SARDONIA Settembre 2022

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SARDONIA Ventinovesimo anno/Vingtneuvième année Settembre 2022/ https://www.facebook.com/sardoniaitaliahttps://www.vimeo.com/groups/sardoniaSeptembre2022doloresmancosuFoto Vie di Fuga L’Arte della lavorazione del sughero Mestieri, saperi e sapori del passato Rassegna dei BirrificiStoriaFermentoArtigianaliBirradellaBirraIchnusa La Civiltà delle Donne Modigliani ci PietrinaripensaAtzori La Moda che non ti aspetti Sergio Caputo Trio Il nero di Chia La pancia della città Che cosa é l’Arte NuragheContemporaneaProject

rio.e.pisu/docs/catalogohttps://issuu.com/vittovimeo.com/668927685vimeo.com/669477844vimeo.com/675761518vimeo.com/738371896videovimeo.com/661608756edilcatalogo3mostreINFORMALIMORMORIIVOCEETESTISARAGIGLIOMUSICHEORIGINALIGIANFRANCOFEDELE4settembre2022

Diffusion digitale

Président des

Direttoredell’associazionePubblicazioneSARDONIAomonimadellaPubblicazioneVittorioE.PisuControlloqualitàProf.ssaDoloresMancosuMaquette,ConceptionGraphiqueetMiseenPageL’ExpérienceduFuturuneproductionUNISVERSCommissionParitaireISSNencours

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uesto numero di Sardonia, dopo una prolungata assenza, motivata da troppe incombenze difficili da sostenere contemporaneamente, riprende la cadenza mensile di paruzione a partire dal mese di Settembre, che in Sardegna era nominato Ca Cosìpudanni.speriamo che questo nuovo inizio, in un momento particolarmente denso di eventi, con una pandemia an cora in corso, senza contare qualche altro virus invitatosi nel frattempo, le operazioni speciali della gloriosa armata russa, che ci sta mettendo più tempo del previsto, rega landoci al tempo stesso un considerevole aumento del costo del gas e dell’elettricità, anche se scopriamo che nel frattempo i distributori italiani d’energia registrano miliardi di benefici insperati, volendo farci credere che gli aumenti sono generati da quello scellerato di Putin, come ricatto per le restrizioni che gli stiamo appliccando e dulcis in fundo ci prepariamo alle elezioni del Senato e del Parlamento (200 senatori e 400 parlamentari) che si annunciano particolarmente divertenti se non fossero in effetti tragiche. Già lo spettacolo dei diversi schieramenti cerca di rubare il lavoro ai comici tradizionali, senza parlare delle pro messe elettorali che vogliono farci credere che non ci ri cordiamo che le stiamo sentendo e risentendo da 25 anni. Mi stupisce che tra il ripristino del servizio militare, la soppressione del Reditto di Cittadinanza, la conferma de gli stage gratuiti ed i salari di fame proposti nel Turismo che, stranamente, non riescono a trovare volontari alla schiavitù, ed altre promesse di soppressione delle tasse ma per l’anno seguente, nessuno degli aspiranti nuovi eletti (anche se hanno al minimo trent’anni di presenza sulla scena politica) non abbia ancora proposto la reaper tura delle famigerate “Case di Tolleranza”, forse perchè appunto non vogliono, per di più, suscitare una concor renza in quella che sembra essere diventato il loro reale ruolo Continuiamopubblico.comunque ad interessarci all’Arte, sia or ganizzando delle esposizioni che speriamo numerose riscuotendo un bel successo come le precedenti a parti re dall’autunno, sia filmando quello che ci sembra inte ressante di documentare con particolare attenzione alle iniziative non istituzionali, di cui le dieci emittenti di te levisione sarde si occupano con solerzia e diligenza, sia proponendo anche le opere personali oltre a quelle degli artisti e delle artiste che ci piacciono di più (vedi Tizia na Marongiu ad Oristano) sia inventando qualche altra possibilità d’esposizione ma anche di spettacolo lirico in seguito all’incontro con il soprano Monica Fadda, ed al tri programmi che l’estate rovente non ci ha impedito di escogitare e di cui, per scaramanzia, ne parleremo solo ed appena diventeranno una realtà come lo speriamo arden temente. Grazie per seguirci fedelmente. Vittorio E. Pisu vedi i

SARDONIAassociationsFranceSARDONIAItaliacrééeen1993domiciliéec/oUNISVERSElenaCillocuviaOzieri5509127Cagliari

Cagliari Je T’aime Programma di creazione 98ManifestazioniEsposizionidieArtistichenellacittàdiCagliariacuradiMarie-AmélieAnquetilConservateurduMuséeduPrieuréDirectricedelarevue“Ici,LàbasetAilleurs”Espaced’expositionCentred’ArtIci,làbasetailleursavenuedelaRépublique93300Aubervilliers

Vittorio E. FondateurPisuet

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ei pressi di Tem pio Pausania, la “città di pietra” immersa nel cuo re della Gallura e Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, si erge un imponente mas siccio che segna il confi ne con il Logudoro, nella Sardegna settentrionale.

Con la sua altitudine di 1362 m, il Monte Limba ra offre viste mozzafiato che spaziano dai paesag gi montani, perdendosi in lontananza con quelli Graziecostieri. ai tanti sentie ri tracciati dal C.A.I. e ai percorsi ciclistici, il Monte rappresenta un vero e proprio paradiso per Eppurel’ecoturismo.ilLimbara è mol to più di una meta per Pocoescursionisti.menodi due anni fa sulle sue pendici è nato un progetto, curato dalla giovanissima associazione tramedarte, che porta l’arte visiva contempo ranea a dialogare con la Ilnatura.Museo di arte am bientale ORGANICA ha un obiettivo ambizioso: diventare punto di rife rimento per l’arte visi va grazie a una propo sta unica nel suo genere Tuttenell’Isola.le attività dell’e comuseo si sviluppano intorno al Bosco di Cu radureddu, facilmente raggiungibile attraverso la statale 392 Tempio-O Quischiri.ORGANICA propo ne un doppio percorso dedicato (segue pagina 4) Tramedarte è un’associazione impegnata nell’organizzazione di eventi culturali con particolare attenzione alla promozione e valorizzazione del patrimonio culturale con Tel:07100Viatemporaneo.Cavour57Sassari,+39339590 www.tramedarte.orginfo@tramedarte.org6900 C N

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ie di Fuga mostra una divertita fol lia compositiva fatta di oggetti e forme tanto con crete e reali da apparire inverosimili, perché di sposte in luoghi del tutto Astranianti.curadella storica e critica d’arte Mariolina Cosseddu, Vie di Fuga, offre una visione del mondo che declina dolore e biz zarria, passione e giocosi tà, malinconia e assurdità attraverso elementi della poetica della fotografa Giusy Calia quali la figu ra femminile, la presenza irrinunciabile dell’acqua unita al simbolismo degli oggetti della memoria. La mostra è visitabile fino al 15 settembre 2022

tramedarteFoto on L’Arte della lavo razione del sughero in Sardegna il fo tografo Roberto Graffi ci consegna l’af fresco di un mondo che rischia di scomparire, animato dalla misteriosa e potente forza dell’arte della lavorazione del su Unghero.piccolo esercito di scorzatori, trasportatori, bollitori, tagliatori, qua drettai, operai, operaie, mogli, mariti, figli, ni poti, famiglie intere che “guardano tranquilla mente in macchina, tutti come fotogrammi di uno stesso film di passione per il lavoro, dedizione e spirito di sacrificio”. (Nicola Vasa curatore) La mostra è visitabile fino al 15 settembre 2022.

Le corde di juta colo rate di Pietruccia Bassu tese attorno a pini alieni creano monumentali “ar bremagique” con i quali diffondere i profumi della macchia mediterranea;

archiviotramedarteFoto (segue dalla pagine 3) al rapporto tra arte e mondo naturale attraverso le opere site-specific instal late a cielo aperto nella natura del Parco e le mo stre temporanee allestite nelle sale espositive dello spazio CEDAP. Lungo i sentieri, tra gli alberi o nelle piccole ra dure, è possibile visita re durante tutto l’anno le opere permanenti del LeMuseo.installazioni costella no il parco-museo lungo un percorso immersi vo tra lecci, sugherete e macchia un’esperienzamediterranea:artisticadi

le torrette di avvistamento minimali nascoste tra gli alberi – le “Limbara Observatory Towers” di Paolo Carta – per osservare il mondo naturale e, di rifles so, anche se stessi; uno spazio naturale modificato dall’ingerenza umana ritrova l’armonia con l’inter vento minimale di Paola Dessy che ricompone volumi e superfici utilizzando levigate inserzioni metalliche; gli “Innesti” modulari di Daniela Frongia compon gono una struttura architettonica dal movimento flui do e morbido sospesa nel vuoto tra graniti e pini svet tanti che modifica la percezione del paesaggio e dello spazio circostante; le sedute nomadi “Senza titolo (jeans)” di Giuseppe Loi, gusci morbidi e accoglienti, sono tracce di vita individuali tra le creste del granito e le piante infestanti di un luogo denso di memorie passate e in attesa di azioni future; otto piccole figure gialle disseminate in ordine sparso nel bosco costitui scono l’opera ironica di Gianni Nieddu: i “Pinocchio picchio”, costruiti con i materiali di recupero delle casseforme, sono piantati sul terreno, il naso verso l’alto a esplorare il tronco, forse alla ricerca delle proprie origini. Sabrina Oppo ha scelto una piccola radura intima e nascosta per accogliere il suo labi rinto personale ordito di fili di metallo, “LASCIAR ANDARE”, dove trattiene intime e nere emozioni che la forza catartica della natura trasforma in un volo lieve di libertà: è una protezione attraversabile la gabbia che Bruno Petretto ha costruito attorno ad un monumentale masso di granito: “Pietra imprigionata” è un monito struggente rivolto ad un’umanità troppo spesso incurante della natura che la ospita; anche Josephine Sassu con “Non ho

land art a 360° gradi in cui il visitatore è portato a esplorare attivamente la biodiversità del Bosco. Gli approcci e i materia li selezionati dagli artisti sono diversi e interagi scono con l’ambiente per continuità o contrasto. Dieci gli artisti finora coinvolti dalla curatrice Giannella Demuro, che rappresentano alcuni de gli esiti più interessanti della ricerca visiva con temporanea in Sardegna. Legno, fili di cotone, juta, colori ad acqua, fer ro giocano con granito, elementi arborei e terra nei attraverso i linguaggi visivi “latecontaGiannellacontemporanei.Demuroraccosìleopereinstalnelpercorso:

tempio-pausaniarearancioni.it/borgo/https://www.bandieTempio+39Permenicadal13DalOrariCEDAPParcoOrganicaMuseodiarteambientaleneldelLimbaraSpazioespositivodiaperturamartedìalgiovedì>18;venerdìallado12>18.info:3395906900Pausania(SS)-

Tempo” si confronta con la natura litica del Limbara, ma dai massi di granito libera con segno lieve e in fantile gli animali fantastici che popolano il suo mon do Allaimmaginario.macchiamediterranea

archiviotramedarteFoto

fotografici di Annemarie Kroke, Bobore Frau, Roberto Graffi, Francesca Salaris e Michele Tam Questoponi. solo l’inizio di un progetto che vuole inve stire le proprie energie nella scoperta del ter ritorio attraverso l’arte tout court, con il tema dell’ambiente a fare da filo rosso. Periodicamen te vengono organizzati laboratori, performance a cielo aperto, happening di land art e appuntamen ti di trekking culturale dedicati alla scoperta dei luoghi, delle eccellenze del territorio e alla rifles sione sui temi della soste nibilità ambientale. Con le sue acque sorgive, la natura incontaminata e il suo caratteristico cen tro storico, oggi Tempio è una delle più interes santi cittadine da visita re in Sardegna. Bandie ra Arancione dal 2019, Tempio custodisce il patrimonio storico della Gallura: (segue pagina 6) l’antica stazione ferro viaria degli anni ’30, con i dipinti di Giuseppe Biasi, è il punto di arri vo del trenino verde che attraversa la Gallura; lo splendido centro storico conserva i suoi antichi edifici e le sue piazze in granito. Insieme all’arte, la cultura e la tradizio ne fanno da protagonisti nella Città di Pietra: il Carnevale di Tempio –Lu Carrasciali Timpiesu – è il più importante Carnevale allegorico dell’i sola, con ogni anno oltre centomila presenze.

si rivolge infine lo sguar do di Monica Solinas con “Disseminazioni II, Myr tus” che ricrea in grandi forme di metallo, i delicati fiori del mirto, quasi un monumento alla fragile bel lezza della nostra terra”. La collezione è in corso di ampliamento e ospiterà nel 2022 tre nuove opere degli artisti Pierluigi Calignano, Cristina Meloni e Giorgio Urgeghe. Terminato il percorso tra le opere di land art, ci ritro viamo davanti a una struttura che svetta inaspettata mente tra lecci e pini nel Bosco di Curadureddu. Si tratta dello spazio espositivo CEDAP, un piccolo gio iello di architettura contemporanea progettato dall’ar chitetto Antonello Menicucci. La struttura, che riconverte un vecchio incubatoio di trote, sorge in un’area dal forte valore paesaggistico, poco distante dalle piscine naturali del Rio Pisciaroni. Ed è proprio in questo spazio che si declina la secon da parte del percorso offerto dal Museo di arte am bientale ORGANICA. Le due sale espositive ospitano da maggio a novem bre mostre di arte e fotografia di artisti che concen trano la loro ricerca intorno al complesso rapporto uomo/natura.

La programmazione del 2022, che partirà a fine mag gio, ospiterà le personali degli artisti visivi Giuseppe Loi, Giovanna Sechi, Daniela Frongia, Giusi Calia, Josephine Sassu e Gianni Nieddu insieme ai percorsi

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SAPORI&SAPERIMESTIERI(segue dalla paginea 5) l’antica stazione ferroviaria degli anni ’30, con i dipinti di Giuseppe Biasi, è il punto di arri vo del trenino verde che attraversa la Gallura; lo splendido centro storico conserva i suoi antichi edifici e le sue piazze in Insiemegranito. all’arte, la cul tura e la tradizione fanno da protagonisti nella Cit tà di Pietra: il Carnevale di Tempio – Lu Carra sciali Timpiesu – è il più importante Carnevale allegorico dell’isola, con ogni anno oltre centomila DORMIREpresenze.

(SS 392 Tempio-Oschiri Il Bosco di Curadureddu si trova a 7 km dal sug gestivo borgo di Tempio Pausania, è raggiungibile a piedi percorrendo uno dei suggestivi sentieri che dalla SS 392 si inol trano nel Parco del Lim L’ingressobara. è it/borgo/tempio-pausaniawww.bandierearancioni.segnalato.

Comune di Villanovaforru e l’Associazio ne Proloco, in collaborazione con la Turismo in Marmilla Soc. Coop. hanno in program ma l’organizzazione della XV edizione della manifestazione “Mestieri, saperi e sapori del passato” e della XXIV edizione della sagra “Simbua frita cun Satitzu” volte alla valorizzazione delle atti vità produttive ed enogastronomiche da realizzarsi nel centro storico di Villanovaforru, nei giorni 10 e 11 Settembre 2022, con una rassegna di prodotti tipici locali mediante la collaborazione di aziende, di associazioni e di produttori. Quest’anno si svolgerà, per la prima volta, anche la prima “Rassegna dei birrifici artigianali della Sardegna” allo scopo di valorizzare la riscoperta della piccola produzione locale e di un lavoro che ha segnato la storia della nostra terra, rendendo ancora più ricca e completa la manifestazione. Abbiamo il piacere di invitarVi a partecipare all’espo sizione che si terrà nei giorni 10 e 11 Settembre 2022. Verranno messi gratuitamente a vostra disposizione dei gazebo ai primi che confermeranno la propria pre senza, ma senza arredi, sino ad esaurimento delle di sponibilità. Per informazioni 070.93451211 - 070.9300050 o all’indirizzo e-mail: prolocovillanovaforru@gmail.cominfo@comune.villanovaforru.ca.it

E MANGIA RE Ricerca e offerta del terri torio per La Baita (loc. Vallicciola tel. +39 351 787 3930; chewww.labaitalimbara.it)trovaispirazionenei suoi piatti dalla “filosofia di Immersomontagna”.trapini e sequo ie, il Vallicciola Nature (loc.HotelVallicciola, tel. +39 393 801 9224; localitàcom)www.hotelvallicciola.MonteLimbara|Curadureddu

Birrifici Artigianali Alvure Elmas CA 2019 Arbareska Lab Isili CA 2020 BAM Birrificio Artigia nale Mogorese Mogoro OR 2016 Barley Maracalagonis CA 2006 Bbbirra Bosa OR 2015 Beermania Brew Selargius CA 2014 Birra Puddu Santa Giusta OR 2021 Birrificio ‘Nora Oliena NU 2014 Birrificio 4 Mori Guspini CA 2013 Birrificio ChiaramontiAnglonaSS 2014 Birrificio Coros Usini SS 2016 Birrificio D’Ogliastra Baunei NU 2017 Birrificio di Cagliari Cagliari CA 2008 Birrificio Isola Thiesi SS 2018 Birrificio Mediterraneo Carbonia CI 2016 Birrificio Mezzavia Selargius CA 2014 Birrificio Santu Jorgi Bitti NU 2016 Brumare Bauladu OR 2014 (segue pagina 8)

verso stili di ispirazione tedesca o ceca, e chi predilige le alte fermenta zioni, lasciandosi ispirare dalla scuola belga, ameri cana e inglese. Di seguito una lista dei produttori attivi nella re gione Sardegna, suddivi si a seconda della tipolo gia in birrifici artigianali e beer firm (privi di un impianto di proprietà).

