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Mercoledì 23 maggio 2012

ITALIE

ETEROLOGA, RIMANE IL DIVIETO MA I GIUDICI POSSONO RICORRERE Per la Corte la Legge 40 non è incostituzionale (FOTO ANSA)

giudici della Corte costituzionale hanno deciso di non decidere sull’ultimo baluardo della legge 40: il divieto di inseminazione eterologa, cioè la possibilità di impiantare nell’utero un embrione ottenuto con un ovulo o uno spermatozoo donato. Tre tribunali italiani si sono rivolti alla Corte portando i casi di coppie non fertili la cui unica possibilità di avere un figlio è ricorrere a questa tecnica, ma la risposta ottenuta ieri è stata sostanzialmente un rinvio al mittente, un invito a ripensarci su considerando la sentenza emessa nel frattempo dal tribunale di Strasburgo.

I

LO SCORSO novembre, rispondendo a una richiesta simile di cittadini austriaci, la Corte europea disse (in seconda battuta, rovesciando il primo parere) che ogni Stato è sovrano nel gestire la materia, seguendo gli

Soddisfatti e contrariati Alfredo Mantovano (Pdl) e Ignazio Marino (Pd) sviluppi della medicina, e che la legge austriaca non violava i diritti dell’individuo. I movimenti italiani anti eterologa esultarono vedendo in ciò anche la legittimazione del precetto contenuto nella legge 40. “Non sono d’accordo – si oppone la co-

B. La Consulta decide oggi sull’impedimento diritti tv n Consiglio dei ministri era un legittimo impedimento Uin apparenza per il premier e il Tribunale di Milano “ha rispettato solo l’ossequio al principio della leale collaborazione” tra poteri, “privilegiando la speditezza del processo”. Queste le ragioni addotte dall’Avvocatura dello Stato di fronte alla Corte costituzionale chiedendo d’accogliere il ricorso presentato dal premier nel 2011 contro il tribunale di Milano nel processo sui diritti tv Mediaset in cui è imputato per frode fiscale. I legali avevano chiesto il rinvio di un’udienza fissata per il 1° marzo 2010 appellandosi al legittimo impedimento perchè l’udienza coincideva con un consiglio dei ministri, slittato dalla data originaria, dedicato al ddl anti-corruzione. Il Tribunale di Milano non accolse la richiesta. Da qui la decisione dell’ex premier di sollevare il conflitto di fronte alla Consulta. I giudici si son riuniti ieri in camera di consiglio: la decisione dovrebbe esserci oggi.

stituzionalista Maria Elisa D’Amico, audita ieri dalla Consulta – Innanzitutto perché il principio enunciato a Strasburgo è sacrosanto quanto ininfluente: ovvio che per l’Italia valga la Costituzione italiana. Anzi, proprio questo è il punto. Perché noi rileviamo una manifesta ingiustizia nella previsione della legge che offre aiuto ad alcune coppie autorizzando tecniche di aiuto alla fertilità, mentre chi ha un problema specifico (ovuli o spermatozoi non adatti a sviluppare l’embrione) subisce una discriminazione. Ciò, anche limitandosi all’articolo 3, è anticostituzionale”. ORA LA PALLA torna ai tribunali che avevano sollevato la questione: se riterranno il verdetto di Strasburgo non risolutivo, potranno di nuovo adire la Consulta. “Speriamo – conclude D’Amico – Nel frattempo magari ci sarà anche un nuovo Parlamento dove discutere di questi argomenti”. In effetti ormai la legge 40 è un colabrodo, piena di proclami e vincoli studiati apposta per limitare la genitorialità assistita progressiva-

mente abbattuti da sentenze – di tribunali civili e della stessa Corte costituzionale – che hanno riallargato le maglie. Ecco perchè perdere ieri anche il divieto sull’eterologa sarebbe stato un colpo mortale per i conservatori. “La sentenza della Corte costituzionale si inserisce nel solco di equilibrio e di civiltà tracciato dalla legge 40 e ribadito dalle sentenza della Corte europea – ha detto Alfredo Mantovano del Pdl – Non ci si illude che i fautori delle sperimentazioni contro natura si acquietino, si spera solo che non ricevano ulteriori sponde dalla magistratura ordinaria”. Laconico il senatore del Pd Ignazio Marino: “La legge 40 è sempre stata ideologica, è ora di andare ai contenuti. La politica dovrebbe aprire gli occhi e le orecchie e accettare che vi sono oggettivamente dei punti da ridiscutere: evidenza che la Corte Costituzionale non ha negato”. Co-

Gli atti rimandati ai tribunali di Milano, Firenze e Catania: pensateci voi me dire: se voleva bocciare i ricorsi, li bocciava di netto. Nel frattempo molte coppie non fertili dovranno continuare ad andare all’estero, spendendo un sacco di soldi e rischiando in proprio: sono tremila all’anno.

