticare l’equitazione. Alla metà degli anni Settanta, l’”NSU” cambia nome, diventando “Union Lido”, e si dota di nuovi contenuti, tra i quali c’è il “percorso vita”, uno dei primi in Italia. Intanto la superficie complessiva arriva a superare i cinquanta ettari.

CAVALLINO

Il campeggio “NSU” 1963 Formato grande - b/n, Editore Camping “NSU” - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1963 da Cavallino a Lanciano (Chieti), collezione autore 106 1

Union Lido: 50 anni di vacanze insieme, Cavallino-Treporti (Ve) 2005.

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CAVALLINO

Il campeggio “NSU” 1964 Formato grande - b/n, Editore Camping “NSU” - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1964 da Cavallino a Berlino, collezione autore

La storia recente dell’”Union Lido” è quella di un villaggio per le vacanze che continua ad arricchirsi di sempre nuove attrattive, moltiplicando gli spazi ricettivi e quelli attrezzati per la ricreazione. Nel 1990 si inaugura l’”Aqua Park Mare”, primo esempio di parco acquatico in Europa, e poi, in rapida successione, la “Conference Hall”, una serie di villini, altri bungalow. Nel 2005 l’”Union Lido” festeggia i cinquant’anni di attività e diventa l’”Union Lido Park & Resort”1. Per l’occasione sono realizzati l’”Aqua Park Laguna”, uno specchio d’acqua di mille metri quadrati con il

fondale di sabbia bianchissima, e il “Marino Wellness Club”, un centro benessere con vista sul mare e percorso di talassoterapia. Per soddisfare le esigenze degli ospiti, si diversificano le tipologie residenziali: le migliori sistemazioni sono offerte da caravan che consentono di vivere nella natura senza rinunciare al massimo comfort, e da tende arredate in stile coloniale. Il complesso è così in grado di soddisfare qualsiasi desiderio di vacanza all’aria aperta: l’offerta complessiva supera le 270 unità abitative, e molte di queste sono praticabili anche da persone con disabilità. L’”Union Lido”, infatti, è il primo in Italia ad aver effettuato uno screening completo nell’intento di offrire servizi d’eccellenza. Aderisce inoltre al network “Village for All”, riconosciuto dal Ministero del Turismo, quale prima realtà nel settore open air per l’accessibilità delle strutture. Interessante notare nella cartolina della spiaggia (n. 108) il grande cartello che avverte come l’area sia data in concessione a Vok e Macola e riservata ai soli campeggiatori.

CAVALLINO LIDO

La spiaggia del campeggio “NSU” 1966 Formato grande - b/n, Editore Camping “NSU” - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1966 da Cavallino a Fürth (Germania), collezione autore 108 1

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Notizie ricevute dal dottor Alessandro Sgaravatti dell’”Union Lido Park & Resort”.


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~ Ca’ Ballarin ~

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CA’ BALLARIN

Via Fausta 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Sergio Vianello - Ca’ Ballarin, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione Davide Vianello ed Eugenia Bozzato

Il formarsi del nucleo urbano di Ca’ Ballarin, com’è già stato raccontato1, è legato alle vicende della famiglia Vianello, del capostipite Guerrino che era il proprietario di quasi tutti i terreni su cui sorge l’abitato e dei figli che hanno saputo continuare la sua opera2. Le vedute di questa pagina e delle pagine seguenti sono quelle commissionate ai fotografi Ilario Zago e Beppino Gnocato da Sergio Vianello, che ne è l’editore. Riprendono la sua trattoria con

alloggi, il negozio di alimentari, la macelleria, il distributore di benzina3, rispettivamente gestiti da Cochi, Gaetano e Adone Vianello. Realizzate soprattutto per far conoscere e reclamizzare un luogo dove è possibile pranzare, soggiornare, usufruire di servizi diversi, si sono ora trasformate in altrettanti documenti utili a ricostruire la storia locale.

CA’ BALLARIN

Via Fausta 1960 c. Formato grande -b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 1356) 110 1

Cfr. p. 34. Notizie ricevute da Eugenia Bozzato, moglie di Sergio Vianello. 3 L’impianto, gestito da Schiavetto, viene poi acquistato da Severino Costantini che lo dà in conduzione e Lidiano Pizziol. 2

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CA’ BALLARIN

Il ristorante “da Vianello” 1960 c. Formato grande -b/n, Editore Sergio Vianello - Ca’ Ballarin, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione Davide Vianello ed Eugenia Bozzato

L’afflusso dei villeggianti verso le spiagge di Cavallino aumenta negli anni Sessanta, e i termini stranieri scritti sulla cartolina, o le targhe delle automobili, sono altrettanti segni inequivocabili di come in buona parte siano di lingua tedesca. A fronte del moltiplicarsi della domanda di ospitalità, le casette ad un piano, i piccoli ambienti tirati su in economia nel decennio precedente non sono più sufficienti. Sorgono nuove costruzioni, si ingrandiscono le vecchie; anche lo stabile che ospita la trattoria dei Vianello è prolungato, sfruttando lo spazio di un campo da bocce.

Nella nuova ala Sergio Andreon apre un piccolo bazar con rivendita di giornali e trova spazio anche un panificio e il negozio di parrucchiere di Sisto Padovan, più tardi trasferito nella casa costruita accanto1. Per la sua posizione a metà strada tra il ponte sul Sile e Punta Sabbioni, la località diventa un naturale punto di riferimento e di sosta per i turisti, mentre il precedente toponimo Settecasoni2 è soppiantato dal nome di Ca’ Ballarin.

CA’ BALLARIN

Il ristorante “da Vianello” 1960 c. Formato grande -b/n, Editore Sergio Vianello - Ca’ Ballarin, Foto e stampa Zago - Venezia, collezione Davide Vianello ed Eugenia Bozzato 112 1 2

Il negozio chiuderà nel 2008 con la morte del titolare. Che comunque si riferiva alla parte più interna della zona, quella verso la laguna.

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CA’ BALLARIN

Laterale di Via Fausta 1962 Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 1369)

Le insegne in lingua tedesca si moltiplicano, sostituiscono quelle in italiano, così il parrucchiere per signora è indicato dalla scritta Damen Friseur, la presenza di un ristorante da quella che recita Gasthaus. Il Fernando che segnala la propria trattoria addirittura con due cartelli, perché è un po’ defilata in una stradina laterale, è Fernando Marinello1. Appartiene a una famiglia originaria di Passerella di Sopra, ma è nato a Jesolo (nel 1932), dove ha imparato il mestiere del fornaio. Ha appena ventitré anni quando inizia a lavorare stagionalmente nelle località del Litorale, dapprima nel panificio di Bergamo a Ca’ Savio e poi in quello di Gaetano Vianello a

Ca’ Ballarin. Il lavoro notturno, però, gli pesa e per questo, nel 1959, assume la gestione del bar di Sergio Vianello, dove conosce Danila Peron, che diventerà sua moglie. Nel 1962 finalmente si mette in proprio, aprendo, dietro il distributore, il ristorante “Bei Fernando”, in un fabbricato molto semplice, a un piano, con una terrazza coperta da arelle, ma ben 250 posti a sedere. Il locale, che nel tempo sarà sopraelevato e dato in conduzione ad altri, continuerà la sua attività fino al 2001, quando verrà completamente ristrutturato e diviso in appartamenti.

CA’ BALLARIN

La spiaggia 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST- Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 791) 114 1

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Notizie fornite da Fernando Marinello.


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CA’ BALLARIN

Il “Giuliana motel” 1963 Formato grande - b/n, Editore Andreon - Cavallino, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata nel 1963 da Cavallino a St. Gilles (Belgio), collezione autore

Il litorale di Cavallino-Treporti rappresenta, agli inizi, soprattutto una spiaggia libera e di facile accesso per i residenti e per i pendolari del sole provenienti dalle cittadine dell’entroterra. Si tratta di un turismo familiare, alla “mordi e fuggi”, che non porta molta ricchezza, mentre dissemina di ombrelloni e sedie a sdraio l’intero arenile. Eppure molti, come abbiamo più volte rilevato, riescono ad andare oltre, intuiscono le grandi potenzialità del territorio e, agendo come un volano, sanno cogliere le opportunità offerte dal luogo e dal periodo storico - quello del “miracolo economico” - e, insieme, promuovono con i loro investimenti e il loro lavoro lo sviluppo turistico della zona. Quanto a Ca’ Ballarin, questo merito va riconosciuto anche a Sergio Andreon e a sua moglie Giuliana Marzenta che, gestendo alcuni negozi all’interno del

campeggio “NSU”, capiscono subito quali sono le esigenze di chi pratica un modo così libero e naturale di trascorrere le vacanze. Nella primavera del 1961, inaugurano il “Giuliana motel” formato da alcuni bungalow con patio, piazzole riservate alle roulotte e alle tende, completo di servizi igienici, spaccio di generi alimentari e un ristorante-pizzeria: il tutto distribuito su un’area di oltre sei mila metri quadrati, scanditi da filari di pioppi1. La storia seguente è quella che vede i titolari impegnati a migliorare la loro offerta per stare al passo con i tempi2. Il “Giuliana bungalow” non fa eccezione, e continua a mantenere uno standard molto alto, fino a quando, nel dicembre del 2000, il villaggio cessa la sua attività per trasformarsi in un complesso residenziale.

CA’ BALLARIN

Il “Giuliana bungalow” 1970 c. Formato grande - acquerellata, Editore Andreon - Cavallino, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Cavallino a Graz (Austria), collezione autore 116 1 2

Notizie fornite da Roberto Andreon. Nel 1970 i bungalow sono saliti a 43; dal 1980 sono tutti dotati di bagno e cucina separata.

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Trm Cartoline Epoca 2014 Libro 22/07/2014 16:12 Pagina 118

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CA’ BALLARIN

Il Villaggio “San Paolo” 1960 Formato grande - b/n, Editore ODAR, Foto De Santi - Belluno, cartolina viaggiata nel 1960 da Cavallino a Belluno, collezione autore

È già stato raccontato come, nel primo decennio del dopoguerra, i bambini bisognosi di cure elioterapiche, spesso provenienti da località montane, fossero ospitati nelle scuole comunali del paese, prima che enti e comunità si provvedessero di sedi più adeguate. Alla fine degli anni Cinquanta, anche le diocesi di Belluno e Feltre, le quali da tempo inviavano i loro piccoli a trascorrere le vacanze estive sulle nostre spiagge, prendono la decisione di aprire una nuova struttura: ha questa origine il Villaggio “San Paolo”1. Ottenuta in concessione l’area del forte militare “Carlo Alberto Radaelli”2, nel 1958 si avviano

i lavori e già nel 1961 un padiglione, nonostante sia ancora incompiuto, può accogliere i primi ragazzini, mentre la cucina e il refettorio sono approntati presso le vecchie casematte, in locali di fortuna. L’anno dopo è ultimato il secondo padiglione, quello della colonia di Feltre, con gli uffici della direzione, la sala per la ricreazione e la cappella. Nel 1963-64, sotto la spinta, come vedremo, di una nuova forte motivazione, è completato l’edificio più grande, destinato ad accogliere i bambini di Belluno.

CA’ BALLARIN

Il Villaggio “San Paolo” 1965 Formato grande - a colori, Editore ODAR - Belluno, cartolina viaggiata nel 1965 da Cavallino a Belluno 118 1

Opera Diocesana Assistenza Religiosa (ODAR), 50 anni di Villaggio San Paolo, Belluno 2012. Una batteria militare costruita nel 1909-14 e dismessa nel 1946, al termine della seconda guerra mondiale. Cfr. Sulla fortificazione del Litorale: F. Lazzarini, C.A. Clerici, Gli artigli del Leon. La batteria Amalfi e le fortificazioni costiere di Venezia nelle due guerre mondiali, Parma 1977. 2

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Trm Cartoline Epoca 2014 Libro 21/07/2014 17:36 Pagina 119

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CA’ BALLARIN

Il Villaggio “San Paolo” 1965 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 6039)

L’urgenza di ultimare i lavori è conseguente alla tragedia del Vajont: è nel villaggio che si vogliono accogliere i bambini superstiti. Per la raccolta dei fondi necessari, inizia quasi una gara di solidarietà; e poiché tra i donatori c’è anche Paolo VI, da pochi mesi salito al soglio pontificio, la colonia è intitolata a “San Paolo”. Con il passare del tempo, il complesso si amplia e si arricchisce di nuovi ambienti: dall’esigenza di ospitare con i ragazzini anche le loro famiglie, nasce l’idea del villaggio e si costruiscono delle villette, alcune delle quali progettate per avere la massima accessibilità. In grande anticipo

sui tempi, la comunità ha, infatti, cominciato a sviluppare un’attenzione particolare nei confronti delle persone disabili1. Per questo, quando nel 1975 è innalzata la chiesa, che ricorda nelle sue semplici forme una barca rovesciata o, vista dall’alto, un aquilone, l’edificio religioso è simbolicamente privo di porte e di altre barriere architettoniche. La responsabilità di dirigere il Villaggio “San Paolo” spetta attualmente all’ingegner Paolo Santesso, ma è doveroso ricordare anche i nomi dei suoi predecessori, che sono stati don Luigi de Lotto, don Aldo Belli e don Claudio Sacco.