ARTIGIANALIBIRRIFICIDEIRASSEGNA

Quasi sempre, chi gravitò nel mondo nascente del ho mebrewing sardo ebbe a che fare con gli appassionati che poi costituirono quelle che oggi rappresentano le due associazioni di riferimento: HBS e Fermento Sar do, nate rispettivamente nel 2003 e nel 2010. In linea molto generale possiamo suddividere i mi crobirrifici sardi tra chi è prevalentemente orientato S

7 eppur con qualche occasionale battuta d’arre sto, la scena della birra sarda ha dimostrato di avere qualcosa da dire nel corso dell’evolu zione della scena craft italiana. Il consumo di birra (industriale) in Sardegna presenta peculiarità uniche in Italia, sia in termini quantitativi, per i consumi molto più alti delle altre medie regionali, sia in termini di fedeltà, dato che la maggior parte del consumo era e resta orientata verso una sola birra industriale che con scaltrezza punta for temente su un’immagine e una strategia di marketing regionalista (sebbene dal 1986 Ichnusa sia un prodot to del gruppo Heineken). I veri pionieri, furono gli altri homebrewers, anche quelli che non iniziarono mai un percorso imprendi toriale, ma che avviarono un percorso di studio degli stili, di diffusione della cultura birraria, di confronto con i compagni, e anche di viaggio, per comprendere da vicino lo spirito di uno stile che apprezzavano.

(segue dalla pagina 7) Canesciolto Perfugas SS 2021 Chemu Quartucciu CA 2012 CarboniaDan CI 2007 UriDolmenSS 2005 Exmu Sassari SS 2018 Gattarancio Cagliari CA 2015 Giorrè Cargeghe SS 2018 Hop Us Est Carbonia SU 2016 Horo Sedilo OR 2008 Ilienses birra Oglia stra Barisardo OG 2011 La Volpe e il Luppolo Simaxis OR 2013 Lara Tertenia NU 2009 Le QuartuS.ElenaSpringo CA 2016 Marduk Brewery Irgoli NU 2013 Nanumoru Sanluri CA 2017 P3 SassariBrewing SS 2012 ReForte Benetutti SS 2018 Sant’AntiocoRubiu CI 2009 Sambrinus Muros SS 1999 Seddaiu Thiesi SS 2016 Shardana Beer Brothers Assemi ni CA 2019 Tholos Brewery Nuoro NU 2017 Trulla Nuoro NU 2014 Zemyna Nuoro NU 2015 uando pensi di essere arrivato a conoscere veramente la Sardegna ti imbatti sempre in qualcosa di straordinario che ti fa tornare indietro fino al punto da dove eri partito.

Tutti lasciapassare verso la conoscenza di un’iso la dalle mille sfaccettature.

Da sud a nord dell’isola, quarantacinque birrifici sono sparsi in tutte le province, tutte con una sto ria e con un comune denominatore: il culto della Secondobirra.

Tra queste il mondo della birra artigianale sarda.

Una volta è un luogo, un’altra una storia e poi una tradizione, un costume o un oggetto, una sagra, un piatto tipico o un vino.

uno studio di Antonio Furesi, sommelier della delegazione sassarese dell’Ais, si è passa ti da un rapporto abitanti/microbirrifici/brewpub pari a circa un birrificio per 50mila abitanti del 2016 ad un birrificio per 38mila abitanti di oggi.

Al pari di regioni molto più popolose come Lom bardia e Piemonte. «La Sardegna è partita negli anni Novanta e poi sono nati i tanti microbirrifici, beer firm dove la propria birra è realizzata in bir rifici altrui e brew pub dove viene servita la birra Q

Alcuni birrifici agricoli producono la materia pri ma, orzo e luppolo, conferendo al prodotto una connotazione più territoriale e identitaria» spiega Antonio Furesi. Ed ecco la birra di frumento prodotta utilizzando il grano Senatore Cappelli o produzioni partico lari che sfruttano la polpa di fico d’india, il mie le di corbezzolo o di asfodelo, il vermentino o la Ale,malvasia.Pills, Bock, Stout: gli stili sono quelli ispirati alle produzioni tedesche, belghe o anglosassoni. E se si vuole abbinare il cibo sardo ad una buona birra non c’è che l’imbarazzo della scelta. «Un pasto, a iniziare dagli aperitivi fino al dolce, può essere accompagnato da una birra artigia Unnale.binomio perfetto per il tipico maialetto è ad esempio una Double Ipa. Ottime, poi, le birre dolci come le Imperial Stout o IGA per le tilicche, copulette e gli altri prelibati dolci sardi» conclu de Furesi. Davide gna-la-nuova-patria-della-birra-artigianale/https://www.costasmeralda.it/e-la-sardeMosca a birra è una be vanda alcolica ot tenuta tipicamente dalla fermentazio ne di mosto a base di malto d’orzo, aromatiz zata e amaricata con luppo lo. Tra le più diffuse e più antiche bevande alcoliche del mondo, viene prodotta attraverso la fermentazione alcolica (con ceppi di lie vito di Saccharomyces ce revisiae o chimicaLamia.Egittostorianiodatabiledall’uomo,vandeLaplicementecato,l’orzoècee,derivanticarlsbergensis)Saccharomycesdizuccheridafontiamidalapiùusatadellequaliilmaltod’orzo,ovverogerminatoedessicchiamatospessosemmalto.birraèunadellebepiùanticheprodotteprobabilmentealsettimomillena.C.,registratanellascrittadell’anticoedellaMesopotaprimatestimonianzanotaèdatataintor no al 3500-3100 a.C.. Poiché quasi qualsiasi so stanza contenente carboi drati, come ad esempio zucchero e amido, può an dare naturalmente incontro a fermentazione, è proba bile che bevande simili alla birra siano state inventate l’una mandodiventaresvilupparedellabirravenzioneÈindall’altraindipendentementedadiversecultureognipartedelmondo.statosostenutochel’indelpaneedellasiastataresponsabilecapacitàdell’uomoditecnologieedisedentario,fordelleciviltàstabili.

9 Sant’Elena CA 2014

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Mine of Beer Bacu Abis

ZeddianiBuffa 2013 CA 2016 CA 2017

QuartuScialandroneSant’Elena

CA 2014 DomusnovasSpantu CA 2017 SanTerrantigaSperate CA 2011

frumentobirraFoto BEER FIRM SARDE Brew Bay Beer Quartu

prodotta autonomamente.

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È verosimile che la diffu sione della birra sia infatti (segue pagina 10)

SettimoHarvestS. Pietro

Anche per gli Egizi la birra aveva un carattere mistico, tuttavia c’era una grossa differenza rispetto ai Babilonesi: la produzione della birra non era più artigianale, ma era divenuta una vera e propria industria, con i faraoni che possedevano persino delle fabbriche. Si parla di birra anche nella Bibbia e negli altri libri sacri del popolo ebraico come il Talmud; nel Deuteronomio si racconta che durante la festa degli Azzimi si mangiava per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra. Lo stesso avviene durante la festività del Purim. In Sardegna i Nuragici producevano birra sin dal 13501200 a.C. Ceramiche ritrovate nel sito nuragico del nuraghe Arru biu hanno trattenuto al loro interno le molecole e gli acidi grassi delle sostanze che venivano cucinate.

wikipediaFoto (segue dalla pagina 9) coe va a quella del pane; poiché le materie prime erano le stesse per entrambi i pro dotti, era solo “questione di proporzioni”: se si met teva più farina che acqua e si lasciava fermentare si otteneva il pane; se invece si invertivano le quantità mettendo più acqua che fa rina, dopo la fermentazione si otteneva la birra. Si hanno testimonianze di produzione della birra già presso i Sumeri. Proprio in Mesopotamia sembra sia nata la profes sione del birraio e testimo nianze riportano che parte della retribuzione dei lavo ratori veniva corrisposta in Duebirra.erano i principali tipi prodotti nelle case della birra: una birra d’orzo chia mata sikaru (pane liquido) e un’altra di farro detta Lakurunnu.piùantica legge che re golamenta la produzione e la vendita di birra è il Co dice di Hammurabi (17281686 a.C.) che condannava a morte chi non rispettava i criteri di fabbricazione in dicati (ad esempio annac quava la birra) e chi apriva un locale di vendita senza caNellaautorizzazione.culturamesopotamilabirraavevaancheun significato religioso: veni va bevuta durante i funerali per celebrare il defunto ed offerta alle divinità per pro Lapiziarsele.birraaveva analoga im portanza nell’Antico Egit to, dove la popolazione la beveva fin dall’infanzia, considerandola anche un alimento ed una medicina. Addirittura una birra a bassa gradazione o diluita con ac qua e miele veniva somministrata ai neonati quando le madri non avevano latte.

Gli esami hanno stabilito che alcuni di queste sono tipici della birra. Sono in corso ulteriori studi per capire quali frutti e sostanze venivano utilizzate in modo da scoprirne la Laricetta.Grecia, più orientata sul vino, non produceva birra ma ne consumava molta, soprattutto per le feste in onore di Demetra e durante i giochi olimpici durante i quali era vietato il consumo del vino.

StatuetteNell’immagineingesso e legno prove nienti da Tebe e risalenti all’undicesi ma dinastia (circa 2009 a.C. - 1998 a.C.) che raffigurano uomini al lavoro in un Metropolitanpanificio-birrificio.MuseumNYC USA

no i primi abitanti dell’Eu ropa in quanto le prime birre contenevano ancora al loro interno i prodotti da cui proveniva l’amido (frutta, miele, piante, spezie). Il luppolo come ingredien te della birra fu menziona to per la prima volta solo nell’822 da un abate caro lingio e di nuovo nel 1067 dalla badessa Ildegarda di FuBingen.proprio merito dei mo nasteri durante il Medioevo il salto di qualità nella pro duzione della bevanda. Persino le suore avevano tra i loro compiti quello di produrre la birra, che in parte era destinata ai mala ti e ai pellegrini. Anche in Gran Bretagna la birra pro dotta dalle massaie veniva messa a disposizione delle feste parrocchiali ed utiliz zata per scopi umanitari. In Inghilterra in particolare, la birra divenne bevanda nazionale in quanto l’acqua usata per la sua produzione veniva bollita e quindi ste Larilizzata.birraprodotta prima del la rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala domestica, nonostante già dal settimo secolo d.C. venisse pro dotta e messa in vendita da monasteri europei. Durante la rivoluzione in dustriale, la produzione di birra passò da una dimen sione artigianale ad una prettamente industriale e la manifattura domestica ces sò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del XIX secolo. Lo sviluppo di densimetri e termometri cambiò la (segue pagina 10)

11 secoloXVIdelbirrificioUnwikipediaFoto

BIRRADELLASTORIA

La bevanda arrivava in Grecia tramite i commercianti fe nici. Anche gli Etruschi e i Romani preferivano di gran lunga il vino, tuttavia ci furono personaggi famosi che di vennero sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell’83 d.C. portò con sé tre mastri birrai da Glevum (l’o dierna Gloucester) e fece aprire il primo pub nella peniso la italiana. I veri artefici della diffusione della bevanda in Europa furono comunque le tribù Germaniche e Celtiche. Questi ultimi in particolare si stanziarono in Gallia, in Bri tannia e soprattutto in Irlanda, dove addirittura esiste una leggenda secondo cui gli irlandesi discendono da un popo lo di semidei chiamati Fomoriani che avevano la potenza e l’immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall’eroe di Mag Mell. In effetti furono i monaci esuli dall’Egitto, invaso dagli Arabi dopo il VII secolo d.C. che diffusero la distillazio ne della birra nei limbi dell’Impero romano, introducendo inoltre la distillazione a caldo, già sperimentata dagli egizi 3000 anni prima di Cristo, e producendo così in Irlanda e Scozia un prodotto denominato “Uisce beata” poi corrotto in Whisky, che mescolato con le acque delle valli moreni che delle due contrade assunse di volta in volta caratteri stiche particolari. Molti non riconoscerebbero come “birra” ciò che beveva

La radice protoindoeuropea *ḱerh₃- (saziare, nutrire) è la stessa delle parole cereale, del verbo latino crescere e di Cerere, divinità romana della fertilità e patrona, fra le altre cose, dei raccolti.

frumentodicampowikipediaFoto

fabbricazione della birra, permettendo al birraio più controlli sul processo e maggiori nozioni sul risul tato finale. Inoltre, sempre nello stes so periodo, furono eseguiti studi specifici sul lievito, che permisero di produrre la birra a bassa fermenta zione, di gran lunga la più diffusa nel mondo.

Nelle lingue spagnola e portoghese, e nei loro dialetti, la bevanda viene chiamata cerveza, cerveja o con un termi ne analogo a questa forma, che deriva dal latino cervēsia o cer(e)vīsia così come il francese cervoise “birra senza luppolo”, da cui cervogia.

della stessa paro la germanica (dall’antico alto tedesco bior) è incerta: si pensa che sia un prestito del VI secolo dal latino vol gare biber “bibita, bevanda”, dal verbo latino bibere, oppure derivi direttamente dal protogermanico *beu woz-, da *beuwo- “orzo”. In inglese si usa, oltre a beer, un altro termine per indicare la birra: ale. Antiche fonti inglesi fanno distinzione tra le due paro le, ma non definiscono cosa si intenda per “birra” duran te quel periodo, nonostante sia possibile che si riferisca all’idromele (mead). La forma dell’antico ingle se beor è scomparsa subito dopo la conquista norman na dell’Inghilterra (in ri sposta all’introduzione del luppolo che non sarà am piamente utilizzato per altri duecento anni), e il termine è rientrato a far parte della lingua inglese solamente seco li dopo, riferendosi esclusivamente alle bevande di malto con luppolo. Fino a quel momento il termine ale si riferì specificamente a birre senza luppolo, nonostante questa non sia più la de finizione attuale della parola (indica infatti le birre ad alta Sifermentazione).ritienecheale derivi direttamente dalla radice indoeu ropea *alu-, e sia arrivata alla forma attuale attraverso il termine germanico *aluþ-.

La forma latina è un probabile relitto mediterraneo prein doeuropeo come cerea o caelia, bevanda fermentata usata nella Spagna romana.

(segue dalla pagina 9)

La stessa radice è all’origine dello svedese öl e del da nese e norvegese øl; da queste è stata prestata alle lingue baltiche (lettone e lituano alus) e a quelle baltofinniche (finlandese olut ed estone õlu).

La parola italiana birra de riva dal tedesco Bier, un prestito del XVI secolo. Il termine ha rimpiazzato l’antico cervogia, che in dicava le birre fatte senza Dallaluppolo.stessa parola tedesca deriva il francese bière. Sono imparentati con Bier l’inglese beer e il neerlan dese L’originebier.

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13 Un’altra interpretazione è che il termine provenga da una voce gallica.

re a sua volta aromatizzato con erbe aromatiche, frutta o più comunemente luppo lo; successivamente viene impiegato un lievito dando inizio alla fermentazione, portando così alla forma zione di alcool, unitamente ad anidride carbonica (per la maggior parte espulsa) ed altri prodotti di scarto derivanti dalla respirazione anaerobica dei lieviti. La germinazione viene ar restata tramite essiccazio ne o torrefazionequando il germoglio ha raggiunto cir ca i due terzi della lunghez za del L’orzochicco.maltato viene quindi macinato fino ad ottenere una specie di farina o gra niglia che viene poi misce lata con acqua calda a cir ca 65–68 °C. Questa fase è detta ammostamento, in quanto il malto si trasforma in Precisamentemosto. questo av viene quando l’amido an cora presente nel malto si trasforma in maltosio, uno Lazucchero.massa mantenuta in agi tazione nel tino (in acciaio, nel passato in rame) di am mostamento (perciò detto “ammostatore”) viene por tata, con opportune soste, alle temperature ottimali per l’attività enzimatica di degradazione di amido e proteine, favorendone così la solubilizzazione nel mo Lasto.parte liquida viene quin di separata dalla parte soli da tramite filtrazione all’in terno di un tino filtro, in cui il mosto con le trebbie viene pompato dal basso. Quando tutto il mosto è sta to trasferito,(segue pag. 14)

Il termine proto-slavo *pivo, letteralmente “bevanda”, è la parola per definire la birra nella gran parte delle lingue slave, con piccole variazioni fonetiche presenti tra lingua e lingua. In greco antico – la bevanda non era tradizionale in Grecia – la parola per la birra egiziana era ζῦθος zŷthos (forse da ζύμη zýmē, “lievito”), per quella frigia o trace βρῦτον brŷton; oggi si usa un prestito dall’italiano: μπίρα Processobíra. di produzione Nel processo di fermentazione si utilizzano spesso in gredienti, metodi produttivi e tradizioni diversi: al posto dell’orzo possono infatti venire usati frumento, mais, riso - questi ultimi due specialmente come aggiunte in birre di produzione industriali - e, in misura minore, avena, farro, segale, mentre altre piante meno utilizzate sono invece ra dice di manioca, miglio e sorgo in Africa, patata in Brasile e agave in Messico; il tipo di lievito e il metodo di produ zione vengono tipicamente usati per classificare le birre in ale, lager o birre a fermentazione spontanea. Durante il processo di produzione, il malto viene immerso in acqua calda dove, grazie all’azione di alcuni enzimi pre senti nella radichetta formatasi durante la germinazione, gli amidi presenti vengono convertiti in zuccheri fermentescibili, con il mosto zuccheroso ottenuto che può esse

In seguito il mosto viene raffreddato fino a temperature a cui può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6 °C per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 °C per quella alta.

Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiae è più rapido, in genere tre o quattro giorni, di quello a bassa fer mentazione, in quanto si svolge a temperature superiori e i processi di fermentazione sono favoriti dal calore. Questo lievito inoltre risale in superficie e viene recupe rato con schiumature e per questo è notevolmente econoLamico.fermentazione secondaria, detta anche maturazione, invece consiste nel lasciare per circa quattro o cinque set timane la birra in grosse vasche di maturazione a una tem peratura compresa fra 0 e 2 °C.

orzodicampowikipediaFoto (segue dalla pagina 13) si lascia che le trebbie sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla filtrazione. Per raggiungere un buon livello di limpidezza, il mo sto viene fatto ricircolare più volte. Il passo successivo è la cot tura del mosto all’interno di un tino in acciaio, denomi nato (per questa fase) “bol litore”; tradizionalmente la caldaia per bollire il mosto era in rame che è un ottimo conduttore termico e che non si degrada eccessiva Ilmente.tempo di cottura è fon damentale per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in quanto durante questo processo avvengono la gran parte delle reazioni biochimiche; normalmente varia tra un’ora e due ore e Durantemezza. la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di acqua bollente ad alta pressione, si ha anche l’importante processo di sterilizzazione del mosto. Sempre durante questa operazione avvie ne l’aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene considerata come il “cuore” del birrificio. Nel corso dell’ebollizione, in seguito a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del malto, si formano comples si insolubili che costitui scono il “trub a caldo”. Questo tende a precipitare al termine del processo e l’allontanamento è consi derato fondamentale per la qualità e la stabilità della futura birra.

Questa azione è effettuata mediante l’uso del whirlpool, tino in cui il mosto giunge tangenzialmente generando una forza centrifuga che determina la raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e permette la separazione di una fase liquida limpida.

La fermentazione si divide in due fasi; la prima, detta fer mentazione principale, vede come protagonista il lievito che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli ami noacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche.

Alla fine del processo alcune birre vengono illimpidite tramite filtrazione (più o meno stretta) per togliere loro i residui di opacità e velatura; successivamente sono imbot tigliate o infustate.

Un’altra tecnica - tipica ad esempio di alcuni stili di birra belga, delle weizen e di gran parte delle birre artigianali

Questa operazione permette di saturare di anidride carbonica la birra e di far depositare i residui di lievito, oltre che armonizzare i vari ingredienti. In questa fase si forma la schiuma. Infine c’è la pastorizzazione che è un processo a cui non tutte le birre vengono sottoposte. Consiste nel portare la birra alla temperatura di 60 °C per distruggere alcuni microrganismi e quindi conservare maggiormente il prodotto. La birra non pastorizzata viene definita “cruda”.

Una birra che non ha subito l’operazione di illimpidimen to prima dell’imbottigliamento (o infustamento) è detta “non filtrata”. La carbonazione (aggiunta o sviluppo di anidride carbo nica per ottenere la frizzantezza desiderata) può essere ot tenuta per aggiunta diretta al prodotto (nel caso di alcune produzioni industriali), o effettuando in modo ermetico l’ultima parte della fermentazione, in modo che la CO2 prodotta dalla stessa si disciolga nella birra.

15 - è quella della rifermenta zione, che può avvenire in fusto, “cask” o in bottiglia. Con questo procedimento, prima di chiudere ermetica mente il contenitore viene aggiuntauna piccola quan tità di zucchero o altra so stanza fermentabile, e del lievito (solo nel caso in cui quello ancora presente in sospensione non sia suffi Siciente).sviluppa così una ri fermentazione che produ ce la quantità desiderata di anidride carbonica che all’interno del contenitore ermetico non può che di sciogliersi nella birra. Si può determinare anche un lieve innalzamento della gradazione alcolica, che tuttavia è marginale e non rappresenta lo scopo del Ilprocedimento.processoproduttivo della birra viene chiamato “bir rificazione” o “brassaggio” e richiede numerose fasi di Lalavorazione.primadi queste fasi è la “maltificazione” (detta anche “maltazione”): l’or zo o gli altri cereali, dopo essere stati selezionati e ripuliti, vengono immessi nelle vasche di macerazio ne dove ricevono l’acqua e l’ossigeno necessario per la Ingerminazione.talunicasii cereali sono (parzialmente) impiegati anche non maltati. Questo processo dura in genere tre o quattro gior ni durante i quali l’acqua è mantenuta a temperature comprese fra i 12 e i 15°C e viene continuamente camUnabiata.volta che è stato rag giunto (segue pagina 16)

(segue dalla pagina 15) il grado di umidità sufficiente, l’orzo viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di germinazione o comunque in un luogo ben aerato. Tra le fasi del processo pro duttivo la fase di fermenta zione del mosto è quella che non solo determina il carat tere e il contenuto alcolico della birra, ma è pure origi ne di una serie rilevante di sostanze che ne influenzano gli aspetti organolettici non solo gustativi e di struttu ra, ma anche di sensazioni odorose e aromatiche. Vi sono due tipi di fermen tazione: l’alta fermentazio ne e la bassa fermentazione. Questi due procedimenti diversi sono alla base del la classificazione nei due distinti macro tipi di birra omonimi. Si veda Classi ficazione dove viene spie gato che in realtà esiste, seppur pochissimo diffusa, anche un terzo tipo di ferIlmentazione.diversointervallo di tem peratura a cui si svolgono i due tipi di fermentazione è una condizione fisica im prescindibile per lo svolgi mento dei processi enzima tici e chimici peculiari dei due ceppi di lieviti distinti. Dal punto di vista termi nologico la dizione “alta” e “bassa” relativa alla fer mentazione del mosto di birra non è (in prima bat tuta) legata al diverso in tervallo di temperatura, più alto nell’utilizzo del Saccharomyces cerevisiae per le birre Ale e più basso nell’utilizzo del Saccha romyces carlsbergensis per le birre Lager.

Fu lo stesso Emil Christian Hansen, lo scienziato danese che nel laboratorio della Carlsberg per primo utilizzò il tipo di lievito che poi prenderà il suo nome, a suddividere i lieviti per la produzione della birra in top-fermenting (alta fermentazione, ove top si riferisce al fatto che “si dirigo no in alto”) e in bottom-fermenting (bassa fermentazione, ove bottom si riferisce al fatto che “si dirigono in basso”).

Anche se abbastanza diffusa, questa spiegazione è tuttavia Laerrata.dizione infatti è principalmente legata al movimento dei lieviti esauriti nel tino a fine fermentazione: il cerevi siae sale in “alto” ovvero in superficie, il carlsbergensis scende in “basso”, ovvero sul fondo.

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Il movimento in alto e in basso è conseguenza della speci ficità metabolica dei due lieviti diversi.

Nei birrifici, quando si produce una birra di stile ale, si può assistere alla consueta operazione di raccolta della massa di lievito sulla superficie del tino con l’impiego del tradizionale “cucchiaione”. Invece, nei serbatoi ove si è svolta la fermentazione di una birra di stile lager, il lievito forma una specie di marmel lata che si adagia sul fondo della vasca da dove viene poi Accantoestratto. a questo business mondiale è molto attiva anche la produzione casalinga che rispecchia nel piccolo la pro duzione industriale.

Per questa ragione non è da considerarsi propriamente “birrificazione”.

La produzione di birra da estratto salta alcune fasi impor tanti del processo, tra cui l’ammostatura (mashing) e il la vaggio delle trebbie (sparging).

Saltando la fase di “spar ging”, la tecnica BIAB permette di ridurre notevol mente costi e tempi di pro Sonoduzione.numerose le possibi lità di classificazione delle Quellabirre. che trova maggior impiego fa riferimento al tipo di lievito utilizzato e, conseguentemente, al tipo di fermentazione. In questo senso le birre si dividono in tre grandi famiglie: Ale: sono prodotte con i lieviti della specie Saccha romyces cerevisiae e se guono un processo ad “alta fermentazione” che predili ge temperature elevate. È il procedimento più an tico che rimane tuttavia ancora profondamente ra dicato specie nella cultura birraria britannica e fiam Lager:minga. sono prodotte con i lieviti della specie Saccha romyces carlsbergensis e seguono un processo a “fermentazione bassa” che pre dilige temperature basse. Il procedimento industriale è più recente e garantisce una maggior stabilità e ripetibi lità, permettendo a queste birre di essere di gran lunga le più diffuse sul mercato. Lambic: sono prodot te esclusivamente in una regione del Belgio meri dionale, dove il mosto è esposto a lieviti indigeni selvatici, come il Bretta nomyces bruxellensis; il processo si sviluppa se guendo una “fermentazione spontanea”, che conferisce a queste birre caratteristiche uniche al mondo. Spesso alle ale sono ricono sciute (segue pagina 18) La produzione casalinga di birra è legale in Italia sola mente dal 1995, anno in cui venne approvato il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. In genere le attrezzature necessarie per una birrificazione casalinga sono raccolte in kit e distribuite da ditte specia lizzate. Sempre più diffusa è però la tendenza a procurarsi e costruirsi da soli gli strumenti necessari.

Per la produzione casalinga è possibile adottare tre diverse tecniche che differiscono tra di loro per la difficoltà e per la qualità del prodotto finale: birra da estratto di malto luppolato birra da estratto di malto non luppolato con o senza ag giunta di grani speciali birra da all grain (partendo dai grani di malto e dagli altri ingredienti non preparati in precedenza).

Negli ultimi anni sta prendendo piede presso gli appassio nati una variante della tecnica All Grain, la BIAB (acroni mo di “Brewing in a bag”). I grani macinati sono introdotti nella pentola di “mashing” all’interno di una sacca filtro, che può essere comodamen te rimossa prima della bollitura.

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(segue dalla pagina 17) caratteristiche di maggior complessità grazie agli aro mi floreali, speziati e frutta ti, mentre le lager sono più frequentemente “pulite” ed evidenziano soprattutto il carattere di malto e luppolo. Un’altra classificazione particolarmente intuitiva, ma poco significativa se utilizzata come unico fat tore di discriminazione, è quella basata sull’indiciz zazione del colore, general mente misurato sulla scala dipende dalla du rata e temperatura di tosta tura subita dai cereali im piegati, anche se in alcuni rari casi può essere alterato da coloranti naturali come la clorofilla assumendo una colorazione verde smeral Altrado. caratteristica visi va della birra è data dalla limpidezza o dalla opacità generalmente dovuta alla presenza di lievito in sospensione (nelle birre di produzione industriale il lievito viene eliminato pri ma dell’imbottigliamento per mezzo di filtri). Un’ulteriore classificazione è legata al grado alcolico, generalmente misurato in percentuale di alcol sul vo lume della bevanda (“titolo alcolometrico volumico”), o alla quantità di zuccheri fermentescibili presenti nel mosto prima della fermen tazione misurata in gradi QuestoPlato. tipo di tassonomia ha particolare significato per l’industria e il fisco. Ogni nazione ha denomina zioni caratteristiche talvolta derivanti dalla tradizione. irra Ichnusa è un marchio di birra prodotta in Sardegna, di proprietà del gruppo olandese PrendeHeineken.ilnome da un’antica denominazione di origine greca dell’isola Ἰχνοῦσσα, traslit terabile in Ichnôussa o Icnussa e traducibile come Impronta, per la somiglianza della conformazione co stiera all’impronta di un piede (che generò poi l’altro nome Sandalyon). Nell’agosto del 1911 il comune di Cagliari cedette ad Antonio Birocchi e Aristide Giorgetti un terreno di 11529 m² all’inizio dello stradone che portava a Pirri, oggi viale Ciusa, esattamente tra via Marche, via Romagna e via Bacaredda nell’odierno quartiere La Vega (al tempo chiamato Is Stelladas, oggi resi denziale e nei pressi del centro cittadino ma a quel tempo ancora area disabitata e adibita alla produzione Iindustriale).dueassieme poi a Francesco Vincenzi vi impiantaro no uno stabilimento birrario, utilizzando macchinari e tecnologia di origine tedesca e l’anno successivo, l’8 giugno 1912, fondarono l’Industria Birraria Ichnusa, adibita alla produzione di birra e del ghiaccio. L’inizio fu promettente ma il forte investimento ini ziale e la scarsa disponibilità di capitali da parte dei promotori creò subito problemi nella gestione dell’a B

1913CagliariMarcheviastabilimentoprimowikipediaFoto

IlSRM.colore

ICHNUSABIRRA

19 e Società Anonima Bir reria Ichnusa entrò nel portafoglio titoli della Vinalcool con lo stesso Amsicora Capra consi gliere delegato. La nuova società sareb be poi andata avanti con una gestione autonoma fino all’agosto del 1928, allorquando la Vinal cool avrebbe deciso (in un’operazione di riorga nizzazione industriale e finanziaria, resa in parte necessaria da difficoltà operative) di procedere direttamente alla gestione produttiva e commerciale garantendo per l’affitto dell’esercizio industriale e commerciale di quella società un canone annuo di 100.000 lire nette. Nel 1940 poi la Società Anonima Birreria Ichnu sa venne assorbita defi nitivamente nella Vinal cool e Birra Ichnusa ne divenne un marchio di quest’ultima. Per circa 30 anni dalla sua fondazione la pro duzione rimase confinata al solo ambito regionale, comunque con un discre to successo di vendite. La seconda guerra mon diale interruppe per qual che anno il lavoro, tan to che la Birreria di via Marche divenne nel 1943 un rifugio antiaereo con tro i bombardamenti de gli NelAlleati.dopoguerra, grazie a una maggiore pubblici tà e a maggiori richieste da parte del mercato, la “nuova bevanda” vide invece aumentare consi derevolmente la richiesta della birra, (segue p 20) zienda. Fiutandone le difficoltà ma capendone il po tenziale intervenne Amsicora Capra, il principale imprenditore sardo attivo in quegli anni nel settore vitivinicolo e proprietario della Vinalcool, oltre che di aziende attive nella logistica direttamente collegata all’export dei vini e dei liquori in Italia e in Europa. Egli infatti comprese che il commercio della birra sa rebbe stato sinergico e non antagonista a quello del vino, ma soprattutto valutava necessario un ampliamento dell’offerta di prodotti della sua azienda alla luce dell’esplosione della filossera, che in poco tempo distrusse tantissimi vigneti sardi.

Capra offrì a Giorgetti e Birocchi un piano già utiliz zato dalla Vinalcool in altre occasioni simili, ovvero essa fu disponibile a concedere un finanziamento im mediato di 500.000 lire che i soci avrebbero garantito con cambiali e contestualmente si sarebbero impegna ti a trasformare l’azienda da società di persone in so cietà anonima per azioni, apportando come capitale il patrimonio dell’azienda (poi stimato in 800.000 lire). Successivamente a questa operazione, la Vinalcool sarebbe stata disponibile ad acquistare tutte le azioni, pagandole per metà in contanti e per metà permetten dovi di divenire azionisti con il trasferimento di quat tromila azioni proprie. La nuova società venne costituita il 1º dicembre 1915

1967 e fu il primo in assoluto in Italia, ad installare serbatoi di aLocilindro-conicifermentazioneverticali.stabilimentostoricoLaVegavennechiuso e definitivamente abbat tuto nel 1975 per lasciar spazio a nuovi palazzi re Tramitesidenziali.l’I.S.B.A, con sede ad Abbasanta, la Vi nalcool si lanciò anche nella produzione di bibite analcoliche come la spu ma, il chinotto, il ginger e l’aranciata, tutte anch’es se a marchio Ichnusa. La S.P.A.I. poi si trasfor mò successivamente in Birra Ichnusa S.p.A.. Nel 1981 la produzione raggiunse la cifra di 400 000 hl all’anno, che diventarono 580 000 nel 1986, occupando 85 dipendenti; attirando gli investimenti stranieri. Nel 1986, il marchio Birra Ichnusa fu acquistato dalla multinazionale Heineken (al tempo Dreher) che man tenne, oltre alla ricetta, lo stabilimento ad Assemini, che venne ampliato per produrre anche altre birre del gruppo olandese. Con l’acquisizione da parte di Heineken, cessò la produzione delle bibite analcoliche a marchio Ichnusa. Come marketing Heineken ha utilizzato il Made in Sardinia del prodotto con sponsorizzazioni legate ai simboli della Sardegna e, in particolare, alla bandiera dei quattro mori, per posizionarla nel mercato italiano come birra locale, ma non confinata alla Sardegna.

