Strani casi e bizzarre avventure per Sergio Da Silva

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UNO STRANO CASO PER SERGIO DA SILVA

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Sinceramente credo che sia la cosa più assurda che io abbia mai visto, disse la Signora Mainfredi toccandosi la voluminosa acconciatura. Batatinha accennò un leggero sorriso, la fissò da dietro i suoi occhiali da sole a goccia e sentenziò: una samba batucada a Salvador da Bahia, quella si che ha dell’assurdo,mia cara signora, lì c’è dentro tutta l’ossessione dell’Africa. Sergio da Silva era un uomo che odorava di tabacco, non perché fumasse molto anzi, ma era una di quelle persone che lasciano il segno. Passargli accanto quando era immerso a scrivere nel suo taccuino nero era un affare di imprescindibile sconsideratezza, voler entrare nella sfera di una realtà così profonda e penetrante non era certo un gesto di meditato contatto emotivo perché inevitabilmente si finiva per essere schiacciati dalla frenesia rettile delle sue vene. Le mani lunghe sembravano un groviglio di cavi elettrici scoperti dove le dita facevano da corona ad un movimento, uno slancio che probabilmente nasceva dallo stomaco e si bagnava del sudore di una cultura 3


creola. Batatinha scriveva molto, amava farlo allungando le gambe e con una mano sola, senza tenere il quaderno ( e anche se gli era stato fatto notare piĂš volte quanto fosse scomoda e antipatica quella postura lui semplicemente se ne fotteva). A volte s’interrompeva di scatto, prendeva la sua scatola di fiammiferi, si accendeva una camel gialla masticata dai pantaloni e rimaneva immobile dopo la prima aspirata. Cosa pensasse a nessuno era dato di sapere. Attendeva qualche istante, si toglieva dalla bocca piccoli rimasugli di tabacco sputandoli a terra e non era difficile trovarlo a canticchiare una samba bahiana usando la scatola di fiammiferi come accompagnamento. Sergio da Silva conosceva il mondo quel tanto che bastava per essere arrivato alla conclusione che nonostante tutto, nonostante tutto beh, faceva schifo. Vestiva male, pantaloni cachi con la vita alta, una camicia bianca aperta sul petto e un cappello logoro che usava come ventaglio, vederlo indossare una polo bucata della friggitoria “Barroso chicken friedâ€? lasciava intendere che si fosse alzato tardi quella mattina e avesse messo la prima cosa che si era ritrovato tra le mani. A voler essere sinceri Sergio sembrava in tutto e per tutto un poveraccio di Rio de Janeiro, un uomo che viveva alla giornata mangiava maiale e camminava molto. Niente 4


lasciava presagire che dentro il portafoglio portasse un distintivo scaduto della “ Polícia Civil do Governo da Bahia” perché questo era stato Sergio da Silva conosciuto come Batatinha, un commissario di polizia brasiliano. La cosa che aveva dell’incredibile era che dopo poco tempo, ovunque lui fosse, nonostante fosse un uomo di poche parole, tutti incominciavano a chiamarlo “comissario”. Nessuno però osava fare commenti sulle strane cicatrici che percorrevano le braccia del commissario, distoglievano lo sguardo dalle vene atrofiche puntate da spilli o “punture di siringa, ne sono sicura, mio cognato è infermiere” letti di fiume aridi che si trascinano nella foresta, come il lento scorrere del cuore di tenebra di Conrad. D’altronde la magrezza di Batatinha non faceva sospettare nessun tipo di dipendenza, questo era chiaro, la perfetta lucidità di quell’uomo a volte era quasi spiazzante, arguto figlio del Brasile Sergio riusciva a mettere a disagio anche l’interlocutore più smaliziato. Per non parlare delle donne, non che fosse un erotomane da crociera ovviamente ma Sergio da Silva professava una dedizione e una conoscenza della seduzione e del sesso da far tremare le gambe alle giovani sprovvedute ragazze acerbe che frementi di quell’uomo 5