CA’ BALLARIN

Il Villaggio “San Paolo” 1965 Formato grande - b/n, Editore ODAR, cartolina viaggiata nel 1965 da Ca’ Savio a Belluno, collezione autore 120 1

ODAR, 50 anni di Villaggio San Paolo.

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CA’ BALLARIN

Il campeggio “Germania” 1961 Formato grande - b/n, Editore Camping “Germania” - Cavallino, collezione Camping “Vela Blu”

Il campeggio “Germania”, qui in una veduta aerea, ha una storia molto simile a quelle finora ricostruite. Storie in cui i protagonisti non si lasciano certo scoraggiare dalle difficoltà e, investendo soldi e lavoro, si imbarcano in progetti che sembrano più delle imprese. Apre i battenti nel 1960, ha servizi essenziali: l’ufficio sistemato in un piccolo prefabbricato, l’acqua per bagni e fontanelle attinta da un pozzo artesiano, l’energia elettrica fornita da un generatore. Il terreno su cui è situato, confinante con l’area del forte “Radaelli”, era cosparso di piccoli avvallamenti, dove ristagnava l’acqua piovana e quella marina penetrata durante le mareggiate. Per questo, Giovanni Pietro Traldi, l’imprenditore trevigiano che ha avuto il lotto in concessione dal Demanio, ha dovuto farlo sistemare, livellando il suolo, incrementando

l’alberatura, innalzando un argine di protezione fronte mare1. L’affermarsi del turismo all’aria aperta, però, ripaga il tempo e le energie impiegate, fornisce i fondi e gli incentivi per i successivi continui miglioramenti della struttura. Anche Via Radaelli, nei primi tempi ancora sterrata, è ampliata e asfaltata nel 1965 a spese di Traldi, il quale, va ricordato, è stato uno dei soci fondatori dell’Assocamping2. Più recentemente il complesso cambia nome, diventa il “Vela Blu”. Poi, nel 2000, è rilevato dalla famiglia Granzotto, che lo ristruttura ulteriormente e lo arricchisce di un parco acquatico, ottenendo la certificazione ISO14001.

CA’ BALLARIN

Il campeggio “Germania” 1969 Formato grande - a colori, Editore Ritondello Trevisan - Cavallino, cartolina viaggiata nel 1969 da Treporti a Trento, collezione autore 122 1 2

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Notizie ricavate dalla relazione tecnica effettuata dalla società Germania s.r.l., nel 1985, e fornita in copia da Andrea Granzotto, responsabile del campeggio “Vela Blu”. Sull’Assocamping, cfr. p. 103.


Trm Cartoline Epoca 2014 Libro 21/07/2014 17:36 Pagina 121

~ Ca’ Pasquali e Ca’ Vio ~

Album Cartoline

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CA’ PASQUALI

Il campeggio “Enzo” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 13406)

Le prime cartoline che inquadrano il camping “Enzo” mostrano l’aspetto rustico, un po’ improvvisato, di tutte queste strutture al momento della prima apertura. Fanno sorridere e nello stesso tempo permettono di valutare quanta strada sia stata fatta durante gli ultimi cinquant’anni nel settore del turismo all’aria aperta. Ma torniamo alla storia del campeggio. È costruito su un terreno ottenuto in concessione dal Demanio marittimo, un lotto in parte abbandonato e in parte coltivato a frutteto lungo Via delle Batterie, la strada di collegamento tra tutte le fortificazioni del Litorale. Gli Enzo hanno, infatti, usufruito di una legge che consente l’assegnazione ai reduci di guerra dei terreni confinanti con

le postazioni militari. Dopo qualche tempo e qualche sacrificio, la famiglia vi ha edificato un piccolo stabile, con un bar al piano terra e miniappartamenti al primo piano, cui si sono aggiunti, a qualche anno di distanza, alcuni bungalow in muratura. L’inaugurazione ufficiale del campeggio vero e proprio avviene nel 19671: i servizi sono spartani, ma i turisti continuano ad affluire. In breve, piazzole e bungalow aumentano di numero, viene aperto un piccolo ristorante e un negozio di alimentari. Per dare un’idea di quanto il villaggio si sia evoluto, basterà ricordare che l’area su cui si estende, dai 5.000 metri quadrati iniziali, è arrivata agli attuali 27.000.

CA’ PASQUALI

Il campeggio “Enzo” 1967 Formato grande -b/n, Editore Camping “Enzo” - Ca’ Pasquali, collezione Marcello Enzo 124 1

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Notizie ricevute da Marcello Enzo.


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CA’ PASQUALI

Il campeggio “Enzo” 1967 Formato grande - a colori, Editore Camping “Enzo” - Ca’ Pasquali, collezione Marcello Enzo

L’”Eurocampig Stella Maris”, di cui è inquadrata l’entrata con l’insegna che dà il benvenuto in tutte le lingue (n.126), è stato realizzato nel 1963 da un imprenditore austriaco su un’area demaniale avuta in concessione confinante con quella degli Enzo. Ha solo due blocchi di servizi e uno spaccio di alimentari, ma è situato proprio fronte mare. Per questo gli Enzo ne accettano senz’altro la conduzione, quando viene loro proposta nel 1980; qualche anno più tardi, anzi,

fondono i due campeggi in un’unica struttura, che chiamano “Enzo Stella Maris”. Il complesso, ancora della stessa famiglia, dotato di due ristoranti, un acquapark e altri spazi attrezzati, ha raggiunto uno standard elevato nell’offerta, perché il «rinnovamento continuo, la cura nei dettagli e l’attenzione alla qualità» - come si legge in un dépliant - sono veramente stati gli obiettivi perseguiti dai titolari da oltre quarant’anni1.

CA’ PASQUALI

Il campeggio “Stella Maris” 1965 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 13402) 126 1

Notizie fornite da Marcello Enzo.

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CA’ PASQUALI

Il campeggio “Ca’ Pasquali” 1958 Formato grande - b/n, Editore Camping “Ca’ Pasquali”, cartolina viaggiata nel 1958 da Merano a Vienna, collezione autore

Al termine del secondo conflitto mondiale, la Società agricola del Cavallino, alla quale si devono le importanti opere di bonifica eseguite nel nostro territorio tra le due guerre, indirizza i propri interessi anche verso l’emergente settore turistico, prevedendone gli esiti futuri. Soprattutto grazie alla convinzione e all’entusiasmo di un “pioniere” locale, Romano Ballarin, viene dunque fondata la Società turistica del Cavallino, che, già nel 1956, apre il campeggio, chiamato “Ca’ Pasquali” come la località in cui si trova.

I lavori iniziali sono in pratica gli stessi che abbiamo più volte descritto. In questo caso si può forse sottolineare l’attenzione per l’ambiente mostrata dal consorzio: per dividere e abbellire le piazzole sono messi a dimora centinaia di pioppi, pini, olmi, tamerici, faggi e oleandri.

CA’ PASQUALI

Il campeggio “Ca’ Pasquali” 1965 c. Formato grande - a colori, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 13405) 128

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CA’ PASQUALI

Il campeggio “Ca’ Pasquali” 1965 Formato grande - b/n, Editore “Camping Ca’ Pasquali”, collezione Camping “Ca’ Pasquali”

Il campeggio “Ca’ Pasquali” è gestito per molti anni da Romano Ballarin; alla sua morte, il testimone è raccolto dalla figlia Rita, che assume anche la presidenza dell’Assocampig, di cui il padre, lo ricordiamo, era uno dei soci fondatori. Nel 2000 subentra infine la famiglia Granzotto e il complesso diventa il “Ca’ Pasquali Village”, iniziando un’altra fase della sua esistenza, connotata dall’esigenza di adeguarsi alle diverse

richieste del mercato e dalle ambizioni dei nuovi proprietari1. Nel corso di questo decennio, gli interventi di ristrutturazione e le migliorie apportate sono stati numerosi e ora il “Ca’ Pasquali Village” presenta un aspetto completamente rinnovato ed è diventato uno tra i campeggi più conosciuti ed apprezzati di Cavallino-Treporti.

CA’ PASQUALI

Il campeggio “Ca’ Pasquali” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 19916) 130 1

Notizie ricevute dal dottor Andrea Granzotto del “Ca’ Pasquali Village”.

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CA’ VIO

Il canale Pordelio 1934 Formato piccolo - b/n, cartolina postale viaggiata nel 1934 da Treporti a Castion di Belluno, collezione autore

La veduta realizzata negli anni Trenta permette davvero un tuffo nel passato. Vi si possono osservare, in primo piano, il Pordelio e le sue cavane e, sullo sfondo, l’abitato di Ca’ Vio con la caserma conosciuta come il “Mandracio”1. Ma, andiamo con ordine: a sinistra è inquadrata la casa della famiglia Vio, dalla quale ha preso il nome la località. Poco lontano attraccava il passo di Ida Fuin, detta “Patachea”, cioè il traghetto che assicurava un collegamento con l’isola di Portosecco, dove approdava di fronte all’abitazione dei Fuin. Proseguendo verso destra, oltre i pilastri posti all’entrata del complesso

militare, si scorge il lungo fabbricato allora adibito a magazzino. La caserma vera e propria è seminascosta dalla vegetazione: era formata da un maestoso edificio a due piani, vicino a cui sorgevano altri stabili con la fureria, i depositi, i locali di servizio. In sua corrispondenza, come si vede bene nell’immagine, era stato predisposto un molo per l’ormeggio delle imbarcazioni che, da Venezia, trasportavano qui soldati, armi, munizioni e vettovagliamento.

CA’ VIO

Il canale Pordelio 1939 Formato piccolo - seppia, Editore Antonio Zambon - Ca’ Vio, Stampa Marzari - Schio (Vicenza), cartolina viaggiata nel 1939 da Cavallino a Pontevigodarzere (Padova), collezione autore 132 1 Il nome della caserma, edificata nel 1911, deriva dal termine dialettale di “mandracchio” con cui si indica la parte riparata di un porto riservata a piccoli natanti.

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CA’ VIO

L’osteria “Zambon” 1932 Formato piccolo - seppia, Editore Ugo Zambon - Ca’ Vio, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Treporti a Vicenza, collezione autore

La cartolina riprende Via Pordelio e, a sinistra, i fabbricati sul canale in cui Antonio Zambon, negli anni Venti, ha aperto un’osteria e una rivendita di generi alimentari e tabacchi1. La riproduzione mostra anche la casa in muratura a due piani che l’uomo ha costruito qualche tempo dopo, in seguito alla nascita dei figli Gino e Ugo, dove ha ricavato l’abitazione di famiglia al primo piano e trasferito il negozio di alimentari a piano terra. Il 1932 è l’anno in cui finalmente il Podestà concede l’abitabilità ai locali.

La conduzione degli eredi di Antonio, com’è già stato raccontato, si conclude nell’ottobre del 1966, allorché l’intero stabile viene acquistato dai fratelli Gino e Bruno Zanetti, che arrivano a Ca’ Vio da Torre di Mosto, ma sono originari di Jesolo2. L’inizio della loro attività non è dei più fortunati: a distanza di un mese, una rovinosa alluvione allaga e distrugge il fabbricato, il quale deve essere ricostruito completamente. Chiuso il negozio di alimentari e allargato il vano del bar, gli Zanetti lo trasformano in un ristorante che prepara piatti tipici, ed è tuttora gestito da Gino e dai suoi figli.

CA’ VIO

La trattoria “Zambon”, Il canale Pordelio, Il lido di Ca’ Vio, Via Fausta 1955 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 10313) 134 1 2

Cfr. p. 35. Notizie fornite da Gino Zanetti.

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CA’ VIO

La chiesa del Sacro Cuore e di S. Giuseppe 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 10340)

La chiesa di Ca’ Vio, intitolata al Sacro Cuore e a S. Giuseppe, è consacrata il 14 luglio del 1946 dal Patriarca di Venezia, che è allora il cardinale Adeodato Piazza1. L’edificio religioso è stato eretto, in sostituzione di una baracca ormai in rovina nella quale fino ad allora si celebravano le funzioni, sulla base del disegno elaborato da un tecnico comunale di Venezia, l’ingegner Vittorio Italo Maraffi. Ha uno stile molto semplice: una sola navata, il tetto a capanna, una sobria facciata a vela ornata da una trifora, dove tre archi immettono in un atrio poco profondo, in cui si apre il portale d’ingresso. Intorno c’è un vasto sagrato cinto da un filare di pioppi cipressini. Nel 1958, la chiesa diventa curazia ed è affidata a don Serafino Tenderini; ma solo tre anni dopo entra a far parte della nuova parrocchia istituita dal patriarca Giovanni Urbani, insieme a S. Maria Ausiliatrice di Settecasoni. Il primo parroco, don Tarcisio Ghiotto, è ben conosciuto dai fedeli perché già officiante a Lio Piccolo. Contestualmente, si concludono i lavori per la costruzione del patronato maschile e sono avviati quelli per la realizzazione di quello femminile e dell’asilo, che avrebbe consentito l’apertura di una scuola materna anche a Ca’ Vio. Importanti interventi di restauro sono effettuati nel 1986, in seguito ai quali l’esterno è intonacato e viene risistemata la pavimentazione del sagrato. Quanto agli anni seguenti, due sono soprattutto da ricordare: il 2008, quando il vescovo ausiliario monsignor Beniamino Pizziol2, nato proprio a Ca’ Vio, celebra una solenne cerimonia di dedicazione - che non era mai avvenuta ufficialmente - e il 2011, data nella quale cade il 50° anniversario dell’istituzione della parrocchia e, in preparazione dei festeggiamenti, si rinnovano gli interni e la facciata, e gli archi di accesso sono chiusi da ampie vetrate.