Italia produce con il marchio Ichnusa una linea con quattro tipi di birra[11]. Il prodotto princi pale, in commercio dal 1912, col nome Ichnusa, è una birra di tipo lager con gradazione alcolica di 4,7% e composta da acqua, malto d’orzo, granturco e luppo lo. Il colore è dorato limpido e la schiuma è compatta e di grana fine non persistente.

Da sinistra a destra i di versi prodotti Ichnusa: la bionda (con etichetta risalente al 2013), la Spe ciale, la Cruda e la Non filtrata.

wukipediaFoto (segue dalla pagina 19) sia in Sardegna che nel Lacontinente.Vinalcool crebbe e iniziò a creare o acquisi re delle società per azioni controllate per differen ziare i mercati: la Vini Classici di Sardegna per il settore vinicolo, la S.P.A.I. (acronimo di So cietà Per azioni Agricola Industriale) e l’I.S.B.A. (acronimo di Industria Sarda Bevande Alimen Latari).S.P.A.I. si occupò del settore della birra ed era la titolare del marchio Birra Ichnusa e tramite essa si decise nel 1963 di costruire una nuova unità produttiva ad Assemini nella zona industriale operativoLoquifere.menteun’areaMacchiareddu-Grogastu,dialloraparticolarriccadifaldeacstabilimentodiventòapartiredal

Nel maggio 2019 è stato presentato il progetto per l’aumento del 54% della capacità produttiva dello stabilimento di Assemini da 149 a 230 milioni di litri Heinekenl’anno.

Rispettostente.

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alla versione “classica” ha un sapore erbaceo con note di frutta gialla. Rispetto alle altre birre della linea si distingue per la particolare forma della bottiglia, più tozza e da un collo più corto. Dal 2007 è venduta una birra non pastorizzata, al 4,9% di gradazione alcolica, che con un processo di microfiltrazione dei lieviti mantiene un sapore più intenso. Inizialmente commercializzata col nome di Jennas (in lingua sarda significa porta, ispirata dal toponimo originario del massiccio del Gennargentu), dal 2012 in occasione del centenario del marchio è stata rinominata Ichnusa Cruda. Questo prodotto è l’unica che mantiene in etichetta il logo precedente al restyling del 2017.

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Dal 2014 è prodotta l’Ichnusa Limone, un radler che combina un 40% di Ichnusa classica con un 60% di succo di limone creando una bevanda al 2% di grada zione alcolica dal sapore leggero di limone con per

Nel 2017, per festeggiare il 50º anno del birrificio di Assemini, viene immessa sul mercato l’Ichnusa Non Filtrata, una lager al 5% senza processo di filtrazio ne, realizzata con 100% puro malto d’orzo e di colore dorato e luminoso con una particolare velatura grazie ai lieviti rimasti in sospensione e una schiuma persi

cettibili note amare date dalla luppolatura. In passato sono state lan ciate altre due specialità di birre. In occasione del 90º an niversario dell’azienda nel 2002, venne presen tata sul mercato l’Ichnu sa Speciale, con una gra dazione alcolica di 5,6% e l’aggiunta, rispetto alla versione tradizionale, di una selezione di diversi luppoli che le diedero un retrogusto di frutta secca e di fiori di campo. Questa birra non è più reperibile nella grande distribuzione e non è re clamizzata dalla stessa Heineken Italia ma solo dal suo distributore. Nel 1999 invece venne creata la Spirtu, una birra aromatizzata al profumo di mirto di cui mantiene il retrogusto secco. Prodotta a bassa fermen tazione, aveva il 5% di gradazione alcolica e conteneva luppolo, mal to, lievito e aroma natu rale di Tuttavia,mirto.causa lo scar so successo di vendite, venne ritirata dal mercato l’anno successivo. Le Birra Ichnusa vengo no prodotte sia in botti glia per il mercato tradi zionale sia alla spina per il settore della ristorazio Tuttaviane. solo l’Ichnusa e la Non filtrata vengono prodotte per entrambi i Performati.quanto riguarda le bottiglie, la tradizionale viene prodotta nei forma ti 33 e 66 cl, (segue pagina 22)

il malto in mosto, che viene poi tra vasato in una caldaia e portato ad ebollizione.

La bassa fermentazione dura 7 giorni a una tempera tura tra i 7 e i 12 °C e dà origine alle birre più classi che e diffuse.

1970cagliariwikipediaFoto

(segue dalla pagina 21) oltre il formato da 20 cl per l’Horeca. Per via del diverso for mato della bottiglia in vece la Non filtrata viene prodotta nel formato da 50 cl e per la ristorazione nei formati da 20 e 33 cl. La Cruda solo nei formati 33 e 66 cl per ogni tipo di distribuzione mentre il Radler nell’unico forma to da 33 cl. Il formato da 20 cl sto ricamente in Sardegna prende il nome in lin gua sarda di “sciopinu” (anche italianizzato in “scioppino”) mentre il formato da 33 cl è chia mato Un’altra“birroncino”.tradizione dif fusasi nei bar dell’isola è l’Ichnusa bendata, ov vero quando la bottiglia, una volta stappata, viene “bendata” con un tova gliolino, ritenendo che in tal modo la birra manten ga intatta la sua qualità. In lattina viene invece prodotta solo l’Ichnusa tradizionale nei due for mati da 33 cl e da 50 cl. La produzione avviene dal 1967 solamente nello stabilimento di Assemini, nella zona industriale Macchiareddu-Grogastu,di il più antico birrificio presente in Sardegna. Si estende su una su perficie di oltre 160.000 metri quadrati circon dato da un’area verde di oltre 15 ettari e vi sono impiegati 93 addetti e vengono interamente prodotte e imbottigliate Ichnusa, Ichnusa Non Filtrata, Ichnusa Cruda e Ichnusa Limone. Dal

In questa fase di cottura si aggiunge il luppolo che conferirà alla birra il tipico sapore amarognolo. CiFermentazione:sonoduetipologie di fermentazione, bassa e alta.

Gli attuali prodotti del marchio vengono preparati solo a bassa fermentazione.

La produzione della bevanda avviene in quattro pas VieneAmmostamento:saggi:trasformato

2013 ha raggiunto traguardi importanti in tema soste nibilità e sicurezza, con il taglio del 60% delle emis sioni di CO2, del 36% dei consumi di energia termica, del 22% dei consumi di energia elettrica e del 12% di quelli L’attenzionedell’acqua.alla sicurezza sul lavoro ha portato al traguardo di nove anni consecutivi senza infortuni nello stabilimento dal 2010.

L’alta fermentazione invece, dura solo 3 giorni ad una temperatura tra i 18 e i 25 °C e viene utilizzata per la produzione di birre fruttate.

serie di birre da 66 cl e da 75 cl con “tappo meccanico”[23] con la riedizio ne di quattro tra le varie etichette utilizzate nella storia del brand: quella blu intenso con la scritta “Birra Ichnusa Cagliari” (l’unica col nome della città natale) e i quattro mori utilizzata nel perio do precedente alla secon da guerra mondiale, una risalente al dopoguerra di colore giallo intenso con i quattro mori racchiusi in un ovale bianco, la ter za di colore bianco con tornata da un bordo dora to e la base celeste, tipica degli anni ‘70-’80 e l’ul tima con la tipica losanga rossa spezzata dal logo inscritto in un poligono dorato. Dal 2019 è stata creata una specifica linea dedi cata all’Horeca chiamata Vuoto a buon rendere, la quale prevede appunto il ritorno in birrificio dei vuoti a rendere per un riutilizzo fino a 20 anni della stessa bottiglia. Differentemente dalle bottiglie destinate alla GDO esse presentano, in ciascun formato (66, 33 e 25 cl) il tappo di colore verde e una scritta “ri spetto, riuso e impegno”, nel collo della bottiglia. Eventi e iniziative Nel 2018 e nel 2019 è stata lanciata una cam pagna di sensibilizzazio ne per la gambienteDinamoalGNO.tadell’ambientesalvaguardiachiama#ILNOSTROIMPEL’aziendaassiemeCagliariCalcio,allaSassarieaLe(seguepag24)

Maturazione e filtrazione: La birra riposa per due o quattro settimane in appositi serbatoi.

Una volta fermentata e lasciata maturare si passa alla filtrazione, dove la parte liquida viene divisa da quella solida, ed eventualmente alla pastorizzazio ne, che consiste nel portare la birra a una temperatura di 60 gradi distruggendo così alcuni microrganismi presenti e dando al prodotto maggiore conservabilità. Il prodotto Ichnusa Non filtrata salta il processo di filtrazione, mentre l’Ichnusa Cruda salta quello di pa storizzazione.

La birra, chiamata Three Towers Pilsener Beer raf figurava su sfondo blu l’immagine del quartiere Ca stello con appunto le sue tre torri: la Torre di San Pancrazio, la Torre dell’Elefante e la Torre del Leone (quest’ultima oggi inglobata nel Palazzo Boyl). L’etichetta recitava anche Ichnusa’s Special blend. Nel 2012, in occasione del centenario fu creata una 23

della birra tradizionale che si sono succedute con vari restyling, già negli anni ‘50, sotto la gestione Vinalcool, venne creata un’etichetta spe ciale dedicata alla città di Cagliari.

Degustazione: Una volta ottenuto il prodotto finale si può passare al confezionamento e alla degustazione a campione per il controllo qualità. OltreMarketingalleetichette

Il marchio Ichnusa è stato nei decenni spesso promos so attraverso pubblicità tradizionali, quali cartelloni stica, inserzioni sui giornali e spot televisivi.

Dal 2013 al 2015 ci fu l’Ichnusa Music Contest, con corso musicale realizzato in partenariato con Rock TV che puntava a selezionare le migliori band emer genti sarde e premiava queste con l’apertura delle serate del Mondo Ichnusa.

storichebirrewikipediaFoto (segue dalla pagina 23) si sono impegnati in una raccolta di rifiuti abban donati che deturpano il territorio sardo in quattro tappe, due a Cagliari, una a San Vero Milis e una a Sassari nel lago di Bara tz. Dal 2009 si svolge il Pre mio Ichnusa, un’iniziati va rivolta inizialmente al corso di marketing della Facoltà di Scienze econo miche, giuridiche e poli tiche dell’università degli Studi di Cagliari ma ne gli anni estesa anche agli studenti delle facoltà di Studi Umanistici. Essa prevede una prima fase di seminario e, in seguito, lo sviluppo di un progetto di valorizzazio ne del marchio, che per mette di svolgere a uno degli studenti partecipan ti un tirocinio retribuito della durata di sei mesi all’interno del reparto Marketing di Ichnusa. Ichnusa dall’inizio degli anni 2000 ha legato la sua immagine alla mu sica. Dal 2008 al 2016 organizzò il Mondo Ich nusa, una kermesse di tre giorni di concerti gratuiti sulla spiaggia. La prima edizione, con i Tiromancino, Frankie hi-nrg mc e Daniele Sil vestri, si tenne al Poetto a Cagliari e lì si volse fino al 2012, per poi altre quattro edizioni a Marina di Torre Grande ad Ori Suistano.palchi delle spiag ge sarde suonarono gli Afterhours, J-Ax, i Sud Sound System, Neffa, i Negrita, i Litfiba, Alex Britti, Max Gazzè, Malika Ayane, Salmo e i Subsoni ca. La manifestazione nel 2017 non venne più ripro posta in quanto Heineken scelse di concentrare i pro pri sforzi per pubblicizzare il marchio in Italia invece che internamente al mercato sardo.

Nell’estate 2010 sponsorizzò anche il concerto di Li gabue rinominandolo Ichnusa Live Fest. Strettamente legato al concerto, negli stessi anni or ganizzò assieme a Nikon il Concorso Fotografico Ec cellenza sarda, dedicato ai valori e alle bellezze della terra sarda rivolto a fotografi residenti in Sardegna o di origini sarde.

Di quest’ultimi se ne ricordano alcuni famosi come quello del 1994 con una canzone cantata dai Tazen da[33] e lo spot per il centenario del marchio realiz zato dal regista Alessandro D’Alatri e intitolato “Un film d’altri tempi”, trasmesso a pagamento su alcuni canali televisivi nazionali e locali.

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25 Lo spot invece realizzato nel 2017 contestualmente all’ultimo restyling del brand, prodotto dall’agenzia Leo Burnett e diretto dal regista David Holm, ha vinto il premio come miglior spot nella sezione bevande e alimenti al 49º Key Award[35]. Un’evoluzione dello stesso spot è stata realizzata nel 2019 per la campa gna #ILNOSTROIMPEGNO con Legambiente e ha visto partecipi anche Gianmarco Pozzecco e Nicolò SonoBarella[36].statiusati 3 slogan nelle campagne di sponso rizzazione del prodotto: negli anni settanta fu La birra dalla I lunga, aspetto sottolineato anche graficamente nel logo, con la I che progressivamente è stata ridotta coi vari restyling, poi per circa quattro decenni è stato utilizzato Bionda Sardegna e dal 2017 il claim è Ani ma Questisarda.ultimi due slogan sono stati stampati nel terzo millennio anche nell’etichetta del prodotto. L’azienda è legata alla Sardegna anche attraverso lo sport: per diversi anni, in varie fasi della sua storia, è stata tra gli sponsor secondari del Cagliari Calcio e dalla stagione 2016-2017 è diventata main sponsor sulle maglie da gioco. Dal 2012 inoltre è gold sponsor della Dinamo Sassari, storica società cestistica sassarese campione d’Italia nel 2014-2015.

IchnusaMondowikipediaFoto a prima scultura di forma umana che si conosca fu realizzata 35 mila anni fa. È un pendaglio di avorio di mammut, lungo appena 6 centime tri, ritrovato nella grotta di Hohle Fels, in Germa Lania. statuina scoperta nel 2008 rappresenta una donna grassa, con seni spropositati, natiche grandi e sporgenti e una vulva accentuata. Era con tutta probabilità una divinità femminile, da portare al collo. Se a quei tempi la divini tà principale era femmi na, il ruolo delle donne doveva essere importan te, non inferiore a quello dei Anzi,maschi.pertutto il Paleo litico, specialmente 25 mila o 20 mila anni fa, le cosiddette Veneri, statui ne ritrovate in Europa e Asia, hanno rimarcato il concetto del “dio femmi Nonna”. solo: statue e sta tuette di donne abbon danti e gravide, simboli di rigenerazione e nutri mento, erano diffuse in tutto il Neolitico, il pe riodo in cui si imparò a coltivare le piante e ad allevare gli animali. A Çatal Hüyüc, in Tur chia, erano per esempio oggetto di culto in uno dei primi grandi villaggi Eagricoli.divinità femminili obe se, che rappresentavano una dea madre, sono sta te trovate fra i megaliti di Malta, (segue pagina 26)

clusione: nella vecchia Europa, e non solo, era esistita una grande civiltà precedente ai Sumeri e ai Greci. Una civiltà delle donne. Egualitaria, pacifica, che credeva in una dea madre. Già lo storico Johann Jacob Bachofen (1815-1887) aveva lanciato l’idea di un passato matriarcale Sostenevadell’umanità.che alcuni miti greci, da quello delle Amazzoni alla storia di Medusa (vedi nota), non era no il frutto di problemi psicologici con l’altro sesso, ma il ricordo di conflitti sociali veri, che poi portaro no al patriarcato, cioè al dominio del maschio sulla Insomma,femmina.