creolo si lasciavano trascinare nel tumulto del Candomblé, la “danza dei negri”, la religione sincretica degli schiavi deportati. Ma Sergio era la sua religione, si era fatto egli stesso divinità feconda, e questo lo sapevano bene anche le donne mature che aprivano le loro gambe languide non più vergini per essere possedute di volta in volta da Obaluiae oppure da San Lazzaro. Il passato del commissario era fumoso come il colletto di camicia di un suonatore di Choro, non presagiva niente di buono e sicuramente avrebbe portato a lungo i segni del sudore (e del sangue) versato. Questo ovviamente oltre alla riluttanza di Sergio a parlare della sua attività a Bahia, aveva portato la gente ad inventarsi ed a propagare tutta una serie di leggende che ormai il commissario non era più in grado di staccarsi di dosso, non faceva niente per smentirle ma alcune avevano dell’incredibile. Testimoni sicuri andavano affermando che una sera di forti bevute il commissario avesse rivelato particolari inquietanti della sua attività svolta come commissario nelle strade bahiane, di come avesse con polso fermato rivolte nelle favelas e di come più di una volta si fosse macchiato di atroci delitti. Beh, non lui personalmente, andava rimarcando l’informatissimo 6


interlocutore, ma i poliziotti da lui comandati e che in fin dei conti, se c’era stato il morto l’ordine sarebbe per forza dovuto venire dal commissario in carica. Alcuni però smentivano tali dicerie affermando che l’estrazione povera e la bontà d’animo di Sergio non avevano niente a che vedere con tutte quelle storie frutto di male lingue ed anzi, era grazie al comisario se in più di un’occasione si era evitata la mattanza nelle baraccopoli. Tra tutte le dicerie però, quella che più risultava fantasiosa e che era veramente difficile d’accettare riguardava il suo presente, o meglio metà della sua vita attuale. Si andava vociferando infatti che disgustato dalla violenza delle strade del Brasile, di tutta quella povertà generatrice di morte e di ossessioni avesse preso una decisione radicale, avrebbe cioè dato una svolta molto particolare alla sua vita. C’era chi andava affermando che Sergio fosse arrivato alla conclusione che vivere avesse senso solo d’estate, perché è proprio in questa stagione che la vita dell’uomo prende una piega più surreale e quindi artistica. Si diceva che da Silva dopo tanto meditare si fosse reso conto di come non solo l’umore delle persone segue il naturale andamento stagionale (malinconiche ed a volte tristi d’ inverno) ma di come in fondo d’estate la gente fosse realmente più libera. Libera dal lavoro, durante le ferie e le vacanze estive, libera 7


di pensare ad altro oltre le infinite scadenze giornaliere, libera di uccidere in modo più artistico. Era qui che di solito l’attenzione della gente si faceva più pressante e attendevano con particolare interesse il proseguo della storia. Dopo tanti anni passati nei vari distretti di polizia e dopo aver svolto indagini dei più incredibili e strabilianti casi di omicidio Batatinha aveva notato che, al di là del modus operandi di ogni singolo criminale, d’estate, quando il mondo si ferma un attimo per respirare, l’inventiva e la crudeltà delle persone trovano il loro naturale libero sfogo. Camminando di notte tra le strade di Bahia (ma non solo) si possono incontrare solitari gruppi di persone vagare senza meta, le luci delle case a volte sono accese fino a notte tarda ma c’è qualcosa di strano, di più estraniante, di più surreale. Ti rimane addosso una particolare sensazione di frenesia sessuale, quel senso cioè di abbandono e rilassatezza con un basso ventre ancora in agitazione dove l’uomo non può che accettare quel particolare stato di “nervoso godimento” come una benedizione. L’estate risulta essere perciò un stagione-fuori-daltempo, perché senza destinazione possiamo trovarci a vagabondare ed a fumarci una sigaretta in silenzio, da soli, come nelle ore che precedono l’alba ma ancora non abbandonano 8


l’infinita profondità della notte. Ci ritroviamo così in uno stato di grazia. Il resto dell’anno per Sergio era pura spazzatura esistenziale. E allora si andava dicendo che le punture sulle braccia fossero rivelatrici di una pratica morbosa. Secondo taluni d’inverno il commissario entrava in uno stato catatonico, quasi di vegetativo letargo iniettandosi le più folli e blasfeme droghe, e poi d’estate si risvegliasse per godere dell’unica stagione che avesse senso essere vissuta. Perché infangare metà della propria vita con la mediocrità e con realtà spicciola?! Chi lo seguisse in tali pratiche e soprattutto con quanti e quali soldi si potesse permettere questo stile di vita non ci è dato saperlo. L’unica cosa sicura, e qui è il punto, è che Sergio da Silva detto Batatinha continuava a fare l’unico lavoro che sapesse fare da sempre, cioè il “comisario” di polizia e nelle lunghe estati che lo attendevano si ritrovava coinvolto nei più surreali e strabilianti casi di omicidio. Per non sbagliarsi e per non perdere la rotta esistenziale però frequentava solamente non-luoghi, luoghialtri, in cui le persone si ritrovano coattamente e forzatamente in contatto, vuoi una crociera vuoi un villaggio turistico, e dove il più delle volte la follia dell’uomo riemergeva dal profondo degli 9


