Libro CRI Lomazzo

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Tanti sacrifici portano a tante soddisfazioni ed a grandi traguardi. Una celebre frase

cita: “datti dei grandi obiettivi e non fermarti fino a che non li hai raggiunti”. Mai come oggi, possiamo dire di aver interpretato al meglio questa filosofia.

Oltre 40 anni di attività testimoniano una importante tappa per la nostra Associazione, ma non un traguardo. Un anniversario raggiunto grazie all’abnegazione di migliaia di volontari che si sono succeduti negli anni ed alla cooperazione essenziale della comunità.

Il primo pensiero lo riservo quindi ai nostri soci, elemento essenziale della nostra organizzazione grazie al quale siamo cresciuti, anno dopo anno, incrementando servizi ed attività a favore dei più vulnerabili. Un ringraziamento sincero per esserci, ininterrottamente, dal 16 agosto del 1982. Sono or-

goglioso dei miei operatori, volontari e dipendenti che svolgono sempre un lavoro straordinario. Siamo un bel gruppo, capace di fare squadra, ognuno con un ruolo ben preciso ma estremamente importante. Quotidianamente diamo prova di resilienza, operando a 360° per la collettività e con la collettività. Prova ne è il progressivo e costante incremento di servizi erogati ed il numero di cittadini che si rivolge a noi per accedere ai servizi che proponiamo oppure per richiedere un semplice servizio di accompagnamento. Un secondo grazie va invece alla mia squadra, i membri del consiglio direttivo locale, che nel 2020 hanno intrapreso con me questa storica iniziativa: Alice, Edoardo, Marco, Paolo e Sonia ed a tutti i delegati tecnici, staff di segreteria e responsabili di area che, in questi anni, hanno condiviso il mio percorso.

Con questa pubblicazione vogliamo ripercorrere le tappe essenziali di 41 anni di CRI Lomazzo ma soprattutto parlarvi del progetto di costruzione del “cuore della salute”.

La sede di Via Milano che ci ha ospitati e fatti crescere è risultata progressivamente inadatta allo scopo ed all’attività erogata. L’assenza di una autorimessa coperta, di spazi ope-

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rativi e ricreativi per il personale ed ambienti conformi alle vigenti normative sulla sicurezza, ci ha negli anni sollecitato ad aprire un tavolo di confronto con l’Amministrazione Comunale cittadina ed a vagliare e valutare molte soluzioni per spostare l’apparato operativo dell’associazione. Con diversi Sindaci, che si sono alternati in questi lunghi 25 anni d’attesa e che oggi voglio ricordare e ringraziare, si sono mosse ipotesi e studi di fattibilità su un terreno comunale in Via Monte Cervino, sull’ex macello di via Monte Resegone, sull’area “ex-Romanò” di Via Monte San Primo, e molti altri. Nessuna di queste soluzioni, per un motivo o per un altro, è mai stata concretizzata. Tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, la precedente e l’attuale Giunta Comunale hanno valutato e proposto a CRI Lomazzo la concessione di un terreno in fondo a Via dello Sport (circa 5.000 mq) su cui edificare, con oneri a totale carico dell’associazione, la nuova sede. Finalmente qualcosa di concreto, finalmente qualcosa di realizzabile. È la volta buona? Sembra di si. Nella primavera del 2020 mentre l’Amministrazione predisponeva quanto di competenza per la concessione, in diritto di superficie, del terreno, il Direttivo CRI si adoperava per predisporre una bozza di progetto. Ne scaturisce un elaborato che prevede un edificio di 1500 mq: 870 mq di ambienti operativi e 630 mq di autorimessa. La struttura è progettata per assicurare adeguati ambienti per gli operatori che si alternano 24 ore

su 24, 7 giorni su 7, una sala conferenze, sale formative, ambulatori, uffici amministrativi, aree relax e riposo, spogliatoi, area sanificazione e decontaminazione ed una autorimessa che può preservare la flotta automezzi. Ci siamo, diamo il via libera per il bando di selezione dell’operatore che dovrà costruirla. Ricordo che si parla dell’estate 2020, in piena pandemia da Coronavirus. Tutto è più difficile; il mondo intero è in crisi. Con un coraggio ed una spregiudicatezza senza precedenti affianchiamo ad una straordinaria azione di necessario coordinamento associativo, condizionato dagli avvenimenti quotidiani e dal mutare di esigenze della comunità, a notti trascorse a visionare e correggere bozze di progetto, di soluzioni impiantistiche e tecniche. La nuova struttura viene infatti progettata con un forte orientamento alla qualità dei materiali, all’architettura ed all’innovazione, è stata realizzata con i migliori comfort energetici, acustici e prestazionali.

Raggiungiamo così il 2021: un anno emozionante in cui abbiamo dato concretezza al progetto. L’8 maggio, in occasione della giornata mondiale di Croce Rossa, presentiamo in diretta web dal palazzo municipale il progetto alla comunità ed alle istituzioni e contestualmente diamo il via all’iniziativa di fundraising “raddoppia la salute” promossa con BCC Cantù. Dopo poco tempo, sabato 10 luglio abbiamo posato la prima pietra, con una cerimonia riservata ai soci in quanto

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non era ancora possibile organizzare eventi aperti al pubblico.

Arriviamo, quindi, al 2023. La sede è finalmente finita e pienamente operativa da lunedi 10 luglio, esattamente 24 mesi dopo la posa della prima pietra. Per chi, come il sottoscritto, è in Associazione da 30 anni... questa data resterà indelebilmente impressa nella memoria. Ce l’abbiamo fatta! Avevamo un sogno, che finalmente è diventato realtà. Abbiamo una nuova sede, la prima nostra vera sede.

Quando mangiate un frutto, pensate a chi ha piantato l’albero. Questa frase ha sempre contraddistinto il mio modo di gestire questa associazione. Valorizzare e non disperdere lo sforzo e l’abnegazione con cui i primi volontari di CRI Lomazzo hanno dato vita, in pochi giorni, ad una realtà che è diventata negli anni un concreto punto di riferimento sanitario per l’intero distretto della bassa comasca e del seprio è stato un lascito pesante. Una sorta di testamento morale al quale, spesso, mi rifaccio quando si tratta di attivare nuovi servizi, intercettare e dare soddisfazione a bisogni emergenti. Saper leggere i bisogni, infatti, è il primo passo per dare risposte.

Un testimone che ho ricevuto da Eugenio Sabia (Responsabile Locale dal 2001 al 2004), un amico con cui ho condiviso diversi anni di gestione associativa, con ruoli e incarichi diversi. Sono stati gli anni in cui abbiamo recepito una forte

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esigenza dal territorio di sviluppare un sistema di accompagnamento giornaliero di utenti diversamente abili (giovani o adulti) verso i centri Socio Educativi del comasco e delle province limitrofe. Ma prima di lui, ho avuto l’onore ed il piacere di collaborare attivamente con tutti i precedenti vertici della Delegazione: da Pierdomenico Clerici (Delegato dal 1985 al 1998) a Maurizio Saporiti (Delegato dal 1998 al 1999) fino all’esperienza con Germano Pagani, altro storico volontario di CRI Lomazzo e Commissario dal 1999 al 2001.

Li ringrazio per avermi concesso l’opportunità di lavorare a stretto contatto con loro, di apprendere molto e di farmi affascinare da questa associazione, da questo Comitato.

Tracciare un bilancio di un’associazione che si basa sul volontariato e sullo spirito di partecipazione dei propri membri induce a cadere nell’autocelebrazione e nella retorica. Oppure di sottacere, per senso di modestia, avvenimenti importanti o traguardi significativi. Oggi CRI Lomazzo è una realtà importante, organizzata. Conta 219 volontari e 24 dipendenti ai quali si affiancano i giovani del servizio civile universale. Catalizza, ogni anno, decine di persone nei percorsi di formazione per diventare nuovi volontari oppure per imparare tecniche di primo soccorso o d’impiego del defibrillatore. Eroghiamo servizi ed attività su un territorio vasto e complesso, che oltre alla Provincia di Como abbraccia quella di Monza e Brianza, Milano e Varese. La posizione

strategica di questo comune, ci consente di essere competitivi e di operare agevolmente su un bacino incredibilmente vasto. E i numeri, lo testimoniano. 800.000 km percorsi ogni anno, oltre 80 servizi prenotati di trasporto “non urgente” erogati ogni giorno della settimana, una dozzina di missioni “112” giornaliere per il soccorso territoriale. Centinaia di ore dedicate alla formazione ed alla conduzione di eventi ed iniziative informative, per adulti ma anche giovani e bambini. La nostra azione è cambiata negli anni, per certi versi è maturata anche in relazione all’evolversi del sistema sanitario nazionale e dei bisogni della collettività. E certamente, anche per il prossimo futuro, non mancheremo di essere proattivi per la comunità.

Ho pensato di realizzare questa pubblicazione non solo per celebrare l’inaugurazione ufficiale della nuova sede o festeggiare i primi 40 anni dalla fondazione. Ho pensato di consegnare, a ciascuno di voi ed ai futuri soci, uno spaccato della nostra storia e della nostra evoluzione. Una fotografia, concreta e attuale di CRI Lomazzo, che passa attraverso l’esperienza e la testimonianza di alcuni volontari, in rappresentanza di tutti i soci attivi.

Avevamo un sogno. Oggi è una realtà che tuteliamo e consegniamo alle future generazioni di volontari.

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Giovanni Rusconi

Sindaco di Lomazzo

La Croce Rossa Italiana comitato di Lomazzo rappresenta un valore aggiunto non solo per la nostra comunità, ma per l’intera area della bassa comasca.

In rappresentanza dei cittadini di Lomazzo sono orgoglioso come Sindaco di esprimere un sincero ringraziamento per 41 anni di servizio sul nostro territorio, con sacrificio e dedizione.

In tutto questo periodo la CRI di Lomazzo ha effettuato attività svolta anche a garantire un costante ricambio di volontari, ne sono testimoni molti giovani che oggi fanno parte del sodalizio, questo garantisce un futuro ricco di attività anche in ambito sanitario.

La tenacia e l’aumento di servizi offerti negli anni ha fatto nascere la necessità di trovare una nuova sede che abbia caratteristiche logistiche idonee ai servizi offerti.

Oggi possiamo affermare che il sogno è diventato realtà, la nuova sede è pronta, una sede prestigiosa che pone la CRI di Lomazzo come un vero punto di riferimento per tutti.

L’amministrazione comunale ha fatto la sua parte mettendo a disposizione il terreno.

Sono sicuro che le generazioni future saranno sempre riconoscenti a chi, con sacrificio e impegno costante negli anni, ha dato la possibilità di realizzare la nuova sede.

In fine voglio esprimere la mia più sincera gratitudine a tutti i volontari che hanno sacrificato il proprio tempo togliendolo ai propri affetti, alla propria famiglia a favore di chi soffre e di chi ha bisogno di assistenza.

Grazie per quello che avete fatto, grazie per quello che fate, grazie per quello che farete per la nostra magnifica comunità di Lomazzo.

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Le storie delle nostre comunità sono contrassegnate da eventi ed episodi che portano alla ribalta tante realtà, piccole e grandi. Sono storie dalle quali emerge un desiderio diffuso di offrire aiuto a chi ha bisogno, di intervenire dove qualcuno è in difficoltà, di essere un punto di riferimento affidabile. Sono

storie “di famiglia” nelle quali i genitori danno l’esempio ai figli e, una volta nonni, ai nipoti. E così, una generazione dopo l’altra, si realizza una continuità di intenti e obiettivi che testimonia il valore del “bene comune” condiviso da uomini e donne mossi dal solo desiderio di fare del bene, dove serve, quando serve.

Non fa eccezione, all’interno di queste storie, quella della Croce Rossa di Lomazzo che, ormai da molti anni, ha incontrato sulla propria strada la BCC di Cantù. O forse è stata la

BCC a incontrare la Croce Rossa. Non è importante stabilirlo, conta molto di più sapere che grazie al Comitato di Lomazzo la nostra Banca ha potuto mettere in pratica alcuni dei principi statutari che stanno alla base del nostro impegno sul territorio, soprattutto quelli della cooperazione e della costruzione del bene comune.

Sostenere i progetti della CRI di Lomazzo, aiutare i volontari a svolgere al meglio i loro compiti, poter contribuire a realizzare i loro progetti sono per noi un motivo di grande soddisfazione ed orgoglio. Insieme, abbiamo imparato a condividere un sogno che durava da molti, troppi anni. Insieme, abbiamo capito il valore della nuova sede, che è ben più di un ricovero per le ambulanze e gli altri mezzi di soccorso: è una “casa”, è la loro Casa, è la casa dell’intera Comunità di Lomazzo e di una vasta area circostante. È un luogo del cuore, è il Cuore della Salute.

Siamo arrivati fino a qui “insieme”: Croce Rossa Lomazzo, BCC Cantù, Territorio, Comunità.

E insieme vogliamo continuare...

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Nuova sede, una sfida vinta. La Croce Rossa Italiana, attraverso l’intervento di Volontari e Volontarie, ha fatto fronte a numerose emergenze, tra cui, negli ultimi anni, quella scaturita dalla pandemia.

Il Covid ha violato le nostre vite, le ha compromesse, a volte irreparabilmente, generando sofferenza e, in alcuni casi, morte. Eppure noi non ci siamo arresi e con la gentilezza ci siamo messi a disposizione di Istituzioni e comunità, per fornire risposte concrete a questa grave crisi e alle sue conseguenze. Abbiamo perso molti dei nostri cari, amici, parenti e anche Volontari della CRI, medici, operatori, impegnati in prima fila per far fronte a questo difficile momento. Ma abbiamo accettato questa sfida e non ci siamo mai tirati indietro, dando tutto, dimostrando di voler vincere davanti ad un terribile nemico chiamato Covid-19.

Ed è una sfida importante anche quella che il Comitato della CRI di Lomazzo ha vinto con la costruzione di questa nuova sede, pensata e voluta per i Volontari e gli operatori che ogni giorno sono sul campo, confermandosi un punto di riferimento imprescindibile per la comunità.

Non è stato facile... C’è voluto l’impegno di Paolo Rusconi, Presidente del Comitato della CRI di Lomazzo, e dei Volontari, delle Amministrazioni locali e dei tanti donatori che hanno scelto di contribuire alla realizzazione di un presidio che, ne sono certo, sarà un punto di riferimento per questo territorio.

La sede di un’associazione è la casa dei suoi soci; ma la sede di un Comitato della Croce Rossa Italiana è la casa di tutti.

Le sue porte resteranno aperte e chi vi si recherà troverà al suo interno persone, uomini e donne, pronte ad accogliere, ad aiutare, a sostenere chiunque ne abbia bisogno. Questa è la nostra umanità, una forza che viene dal nostro fondatore, Henry Dunant, attraverso il tempo e fino ai nostri giorni, per distinguere e rendere ancora più forte il nostro impegno verso il prossimo.

Siamo l’Italia che aiuta!

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Presidente Regionale CRI

A te che, per caso o per scelta, ti ritrovi con questo libro tra le mani desidero dire grazie!

Sì, desidero ringraziarti per il tempo che hai deciso di dedicare alla conoscenza del mondo Croce Rossa ed in particolare del Comitato di Lomazzo, che ha deciso di festeggiare il raggiungimento di due importanti traguardi: il compimento del 40mo anniversario e la nuova sede, pubblicando questo volume. Quando il Presidente del Comitato, Paolo Rusconi, mi ha chiesto di scrivervi un saluto, mi sono sentita lusingata e certo non potevo dire no all’amico Paolo, che ebbi il piacere di conoscere dieci anni fa quando condividemmo la realizzazione di un importante progetto, quello del Trasporto Organi, per il quale si adoperò in prima persona nell’attivazione e coordinamento di una efficientissima Sala Operativa con compiti di gestione e

di supporto a tutti gli Operatori CRI in missione, perlopiù la notte e spesso in condizioni di stress di non poco conto e della quale ebbi il piacere di testare in prima persona le capacità e l’empatia.

Ecco, dovessi descrivere Paolo ed il Comitato che rappresenta in tre parole direi: giovani, dinamici ed efficienti. E, credetemi, non è cosa di poco conto, soprattutto per una Associazione locale che si trova quotidianamente a dover conciliare le esigenze di bilancio da un lato e le reali necessità dall’altro: materiali, automezzi, spazi da mettere a disposizione dell’altra importante Risorsa del Comitato, ovvero Volontari e Dipendenti, che, insieme, formano un connubio perfetto per far fronte alle necessità del Territorio.

