Pugni chiusi

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«Nel tuo borsone. Rilassati, filerà tutto liscio bredda. Credimi.» «Speriamo.» Forse la fortuna era veramente dalla nostra parte. Riuscimmo a trovare due biglietti per un volo in partenza tre ore dopo. Fatto il check-in, Pete andò a pisciare e io mi diressi verso le panchine vicino alle vetrate che affacciavano sulla pista. Mi accomodai vicino a una signora con un bambino seduto sulle ginocchia. Ingannai l’attesa, che diventava ogni secondo più insopportabile, osservando gli aerei che manovravano sulla pista. Un grosso Boeing si era appena staccato dal suolo, quando il mio sguardo si posò su una zona della pista dove erano parcheggiati dei velivoli molto più piccoli. Un uomo passeggiava senza fretta, probabilmente aspettando il momento del decollo. In prospettiva non mi appariva più grande di un’unghia, eppure un piccolo particolare mi giunse nitido agli occhi. Quell’uomo aveva ai piedi un paio di scarpe rosse. “Non può essere. Sto impazzendo, ora vedo anche i fantasmi.” Gelide gocce di sudore iniziarono a corrermi lungo la schiena. Mi voltai verso la mia vicina. «Mi scusi, signora. Anche lei vede…» «Brian?» Vidi Pete venire verso di me. La sua espressione passò rapidamente dalla perplessità alla preoccupazione. «Cazzo. Che ti prende? Sei bianco come un lenzuolo.» Indicai col dito tremante verso la pista. «Credo…credo di aver visto Lin.» «Non dire stronzate, sarà un altro muso giallo.» Scrutò la pista, poi aggiunse: «Io non vedo nessuno.» Anch’io non vedevo più nessuno. «Avvisiamo i signori passeggeri che le operazioni di imbarco per il volo 2505, diretto a Gran Luz, sono cominciate al gate 15.» Pete mi sorrise. «Contento? Finalmente ce la squagliamo!»


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