1 2

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Sulla storia della chiesa: P. Santostefano, 50° anniversario: Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù. Ca’ Vio-Ca’ Ballarin, Ca’ Vio-Ca’ Ballarin (Ve) 2011. Attualmente Vescovo di Vicenza.


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CA’ PASQUALI

La laguna, Via Fausta, La caserma “Ca’ Pasquali”, La spiaggia 1959 Formato grande - b/n, Editore Cooperativa Ca’ Pasquali, Foto Beppino Gnocato - Silea (Treviso), cartolina viaggiata nel 1959 da Treporti a Vicenza, collezione autore

L’edificio indicato come Spaccio Cooperativa nella riproduzione è l’ex caserma di Ca’ Pasquali. Risalente al 1911, l’imponente costruzione, ancora di proprietà demaniale, presenta una pianta rettangolare, s’innalza su due piani e ha la copertura a terrazza in cemento. Nella parte mediana, si erge la torre telemetrica, dalla cui sommità, durante la Grande Guerra, venivano impartite le disposizioni di tiro alle quattro batterie costiere dislocate lungo il litorale. Alla fine del secondo conflitto, persa la sua funzione militare, l’ala sinistra dell’immobile, come anche le scuderie che le sorgono a fianco, sono trasformate in abitazioni per famiglie. Nella parte destra,

invece, è ricavato un bar e una bottega di alimentari, data in gestione alla locale cooperativa. La casa bianca, con il tetto a due spioventi e la lunga facciata a capanna, che si scorge nella veduta di Via Fausta ripresa all’altezza di Ca’ Pasquali (n. 137), faceva parte di un complesso rurale risalente alla bonifica degli anni Trenta1. Poco lontano, in una posizione un po’ più arretrata rispetto la strada, esiste tuttora l’edificio più grande costruito in quel periodo, la vecchia boaria.

CA’ PASQUALI

Punta Sabbioni, Via Fausta, Il canale Portosecco, La chiesa di S. Maria Assunta di Treporti 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Carmelo Lo Paro - Treporti, Foto Beppino Gnocato - Silea (Treviso), collezione autore 137 1 I lavori erano iniziati nel 1929 con la costruzione di Via Fausta, lo scavo dei canali collettori, lo spianamento delle dune e la realizzazione delle case coloniche lungo la strada. Cfr. p. 52.

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PORDELIO

La trattoria “Vanin” 1940 c. Formato piccolo - seppia, Editore Antonio Vanin, Foto Barufaldi - Venezia, collezione Tiziana Vanin

La casa a specchio sul Pordelio è quella in cui è nato Antonio Vanin1. L’osteria che il padre vi ha avviato nel 19362, già pochi anni dopo, come è possibile notare, si è trasformata in una “Trattoria con alloggi”. La cartolina è una di quelle commissionate da Antonio al fotografo

Barufaldi per fare pubblicità alla locanda: da notare come la scritta e la freccia che la indicano siano state stampate direttamente sull’immagine. Il locale, poi denominato “Trattoria al ponte” (n. 139), chiuderà definitivamente nel 1956.

PORDELIO

La “Trattoria al ponte”, Il ponte sul canale Pordelio 1948 Formato grande - verdone, Editori Fratelli Vanin - Treporti, collezione Alba Bergamo Vanin 139 1 2

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Cfr. p. 36. Un anno dopo, nel 1937, Antonio aveva aperto un’osteria anche nella piazza di Treporti. Notizie ricevute da Tiziana Vanin.


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~ Ca’ Savio ~

Album Cartoline

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CA’ SAVIO

La locanda “Nardin” 1940 c. Formato grande - seppia, Editore Giovanni Nardin - Ca’ Savio, collezione autore

Raccontando di Giovanni Nardin, abbiamo anticipato come la sua locanda fosse una delle prime strutture ricettive del litorale, rilevandone la posizione particolarmente favorevole1. Qui possiamo anche apprezzare la sua elegante facciata, con il bordo affrescato sotto il cornicione, i rilievi decorativi attorno ai balconi, il poggiolo appena sporgente, la cassetta della posta murata vicino all’ingresso, il pergolato. All’interno, oltre alla cucina, era stata ricavata una grande sala da

pranzo, di cui vediamo le ampie finestre e, al piano superiore, sei camere per gli ospiti. Nello spazioso cortile antistante erano sistemati i tavolini e le sedie per gli avventori. La seconda inquadratura (n. 141) mostra il tratto dell’arenile a disposizione dei villeggianti che, subito dopo la guerra, soggiornavano nella pensione dei Nardin, o in quelle degli Zanella a Treporti e dei Vanin a Ca’ Vio.

CA’ SAVIO

La spiaggia 1949 Formato piccolo - seppia, Editore Trattoria Zanella -Treporti, cartolina viaggiata nel 1949 da Treporti a Roma, collezione autore 141 1

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Cfr. p. 37.


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CA’ SAVIO

Il bar “Primavera” 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Treporti a Belluno, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1156)

Lo spazio antistante è ancora sterrato quando i fratelli Ferdinando (Nandino) e Livia Zanella inaugurano il loro bar, al quale danno il nome benaugurante di “Primavera”. Nel 1954 l’aspetto del locale deve sembrare nuovo agli occhi della gente, con la sua facciata rientrante, il portico semicircolare, la grande terrazza sul tetto. Come si può osservare, l’edificio è ad un solo piano, segno di una domanda di ospitalità ancora contenuta. In seguito, mentre continua

ad aumentare il numero dei villeggianti nelle spiagge del Litorale, lo stabile viene alzato di un piano (n. 143) e più tardi di un secondo, trasformandosi in una pensione. Con il passare del tempo, però, le richieste dei turisti diventano diverse e, negli anni Ottanta, i fratelli Zanella decidono di mantenere in esercizio solo il bar. Nel 1990, infine, cederanno l’intero immobile alla famiglia Tagliapietra1.

CA’ SAVIO

Il bar “Primavera” 1957 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17530) 143 1

Cfr. p. 136.

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CA’ SAVIO

Le scuole elementari “D. Manin” 1950 c. Formato grande - seppia, Editore Giovanni Nardin - Ca’ Savio, cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Treporti a Belluno, Archivio storico- fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 5),

L’aumento della popolazione scolastica, avvenuto negli anni Trenta, rende del tutto insufficiente la vecchia sede delle elementari di Ca’ Savio, sistemata in uno stabile lungo il Pordelio1. Ad opera del Comune di Venezia, si dà allora il via alla costruzione della nuova scuola che, ultimata nel 1939, viene intitolata all’uomo politico e patriota Daniele Manin. Sorge proprio nel centro dell’abitato, all’incrocio tra Via Fausta con Via Treportina, su terreno concesso dalla Società Agricola del Cavallino, nel quale Tullio Ballarin, fittavolo del consorzio, aveva piantato degli alberi di pesco.

Come tutte le scuole del territorio, durante la guerra anche questa viene requisita e per un paio d’anni gli alunni di Ca’ Savio devono trovare una sistemazione nella precedente sede e a Treporti. Finito il conflitto, al pari degli altri edifici scolastici, ogni estate accoglie i bambini delle colonie estive organizzate dalle comunità parrocchiali o dalle diocesi, di Belluno e di Feltre in particolare.

CA’ SAVIO

Le scuole elementari “D. Manin” 1955 c. Formato grande - seppia, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore 145 1

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Poi diventato farmacia e ora deposito e magazzino comunale.


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CA’ SAVIO

Le scuole elementari “D. Manin” 1958 Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin, cartolina viaggiata nel 1958 da Treporti a Lucinico (Gorizia), collezione Eugenio Bozzato

Nel corso degli anni, l’edificio scolastico non ha subito grandi modifiche: al piano terra è stata aggiunta la palestra e, al piano superiore, un paio d’aule e nuovi bagni. Il cancello d’ingresso, che prima dava su Via Fausta, diventata nel frattempo molto trafficata, è spostato sulla laterale, più tranquilla, Via Treportina, per consentire l’uscita in sicurezza dei ragazzi. Con il passare del tempo, però, e il moltiplicarsi degli scolari, cominciano a mancare gli spazi. Per questo, allorché nel 1980 si realizza una nuova scuola materna in Via Latisana di fronte alla chiesa, parte degli alunni vi vengono trasferiti. Infine, nel 2010, le ultime classi sono spostate provvisoriamente nella scuola media di Via Pisani, e ora lo stabile è sede provvisoria di mostre e di attività

culturali, in attesa di un completo restauro. La cartolina successiva (n. 147) mostra una panoramica del centro di Ca’ Savio, ripreso dalla terrazza della pensione “Primavera”. In primo piano è possibile notare la cabina in muratura, forse una centralina elettrica o telefonica di origine militare, ora non più esistente. Anche i maestosi pini domestici che segnano il tracciato di Via Fausta saranno abbattuti per allargare la sede stradale. All’imbocco di Via Treportina, sulla sinistra, si vede la casa dei Nardin e, di fronte, oltre le scuole comunali seminascoste dalla vegetazione, la barbieria di Romano Valleri e la pensione “Margherita”.

CA’ SAVIO

Il centro 1960 c. Formato grande - acquerellata, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1142) 147

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CA’ SAVIO

Il centro 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17524)

Nel 1990, come si diceva, l’intero fabbricato della pensione “Primavera”, qui in primo piano (n. 148) è rilevato da Orlando Tagliapietra e Lucia Pizzighini1. Orlando viene da Burano, Lucia invece è nata a Treporti, dove il padre Giulio si è trasferito, provenendo da Pero, un paese dell’hinterland milanese. Sposatosi con Elisa Zanella, l’uomo ha aperto a Treporti un negozio di biciclette e in seguito un distributore di benzina e una rivendita di bombole di gas. È ancora vivo nella memoria l’incendio divampato a causa dello scoppio di una di queste che distrugge il negozio, ma fortunatamente non ha conseguenze sulle persone.

Tornando al bar “Primavera”, dopo i necessari lavori di ristrutturazione, i Tagliapietra ricavano nei locali un emporio di casalinghi, articoli da regalo, bomboniere, giocattoli, bigiotteria, cosmetici e, più tardi, di biciclette con i relativi ricambi e accessori. La veduta notturna del centro di Ca’ Savio (n. 149) ci dà, invece, l’occasione di ricordare come, dal 2000, con l’autonomia amministrativa, la via che conduce alla spiaggia nelle sere d’estate diventi isola pedonale e si riempia di turisti attratti da spettacoli, mercatini e intrattenimenti vari.

CA’ SAVIO

Veduta notturna del centro 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 10319) 149 1

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Notizie ricevute da Maria Grazia Tagliapietra.


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CA’ SAVIO

La pensione “Nardin” 1960 c. Formato grande - b/n. Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore

Molte delle cartoline di Ca’ Savio pubblicate in queste pagine fanno parte della serie commissionata da Emilia Ballarin e dai figli alla casa editrice Berretta di Terni, dopo la morte di “Neno” Nardin1.

Nella prima vediamo il nuovo edificio costruito dalla famiglia nel 1959, con il bazar, la cartoleria e la rivendita di giornali2. Nella seconda (n. 151), si intravede anche la vecchia locanda - allora sede degli uffici dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo - che sarà demolita nel 1972.

CA’ SAVIO

Il centro 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore 151 1 2

Cfr. p. 37. Quando i fratelli Nardin si dividono, Fabio gestirà il bazar, mentre a Dino andrà la conduzione dell’edicola e della cartoleria.