Dietro ad ogni servizio svolto ci sono corsi formativi che spesso richiedono anni di formazione, adempimenti burocratici, costi specifici previsti dalle varie disposizioni di legge, oltre a tutta una serie di spese vive, per le quali i Comitati possono contare solo sulle loro risorse finanziarie, derivanti dai servizi di trasporto, dalle convenzioni nei diversi ambiti, dai corsi di formazione, dai servizi di assistenza alle manifestazioni...

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Come, sicuramente, avrete anche Voi avuto modo di verificare di persona le attività in CRI sono molteplici (e vanno oltre al mero servizio di ambulanza); al riguardo, in passato, mi capitò di descrivere la Croce Rossa paragonandola ad un diamante con le sue mille sfaccettature e quest’espressione vi confesso che ancora un pò mi piace, ma per poterle svolgere, a maggior ragione con la normativa per il Terzo Settore, è necessario che ciascuna trovi adeguata copertura finanziaria. Ed ecco allora che, se possibile, oggi ancora più che in passato, le raccolte fondi, le oblazioni ed i lasciati testamentari rappresentano per la Croce Rossa ed i suoi Volontari oltre che un importante gesto di riconoscimento e di fiducia da parte della collettività, anche un’importante forma di sostentamento per garantire i nostri servizi per tanti anni a venire. Ed ecco così spiegati la gioia e l’entusiasmo di quando si inaugura un nuovo automezzo e, ancor di più, l’emozione provata in occasione della cerimonia per la deposizione della prima pietra della nuova Sede del Comitato di Lomazzo, il 10 luglio 2021, che a distanza di due anni, il 10 luglio 2023, ha aperto ufficialmente.

Si, l’amico Paolo ha trovato, nel corso del suo mandato di Presidente, la forza, l’entusiasmo, la capacità (non che mai le abbia messe in dubbio), la risposta benevola del Territorio ed il supporto di validi collaboratori per realizzare anche questo ambizioso progetto: dare al Comitato e ai suoi Vo-

lontari e Dipendenti una sede nuova in grado di far fronte a tutte le esigenze del Gruppo, che auguro a tutti di vivere con serenità e armonia e tanta voglia di fare per continuare ad essere un punto di riferimento per la collettività e catalizzatore per chi ha il desiderio e la possibilità di cimentarsi nelle attività di volontariato perché, come disse il nostro padre fondatore Henry Dunant, “Poiché tutti possono, in un modo o nell’altro, ciascuno nella sua sfera e secondo le sue forze, contribuire in qualche misura a questa buona opera...”.

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La nostra storia

Tutto ha avuto inizio nel 1982

16/08/1982: ore 20, inizio attività a Lomazzo in Via Manzoni

Dicembre 1982: creazione Gruppo dei Volontari del Soccorsi del Distaccamento di Lomazzo

28/02/1985: CRI di Lomazzo diventa Delegazione

26/06/1988: trasferimento sede operativa in Via Milano 24

Maggio 1992: inizio servizio ambulanza d’urgenza h24

1996: apertura Distaccamento presso il Comune di Fenegrò

Dell’Alfa Giulia 1300 Super color indaco del 1972 con tanto di lampeggiante sul tettuccio non resta che una foto sbiadita dal tempo. Con un’ambulanza l’Alfa, dismessa nel maggio del 1986, costituiva il parco auto della Croce Rossa lomazzese. Al loro posto, dopo quarant’anni, mezzi sempre più moderni, tecnologici per non dire anche telegenici: oggi a disposizione dei volontari ci sono otto auto e altrettante ambulanze, quattordici veicoli per il servizio trasporto disabili e due veicoli per il trasporto dell’equipe trapianti. Una crescita continua, inarrestabile, quella della CRI lomazzese culminata con la realizzazione della nuova sede, già operativa dal 10 luglio 2023, e destinata a diventare un punto di riferimento

1998: la delegazione viene elevata a rango di Comitato Locale

01/07/2002: apertura Distaccamento presso il Comune di Turate

2011: attivazione trasporto soggetti obesi e severamente obesi

01/10/2013: inizio attività “trasporto organi ed équipe”

10/07/2021: posa prima pietra “nuova sede CRI Lomazzo”

10/07/2023: trasferimento operativo nella nuova sede di via dello Sport 7

sanitario per l’intera zona: non un punto di arrivo, ma una tappa sia pur fondamentale di un percorso iniziato nell’estate del Mundial con l’Italia regina in Spagna del calcio e per nulla intenzionato a concludersi. Filo conduttore le centinaia di persone, volontari, sostenitori, parenti e amici disposti a sacrificare il proprio tempo per aiutare gli altri con entusiasmo e passione. Un gruppo che si è alimentato con il passare del tempo e che si è rivelato più forte anche dell’emergenza Covid tanto che oggi i volontari hanno superato quota duecento affiancati da 24 dipendenti.

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UN’AVVENTURA INIZIATA DA LONTANO

Era il 1976 quando, con l’aiuto di Don Eugenio, il vicario di allora, alcuni giovani dell’oratorio, Domenico Volonterio, Augusto Marinoni, Carlo Rivolta, Paolo Dotti, Eliseo Bassini, Renzo Canonico, Giacinto Figini, Sergio Gerosa, Adriano Pozzobon decidono di partecipare al corso di primo soccorso alla CRI di Saronno. Non hanno ancora finito il ciclo di lezioni che, per affrontare l’emergenza del terremoto in Friuli Venezia Giulia, viene chiesto loro di entrare subito in servizio per sostituire i volontari più esperti che sono in partenza per le zone terremotate. Poi, per loro, gli anni, sei per l’esattezza, trascorrono tranquilli con il servizio svolto alla Croce Rossa di Saronno.

Nel 1982 la svolta. È la sera del 30 luglio quando il dottor Pierdomenico Clerici avvisa con una telefonata Domenico Volonterio, uno dei volontari lomazzesi attivo presso la CRI di Saronno, che c’è l’opportunità di iniziare un servizio di Guardia Medica Urgente nel territorio di Lomazzo e di altri sei comuni limitrofi. La notizia, tanto attesa dal gruppetto, arriva come un fulmine a ciel sereno e, particolare non trascurabile, con una clausola ben chiara: in caso di diniego la scelta sarebbe caduta su Rovellasca.

La decisione per il si è difficile e coraggiosa in quanto il tempo a disposizione è limitatissimo e l’impegno necessario

enorme: in soli dieci giorni bisogna recuperare una sede, i

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materiali per il servizio, un collegamento telefonico e il personale per svolgere l’attività prevista in quanto per fine luglio il nuovo servizio può contare unicamente su sei persone che già svolgono lo stesso servizio a Saronno da sei anni. Già il giorno seguente all’annuncio iniziano, febbrili, i preparativi con l’obiettivo dichiarato di iniziare il servizio alle 20 del 16 agosto.

La sede è subito individuata nell’ex ambulatorio di via Manzoni per anni utilizzato dal dottor Soldini (poi sede dell’Associazione Anziani). I giorni seguenti, con l’aiuto dell’allora vicesindaco Mario Villa si recuperano quattro brandine in precedenza usate dai militari che avevano presidiato i seggi in occasione delle ultime elezioni, brandine che immediatamente sono sottoposte a una bella verniciatura; tramite l’impresa di pompe funebri “Paolo Castelli” si recupera, invece, il materiale necessario per fissare la tenda che, offerta dal tappezziere Carugati, avrebbe diviso il centralino dalla zona notte o letti che dir si voglia.

Si presenta poi un altro problema da risolvere, quello del telefono che era sì attivo, ma posto all’interno della camera destinata al medico. Anche questa difficoltà è superata, in questo caso con l’aiuto di un volontario di Saronno, Mauro Vago, dipendente dell’allora Sip, che a tarda sera provvede allo spostamento completo della linea.

Giorno dopo giorno vengono superati tutti gli ostacoli, pic-

coli o grandi, che si presentano strada facendo. Per accorciare i tempi Marinoni recluta sua sorella e sua moglie (ai tempi fidanzata) per le pulizie “di fino” della sede mentre altri portano arredi recuperati, appendono quadri e via di questo passo per rendere gli spazi sempre più accoglienti. Come automezzo di servizio c’è il Fiat 238, autoambulanza in dotazione ai Vigili del fuoco, e in caso di necessità si possono utilizzare i mezzi in dotazione al Sottocomitato di Saronno.

IL PRIMO SERVIZIO

Nel pomeriggio del 16 agosto mentre Marinoni, Dotti e Rivolta sono impegnati negli ultimi controlli il telefono comincia a squillare sotto gli sguardi increduli dei volontari presenti. Rispondono alla chiamata e dall’altro capo del filo una voce chiede un intervento urgente di autolettiga. I volontari fanno presente al richiedente aiuto che il servizio non è ancora attivo, poi si fanno dare l’indirizzo e si precipitano alla caserma dei Vigili del Fuoco dove c’è appunto l’ambulanza comunale e da lì si avviano verso Via Monte Generoso, il luogo da dove arrivava la richiesta di soccorso.

Si arriva così alle 20 del giorno 16 agosto 1982 quando si ritrovano in sede Marinoni, Dotti e Rivolta con il dottor

Frasisti (primo medico di guardia) e il dottor Pierdomenico Clerici in qualità di promotore del servizio stesso.

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Dopo il brindisi ed i saluti di circostanza i convenuti se ne vanno e rimangono le persone di turno.

Alle ore 22.30 circa arriva la prima chiamata di guardia medica per un intervento nel comune di Limido Comasco, nella frazione Cascina Restelli per la precisione.

Il distaccamento CRI a Lomazzo è una realtà, ma i problemi organizzativi sono solo all’inizio.

Bisogna fare il calendario dei turni per essere sempre collegati al medico di guardia; reperire i pasti per i turni lunghi di sabato e domenica e qui, sempre grazie all’amministrazione comunale, la “Casa Albergo” si rende disponibile, istruire il personale volontario che nel frattempo ha aderito all’iniziativa.

Inizialmente, dovendo utilizzare l’ambulanza comunale che non dispone di apparati ricetrasmittenti, era di vitale importanza avere il numero di telefono dei richiedenti per poter contattare il medico in caso di un’altra chiamata urgente, quindi divenne importante ottenere un’auto per il servizio di guardia medica targata CRI: furono Domenico Volonterio e Augusto Marinoni a concordare con l”Autoalberta” il versamento simbolico di mille lire per avere l’ormai mitica

Alfa Romeo Giulia 1300 super color “indaco-sbiadito”. Nel

frattempo inizia anche una sorta di corso di scuola-guida per tutti i futuri autisti.

Servivano comunque le forze, i volontari. La risposta non

si fece attendere: furono numerose le persone che si fecero avanti per prestare la loro collaborazione, e tra queste c’era anche la crocerossina Giovanna Colombo, che però scomparve prematuramente qualche mese più tardi. Partì subito un corso di primo soccorso atto alla formazione di nuovi Volontari del Soccorso, e a dicembre si costituì ufficialmente il Distaccamento di Lomazzo con una trentina di volontari guidati dal primo Ispettore di Gruppo, Domenico Volonterio.

Di fatto è necessario più di un anno di intenso lavoro per ottenere anche il servizio ufficiale di autoambulanza: la prima arriva dal Comitato di Monza che l’aveva usata all’autodromo; è targata CRI 7813.

I VOLONTARI DEL SOCCORSO

La componente dei Volontari del Soccorso si costituisce presso la delegazione CRI di Lomazzo nel 1984 con un gruppo di 12 soci fondatori, dopo un periodo di due anni nei quali il presidio operava quale distaccamento del sottocomitato CRI di Saronno.

L’attività prevalente svolta dai volontari è da sempre quella di garantire un servizio di soccorso d’urgenza con autolettiga. Il loro compito non è però limitato a questa sola funzione, negli anni si sviluppano altri ambiti d’impegno che sempre più caratterizzano l’attività del gruppo.

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Prova ne sia il servizio d’accompagnamento e di supporto con automezzo CRI dei medici di continuità assistenziale che, iniziato nel 1982 a seguito di una convenzione con l’USSL n. 4 di Saronno si è protratto fino al 1° Luglio 1999, quando la ridistribuzione delle competenze territoriali ridefinisce gli ambiti delle ASL facendo gravitare Lomazzo in seno al presidio provinciale di Como, il quale ha voluto dimettere il rapporto convenzionale uniformandosi alle modalità di gestione del servizio già in essere in provincia di Como. Tra le attività che hanno avuto negli anni il maggior sviluppo quella del trasporto di soggetti diversamente abili e dializzati. Il servizio di trasporto ed accompagnamento dei primi inizialmente è diretto verso diversi centri socio-educativi del comasco e varesotto con l’impiego di tre pulmini attrezzati. Sempre più importante anche il servizio di trasporto dializzati che impegna quotidianamente con diversi turni di dialisi presso il centro dell’ospedale Sant’ Anna di Como. Un altro equipaggio in convenzione con l’azienda ospedaliera di Cantù e Mariano Comense garantisce invece quotidiani servizi di trasporto per i degenti di questi ospedali. Si operava e si opera tutt’ora in convenzione per trasporti a carattere non-urgente anche con diverse RSA, amministrazioni comunali e aziende ospedaliere.

VOLONTARIATO IN ROSA

La componente femminile della Croce Rossa lomazzese è storica e, in pratica, ha caratterizzato l’associazione sin dai primi mesi di attività grazie a Maria Luisa Landoni e Ilaria Guarnerio, che hanno contribuito fattivamente alla fondazione, a cui si sono aggiunte subito dopo Giuseppina Rivolta e Giuseppina Carugati. Sono le prime due a ricordare di aver iniziato insieme, nella vecchia sede di via Manzoni, facendo i turni il sabato e la domenica perché allora le ragazze, i tempi sono cambiati, non svolgono quelli in notturna. I servizi più frequenti sono quelli in supporto alla Guardia medica mentre, una domenica al mese, in collaborazione con la CRI di Saronno formano uno dei due equipaggi per le ambulanze in ospedale. Il loro impegno per l’associazione non si esaurisce con queste mansioni: tra gli altri compiti c’è la stesura dei turni di servizio, incombenza laboriosa e complessa come la definiscono gli stessi protagonisti, spesso occasione di faticose discussioni perché occorre far quadrare le esigenze dei singoli volontari con quelle dell’associazione. Tra i loro ricordi ci sono i lunghi pomeriggi trascorsi nell’attesa delle chiamate di soccorso giocando a carte anche con i medici di turno tra i quali uno era particolarmente appassionato di briscola; il fermento e l’entusiasmo che anima i volontari pronti a rendersi utili in ogni occasione.

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LA GRANDE NEVICATA

Come nel gennaio del 1985 quando, in occasione della storica nevicata che copre con oltre un metro di coltre bianca anche la ferrovia che resta bloccata come praticamente le strade del territorio. Tutti restano chiusi in casa impossibilitati a raggiungere scuole e posti di lavoro e da qui l’idea di recarsi in sede e organizzare un equipaggio da Maria Luisa Landoni, Ilaria Guarnerio e Franco Caccialanza. L’originaria componente femminile ben presto si rafforza con l’arrivo di Giuseppina Rivolta e Giuseppina Carugati e risalgono a quel periodo curiosi episodi ricordati ancora una volta dalle stesse protagoniste. Un pomeriggio, ad esempio, arriva in sede un uomo che porta con sé un serpente che aveva appena morso il suo cane e vuole sapere se era velenoso oppure no. Richiesta alla quale il medico di turno non sa rispondere, non essendo un esperto di rettili, se non con un laconico “aspetti e veda se il cane si sente male”. In un’altra occasione arriva una chiamata allarmante che chiede aiuto, “Venite presto stiamo tutti male”, che fa scattare i soccorsi e quando la Guardia Medica e i volontari arrivano sul posto trovano due anziani svenuti su un divano perché colti da malore, una giovane donna incinta svenuta a terra, il marito tremante in un angolo della stanza (era stato proprio lui a chiamare i soccorsi) e poco distante una donna, la zia, che tranquilla lava i piatti e spiega che non è niente tanto per tranquillizzare tutti i presenti.

LA DELEGAZIONE

Nel 1985, i Lions del Club di Monticello offrono le apparecchiature radio per la sede e gli automezzi, permettendo comunicazioni più affidabili e tempestive e favorendo così un notevole salto di qualità nella gestione del servizio.