istinti primordiali. Ed è proprio in un villaggio turistico in Marocco che Sergio fu coinvolto nello strano caso della signora Mainfredi. Nella stanza da letto della bella ereditiera calò il silenzio. Il commissario di bordo guardò Batatinha cercando un appoggio alla razionalità che stava vacillando. La signora Mainfredi, sulla quarantina, si stava asciugando la fronte con un fazzoletto e controllando che l’abbronzatura non si scolorisse. Il corpo ancora bellissimo era fasciato da un vestito di lino bianco e sotto si poteva intravedere solo il pezzo inferiore del costume, il seno turgido era libero di premere contro il vestito. Il marito dell’ormai ereditiera era accasciato a terra, vicino al tappeto dell’esotica dependance contorto con un’espressione di terrore stampata nel viso. Tumefazioni ovunque, sangue rappreso sotto la pelle fredda. Alcuni turisti morbosamente curiosi si affacciarono alla porta. Il commissario di bordo di una nave da crociera attraccata li vicino fu chiamato per l’occasione al villaggio turistico. Alla fine riuscì finalmente a parlare: “ In vita mia non ho mai visto una cosa del genere, quale mente malata può uccidere un uomo con un espediente del genere?” “ Lo trova strano?” disse Batatinha. “Certo perdio, come si può uccidere un uomo a colpi di scimmia? Sentenziò 10


il poliziotto guardando Sergio da Silva. “Beh mi sembra la cosa più razionale vedendo in che stato è il corpo di Antoine Meinfredi” (notaio di Bologna). “ E secondo lei dovremmo berci una così “razionale” spiegazione? Crede che quattro peli ritrovati sulla scena del delitto e una cagata non ben identificata su un angolo possano essere più che sufficienti per arrivare alla conclusione che il notaio sia stato ucciso a colpi di scimmia? “ Il poliziotto era in evidente imbarazzo e nervosamente agitato “E dove sarebbe questa fantomatica scimmia mio caro “comisario”, dov’è l’arma del delitto? Vuol farci credere che l’omicida dopo questo folle atto “artistico” abbia costretto la vittima a mangiarsi il corpo del primate e l’abbia forzatamente soffocato?” Batatinha non rispose, prese la scatola dei fiammiferi, si accese la sua camel e inspirò. “Non ho mai detto che la scimmia sia morta, ne che dovremmo ritrovarne il corpo, ho solo detto che probabilmente il signor Antoine Mainfredi è stato ucciso a colpi di scimmia!” Sempre più confusi gli astanti guardarono il brasiliano. “ E allora perlamadonna, dov’è sta scimmia?” Batatinha strinse gli occhi, si guardò intorno, fece cadere la sigaretta per terra e con la punta del mocassino la spense. Fissò la signora Mainfredi per un attimo e poi di scatto le strappò la veste stringendo con forza anche il costume. Il 11


corpo della donna rimase nudo di fronte ad una platea attonita, l’irruenza dell’atto congelò tutti. Le labbra del sesso della donna emergevano da un pube folto ma curato, languidamente bagnate ipnotizzarono gli occhi dei presenti i quali inorriditi poterono notare come in realtà la crespa peluria proseguiva anche nella parte posteriore, intorno ad una protuberanza che sembrava una coda atrofica, delineavano i glutei della donna come il posteriore di un gibbone. Il corpo della signora Mainfredi aveva ora qualcosa di scimmiesco, sensualmente attraente e nello stesso tempo animale. Inconsapevolmente la signora con un gesto pudico si coprì il seno con le mani senza badare al fatto che lo scandalo fosse da tutt’altra parte. Batatinha lasciò la stanza accennando una samba con il movimento dei fiammiferi dentro la scatola, senza spiegare quale fosse il movente dell’omicidio, senza spiegare perché la donna quasi-scimmia avesse malmenato il marito fino ad ucciderlo e poi avesse defecato in un angolo. Ma questo spettava al commissario di bordo, questo riguardava la vita normale, non quella di un uomo di samba.