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CA’ SAVIO

La pensione “Margherita” 1960 c. Formato grande - b/n, Editori Fratelli Vanin - Ca’ Savio, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 5165), cartolina viaggiata, in data non leggibile, da Treporti a Castelfranco (Treviso), collezione autore

Sulla Via Treportina, a poca distanza dall’incrocio con Via Fausta, s’incontrano altri edifici che potremmo definire “storici”: uno di questi è la pensione “Margherita”. Costruita da Giovanni Ballarin verso il 1955, porta il nome della moglie del proprietario, Margherita Cecchetto. La foto scattata qualche tempo dopo l’apertura, ne mostra l’aspetto familiare e la struttura un po’ composita per gli ampliamenti successivi, dovuti evidentemente all’aumento delle richieste di soggiorno. Negli anni che seguono, però, con il mutare delle esigenze dei turisti, dopo stagioni di intensa attività, anche la pensione “Margherita” ad un certo punto muta destinazione d’uso. I piani superiori sono divisi in appartamenti, il piano terra ospita il bar ristorante, molto

conosciuto in paese, “da Baffo”. “Storica” può essere definita anche la barbieria di Romano Valleri, che si scorge di fronte alla casa dei Nardin nella seconda immagine (n. 153). Classe 1926, Romano1 ha vent’anni quando inizia come apprendista nella barbieria di Angelo (Egisto) Siviero a Treporti. Angelo gli ha proposto di aiutarlo perché ha appena perso in guerra l’unico figlio maschio che già lavorava con lui, inoltre Romano è fidanzato con sua figlia Giuseppina. Dopo essersi sposato con lei, nel 1956, Romano prende la decisione di mettersi in proprio e si trasferisce nella casa lungo Via Treportina. Inizia così una lunga attività2, facendosi apprezzare da tutti, fino a quando, nel 1991, passa il testimone al figlio Guido Emilio, anche se la sua presenza in bottega continua ad essere costante, quando non si dedica alla cura dell’orto3.

CA’ SAVIO

Via Treportina 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17540) 153 1

Notizie ricevute da Guido Emilio Valleri. Affiancato dal fratello minore Eugenio che gli resterà accanto fino al momento di andare in pensione. 3 Romano Valleri muore nel 2013 a ottantasette anni. 2

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CA’ SAVIO

La pensione “Villa Gentile” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17533)

La pensione “Villa Gentile” deve il suo nome all’imprenditore veneziano che la fa edificare nel 19571, lungo Via del Mare (Via di Ca’ Savio), a quel tempo ancora sterrata. Data in conduzione ad una famiglia proveniente dal paese friulano di Montereale, nei primi anni ha dimensioni piuttosto ridotte. Solo in seguito sarà sopraelevata, fino a raggiungere gli attuali tre piani, mentre cambiano anche i gestori. Fa un po’ sorridere la descrizione data da una guida turistica del 1961, dove si legge che è una «Pensione con una stella, dotata di diciotto camere, un bagno

e tre docce»2. Oggi le camere dell’hotel “Villa Gentile” - aperto da aprile a ottobre - sono scese a dieci, ma ovviamente tutte dotate di bagno; in compenso fa parte integrante della struttura il ristorante pizzeria (con angolo giochi per bambini), a disposizione degli ospiti dell’albergo, come pure degli altri clienti. Risale agli stessi anni lo stabile accanto (n. 155) che ospita il panificio e il negozio di generi alimentari di Ciriaco Bergamo di Treporti, tuttora in esercizio con gli eredi del primo titolare.

CA’ SAVIO

Via del Mare (ora Via di Ca’ Savio) 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 10346) 155 1 2

Notizie fornite da Giovanni Vian. Touring Club Italiano, Guida Pratica dei Luoghi di Soggiorno, Milano 1961, p. 31.

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CA’ SAVIO

La colonia “Longarone” 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore

Anche Longarone, nel primo dopoguerra, sceglie il nostro Litorale per offrire ai propri bambini dei salutari soggiorni al mare. I piccoli sono inizialmente accolti nella scuola elementare “D. Manin” di Ca’ Savio, ma ben presto il comune bellunese realizza una propria colonia inaugurata nel 1954. Si tratta di un grande edificio, che arriva ad ospitare fino a 800 ragazzi provenienti anche da altri paesi della provincia di Belluno1. Per questo, quando, viste le esigenze della popolazione dell’Estuario, si rende necessaria l’istituzione di una scuola media anche a Ca’ Savio, il Comune di Venezia individua nella colonia “Longarone” l’edificio più adatto ad ospitarla. Ottenuta la concessione, si provvede dunque ad adattare alcuni locali per trasformarli in aule

e, l’autunno successivo, l’istituto scolastico apre i battenti come sede distaccata della “A. Vivaldi”2 di Venezia. I sessantatré iscritti nell’anno scolastico 1960-61 diventano settantacinque nel 1963, ma fortunatamente il comune di Longarone accetta di cedere l’intero fabbricato. Ad acquistarlo è la Cassa di Risparmio, che poi lo dona3 al comune di Venezia, il quale comincia a far eseguire i necessari lavori di adeguamento. La lunga rampa di accesso al piano superiore (immagine n. 158 pagina successiva), ritenuta pericolosa, è sostituita dalle scale, sono aggiunte due aulelaboratorio. Al problema della mancanza di riscaldamento, si provvede installando in ogni aula una stufa a carbone che deve essere accesa dai bidelli il mattino prestissimo.

CA’ SAVIO

La colonia “Longarone” 1955 c. Formato grande - seppia, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione Simonetta Simonetti, Biblioteca di Longarone (Belluno), 157

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1 In un pannello realizzato dall’alunno Alvise Bressanello, della classe 3a A, in occasione della Mostra per 50° anniversario Scuola Media “V. Carpaccio” di Ca’ Savio, sono riportati i numeri delle presenze: «Si sono registrate in colonia le seguenti presenze: 1958 ragazzi 692; 1959 ragazzi 834; 1960 ragazzi 794; 1961 ragazzi 381; 1962 ragazzi 383». | 2 La scuola viene inaugurata ufficialmente il 4 ottobre del 1960, presenti il preside prof. M. Marconi, l’Assessore alla pubblica Istruzione prof. Mario De Biasi, gli insegnanti, altre personalità del luogo e un buon numero di genitori, con una cerimonia religiosa tenuta dal parroco don Tarcisio Ghiotto; Relazione sulla Scuola Media Statale “A. Vivaldi”, succursale di Ca’ Savio, Venezia. | 3 La banca, in ottemperanza ai propri principi filantropici, delibera lo stanziamento di 85 milioni di lire, equivalenti a 900.000 euro. Una lapide di marmo posta nell’atrio lo ricorda: «Dono della Cassa di Risparmio di Venezia al Comune di Venezia».


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CA’ SAVIO

La colonia “ Longarone” 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore

Nel dicembre del 1962 è approvata la legge che estende l’obbligo scolastico alla terza media1 e nell’autunno successivo, dopo essere stata per due anni una sede distaccata della “A. Vivaldi” di Venezia, la scuola media di Ca’ Savio nasce come istituto autonomo. Il preside, professor Giuliano Pelizza, secondo le indicazioni del collegio dei docenti, ne delibera l’intitolazione a Vittore Carpaccio2. Seguono altri interventi di adeguamento del complesso: vengono costruiti una palestra, non molto grande ma ben attrezzata, e un campo di pallacanestro nel cortile. Si arriva così al settembre del 2000, data nella quale, in applicazione a nuove norme volte a meglio coordinare

l’azione didattica3, anche tutte le scuole materne, elementari e medie di Cavallino-Treporti sono accorpate in un unico Istituto Comprensivo che, dalla sede della segreteria e della presidenza, prende il nome di “D. Manin”. A dirigere il nuovo istituto è il professor Alberto Solesin. Qualche anno più tardi, la presidenza ritornerà negli spazi della “V. Carpaccio”, nel frattempo completamente rinnovata, con la sostituzione di tutti i serramenti, il rifacimento di pavimenti e servizi igienici, la realizzazione di nuove aule e di laboratori funzionali, tra cui quello di informatica.

CA’ SAVIO

La colonia “Longarone “ 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n 1140) 159 1 Si tratta della Legge n.1859 del 31 dicembre 1962 che istituisce la scuola media unificata, l’obbligatorietà della scuola per almeno otto anni e permette l’accesso a tutte le scuole superiori. | 2 L’informazione è contenuta in un resoconto redatto dal prof. Giuliano Pelizza del gennaio 2012. 3 D.P.R. 20.03.2009 n° 81 Riorganizzazione della rete scolastica e razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse.

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CA’ SAVIO

La colonia “Ca’ Giuliva”, La spiaggia, La colonia “Longarone”, Veduta panoramica 1959 Formato grande - b/n, Editore Vanin - Treporti, cartolina viaggiata nel 1959 da Ca’ Savio a Firenze, collezione autore

La “Ca’ Giuliva” che compare nella prima riproduzione è una delle tante colonie marine sorte lungo il Litorale nel dopoguerra. Apparteneva a una società di Padova ed era destinata ad accogliere i bambini provenienti da quella provincia. Diventata una scuola materna privata, verso gli anni Novanta è stata chiusa e poi venduta ai fratelli Paolo e Stefano Costantini, che la usano come magazzino1. La seconda cartolina (n. 161) inquadra, invece, l’imbocco di Via di Ca’ Savio, la “storica” Via

del Mare, dove si concentra il maggior numero di esercizi commerciali e di attività economiche, che da sempre svolge una importante funzione di richiamo ed è un luogo di aggregazione sociale. D’estate, lo ricordiamo, l’intera strada diventa isola pedonale, cioè una “piazza diffusa”, animata da mercatini, spettacoli ed eventi. Anche per questo motivo - dal 2003 al 2011 - è stata oggetto di una serie di lavori di rifacimento, i quali le hanno conferito un aspetto rinnovato, anche se un po’ disomogeneo nelle sue parti.

CA’ SAVIO

Via Fausta 1964 Formato grande - b/n, Foto e stampa D’Este - Ca’ Savio, cartolina viaggiata nel 1964 da Ca’ Savio a Belluno, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n 1595) 161 1

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Notizie ricevute da Giovanni Vian.


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CA’ SAVIO

Il centro 1966 Formato grande - a colori, Editore Fabio Nardin - Ca’ Savio, cartolina viaggiata nel 1966 da Treporti a Maniago (Udine), collezione Maria Franzina Salvalaio

Tra i numerosi negozi ed esercizi commerciali che fanno di Via di Ca Savio il luogo simbolo dell’imprenditorialità locale, inoltrandoci in direzione della spiaggia, nello stesso stabile della pasticceria di Otello Ballarin, troviamo la calzoleria di Nilla Panni. Suo padre, il signor Sante, è stato un altro dei personaggi “storici” del paese1. Nato nel 1914, Sante è originario di Ostra, una località in provincia di Ancona. Arriva nella nostra zona durante il secondo conflitto mondiale perché, dopo essere richiamato alle armi, viene spedito a prestare servizio nella caserma “Mandracio” di Ca’ Vio. Siccome è uno dei pochi soldati ad avere la patente, è lui a portare a lavare le divise degli ufficiali presso la famiglia Scarpi. Ha così modo di conoscere la giovane Rosa, di cui si innamora e chiede in moglie. Anche per questo, al termine della guerra, Sante

prende la risoluzione di fermarsi qui e di avviare, presso l’abitazione dei suoceri, una bottega di ciabattino, un mestiere che ha imparato fin da piccolo. Dopo alcuni anni, Panni trasferisce l’attività a Treporti, in una casa vicino all’asilo e più tardi apre il suo negozio di scarpe in Via di Ca’ Savio, dapprima in un edificio dei Vanin e poi, dal 1968, al civico 18/a. La tradizione è continuata dalla figlia, come si diceva, subentrata nella conduzione al padre, il quale è mancato nel 1999. Nell’immagine successiva (n. 163), si può notare come sia ormai presente l’edificio bianco a un piano che - con la pensione “Primavera” di fronte - caratterizza il centro di Ca’ Savio: Giovanni Vian lo ha già fatto costruire nel 1958 per avviarvi un bar. Destinazione d’uso mantenuta dal locale fino ai nostri giorni, pur se è cambiata la gestione: dal 1989 è stato, infatti, rilevato da Silvio Meneghello, che l’ha chiamato “Bacco bar” 2.

CA’ SAVIO

Il centro 1964 Formato grande - a colori, Editore Ardo - Mestre, cartolina viaggiata nel 1964 da Ca’ Savio a Roccalumera (Messina), collezione autore 163 1 2

Notizie ricevute da Nilla Panni. Notizie ricevute da Giovanni Vian.

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CA’ SAVIO

Il centro 1965 c. Formato grande - acquerellata, Editore Fabio Nardin - Ca’ Savio, collezione autore

Dirigendosi verso il mare, lungo Via di Ca’ Savio si incontra, sulla destra, una piccola casa bianca circondata da un muretto: è l’ambulatorio fatto costruire dal dottor Guido De Perini1, a qualche anno di distanza dal suo arrivo nel Litorale. Il medico è in servizio presso l’ospedale civile di Venezia quando, nel 1952, partecipa e vince il concorso per la condotta di Treporti. Sostituendo il dottor Nappi, si trasferisce dunque in paese, andando ad abitare inizialmente presso l’ambulatorio che dà sulla piazza. Qui, assistito da una suora infermiera, visita ed esegue la mattina interventi di vario genere, tra cui estrazioni dentarie. Ma, come accade all’epoca, in realtà è in servizio 24 ore su 24, giorni festivi compresi. E, pur possedendo un’automobile, per rispondere alle chiamate e raggiungere frazioni servite da strade sconnesse, si compra persino una Vespa. Poi, però, i pazienti diventano veramente troppi e De Perini propone a un collega di rilevare mezza condotta. Ad accettare sarà il compianto dottor Luigi Fioretti, il quale arriva da Sauris, un villaggio della Carnia in provincia di Udine. Nel 1972, dopo cinquant’anni di servizio, Guido De Perini lascia la condotta, ma non la professione medica che continua a praticare nello studio dentistico di Ca’ Savio, affidato poi al figlio Filippo.