L’aumento delle attività da svolgere, la professionalità dei volontari e la volontà di crescita del gruppo portano alla richiesta di trasformare il Distaccamento in Delegazione che è istituita il 28 febbraio del 1985, con delegato, il primo della storia della CRI lomazzese, il dottor Pierdomenico Clerici e ispettore dei volontari del soccorso Piero Romano D’Alessi. Per quanto riguarda i mezzi finanziari, accanto alle donazioni (numerosissime) e ai contributi delle varie Amministrazioni Comunali, a partire dal 1986 viene proposto alle famiglie il tesseramento quale contributo annuale all’Associazione. Tra l’agosto del 1986 e l’ottobre del 1990 la dotazione degli automezzi viene potenziata con due autoambulanze Fiat

Ducato (acquistata nel maggio del 1986 la prima e nell’ottobre del 1990 la seconda); un’Autobianchi A112; una Fiat

Uno (donata da Carla Pizzi) per il servizio di guardia medica e infine una Fiat Panda 4x4 attrezzata anche per servizi particolari quali gare sportive, campestri ed eventuali interventi di protezione civile.

È del 1987, invece, la partecipazione di un equipaggio alle operazioni di soccorso durante la tragica alluvione in Val-

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tellina dove i volontari lomazzesi dimostrarono, ancora una volta, la disponibilità delle persone, l’adeguatezza dei mezzi ed elevati standard operativi.

LA SEDE

Negli stessi anni viene risolto un problema importante che si ripresenterà a più riprese anche in tempi più recenti. Nel 1988, infatti, l’Amministrazione comunale mette a disposizione, in sostituzione dei locali ormai insufficienti e angusti, l’attuale sede di via Milano 24. L’inaugurazione il 26 giugno di quell’anno alla presenza, tra gli altri, dell’onorevole Maria Pia Garavaglia in qualità di commissario nazionale CRI. Nello stabile di via Milano il medico ha a disposizione il proprio ambulatorio e accanto ad esso c’è la sala operativa dei volontari e tutti i servizi di cui ha bisogno un sodalizio qual’è la Croce Rossa (dalla segreteria alle camere, dai servizi alle altre attività) mentre sul piazzale antistante la palazzina c’erano ben cinque garage adibiti al ricovero dei mezzi. Una sede, così viene definita allora, agevole e funzionale; pur essendo in paese, caratteristica importante è sufficientemente decentrata da permettere un accesso veloce alle strade di grande comunicazione.

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IL SERVIZIO DIURNO

Si arriva al 1991 quando l’allora presidente del Centro Pensionati Lomazzo, signor Volonterio, ha la brillante intuizione di organizzare un incontro aperto ai soci e simpatizzanti per raccogliere adesioni di persone disponibili a svolgere volontariato presso la CRI di Lomazzo. È così che a partire dal maggio del 1992 un gruppo di circa venti persone va a rafforzare la struttura portante del “diurno”, vale a dire di tutti quei volontari che operano presso l’Associazione nelle ore lavorative diurne feriali mettendosi a disposizione come centralinisti, nei servizi d’urgenza in ambulanza e nei servizi di trasporto su prenotazione.

Inizialmente la sede è operativa solo dalle 12 con i turni di quattro ore. Difatti solo dopo qualche mese si riesce a garantire la copertura nell’intero arco delle 24 ore. Chi presta servizio è dotato di una copia delle chiavi della sede, così a partire dalle ore 12 rimane a disposizione nel caso di un’eventuale chiamata con richiesta di soccorso.

Gli autisti disponibili per le uscite diurne sono tre: Ettore Ferrario, Orfeo Landoni e Giuliano Speziali. Loro non sono presenti in sede, ma rintracciabili solo attraverso un sistema radio “cerca persone”.

Da ricordare in questo periodo l’operato di due giovani volontari: Alfonso De Vivo e Giuseppe Rampoldi che si prodigano in questa fase di start up garantendo una presenza

quotidiana in associazione e rappresentando un valido punto di riferimento per tutti i pensionati.

La prima uscita diurna, raccontata dai volontari ancora oggi dopo oltre 30 anni, è quella per prestare soccorso a un operaio caduto accidentalmente in un’autofficina di Lomazzo.

L’autista in quell’occasione è Giuliano Speziali mentre barellieri sono Francesco Galli e Andrea Cattaneo, tre figure storiche del “diurno” in CRI Lomazzo.

A questa seguono molte altre uscite. “Lampeggia la spia rossa di sopra” dicono i pensionati per indicare che la telefonata poteva essere una richiesta d’intervento urgente. In quel periodo il servizio del 118 non si è ancora strutturato.

Ma è proprio grazie all’attività svolta in questi anni che la CRI di Lomazzo riesce a porre le basi per diventare una risorsa importante nell’ambito del soccorso d’urgenza provinciale e specificatamente per il comprensorio del territorio dell’intera bassa comasca.

LA SEZIONE FEMMINILE

Qualche anno più tardi, nel 1995, si insedia una nuova componente: nasce così la Sezione Femminile della CRI, promossa e presieduta da Anna Mattioli, che si affianca all’opera dei Volontari del Soccorso, una vera e propria novità anche a livello nazionale.

La componente del comitato femminile si costituisce presso

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la delegazione CRI di Lomazzo con un gruppo iniziale di 21 soci fondatori rappresentando, infatti, la terza sezione istituita a livello nazionale nell’ambito di una delegazione che in quel periodo faceva ancora parte del sottocomitato CRI di Saronno.

I servizi inizialmente svolti sono in particolare attività socio-sanitarie quali l’assistenza domiciliare a persone anziane e il noleggio di attrezzature sanitarie.

Negli anni a seguire vengono intraprese iniziative di raccolta fondi e generi vari a sostegno di popolazioni coinvolte in grandi catastrofi naturali oltre ad iniziative di carattere umanitario.

È il caso, nel 1997, dell’acquisto di medicinali di prima necessità destinati al lebbrosario di Purhi in India, nel 1998 e 1999 le campagne di sensibilizzazione in occasione del terremoto in Umbria e della guerra in Kosovo.

Diventa un appuntamento fisso anche un’iniziativa che prevede anche una vendita organizzata in occasione delle feste natalizie di articoli confezionati artigianalmente “Fatto con le mie mani” attraverso la quale vengono raccolti fondi a sostegno del locale gruppo di Volontari del Soccorso.

La collaborazione fra le due componenti è stata per anni caratterizzata da altri elementi significativi: basti ricordare l’organizzazione dell’annuale “Festa de Volontario” o di iniziative quali “Il castagnaccio”.

Negli anni l’attività svolta dal comitato femminile trova altre caratterizzazioni. Il conseguimento della patente per l’abilitazione alla guida di automezzi CRI permette l’impiego di componenti del Comitato Femminile in servizi di trasporto sociale per disabili e persone anziane, in modo del tutto originale per quelle che sono le normali attività di questa componente.

Negli ultimi anni fra gli altri viene anche predisposto un opuscolo informativo di primo soccorso (“Birba”) che viene diffuso soprattutto nelle scuole elementari e medie.

Il Comitato Femminile con i suoi numerosi soci attivi si impegna attivamente nella gestione di ambulatori infermieristici presso i comuni di Cirimido e Bregnano, in un attività socio-assistenziale, di sostegno ai degenti di una casa di riposo locale e nell’organizzazione di iniziative di raccolta fondi quali la “Fiera del fiore” presso il comune di Turate o la “Festa della mamma”. Il Comitato di fatto viene sciolto a livello nazionale nel 2012 chiudendo così una pagina gloriosa della Croce Rossa le cui origini vengono fatte risalire idealmente alla metà del diciannovesimo secolo quando, durante la battaglia di Solferino del 1859, le donne lombarde di Castiglion delle Stiviere insieme al parroco diedero assistenza e cura ai feriti degli eserciti franco-piemontese e austriaco senza fare distinzione di nazionalità.

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IL PRIMO DISTACCAMENTO

Successivamente, siamo nel 1996, viene aperto un primo distaccamento a Fenegrò con l’intento di garantire gli interventi di urgenza 118 sul territorio del mozzatese e sui comuni limitrofi. Nel 1998 la guida della Delegazione viene affidata al dottor Maurizio Saporiti che, in un’operazione di ridefinizione territoriale delle sedi CRI, compie i passi necessari per attribuire la competenza di CRI Lomazzo al Comitato Provinciale di Como con la trasformazione del presidio in Comitato Locale; questo riconoscimento giunge agli inizi del 1999 quando il signor Germano Pagani viene nominato Commissario del Comitato Locale CRI di Lomazzo. Questa è una tappa fondamentale ed impegnativa nella storia dell’associazione lomazzese in quanto nell’arco di pochi mesi si passa dalla dipendenza del Comitato Provinciale di Varese a quello lariano e la successiva elevazione a Comitato Locale, con conseguente autonomia amministrativa e gestionale. Inoltre, importantissimo, viene esteso a 24 ore il servizio di urgenza ed emergenza nel distaccamento di Fenegrò.

IL NUOVO MILLENNIO

Dal 2000 vengono attribuiti al servizio di Continuità Assistenziale (Ex Guardia Medica) anche i territori di Mozzate, Carbonate e Locate Varesino gestendo, di fatto, con la propria centrale operativa le esigenze di ben dodici comuni.

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Nel 2002, sotto la guida del Responsabile Locale, Eugenio Sabia, si festeggia il 20° di fondazione con l’apertura, nella giornata del primo luglio, del secondo distaccamento nel Comune di Turate, fortemente voluto dall’Amministrazione comunale di allora, che si occupa principalmente dei Servizi d’Urgenza ed Emergenza 118 sui comuni limitrofi. Alla creazione di un presidio nel comune di Turate si arriva a seguito di una convenzione sottoscritta fra CRI Lomazzo ed Amministrazione comunale di Turate che si impegna a garantire una sede funzionale per il servizio che si andrà a svolgere.

I locali individuati presso la ex sede municipale, sono oggetto di intervento di ristrutturazione per l’adeguamento degli impianti e degli spazi.

La prima ambulanza che opera presso il distaccamento CRI

Turate è acquistata anche grazie ad un generoso contributo del centro pensionati e di aziende locali. Il servizio è svolto da personale volontario che nelle ore diurne viene affiancato da dipendenti CRI in modo tale da garantire su tutto il territorio di competenza, comune di Mozzate, Locate Varesino, Carbonate e Limido Comasco, un’operatività di tipo 24 ore.

IL DEFIBRILLATORE

A partire da dicembre 2002, grazie alla spinta propulsiva dell’Associazione ComoCuore in sinergia con la centrale operativa 118 di Como, decolla nel territorio lariano un pro-

getto finalizzato a combattere la morte cardiaca improvvisa attraverso la Defibrillazione Precoce effettuata da personale non medico come previsto dalla legge n. 120 dell’aprile 2001.

Il Comitato di Lomazzo della Croce Rossa Italiana è una delle prime realtà a partire con questo progetto certificando da marzo ad agosto 2003 ben 29 Volontari all’utilizzo del Defibrillatore Semi Automatico Esterno (DSAE). Nel giro di nemmeno dieci anni il numero dei volontari certificati sale a quasi ottanta e grazie a loro è possibile garantire sull’ambulanza un operatore DSAE 24 ore 24, sette giorni su sette.

L’idea iniziale del progetto è quella di diffondere a vari livelli, fino al cittadino cosiddetto “laico”, l’educazione sia al sostegno cardiorespiratorio di base (BLS) sia al soccorso con l’uso del DSAE (BLSD). Per BLS si intende il sostegno delle funzioni vitali compromesse o assenti, garantendo la pervietà delle vie aeree, la ventilazione e le compressioni toraciche esterne.

Nel 2011 “30 ore per la vita” ha voluto collaborare con Croce Rossa Italia (CRI) per sensibilizzare il più vasto numero possibile di persone alle manovre di primo soccorso, in particolar modo alla rianimazione cardiopolmonare, attraverso iniziative rivolte al pubblico e dando la possibilità a scuole statali e impianti sportivi di dotarsi di un Defibrillatore Semi Automatico Esterno attraverso una semplice richiesta, demandando al personale della CRI l’onere di gestire i corsi di

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formazione di BLSD all’organico di queste scuole e impianti sportivi.

Si sente sempre più spesso parlare di sportivi colpiti da arresto cardiaco durante competizioni come partite di calcio; questo progetto mira proprio a dare la possibilità di un intervento immediato utilizzando il DSAE da personale interno alla struttura, di conseguenza senza dover aspettare l’arrivo di personale sanitario. La rianimazione cardiopolmonare (RCP) associata alla defibrillazione elettrica entro 3-5 minuti dal collasso può determinare una percentuale di sopravvivenza fino al 75% (nei casi in cui l’arresto è dovuto ad un ritmo defibrillabile, questo perché esistono diversi tipi di arresto cardiaco e purtroppo non tutti sono defibrillabili).

NON SOLTANTO VOLONTARI

Quasi in contemporanea inizia anche una nuova esperienza: ai Volontari del Soccorso viene affiancato progressivamente del personale dipendente ritenuto indispensabile per poter far fronte alle numerose richieste di servizi diurni da parte della collettività.

Il 2005 è infatti caratterizzato da una serie di importanti novità che vanno dall’approvazione del nuovo statuto della Croce Rossa Italiana alla costituzione del primo Consiglio

Direttivo Locale guidato dal presidente Paolo Rusconi, fre-

sco di nomina. Non meno importante, si affiancano al personale volontario e dipendente operante nella fascia oraria diurna feriale, quattro ragazze selezionate per un anno di servizio civile volontario. Per CRI Lomazzo si apre una nuova esperienza, sempre con lo spirito di abnegazione che ha caratterizzato i fondatori della realtà di Croce Rossa in Lomazzo. Inizia un sostanziale incremento dei servizi resi a favore dei minori diversamente abili mentre si potenzia il servizio di trasporto di pazienti nefropatici.

IN PRIMA SERATA MA NON SOLO

Prima in televisione, quella nazionale si intende, e poi sui social. Per tutta l’estate del 2005, per 18 venerdì alle 21.15 su Rai Due, va in onda «Terapia d’urgenza» con la partecipazione dei soccorritori veri della Croce Rossa di Lomazzo Luca Mantegazza, Andrea Pagani, Marina Galli, Gaetano Galletta, Anna Figini, Carlo Gatti, Ornella Bonora, Nicola Fusaro, Simone Porro, Giovanna Figini, Maurizio Figini, Michela Figini, Moira Ostinelli, Laura Cetra. Hanno fatto da spalla a volti noti come quelli di Milena Miconi, Max Pisu, Sergio Muniz, Marco Basile, Cesare Bocci, Rodolfo Corsato, Andrea Marrocco, Miriam Mesturino, Alessia Barela per citare alcuni dei protagonisti della seconda edizione della fiction. I volontari di Lomazzo sono arruolati nel cast anche grazie alla nuova ambulanza in dotazione al Comitato, considerata particolar-

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mente telegenica per il suo allestimento moderno e funzionale. Prendono parte alle riprese, iniziate nell’autunno del 2003, prima come semplici comparse e poi recitando anche qualche battuta.

Non solo televisione e fiction, però. È storia di quest’anno che Gabriele Vignato, 22 anni milanese, uno degli influencer più noti in Italia, quattro milioni di follower su Tik Tok e 882mila su Yuotube, abbia scelto la CRI di Lomazzo per raccontare la giornata tipo di un soccorritore. Non un nome qualunque quello di Vignato visto che collabora con divertenti interviste alla trasmissione di Fiorello “Via Rai Due”. Postato su Youtube il video intitolato “24 ore dentro il 118”

nel giro di pochi giorni ha superato le trecentomila visualizzazioni. Per realizzarlo Vignato ha indossato per un giorno la divisa da volontario imparando a usare il defibrillatore e la barella partecipando a due interventi simulati. Vera, invece, la sua emozione al suono della sirena (lo volevo fare sin da bambino ha ammesso) e lo stupore di fronte ai 150mila euro spesi per acquistare un’ambulanza (è come una Ferrari) per arrivare all’ammirazione quando ha scoperto che la maggior parte degli operatori sono volontari.

Davvero una grande soddisfazione per un Comitato come quello di Lomazzo che è decisamente molto attivo sui social.

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CHI SALVA UN BAMBINO SALVA IL MONDO

Il Progetto Manovre Disostruzione Pediatriche della Croce

Rossa Italiana nasce nel 2008, dall’analisi di dati scioccanti: in Italia muore un bambino a settimana per questo problema, questi bambini muoiono per il non sapere, perché nessuno conosce l’esistenza delle semplici linee guida internazionali che insegnano a tutti come salvare una vita umana.

Si forma così la task force nazionale PBLSD (Pediatric Basic Life Support and Defibrillation).

