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Su quel palco volevo portare una canzone dedicata a mio figlio

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A DIMARTINO

A DIMARTINO

Pochi artisti incarnano lo spirito sanremese quanto Bobby Solo, al secolo Roberto Satti, che ha calcato il palcoscenico dell’Ariston 12 volte. Anche quest’anno aveva provato a farsi ammettere in gara, ma senza successo. Il brano rifiutato è dedicato al figlio minore, avuto da Bobby Solo a 68 anni: «Oggi

Ryan ha 10 anni, io 77», ci ha detto. «Probabilmente non vedrò mai l’uomo che diventerà, così ho affidato a una canzone il compito di rivolgergli la carezza che da grande non gli giungerà da me. La riascolto il meno possibile poiché mi fa venire il groppo in gola. È sorprendente che riesca a far commuovere perfino un uomo

Non ha sfilato sul green carpet di fronte al Teatro Ariston prima che il Festival prendesse il via. Non si è mai presentata in sala stampa e da parte sua non c’è stata nessuna dichiarazione. Intorno ad Anna Oxa ha aleggiato il mistero per tutta la settimana. Si è vociferato di una sua presunta lite con Madame dietro le quinte, ma la notizia è stata smentita ieri da Stefano Coletta, direttore dell’intrattenimento prime time Rai. «Sono andato a controllare corazzato come me. Merito di Bruno Tibaldi e di Danilo Ciotti, quest’ultimo paroliere del pezzo». Il rifiuto l’ha sconfortata?

«Sono sereno. Come me sono stati respinti tanti altri artisti molto validi, tra i quali Al Bano...». Come comincia la sua avventura nella musica?

«Per puro caso. A 14 anni non avevo idea di cosa fare nella vita. Tutt’al più, fantasticando sul futuro, mi vedevo ferroviere. Poi mi innamorai della figlia di un giornalista del New York Herald Tribune, Betsy, che mi parlava sempre di Elvis Presley. Non sapevo neppure chi fosse».

Fu Elvis a gettare in lei il seme dell’arte?

«All’epoca non c’era YouTube, ma per fortuna la mia sorellastra, che viveva negli Stati Uniti, mi inviò due dischi di Presley e li riascoltai ossessivamente. Betsy intanto mi diceva: “ma perché non sfrutti questo bel ciuffetto? Se non canti e non suoni che sta lì a fare?”. Corsi da mamma e le chiesi una chitarra per Natale. Il resto è storia».

Una storia che vale la pena di ripercorrere. Quand’è che Roberto Satti diventò Bobby Solo?

«A 16 anni feci un provino in cui cantai un pezzo di Elvis, mi dissero che ero negato e che non avrei mai fatto il musicista. Scoppiai a piangere, però quella sentenza fu annullata tempo dopo dall’ex direttore artistico della RCA, Vincenzo Micocci, scopritore di talenti quali Francesco De Gregori, Antonello Venditti e Riccardo Cocciante, che sentendomi cantare mi domandò: “Lo firmerebbe un contratto discografico?”. “Sì, ma non c’ho i soldi”, risposi. E lui: “Che ha capito? Se vende dischi i soldi glieli daremo noi”».

E i soldi saranno senz’altro arrivati, del resto vanta brani iconi- personalmente, non è mai successo niente, era solo una boutade, non c’era nessun fondamento».

Lei non ha replicato nemmeno alle accuse di maleducazione arrivare da Fedez, nel corso di una diretta Instagram. Sulla pagina Facebook Oxarte, gestita dal suo staff si legge: “Non entriamo in merito alla strumentalizzazione delle notizie. La stampa o lui lasciano il tempo che trovano”. A spiegare la sua strategia ci ha pensato Pippo Ranieri, meglio ci del repertorio nazionale che le avranno fruttato parecchio...

«Sono terribilmente ingenuo. Le basti sapere che Una lacrima sul viso mi valse introiti per appena quattro milioni e mezzo di vecchie lire, perché la casa discografica mi rubò i diritti sul brano».

Com’è possibile?

«Mi convinsero che ero troppo giovane per firmare, prima che scoprissi che l’età minima è invece di 16 anni. Al direttore artistico andarono anche le somme che avrei dovuto incassare io, e non si parla certo di cifre irrisorie, visto che la canone vendette 12 milioni di dischi nel mondo».

Da cosa si fa guidare quando scrive?

«Dall’istinto. Composi Una lacrima sul viso in appena tre minuti, mentre mamma faceva le patate bollite. Se piangi se ridi ne ha richiesti appena due e mezzo, assieme a Mogol; tre sono bastati per Non c’è più niente da fare».

E della sua prima volta al Festival di Sanremo che ricordo ha?

«Mi sentivo impreparato. Alle prove ero circondato da mostri sacri dinanzi ai quali mi percepivo nullità. Al microfono, anziché la voce, mi uscì un rantolo. Per fortuna mi salvarono facendomi cantare in playback».

Da novellino che trattamento ricevette durante la kermesse?

«Mi sistemarono in una camera seminterrata, non esattamente la suite imperiale. Per fare i bisogni dovevo andare su nella hall. Dopo la performance la situazione si ribaltò: in poche ore arrivarono 300mila ordini di Una lacrima sul viso e nella mia umile stanzetta arrivò il cameriere che mi invitò a seguirlo in una sontuosa suite dei piani superiori. Dalle stalle alle stelle».

Fabrizio Barbuto

noto come Pippo Kaballà, coautore insieme a lei, a Francesco Bianconi dei Baustelle e Fio Zanotti del suo brano Sali (Canto dell’anima): «Parla la canzone: quello di Oxa è un silenzio legittimo, intenso. Fa parte del suo percorso artistico, è la sua scelta». E ha anche raccontato: «Quando abbiamo lavorato al brano, non sapevamo che sarebbe stato al Festival di Sanremo: è stata una sorpresa che Anna Oxa ci ha fatto al termine del nostro lavoro, e di cui siamo stati felici, entusiasti».

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