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G. Bastianello, Uno tra noi, «Il Litorale», novembre 2001.


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CA’ SAVIO

La spiaggia 1950 c. Formato grande - seppia, Editore Giovanni Nardin - Ca’ Savio, collezione autore

L’affluenza dei turisti nelle spiagge di Cavallino-Treporti è legata, per certi aspetti, all’importanza strategica rivestita dal territorio durante i due conflitti mondiali, al fatto di essere stato per lunghi periodi presidiato da forze militari1. Ricordando la bellezza dei luoghi, dove non si sono mai avuti in realtà scontri sanguinosi, molti militari, smessa la divisa, sono tornati per brevi escursioni o anche per trascorrervi le vacanze con la famiglia. La fortificazione del Litorale2 prende avvio agli inizi del Novecento e prosegue fino al 1915; vede al lavoro centinaia di operai, affiancati da soldati e ufficiali, impegnanti nella costruzione delle caserme, dei forti e delle torri telemetriche. Non è un caso se le prime cartoline di Cavallino e di Treporti sono pubblicate proprio in questo periodo: i giovani qui distaccati evidentemente

le cercavano per mandare i saluti a casa. Allo scoppio della Grande Guerra, nelle postazioni costiere si avvicendano decine di migliaia di soldati in arrivo da ogni parte d’Italia. Viene da Milano, ad esempio, quello, probabilmente un graduato, che spedisce la cartolina alla moglie (la n.3 di questa pubblicazione). Ad affiancarli ci sono truppe alleate provenienti da altre nazioni: nella nostra zona giungono un reggimento cecoslovacco, reparti di fanteria statunitensi - cui apparteneva anche lo scrittore Ernest Hemingway -, soldati inglesi, francesi, belgi, persino russi e giapponesi. Nel 1917, in seguito alla rotta di Caporetto, reparti tedeschi, austriaci e ungheresi si spingono fino ai margini della laguna e, nelle giornate terse, riescono a scorgere i campanili di Venezia.

CA’ SAVIO

La spiaggia 1955 c. Formato grande - seppia, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore 166 1

F. Lazzarini, Turisti… per forza, «Il Litorale», giugno-luglio 2002. Sulla fortificazione del Litorale: F. Lazzarini, C.A. Clerici, Gli artigli del Leon. La batteria Amalfi e le fortificazioni costiere di Venezia nelle due guerre mondiali, Parma 1977. 2

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CA’ SAVIO

La spiaggia 1955 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore

Tra il 1943 e il 1945 un flusso di circa quattromila soldati, soprattutto di nazionalità tedesca e austriaca, ma anche polacchi e ucraini, si riversa sul nostro territorio. Si tratta delle truppe dell’esercito germanico di occupazione, appartenenti all’artiglieria marina costiera, alla polizia marittima e all’organizzazione Todt1. Si acquartieranno, com’è stato più volte ricordato, nelle scuole comunali. A conflitto concluso, molti di loro, per quanto possa sembrare strano, si fermano qui spontaneamente, spesso per aiutare nei lavori di sminamento, sostituendo le divise grigioverdi

con i pantaloncini civili e i costumi da bagno. Rimpatriati, poiché conservano, nonostante tutto, un buon ricordo dei nostri paesi, tedeschi e austriaci torneranno, magari accompagnati dalle famiglie, per “occupare”, ma questa volta in modo pacifico il Litorale di Cavallino-Treporti. Secondo quanto racconta don Pietro Lucchetta, proprio osservando uno di loro, accampato con la sua moto e una piccola tenda militare sotto un albero vicino alla spiaggia, ad Angelo Macola sarebbe venuta l’idea del campeggio2.

CA’ SAVIO

La spiaggia 1957 Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, cartolina viaggiata nel 1957 da Ca’ Savio a Marghera, collezione autore 168 1 2

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Lazzarini, Turisti…per forza. Lucchetta, A tu per tu con la mia gente, p. 112.


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CA’ SAVIO

La spiaggia 1955 Formato grande - seppia, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n.1159)

I lunghi lidi della costa adriatica, facilmente raggiungibili dai paesi dell’Europa del nord, adatti ad un turismo familiare per il dolce digradare del fondale marino, diventano una delle mete favorite quando esplode il fenomeno del turismo di massa. Può essere interessante leggere come una guida turistica di quegli anni presenta il nostro litorale: «Località balneare di recente valorizzazione e in fase di sviluppo, adagiata su un cordone litoraneo sabbioso che si prolunga dalla foce del Sile fino a Punta Sabbioni e separa l’azzurro bacino della laguna dal mare libero. Una via maestra divide la bassura veneta, immersa in un gran silenzio e in cui si alternano campi coltivati e un reticolato di canali che riflettono l’azzurro del cielo. Ogni tanto si scorge qualche casa di gaio aspetto posta qua e là tra gli alberi. Dall’altra parte una pineta litoranea lussureggiante che inebria per il suo colore verde intenso costeggiata da basse dune di un bianco abbagliante e infine la spiaggia liberamente accessibile: una vastissima distesa di sabbia fina e morbida di un bel giallo fulvo e il piano di rena che s’inclina al mare dolcemente fondendosi quasi con esso»1.

1

Touring Club Italiano, Guida Pratica dei Luoghi di Soggiorno, p 31.

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CA’ VIO

La Spiaggia 1955 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 1995)

Gli accessi al mare erano una volta dei sentieri in mezzo alla pineta oppure degli argini che costeggiavano le aree ancora paludose, prima di superare le dune e raggiungere l’arenile. Nei pressi era facile trovare una piccola baracca di legno, con un pergolato di canne per ripararsi dal sole, nella quale si vendevano bibite e alimenti. Uno dei primi chioschi è quello che Egidio Zanella, negli anni Trenta, sistema sul lido di Ca’ Savio, dove ogni mattina porta gli ospiti della sua locanda di Treporti1, servendosi di un biroccio. Sempre nello stesso tratto di spiaggia, nel dopoguerra, anche Tullio Bainado ne allestisce uno, in cui mette in vendita il pesce fritto e vino, aiutato dalla moglie. A Punta Sabbioni, invece, lungo la diga, è Severino Zanella ad avviare (nel 1953) in un capanno uno spaccio di bevande e frittura. Seguiranno a Ca’ di Valle il chiosco di Lino Bozzato e, nella zona di Valle Dolce, quello della famiglia Chiaranda. Nel frattempo, alcuni contadini locali hanno iniziato il commercio ambulante di frutta, percorrendo la battigia con carretti trainati da muli. Con il passare degli anni questi punti di ristoro si evolvono. Nell’estate del 2000, in sostituzione dei vecchi fabbricati di legno, sorgono nuove ed efficienti strutture, tutte uguali con la loro tenda bianca, dotate di bagni e docce, secondo le nuove normative. Da semplici rivendite di bibite e gelati, si trasformano in veri e propri locali nelle cui terrazze, soprattutto i giovani si ritrovano anche di sera - per mangiare, chiacchierare, ascoltare musica e ballare.

1

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Cfr. p. 39.


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CA’ SAVIO

La spiaggia 1960 Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1160)

Il Litorale del Cavallino si differenzia da tutte le località balneari vicine per una struttura turisticoricettiva del tutto particolare, data dall’elevato numero di campeggi e dalla scarsa consistenza degli esercizi alberghieri. Una peculiarità che ne ha fatto un unicum in tutta Europa, conseguente ad una vocazione all’open air che si è manifestata fin dagli inizi ed è andata consolidandosi nel tempo. Se nel 1961 i campeggi in funzione sono tredici1, dieci anni dopo il

loro numero è addirittura raddoppiato e insieme registrano il 95% dei due milioni di presenze stagionali2. Una tendenza che non ha avuto flessione anche per merito, va ricordato, dei continui miglioramenti, della varietà e della qualità dell’offerta di tali complessi, i quali sempre di più si vanno trasformando in veri e propri villaggi turistici e parchi vacanze.

CA’ SAVIO

La spiaggia 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino -Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1149) 172 1 2

Touring Club Italiano, Guida Pratica dei Luoghi di Soggiorno. Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Venezia - Anno 1973 - Rilevazioni statistiche.

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CA’ SAVIO

La spiaggia 1956 Formato grande - b/n, Editore Giovanni Nardin - Ca’ Savio, Foto Ardo - Mestre, collezione autore

Negli ultimi decenni una serie di fenomeni naturali e di fattori dovuti a interventi umani aveva profondamente alterato sia l’ambiente lagunare sia quello costiero. Le spiagge si erano drasticamente ridotte in larghezza ed alcune, ad esempio a Ca’ di Valle, addirittura cancellate, lasciando sempre più esposti alle mareggiate le attrezzature lungo l’arenile e gli abitati. Lo spianamento delle dune, per favorire la balneazione o le coltivazioni, aveva ridotto l’ambiente originario a pochi siti disaggregati e alterati. Per questo, dal 1995, nell’ambito delle attività per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna1, hanno avuto inizio i lavori di ripristino e di ampliamento del lido di Cavallino. Gli

interventi, che hanno coinvolto tutti gli undici chilometri del litorale, hanno richiesto il prelievo di grandi quantità di sabbia dal fondale marino, a molta distanza dalla costa, e il loro trasporto a riva. La nuova spiaggia, che ha così raddoppiato in alcuni tratti l’ampiezza, è stata poi protetta da trentadue scogliere (pennelli di roccia). Tra l’arenile e l’entroterra si sono inoltre ripristinati cinque chilometri di dune, nelle quali sono state messe a dimora migliaia di piante ammofile e di tamerici, per consolidare la sabbia e favorire la naturale evoluzione nel tempo delle dune stesse.

CA’ SAVIO

La festa della vela 1960 Formato grande - b/n, Editori Fratelli Vanin - Ca’ Savio, collezione autore 174 1

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I lavori sono stati finanziati dal Ministero dei Lavori Pubblici e dal Magistrato alle Acque ed eseguiti dal Consorzio Venezia Nuova.


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CA’ SAVIO

Il campeggio “Ca’ Savio” 1965 Formato grande - a colori, Editore Alterocca Terni, cartolina viaggiata nel 1965 da Treporti a Mestre, collezione autore

Tra i primi imprenditori, che hanno creduto nel futuro del turismo all’aria aperta e hanno avuto il coraggio di investirvi tempo e capitali, vanno certo annoverati i fratelli Vittorio e Vincenzo Vianello. È l’estate del 19601 quando, ultimati i lavori necessari, sono in grado di accogliere nel campeggio “Ca’ Savio” i primi escursionisti italiani e tedeschi. I servizi offerti sono essenziali, ma allora trascorrere le vacanze in questo modo è sinonimo di vita molto semplice, a contatto con la natura. E comunque non mancano la reception, un ristorante con vista sul mare, un

piccolo negozio di generi alimentari, piazzole per tende e roulotte ben delimitate da esili alberelli che diventano di lì a poco abbastanza frondosi, come si può notare nella cartolina che risale al 1966, mentre fanno la loro comparsa i primi camper e i primi bungalow in muratura. A distanza di oltre cinquant’anni, durante i quali gli interventi migliorativi sono stati costanti, il campeggio “Ca’ Savio”, molto conosciuto nei paesi dell’Europa del nord, soprattutto in Olanda e in Danimarca, continua a distinguersi per l’ombrosa pineta, oltre che per l’ampia spiaggia e per l’atmosfera accogliente e informale.

CA’ SAVIO

Il Campeggio “Ca’ Savio” 1966 Formato grande - a colori, Editore A.M. Venezia, cartolina viaggiata nel 1966 da Ca’ Savio a Monteforte d’Alpone (Verona), collezione autore 176 1

Notizie ricevute da Maurizio e Nicoletta Vianello del camping “Ca’ Savio”.

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CA’ SAVIO

La pensione “Valdor” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Bon - Ca’ Savio, collezione autore

Presso la pensione “Valdor”, aperta a Ca’ Savio da Luigi Zanella nel 1947, inizialmente pernottano soprattutto i cacciatori veneziani al termine delle loro battute in valle. La locanda è immersa nel verde, perché i duecento metri che la dividono dall’arenile sono occupati da un boschetto di pioppi, pini e olmi, dove vivono diversi esemplari di fauna selvatica (lepri, fagiani, merli, usignoli). Le dieci camere hanno un arredamento molto semplice, in compenso la cucina è ottima. Gli Zanella utilizzano, infatti, prodotti locali: il pesce proveniente dalla valle che hanno

allora in concessione e i salumi ricavati dai maiali del loro allevamento. Anche per questo, la pensione si crea una clientela sempre più numerosa tra i villeggianti italiani e stranieri. Di conseguenza, nel 1955 è ampliata con l’aggiunta di una grande terrazza affacciata sul giardino e, più tardi, sarà sopraelevata per aumentare il numero delle camere. Con la successiva apertura di un piccolo campeggio, la struttura si è convertita nel tempo in un villaggio vacanze, l’”Holiday Center Valdor”1.