Vengono quindi codificate le linee guida per la Croce Rossa relativamente alla PBLSD e prende il via il Progetto Nazionale sulle Manovre di Disostruzione Pediatriche destinato soprattutto ai genitori, ai nonni, alle baby-sitter, agli assistenti sociali di bambini con disabilità severe, a tutti coloro i quali vivono o lavorano accanto ai bambini. Partono quindi i primi corsi (suddivisi in due tipi) di manovre di disostruzione delle vie aeree in età pediatrica.

Definiti tutti gli aspetti del progetto, la task force inizia a girare tutte le regioni d’Italia per formare gli istruttori che poi effettivamente sarebbero andati sul territorio a informare e ad insegnare le manovre alla popolazione.

Parallelamente alle tipologie di lezione da presentare al pubblico si creano i supporti didattici che sono distribuiti durante gli incontri: due poster con la sequenza delle manovre (uno per il lattante ed uno per il bambino), un manualetto,

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con la spiegazione delle stesse, e un video, disponibile sul sito www.cri.it che le illustra semplicemente.

Il progetto “Chi salva un bambino salva il mondo intero” approda a Lomazzo nel 2011, con l’arrivo in Comitato di tre istruttori MdPed. I neo istruttori si mettono subito al lavoro sulle ali dell’entusiasmo ed organizzano la prima lezione interattiva sul territorio del nostro Comitato che il 17 settembre richiama al Centro Polifunzionale di Turate oltre 200 persone. In seguito alle numerose richieste giunte dopo quell’evento segue il primo corso completo a fine ottobre 2011 a cui ne seguirono altri 4, sempre con una grande partecipazione sia da parte del personale di asili e scuole, sia da parte di genitori e nonni. Senza dimenticare che nel frattempo sono seguite altre due lezioni interattive, a Fenegrò preso l’auditorium delle scuole medie ad ottobre 2011 e ultima in ordine di tempo, a Guanzate presso l’auditorium della scuola media Anna Frank ad aprile 2012. Nell’arco di otto mesi, attraverso il lavoro degli istruttori Mdped in forza al Comitato Locale di Lomazzo della Croce Rossa Italiana, anche grazie al supporto della Task Force provinciale di Como, riescono a informare e a formare più di 500 persone tra genitori, nonni e insegnanti. Una missione che non si ferma perché punta a creare sempre nuovi moltiplicatori affinché chiunque sappia come evitare una tragedia inutile.

Nel 2013 un altro salto di qualità con la partenza del coordinamento degli autisti dell’équipe trapianti per conto di AREU.

CAMPIONI NAZIONALI

Nell’ottobre del 2018 Croce Rossa Italiana Lomazzo in rappresentanza di Croce Rossa Italiana - Comitato Regionale Lombardia vince la XXVª Gara Nazionale di Primo Soccorso.

Il team è composto da Sara Ghirimoldi, Fabio Casaccio, Luna Lavia, Carlo Pucci, Cristina Mazzei, Alessio Colombo mentre molti altri volontari hanno collaborato, a vario titolo

e per mesi, alla preparazione della squadra. È il coronamento di un’attività molto considerata nell’ambito della croce rossa lomazzese che al momento non è riuscita a ripetere l’impresa.

La classifica finale vede al primo posto la Lombardia con Lazio e Marche sul podio. A seguire Veneto, Piemonte, Sicilia Acireale, Emilia Romagna, Puglia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Sicilia - Catania, Abruzzo, Campania, Liguria, Toscana, Alto Adige, Molise, Trentino e Basilicata. A Scalea i volontari si sfidano nelle strade della cittadina calabrese che per l’occasione si trasformano in teatri di interventi di soccorso. I partecipanti sono chiamati a misurarsi con simulazioni di casi di emergenza come calamità, infortu-

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ni, incidenti domestici e sul lavoro, durante i quali applicarono le tecniche e i metodi di soccorso appresi. Una giuria specializzata assegna i punteggi per ogni prova e stila la classifica finale, valutando abilità singole e di squadra, organizzazione del lavoro e prontezza di intervento.

I volontari di CRI Lomazzo sono arrivati in Calabria a rappresentare la Lombardia, in quanto team risultato vincitore alle selezioni regionali tenutesi a giugno a Gallarate.

L’EMERGENZA COVID

Si arriva al 2020, un anno terribile, ma il Coronavirus non spegne l’entusiasmo dei volontari, anzi lo rafforza. Una prova superata grazie alla mobilitazione di tutta l’associazione su vari fronti: non solo i trasporti in emergenza (triplicate le ambulanze stabilmente dedicate agli interventi di soccorso) e il supporto sanitario ad AREU/112, ma anche le attività di contenimento della diffusione del coronavirus con quasi undicimila tamponi per non parlare delle iniziative a sostegno della popolazione in genere.

Proprio in questi mesi difficili, tanto per non farci mancare nulla, inizia la progettazione della nuova sede. Il 10 luglio 2021, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, partono i lavori ora conclusi: quella nuova casa desiderata da anni è diventata realtà.

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Evoluzione sistema sanitario extraospedaliero

Ambulanze, ma anche auto mediche e auto infermieristiche, cellulari, smartphone e applicazioni, le app, per allertare il 118, la macchina dei soccorsi all’apparenza così semplice ma molto complessa nella realtà delle cose, sono ormai sotto gli occhi di tutti, come il pane quotidiano, ma solo qualche anno fa erano un futuro sconosciuto e, per qualche aspetto, anche inimmaginabile come lo era quel numero a tre cifre. Ma è difficile pensare che oggi ci sia qualcuno con i capelli grigi che, su questo argomento, si lasci prendere dalla nostalgia e faccia spazio al più classico dei “ai miei tempi si che le cose funzionavano...”.

Oggi l’organizzazione e la gestione delle emergenze extraospedaliere è programmata e coordinata a più livelli: dalle

Centrali uniche di risposta (Cur) del 112 alle Centrali operative di polizia e carabinieri, dalle Sale operative regionali

dell’emergenza e urgenza sanitaria (Soreu) al servizio del vigili del fuoco per consentire garanzia e rapidità nei soccorsi e un razionale impiego delle risorse disponibili non sempre utilizzando le risorse più vicine, ma quelle ritenute più idonee per affrontare la situazione.

In Italia la rivoluzione nei soccorsi, in epoca moderna si intende, risale nel periodo compreso tra gli anni Settanta e i primi anni Novanta con la nascita del servizio 118. Un periodo che la stessa Croce Rossa di Lomazzo ha vissuto da protagonista a partire dal 1982, l’anno di fondazione del comitato. La nascita e l’evoluzione del soccorso extraospedaliero, segnata da drammatici eventi che hanno permesso di evidenziare le carenze dei sistemi di intervento spingendo verso quei cambiamenti che oggi sono alla base dell’attuale gestione delle emergenze sanitarie, la riassume il dottor Marco

Paiella, 49 anni di Pontelambro, medico anestesista rianimatore e da un anno responsabile del 118 di Como avendo preso il posto del collega Maurizio Volontè che, a sua volta, aveva ricevuto il testimone da Mario Landriscina. Come dire un riassunto in presa diretta da chi l’emergenza la vive ogni giorno direttamente.

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118

Parliamo delle origini

“A dare la spinta affinché i servizi di emergenza evolvessero verso il sistema attuale furono grandi eventi come il disastro del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966 e i terremoti del decennio successivo. La culla italiana della nuova idea di soccorso è considerata unanimemente Bologna e la pietra miliare, alla fine degli anni Settanta, fu la nascita di un Centro di pronto intervento sanitario (Cepis). Questo servizio inizialmente si occupava soprattutto del trasporto dei pazienti da un ospedale all’altro, ma la sua evoluzione fu la diretta conseguenza di tre grandi tragedie che caratterizzarono proprio il territorio bolognese: la strage del treno Italicus, il disastro di Murazze di Vado e la strage dalla stazione ferroviaria di Bologna. In quest’ultima occasione il Cepis intervenne per la prima volta con il ruolo di coordinamento dei soccorsi sanitari organizzando lo smistamento dei feriti all’Ospedale Maggiore di Bologna. Da qui in ogni località italiana si cominciò a pensare alla creazione un punto di coordinamento per le emergenze sanitarie: di fatto nasceranno i 118 locali”.

Ma come erano gestite le piccole emergenze prima dell’avvento del 118?

“Prima degli anni Novanta chiamare i soccorsi per un’emergenza sanitaria non era così semplice. Prima di tutto biso-

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gnava trovare un telefono (se si era fuori casa si cercava una cabina telefonica o un bar) e poi bisognava conoscere il numero telefonico del servizio di ambulanza che era diverso per ogni città. Inoltre in alcune località non esisteva un numero dedicato, ma bisognava contattare i vigili urbani che coordinavano, per quanto possibile, le richieste di soccorso. A Milano, ad esempio, le associazioni di soccorso dovevano richiedere l’autorizzazione ad operare con il 7733, il numero dei vigili urbani che all’epoca coordinavano le attività di pronto soccorso nell’ambito cittadino. Con il passare degli anni, almeno nelle realtà più grandi, si arrivò a concepire delle centrali di coordinamento in quanto era evidente che con il sistema così in essere vi fossero degli enormi ritardi nei soccorsi e, cosa ancora più importante, un altro problema era rappresentato dal fatto che chi rispondeva alle chiamate di soccorso non era formato per tale attività, così come non esisteva un sistema per localizzare i mezzi più idonei e più vicini per farli intervenire sul luogo dell’evento”.

Quindi cosa succedeva in questa situazione?

“Non esistendo alcun coordinamento, alcuna centrale operativa territoriale, poteva capitare che sul luogo dell’intervento arrivasse un’ambulanza, oppure ne arrivassero tre o quattro o, peggio ancora, non ne arrivassero proprio. Come modo

operativo, poi, le ambulanze avevano come unico obiettivo il trasporto rapido del paziente nell’ospedale più vicino: questo era previsto dalla cultura del “carica e vai” (scoop and run). Quindi sulle ambulanze, allora dei semplici furgoni attrezzati con una barella e poco altro, c’erano i portantini o barellieri che una volta arrivati sul luogo dell’evento caricavano il paziente e lo portavano all’ospedale. Sul posto non era prevista altra azione sanitaria, nessun inquadramento diagnostico, nessuna stabilizzazione, nessun tipo di trattamento. Anche per questo poteva capitare che chi avesse un’auto a disposizione portasse direttamente il paziente in ospedale senza chiamare nessun soccorso (una corsa accompagnata dai colpi di clacson magari sventolando il classico fazzoletto bianco fuori dal finestrino per chiedere la precedenza agli altri automobilisti). L’ospedale scelto dalle ambulanze e dai privati era quello più vicino anche se poteva rivelarsi il meno idoneo per il trattamento del paziente che, di conseguenza, spesso doveva poi essere trasferito nella struttura più adatta alla sua situazione sanitaria con notevole aumento dei tempi di gestione dell’emergenza. In questo contesto era difficile prestare soccorso e praticamente impossibile gestire in modo efficace le maxi emergenze”.

Poi cos’è cambiato?

“Fino a metà degli anni Ottanta in tutta Italia erano presenti

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delle ambulanze che, non essendo coordinate tra di loro, lavoravano in autonomia: il sistema di soccorso extraospedaliero si reggeva su soluzioni locali facenti riferimento ad una normativa del 1947 che conferiva alla Croce Rossa Italiana il servizio di emergenza.

Il numero delle richieste di soccorso, però, era talmente elevato e disorganizzate che non permetteva alla sola CRI di farsene pienamente carico; nascevano così altre associazioni e piccole centrali operative che insieme cercavano di far fronte alle richieste di aiuto.

In questo contesto la presenza del personale sanitario infermieristico e medico era praticamente sconosciuta e il sistema era sostenuto da persone definite laiche che, mettendosi a disposizione durante il loro tempo libero, rispondevano alle domande di soccorso. Queste associazioni che iniziavano a moltiplicarsi erano completamente al di fuori dal sistema ospedaliero. Inoltre fino a quel momento a farsi carico dei soccorsi non era il Servizio Sanitario Nazionale, ma i comuni che con il loro personale garantivano il trasporto dei pazienti dal territorio all’ospedale.

Il 27 marzo 1992 con il varo del decreto presidenziale furono stabiliti tre punti: la competenza esclusiva del Servizio sanitario in merito all’attività di soccorso pre-ospedaliero, la sua gratuità e l’attivazione di un numero unico dedicato, il 118. In realtà il primo nucleo operativo nasce a Bologna qua-

si due anni prima, nel giugno 1990.

Di fatto dal 1994 il numero 118 diventa attivo su tutto il territorio nazionale e nacquero quindi le Centrali operative

118 dei vari comuni in cui si convogliavano le richieste di soccorso e dove si decideva la strategia migliore per intervenire sull’evento.

Le Centrali operative 118 rimasero autonome fino alla nascita dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza, divenuta poi, nel gennaio 2021, Agenzia regionale emergenza urgenza. AREU ai sensi dell’art. 16, l. r 30 dicembre 2009 n. 33 “Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità” è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica”.

La situazione attuale?

“Sul territorio lombardo, oggi, il servizio di soccorso sanitario viene coordinato da quattro Sale Operative Regionali di Emergenza Urgenza (OREU), a cui fanno capo i mezzi di base (ambulanze) e i mezzi avanzati (automediche, autoinfermieristiche ed elicotteri).

Sulla base degli indirizzi regionali AREU attua la programmazione e il controllo, assicurando i Livelli essenziali di assistenza (Lea) in materia di emergenza urgenza extraospedaliera, di attività trasfusionali, di trasporti sanitari e sanitari semplici

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inclusi gli organi e i tessuti destinati ai trapianti. Viene garantito così il coordinamento regionale e interregionale, l’indirizzo, la gestione, lo svolgimento, il monitoraggio della rete dell’emergenza urgenza extra ospedaliera e del Servizio del Numero unico emergenze 112 di cui cura la programmazione e il controllo.

La stessa AREU assicura inoltre il coordinamento delle attività trasfusionali dei flussi di scambio e compensazione di sangue, emocomponenti ed emoderivati; il controllo logistico delle attività di prelievo e di trapianto di organi e tessuti, dei trasporti sanitari e sanitari semplici disciplinati dalla Regione e il coordinamento delle centrali operative integrate per la continuità assistenziale. L’AREU opera inoltre in raccordo con il sistema di protezione civile per far fronte alle grandi emergenze, promuove attività scientifiche e di ricerca in collaborazione con le strutture sanitarie”.

Chiamare i soccorsi è sempre più facile?

“Dalla chiamata alle croci o dal trasporto del paziente in auto verso l’ospedale più vicino all’applicazione per cellulari passando dai numeri d’emergenza 118 prima e 112 ora: in questi anni anche l’allerta dei soccorsi si sta evolvendo con l’obiettivo di velocizzare gli interventi e migliorarne la localizzazione. Così nel 2014 AREU lancia l’applicativo “112 Where are u”, ovvero l’app ufficiale del numero europeo di emer-

genza 112. L’applicativo, gratuito, nasce con la precisa volontà di garantire una più precisa soluzione alla richiesta di soccorso assicurando risposte indispensabili alle due domande che permettono alla centrale 112 di attivare i soccorsi: “dove ti trovi?” e “di cosa hai bisogno?”. Si tratta di una vera e propria sfida dell’emergenza perché chi viene colpito da un infarto o da un ictus, magari solo e spaventato, crea un contatto diretto con chi gli presterà soccorso”.

Quali sono le caratteristiche dell’app?

“L’eccezionalità di questa applicazione sta nel fatto che l’utente ha la possibilità di dialogare automaticamente con la centrale del 112 della propria regione che a sua volta permette al cittadino di collegarsi con il servizio di emergenza sanitaria, i servizi di pubblica sicurezza e il servizio tecnico dei vigili del fuoco trasmettendo in automatico anche la posizione esatta, rilevata in quel momento, del luogo dell’evento. La posizione, infatti, viene rilevata tramite le coordinate Gep e/o la rete dati mostrandola in contemporanea anche sul telefono da cui è partita la richiesta di aiuto. Il servizio che permette la localizzazione della chiamata è il Centro elaborazione dati interforze (Ced If) del Ministero dell’interno, istituito nel 1981, che assicura anche la privacy e il blocco della geo localizzazione verso parti terze.

La localizzazione viene anche trasmessa via Sms e questo

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doppio canale assicura sempre l’invio del luogo da cui è stata lanciata la segnalazione. Queste coordinate sono più precise di quanto rilevato attraverso il servizio disponibile da parte dei provider telefonici e veicolate dal Ced Interforze; esse si basano, infatti, sulla puntuale rilevazione operata dall’apparato stesso ottenuti dalla costellazione GPS.