MONTECITORIO

AGCOM: VOTO RINVIATO LA LOTTIZZAZIONE RESTA di Caterina Perniconi

passo avanti. E uno indietro. Questo è il bilancio di ciò Udeinche è avvenuto ieri a Montecitorio in merito alle nomine commissari per l’Autorità garante delle Comunicazioni. Il passo avanti è il rinvio della votazione dell’aula prevista per oggi alle 11, posticipata al 6 giugno. In queste due settimane il presidente della Camera raccoglierà i curricula dei candidati (entro il 31 maggio) e li invierà a tutti i deputati affinché possano valutarli. Ma purtroppo quest’operazione è solo di facciata. Ed ecco il passo indietro: a presentare i profili potranno essere solo i gruppi parlamentari. Quindi le candidature difficilmente cambieranno rispetto agli accordi già esistenti. In più non ci sarà il tempo per le audizioni che potrebbero saggiare la reale competenza e terzietà dei candidati. “SONO LE 16 – ha dichiarato ieri il portavoce dell’associazione Articolo 21 e deputato del gruppo Misto, Beppe Giulietti – e nessuno sa quali nomi dovremmo votare domattina salvo rinvii. Una prassi inaccettabile”. Giudizio che non è cambiato dopo aver appreso le nuove regole: “Ci auguriamo – ha aggiunto Giulietti – che non solo i gruppi, ma anche i singoli parlamentari, e chi parlamentare non è, possa presentare proposte che dovranno comunque essere valutate”. Per questo motivo il sito dell’associazione Articolo 21 sarà a disposizione di chi vorrà inviare il proprio cv e quelli che avranno i requisiti saranno consegnati alla presidenza della Camera anche grazie alla disponibilità del capogruppo del gruppo Misto, Siegfried Brugger, firmatario di un appello bipartisan anti-lottizzazione. Maggiore trasparenza è stata invocata anche dall’Italia dei valori: “La procedura individuata è del tutto insufficiente e insoddisfacente perché mancano dei passaggi formali per valutare i candidati”, ha spiegato Massimo Donadi che avrebbe voluto un ciclo di audizioni. Antonio Di Pietro, insieme ad Arturo Parisi, si sono spinti anche oltre: “Nomine alla luce del sole perché non siano i controllati a scegliere i controllori. Deve finire la partitocrazia intesa come spartizione delle poltrone, una prassi consolidata e che vogliamo considerare definitivamente chiusa. Il tempo dei fogli e degli accordi allo scuro lo vogliamo considerare alle nostre spalle”. Una delle candidature che certamente arriverà sui banchi dei deputati è quella di Stefano Quintarelli: “É come Pizzarotti – ha dichiarato Di Pietro – prima lo conosci e poi l’apprezzi. Ma molti parlamentari non sanno nemmeno chi sia. Per questo motivo serve informazione e trasparenza”.

Fonsai, la Consob mette Ligresti spalle al muro UNIPOL POTRÀ COMPRARE SENZA OPA, MA SALTANO LE GARANZIE LEGALI PER SALVATORE E FIGLI di Vittorio Malagutti Milano

a Consob sbatte la porta in faccia Lcontrollo ai Ligresti. La Commissione di sui mercati ha deciso che Unipol potrà comprare Fonsai senza lanciare un’onerosa offerta pubblica in Borsa. La famiglia del costruttore siciliano, responsabile della grave crisi del gruppo assicurativo, dovrà però rinunciare ai ponti d’oro garantiti dalla compagnia controllata dalle Coop. Quindi niente manleva legale. E se andrà in porto la fusione a quattro tra la holding Premafin, Fonsai, la controllata Milano e la stessa Unipol, Salvatore Ligresti e figli non potranno esercitare il diritto di recesso che garantirebbe loro una manciata di milioni. Insomma, la Consob pretende una resa senza condizioni e chiede, come recita un comunicato stampa di Unipol, “che vengano revocati i benefici concessi agli azionisti di Premafin (cioè i Ligresti, ndr) finalizzati a tenere indenni gli stessi dai rischi di responsabilità sociale”. “I problemi ci sono sempre” ha sibilato solo qualche giorno fa un impassi-