CA’ SAVIO

La pensione “Valdor” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Bon - Ca’ Savio, Stampa Zago - Venezia, collezione autore 178 1

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Notizie fornite da Sergio Zanella.


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~ Punta Sabbioni ~

Album Cartoline

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PUNTA SABBIONI

La chiesetta, Il vecchio pontile 1945 c. Formato grande - b/n, Editore Giovanni Mestriner - Punta Sabbioni, Archivio Associazione culturale TRA MAR E LAGUNA - Cavallino-Treporti

Il primo nucleo di Punta Sabbioni si forma attorno alla chiesetta e all’osteria che sorgono vicino al pontile sulla laguna. Il piccolo tempio, intitolato alla Madonna di Fatima, trova posto nello stabile in cui erano allogati i gruppi elettrogeni (con motore a nafta) che producevano l’energia elettrica per l’idroscalo adiacente allestito nel 1914 e rimasto in funzione solo durante il periodo della prima guerra mondiale. Dismessi ed eliminati i macchinari nel 1943, il Demanio Marittimo ha autorizzato il parroco di Treporti a ricavarvi un oratorio. All’addobbo interno contribuisce anche Giovanni Mestriner, come è stato raccontato1, donando la statua in bronzo della Madonnina posta nell’abside. L’osteria è invece ricavata nell’hangar dell’idroscalo. Accanto alla rampa, dove durante la guerra partivano gli aeromobili, viene costruito un pontile appena ultimata Via Fausta nel 19292. Inizia allora un servizio regolare di vaporetti per Venezia, in coincidenza con la linea di autocorriere che collega la località con San Donà di Piave3. Soltanto nel 1956 sarà sostituito da un nuovo e più funzionale approdo.

1

Cfr. p. 38. Cfr. p. 52. 3 Il servizio di vaporetti era gestito allora dall’ACNI (Azienda Comunale per la navigazione Interna), mentre la linea di autocorriere era garantita dalla FAP (Ferrari Autoservizi Pubblici) di Fossalta di Piave. 2

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PUNTA SABBIONI

L’approdo per Venezia 1960c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n 1153)

Alla data in cui il tracciato di Via Fausta viene ultimato, la zona attorno al piazzale di Punta Sabbioni è praticamente semideserta, ci sono soltanto le costruzioni in legno di Scarpa e di Zanella. A ricordo di quella che era stata una vera e propria impresa, sulla riva della laguna, di fronte al luogo dove ora attraccano i ferry-boat, viene collocato un pilastro portabandiera, sulle cui facce sono scolpiti i ritratti del Duce e di Vittorio Emanuele III e i loro simboli, il fascio littorio e la corona reale. Bisognerà aspettare una ventina d’anni, prima che Clemente De Bortoli apra in questo spazio un negozio di generi alimentari e un bar. È il 1956 e il pontile, prima situato di fronte all’hangar, semidistrutto dall’acqua alta, è stato spostato sulla curva della strada. Nel 1960 è invece Piero De Bortoli ad allestire un chiosco di frutta e verdura, mentre con l’arrivo dei primi turisti motorizzati, s’improvvisano dei parcheggi sotto gli alberi da frutto e i pioppi.

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PUNTA SABBIONI

Il piazzale di Punta Sabbioni visto dall’approdo 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Beppino Gnocato - Silea (Treviso), Editore Giovanni Mestriner - Punta Sabbioni, collezione autore

Il chiosco che si nota sulla sinistra nella riproduzione (n. 182), è il bazar-tabaccheria di Giovanni Mestriner, uno degli editori delle cartoline illustrate pubblicate in quest’ album1. E forse la signora appisolata davanti è la moglie, Antonietta Fagotto.

In tanti ricordano ancora Mestriner come un “personaggio” di Punta Sabbioni, perché con il suo lavoro ha contribuito allo sviluppo della zona e anche per la simpatia con cui sapeva attirare l’attenzione dei turisti che sostavano nel piazzale in attesa di imbarcarsi per Venezia.

PUNTA SABBIONI

Il ferry-boat 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17849) 182 1

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Cfr. p. 38.


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PUNTA SABBIONI

L’approdo 1960 c. Formato grande - b/n, Foto Beppino Gnocato, FAST - Foto Archivio Storico Trevigiano, Fondo Gnocato (n. G 17848)

Il piazzale di Punta Sabbioni, o terminal, come viene impropriamente chiamato da alcune agenzie di viaggi, in queste immagini denuncia tutto il suo degrado e la totale inadeguatezza, quale porta d’accesso a Venezia. Per molto tempo rimane così: un posto disordinato e caotico che, con l’incremento costante del traffico, diventa anche pericoloso. Nelle stagioni estive si vedono lunghe file di persone davanti ai pontili, passeggeri attendere disorientati al centro dello spazio l’arrivo delle corriere di linea, comitive di turisti incamminate, a proprio rischio e pericolo, lungo i bordi stradali. Finalmente, per ovviare parzialmente a questa situazione insostenibile, agli inizi degli anni Ottanta, a circa 300 metri dall’approdo, si realizza un parcheggio gestito dall’ACI, in grado di accogliere un centinaio di autobus turistici. Ma devono passare altri venti anni prima che, nel 2001, sia approntato un progetto di risistemazione e riordino generale1.

1

«Il Litorale», novembre 2001.

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PUNTA SABBIONI

L’approdo 1965 c. Formato grande - a colori, Foto Ardo - Mestre Stampa Marzari - Schio (Vicenza), collezione Erminio Vanin

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PUNTA SABBIONI

La spiaggia 1958 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1145)

L’inquadratura del lungomare di Punta Sabbioni mostra, in primo piano, la parte iniziale della diga foranea, i cui lavori risalgono a fine dell’Ottocento1. Il porto si stava allora ostruendo a causa dei pericolosi scanni sabbiosi creati dai detriti fluviali trasportati dalle correnti2. La realizzazione della diga porterà, nel corso del tempo, alla formazione della “Punta dei Sabbioni”, per effetto dell’accumulo della sabbia, e il conseguente fenomeno dell’accrescimento della parte occidentale del litorale, con la contemporanea erosione di quella orientale.

Nel 2003 vengono aperti i cantieri per la costruzione del MOSE e il lungomare “Dante Alighieri” cambia completamente aspetto. Nel 2006 è stata fatta una rotatoria di innesto con Via Fausta e regolamentata la sosta di auto e camper. Contemporaneamente si è attivato un servizio bus navetta dal piazzale di Punta Sabbioni alla zona del faro.

PUNTA SABBIONI

La spiaggia 1960 Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Foto Beppino Gnocato - Silea (Treviso), cartolina viaggiata nel 1960 da Treporti a Reggio Emilia, collezione Maria Franzina Salvalaio 186 1 2

Iniziati nel 1882, i lavori sono stati ultimati nel 1888, E. Angelelli, Brevi notizie sulla bocca portuale di Lido in laguna di Venezia, Venezia 1930. Bozzato, Busarello, Santostefano, Cavallino-Treporti. Atlante delle trasformazioni, p.80.

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PUNTA SABBIONI

Il campeggio “Marina di Venezia” 1963 Formato grande - b/n, Editore Camping Marina -Punta Sabbioni, cartolina viaggiata nel 1963, da Treporti a Mestre, collezione autore

Verso la fine degli anni Cinquanta, durante un’escursione in laguna, Romolo Canale, i suoi fratelli e l’amico di sempre Cornelio Bertolini, visitando il lido di Punta Sabbioni, particolarmente colpiti dalla bellezza del luogo, prefigurano qualcosa che pochi fino ad allora erano stati in grado di vedere. Progettando di impegnarsi nel settore turistico, non pensano, infatti, “in

verticale”, ad alti condomini, a complessi di appartamenti per l’estate, ma ragionano piuttosto “in orizzontale”. Per usare le loro parole: «lanciano in avanti un’idea come si lancia un ciottolo liscio per fargli fare numerosi salti sull’acqua». Immaginano ampi spazi e tanto verde, una spiaggia pulita e profonda, strutture poco invasive e rispettose della natura del luogo1.

PUNTA SABBIONI

Il campeggio “ Marina di Venezia” 1963 Formato grande - b/n, Foto e stampa Zago - Venezia (serie 5871), cartolina viaggiata nel 1963 da Treporti a Medea (Gorizia), collezione autore 188 1

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E. Bazzolo, Una vacanza lunga 50 anni, Venezia 2008, volumetto pubblicato in occasione del 50° anniversario del campeggio.


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PUNTA SABBIONI

Il campeggio “Marina di Venezia” 1965 Formato grande - b/n, Editore Camping Marina - Punta Sabbioni, Foto e stampa Zago - Venezia, cartolina viaggiata nel 1965 da Treporti a Udine, collezione autore

Gli imprenditori sono convinti che, in futuro, i turisti cercheranno posti così dove vivere un rapporto più diretto e più rilassato con l’ambiente. Rilevato un lotto di terreno, vi fanno piantare alberi e cespugli, costruiscono alcuni edifici di servizio, rigorosamente ad un piano e ben presto

mimetizzati dal verde, e inaugurano il loro nuovo campeggio. Il “Marina di Venezia” comincia così, accogliendo i primi turisti italiani e stranieri, provenienti soprattutto dall’Europa del nord, una lunga storia di vacanze1.

PUNTA SABBIONI

Il campeggio “Marina di Venezia” 1973 Formato grande - a colori, Editore Grafiche Biondetti - Verona, cartolina viaggiata nel 1973 da Ca’ Savio a Torino, collezione autore 190 1

Bazzolo, Una vacanza lunga 50 anni.

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PUNTA SABBIONI

Il ristorante “ Miraporto” 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Severino Zanella - Punta Sabbioni, Foto Zago - Venezia, collezione autore

La spiaggia formatasi lungo la diga di Punta Sabbioni, nel dopoguerra, comincia ad essere sempre più frequentata, soprattutto da veneziani e buranelli1. Per questo, sebbene la zona non sia stata raggiunta ancora dalla rete idrica e da quella elettrica, ottenuta una concessione demaniale, nel 1953, Severino Zanella vi sistema un chiosco di bibite e pesce fritto. Alla riserva di acqua potabile provvede la figlia, che si reca a prenderla con delle damigiane caricate su carrettino vicino alla chiesa di Punta Sabbioni; l’illuminazione è fornita inizialmente da lampade a carburo e quindi da un gruppo elettrogeno. Un paio di anni dopo, Severino trasforma il suo chiosco in un bar-ristorante al quale, per la splendida posizione, dà il nome di “Miraporto” e

poi, con il fratello Adolfo, inaugura accanto il campeggio “Miramare”2. Il “Camping Village Miramare”3 è ora gestito dai figli di Severino, Marco e Nicola, e si caratterizza per essere il complesso che, tradizionalmente, rimane aperto più a lungo, consentendo ai turisti di sfruttare le miti giornate primaverili ed autunnali per apprezzare la natura del nostro splendido territorio in tutta tranquillità, durante rilassanti passeggiate o escursioni in bicicletta. Quanto al ristorante, rinominato “Al bacaro”, da una decina di anni è stato rilevato da Giorgio Bastianello, il quale ne ha fatto un locale ricercato soprattutto per la vasta gamma di antipasti e le saporite grigliate di pesce.

PUNTA SABBIONI

Il bar “Miraporto” 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, Archivio storico-fotografico del Comune di Cavallino-Treporti, Biblioteca di Cavallino (n. 1146) 192 1

Lucchetta, A tu per tu con la mia gente, p. 109. Quando, nel 1963, arriva finalmente la corrente elettrica. 3 Che nel frattempo si è trasformato in un vero e proprio villaggio turistico. 2

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~ Treporti ~

Album Cartoline

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TREPORTI

La chiesa parrocchiale 1912 Formato piccolo - seppia, con scritta rossa, cartolina postale viaggiata nel 1912 da Treporti a Milano, Archivio Associazione culturale TRA MAR E LAGUNA - Cavallino-Treporti

Agli inizi del Novecento la chiesetta della SS. Trinità di Treporti è ormai insufficiente ad accogliere gli oltre 1500 fedeli del paese, pertanto la Fabbriceria1 affida l’incarico all’architetto Ernesto Dall’Asta di preparare una proposta di ampliamento2. Il progetto, presentato probabilmente nel 1911, è in chiaro stile neogotico, prevede la facciata e le pareti esterne in mattoni faccia a vista e, per utilizzare gli spazi del tempietto preesistente, di innestarvi, perpendicolarmente, la nuova navata. L’oratorio, risalente al 1684, è pertanto destinato a diventare il transetto del nuovo edificio che, secondo il disegno, dovrà allungarsi verso nord, nell’area del vecchio cimitero e di un

orto della Fabbriceria e avere il portale d’ingresso rivolto a settentrione. Con quest’ampliamento la superficie a disposizione dei fedeli sarebbe raddoppiata. I lavori prendono avvio nella primavera del 1912 e nell’agosto dello stesso anno è già agibile una parte della parrocchiale che è completata nel dicembre del 1913, con leggere modifiche rispetto al progetto originario, come evidenzia il confronto con la riproduzione successiva (n. 195). La fotografia della chiesa in costruzione (n. 194), edita da Giuseppe Scarabellin3, è stata scattata dal dottor Almiro Dinelli, medico condotto a Treporti dal 1911 al 1915: è una delle numerose e bellissime immagini inedite di Treporti e Cavallino recentemente raccolte e pubblicate in un libro4.