L’app consente anche di effettuare volontariamente una chiamata muta nel caso in cui non sia possibile parlare; con appositi pulsanti è infatti possibile segnalare il tipo di soccorso richiesto.

Essere individuati è fondamentale per permettere alla centrale di inviare i soccorsi più rapidamente e con più precisione: Where Are U invia automaticamente la posizione all’operatore 112 che sta gestendo quella determinata emergenza.

L’app rileva la posizione dello smartphone e, al momento della chiamata, la trasmette alla CUR 112 tramite rete dati o tramite sms. Un grande passo avanti, questo, poiché nonostante otto chiamate su dieci vengano effettuate attraverso il cellulare, la localizzazione telefonica standard è ancora difficile e la sua accuratezza si aggira intorno al solo 50%.

La migliore localizzazione, inoltre, riduce complessivamente i tempi d’intervento”.

Altre caratteristiche del servizio?

“La richiesta di soccorso, dal 2019 può essere gestita anche

se l’utente non può comunicare con l’operatore, infatti si può selezionare “chiamata silenziosa” o chiamata + chat; e indicare il tipo di intervento di cui hai bisogno. Nel momento in cui viene fatta richiesta di chat l’utente sarà ricontattato sempre tramite chat, permettendo ad operatori addestrati per questo tipo di richieste la gestione dell’evento in corso.

A dispetto di quanto si possa pensare l’utilizzo dell’applicativo non allunga i tempi di attesa della richiesta di soccorso. Inoltre è sempre opportuno sottolineare che i dati vengono utilizzati esclusivamente per la gestione della chiamata d’emergenza e nessuno può risalire alla posizione di chi ha scaricato l’app. Il software invia la posizione solo quando viene effettuata una richiesta d’emergenza.

La grande differenza tra una chiamata e l’utilizzo dell’app è che chiamando oltre ad allungarsi i tempi la localizzazione non sempre è esatta. Con l’applicativo, invece, la posizione è più precisa soprattutto in ambiente urbano. Anche non vedenti e non udenti possono allertare i soccorsi: per loro sono state predisposte un’apposita schermata e una chat inoltre l’applicativo permette di contattare i servizi di emergenza attraverso una chiamata silenziosa, in questo caso l’operatore di centrale non richiamerà l’utente, ma attiverà comunque i soccorsi.

Con la chiamata silenziosa o la modalità chat verrà presen-

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tata una schermata per scegliere il tipo di intervento necessario al fine di aiutare l’operatore nella scelta degli enti da attivare. Per le persone non udenti è molto importante attivare il profilo e segnalare, nell’apposita area personale, di essere impossibilitato a udire”.

E sulle ambulanze cosa è cambiato?

“Sicuramente, ormai superata la filosofia del “carica e vai”, sono state potenziate le dotazioni delle ambulanze stesse: su tutte defibrillatore ed elettrocardiografo oltre che ai presidi utilizzati per l’immobilizzazione dei pazienti. È evidente che migliorare le dotazioni senza poi saperle usare è inutile, proprio per questo AREU ha investito molto sulla formazione del personale, dei volontari, da qui la serie di corsi per utilizzare correttamente, ad esempio, il Dae e l’esecuzione di un elettrocardiogramma”.

E nel prossimo futuro?

“Diciamo che novità a breve scadenza, invece al momento non sono ipotizzabili. L’evoluzione è stata duplice per passare dal semplice trasporto del paziente a un trasporto mirato nell’ospedale più adatto alle problematiche del paziente stesso grazie grazie alle indicazioni raccolte sul luogo dell’evento dai soccorritori. Operazioni di soccorso che prevedono, a seconda delle necessità, l’intervento di ambulanza, auto

infermieristica (autista soccorritore, infermiere e medico), auto medica, elisoccorso (medico rianimatore, infermiere e soccorso alpino)”.

Nel contesto generale del soccorso come si inserisce la CRI di Lomazzo?

“In modo decisamente positivo tanto più che con la nuova sede aumenteranno le potenzialità di un Comitato, quello di Lomazzo appunto, già ora si presenta come uno dei più grandi della provincia di Como per numero di volontari attivi e che vanta numeri di servizi davvero notevoli. Un presidio importante destinato a consolidare il proprio ruolo in una posizione strategica che vede la CRI di Lomazzo operare ormai da tempo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a cavallo di province e territori diversi. Di fatto anticipando nella sostanza l’attuale organizzazione delle centrali operative che sino a poco tempo fa erano una per provincia”.

Quindi esame di soccorso superato brillantemente?

“Direi proprio di si, aggiungerei con lode. La CRI di Lomazzo è sempre stata un ente serio e preparato che può contare su un numero di volontari in continua crescita, storicamente un presidio che si è sempre impegnato nella formazione del proprio personale che, oggi come oggi, si presenta altamente qualificato in tutti i settori”.

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Covid

Coronavirus, mobilitazione vincente

In quattro decenni di vita gli anni del coronavirus, della pandemia appena messa alle spalle, sono stati quelli che maggiormente hanno messo alla prova le capacità di intervento del sistema sanitario nazionale in genere e, di conseguenza, anche della Croce Rossa di Lomazzo. Un esame superato grazie alla mobilitazione di tutta l’associazione su vari fronti trasformando il tempo della paura in tempo della gentilezza: non solo i trasporti in emergenza (ad alto rischio infettivo) e il supporto sanitario ad AREU/112, ma anche le attività di contenimento della diffusione del coronavirus con quasi undicimila tamponi (in totale 339 sono stati gli utenti risultati positivi al test) effettuati in nemmeno un anno (dal 29 gennaio 2021 al 10 gennaio 2022) per non parlare delle iniziative del quotidiano a sostegno della popolazione in genere. Da sempre la Croce Rossa opera in ambito socio-assistenziale e nel periodo d’emergenza Covid l’attività del Comitato è coincisa con il ‘Tempo della Gentilezza’: dalla spesa a domicilio al trasporto sanitario. Centinaia di volontari si sono alternati, dire con abnegazione non è facile retorica, accanto ai più vulnerabili.

In questi mesi di difficoltà per tutti le attività della CRI non si

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sono fermate, anzi si sono intensificate adattandosi a nuove esigenze per offrire supporto e assistenza alle persone più vulnerabili. Il Comitato CRI di Lomazzo ha promosso ed attivato moltissimi servizi per le persone anziane o immunodepresse: spesa a domicilio, trasporto infermi e consegna farmaci e beni di prima necessità grazie all’attività senza sosta di centinaia di volontari CRI che in questo particolare momento non hanno dimenticato chi è solo o in difficoltà.

La Croce Rossa di Lomazzo ha messo in pratica nella maniera più straordinaria possibile ‘Il Tempo della Gentilezza’ ripensando a tutte le attività per essere vicini alle persone fragili e garantendo sempre la sicurezza dei volontari.

Nei mesi “bui” della pandemia, le tre parole d’ordine sono state “smart, safe and kind”: per continuare ad assistere la popolazione con intelligenza e creatività, in sicurezza e con gentilezza, sempre attenti al prossimo.

“Il Tempo della Gentilezza” è un circolo virtuoso di solidarietà e Umanità. Sono molti, infatti, i messaggi di ringraziamento che i volontari hanno ricevuto: da chi ha lasciato anonimamente un biglietto di incoraggiamento sul parabrezza di un’ambulanza a chi ha fatto recapitare la cena o la colazione in sede, fino alle donazioni di mascherine, tute monouso e occhiali protettivi. Tutto in maniera anonima e spontanea in un momento in cui più che mai piccoli grandi gesti di umanità possono fare la differenza.

Ecco una veloce sintesi delle attività straordinarie erogate per il “Tempo della Gentilezza”:

• Erogazione buoni spesa (da 160 euro a famiglia) distribuiti a 59 famiglie di cinque Comuni del territorio della Bassa comasca, a favore dei nuclei maggiormente colpiti dalla crisi economica;

• Raccolta e distribuzione di pacchi alimentari contenenti generi di prima necessità a decine famiglie di quattro Comuni del territorio;

• Distribuzione abiti e vestiario nuovi (ricevuti da donazioni di grosse aziende) giacche, pantaloni, gonne, camicie, cappelli distribuiti tramite la Parrocchia di Bregnano;

• Distribuzione di generi alimentari di prima necessità (donati da supermercati e aziende produttrici) alla Caritas di Rovellasca, alla Caritas di Lomazzo, al CAV di Rovellasca, ed alla Parrocchia di Bregnano, per il sostegno costante alle famiglie indigenti;

• Servizi di cambio biancheria o consegna effetti personali a pazienti Covid ricoverati negli ospedali della zona e residenti in tutti i comuni del distretto della bassa comasca;

• Campagna di sorveglianza con tampone antigenico rapido per la cittadinanza, in collaborazione con i Comuni di Lomazzo, Bregnano, Cirimido, Fenegrò, Limido Comasco, Guanzate e Turate (6594 i test effettuati in un anno in postazioni screening);

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• Campagna di sorveglianza con tampone antigenico rapido nelle aziende o le società sportive (4299 i test effettuati in un anno;

• Interventi infermieristici domiciliari, a pazienti Covid, per somministrazione terapie, prelievi, controlli sanitari e altro ancora;

• Prelievi domiciliari per “indagine nazionale sieroprevalenza” promossa da ISTAT e Ministero della salute;

• Sorveglianza sanitaria agli esami di Stato;

• Giochi on-line per i bambini e concorso di disegno;

• Consigli sulla corretta alimentazione durante il lockdown;

• Interventi domiciliari di pronto-farmaco a utenti costretti all’isolamento in abitazione;

• Progetto spesa SOSpesa: raccolta continua di farmaci e prodotti per l’infanzia (0-36 mesi) per la ridistribuzione alle famiglie in difficoltà;

• Centinaia di ore dedicate alla preparazione della spesa “drive” nel supermercato di Lomazzo, per la successiva consegna a domicilio;

• Realizzazione di diversi video tutorial sulle “best practice” in ambito sicurezza: corretto utilizzo mascherina, sistema corretto di lavaggio delle mani, come rimuovere i guanti monouso e come gestire al meglio il rientro in abitazione;

• Diretta web sulla gestione della “fase 2”, con particolare

riguardo ai bambini ed agli anziani, a cura di una Psicologa;

• Incontri di primo soccorso on-line, per preparare la cittadinanza al “ritorno alla normalità”.

Il personale della Croce Rossa di Lomazzo non si è mai sottratto alle richieste di auto che arrivano tramite il “112”. Per diversi mesi è stato triplicato il numero delle ambulanze a esclusiva disponibilità del sistema regionale Areu e incrementato esponenzialmente il numero di interventi erogati sul territorio comasco, varesino e della Brianza. Parallelamente, infine, è stata strutturata una rotazione di equipaggi per gestire i trasferimenti da ospedale a ospedale o i rientri in abitazione di persone positive.

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Trasporto Organi

Trasporto di organi, tessuti, equipe chirurgiche

Una corsa salvavita che in sette anni di attività ha effettuato un migliaio di missioni (977 per la precisione) per un totale di quasi 350mila chilometri percorsi pari a 7155 ore trascorse sulle strade italiane: è questa l’ultima radiografia del servizio di trasporto organi, tessuti, equipe chirurgiche e riceventi ai fini di trapianto. Un servizio speciale effettuato dalla Croce Rossa che vede Lomazzo in prima linea sin dalla sua istituzione.

Dal primo ottobre 2013 al 30 giugno 2020 il servizio “su gomma” è stato gestito dalla CRI che ha coordinato una flotta di nove automezzi ad esclusiva disponibilità del servizio. Dal primo maggio 2010, Regione Lombardia ha affidato ad AREU le competenze relative al servizio di Trasporto Organi, tessuti, equipe chirurgiche e riceventi ai fini di trapianto. Quando viene segnalato un prelievo di organi che coinvolge uno o più Centri Trapianto della Regione Lombardia, si mette in moto la complessa e delicata macchina che coinvolge numerosi attori del mondo dei trapianti: il Nitp (Nord Italia

Transplant program), i Centri Trapianto, le equipe chirurgiche, i vettori; tutti coordinati da un operatore dedicato presso la SOREU Metropolitana con sede presso l’Ospeda-

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le Niguarda di Milano. Normalmente l’attività di movimentazione di mezzi per il trasporto di equipe ed organi ha inizio nel pomeriggio e il tutto si conclude di notte o al mattino successivo. La flotta dedicata al trasporto di organi ed equipe è composta sia da mezzi su gomma, sia da mezzi su ala fissa (aerei) e ala rotante (elicotteri). La scelta del mezzo viene effettuata non solo in base alla distanza da percorrere, ma anche in funzione del tipo di prelievo; ad esempio gli organi toracici (cuore e polmoni) hanno tempi di ischemia più brevi rispetto ad altri organi, pertanto è necessario ridurre al minimo il tempo che intercorre tra il prelievo ed il successivo trapianto.

Dal primo ottobre 2013 e fino al 30 giugno 2020 il trasporto “su strada” è stato assicurato e gestito da Croce Rossa Italiana, in particolar modo da tre Comitati appartenente all’ex Comitato Provinciale di Como che ha ricevuto da AREU mandato specifico per assicurare una flotta di nove veicoli: tre mezzi monovolume e sei autoveicoli in grado di trasportare sia organi sia l’equipe specializzata, con postazioni attive nelle province Como, Bergamo, Milano e Pavia. Nel tempo, l’assetto operativo è mutato e le postazioni erano allocate a Lomazzo, Cusano Milanino, Bresso e Bergamo.

SFIDA VINTA

Prendere in carico un servizio di questo genere, riorganizzarlo geograficamente ed operativamente secondo specifiche indicazioni di AREU e renderlo effettivo in meno di due settimane è stata una sfida che ci ha spaventato, ma nel contempo anche stimolato. Con orgoglio possiamo gridare che ce l’abbiamo fatta. Il Comitato di Lomazzo, in questa fase, ha assunto un ruolo determinante e focale. La centrale di coordinamento e la gestione delle risorse, infatti, è rimasta in capo ai volontari di Lomazzo per diversi anni. Anni intensi di lavoro con uno staff dedicato, 24 ore su 24, anni di perfezionamento dei processi e degli assetti operativi, anni in cui abbiamo macinato chilometri e chilometri in giro per l’Italia, anni in cui abbiamo raggiunto soddisfazioni enormi.

Basti pensare che si viene attivati ogni volta in cui un organo è assegnato ad un Centro Trapianti della Regione Lombardia: il Niguarda, il Policlinico, il San Raffaele e l’Istituto Nazionale dei Tumori per Milano, poi Pavia, Bergamo, Brescia e Varese. Le equipe chirurgiche lombarde addette al prelievo degli organi, partono sempre da uno degli otto Centri Trapianto, ma il Centro Prelievi che ospita il donatore può essere in qualsiasi ospedale d’Italia oppure all’estero.

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Trasporto pazienti bariatrici

Attrezzature speciali per soccorsi al limite

Scale e gradini troppo ripidi che con porte e angoli troppo stretti rischiano di diventare un ostacolo invalicabile per i soccorritori e, di conseguenza, con maggiore preoccupazione per la salute del paziente se il fisico della persona che necessita aiuto è caratterizzato da qualche (non propriamente ma mettiamola così) chilogrammo di troppo. Persone che conducono una vita al limite a ogni istante della loro esistenza.

Il trasporto di pazienti gravemente obesi, perché è di questo che stiamo parlando, è sicuramente un’evenienza rara che il più delle volte è destinata a cogliere impreparati i soccorritori. Le attrezzature comunemente presenti sui mezzi di soccorso, infatti, non sono di norma adeguate alla mobilizzazione e al trasporto di questi pazienti, in particolar modo quando si tratta di persone con un’autonomia residua minima. Di solito, i mezzi di soccorso hanno come barella principale modelli con portata massima certificata di 180 chilogrammi.

Trasportare pazienti gravemente obesi con strumenti non adeguati è un azzardo, una soluzione comporta un rischio inammissibile per gli operatori, per il paziente e per gli strumenti stessi.

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Per questo motivo e alla luce di esplicite richieste nel 2011 il Comitato CRI di Lomazzo ha deciso di costituire un gruppo di lavoro che analizzasse le potenziali difficoltà d’esecuzione di trasporti sanitari a favore di soggetti obesi e censisse le attrezzature idonee disponibili sul mercato. Questo soprattutto perché, a quanto ci risulta, in Regione Lombardia non è mai stata affrontata la tematica e non esistono disposizioni, protocolli, raggruppamenti omogenei di diagnosi (D.G.R.) né, di conseguenza, tariffari.