Perseo che uccide Medusa elimina una antica matriarca, dipinta poi come mostro nel rac conto Bachofenmitico.riteneva che la società patriarcale avesse vinto quando gli uomini si impossessarono del pote re religioso riservato alle donne. Nella visione dello storico Johann J. Bachofen, mo struosi esseri femminili come la Medusa (“colei che domina”) o la Sfinge non rappresentavano la pau ra per il sesso femminile: i Greci, più pragmatica mente, rivivevano con tali miti antiche vittorie sulle grandi matriarche. La studiosa italiana Momolina Marconi (19122006) confermò l’ipotesi del matriarcato con l’idea

DONNEDELLECIVILTALA

Gimbutas (1921-1994), in decine di campagne di scavo, raccolse segni a spirale, simboli femmi nili, e sculture di divinità femminili della fertilità. E anche statuine di “don ne-civetta”, trovate in sepolture che non indi cavano differenze sociali fra i Arrivandodefunti.a una con

(segue dalla pagina 25) dove una civiltà realizzò templi utilizzando gran di blocchi di pietra, nel IV millennio a. C., 1500 anni prima che in Egitto si costruisse la pi ramide a gradoni di Sa Aqqara.Malta venivano im magazzinate scorte ali mentari in granai pubbli ci, inglobati nei templi, dove si svolgevano ce rimonie per distribuire cibo in nome della dea. Il surplus alimentare consentiva il manteni mento di addetti alle opere pubbliche e di un corpo sacerdotale, costi tuito probabilmente da Sacerdotessedonne. che, come la dea madre, non dove vano avere corpi da “ve line”, ma extralarge. Gli insediamenti mega litici non avevano for tificazioni, segno che la guerra era pressoché Esconosciuta.nonsiritrovano solo a Malta, ma anche nelle attuali Gran Bretagna, Francia, Spagna, Italia e in località L’antropologacentro-orientale.dell’EuropaMarija

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L’antropologa Heide Göttner- Abendroth, dell’Ac cademia internazionale Hagia di Winzer (Germa nia), fondatrice dei moderni studi sul matriarcato, ne ha descritto le caratteristiche principali, presenti e passate. «Viene praticata in genere l’orticoltura o una agri coltura di autosostentamento» spiega. «Si vive nel villaggio materno prendendo il nome della madre e se ne ereditano i beni. Ci sono matrimoni di gruppo fra clan e relazioni coniugali basate sulla “visita”, con conseguente libertà sessuale dei partner». La proprietà privata è ridotta al minimo: terreni e animali appartengono al clan. Al posto dello scambio è presente l’economia del «dono.

Così ogni persona ha una parte dei suoi geni nei co noscenti dei clan e tutto l’interesse ad aiutarli.

I mariti abitano invece nel villaggio materno, dove si occupano dei loro nipoti e dei campi. Sono infatti “visitatori serali” della sposa e il mattino presto tornano nel villaggio materno. Il risultato di questa relazione part-time è che i bam bini vengono accuditi dalla madre e dai parenti ma terni, e quasi mai è chiaro chi sia il padre naturale. Quella che conta è la paternità sociale, collettiva. Inoltre, il matrimonio di un elemento del clan A con uno del clan B non è isolato, ma è parte di una serie di unioni.

Le spose restano a vivere nel villaggio della madre dove l’organizzazione e la cura dei figli si avvale de gli uomini, ma questi sono in genere fratelli della sposa, zii e nonni.

la civiltà megalitica del Neolitico era in centrata sulle donne. E decine di etnie risultano essere ancora oggi ma triarcali. Per esempio, i Mosuo dello Yunnan cinese, i Bemba e i Lapula delle foreste dell’Africa centrale, gli indiani Cuna “isolati” al largo di Panamá o i Tro briandesi della Melanesia.

Fondamentale è uno studio sui Minangkabau di Su matra, circa 4 milioni di persone. L’antropologa Peggy Reeves Sanday, dell’Univer

27 che dalla Puglia alla Sardegna, alle coste africane e dell’Anatolia, fosse esistita una civiltà matriarcale, quella dei Pelasgi, che credeva in una Grande madre Un’etàmediterranea.dell’oro, di bilanciamento fra i sessi. Ma questa fase matriarcale è stata spesso considerata un’utopia femminista, nonostante fosse stata ipotiz zata anche dal filosofo ed economista Friedrich En gels (1820-1895) che ne spiegò la fine con la nascita della proprietà privata. Le cose negli ultimi anni sembrano essersi chiarite. Nel 2005 a San Marcos, in Texas (Usa), archeologi e antropologi da tutto il mondo si sono riuniti in un convegno di “studi matriarcali”, confrontando dati archeologici e osservazioni su alcune popolazioni Risultato:attuali.

I valori di cura, i cerimoniali in onore dei cicli della natura e dono discendono da antenate mitiche divi Ilnizzate.matriarcato, fra i Minangkabau come negli altri gruppi studiati, non è il semplice ribaltamento del patriarcato, cioè la dominazione opposta di un sesso sull’altro, ma una cultura di bilanciamento dei ruoli.

Così come fra il clan B e il C. Alla fine i clan sono composti quasi soltanto da parenti.

sità della Pennsylvania (Usa), ha trovato che i loro valori sono incentrati sulla cura, sui bisogni della comunità invece che sui principi patriarcali di “giu stizia divina”, sacrifici e rigide prescrizioni sessuali dettate dall’alto.

Nello scambio si guarda al valore della merce e si soddisfa un bisogno personale» spiega l’antropolo ga. «Nel dono, invece, non si fanno valutazioni mer ceologiche, si soddisfa il bisogno dell’altro». Lo scambio interrompe la relazione (chi ha dato ha dato, chi ha avuto…). (segue pagina 28)

raccolti.tuberiiconsfilanodell’ignamefestalocaleladurantetrobriandesiDonnefocusFoto

Il dono no, va ricambiato prima o poi, e la relazio ne Nellecontinua.società matriarcali capita che il valore dei doni sia più alto o più basso, secondo la volon tà e la possibilità delle Mapersone.ciòche si perde ma terialmente lo si guada gna in considerazione sociale, e al momento del bisogno i conti torna no Questasempre.disparità

Secondo la ricostruzione di Gimbutas, confermata dagli studi genetici e linguistici, in tre ondate suc cessive dal 4500 a. C. al 3000 a. C. popoli guerrieri provenienti dalle pianure del Volga, che avevano ad

nei doni, per esempio di un clan che ha avuto un rac colto favorevole e può donare di più, serve an che come riequilibrio so ciale: la ricchezza viene distribuita meglio. «I clan matriarcali» spiega ancora Göttn er-Abendroth «funziona no su base assembleare, alla continua ricerca del consenso: una famiglia manda il suo rappre sentante, donna o uomo, all’assemblea del clan. Se non c’è accordo si torna a consultare co loro che hanno dato la delega. Lo stesso succede quan do i delegati del clan vanno a un’assemblea di villaggio, oppure quelli del villaggio a una re gionale: se non c’è ac cordo si torna a parlare con chi si rappresenta. L’idea sbagliata che il matriarcato non sia mai esistito era dovuta alla presenza di maschi nelle assemblee: alcuni antro pologi li scambiarono per capi, ma erano solo delegati». Altre caratteristiche dei matriarcati sono la fede in divinità femminili e una particolare credenza sulla Nellamorte.visione matriarcale, dopo la morte si rinasce all’interno del proprio clan: il bambino non se lo ri corda, ma una volta era uno zio o una nonna. Questa idea deriva dall’osservazione dei cicli vege tali, che risale all’inizio dell’agricoltura. Le piante muoiono in autunno, ma i loro semi riposano d’inverno fino a primavera, quando germogliano e rinascono uguali a quelle precedenti. Per questo nell’ipogeo funebre di Hal Saflieni , a Malta, 5 mila anni fa le persone venivano seppelli te in posizione fetale, in attesa che rinascessero nel Iclan.cicli stagionali, le stelle che scompaiono per ritor nare la sera dopo, il Sole che “muore” e sempre poi “rinasce”, lo stesso ciclo mestruale femminile, erano i riferimenti naturali del matriarcato, che portarono all’idea di una Grande madre che rassicurava tutti, femmine e maschi. Perché allora le cose cambiarono?

(segue dalla pagina 27)

La religione e i costumi dei popoli conquistati cam biarono, nella direzione del patriarcato. «Fu un processo lento che, sebbene giunto dall’e sterno, trovò l’appoggio di diversi maschi delle po polazioni matriarcali» spiega l’antropologa Luciana Percovich, autrice del libro Oscure madri splendenti (Venexia). «Si iniziò a pretendere che le mogli si tra sferissero nel villaggio dei mariti. Che i beni fami liari e del clan si trasmettessero per linea maschile». Una svolta dovuta al fatto che la guerra era diventata una forma di economia e la forza maschile era molto più importante di un tempo. Per fare in modo che le terre possedute e conquistate restassero ai propri discendenti, i maschi pretesero la sicurezza della paternità e per questo iniziarono a segregare le donne. Le sacerdotesse vennero subordinate ai sacerdoti.

Fra i Sumeri, il popolo che in Mesopotamia ha dato vita alle prime città-Stato, allo sviluppo dell’irriga zione, dell’agricoltura e alla scrittura cuneiforme, si ebbe un periodo di transizione fra matriarcato e pa Questatriarcato.transizione risultava ben chiara durante l’investitura del re. «Egli doveva accoppiar si con una grande sa cerdotessa che rappre sentava la dea Inanna, versione locale della dea madre» spiega Percovi «ch. I re venivano eletti e re stavano in carica solo un Maanno.poi questi proroga rono i loro mandati, si portarono alla pari con il potere religioso fem minile e, successivamen te, presero il sopravven to designando sacerdoti Ilmaschi.potere da allora diven ne dinastico». Le frequenti guerre raf forzarono il ruolo centra le dei maschi che diede ro ulteriore slancio alle risoluzioni violente dei conflitti, opzioni molto meno popolari nelle società matriarcali. La Grande madre ebbe una variante anche in Egitto, con la dea del cielo Nut, ma poi i fa raoni si dichiararono i rappresentanti in terra di divinità maschili, come Ra, il dio Sole. In Grecia, Zeus mandò nell’oblio la dea madre attuando una completa, innaturale e illogica in versione dei ruoli: par torì lui la figlia Atena, dalla www.wikipedia.orgvilta-delle-donnemento/psicologia/la-ciwww.focus.it/comportaFrancotesta.Capone-

29 domesticato il cavallo e disponevano di armi di bron zo, dilagarono nella vecchia Europa, ma anche nel Vicino Oriente, spingendosi poi sulle rive dell’Indo. Parlavano una lingua proto-indoeuropea e avevano divinità celesti, maschili e guerriere.

Era stata il suo primo amore serio. Condividevano la passione per la lettura e la poesia.

Ma la loro relazione fu burrascosa. Hastings, una volta, descrisse Modigliani come un “cattivo incantevole”.

I due si erano conosciuti nel 1914 e avevano iniziato una storia importante, ma molto conflittuale (anche a causa dei disordini provocati dall’alcol e dalle droghe, nonchè dalla libertà di relazione che i due si concede vano – destinata a durare due anni. In quel periodo, Béatrice ed Amedeo convissero in un appartamento di Montparnasse; la Hastings posò per numerosi dipinti e

futuro della ri cerca nel dall’individua(incostorico-artisticampoècostituitobuonaparte) zione e dall’isolamento di materiale iconografico contenuto sia nei primi strati di un dipin to che a livello di appa rati subliminali disposti dall’artista stesso, imma gini reversibili o composi te, prime stesure. Da anni il nostro gruppo di ricerca di Stile arte sta svolgendo questo lavoro sui dipinti del Rinasci mento italiano (in un arco compreso temporalmente tra Leonardo e Caravag gio, anche con il fine di recuperare texture auto grafiche) e altri studiosi, in Gran Bretagna, operano in modo analogo su dipinti di UnModigliani.neuroscienziato e un fisico dell’University Col lege di Londra (appartenenti all’équipe che sta scandagliando le radio grafie delle opere di Mo digliani) hanno ricostruito un volto e un corpo sotto stanti al Ritratto di ragaz za, dipinto dall’artista tra gli ultimi mesi del 1916 e i primi del 1917, oggi con servato alla tate di Londra. Il quadro nel quadro è stato portato alla luce da Anthony Bourached e George Cann, a partire da un radiografia, attraverso l’intelligenza artificiale e un algoritmo ricostruttivo che, collegato a una stam pante 3d (che ha steso, per sovrapposizione, i colori) ha proposto il materiale iconico in una simulazio ne formale materica. A giudizio dei ricercatori inglesi, Modigliani avrebbe cancellato il ritratto di un’ex fidan zata, sovrapponendo ad esso le pennellate che avrebbe ro portato alla realizzazione del nuovo quadro. Nel catalogo della mostra alla Galleria Lefevre nel 1929, questo quadro era intitolato “Mademoiselle Victoria”. Non si conosce l’identità della ragazza bruna che posò per il ritratto della Tate.

L’ex fidanzata di Modigliani (la cui immagine il pittore avrebbe coperto, secondo l’ipotesi dei ricercatori in glesi) sarebbe invece Beatrice Hastings, una scrittrice e giornalista sudafricana nata a Londra, che aveva cinque anni più dell’artista italiano. Beatrice svolgeva un’intensa attività di recensione criti ca dei pittori parigini.

Amedeo Modigliani ci ripensa Il ricostruiscecomputer il presunto https://www.stilearte.it/modigliacopertodell’amanteritrattodelpittoredanuovaimmagineni-computer-ricostruisce-presunto-ritratto-dellamante-del-pittore-coperto-da-nuova-immagine/

IL

pregiato

Il loro rapporto era caratterizzato da intensa passione, ma anche da scenate furibonde di gelosia, soprattutto nei locali pubblici. E fu proprio in seguito all’ennesimo litigio che la rela zione fra i due s’interruppe nel 1916.

I giudizi dei conoscenti a proposito dell’influsso che ella ebbe sull’artista sono discordanti: secondo alcuni lo incitò a bere e a drogarsi, secondo altri, invece, tentò di curarlo dai vizi.

31 disegni dell’artista.

Ma torniamo alla radiografia del Ritratto di ragazza. Isolata la figura di fondo, con l’ausilio delle nuove tec nologie, il gruppo di lavoro britannico ha utilizzato un programma con il quale è stato prelevata e ricostruita la gamma dei colori e degli abbinamenti utilizzati da Modigliani e il modo con il quale l’artista utilizzava il Ilpennello.ritratto è stato ricostruito e proposto in un versione Emezzo-busto.proposto,in esposizione, in una galleria londinese. Sostanzialmente la radiografia presenta molti materia li iconici sottesi al ritratto finale. Il principale gioco di interazione tra figure è costituito dalla figura visibile e l’immagine, più profonda, di una donna seduta, in una posa che rinvia ad altre opere di Modigliani. La donna e la sua posa, colta nel fondo del dipinto, rinviano con evidenza a un ritratto conservato in collezione privata e cono sciuto con il titolo “Donna seduta davanti a un cami netto (Béatrice Hastings)”. Ciò che risulta stupefacen te, in Modigliani, è la pre parazione delle tele, molto raffinata e accurata, con una tessitura di disegni, sigle, grafemi, figure stese nel primo strato, in pro fondità nel quale raccoglie i propri pensieri, prima di giungere alla stesura fina le, con colori che non sono mai totalmente coprenti, nonostante l’impressione di compattezza che la su perficie comunica, a una certa Questadistanza.tecnica (utilizza ta in particolar modo dai pittori veneti e lombardi del Cinquecento) consente al pittore di creare movi menti attraverso figure che mutano sotto la superficie e di creare un apparato profondo di identità autoNumerosegrafica. radiografie mostrano che le figure composite e cangianti del fondale non possono es sere intese (a giudizio del gruppo di ricerca di Stile arte) come semplici ripen samenti, ma molto spesso, si configurano come un apparato fortemente inter connesso, in grado di agire in modo subliminale sullo spettatore e di raccoglie re in modo differenziato i raggi di luce, come avvie ne in un damasco o in un tessuto Publishedoperato.inFigure nasco ste nei quadri, News and Scoperte

I

Ascoltare la propria voce può significare accogliere parti del passato, storie che non ci sono appartenute di rettamente, ma che en trano nella nostra vita in forma di frammento. Questo residuale aspet ta di essere trasformato e donato, per rientrare nel ciclo della nuova Nellevita. opere di Pietrina Atzori, artista del filo, della trama, della pa rola e della relazione, i materiali raccontano parti del passato e del presente, costruendo inedite relazioni e geo grafie umane. La memoria, personale e collettiva, si fa strada negli accostamenti tra materiali tessili – di riuso, cercati, raccolti e custoditi con cura – e materiali industriali e organici. Ogni composizione, assemblaggio, accostamento è cucito e ricamato. La Atzori ricama poesia, scrive con l’ago e co struisce racconti di stoffa, dove l’occhio si soffer ma su ogni dettaglio, piccolo archivio di materia li tessili ricercati e cuciti, nella lentezza dell’atto, un tempo liturgia femminile, oggi pratica intro dotta nel linguaggio contemporaneo travalican do generi e stereotipi. …” Il programma della XX Mostra del Ricamo di Valtopina, la cui anima visionaria, instancabile ed entusiasta è Maria Mancini, prevede numerosi eventi dedicati al ricamo contemporaneo tra cui vi APPUNTIsegnalo: SU QUESTO TEMPO, mostra inter nazionale allestita nelle sale museali con opere di venticinque artisti attivi sulla scena artistica con temporanea e provenienti da quindici paesi del Ilmondo.progetto espositivo a cura di Barbara Pavan presenta i lavori di Rufina Bazlova e Sofia To car (Collettivo STITCHIT), Manuela Bieri, Tanja Boukal, Beryl Cameron, Susanna Cati, Cenzo

n occasione del la XX edizione della Mostra del Ricamo, pres so la Bibliote ca in Via N. Sauro 32, parteciperò con la mo stra dal titolo CUORE MIO, nel silenzio, TI InASCOLTO.questaoccasione sa ranno esposti progetti artistici a cui mi sono dedicata negli ultimi anni. Molti di questi sono sostanzialmente inediti perciò, non per Ivanadetevela!Salis, storica dell’arte, presenta la mostra con un testo critico di cui riporto al cune righe iniziali, per il resto potrete leggere Pervisitandola.chinon potrà es serci prometto il testo integrale e foto sui so ”cial.