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No me vai ornamentar E pra no sofrer desiluso Nem passar decepo Eu vou sambar

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UNA TELEFONATA INASPETTATA PER SERGIO DA SILVA

Nemmeno il silenzioso spumare del mare ebbe la forza di contrastare il corpo mulatto e carismatico di Sergio Da Silva. Quella mattina era sceso presto verso la spiaggia solamente con una sacca militare senza una cinghia e con delle espadrillas consunte. Sergio era stato e continuava ad essere un uomo di mare, perché era convinto, e dava a vedere, che le priorità della vita che si era prefissato seguissero uno schema di stabile equilibrio. L’ex “comisario” di Salvador da Bahia aveva delle mani nerborute, ostinatamente maschili, bruciate dal sole e levigate dal seno di innumerevoli donne che come pietre pomici ne avevano lisciato la pelle. Come se l’acqua del mare fosse l’ennesima amante, Sergio nuotando la stringeva e la 14


spingeva ad ogni bracciata. Era mattina presto e ancora prima aveva seguito il sentiero lungo il litorale che lo avrebbe portato alla spiaggia dei “sassi neri”. Ancora la calca dei corpi abbronzati e dei giovani aitanti era lontana a venire e questo era per Sergio il momento migliore per farsi una nuotata e scaricare il nervosismo di una notte insonne. Capitava spesso infatti che per un numero imprecisato di sere il commissario andasse a dormire agitato senza una precisa motivazione e il più delle volte ciò precludeva un sonno ristoratore. Sicuramente l’alcol e qualche pesante bicchiere di rum Añejo giocavano a suo sfavore, a volte però si faceva persistente il ricordo del vecchio Brasile, quel languido luogo della memoria che gli bagnava l’anima, e come una ferita non poteva scrollarsi di dosso la sensazione di un pattugliamento notturno ad un quartiere controllato dai trafficanti di uomini, mercenari della carne, insulsi pederasti dell’umanità. Vedeva questi venefici scarafaggi elettrici leccare le gambe sporche e acerbe di giovani che avevano condannato la loro esistenza per un po’ di colla e la polizia agitata rastrellare favelas e sporcarsi le mani con il sangue di innocenti…

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Niente di tutto questo, o solo in parte riusciva a filtrare quella barriera prima mentale e poi fisica che faceva del commissario un uomo straordinariamente silenzioso. Uscendo dall’acqua si lisciò i capelli all’indietro, si mise a posto il costume e guardò il cielo. Buio pesto, nubi pesanti oscuravano l’alba, un pomeriggio di piogge battenti l’avrebbero costretto a rinchiudersi in casa come un topo spaventato. Con il sapore del mare nell’anima e il desiderio di tabacco sulle labbra Sergio prese la via del ritorno. Tra gli scogli, come fosse un’alga marrone o una bottiglia d’acqua incrostata, un anziano pescava in disparte. Sergio lo fissò. Che di nuovo vecchio? L’uomo sorrise – Sei solo? – disse l’anziano - Mi guardi dentro pescatore? – sentenziò ironico Sergio da Silva detto Batatinha - La spiaggia è deserta, non ho mai visto nessuno farsi una nuotata così di buon ora - Non riuscivo a dormire… Il vecchio fece un cenno d’assenso con la testa, segno di empatica comprensione e svogliatamente continuò a pescare. Giravano voci, ovunque andasse che per dimenticare il passato o per apprezzare meglio il presente Batatinha facesse un uso poco 16


oculato di sostanze “esotiche” ed anzi ancora più inquietante era la diceria riguardante il suo surreale e malsano stile di vita. Si diceva infatti che rifiutando l’inverno come stagione tristemente reale Sergio Da Silva si rifugiasse in un sonno drogato per almeno la metà dell’anno e si risvegliasse solamente durante la bella stagione per assaporare quel senso di distacco e di irreale silenzio di un’afosa domenica d’estate o di una notte d’agosto in una città deserta. Rifiutando di lavorare, di scendere a patti con la realtà, di abbassarsi all’inutile pedanteria di un periodo privo di fantasia Sergio viveva la sua vita estiva lenta e sospesa come se ogni giorno gli istanti di vita seguissero ubriachi un ritmo sensualmente tropicale. Come riuscisse a farlo e chi lo aiutasse in un’impresa così folle a nessuno era dato di sapere. Nei sogni morfinici di Batatinha gli dei del Candomblè danzavano erotici. Sergio si accese una Camel, prese la sacca e si avviò al resort canticchiando una samba accompagnandosi ritmicamente con una scatola di fiammiferi. Quando risalendo la scarpata vide del movimento dalla posizione sopraelevata e notò che dall’altra parte della spiaggia, più in basso, una piccola imbarcazione della guardia 17