TREPORTI

La nuova chiesa in costruzione 1913 Formato piccolo - seppia, con scritta rossa, Foto dottor Almiro Dinelli, Editore e grafico Giuseppe Scarabellin - Venezia, collezione autore 194 1

L’organismo formato da ecclesiastici e laici cui era affidata l’amministrazione dei beni della chiesa. | 2 P. Santostefano, Arte e fede nelle isole Treportine: la Parrocchia della SS. Trinità di Treporti, Cavallino-Treporti (Ve) 2007, pp. 37-51. Lo stabilimento grafico di Giuseppe Scarabellin, attivo a Venezia dal 1898 al 1923, aveva sede a Santa Sofia, al n. 4244, Scarabellin Giuseppe, libraio-tipografo, «Giornale della libreria, della tipografia, e delle arti ed industrie affini», vol. 33, Venezia 1923. 4 Treporti e Cavallino: 1911-1915. Dall’album fotografico del medico condotto Almiro Dinelli, a cura di Giuseppe Bozzato, Cavallino-Treporti (Ve) 2011. 3

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TREPORTI

La chiesa della SS. Trinità 1929 Formato piccolo - verdone, Editore Vittorio Stein - Venezia (serie 320/6584), cartolina viaggiata nel 1929 da Treporti a Milano, collezione autore

In seguito all’ampliamento della chiesa, si rende quasi necessario innalzare un nuovo campanile sempre su progetto di Ernesto Dall’Asta, più alto del precedente. Iniziata nel 1924, la torre campanaria è già ultimata due anni dopo, ma, nel 1929, data a cui risale la cartolina, non è ancora stata inaugurata, il suo collaudo avverrà solo nel 1932, come si legge in una lapide collocata sopra la porta d’ingresso.

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La scuola comunale 1929 Formato piccolo - verdone, Editore Vittorio Stein - Venezia (serie 321/6584), cartolina viaggiata nel 1929 da Treporti a Milano, Archivio Associazione culturale TRA MAR E LAGUNA - Cavallino-Treporti,

La veduta inquadra le scuole elementari, costruite tra il 1879 e il 1881 ad opera del Comune di Burano. Progettate dall’ingegner Donegà, erano state edificate su un terreno concesso dagli eredi di Giovanni Battista Grasselli. Oltre alle aule, l’edificio ospitava anche un alloggio per il maestro delle sezioni maschili, mentre le insegnanti delle classi femminili erano accolte in una casetta della Fabbriceria. Nel 1912, a piano terra, vi sarà sistemata pure la bottega di un barbiere1. Con la chiusura (nel 1933) della scuola di Via Pordelio, la vecchia sede scolastica diventa

insufficiente e alcune classi devono essere ospitate nel cinema Bergamo. Ultimate le nuove elementari, sarà abbattuta per lasciare spazio alla piazza del paese e le pietre di risulta riutilizzate per la costruzione del muro di recinzione dell’asilo, l’attuale patronato2. La cartolina è indirizzata ad Attilio Volpi3, un ingegnere che nel 1904 brevetta alcuni sistemi costruttivi per solai in cemento armato. È ricordato come collezionista di cartoline illustrate: la sua raccolta formata da ben 250.000 pezzi è stata poi donata dal nipote al Comune di Milano4. È il fratello maggiore del più noto Giuseppe Volpi, conte di Misurata, senatore del Regno e ministro delle finanze con Mussolini.

(Retro) 196 1

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Treporti e Cavallino: 1911-1915, p. 96. | 2 P. Santostefano, L’isola della chiesa e Treporti. Storia di un borgo rurale nella laguna nord di Venezia (secc. XVI-XX), Cavallino-Treporti 2002, p.99. | 3 Attilio Volpi, figlio dell’ingegnere Ernesto Volpi e di Emilia De Mitri, nasce a Venezia nel 1872 e muore a Milano nel 1948. 4 Notizie fornite dal nipote Attilio Volpi.


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Via Porfirogenito 1936 Formato grande - seppia, Editori Fratelli Zanella - Treporti, cartolina viaggiata nel 1936 da Treporti a Milano, collezione autore

I due campanili rendono inconfondibile la chiesa di Treporti: nell’inquadratura che ne riprende la parte posteriore, si distingue, a sinistra, la cappella commissionata nel 1865 da Giovanni Battista Grasselli. Ricco proprietario di terreni e immobili nella zona, per un certo periodo sindaco di Burano, comune cui apparteneva a quel tempo il paese, l’uomo fa erigere il sacello per dare degna sepoltura alla moglie, Anna Cellini. Probabilmente progettata dall’ingegner Giovanni Fuin, la cappella è intitolata ai santi eponimi dei committenti Giovanni e Anna e, dal 1871, data in cui Grasselli muore (a settantotto anni), accoglie anche le sue spoglie, secondo

quanto indicato nelle ultime volontà. Può essere interessante notare come la cartolina sia stata spedita alla nobildonna Iva Zorzi Grasselli, erede di Giovanni Battista1. Ritornando alla riproduzione, sulla destra, oltre l’abside, si può vedere la vecchia canonica con la meridiana. La costruzione, già presente nel catasto austriaco del 1841, sarà più tardi demolita e al suo posto verrà realizzata, nel 1958, un nuova sacrestia, secondo i disegni dell’ingegner Ferruccio Gambini, riveduti dall’architetto Renosto2.

(Retro) 197 1 Grasselli, avendo perso l’unico figlio Giovanni di soli otto anni, ospita in famiglia la nipote Caterina Zorzi, figlia di Francesca Cellini (sorella della moglie del Grasselli) e del nobile Ottaviano Zorzi. Caterina Zorzi Grasselli, alla morte degli zii, diventerà poi l’unica erede dei patrimoni. Santostefano, Arte e fede nelle isole treportine, pp. 34, 35. Iva Zorzi Grasselli è, a sua volta, nipote della signora Caterina, | 2 Ivi, p. 48.

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Panorama 1940 c. Formato grande - seppia, Editore Egidio Zanella - Treporti, collezione autore

Il panorama di Treporti ripreso dal campanile più alto, mostra il centro dell’abitato. Partendo da sinistra, è riconoscibile il tetto della Fabbriceria1 e, al di là dell’orto, l’osteria e il tabacchino di Egidio Zanella2. Accanto, ci sono la piccola bottega di barbiere di Angelo (Egisto) Siviero3, un campo da bocce e le tre baracche utilizzate da Egidio come magazzini o trasformate, durante le feste e le sagre, in sale da ballo, e poi demolite attorno al 1960. In primo piano, sulla destra, si vedono l’ufficio postale, abbattuto alla metà degli anni Cinquanta per lasciare il posto al bar “da Chiusso”4, e il muro di cinta del patronato. In secondo piano, dietro al grande fabbricato delle scuole comunali, scorre il canale di Saccagnana, che finisce il suo corso curvilineo in laguna. Sullo sfondo, si può scorgere l’omonima isola, in parte ancora barenosa e impaludata, e il cimitero. La stradina lungo l’argine sinuoso conduce alla Ricevitoria, l’imponente edificio eretto tra il 1852 e il 1854, dove si riscuotevano le tasse sulle merci introdotte nella zona, per conto dell’Impero austriaco. Dopo anni di abbandono e degrado, un recente accurato restauro ha trasformato la costruzione nell’elegante locanda-ristorante “Antica dogana”.

1

Che in seguito ospiterà lo spaccio della locale cooperativa e verrà demolita nel 1956. Cfr. p. 39. 3 Cfr. p. 173. 4 Santostefano, L’isola della chiesa e Treporti, p.100. 2

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Particolare del vecchio campanile 1930 c. Formato grande - verdone, Editore Trattoria Zanella - Treporti, collezione autore

La fotografia che inquadra la punta del vecchio campanile di Treporti è sicuramente posteriore al 1926, l’anno di costruzione della nuova torre campanaria, perché è da quest’ultima che è stata scattata. Coevo alla prima chiesa1, il campanile ha la cuspide in mattoni a bulbo - come molti di quelli veneziani del Seicento - nella quale s’innesta una croce di ferro cui è saldata una banderuola segnavento raffigurante un angelo (purtroppo perduto). Ma la parte più interessante di questa immagine è senz’altro ciò che compare in secondo piano

e sullo sfondo, dove non si intravedono abitazioni: è possibile notare come il terreno sia in parte a frutteto e in parte incolto e si scorgono il canale e l’isola di Portosecco. Nell’altra immagine (n. 200), è ripresa ancora la chiesa parrocchiale e la casa della Fabbriceria. Murata sulla facciata, si nota la lapide voluta in ricordo dei caduti della Grande Guerra, che in precedenza era collocata sulle pareti della vecchia scuola (vedi cartolina n. 186) poi viene posizionata in questo edificio, allora adibito a spaccio della locale cooperativa e, infine, con la demolizione di quest’ultimo, sistemata nel cimitero del paese.

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Piazza SS. Trinità 1936 Formato piccolo - seppia, Editori Fratelli Zanella, cartolina viaggiata nel 1936 da Treporti a Roma, collezione autore 200 1

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Eretta nel 1684, secondo la lapide commemorativa della consacrazione della chiesa, ora conservata in canonica.


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La trattoria “Zanella” e l’ufficio postale 1941 Formato grande - verdone, Editore Egidio Zanella - Treporti, cartolina viaggiata nel 1941 da Treporti a Torino, collezione Eugenio Bozzato

Nella cartolina, una di quelle commissionate da Egidio Zanella per reclamizzare la sua nuova locanda, si riconoscono alcuni degli edifici inquadrati dall’alto nel panorama di Treporti ripreso dal campanile (n. 198). L’osteria, davanti alla quale tutto il paese sembra affollarsi “in posa”, è quella aperta da Ferdinando Zanella, il padre di Egidio, nel 19241. Accanto, si vedono la bassa costruzione in legno in cui Angelo (Egisto) Siviero aveva sistemato la sua bottega di barbiere e quella di

parrucchiera della figlia Giuseppina e, vicino, il pozzo artesiano che a quel tempo forniva l’acqua a tutte le famiglie di Treporti. Continuando verso destra, dopo lo steccato dei campi di bocce, c’è l’ufficio postale con la bandiera e lo stemma sulla facciata. A chiudere la piazza, ma qui fuori campo, c’è la casetta di Carmelo Lo Paro, che diventerà più tardi il negozio di dolciumi della signora Giorgina2.

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La chiesa parrocchiale, La spiaggia, Particolare del vecchio campanile 1953 Formato grande - seppia, Editore Carmelo Lo Paro - Treporti, cartolina viaggiata nel 1953 da Treporti a Vicenza, collezione Eugenio Bozzato 202 1 2

Cfr. p. p. 39. Cfr. p. 40.

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Le scuole comunali, La chiesa parrocchiale, La trattoria “Zanella” 1942 Formato grande - seppia, Editori Fratelli Nesto - Treporti, cartolina viaggiata nel 1942 da Treporti a Milano, collezione autore

Delle vedute di Treporti, la prima mostra la scuola elementare “M. Bragadin”, lungo il canale vicino al ponte di Saccagnana, a distanza di alcuni anni dalla sua inaugurazione. Commissionata all’impresa edile Perale, era stata innalzata velocemente e ultimata nel giro di alcuni mesi, dal marzo all’ottobre del 1933, con l’urgenza dovuta al fatto che la vecchia sede stava per essere abbattuta1. L’edificio scolastico, tuttora in funzione, nel 2000 era stato decorato con i murales

eseguiti dagli alunni nell’ambito di un progetto didattico, raffiguranti immagini della laguna e della sua fauna acquatica, ma i dipinti sono stati rimossi nel corso del restauro del 2008. Nella stessa riproduzione si vede anche il ponte di ferro risalente agli anni Trenta, che sarà sostituito nel 2000 da quello attuale in cemento con rivestimenti di marmo.

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I due campanili 1940 c. Formato grande - seppia, Editore Egidio Zanella - Treporti, collezione autore 204 1

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Santostefano, L’sola della chiesa e Treporti, p. 90.


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Il ponte di Portosecco 1935 c. Formato grande - seppia, Editore Egidio Zanella - Treporti, collezione autore

Della metà degli anni Trenta è anche il ponte sul canale Portosecco, costruito con le centine recuperate dalla demolizione di quello degli Scalzi di Venezia. I lavori di scavo del corso d’acqua, avvenuti tra il 1924 e il 19251, avevano infatti comportato la demolizione di un vecchio ponte di legno; di conseguenza, il collegamento tra le due sponde era stato assicurato, per una decina d’anni, dal traghetto di Francesco Trevisan.

Con lo stesso materiale di risulta si realizza nel medesimo periodo anche il ponte di Saccagnana (n. 206), in sostituzione di un manufatto pericolante che risaliva all’Ottocento. L’edificio bianco a un piano, che si nota nella prima cartolina, sulla destra, è la sede della sezione di Treporti della Reale Società Canottieri Bucintoro di Venezia, istituita fin dal 1905, e considerata un fecondo vivaio di atleti2.