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DI ANNODARE DI ANNODARE

33

L’ARTEter I FILI di Marisa diMALERBAIottiIlariaMargutti

nica sono i tre elemen ti della tradizione, in equilibrio tra loro, capa ci ancora oggi di emo zionare e di dare vita al sogno della Moda del Efuturo.la Sardegna conti nua ad essere epicentro di eccellenze, creazio ni e manufatti che la rendono desiderabile per formarsi e per fare esperienze culturali e Questasensoriali.mostra vuole

La Moda che non Ti aspetti Unexpected Fashion Mostra collettiva fino al 30 THotelCagliari/TPietrinaSettembre2022conAtzoriHotelViaDeiGiudicati6609131CagliariTel.07047400eventi@thotel.ithttps://www.facebook.com/IG:@thotel pietrinaatzoriFoto D

ichiariamolo su Ilbito!futuro della moda è il suo Forma,passato.materia, e tec

raccontare in che modo una materia grezza, sa pientemente lavorata, sia in grado di produrre emozioni e in che modo una tecnica (spesso an tica) possa manipolare materiali diversi come terra, legno, pietra, ferro e lana, per arrivare ad una forma, ad una Laarmonia.professionalità dei maestri artigiani locali si confronta con il dora to e non troppo lontano mondo dell’alta moda e del lusso. Il silenzioso lavoro di questi artisti, colonna portante del design nel senso più ampio, diven ta oggi protagonista in questa Oggettimostra.unicie irripeti bili che potete ammira re al THotel: un albergo che per i prossimi mesi si “veste” di nuova e pregiata eleganza. (segue pagina 34) Cocca, Loredana Galante, Anneke Klein, Alicja Kozlowska, Christelle Lacombe, Linda Lasson, Katrina Leitena, Clara Luiselli, Ilaria Margutti, Laura Mega, Lucia Bubilda Nanni, Maria Ortega Galvez, Debbie Oshrat, Anastasiia Podervianska, Francesca Rossello, Du Songyui, Beatrice Spe ranza, Anthony Stevens, Litli Ulfur, Melissa Zex

Saranno 3 giorni di mostre di ricamo contempo raneo, di incontri, di corsi di tecniche di Ricamo e Merletto tradizionale, con la presenza di molte scuole presenti con il loro stand. Non resta che venire a Valtopina o seguire i social fiberwww.instagram.com/pietrina_atzori_/https://www.facebook.com/pietrina.atzori/artmostraricamo

Via dei Giudicati 66 09131 Cagliari

el 1983 esce il suo primo album “UN SABA TO QuestoITALIANO”.albumloporta subito al successo ed e’ tutt’ora un classico. Lo stile di Sergio è un POP- JAZZ che spesso spazia nel latino e con un uso insolito e innovativo del linguaggio, i temi predominanti sono il quotidia no, l’amore, e le nevrosi metropolitane.

A “Un sabato italiano” seguono 12 album piu’ varie compilation, Sergio partecipa al Festival di Sanremo tre volte, e negli ultimi anni torna con particolare de cisione a sonorita’ jazzistiche e latine.

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Fra le sue collaborazioni eccellenti si annoverano nomi come Dizzy Gillespie, Tony Scott, Mel Collins (King Crimson), Tony Bowers (Simply Red), Enri co Rava, Roberto Gatto, Flavio Boltro, Danilo Rea e molti altri. Col nuovo millennio si trasferisce in California, dove vive e lavora per 12 anni a contatto con le sue radici musicali e facendosi conoscere come chitarrista “Smooth Jazz”. Nel 2008 esce il suo primo romanzo per la Mondado ri, “Disperatamente (e in ritardo cane) ”. Di recente Sergio ha celebrato il trentennale di “UN SABATO ITALIANO” con un nuovo album, “UN SABATO ITALIANO 30”, remake in versione più jazz dello storico album, contenente due brani inediti.

(segue dalla pagina

CristianSilvanaAntonioGianlucamonaEmanuelaviezzo,LoopsdishoValeriaMariapilotasenzapunto,FabioValentinaPeaceArchitecturediDanielaSusannaAnneTizianaCarolaFerdinandoCavicaCarlaSalvatorePatriziaGiorgiaPietrinaAndreinaPartecipano:Argiolas,Atzori,Bistrusso,Camba,Campus,Caria,&Bifulco,Ciani,Contu,CoyonePilia,DucatoEDIZEROforbyECHOME,Enas,Frau,FedericaDanielaGhiani,SimuladiGuconMauroBalletteStudioVertice,conPaolaRiLuppieSiPrasciolu,Melis,Rais,Sanna,Soru, Rosaria Straffalacci, Maria Cristina Boy e Margherita Usai diTra Antonellomare, Utzeri, Marco Caboni di Velet te ClaudiaSospette,V. Mazohl di La Ceramica Medi THotelterranea.

l’appetito, al lontanano le malattie e allungano la vita, ma non solo: aiutano anche a conservare la memoria e Essil’intelligenza.rappresentano dun que un vero e proprio gioiello della dieta medi terranea. (segue pagina 36) 35

el litorale del sud-ovest della Sardegna, in località di Chia, cresce il “Nero di Chia”, una delle varietà di fichi più prelibate del LeMediterraneo.radicidiquesto frutto risalgono alla notte dei tempi, in quanto si ritie ne che addirittura si tratti della prima pianta col tivata dall’uomo, prima del grano e dell’orzo.

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Inoltre per gli antichi si trattava di un frutto sacro e venerato per le sue pro prietà “curative”. A dimostrazione di que sta teoria, un esemplare di fico in ceramica è stato ritrovato presso la torre di Chia, durante una campa gna di scavo dell’antica città fenicia di Bithia. Fin dall’antichità il fico viene celebrato come l’albero della fecondi tà e della conoscenza e da sempre ha un posto nell’alimentazione sar da, soprattutto nella parte sud dell’isola. I fichi prevengono l’i pertensione arteriosa, sono ricchi di vitamine, minerali ed antiossidan ti che aiutano il sistema immunitario a protegge re l’organismo da agenti Sazianoesterni.

E’ uscito inoltre il libro “UN SABATO ITALIANO memories”, un Oscar Mondadori imperdibile. Nel marzo 2015 esce il nuovo album di inediti “POP, JAZZ and LOVE”, interamente in inglese tranne per il singolo “A bazzicare il lungomare”. Il suo mix di pop, jazz e poesia torna a riaffermare lo stile che da sempre contraddistingue l’autore. Nel 2017 nasce una collaborazione artistica con Fran cesco Baccini, col quale pubblica l’album di inediti “CHEWING GUM BLUES”. Nel 2018, fra le molte esibizioni live, pubblica l’al bum “OGGETTI SMARRITI”, un unplugged con tre inediti, e altri brani meno conosciuti della sua carrie ra. A febbraio 2021 è uscito il suo nuovo singolo SERGIO“Gossip”.CAPUTO TRIO Sergio Caputo -Chitarra/Voce Fabiola Torresi – Basso/Cori Alessandro Marzi – Batteria TICKETS € 17,00 + diritti di prevendita INFO & PREVENDITE BOX OFFICE SARDEGNA VIALE REGINA MARGHERITA, 43 CAGLIARI 070 657428

A partire dal 2014 è stato istituito il Registro delle Im prese Agricole per poter utilizzare il marchio De.Co. Inoltre, nel 2016 il Comune e L’Osservatorio Internazionale della Longevità hanno stipulato un protocollo d’intesa per attuare un reciproco scambio di informa zioni.

(segue pagina 35)

ViaFichiaSanta Croce 26A Tel.+393389246305 Domus de Maria fichiaprodotti@yahoo.com www.fichia.com

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Nel volume, il fico nero di Chia viene analizzato sotto la lente di diverse prospettive, come quella storico-e conomica, attraverso le testimonianze dei produttori locali, ma anche dal punto di vista letterario, in cui questo frutto rigoglioso viene menzionato nei testi fin dagli autori greci e latini, e anche da quello degli studi biologici sull’unicità del prodotto. Infine completano il testo alcune sfiziose ricette a base di fico (curate dal prestigioso ristorante Mirage) che possono accontentare tutti i palati.

Nel 2012 Domus de Maria è entrata a far parte di “Fi cus-net – La rete mediterranea delle Città del Fico” e ha consentito al Comune di ospitare il primo con gresso Internazionale che ha visto partecipi i comuni aderenti alla rete.

L’Amministrazione Comunale di Domus de Ma ria ha voluto fortemen te l’opera “Il fico nero di Chia”, (editing della GIA), nel quale i lettori si potranno dilettare alla scoperta di questo frutto Laprelibato.sindaca di Domus De Maria, Maria Concetta Spada, ha dichiarato a tal proposito: “attraverso le pagine di questo volume, rivolto alla promozione delle specialità agroali mentari del nostro terri torio, vogliamo rendere omaggio, in modo par ticolare, ai fichi di Chia che fanno parte della storia della nostra comu Connità. l’intervento dell’uo mo si possono esaltare le naturali peculiarità e vo cazioni della produzione dei prelibatissimi fichi di SiamoChia. orgogliosi di pre sentare questo frutto spe ciale non solo ai nostri cittadini ma anche a tutti i turisti che visitano il no stro territorio.” Il fico è stato per genera zioni alimento e ricchez za per gli abitanti della zona, diventando parte fondamentale delle tradi zioni locali e importante fonte di sostentamento economico per la comu Pernità.tutti questi motivi, il Comune ha deciso di dare il giusto riconoscimento al fico di Chia dotandolo del marchio De.Co. (Denominazione Comunale) e portando avanti, ormai da nove anni, un pro

gramma volto alla valorizzazione della pianta.

Perciò gli abitanti di questa zona hanno dovuto affina re nel tempo la capacità di rapportarsi con la gente che viene da fuori, cercando di convivervi nel migliore dei modi.

I traffici commerciali che hanno caratterizzato il por to, a ridosso del quale si sviluppa il quartiere, hanno anche recato continue novità ed introdotto costumi, usanze, neologismi, riti religiosi, mode, che spesso si sono propagati all’intera Isola e di cui ancora oggi esi stono tracce evidenti nel nostro patrimonio culturale e nella stessa identità popolare.

Dopo la presa di possesso di Cagliari da parte degli Aragonesi (1326), con il nome Lapola si indicò, in seguito, il porto nel suo complesso ed il rione che si formò vicino ad esso.

CAGLIARICITTA’DELLAPANCIALA

Anzi, gli influssi delle culture esterne rappresentano una parte determinante e fondamentale nella storia di Cagliari ed hanno contribuito a forgiare la mentalità dei suoi abitanti.

Anche molti dei numerosi conquistatori che si sono succeduti nei secoli sono passati, in pre valenza, da qui e qui hanno avuto il primo impatto con la popolazione locale.

37 ra gli antichi quartieri di Cagliari Marina è sempre stata la porta aperta verso la città per chi vi arrivi dal mare.

Vennero costruite le mura di difesa che cingevano il quartiere partendo dalla torre dell’elefante per giungere sin quasi al mare, dove fu innalzato il bastione di Sant’Agosti no (così denominato per la vicinanza della chiesa omonima extra moenia); da qui proseguivano ver so est fino alla porta Je Insus.questo tratto si trova va la porta di acceso al porto vero e proprio, de limitato dalla palizzata li gnea, cioè da un migliaio di pali confitti nel fondo del mare e fuoriuscenti dal pelo dell’acqua per qualche metro. Le mura, poi, risalivano verso il Castello lungo l’attuale viale Regina Margherita ed arrivavano alla porta SonoVillanova.stati i catalani a dare una precisa fisiono mia al quartiere con la costruzione di strade verso il Castello che tuttora lo caratterizzano. Edificarono la chiesa di Sant’Eulalia proprio nel cuore di esso e crearono spazi destinati alle atti vità e, in particolare, di quelli di Marina. Le origini di questo quar tiere storico di Caglia ri sono molto antiche; risalgono addirittura al V-IV secolo a.C. quan do le aumentate esigenze mercantili portarono ad abbandonare il vecchio approdo di Santa Oli la. Materiali cartaginesi sono stati rinvenuti nella costa antistante la collina di Castello e, precisamen te, (segue pagina 38)

T

Le navi provenivano, in prevalenza, da Barcellona, Valenza, dalle Baleari, da Marsiglia, da Genova, Na poli, Palermo, Venezia, Civitavecchia.

Le merci portate consistevano in stoffe, seta, lino, ma nufatti in genere; quelle in partenza, invece, erano so prattutto vino, formaggi, cereali, pelli, sale e bestiame.

turismo.itFoto (segue dalla pagina 37) nei pressi della zona corrispondente all’attuale viale Regina Margherita. Con la conquista romana l’area urbana si è concen trata nel territorio cor rispondente all’attuale Piazza del Carmine. Nella zona dell’odierna via Roma, durante i lavo ri di scavo per la costru zione delle fondamenta del Palazzo del Consiglio Regionale della Sarde gna, sono state trovate delle cisterne che funge vano da strutture idriche a sostegno delle attività Eportuali.proprio alla presenza di tali cisterne e di alcuni edifici termali, adibiti a bagni, si fa risalire il to ponimo di Bagnarla (dal latino balneum), diffuso intorno al Mille ed atte stato nella documentazio ne pisana, con il quale si indicava il primitivo bor go Talemarinaro.denominazione ri sulta ancora usata agli inizi del secondo Millen nio, pian piano soppian tata, tuttavia, dal termine Lapola (era così chiamato il luogo su cui venivano depositate le merci per lo sbarco e l’imbarco), che diventerà il nome defini tivo, precedente a quello moderno di Marina. com merciali e mercantili. La darsena fu colloca ta, all’incirca, all’altezza dello sbocco su via Roma dell’odierna via Barcel lona che già nel Quat trocento raggiunse una discreta densità edilizia, come, del resto, la ruga de is moras, l’attuale via Napoli, così denominata perché vi abitavano famiglie o discendenti di ex-schiave che erano riuscite a riscat tare la loro libertà.

Nei pressi di Sant’ Antonio si trovava, invece, il carter dels ferrers, dove lavoravano diversi fabbri.

La vita del quartiere è sempre stata strettamente legata al porto, considerato “notevole” sotto il profilo della Furono,ricettività.in particolare, gli aragonesi, nel Trecento (?) e Quattrocento, a creare le infrastrutture idonee ad uno scalo commerciale molto rilevante per le rotte medi terranee del tempo.

Verso la metà del Cinquecento il volume dei traffici fu molto consistente ed il porto di Cagliari vi si adeguò, dotandosi di un’assistenza adeguata alle imbarcazioni non solo per lo scarico ed il carico delle merci, ma anche per l’approvvigionamento di acqua e di viveri in vista della ripresa della navigazione, nonché per la riparazione di eventuali danni. Si costituì, addirittura, un’apposita corporazione, il

Ma anche l’aspetto urba no del quartiere ha risentito della vicinanza del porto. In analogia a mol te altre città marittime e commerciali del Mediter raneo, anche Marina ha sempre avuto vicoli stret ti, dal tracciato regolare, degradanti verso il mare in senso perpendicolare ad esso e attraversate da altre parallele al porto.

39 Gremio di Sant’Elmo, che riuniva scaricatori, carpen tieri e addetti ai lavori portuali sotto un unico statuto il cui scopo era quello di garantire ai naviganti un pub blico servizio nell’arco dell’intero giorno e della notte. La maggior parte dei lavoratori e degli operatori por tuali, dagli scaricatori ai marinai, ai bottai, ai ristorato ri, ai cambiavalute, ai trasportatori, ai carpentieri, così come del resto i pescatori ed i mercanti, risiedevano nel quartiere, vicino al loro posto di lavoro; perciò l’intera economia di questa zona cittadina era legata a tali attività che, a loro volta, ne attirarono delle al tre. Popolavano il rione, infatti, anche sarti, calzolai, barbieri, fabbri, muratori, falegnami, farmacisti, notai, orafi. Molti, specialmente i mercanti, non erano sardi, ma catalani, maiorchini, valenzani, siciliani, napoleta ni, corsi, francesi, toscani e genovesi. Mentre, quindi, il rione Castello era soprattutto il cen tro politico, religioso, militare e burocratico della cit tà, Marina era la zona nevralgica dei traffici marittimi dove i cagliaritani convivevano con una molto estesa realtà mul-tietnica, quasi del tutto inesistente negli al tri quartieri. Questo ha forgiato un tipo di cagliaritano differente: più diplomatico, più aperto alle novità, più attento agli influssi culturali esterni, più pronto a recepire le parla te straniere, forse anche più ironico ed ilare.