costiera stava tornando accolta da alcune persone. Incuriosito si mise seduto su una pietra continuando a fumare. Cosa avevano trovato? Perché tanto movimento? A cena venne a sapere da alcune facoltose villeggianti che il cadavere di uomo era stato ritrovato su sul fondale marino. - Le giuro commissario - Ex commissario signora mia,l’interruppe Batatinha - Certo come vuole, scusi, beh veramente qualcosa di inquietante, ancora ho i brividi se ci ripenso- disse la signora Maria Teresa Orpelli moglie affettuosa e fedele consorte del maresciallo Orpelli Michele - Non si faccia impressionare troppo da queste cose mia cara signora, la gente muore, un piccolo turbamento che inaspettatamente rompe la tranquillità di questi giorni stanchi- disse Sergio allungandogli un drink dall’improbabile colore. La signora Orpelli non ascoltando affatto il consiglio del “comisario” continuò il suo racconto con malcelato patema di cuore. - Ho sentito dire che l’uomo alloggiasse qui in albergo, un certo Tazio Battevardi credo18


sussurrò la bionda cinquantenne cercando con lo sguardo l’approvazione dell’amica. - Non capisco come si possa compiere un delitto del genere! Si fece avanti l’amica interpellata - Zavorrare un uomo con grossi macigni, spingerlo giù fino in fondo al mare e lasciarlo morire così, affogato, senza via di scampo! Si mise le mani davanti agli occhi - Ho sentito dire che l’hanno rinvenuto seduto, come se stesse aspettando una telefonata e infatti… La signora Johanna si interruppe. Batatinha la fissò incuriosito – E infatti?! l’incalzò lui – E infatti (continuò la signora Orpelli) l’hanno trovato con un cavo telefonico che gli fuoriusciva dallo sfintere anale, se mi permette la parola, e si inseriva nella sabbia del fondale come per collegarlo al buco del culo dell’oceano – disse maliziosamente divertita Maria Teresa Orpelli con un leggero bagliore di perversione negli occhi troppo audace per la moglie di un maresciallo. Sergio la fissò incuriosito, si inumidì le labbra, vi accese una Camel e appoggiò i gomiti sul tavolino del bar Mocambo dell’albergo. Non disse niente, si limitò ad aspettare. L’accaduto aveva tutte le carte in regola per essere un 19


“nuovo caso per Sergio Da Silva”.Per ora però quello di cui aveva bisogno era di una doccia fredda e di una Camel fumata in solitudine. Non per meditare beninteso, per quello aveva tempo, ma per prendersi un attimo di respiro. L’omicidio di Tazio Battevardi era ormai sulla bocca di tutti e le indagini andarono avanti per giorni. La polizia di paese, risvegliata da un letargo debilitante era ormai sicura di essere vicina alla risoluzione del caso. Come l’inetto si mette al lavoro freneticamente vuol dimostrare la sua attitudine all’operare. Batatinha divertito seguiva lo svolgersi delle indagini. Inutile a dirlo era convinto che stessero sbagliando tutto. Infatti la via scelta dalla polizia di un piccolo paesino di mare era inevitabilmente quella dal risvolto pruriginoso, un caso di gelosia di morte e di omosessualità per il piacere delle signore villeggianti e di paese. Tutti ormai sapevano ed erano convinti che Tazio Battevardi tenesse in piedi una relazione omosessuale extraconiugale e che l’amante ingelosito dalle telefonate continue della moglie avesse voluto punire il libidinoso Tazio. Era chiaro che la moglie sospettasse qualcosa (anche se lei continuava imperterrita a negare) e che il violento pederasta

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avesse inflitto una pena deviata al suo amante come era nelle corde della sua natura. In questo caso più che di corde, si parlava di cavi telefonici nella fattispecie. Il problema vero risiedeva nel fatto che non si riuscisse a trovare l’amante geloso, anzi nessun candidato era disponibile anche se molti, illuminati dalle indagini, andavano “ricordando” atteggiamenti perniciosi e scabrosi con i più improbabili villeggianti. Come da copione infatti il bagnino risultò essere l’uomo ambiguo che il caso richiedeva. Dopo due giorni di interrogatori però fu rilasciato per insufficienza di prove ed ora si brancolava nel buio.

