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Barriere architettoniche, accessibilità e mobilità
di Fabio Maria Ciuffini
Un punto di vista autorevole sulle città del futuro
Il termine “barriera architettonica” entrò nell’uso a partire dagli anni ‘60.
Il loro abbattimento fu accolto inizialmente con indifferenza se non con ostilità. Troppi soldi e troppe complicazioni tecniche per allineare a nuove necessità i futuri progetti, per non parlare dell’adeguare case e città esistenti. Un’ostilità mai apertamente dichiarata ma che si è manifestata nel concreto lesinando sempre attenzioni e finanziamenti. Mi si chiese allora, in qualità di progettista, amministratore comunale e deputato - alla vigilia del D. P. R 384/1978 (poi perfezionato con la legge 13/89) - un articolo in favore della nuova normativa. Lo scrissi spiegando come un ambiente domestico e urbano privo di barriere architettoniche che offrisse ai disabili le stesse opzioni e occasioni di mobilità dei “convenzionalmente abili”, rappresentasse un passo avanti per tutti.
Di come la condizione di disabile potesse capitare a chiunque magari temporaneamente, di come quelle barriere fossero tali anche per passeggini e carrozzelle per non parlare di ascensori verticali o inclinati per ridurre la fatica del salire. Ora, che nella mia condizione di vecchio per cui ogni gradino è un impedimento, uso - se le trovo - le rampe per disabili, sogno ascensori (non scale mobili) diffusi ad uso urbano e sono più che mai convinto della necessità e della convenienza di integrare tutti, disabili e no, in un’unica visione della mobilità urbana.
Certo, l’integrazione fisica non basta da sola a costruire un’empatia che non sia offensiva o puramente compassionevole: non basta chiudere gli occhi per condividere la condizione di un non vedente! Eppure, va sottolineato che la tematica della mobilità dei disabili incrocia oggi più che mai quella della mobilità quotidiana di ognuno di noi. La chiave per una profonda riconversione della mobilità più rispettosa dell’ambiente, dei diritti dei disabili e in linea con gli obiettivi di salvaguardia del clima è data dal recupero del concetto di prossimità. Avvicinare cioè tutto a tutti, in casa e fuori, valorizzando i mezzi di spostamenti meno energivori e inquinanti.

Nasce – o per meglio dire rinasce dopo un secolo di ubriacatura automobilistica - il concetto delle “zone urbane 15” dove in un quarto d’ora a piedi trovi sempre tutto ciò che è necessario alla vita quotidiana;
dove puoi lavorare da casa o in coworking in un ufficio non lontano. Dove è funzionante un sistema di consegna a domicilio di ciò che avrai ordinato online. Dove i dislivelli vengono abbattuti con sistemi di mobilità alternativa praticabili anche dai disabili. Dove, se devi spostarti da una “unità di prossimità” all’altra, lo puoi fare con un sistema di mezzi pubblici efficiente fruibile per chiunque in qualsiasi condizione fisica si trovi. Un mix di antico e nuovo per una profonda riorganizzazione di tutti i servizi e della loro localizzazione, dunque, per abbattere innanzitutto il bisogno di mobilità.
E dove funzioni perfettamente una rete di marciapiedi integrati da brevi tratti di ascensori inclinati nelle città collinari, recuperando lo spazio via via sequestrato dalle auto in sosta o in movimento. E dico marciapiedi larghi, ben pavimentati, dotati di rampe e strisce tattili per i non vedenti o gli ipovedenti e, soprattutto, inibiti a ciclisti e monopattini:
la principale infrastruttura di base per la mobilità urbana, fruibile da tutti, in qualsiasi stato o condizione e un modello di trasporto che renda superfluo l’uso dei mezzi individuali, elettrici o meno che siano. E non è un passo indietro, ma un formidabile passo avanti per avviare un completo processo di integrazione e abbattere ogni disuguaglianza. ________________________________________________ Ingegnere Fabio Maria Ciuffini progettista, ex amministratore comunale e deputato della Repubblica per tre legislature.