Le principali erano il Car rer de Barcelona, l’odier na via Barcellona, il Car rer de Sant’Olaria, oggi via Sant’Eulalia, il Carrer de Sanct Augustin, oggi via Baylle, il Carrer Mo ras, l’attuale via Napoli, e il Carrer de Gesus (oggi via Cavour) che portava alla chiesa ed al conven to francescani di Gesù e Maria, dove visse e morì il fraticello taumaturgo Salvatore da Horta, uno dei Santi tuttora più vene rati dai cagliaritani. Marina è anche il quartiere che annovera il mag gior numero di chiese, tutte importanti. Sant’Eu lalia (Sant’Olaria anche per i cagliaritani, così come per i barcellone si dei quali è la Patrona) da poco è stata riaperta al culto, dopo i restauri che l’hanno riportata agli an tichi splendori. Nel corso dei lavori sono stati scoperti gli interes santi resti di una strada Ilromana.tempio risale alla secon da metà del XIV secolo e richiama lo stile dell’ar chitettura gotico-catalana; è sempre stato il cen tro della vita spirituale (segue pagina 40)

cagliariartmagazineFoto

(segue dalla pagina 39) dell’intero rione di cui è anche la Parrocchia. Da qui, il giorno di Pa squa, esce in processione il simulacro della Madon na per andare incontro, nella vicina via Roma, al Cristo risorto, partito, a sua volta, dalla chiesa del Santo AncheSepolcro.quest’ultima chie sa è stata recentemente restaurata dopo decenni di assoluto abbandono. Apparteneva in all’Arciconfraternitaoriginedel Crocifisso (costituita nel 1564) che aveva il com pito di dare sepoltura ai poveri ed ai condannati a Lemorte.strutture sono gotiche. Di particolare rilievo il grande Capellone della Pietà fatto costruire nel 1686 dal Viceré Lopez de Ayala, nella viva roc cia, in adempimento di un voto di ringraziamento per la guarigione di una figlia: al suo interno si trova un bellissimo altare ligneo, tra i più significa tivi esempi di arte baroc ca in Sardegna. Fino all’Editto di SaintCloud del 1804, che proibì le sepolture entro l’area urbana, prospi ciente il Santo Sepolcro, esisteva il cimitero del quartiere Marina le cui funzioni furono, poi, tra sferite al Camposanto ci vico di Bonaria, operante dal 1829. Un’altra antica chiesa del rione è quella di Sant’An tonio abate situata nella via InizialmenteManno. (sec. XIV) era inglobata nello Spe dale che comprendeva anche l’attiguo portico. L’edificio religioso venne completamente ricostrui to nel secolo XVIII e con sacrato nel 1723. Ogni anno, nel giorno dedicato al Santo, veniva impartita la benedizione agli animali di cui Sant’Antonio è il Finoprotettore.aglianni Cinquanta del Novecento la manife stazione richiamava mol ti cagliaritani: preceduti dalla banda cittadina, gli animali, fra essi molti cavalli, buoi ed asine li!, percorrevano il breve tratto tra la piazza Venne, dov’era il raduno, e la chiesa, davanti alla quale si svolgeva la semplice ma curiosa cerimonia re Daligiosa.diversi anni la mani festazione è stata ripresa e si svolge nella quasi at tigua piazzetta del Santo Sepolcro: i protagonisti oggi sono gatti, cani, uc celli in gabbia, ma anche qualche iguana, criceti, topolini, conigli, tartaru ghine Attraversandoetc. la via Manno e salendo una sca linata in granito, si arriva alla chiesa delle Claris se Cappuccine, suore di clausura. L’intero com plesso monastico fu co struito negli anni Venti del Settecento. E’ uno dei luoghi sacri più carichi di spiritualità. Una campa nella suona in diverse ore del giorno e della notte in alcuni momenti della vita claustrale e i suoi rintoc chi sono un invito alla preghiera ed alla medita zione anche per chi va di Infretta.questa chiesa sosta il simulacro di Sant’Efisio, quello del Louis, non solo il Lunedì dell’An gelo (Pasquetta) quando, di buon mattino, viene portato in processione in Cattedrale (in ringrazia mento per l’intercessione a favore della città duran te il tentativo di occupa zione dei Francesi del 1793), ma anche la sera del Giovedì Santo, palu dato col mantello nero, in visita ai sette Sepolcri. Nella vicina via Torino vi è un’altra chiesa mol to cara ai cagliaritani ed a tutti i sardi, meta di conti nui pellegrinaggi. E’ la chiesa intitolata a Santa Rosalia, ma più nota come Santuario di

La chiesa è retta dai Padri Minori Osservanti ed è stata per parecchi anni la prima e l’ultima Stazione della Via Crucis che durante la Settimana Santa percorre va, con grande concorso di fedeli, le strade dei quattro quartieri storici di Cagliari. L’antico convento, un tempo collegato alla chiesa dal portico che scavalca la via Principe Amedeo, è oggi sede del Comando Militare della Sardegna. La chiesa di Sant’Agostino, nella via Baylle, è l’unico esempio di architettura rinascimentale a Cagliari. E’ nota anche come Sant’Agostino nuovo per distinguer la da quella che un tempo esisteva fuori dalle mura.

San Salvatore da Horta.

E’ stata riaperta al culto da circa dieci anni a seguito di importanti restauri, alcuni dei quali tuttora in corso. Il tempio, a croce greca, presenta un altare maggiore ligneo di pregevole fattura.

L’annesso convento fu in gran parte demolito nella se conda metà dell’ottocento per far posto al mercato ci vico, ancora vivo nella memoria di molti cagliaritani. Anch’esso è stato, a sua volta, smantellato, negli anni Cinquanta del Novecento; nella vasta area sono sorti due edifici bancari.

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Nell’altare maggiore è conservato, infatti, il corpo del frate catalano, morto nel 1567 in odore di santità e proclamato Santo nel 1938.

Quasi a fianco della chie sa di Sant’Agostino sorge [’Asilo della Marina che occupa una parte dell’ex convento degli Agosti L’niani.annessa Cappella (sec. XVIII) era sede della Confraternita della Ver gine d’Itria, trasferitasi nel 1881 nella chiesa di Sant’Antonio abate. L’Asilo della Marina ha sempre avuto un rilevante ruolo sociale per la città. Si ricorda ancora la figura di Suor Giuseppina Nicoli e, in particolare, il suo in tervento a favore dei pic cioccus de crobi: nell’e state del 1914 cominciò a convincere quei ragazzini sporchi e maleducati a seguirla nel suo Istituto dove offrì un pasto caldo quotidiano, un sorriso e tanto amore. Creò l’as sociazione dei Marianel li (monelli di Maria) che contribuì non poco a far scomparire quella bruttura cittadina. Intorno agli anni Venti i giovanissimi portatori di corbule erano ormai scomparsi. Nella via Roma, la princi pale arteria del Quartiere per ampiezza ed impor tanza, vi è, infine, la chie sa dedicata a San France sco da Paola. Il suo impianto iniziale ri sale al secolo XVII. Ha subito vari cambia menti anche nella faccia ta esterna che guarda pro prio sul porto. Da questo tempio, ogni anno, in aprile, parte una delle due belle processioni a mare cagliaritane (l’altra è quella di Bona ria). (segue pagina 42)

Alla chiesa di San Fran cesco è legato il ricordo delle numerose vittime dei bombardamenti ab battutisi su Cagliari il 28 febbraio del 1943. Molte di esse uscivano dalla Messa di mezzo giorno, in una giornata di sole quasi primaverile, quando dal cielo si sca tenò il finimondo. Dagli aerei alleati piov vero sulla città inerme un’infinità di bombe che portarono distruzione e Unamorte. lapide-ricordo di quella terribile tragedia è stata affissa, in occasione del sessantesimo anniver sario, nel porticato del palazzo del Consiglio regionale della Sardegna, a poca distanza dalla chie Cagliari,sa. però, dovrebbe dedicare a quei poveri morti un ben più degno monumento, specie oggi che si è soliti intestare le strade cittadine ad illustri, o litiasi, sconosciuti. Il ricordo di Cagliari bombardata è tuttora una ferita aperta per i caglia ritani che vissero di per sona quei tragici avveni menti. Il quartiere Marina fu tra i più colpiti, proprio perché situato davanti al porto che aveva una valenza strategica. Le raccapriccianti foto di quei giorni ritraggono i piroscafi in fiamme, i binari del tram divelti, la palaz zata di via Roma con paurosi ed ampi squarci, corni cioni in bilico, gli alberi della passeggiata abbattuti. Di quella lontana tragedia vi è ancora qualche segno visibile: i resti della chiesa di Santa Lucia nella via Sardegna, le aree di alcuni edifici crollati e mai o solo in parte ricostruiti, alcune colonne sberciate dei portici della via Roma. Altre terribili testimonianze sono state fortunatamente cancellate dalla formidabile e rapida opera di ricostru zione della città posta in essere dai cagliaritani negli anni del dopoguerra: così le orribili macerie della chie sa dei SS. Giorgio e Caterina nella via Manno, quelle spaventose tra la via Torino ed il viale Regina Mar gherita, quelle di vico Baylle, di via Principe Amedeo, di via Sardegna, di via Napoli e della via Roma.

Il simulacro del Santo calabrese “Patrono delle genti di mare” viene por tato su un’imbarcazione nelle acque antistanti la città, con grande parteci pazione popolare.

La stessa vasta area su cui è sorto, verso la fine degli anni Ottanta, il palazzo del Consiglio regionale della Sardegna, nella via Roma, appunto, era in buona parte occupata da casette sventrate dalle bombe. I proget tisti di questo imponente edificio, dalle linee decisa mente moderne che si staccano in modo molto netto da quelle prevalenti nell’intero quartiere, hanno cerca to di intaccare il meno possibile l’assetto territoriale.

(segue dalla pagina 41)

teoremacinema.comFoto

L’Aula consiliare è stata, infatti, ottenuta in un am biente sopraelevato poggiante su dei grandi pilastri in

Le stradine hanno mantenuto il loro aspetto di un tem po anche con riferimento alla vitalità quotidiana, per la presenza di banche, esercizi commerciali, botteghe artigianali, ristoranti, trattorie, pioleddas, alberghi, pensioni, locande, scuole, magazzini, studi professio nali, cinema e qualche teatro.

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Il quartiere, del resto, è compreso all’interno di un quadrilatero formato da alcune tra le più rilevanti arte rie commerciali della città: la via Roma, il Largo Car lo Felice, la via Manno, il viale Regina Margherita.

A differenza di quanto è avvenuto in Castello che ha vissuto, invece, un lungo periodo di progressivo spo polamento ed abbandono.

La Rinascente, posta alla confluenza tra il Largo e la via Roma, è l’emporio cittadino più grande e frequen tato; l’hotel Jolly, nel viale Regina Margherita, è tra i più moderni; la via Man no, sa Costa di un tempo, è la via dello shopping per eccellenza, assieme al Largo ed alla via Roma. Certo se si torna indie tro con la memoria ad una cinquantina di anni fa, i mutamenti del rione emergono con evidenza e riguardano soprattutto gli abitanti, moltissimi dei quali sono stranieri: sene galesi, marocchini, cine si, arabi, filippini, indiani. Un quartiere nuovamen te multietnico, insom ma, che di conseguenza è mutato parecchio nelle usanze, nei costumi, ne gli odori, nei profumi, nei Unarumori.volta erano i sottani, is bascius, il vero fulcro della vita di tutti i giorni: le attività casalinghe si svolgevano in prevalen za, in specie col tempo buono, nel tratto anti stante il sottano, ossia nel Moltomarciapiede.spesso si cucina va addirittura in strada, proprio in prossimità dei is bascius: le pento le sbuffanti sul fuoco e le graticole di pesce o di carne spandevano nell’a ria odori gradevolissimi di manicaretti ed arrosti strepitosi; si stendevano i panni appena lavati ad asciugare, su fili retti da due apposite canne obli que; si ascoltava la radio a tutto volume; si giocava a carte; nelle notti d’esta te si prendeva il fresco facendo due chiacchiere con gli amici, stando seduti sulle seggioline im pagliate; oppure, (segue pagina 44)

Ciòcemento.haconsentito di realizzare, sotto di essa, un’ampia piazza accessibile a tutti, nella quale sono state siste mate diverse statue dello scultore di Orarti Costantino ConNivola.lascomparsa delle ferite di guerra, Marina ha ri acquistato la sua antica fisionomia caratterizzata so prattutto dalle case a schiera, abbellite, in genere, da balconi fioriti in ferro battuto con decorazioni e disegni molto vari ed artistici.

Di quella Marina è rimasto ben poco. Oggi le stradine sono frequentate, ma silenziose, ognuno parla a voce bassa. Gli odori prevalenti sono quelli di certi incensi indiani che penetrano dovunque, avvertibili anche a molta distanza.

Di recente le viuzze sono state pavimentate a nuovo e dotate di impianti e servizi moderni.

Is bascius sono quasi tutti scomparsi e con loro tutta quella umanità che vi viveva allegramente, anche se in condizioni igieniche non certo ottimali.

wikipediaFoto non incappare in qualche ubriaco in vena di proferire parole sconce o di tenere atteggiamenti poco gentili.

Era, di fatto, un formidabile centro di aggregazione sociale: molti vi passavano l’intera mattina per incon trare amici e conoscenti.

Ma in Marina c’era soprattutto il grande mercato civi co, sempre affollatissimo e molto rumoroso, rinomato non solo per il pesce fresco, ma anche perché in gra do di soddisfare tutte le esigenze gastronomiche dei buongustai cittadini.

E magari, appena girato l’angolo, la scena cambiava di botto perché ci si imbatteva in qualche giovane che faceva la serenata all’innamorata.

(segue dalla pagina 43) a prescindere dalla stagione, si bisticciava con i vicini ad alta voce rinfac ciandosi amenità di ogni genere. In questo erano insuperabili is crastulas, simpatiche massaie ca gliaritane, ma dalla lin gua molto tagliente e mi cidiale, aggiornatissime, sin nei minimi particola ri, sulla vita ed i miracoli dell’intero vicinato. Negli anni Cinquanta e Sessanta, in particolare, Marina era un continuo susseguirsi di grida, di parole pronunciate ad alta voce, di schiamazzi, di formidabili battute in ver nacolo cagliaritano genu ine e cariche di spietata Eraironia.di moda dare l’ab baia a diversi personaggi della vita quotidiana, a volte senza alcun pudore, provocando l’immediata reazione del disgraziato di turno che profferiva le più dissacranti parolacce con puntuale menzione di madri, sorelle ed antenati. I più bersagliati erano Orighedda, Fili’ ’e predi, Pretta, Pettinati, Peirani, Ciondolino che bazzica vano spesso nel quartie re, per lo più vicino alle chiese o al mercato, per chiedere Caratteristichel’elemosina.erano, poi, le mescite di vino. Questi locali vocianti, illuminati da luci molto fioche, erano frequentati da clienti abituati ad alza re il gomito. Uno era situato all’angolo tra la via Napoli e la via Sicilia. Ed in quel tratto si allungava il passo per

E’ scomparso, trasformato in sede di uffici pubblici, l’albergo Scala di ferro, costruito sui resti del bastione di Monserrat, nel viale Regina Margherita; una vera

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Ultimamente é stato ap provato il progetto di ristrutturazione della via Roma ad opera dell’ar chitetto milanese Stefa no Boeri, autore tra l’al tro dei palazzi chiamati il Bosco Verticale che accolgono diverse pian tazioni ad ogni livello, mentre un altro progetto ad opera di una società privata appena costituita è stato proposto in alter nativa, sperando che i due non facciano la fine del famoso Betile dell’archi tetto Zaha Hadid. Senza dimenticare il fan tomatico tunnel che da sotto la via Roma è finito ultumamente sotto il por to ma avrà la stessa sor te del famoso nuraghe di 300 metri o della statua gigante di Gigi Riva. La metropolitana di su perficie che prolungherà le sue rotaie dalla piazza Repubblica fino alla sta zione FS ricostituirà una delle linee tranviarie che arrivavvano fino al Poet Marinato. non è, quindi, un quartiere statico. Non lo è mai stato e non lo sarà per l’avvenire. E’ sempre stato aperto alle novità ed ai cambia menti che vengono dal vi cino mare, che i suoi abi tanti hanno sempre avuto in casa tanto da meritare da parte dei cagliarita ni degli altri quartieri il simpatico epiteto di culus sfustus, sederi bagnati. Giampaolo Lallai ed paolo-lallai/cia-della-citta_di-giamtavola.it/rivista/la-panhttps://www.sardegnaaltriistituzione per il quartiere, dove avevano soggiorna to famosi ospiti del mondo del teatro, della politica e dello sport. Il quartiere ha una nuova veste, pur restando identico sotto il profilo strutturale. Molti e rilevanti sono i cambiamenti previsti per un futuro abbastanza prossimo e riguardano, in particola re il porto e la via Roma. Per il primo sono già in corso i lavori per un rilancio effettivo dei traffici commerciali e di quelli delie navi da crociera, mediante l’ampliamento di alcuni pennel li per gli attracchi. In quest’ottica è stato da poco demolito il vecchio molo antiflutti, anche al fine di consentire manovre più agevoli alle navi da crociera alle quali sarà riservato il molo Sanità. I traghetti di linea, invece, attraccheranno non più lun go le banchine di via Roma, ma nella zona Sant’Ago stino, lasciando libere le banchine stesse per i natanti da diporto. A questa “rivoluzione” portuale sono lega ti i progetti per il conseguente impatto con la città e quindi, anzitutto, con Marina. La via Roma diventerà una grande isola pedonale, quasi un tutt’uno con la nuova darsena, nonché la par te iniziale della lunga passeggiata a mare che arriverà sino a Sant’Elia.