Il rinnovo programmato dell’autoparco della Croce Rossa di Lomazzo che è stato attuato negli ultimi anni sempre considerando l’aspetto dell’utente bariatrico, termine tecnico per indicare la persona obesa, al punto che le barelle installate su tutti i mezzi di soccorso di CRI Lomazzo, adibiti all’urgenza e non, soddisfano maggiori target di portata massima rispetto a quelle comunemente in uso nelle associazioni di volontariato (circa il 40% in più).

Purtroppo l’esperienza sviluppata nelle diverse situazioni gestite ci ha confermato che non sempre avere barelle con portata e larghezza maggiorata (esistenti in commercio) è sufficiente alla gestione adeguata del paziente obeso con massa corporea imponente.

maturato la scelta di dotare due nuove ambulanze con barelle particolari su cui è possibile agganciare un apposito pianale più grande (tecnicamente Lbs, Large Body Surface) studiato ad hoc per supportare pesi elevati (fino a max 454 kg) ma soprattutto offre una maggiore superficie d’appoggio per il paziente e quindi un trasporto confortevole ed in massima tranquillità e sicurezza. Il pianale Lbs è stato progettato, infatti, per estendere la larghezza di una barella standard e facilitare il trasporto di pazienti gravemente obesi, permettendo comunque il passaggio attraverso l’apertura delle normali porte d’ambulanza.

A differenza di altre realtà operanti in Lombardia, abbiamo

Di una delle ambulanze principalmente impiegate in questi servizi, inoltre, è stato scrupolosamente studiato l’allestimento del vano sanitario così da ottenere la maggior abitabilità consentita della cellula e la possibilità di operare - sempre in sicurezza - da entrambi i lati della barella, oltre ad avere sospensioni pneumatiche ad assetto variabile continuo così da rendere più confortevole il trasporto all’utente. Entrambe le ambulanze specificatamente studiate per il trasporti di soggetti obesi, possono essere configurate sia come ambulanze di base che come centro mobile di rianimazione (monitor-defibrillatore, ventilatore polmonare, pompa-siringa e via di questo passo) nel caso di trasferimenti con scorta sanitaria.

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Più recentemente, a fine 2022 abbiamo inserito in flotta un’ambulanza dotata di barella elettrica con portata 318 chilogrammi e superficie di carico aumentata (+38% di una barella standard).

Questa soluzione, particolarmente indicata per i trasferimenti bed-to-bed, consente all’operatore di agire sul carico e scarico barella dall’ambulanza senza movimentazione manuale e sopportazione del carico.

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Nuova Sede

Il sogno avverato modo che i servizi svolti non impattino sulla cittadinanza, ma allo stesso tempo non è isolata, ma collocata a fianco dell’area sportiva e facilmente raggiungibile sia a piedi sia in auto dalla stessa comunità di Lomazzo. Nel futuro poi, con il completamento dei percorsi ciclopedonali del parco della Lura, la nuova sede risulterà essere ancora più centrale, ciò è un aspetto di non secondaria importanza, dato che per quest’associazione il contatto con la popolazione è da sempre fondamentale.

La nuova sede del comitato di Croce Rossa Lomazzo, progettata dall’ingegner Eugenio Sabia e dal geometra Ettore Cattaneo, è il frutto di un appassionato e approfondito confronto tra progettisti e committenza mirato a individuare le complesse esigenze a cui l’edificio dovrà dare adeguata risposta e tradurle in efficaci soluzioni, il grado della complessità progettuale affrontata è dato proprio dalla particolare funzione che la nuova sede dovrà ospitare.

La posizione individuata per la nuova sede risulta essere strategica per molti aspetti, il primo è prettamente viabilistico e di raggiungibilità; l’operatività della Croce Rossa infatti si avvantaggia di un accesso quasi diretto all’asse viario Lomazzo-Manera e a quello Lentate-Gallarate, per non parlare della vicinanza con la Pedemontana e con l’autostrada Milano-Como, strategica anche in relazione al collegamento con l’ospedale Sant’Anna a San Fermo della Battaglia. La nuova collocazione però risulta essere perfetta anche per aspetti meno operativi, ma comunque di vitale importanza per l’attività da svolgere: è infatti collocata fuori dalle aree prettamente residenziali della cittadina lomazzese in

Per la sua struttura l’edificio è in grado non solo di contenere l’associazione garantendo lo svolgimento delle regolari attività oggi in essere, ma è anche concepito per permetterne lo sviluppo e la crescita nel tempo, sia nel settore formativo, che con attività complementari che potrebbero essere ospitate in un’area funzionalmente indipendente utilizzabile ad ambulatori.

All’interno di un volume a forma di parallelepipedo, sviluppato tutto su un unico livello, vengono accolti tutti gli spazi utili alle funzioni di Croce Rossa. L’edificio è diviso trasver-

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salmente in due aree distinte:

• La prima di circa 860 metri quadrati, contiene la sede operativa, l’area dedicata alla formazione che ricomprende una sala corsi di oltre 100 metri quadri, gli uffici, le aree tecniche e come già anticipato, un’area funzionalmente indipendente per future espansioni.

• La seconda di circa 700 metri quadrati destinata ad autorimessa in grado di ospitare sino a 24 mezzi di CRI Lomazzo. La struttura principale è realizzata con elementi prefabbricati che accoppiano alla parte di tamponamento gli elementi di isolamento termico, questo ha permesso di realizzare un edificio isolato e in linea con le normative relative al contenimento dei consumi energetici, mantenendo però una buona economia costruttiva. Inoltre sono state previste delle schermature solari esterne a lamelle che oltre a dare un interessante carattere compositivo alla facciata principale regolano l’afflusso di luce e calore riducendo l’apporto solare estivo, per lo stesso motivo è stato scelto il colore bianco per la copertura, soluzione che permette di riflettere buona parte del calore diretto dal sole. Anche la scelta delle componenti della centrale termica è volta al miglior contenimento energetico, è stato infatti installato un generatore basato sulla tecnologia della pompa

di calore, abbinandolo a un parco fotovoltaico potenzialmente in grado di generare quasi 70 kw. Lo spazio principale è dotato di un impianto domotico per facilitare le operazioni dei duecento volontari, quali possono essere accensioni automatiche delle luci o il controllo centralizzato delle temperature e dell’impianto di ventilazione controllata.

L’area degli uffici è stata realizzata in modo da adottare delle soluzioni che possano permetterne la massima flessibilità come ad esempio il pavimento galleggiante e il controsoffitto ispezionabile, soluzioni che possono permettere un facile aggiornamento impiantistico.

Anche lo spazio dell’autorimessa, se pur essenziale, è dotato di alcuni elementi tecnologici che renderanno l’attività di Croce Rossa ancora più efficiente e tempestiva, quali ad esempio il supporto domotico collegato al centralino delle chiamate d’emergenza per l’apertura del cancello carraio e dei sezionali in maniera automatica ed immediata, oppure la predisposizione delle colonnine di ricarica per i mezzi elettrici.

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Domenico Volonterio

Il primo amore non si scorda mai

L’entusiasmo è quello di sempre, oggi come ieri quando ha dato il via all’avventura della Croce Rossa di Lomazzo. Volontario da quarant’anni, una vita spesa tra la caserma dei vigili del fuoco e le ambulanze in una missione che sembra scritta nel suo Dna oltre che nel suo cognome. Lui è Domenico Volonterio,

65 anni, ragioniere (factotum aggiunge lui sottolineando la propensione ad assolvere incarichi a 360 gradi, anche quelli meno istituzionali) in pensione, ma impegnatissimo in quella stessa Croce Rossa che aveva contribuito a fondare nell’estate del 1982.

era facile conoscere i loro movimenti, bastava ascoltare il segnale che li chiamava a raccolta in caso di necessità: un colpo era per l’ambulanza, tre per un intervento a Lomazzo, cinque per quelli fuori. L’ambulanza mi affascinava e così ho fatto le mie scelte: per prima cosa alla CRI di Saronno ho chiesto dei libri in modo da poter studiare da soccorritore. Nel settembre del 1976 (mi ero già dato da fare per raccogliere aiuti per il Friuli colpito dal terremoto, ma non ero potuto partire in quanto non ancora maggiorenne) mi iscrivo al corso della CRI saronnese coinvolgendo l’oratorio: formiamo un bel gruppo, il vicario che ci portava in pulmino, e per qualche anno ci impegnano lì”.

E poi cosa succede?

“Da ragazzino inseguivo i mezzi dei pompieri - racconta con gli occhi che brillano di quella stessa energia che lo ha portato ad essere uno dei fondatori della CRI lomazzese -

“Succede che nel luglio del 1982 la CRI di Saronno ci dice che c’è la possibilità di un presidio di guardia medica a Lomazzo con servizio di accompagnamento del medico in servizio. Accetto nel giro di cinque minuti e poi volo in Comune dove sapevo che era in corso una riunione di giunta: il sindaco non c’è, ma il suo vice mi ascolta e mette a disposizione l’ex ambulatorio di via Manzoni. Subito andiamo a

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vederlo accompagnati dal vigile e scopriamo che c’è anche un telefono funzionante: il numero è 02/96.70.880 e praticamente non è più cambiato (oggi è 96.370.880)”.

Da quel momento la strada per il presidio di Guardia medica è in discesa e va di pari passo con quella per una sede CRI grazie alla solidarietà di tanti sostenitori: il primo intervento a poche ore da una frugale cerimonia di inaugurazione. Nell’ex ambulatorio una grossa tenda divide la zona notte dove riposano i volontari dalla sala d’aspetto; un’auto affianca l’ambulanza per non impressionare i pazienti quando interviene il medico. Poi l’attuale sede, il parco mezzi che aumenta al pari del numero dei volontari.

Le strade di Volonterio e della CRI si dividono, ma viaggiano in parallelo sulla stessa corsia all’insegna dell’impegno a favore degli altri: il suo tempo si concentra sulla caserma dei vigili del fuoco senza distogliere gli occhi dalla CRI. Sempre con lo sguardo appassionato ed emotivamente coinvolto.

E cosa ha visto?

“Tante cose positive e qualcuna meno. In questi anni l’aspetto che mi è parso più demoralizzante è stato proprio quello della sede. Il susseguirsi, nel tempo, di notizie che davano lo spostamento come fattibile, circostanza che poi veniva regolarmente smentita dai fatti. Alle parole non seguiva nulla nonostante fosse assodato che una nuove sede era più che

necessaria. In vent’anni di assenza, però, ho potuto vedere l’impegno di chi c’era, impegno che ha dato frutti si vedono ancora. Ora siamo finalmente arrivati a questo traguardo: una casa importante e accogliente. A qualcuno potrà sembrare enorme, ma io sono convito che sia a misura delle esigenze dei nostri tempi: serve così, bella e grande”. E lo dice convinto, con lo sguardo di chi è tornato a casa dopo un lungo viaggio con un bagaglio di quarant’anni di esperienze. Il vecchio numero, quello dell’ex ambulatorio comunale, ha chiamato e lui ha risposto presente. Con l’entusiasmo di quel giovanotto di nemmeno vent’anni che nel 1982 ha messo in moto una macchina che non si è più fermata.

“In questi anni di Covid c’era bisogno di una mano e sono ritornato con piacere. Ho rifatto il corso per i servizi secondari, non mi occupo più delle emergenze, e trascorro in sede molte ore al giorno. In pratica vivo quotidianamente l’ambiente, porto il mio contributo e soprattutto vedo quali sono le necessità di mezzi e persone: sembra che a volte non bastino mai”.

Ora la nuova sede è una realtà, cosa si aspetta?

“Mi aspetto più volontari. A dire il vero questa non è solo una speranza, anzi: in questi ultimi tempi sono già cresciute le adesioni ai corsi di pronto soccorso e questo significa un maggior numero di persone disposte a dare una mano.

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Tornando alle aspettative dire una maggiore operatività su un territorio che richiede sempre più attività e che diventi un punto di attrazione per servizi e persone. Sono molto fiducioso di questo”.

Quarant’anni in servizio, ma cosa è cambiato da allora?

“Noi eravamo come degli avventurieri, dei pionieri: avevamo in dotazione un camice bianco e le nostre mani. Poi sono cominciati ad arrivare i presidi, le barelle, ma soprattutto corsi di specializzazione. Ora quella del soccorritore è ormai una “professione” con persone sempre più preparate. Per l’operatore del soccorso abbiamo avuto un’evoluzione formidabile. Se devo trovare un aspetto negativo mi pare che i giovani siano un po’ più distratti e anche più controllati dai “social” che ormai sono presenti in ogni intervento svolto con relativi commenti”.

Un consiglio a chi si avvicina a questo mondo?

“Uno dei segreti per essere un buon volontario è l’entusiasmo, un ingrediente che non deve mai mancare. Per me è stato rientusiasmante, mi passi al termine, ricominciare a fare il volontario in CRI. È lo sprone per fare qualcosa di buono. Non può mancare nemmeno una buona dose di sacrificio, tante volte si deve mettere davanti gli impegni alla famiglia”.

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Marina e Daniele Una famiglia CRI

Due cuori e un’ambulanza, mettiamola così. Certo, perché alla Croce Rossa, tra un’emergenza e l’altra, tra un servizio secondario e una chiamata al centralino c’è anche tempo per incontrarsi, chiacchierare, sorridere e innamorarsi, magari lasciarsi, spesso e volentieri fidanzarsi, sposarsi e metter su famiglia continuando ad impegnarsi nel gruppo. Marina Galli, impiegata di 40 anni e volontaria dal 2001, e Daniele Cortesi, informatico di 38 anni e volontario da 18, sono i testimonial delle numerose coppie che si sono formate nella CRI. Le loro bambine, di 7 e 4 anni, fin dal primo giorno di vita sono iscritte alla CRI come socie sostenitrici. Entrambe hanno un sogno, inutile dirlo, quello di diventare volontarie; entrerebbero già a far parte del gruppo se solo avessero l’età per farlo. Una famiglia CRI a tutti gli effetti.

Ma com’è cominciata?

“Era il 2001 e volevo fare il volontario - racconta

Daniele parlando dei suoi esordi in Croce Rossa - qui c’era già mio cugino e quindi sono arrivato anch’io con un mio amico, ad entrambi

l’idea piaceva. Con il passare del tempo ho svolto diversi incarichi, adesso in Croce Rossa oltre alle ambulanze seguo la formazione, la parte legata alle emergenze (la protezione civile) oltre a curare l’aspetto informatico”.

“Io, invece, - aggiunge Marina - oggi come mi occupo della formazione all’uso del defibrillatore, di certificazioni e di segreteria in genere, ma avevo iniziato con i servizi di accompagnamento, poi le emergenze e infine istruttore. Sono arrivata alla CRI seguendo mio fratello che era già un volontario, avevo 18 anni e mi ha inserita mia madre che a suo tempo aveva fatto parte dell’allora componente femminile

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dell’associazione e ho due sorelle che, anche loro, per qualche tempo si sono impegnate nella CRI”.

Domanda d’obbligo, come vi siete conosciuti?

“Facendo i turni assieme - raccontano Marina e Danieleanche se le prime volte non è che fossimo particolarmente attratti l’uno dall’altra, la sintonia è arrivata con il tempo.

Oltre ai turni c’erano poi l’attività per le gare e così siamo entrati a far parte di un gruppo più ristretto che ci ha permesso di conoscerci meglio. Così abbiamo cominciato a frequentarci sempre di più fino a quando, nel 2013, abbiamo deciso di sposarci: un matrimonio all’insegna della CRI visto che c’erano cinque invitati esterni mentre il resto erano tutti amici legati alla Croce Rossa”.

Difficile conciliare l’attività di volontario con i ritmi e le esigenze della famiglia?

“Diciamo che occorre impegnarsi e, soprattutto, dividersi un po’. Ad esempio oggi siamo qui in sede entrambi perché le nostre bambine sono alla festa di compleanno di una cuginetta, ma non è che succede tutti i giorni. A volte, quando in sede è necessaria la presenza di entrambi, ci affidiamo alle babysitter, altre volte invece le abbiamo portate qui con noi dove c’è sempre qualche volontario che si offre di dar loro un occhio. Tanto che Viola ha già deciso che ne sposerà uno

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(anche se, piccolo particolare, ha venticinque anni più di lei)”.

Questo in situazioni di emergenza, ma nell’ordinario?