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Il ponte di Saccagnana 1940 Formato grande - seppia, Editore Egidio Zanella - Treporti, Archivio storico-fotografico, Comune Cavallino-Treporti, Biblioteca Cavallino (n. 1198), 206 1 2

Santostefano, L’isola della Chiesa, p. 89. Treporti e Cavallino: 1911-1915, p. 99.

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La “canaletta” 1945 c. Formato grande - b/n, Editore Egidio Zanella - Treporti, la cartolina, viaggiata nel 1959 da Ca’ Vio a Savona, si rifà ad una edizione precedente del 1945 c.

Nei primi anni del Novecento, come hanno rivelato le immagini precedenti, la laguna lambiva la piazza di Treporti. Poi, con il passare del tempo e l’ingrandirsi dell’abitato, a protendersi verso la chiesa rimane solo il piccolo tratto di canale, la “canaletta”, qui ancora visibile sulla sinistra, che sarà completamento interrata nel 1960. In seguito alla sistemazione della piazza del 2002, questo spazio è diventato la sede del mercato settimanale del giovedì. L’edificio con la torretta sul tetto è il mulino che gli abitanti di Treporti riuniti in cooperativa

fanno costruire agli inizi del secolo scorso1. In seguito gestito da Antonio Dorizza, l’impianto sarà più tardi rilevato dalla famiglia Brunello e infine condotto, dal 1967, dai Bisetto. Nello stesso fabbricato Renzo Brunello aprirà un negozio di generi alimentari2. Lo stabile, una volta isolato, nonostante sia ormai inglobato nel tessuto urbano, mantiene ancora ai nostri giorni alcuni elementi caratteristici originari, come la torretta, le finestre a piano terra e i mattoni faccia a vista.

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La “canaletta” 1961 Formato grande - b/n, Editore Egidio Zanella - Treporti, cartolina viaggiata nel 1961 da Treporti a S. Giustina (Belluno), collezione autore 208 1 2

176

Treporti e Cavallino: 1911-1915, p.98. Per venderle nel suo negozio, Brunello aveva pubblicato una serie di cartoline illustrate, commissionandole a Beppino Gnocato.


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Piazza SS. Trinità 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Emilia Ballarin - Ca’ Savio, collezione autore

Nella veduta della piazza di Treporti, di fianco al monumento ai caduti, è inquadrato il bar che ha sostituito il vecchio ufficio postale1. Risale al 1956, anno in cui apre i battenti per iniziativa di Lino Chiusso2, che ha acquistato il vecchio stabile, probabilmente dalla famiglia Cimarosto, per demolirlo e costruire la sua nuova osteria. Ad aiutarlo dietro il bancone ci sono la moglie, Italia Vittorina Brunello, e le figlie Marisa e Laura. In precedenza, Lino aveva lavorato nella falegnameria ricavata in una delle baracche di Egidio Zanella, ma poi, nel 1948, si era dato alla ristorazione, prendendo in affitto il locale dei Vanin situato di fronte alla chiesa - ora sede

della Banca del Veneziano - subentrando ai De Bortoli. Il bar “Chiusso” ha cambiato più volte gestione: dal 1972, per sette anni, è stato condotto dalla famiglia Pizziol, poi dai Bellato e in seguito da altri. Da diverso tempo lo ha rilevato Maddalena Smerghetto. La prima riproduzione (n. 209) mostra il panificio di Giuseppe Bressan a due anni dalla sua costruzione, dopo che è già stato sopraelevato. L’esercizio commerciale, quando Giuseppe si ritira, passa ai figli Ivan e Gianni e quest’ultimo ha continuato l’attività fino al 2010.

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Piazza SS. Trinità 1965 c. Formato grande - acquerellata, Editore Renzo Brunello - Treporti, Foto Beppino Gnocato - Silea (Treviso), collezione autore 210 1 2

Cfr. p. 170. Le notizie su Lino Chiusso (1913-1993) sono state ricevute dalla figlia Marisa.

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Il centro dal canale di Portosecco 1967 Formato grande - b/n, Editore Egidio Zanella - Treporti, cartolina viaggiata nel 1967 da Treporti a Mesagne (Brindisi), collezione autore

Il ponte nuovo sul Portosecco è qui inquadrato con il tratto finale di Via Treportina e, sulla destra, le case comunali: lungo il canale quelle edificate verso gli anni Settanta, dietro, le abitazioni risalenti al 1955. Sotto (n. 212), il centro del paese è ripreso dal monumento ai caduti, del quale si scorge, in primo piano, l’angelo di bronzo, opera dello scultore Eugenio Bellotto. Inaugurato nel 1951, il monumento, in origine eretto accanto al bar “Chiusso”, addossato al muro dell’oratorio, ha trovato una nuova sistemazione in seguito al diverso assetto dato alla piazza nel 2002.

Quanto ai fabbricati allineati sul lato orientale del sagrato, a sinistra, si riconosce l’osteria dei Tagliapietra1 e, di seguito, la casa dei Bergamo. Qui, negli anni Trenta sono sistemate la barbieria di Angelo Siviero2 e, fino al 1945, la sede del Fascio. Nello stesso stabile, dal 1925 al 1950 circa, rimane aperto il salumificio di Napoleone Ballarin e, più tardi, il negozio di salumi della figlia Carlina che ha chiuso solo pochi anni fa.

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Piazza SS. Trinità 1965 c. Formato grande - a colori, Editore Fabio Nardin - Ca’ Savio, collezione autore 212 1 2

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Il locale, rilevato poi dai Vanin e quindi da Lino Chiusso, è diventato un negozio di antiquariato, prima di ospitare una succursale della Banca del Veneziano. Santostefano, L’isola della Chiesa e Treporti, pp. 97-102.


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Piazza SS. Trinità e la locanda “Zanella” 1960 c. Formato grande - b/n, Editore Egidio Zanella - Treporti, Foto e stampa Berretta - Terni, collezione autore

La locanda “Zanella” ha, come è stato raccontato1, una storia antica che risale molto probabilmente alla fine dell’Ottocento. La veduta che la riprende alla metà degli anni Sessanta fa parte della serie che Egidio Zanella commissiona alla Berretta di Terni per far conoscere il

proprio locale, diventato nel frattempo uno dei ristoranti più conosciuti e frequentati del litorale, anche per merito de «L’antica cucina veneta con tipici vini locali di produzione propria», come si legge scritto sul retro del cartoncino.

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La trattoria “ Zanella” 1960 c. Formato grande - b/n, Foto e stampa Beppino Gnocato - Silea (Treviso), collezione autore 214 1

Cfr. p. 39.

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TREPORTI

La “canaletta”, Il ponte sul canale di Saccagnana, Il ponte sul canale Portosecco, Il ponte sul canale Pordelio 1960 Formato grande - b/n, Foto Zago - Venezia (serie 5288), Editori Fratelli Vanin - Ca’ Savio, collezione autore

Nella stessa cartolina sono riuniti i tre canali - di Saccagnana, Portosecco e Pordelio - che dividono in isole il territorio di Treporti, scorrendo quasi paralleli prima di sfociare in laguna. Il ponte sul Pordelio, visibile in basso a destra, è quello di ferro inaugurato nel 1947, con la campata apribile per permettere il passaggio delle imbarcazioni. Prima il collegamento tra le due sponde era garantito dal passo di Luigi Nardin1. Figlio di Ferdinando, Luigi abita poco distante dall’attracco, sulla riva meridionale del canale, nella casa che ha costruito su un terreno ereditato dalla moglie, Caterina Ballarin, nella quale ha ricavato anche un’osteria, con tabacchino e gioco di bocce. Il suo traghetto è costituito da una patana, una barca larga con il fondo quasi piatto, su cui può caricare all’occorrenza fino a dieci persone, sacchi di granoturco, maiali, pecore e biciclette. Lo aiutano nel lavoro i figli Antonio (Toni), Giorgio detto “Lupo”2, Bentivoglio detto “Lolo”, Cecilia e Angelica. Nel 1935 il traghetto dei Nardin è sospeso: poco lontano viene, infatti, costruito un ponte formato da chiatte di legno. “Lolo” trova una nuova occupazione, diventandone il manovratore, mentre il resto della famiglia si dedica all’osteria, chiamata appunto “da Lolo”, dove, la domenica, si balla. Il vecchio passo ritornerà in funzione nel 1944, quando un bombardamento aereo degli alleati distrugge e fa affondare i pontoni, e definitivamente dismesso solo quattro anni più tardi, allorché viene realizzato il manufatto di cui si diceva. Non più traghettatore, Bentivoglio Nardin, che nel frattempo ha chiuso l’osteria, accetta l’incarico di custode anche del nuovo ponte e, assunto dal Comune, va ad abitare nella casa cantoniera, l’edificio bianco visibile oltre il canale. Quando nel 1970 va in pensione, è sostituito dal figlio Gino, detto “Gegia”, il quale purtroppo muore prematuramente, colpito da un malore proprio durante una manovra di apertura. Il ponte sul Pordelio è stato completamente rifatto nel 20073: più largo del precedente, con piste pedonali e ciclabili, non più girevole ma levatoio.

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Notizie ricevute da Mirella Scarpi, figlia di Angelica Nardin. Giorgio Nardin è stato un campione della voga alla veneta. È l’unico regatante che ha vinto un’edizione della Regata storica sia prima sia dopo la Seconda guerra mondiale. Nelle sedici esibizioni in Canal Grande, oltre ad aver conseguito le due vittorie, Nardin si è classificato per cinque volte secondo e una quarto. 3 In occasione dell’inaugurazione del ponte, è stata scoperta una targa in cui si legge: «A Lolo e a Gegia Nardin, in ricordo di una vita tra il ponte e le sponde del Pordelio. L’Amministrazione comunale di Cavallino-Treporti, lunedì 16 luglio 2007». 2

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LIO PICCOLO

Il campanile 1911 Formato piccolo - seppia, con scritta in rosso, cartolina postale, collezione autore

La vecchia cartolina mostra il momento solenne dell’inaugurazione del campanile di Lio Piccolo, avvenuta il 13 ottobre 1911, alla presenza del patriarca di Venezia Aristide Cavallari, già parroco di Treporti. La torre campanaria in stile neogotico sorge accanto alla chiesetta di Santa Maria della Neve che, eretta nel 1791-92, ha subito dei rifacimenti nel 1889, quando la navata è stata prolungata e sono state riedificate la facciata e la parete laterale, quella verso la piazza. Il basso edificio addossato alla chiesa è il teatro (purtroppo demolito), in cui, oltre agli spettacoli, si tenevano le assemblee della comunità. In primo piano, sulla sinistra, c’è il palazzo fatto erigere nel 1698 come “casa domenical”1 e poi completamente rifatto da Carlo Boldù nel 1793. Non inquadrate, chiudono la piazza le vecchie scuole elementari e due case private. Di fronte cresce un campo di giuggioli e, più discosto e isolato, il fabbricato moderno della scuola materna, ora sede dell’Associazione culturale “Borgo di Lio Piccolo”. La località, situata nel mezzo della laguna nord, è abitata da poche famiglie ma si rianima, soprattutto d’estate, quando centinaia di turisti la visitano in bicicletta o durante le feste locali, per la celebrazione del santo patrono o per la sagra della contrada e quella della giuggiola, pianta tipica di questa zona. Il campanile, dopo anni d’incuria e abbandono, è stato completamente restaurato e reso funzionante nel 2011, esattamente cento anni dopo la sua inaugurazione. Ora è l’intero borgo, appartenente al comune di Cavallino-Treporti, ad attendere un completo restauro e una riqualificazione che sia all’altezza della sua storia millenaria e dell’ambiente circostante.

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Su disegno di Lorenzo Boschetti del 1721, Archivio di Stato Venezia, Provveditori aggiunti sopra monasteri, dis. 59.


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GIUSEPPE BOZZATO è nato a Cavallino-Treporti e ha lavorato come insegnante sempre in questo territorio. È l’ideatore e conduttore di progetti scolastici per la conoscenza delle valenze storiche, ambientali e naturalistiche di Cavallino-Treporti, ha pubblicato diversi articoli di storia e cultura locale. Ha partecipato alla realizzazione del volume Cavallino-Treporti, immagini fotografiche 1880-1970 (Ca’ Savio 1989), è stato coautore del libro Edificio storici del Litorale del Cavallino (Cavallino-Treporti 1996), curatore del volume Treporti e Cavallino 1911-1915, dall’album del medico condotto Almiro Dinelli (Cavallino-Treporti 2011) e coautore del libro Cavallino-Treporti Atlante delle trasformazioni 1552-2010 (Cavallino-Treporti 2014).

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MARCO SANTIN | ART DIRECTION, CONCEPT WHITE PLEASE | GRAPHIC DESIGN | www.whiteplease.com GRAFICHE NARDIN | PRINT | www.grafichenardin.it

PRINTED IN ITALY | July 2014


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Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. (Marcel Proust)


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