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- Commissario lei cosa ne pensa? gli chiese un giorno il maresciallo Cordiali - Non sono più commissario da tempo- rispose Sergio pensieroso giocherellando con uno stecchino da denti tra le dita - Ha dell’incredibile questo, non crede? Batatinha non rispose -Eravamo sicuri ormai di aver risolto il caso anche se il bagnino non so, secondo me nasconde qualcosa- Perché avete pensato proprio al bagnino? - Beh chi altri avrebbe potuto trascinare il corpo di Tazio fino in fondo al mare e fissarlo al fondale con un cavo telefonico, in quella maniera poi… voglio dire ci vuole una certa abilità e confidenza con il mare per poter ordire e portare a termine un omicidio così efferato! - Anche io so nuotare- disse sorridendo e provocatorio Sergio - Beh ma che c’entra, lo sa come vanno queste cose , quando la gente va in vacanza beh, è un po’ come il maestro di sci.. Sergio lo fissò, il maresciallo per fortuna si fermò da solo. Nella stanchezza di un afoso pomeriggio estivo solamente le cicale osavano cantare, tutto il resto era silenzio. Maresciallo se mi permette credo 22


che abbiate sbagliato il punto di vista, tutto ciò che parte ha un punto di origine. - Non la seguo. - E’ proprio questo il punto, dovevate seguire il cavo non risalirlo, non avete notato che manca il telefono nell’alloggio in Hotel? E con questo? – Secondo me se i sub scavassero nel fondale probabilmente avrebbero un’inaspettata sorpresa… Ormai alle corde la polizia seguì i consigli di Batatinha. Sotto la sabbia tra i detriti del fondale fu ritrovato un telefono digitale da camera, quello di Tazio probabilmente, con il cavo tagliato dai sub al momento del ritrovamento del cadavere. Con molta probabilità Sergio Da Silva aveva colto nel segno perché la polizia non aveva né l’intelligenza né un’agilità mentale superiore per poter pensare allo stupefante ritrovamento di un oggetto di un’antica civiltà pre-oceanica scomparsa. Non che Sergio l’avesse mai pensato, chiaramente, ma tra di loro chi era ottuso non era di certo lui. Una volta asciugato e ripulito Batatinha fece collegare l’apparecchio alla rete telefonica e pigiò il tasto che richiamava l’ultima telefonata effettuata. Tutti rimasero con il fiato sospeso. Rispose una

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casella vocale, la voce di Tazio Battevardi risuonò metallica e rauca. “Registro questa che non è né una confessione né un mea culpa, non voglio la vostra compassione e non ne ho per voi, mi siete indifferenti come mi è indifferente la mia vita (in sottofondo il rumore di un televisore acceso). Non credo potrò guarire o almeno questo è quanto mi è stato detto, anzi da quanto mi è parso di capire mi manca meno di niente, Cristo che merda (il rumore di un bicchiere di vetro che si riempie di liquido), comunque ho convertito tutti i miei averi che avevo messo da parte in blocchi d’oro, me ne vado nel fondo dell’oceano con la mia preziosa zavorra ma almeno la bella signora dai facili costumi, la troietta insomma, non avrà altro da me. Ho sprecato troppo tempo con mia moglie, ora voglio solo stare un po da solo (rumore di una bevuta)…beh…fanculo”. La registrazione si interruppe. Sergio fissò gli astanti e sorrise al pensiero dei lingotti d’oro spacciati per pietra grezza e usati come zavorra e soprattutto lo divertì il pensiero che nei prossimi giorni sarebbero partite delle spedizioni per ritrovare quelle pietre di inestimabile valore che con molta superficialità erano state rigettate in mare. In fin dei conti, anche da morto, Tazio 24


Battevardi l’aveva messa in culo a tutti. Ma ancora l’idea non era emersa nelle menti disorientate dei presenti, presto però ci si sarebbe divertiti. - Samba -

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