’Arte Contempo ranea è tanto affascinante quanto fitta di misteri e di quesiti ai quali non è sempre facile dare risposta. Questo perché i confini del concetto stesso di arte si sono ampliati ed evo luti nel corso del tempo e delle varie culture, così come la concezione tradi zionale di arte in quanto rappresentazione realisti ca del mondo che ci cir conda e dell’uomo che vi abita è stata superata. Ai dipinti di paesaggi e ai ritratti di persone si sono così affiancate altri tipi di rappresentazioni, mentre mutano anche i tradizio nali materiali con i quali queste vengono realizza te e presentate al pubbli Neco. parliamo con la Dott. ssa Cecilia Canziani (1976, Roma), curatrice e storica dell’arte, oggi docente di Fenomenologia dell’Arte Contempora nea presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e presso lo IED di Roma. Quali sono i principali problemi per quanto ri guarda l’interazione tra fruitore e opera d’arte contemporanea in relazione all’esposizione di quest’ultima?

E poi certo, dall’apparato testuale.

Che ruolo ha il collezionista nella produzione dell’opera d’arte? Quali scelte applica, nell’acqui sto, ai fini di una corretta esposizione nell’ambito della sua raccolta? Il committente o collezionista ha sempre contribuito con i propri mezzi alla produzione: riscoprire la cen tralità della committenza ha per esempio permesso a Burkhardt prima e a Chastel poi di leggere corretta mente il quadro della produzione artistica del quat trocento fiorentino, tanto per fare un esempio. È altrettanto vero però che oggi, in un momento in cui la committenza pubblica o istituzionale è sempre più latitante, e la tipologia di alcuni lavori richiede tempi e budget importanti, il ruolo del collezionista assume una nuova centralità.

AltrospazioFoto

Insomma, il suo racconto è parte dell’opera, e le maniere di renderlo esplicito sono molte, a partire dall’allestimento, dal percorso museale, dalla rela zione tra opera e spazio.

L

In fondo, credo, gli stes si di ogni epoca: la sua presentazione dovrebbe essere fedele alle inten zioni dell’artista e resti tuire all’opera il suo sta tuto di verità. Che però spesso non basta alla sua decodifica perché l’ar te contemporanea non è solo l’oggetto che abbiamo di fronte, ma anche la sua narrazione, le modalità in cui è stata realizzata, la sua necessità, la sua relazione con la storia dell’ar te recente, ovvero tutto l’apparato interpretativo che deve essere restituito perché l’incontro con lo spetta tore sia pieno e consapevole.

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Le opere d’arte contem poranea hanno talvolta dimensioni monumentali, sebbene non siano monumenti: quali problemi si pongono nella loro conservazione ed esposizione?

Sono frequenti le co-produzioni che vedono colla borare pubblico e privato, e altrettanto frequente l’impegno del collezionista nel sostenere progetti di artisti (che non sempre o non automaticamente en trano a far parte della propria collezione), o ancora – specialmente in Italia – la prosecuzione della tra dizione di mecenatismo nella fondazione di spazi di produzione e esposizione di arte contemporanea che sono sostenuti da fondi privati, ma hanno vocazione Questopubblica.per specificare che sostenere una produzio ne e collezionare sono due cose distinte, che a volte possono poi coincidere, ma a volte no. E allo stesso tempo è vero anche che non sempre le opere che en trano in collezione sono acquisite per essere esposte permanentemente: è il caso ad esempio delle colle zioni di video e film, o di opere effimere di cui si può acquisire un certificato che ne regola la riproduzione – mi viene in mente un lavoro di AVAF acquisito dal MAM di San Paolo: una festa. O un lavoro di Etienne Chambaud nella collezione di Nomas Foundation, le cui condizioni di presentazione sono regolate da un contratto che prevede che l’opera se esposta, cessa di essere un’opera, quando conser vata in magazzino e perciò non esposta, ne mantiene lo statuto.

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Nell’arte contemporanea il problema della conser vazione è complesso e va analizzato caso per caso.

Il video ad esempio è caratterizzato da una tecnologia in continua evoluzione e dunque di difficile conservazione sia a livello di supporto che di L’evemezialitàriproduzione.ola ob solescenza è a volte centrale per il concetto dell’opera e dunque la sua scomparsa è previ sta. Alcuni supporti sono Alcuneinstabili.opere sono realiz zate con materiali insta bili o che hanno reazioni chimiche imprevedibili e possono alterarle in ma niera sostanziale. Le dimensiono monu mentali – che in qualche modo coincidono con il minimalismo e l’arte ambientale, gli anni ses santa-settanta – hanno di fatto indotto a ripensare gli spazi espositivi anche in termini di volume. Poi oggi in effetti la ten denza è quella di avere musei monumento, o mu sei L’evemenzialitàmonumentali. o la obsolescenza è a volte centrale per il concetto dell’opera e dunque la sua scomparsa è previ sta. (segue pagina 48) “Lo stato delle sirene”, Etienne Chambaud. Intal lazione Nomas Foundation, Roma (2010). Altrospazio Artness è un progetto di Thetis SRL Ufficio operativo: Via Olive ti, 110 Centro Direzionale Olidor 54100 Massa (MS) Tel. +39 0585 091214 P.IVA Sede01020100457commerciale: Via Mengoni, 4 20121 Milano (MI) Tel. +39 02 40741330 E-mail: info@artness.it

E la rete non è forse a tutti gli effetti uno spazio pub

Alcuni supporti sono in Alcunestabili. opere sono realiz zate con materiali insta bili o che hanno reazioni chimiche imprevedibili e possono alterarle in ma niera sostanziale.

Poi oggi in effetti la ten denza è quella di avere musei monumento, o mu sei monumentali.

E quali sono gli spazi pubblici a cui l’arte dei no stri giorni può far riferimento?

In maniera cinica mi viene da dire che oggi è il mer cato a decretare in larga parte il successo di un arti sta, ma questo non è del tutto vero.

La serie dei monumenti di Thomas Hirschhorn, dedicati ad Antonio Gramsci, Georges Ba taille, Baruch Spinoza e Gilles Deleuze: strutture temporanee, realizzate in materiali poveri e funzio nali per la ridistribuzione del sapere, attivate attra verso la partecipazione delle comunità locali.

O un lavoro sonoro di Su san Philipsz che si poteva ascoltare raggiungendo termine di una banchina della stazione di Kassel, nelle pause tra il passag gio dei treni, e che tradu ceva in forme di lamento funebre una composizione scritta e rappresentata nel campo di smistamento di Westebrok da Pavel Haas, deportato e morto a The Maresiendstadt.anchel’aggettivo monumentale può essere ripen sato e riscritto e avere poco a che fare con le dimen sioni e molto con le aspirazioni, la capacità di rac conto, la forza di un’opera.

Le dimensiono monu mentali – che in qualche modo coincidono con il minimalismo e l’arte ambientale, gli anni ses santa-settanta – hanno di fatto indotto a ripensare gli spazi espositivi anche in termini di volume.

Monumentale e monu mento: due esempi di opere contemporanee per questi due termini e loro genesi (anche un’opera sola per tutte e due spie gando la differenza).

Se per l’artista antico erano le opere pubbliche a decretarne il successo, cosa invece lo decreta per l’artista contemporaneo?

(segue dalla pagina 47)

O tutti i film di Steve Mc Queen, memoriali a quei morti per i quali non si celebrano commemora zioni pubbliche.

Il consenso attorno a un artista viene decretato da di versi attori: critica, collezionismo, istituzioni e pub blico e deve durare nel tempo. Allo stesso tempo la nozione di spazio pubblico nei nostri giorni è profon damente modificata: sono forse spazi pubblici aree come i cortili di aziende, i centri commerciali, i cortili di università private dove la vigilanza è privata e la proprietà anche e che pur ospitano o commissionano interventi pubblici?

CON SEDE A ROMA (2009-2016) HA CO-CURATO IL PROGRAMMA DI COMMIS SIONI DI ARTI PUBBLICA ZEGNART PER IL GRUPPO ERMENEGILDO ZEGNA (2011-2014). E’ STATA MEMBRO FONDATORE DELLO SPAZIO 49 NON PROFIT PER L’AR TE tiaste.com/2016/07/15/https://closer.colasanTRADDISTINGUONO.NALITÀTUALEDOMANDERISPONDEREDISPONIBILITÀLIAFESSORESSARINGRAZIO2015.PERSTITUTEL’HENRYCHE’POLIL’UNIVERSITÀDELL’ARTERICERCAEVERSITÀCOLLEGESOMASTERHAPIENZA,TÀPRESSOIN2010).1:1PROJECTSCONTEMPORANEA(2006-SIÈLAUREATASTORIADELL’ARTEL’UNIVERSIDIROMALASACONSEGUITOUNINARTSPRESILGOLDSMITHSDELL’UNIDILONDRAILDOTTORATODIINSTORIAPRESSODINA“FEDERICOII”.STATARESEARFELLOWPRESSOMOOREINDILEEDSL’ANNO2014-LAPROCECICANZIANIPERLANELALLEELAPUNPROFESSIOCHELACON cinque-domande-a-que ni/nea-con-cecilia-canziasiti-sullarte-contempora Times)NY(Ph.2013Houses,ForestMonument,GramsciHirschhorn,Thomas

Lara Scanu CECILIA CANZIANI (ROMA, 1976) È UNA CURA TRICE E STORICA DELL’ARTE. E’ DOCENTE DI FENOMENOLOGIA DELL’ARTE CONTEMPORA NEA PRESSO L’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DE L’AQUILA, È ADJUNCT PROFESSOR PRESSO LA AMERICAN UNIVERSITY IN ROME, E INSEGNA PRESSO LO IED DI ROMA. E’ STATA CO-DIRETTRICE DI NOMAS FOUNDA TION, CENTRO PER LA RICERCA E LA PRODU ZIONE DI ARTE CONTEMPORANEA

Iblico?social network hanno cambiato la nostra percezio ne dei confini tra privato e pubblico, i meccanismi di produzione, la distribuzione e anche la formulazione del giudizio: pensa a Facebbok, al crowdfunding, al meccanismo di controllo foucaultiano che costruiamo attraverso piattaforme come air bnb o huber. Lo spazio pubblico è in evoluzione, e questo non può non avere un impatto sull’arte, sul modo in cui viene prodotta esposta e fruita.

D

al “Nuraghe project” arrivano interessanti novità grazie al LiDAR da drone, dal sito nuragico di Brun cu ‘e s’Omu. Risultato vincitore del la call nazionale 2021 per l’accesso ai labora tori mobili di E-Rihs.it e coordinato da Costanza Miliani – direttrice del Consiglio Nazionale del le Ricerche-Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (Cnr Ispc) – è stata messa in campo la tecnologia Laser Imaging Detection and Ranging (LiDAR), offerta in ac cesso dal Cnr Ispc della sede di Potenza per inda gare siti archeologici co perti da vegetazione. Tale tecnologia, utilizza ta su piattaforma aerea, sta aprendo nuove impor tanti prospettive di ricer ca negli studi sul passato umano in tutto il mondo: dal Sud America alla Me soamerica, dal sud-est Asiatico all’Europa. Nella fattispecie, grazie alle competenze del Cnr Ispc, è stato possibile far luce sul sito nuragico di Bruncu ‘e s’Omu, nel territorio di Villa Verde (Oristano), nel quale Ric cardo Cicilloni (docente di preistoria e protosto ria all’Università di Ca gliari) conduce ricerche e scavi dal 2013 grazie a una concessione di scavo del Ministero della Cultu ra e al sostegno logistico e finanziario del Comune di Villa Verde. Il sito al centro del “Nu raghe project” si trova in un’area Trada(XVIII-VIIIdeltel’areahannoricerchevulcanica,prevalentementenellaqualelearcheologicheevidenziatocomefosseintensamenpopolata,durantel’EtàBronzoedelFerrosecoloa.C.),numerosisitinuragici.questispiccaquel

lo di Bruncu ‘e s’Omu, caratterizzato da un mo numentale Nuraghe e un insediamento capannico lo del periodo del Bronzo Finale (1150-900 a.C.), in corso di scavo da parte dell’Università di Caglia “ri.La collaborazione tra l’Università di Cagliari e il Cnr Ispc (sottolinea Riccardo Cicilloni, re sponsabile delle attività di scavo) si è dimostra ta preziosa e foriera di grandi novità, sia dal punto di vista metodolo gico che da quello della ricerca applicata, con la scoperta di inediti e im portanti siti dell’Età del IBronzo.risultati della campa gna di ricerca sono stati anche illustrati al rettore Francesco Mola, in vi sita al sito di Bruncu ‘e s’Omu nelle scorse set timane, il quale ha mo strato grande interesse per i risultati conseguiti e ha auspicato una con tinuazione della proficua collaborazione tra i due enti L’obiettivo”. dei rilievi Li DAR, integrati con pro spezioni multispettrali e nell’infrarosso termico da drone, è stato allarga re il campo di indagine in un’area densamente bo scata, difficile da indaga re con metodi tradizionali di ricognizione e di rilie vo topografico. L’impiego del LiDAR da drone è attualmente uti lizzato dal laboratorio di ricerca AirLab, diretto da Nicola Masini, dirigente di ricerca del Cnr Ispc di SiPotenza.tratta di una piattafor ma su droni per l’acqui sizione di dati telerilevati con sensori attivi e passi vi, parte della piattaforma aerea del Molab, finanzia ta dal Ministero dell’Uni versità e della Ricerca at traverso l’azione del Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020 finalizzata al potenziamento di infra strutture di ricerca, con il progetto Shine.

NURAGHE

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“La straordinaria e inaspettata scoperta – afferma Ni cola Masini, responsabile scientifico delle indagini –evidenzia da un lato le grandi potenzialità del LiDAR su drone che per la prima volta è stato applicato in contesti nuragici, dall’altro allarga l’area di indagine, ponendo nuove domande sulla funzione e l’importan za del sito di Bruncu ‘e s’Omu. Un aspetto importante riguarda l’elaborazione e clas sificazione delle nuvole di punti specie in contesti, come quello nuragico, caratterizzati da una densa ve getazione da dover digitalmente ‘rimuovere’ al fine di visualizzare le variazioni microtopografiche per una sua efficace interpreta zione “Mediantearcheologica”.procedure di enhancement ed estrazio ne automatica dei dati, integrate con la classica attività di ricognizione archeologica si è rag giunto il giusto equilibrio tra l’esigenza di ridurre il ‘rumore’ e quella di enfa tizzare le feature micro topografiche di interesse archeologico – aggiunge Nicodemo Abate, asse gnista di ricerca del nodo E-Rihs.it presso il Cnr Ispc di Potenza -. “La scoperta delle strut ture inedite presso il sito di Bruncu ‘e s’Omu dell’età del bronzo – con clude Costanza Miliani, direttrice del Cnr Ispc e coordinatrice del nodo italiano E-Rihs.it – è sta ta resa possibile grazie all’impiego del Molab, i laboratori mobili dell’in frastruttura di ricerca per le scienze del patrimonio che, guidata dal Cnr con un modello di acces so aperto alla comunità scientifica nazionale ed interazionale, promuove ricerche interdisciplinari in cui le metodologie di indagine più innovative sono impiegate per ricer che di base ed applicate per la conoscenza, la tu tela e la valorizzazione del patrimonio culturale”.

Il LiDAR da drone, rispetto a quello da aereo, offre ul teriori opportunità legate ad una maggiore risoluzione spaziale dei risultati e alla possibilità di effettuare più rilievi sia per migliorare la qualità delle informazioni sia per effettuare eventuali monitoraggi.

NICOLA MASINI Fonti: Università degli Studi di Cagliari e Con siglio Nazionale delle Ri cerche-Istituto di Scienze del Patrimonio perte-rilievi-lidar-drone/ghe-project-nuove-scowww.classicult.it/nuraCulturale

NURAGHE PROJECT

I rilievi LiDAR da drone, eseguiti con un’elevata densità di punti opportunamente elaborati con proce dimenti di estrazione automatica, incluse tecniche di machine learning, hanno evidenziato numerose variazioni topografiche e micro topografiche di notevole interesse archeologico e culturale, non note o cono sciute solo parzialmente a causa della grande difficol tà di rilevarle da terra, oltre alle rovine di un Nuraghe e alle strutture di due insediamenti capannicoli.

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