bile Salvatore Ligresti. In effetti adesso c’è un problema in più sulla strada già impervia che porta al salvataggio di Fonsai, schiacciata da oltre 2 miliardi di perdite negli ultimi due anni. La manleva legale era parte integrante del contratto preliminare siglato tra Premafin e la compagnia delle Coop con la regia di Mediobanca. Adesso il contratto dovrà essere rivisto e non è da escludere che i Ligresti cambino idea, o minaccino di farlo, per spuntare condizioni migliori. VA DETTO che la Consob ha anche lasciato in sospeso un’altra questione importante, e cioè l’eventuale Opa sulla Milano, che, a differenza di Premafin e Fondiaria, vanta bilan-

ci in equlibrio. L’unione con Unipol non può quindi essere presentata come un salvataggio, che di per sè escluderebbe l’obbligo di Opa. Sul tema Milano la Consob si è riservata di decidere quando avrà ricevuto il piano dettagliato della fusione. Ormai però il tempo stringe. Neppure ieri il consiglio di amministrazione di Premafin è riuscito a dare via libera all’operazione con Unipol. Tutto rinviato a oggi. Anche perchè Giulia Ligresti, presidente della holding, è stata convocata a Roma dall’Isvap, l’organo di controllo sulle assicurazioni. Se non si arriva in fretta a un accordo, il commissariamento di Fonsai diventa sempre più probabile. Il tema centrale è quello dei concambi azionari per la fusione a quat-

Salvatore Ligresti con la figlia Giulia (FOTO ANSA)

tro. I Ligresti vogliono pesare di più e puntano i piedi. D’altra parte Premafin deve ancora approvare il bilancio 2011 e se non si arriva a un accordo per il salvataggio della controllata Fonsai verrebbe a mancare la continuità aziendale della holding. Quindi non sarebbe possibile dare l’ok ai conti. In altre parole, la holding sarebbe costretta a dichiarare fallimento e le banche creditrici, in prima fila Unicredit e Mediobanca dovrebbero rassegnarsi a forti perdite. IL CRACK della holding causerebbe il crollo definitivo del sistema di finanziarie di famiglia dei Ligresti. La procura di Milano, inoltre, ha chiesto il fallimento di due di queste società, Sinergia e Imco, da tempo in difficoltà. Peggio ancora: se Premafin fallisce diventerebbe quasi inevitabile il commissariamento di Fonsai. E qui la posta in gioco è molto alta soprattutto per Mediobanca, che vanta crediti per oltre un miliardo di euro nei confronti della compagnia. Ecco perchè la banca d’affari che fu di Enrico Cuccia da mesi fa di tutto per ga-

Schiacciata da 2 miliardi di euro di debiti la compagnia rischia di essere commissariata

rantire la sopravvivenza del gruppo assicurativo. Discorso simile vale pure per Unicredit che oltre a essere esposto per almeno 400 milioni nei confronti del sistema Ligresti è anche azionista di Fonsai con una quota del 6 per cento, una partecipazione su cui la banca ha già dovuto iscrivere a bilancio svalutazioni per decine di milioni. I Ligresti ovviamente conoscono bene questa situazione e fin qui hanno giocato al rialzo ben sapendo che gli istituti di credito non potevano abbandonarli al loro destino senza esporsi a perdite pesanti. Una soluzione alternativa al piano Unipol in effetti ci sarebbe ed è quella proposta dal fondo Sator del banchiere Matteo Arpe e dalla finanziaria Palladio guidata da Roberto Meneguzzo. Una soluzione che ruota attorno a un doppio aumento di capitale. Il primo, a un prezzo più elevato, riservato a Sator-Palladio e un altro per tutti gli altri soci. Si eviterebbe così la fusione a quattro e i piccoli azionisti di Fonsai non dovrebbero, tra l’altro, di sobbarcarsi anche le perdite della holding Premafin. Finora gli amministratori di Fonsai hanno evitato di pronunciarsi su questa proposta alternativa. Se, però, non si trova in fretta un accordo con Unipol sarà difficile continuare a far finta di niente.


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