“Diciamo che ci alterniamo, quando uno è qui per servizio l’altro resta a casa. Siamo volontari molto attivi da sempre, agli inizi praticamente tutte le sere eravamo in sede oggi un po’ meno: Daniele è qui due o tre volte mentre io - aggiunge Marina - fino allo scorso anno facevo formazione, ma ora ho smesso. Tendenzialmente il sabato e la domenica restiamo a casa tutte e due perché la volontà di entrambi è quella di essere famiglia, poi può succedere che ci sia bisogno in sede anche nel fine settimana e a questo punto si trova un accordo. Diciamo che in questo caso sapendo entrambi cosa significa essere volontari diventa tutto più comprensibile, più facile arrivare a una soluzione. Diciamo che alla fine non ci sono mai state grosse discussioni (anche se forse è Marina che si lamenta un po’ di più) ma alla fine si è in sintonia. Anche perché da volontari è più facile rendersi conto che qui alla Croce Rossa c’è sempre un sacco da fare: l’attività non è soltanto quella delle emergenze e la gente dovrebbe capire che le necessità, dalle piccole alle grandi, sono tantissime: c’è sempre bisogno e ogni aiuto è il benvenuto”.

Ma quando siete a casa la CRI resta fuori dalla porta?

“Non proprio - concordano Marina e Daniele - vero è che

quando si è in servizio assieme ci sono dei ruoli da rispettare: se c’è uno che fa il capo e l’altro si adegua, è una regola che vale per tutti. Poi una volta a casa magari ci si confronta su quello che è stato fatto, ci si chiarisce se ci sono state delle incomprensioni. L’argomento CRI entra comunque nelle discussioni casalinghe, a volte sono le stesse bambine che si interessano, chiedono cosa abbiamo fatto, si informano sulle condizioni delle persone soccorse e via di questo passo”.

Molti alti e pochi bassi, insomma, ma qual’è il segreto per far convivere al meglio i servizi in Croce Rossa e famiglia?

“Il segreto è capirsi e saper bilanciare le due cose. A volte bisogna anche saper dire di no, a me è capitato di dire di no a mia moglie - aggiunge Daniele - e comunque non è facile né per l’uno né per l’altra, ma alla fine ci si capisce e si va avanti”.

La voglia di abbandonare qualche volta si fa sentire?

“Il Covid mi ha spaventata un po’ - confessa Marina - ma alla fine in entrambi ha prevalso la passione di essere volontari. Un richiamo troppo forte”.

E come lo spiegate?

“Prima di tutto l’attività della Croce Rossa ci permette di aiutare gli altri che alla fine è un po’ come restituire quello di bello che si ha a chi ne ha bisogno. Poi la CRI è parte

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integrante della nostra vita, ci ha permesso di conoscerci e conoscere tante persone e frequentarle. Quando siamo entrati nell’associazione c’erano tutti i nostri amici, ora la maggior parte è uscita ma questo non ci impedisce di vederci e frequentarci ancora. Gli anni sono passati ma il legame che è nato o si è consolidato in CRI è ancora vivo. Anche perché non sono mancati i momenti divertenti, anche di vacanza quando si andava in trasferta a prestare servizio nelle località turistiche che ricambiavano con vitto e alloggio, dalla montagna al mare, in estate e in inverno. Sempre con l’obiettivo di fare qualcosa per gli altri”.

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Alessandro Borgonovo

La formazione, ieri e oggi mai lontano 1988 per coronare un sogno cullato da quando era un bambino.

“Docendo discimus”, letteralmente “insegnando impariamo”. Dopo oltre 40 anni di Croce Rossa Lomazzo, 35 dei quali vissuti in prima persona, sono sempre più convinto che Seneca il Giovane avesse proprio ragione. La formazione nel Comitato di Lomazzo ha sempre assunto un ruolo fondamentale: posso affermare con certezza che è senz’altro uno dei cardini su quali si basa la nostra Associazione sin dal giorno della sua fondazione. Fiore all’occhiello (e lo dico senza falsa modestia) spesso riconosciuto da altri gruppi dedicati alla formazione del soccorso a diversi livelli, sia provinciali sia regionali anche esterni al nostro ambito”.

Chi parla in questi termini è Alessandro Borgonovo, 55 anni, tecnico informatico e da tempo anima della formazione CRI, entrato a pieno titolo nei ranghi della Croce Rossa nell’or-

“Quella per il soccorso in generale, l’emergenza e l’adrenalina che ne scaturisce, è una passione che mi accompagna sin da bambino - confessa Alessandro - tanto che appena sono diventato maggiorenne ho frequentato il primo corso, poi piano piano mi sono adeguato ai cambiamenti e alle nuove qualifiche che sono emerse nell’associazione e nel mondo del soccorso nella sua complessità”.

Descriverlo come “tutto lavoro e CRI” visto che ha conosciuto quella che da dieci anni è sua moglie proprio in Croce Rossa non è un azzardo: “Lei era una mia allieva ed è diventata soccorritrice certificata, ora si occupa di servizi secondari ma è rimasta attiva in comitato. Non poteva essere altrimenti con tutto il tempo che trascorro in ambito CRI e non solo a Lomazzo visto che mi occupo di corsi in ambito provinciale”.

“Il lavoro a Milano - aggiunge Borgonovo - riesco a gestirlo bene. Può succedere di incontrare qualche problema coi trasporti, ma il fatto che in un gruppo formazione così ricco

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di figure e incarichi diversi com’è il nostro si riesce sempre a compensare trovando un sostituto”.

Volontario CRI praticamente a tempo pieno, ma senza alcun rimpianto visto che non ha un attimo di esitazione a sottoscrivere che rifarebbe tutto quello che ha fatto senza pentimenti.

“Certamente, anche se volontario oggi come oggi è un termine incompleto: parlerei ancora di volontari come idea e spirito, ma con gli anni è cresciuta la professionalità tanto che oggi, ad esempio, possiamo effettuare un cardiogramma in posto, sul luogo dell’evento”.

Una possibilità figlia proprio della formazione, ma cos’è cambiato in quasi quattro decenni vissuti in prima persona nell’associazione e soprattutto in questo specifico settore?

“Nel corso degli anni, Croce Rossa Italiana ha adeguato ed aggiornato il proprio catalogo formativo, inserendo tutta una seria di attività molto specifiche e indirizzate a formare il personale in ambiti particolari: questo per assicurare una presenza professionale nel campo dell’emergenza e del sociale a 360 gradi.

Anche la stessa Croce Rossa ha subito con il passare del tempo una metamorfosi, esplorando nuove rotte per navigare verso l’ambito sociale pur mantenendo lo spirito pret-

tamente sanitario che la contraddistingue dal lontano 1864. Del resto, oggi, nelle società come la nostra, vi è giustamente una sempre crescente attenzione per tutto ciò che riguarda le tematiche sociali, peraltro da sempre presenti nel Dna di Croce Rossa”.

Ma di cosa si occupa esattamente chi fa formazione?

“Si parte dai corsi per Aspiranti volontari, ai corsi per le Aziende (legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), fino ad arrivare alle attività di formazione nelle scuole e attività orientate al mondo dei giovani. Nel nostro portfolio formativo ci sono corsi indirizzati ad insegnare il Primo Soccorso alla popolazione, formazione specifica per le Manovre di Disostruzione Pediatrica fino ad arrivare al progetto Pad che è volto a formare operatori. Di fatto esistono principalmente due tipologie di formazione, una verso il nostro organico interno, l’altra verso il mondo esterno. A supportare tutte queste attività c’è una squadra di formatori che negli anni si è ampliata integrando sempre nuove figure anche molto giovani specializzate nel rispondere a tutte le necessità formative del territorio.

Oggi come oggi il nostro Gruppo Formazione capitanato dal Referente Cefra (Centro di Formazione locale) Daniele Cortese, conta ben 14 membri, ognuno dei quali con una o più specializzazioni”.

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Ma chi sono queste figure che impiegano parecchio del loro tempo libero (in aggiunta a quello dei normali servizi di Croce Rossa) per trasferire nozioni ed informazioni?

“Il formatore è appunto colui che “forma” a diversi livelli tutti coloro che vogliono avvicinarsi al mondo del Primo Soccorso sia come professionisti sia come soccorritori occasionali. Una delle qualità che contraddistingue il formatore (ed anche l’istruttore) sta proprio nell’adattarsi, nel modificare e adeguare la metodologia di insegnamento in funzione della platea che si ha di fronte per trasmettere nella maniera più efficace tutte le nozioni necessarie”.

Il Covid come ha inciso sull’attività di formazione?

“Uno slogan molto utilizzato e mutuato dalla realtà che ricorreva spesso nei nostri discorsi (ma ancora oggi spesso fa capolino) era “formazione continua”: questo claim descrive esattamente la filosofia portata avanti da Croce Rossa e in particolare dal nostro Comitato.

Durante i primi mesi della pandemia (mi riferisco principalmente al semestre “buio” del 2020), per adeguarsi alla grave situazione mondiale e nel rispetto della normativa sul distanziamento sociale, anche Croce Rossa ha dovuto modificare la metodologia didattica relativa di tutte le attività formative. Dopo uno stop iniziale (dovuto principalmente al lockdown e alla istituzione delle zone rosse), siamo passati

rapidamente alla modalità Fad (formazione a distanza o se si preferisce Dad)”.

E come si è trasformata?

“Ancora oggi molti corsi possono essere usufruiti in modalità sincrona (docente e studente sono presenti contemporaneamente sulla stessa piattaforma digitale) e asincrona (dove non c’è la presenza in contemporanea di docente e studente nella stessa classe virtuale).

Con il lento ma progressivo miglioramento della situazione pandemica si è tornati alla normalità, con un ritorno ai tradizionali corsi “in presenza” (anche se la Fad/Dad rimane un importante punto fermo).

Se andiamo ad analizzare a livello formativo, tutte queste tipologie di fruizione dei contenuti presentano vantaggi e svantaggi: noi come Comitato abbiamo naturalmente a nostra disposizione tutte le modalità possibili in modo da essere sicuri di ottimizzare sempre la proposta formativa che ci viene richiesta.

Tornando alla massima di Seneca “Docendo discimus” posso affermare che, facendo spesso lezione sia nel nostro Comitato sia in altre sedi, mi sono reso conto che da sempre la classe ha, a sua volta, una funzione di insegnamento per così

dire inverso. Le domande, le osservazioni e i comportamenti dei discenti arricchiscono di volta in volta il mio vissuto,

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dandomi la possibilità a mia volta di prendere nuovi spunti da utilizzare per migliorare il mio insegnamento”.

La CRI si è evoluta, possiamo dire la stessa cosa anche per quanto riguarda la formazione?

“Facciamo un salto nel passato: verso la fine degli anni Ottanta fino ai primi anni Duemila, i “pacchetti formativi” che venivano offerti erano piuttosto limitati: oggi il volontario CRI una volta superato il Modulo di Accesso necessario per entrare nel nostro mondo, può realmente scegliere fra decine di corsi in funzione delle proprie attitudini o passioni. Questo è un ulteriore punto di forza che differenzia Croce

Rossa dalle altre e storiche Associazioni di soccorso: oggi nel nostro Comitato l’emergenza è solo una delle tante attività che si possono svolgere”.

“Restando nel passato, ma guardando al presente, mi rendo conto la formazione ha subito negli anni un colossale ma inevitabile cambiamento - continua a questo proposito Borgonovo - le lezioni erano esclusivamente di tipo frontale e si tenevano nelle sedi più disparate: non avevamo ancora (nell’allora Delegazione di Lomazzo) un’aula didattica dedicata come oggi per cui i corsi si svolgevano in luoghi di volta in volta differenti.

Attore unico sulla scena era il medico o in alternativa il moni-

tore (figura formativa di Croce Rossa per l’epoca): entrambi spiegavano utilizzando un libro di testo (unico disponibile) o utilizzando della cartellonistica. Il supporto multimediale (come il PC o il proiettore) oggi comunemente utilizzato, ovviamente non era ancora disponibile: il massimo della tecnologia era rappresentata dai “lucidi” che venivano proiettati (quando disponibili) tramite l’apposita lavagna luminosa.

La parte pratica veniva illustrata esclusivamente dal monitore (figura ancora oggi attiva), che illustrava le principali manovre e le attrezzature. Queste ultime, come ad esempio le barelle, o i presidi per immobilizzare una semplice frattura erano parecchio differenti. Alcuni di loro sono stati addirittura eliminati nel corso degli anni altri invece sono stati migliorati e si utilizzano ancora oggi.

Persino la gestione del primo soccorso era differente: non essendoci una Centrale Operativa comune (SOREU o 112 oggi), le richieste di soccorso arrivavano direttamente al numero della nostra Associazione, dalla quale partiva l’ambulanza di turno”.

Cambiato l’insegnamento com’è diventata l’attività sul campo?

“Naturalmente con l’evoluzione delle tecniche di primo soccorso che venivano insegnate anche “l’operatività” e la “manualità” si è evoluta di pari passo. Una volta l’equipaggio

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di soccorso operava utilizzando la cosiddetta modalità “load and go” (cioè “carica e vai”). Era quindi procedura normale arrivare sul luogo dell’evento e dopo aver fatto il minimo delle manovre di primo soccorso necessarie si caricava il paziente e ci si dirigeva verso l’ospedale più vicino.

Oggi invece si utilizza una modalità di intervento più professionale e raffinata chiamata “stay and play” (dall’inglese “rimani e opera”).

Infatti, con l’acquisizione di nuove attrezzature e conoscenze, i soccorritori oggi possono restare sulla scena dell’evento e trattare in maniera più completa la patologia, assicurando una qualità del servizio molto elevata, aumentando di conseguenza di molto le possibilità di sopravvivenza del paziente stesso”.

Sempre in evoluzione

“Un altro balzo temporale ed eccoci nel 2003 quando con l’introduzione del Defibrillatore Esterno Semiautomatico e dei relativi protocolli di defibrillazione cardiaca precoce, in modo pionieristico sul distretto della bassa comasca, il nostro Comitato si arricchisce per primo di un nuovo utilissimo presidio. Per far parlare i numeri, le statistiche ci dicono che dal 2003 al 2022 il defibrillatore è stato utilizzato 462 volte su un totale di ben 37.625 missioni di urgenza-emergenza 118 erogati dal personale della CRI di Lomazzo.

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Spostandoci ancora un po’; più avanti sulla linea temporale, arriviamo al mese di aprile del 2013, dove attraverso una formazione apposita, acquisiamo ancora una volta nuove conoscenze: questa volta riguardano l’elettrocardiografo portatile. Questo apparecchio rileva direttamente sul luogo dell’evento e senza il supporto del medico, il tracciato Ecg (elettrocardiogramma) che viene poi inviato direttamente in centrale operativa per una valutazione immediata da parte di un medico. Con l’abilitazione acquisita, il Soccorritore in totale autonomia può posizionarlo e quindi contribuire a ridurre i tempi di diagnosi precoce di problematiche cardiache.

Oggi sono i nostri istruttori 118 di Comitato che, con il supporto di un medico, addestrano all’uso dell’elettrocardiografo”.

Non un punto d’arrivo quindi?

“Come si può comprendere da questo breve escursus temporale la formazione è davvero una costante che ci accompagna da sempre: senza formazione non c’è futuro. Per poter crescere e per continuare a fornire un servizio di qualità questa è l’unica strada percorribile. Formare le persone equivale a diffondere la cultura del primo soccorso, cultura che può aiutare in molti casi a salvare delle vite umane. Approfitto di questa occasione per invitare tutti coloro che

hanno in qualche modo sviluppato un interesse o semplicemente una curiosità per ciò che facciamo, ad iscriversi ai nostri corsi: mi auguro che prima o poi qualcuno di voi venga ad arricchire le nostre fila”.

E la nuova sede?

“Ci darà l’opportunità di crescere ancora. È dotata di un’aula formazione molto grande e moderna e questo ci permetterà di organizzare i corsi in un modo diverso, migliorandolo, di allargare la nostra attività a tutte le tipologie previste dalla formazione. Ci permetterà di restare all’avanguardia in questo campo consolidando una caratteristica che ci contraddistingue da sempre”.

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Sara Ghirimoldi

Soccorrere una missione di vita

Volontaria della Croce Rossa dal 2011, figlia d’arte se si vuole visto che la divisa l’ha indossata prima di lei sua madre ancora impegnata a tempo pieno per l’associazione, con tanta voglia di ricominciare, di rimettersi in gioco per sé e per gli altri dove gli altri sono la famiglia e la Croce Rossa. Lei è Sara Ghirimoldi che a 37 anni ha deciso di riprendere l’università e iscriversi a infermieristica: l’obiettivo è quello di trasformare in professione l’esperienza che ha accumulato occupandosi di emergenza, servizi secondari e un po’ di tutto quello che proponeva l’attività del gruppo. Senza trascurare le gare di primo soccorso, prima come “atleta” con tanto di vittoria a livello nazionale e oggi come “allenatore”: un impegno continuo, due o tre volte alla settimana in attesa delle sfide regionali e, se va bene, di quella italiana.

Una specialità della CRI, ma di cosa si tratta?

“Ci si confronta sul campo del primo soccorso, in gergo detto laico senza quindi l’utilizzo dei vari ausili come ad esempio la barella, e l’età va dai 14 anni in su. In pratica occorre mettere in pratica quello che si è imparato nella gestione di un intervento con l’obiettivo di mantenere i parametri vitali del paziente. Oltre alle prove tecniche ci sono anche quelle di diritto umanitario e delle cosiddette maxi emergenze”.

Come funziona?

“La squadra è composta da cinque persone, quindi più numerosa di un normale equipaggio, tra le quali una ha il compito di fare il leader, ad esse se ne aggiunge una sesta che fa da riserva. A fronte di una patologia simulata da un volontario che si comporta come un attore l’equipaggio in gara deve riconoscere la patologia e poi intervenire in modo adeguato, ad esempio come tenere il finto paziente, che posizioni fargli assumere e via di questo passo. Le gare sono regionali e chi vince va ai nazionali, fino al 2010 c’erano anche competizioni a livello europeo”.

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Se vogliamo una specie di gioco?

“Non direi. Si tratta di una attività bella, utile e al tempo stesso importante a prescindere da quello che si impara perché fa molto gruppo, si diventa amici ed è anche un modo per essere più legati alla Croce Rossa. Le cose da fare sono tante, ma la motivazione del gruppo diventa uno stimolo in più, diventa una seconda famiglia che spinge ad andare avanti. Basti pensare che i volontari che vi partecipano prima devono svolgere i propri compiti istituzionali e poi allenarsi, la gara è un di più che coinvolge non soltanto la squadra che parteciperà, ma anche tante altre persone con ruoli diversi che vanno dai truccatori ai simulatori a chi come me ha il compito di preparare il gruppo. Non un gioco fine a sé stesso, ma un’attività che crea socialità facendo qualcosa per gli altri. Il bello è che si impara a stare con persone di età diverse, si interagisce con loro e praticamente ci si da del tu subito, praticamente una regola non scritta visto che tutti si fa lo stesso “lavoro”” .

E come si arriva a formare un gruppo affiatato?

“Frequentandosi molto. Ci si allena due o tre volte alla settimana, almeno da febbraio a giugno che solitamente è il mese della gara, può sembrare tanto ma è anche vero che tutti migliorano e quindi bisogna impegnarsi per stare al passo. Sapendo anche che tutto questo servirà anche per il soc-

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corso vero e proprio, anche se andrà integrato con altro”.

Parliamo del tuo ruolo quando gareggiavi, quello di leader?

“Diciamo subito che le caratteristiche sono quelle di rispettare e farsi rispettare. Per quanto riguarda invece i compiti in primis c’è quello di gestire la scena dell’evento, poi dare supporto ai compagni, fare le chiamate necessarie, valutare le indicazioni relative alla patologia che, è bene sottolinearlo, è sempre da considerarsi sospetta, capire se è corretta come corretti devono essere i parametri vitali”.

E la vittoria nazionale?

“Davvero una bella soddisfazione quella del 2018, ha premiato il gran lavoro fatto: noi ci siamo allenati per un anno intero. Era un gruppo particolare, c’ero io che avevo 33 anni che facevo da leader, due minorenni e due volontari tra i

20 e i 23 anni: la prima difficoltà da superare è stata quella delle età diverse. Ce l’abbiamo fatta e poi è arrivata prima la vittoria alle regionali di Gallarate e poi alle nazionali di Scalea dove rappresentavamo la Lombardia, la prima vittoria di una squadra di Lomazzo dopo la finale persa qualche anno prima. Davvero una bella esperienza e una grande soddisfazione di cui ci siamo resi conto soprattutto quando i nostri colleghi sono venuti a prenderci con i mezzi e ad accoglierci

in sede c’era un centinaio di volontari. La soddisfazione non stava tanto nel premio conquistato, una spinale se non ricordo male, ma nell’aver ottenuto un risultato pur sapendo che alla fine le cose importanti, quelle che contano sono altre”.

Come quella volta in autostrada?

“Si, era mattina presto e stavamo viaggiando proprio per partecipare a una gara di soccorso. Da lontano vediamo un camion che comincia una manovra strana, alla fine si mette di traverso e occupa tutte le corsie, nessuno può passare. Quando arriviamo vicino al Tir ci rendiamo conto del perché questa stranezza: sull’asfalto c’è una bambina ferita, poco distante un’auto che non sembra nemmeno incidentata e i genitori della piccola. Noi eravamo in sette senza presidi, le attrezzature non si utilizzano nelle gare, ma soccorriamo la bambina che era incosciente e con il padre alcuni di noi praticano il massaggio cardiaco mentre gli altri si occupano della madre che era sotto choc e dell’autista del mezzo pesante che era evidentemente provato da quanto stava accadendo. Abbiamo atteso i soccorsi e poi siamo risaliti sul nostro pulmino per andare a fare la nostra gara (gli organizzatori sono stati gentili e ci hanno aspettati) che alla fine abbiamo anche vinto. Anche se alla fine però la soddisfazione più grossa è stata quella di aver contribuito in modo determinante a salvare la vita di quella bambina”.

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Susanna Pagani

Alla moda ha preferito le sirene

Lascia una carriera ormai ben avviata nel mondo della moda per diventare soccorritore professionista: la svolta al tempo del Covid che l’ha vista impegnata in prima linea. Ora Susanna, 34 anni di Limido Comasco, una laurea di scienze politiche e nove anni trascorsi nel mondo della moda sta coronando il suo sogno di terminare, ancora pochi mesi, gli studi per diventare paramedico in Svizzera per poi essere operativa sulle ambulanze d’oltreconfine, la patria della Croce Rossa stessa. E pensare che lei aveva paura del sangue e volontaria della CRI lo era diventata una quindicina di anni fa un po’ per seguire le orme della madre e fare qualcosa di utile (e un po’ anche per seguire l’Inter, cosa che alla fine non ha mai fatto precisa lei con un sorriso grande e sincero).

“Avevo una carriera avviata nel mondo della moda dove

mi occupavo di logistica e production planning - racconta Susanna - e la decisione di cambiare, di dare una svolta alla mia vita, è maturata con il passare degli anni. Così nell’agosto del 2020 mi sono iscritta alla scuola paramedica di Lugano, a novembre la concluderò e poi l’intenzione è quella di lavorare in Svizzera sulle ambulanze”.

Quindi una decisione sbocciata in piena pandemia, ma il virus non ha rallentato l’attività di volontaria?

“Assolutamente no, al contrario in quel periodo facevamo tantissimi turni di ambulanza, non saprei dire quanti, un mezzo adibito esclusivamente per i servizi legati al coronavirus che si aggiungevano agli altri considerati come più ordinari. Chiamavamo quell’ambulanza “la Covid”. I turni prevedevano la presenza di due sole persone e praticamente facevo sempre coppia con un caro amico, eravamo molto affiatati: entrambi avevamo molto più tempo libero, anche grazie al fatto che lavoravo da casa”.

Mai avuto paura del contagio?

“Tanta, soprattutto all’inizio. Anche quando ho indossato per

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la prima volta la tuta in “Tjvek” con lo scafandro, l’avevo visto fare solo su You-tube. D’altra parte anche del virus si sapeva poco, solo che era molto contagioso. Così si sono messi in tre a sigillarmi bene con il nastro adesivo e la prima cosa che ho pensato è stata: “Non respiro, come farò”. In pratica ho svolto tutto il servizio come se fossi stata in apnea, con il terrore di toccarmi, contagiarmi e a mia volta contagiare: chiamata da persone spaventate pure loro”.

Eppure all’inizio si sapeva poco o nulla

“Effettivamente prima di adottare la tuta si andava a casa dei pazienti senza nemmeno indossare la mascherina per non spaventarli, poi quando la pandemia è esplosa è cambiato tutto e noi operatori ci siamo dovuti reinventare un ruolo, un modo di agire del tutto diverso da quello precedente”.

Problemi?

“Alla fine no, ma credo anche grazie a una buona dose di fortuna. Come quella volta che ne ho indossato una di una misura più piccola rispetto a quella adatta a me e mi sono resa conto di avere la fronte praticamente scoperta. Il fatto è che ad un certo punto mi sono trovata di fronte un paziente che continuava a tossire e così per paura di portare a casa il virus mi sono spalmata l’amuchina sulla fronte, devo dire che non è stata una bella trovata. Comunque sia sono

riuscita ad evitare il contagio, mai fatto il Covid”.

Un’esperienza dura

“Sicuramente, ma che ha avuto anche tanti risvolti positivi. Soprattutto la prima ondata è stata qualcosa di tremendo. Lavoravo da casa, ma poi per poter fare i turni di servizio, i fine settimana li trascorrevo nella sede della Croce Rossa formando una squadra molto unita: abbiamo visto ammalarsi tante persone che conoscevamo, ma nonostante la paura abbiamo resistito, si cercava di sdrammatizzare la situazione, a volte bastava soltanto una battuta. E proprio grazie al gruppo non c’è mai stato un momento in cui mi sono detta, prima di prendere servizio, oggi in ambulanza non salgo. Vero che quando siamo partiti eravamo un po’ allo sbaraglio, ma alla fine ci siamo abituati anche a svolgere i servizi in due. Certo non è stato piacevole vedere i colleghi di altre Croci private indossare le cuffie del panettiere perché mancavano i supporti adeguati, cosa che a noi fortunatamente non è mai successo”.

Quello che più è mancato in quel periodo?

“Penso il contatto con la gente, con il paziente, perché per proteggerci dal contagio eravamo tutti bardati. E poi il nostro abbigliamento spaventava le stesse persone che poco prima ci avevano chiamato. È capitato anche che durante un

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intervento in una zona di villette quando siamo arrivati la gente ha cominciato a farci foto e video mentre indossavamo la tuta d’ordinanza prima di intervenire. Addirittura c’è stato chi è arrivato a gridare “arriva il Covid”. Per pareggiare i conti c’erano anche tanti altri che ci facevano i complimenti e ci incoraggiavano. Spesso la gente non capiva e non sono mancate le situazioni difficili che ci hanno visti impegnati a cercare di spiegare e far capire alla gente cosa stava succedendo realmente. Durante la seconda ondata, invece, anche tante critiche da parte di chi rifiutava il vaccino e per questo se la prendeva con noi dell’ambulanza”.

Paura del contagio, ma anche vergogna e senso di abbandono

“A complicare i servizi a volte c’era una buona dose di reticenza da parte degli stessi pazienti che avevano timore ad ammettere di essere stati contagiati dal Coronavirus. Così inventavano le scuse più disparate perché temevano che il medico, una volta saputo di cosa si trattava, non li curasse. In molti, invece, ci hanno poi detto che chiamavano l’ambulanza perché avevano bisogno di un conforto, si sentivano abbandonati e cercavano qualcuno a cui affidare le proprie preoccupazioni. C’era anche chi chiamava soltanto per riceverci a casa e farsi spiegare cosa stava accadendo in modo da tranquillizzarsi. Di contro sono diminuite quelle chiamate

praticamente inutili che caratterizzano i periodi chiamiamoli ordinari”. Un bilancio?

“Forse per certi aspetti si è persa un po’ di umanità, dall’altra sono state tante le persone che si sono mobilitate spontaneamente per aiutarci magari portando in sede qualcosa da mangiare, ad esempio. Di certo un’esperienza professionale importante che comunque spero di non dover ripetere mai più. Alla fine eravamo tutti stressati: dalla centrale al personale di pronto soccorso a noi e nonostante tutto si doveva sorridere ai pazienti e ai loro congiunti per non allarmarli. Nonostante i turni di dodici ore e anche una decina di interventi a volta con la centrale che arrivava a scusarsi per averci mandato anche in luoghi decisamente distanti come Legnano e Busto Arsizio per far fronte a situazioni problematiche e carenza di mezzi. Non tanto lontani come quando, per un secondario, ci hanno mandato fino a Bari per riportare a casa un paziente bergamasco che era stato ricoverato in Puglia: una persona che, per sua stessa ammissione, si sentiva diversa da come era prima della malattia”.

Ma nonostante tutto questo...

“Sono ancora qui dove mia mamma è stata volontaria da giovane, dove ho fatto anche l’autista dell’ambulanza e so-

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prattutto dove mi sono innamorata di questo lavoro”.

Con un sogno nel cassetto che sta per diventare realtà: cucirsi sulla pelle la divisa da soccorritore professionista.

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Sara Urtesi

Volontaria non per caso

Una cascata di ricci neri che non passa inosservata. È stata arruolata da poco, il suo ingresso ufficiale risale al 25 ottobre del 2020, ma si è inserita alla grande nel gruppo tanto che Roma, la città da dove è arrivata in Lombardia solo qualche anno fa, non sembra poi così lontana: un merito che attribuisce in maniera equivalente a se stessa e alla famiglia CRI. La sua passione è tanta e non a caso oltre nelle attività istituzionali è impegnatissima nel prepararsi alle gare di soccorso, una delle specialità caratteristiche della Croce Rossa, che richiedono allenamenti anche tre volte alla settimana. Eppure si dice dispiaciuta per non avere ancora tante esperienze da raccontare, ma spesso e volentieri anche la qualità ha un suo peso specifico.

Da quando vivi la passione per la divisa rossa?

“Sono entrata in Croce Rossa nell’anno del Covid, un periodo speciale anche dal punto di vista professionale visto che paradossalmente la professione mi ha impegnata maggiormente in quanto l’azienda per cui lavoro produce un gel igienizzante per le mani, uno di quelli che hanno caratterizzato non poco la nostra vita ai tempi del Covid. La mia decisione di diventare volontaria non è comunque il frutto di quest’ultimo periodo, ma di una serie di vicende che probabilmente hanno fatto emergere un qualcosa che avevo dentro di me, più episodi, alcuni anche in famiglia. Una scelta meditata a lungo che è sbocciata anche grazie a un biglietto da visita lasciato dai miei vicini di casa. Così, decidendo di dare il mio supporto, mi sono avvicinata alla CRI anche se un po’ freddina rendendomi conto che nei momenti di difficoltà riuscivo a mantenere la calma, ad essere lucida. Caratteristiche che mi hanno fatto capire che potevo muovermi in modo positivo in questo settore”.

Poi la scoperta

“Effettivamente prima non avevo mai pensato concretamen-

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te di impegnarmi nella Croce Rossa, ma credo soprattutto non mi era mai apparsa chiara la struttura, la sua organizzazione del soccorso. Banalmente non sapevo cosa potesse fare un volontario finché non sono arrivata qui”.

E cosa hai trovato?

“Un ambiente dove si tende sempre a fare gruppo, a stare insieme: da qui nasce un forte senso di appartenenza. Si socializza molto, l’ambiente è sereno e sembra quasi impossibile ma le giornate sono ricche e trascorrono veloci senza nemmeno avere la necessità di guardare il cellulare, ad esempio, perché è bello parlarsi, ascoltare, scambiarsi opinioni, sensazioni o esperienze. D’altra parte c’è sempre qualcosa da fare: nel 2021 abbiamo deciso di partecipare alle gare di pronto soccorso costituendo un gruppo ben affiatato nonostante le età diverse, mi sono messa in gioco, non me l’aspettavo. Un’attività che ci impegna almeno un paio di giorni alla settimana e si aggiunge a quelle più tradizionali come quella di soccorritore, ad esempio”.

E poi...

“C’è la possibilità di crescere sempre sotto ogni punto di vista. C’è comunque da affrontare un percorso di formazione praticamente continuo che ti permette di sviluppare delle competenze che possono diventare importanti anche in

ambiti diversi da quello del soccorso. E, soprattutto, ci sono il rapporto con gli altri che ti gratifica e, a volte, il fatto che si trasforma nella chiave di lettura che ti permette di distinguere i piccoli problemi quotidiani da quelli realmente seri”.

Quindi nessun ripensamento?

“Direi proprio di no, una scelta che rifarei, un’esperienza positiva a 360° che mi ha permesso di conoscere tante persone. Un’esperienza che spero di poter arricchire ancora anche grazie alla nuova sede con nuove competenze, tempo e lavoro permettendo”.

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Terzo Settore

La riforma: cosa cambia

Con il numero di iscrizione al Registro unico del terzo settore 44519 (dalla data del 11 agosto 2022) anche la Croce Rossa di Lomazzo è coinvolta a pieno titolo nella riforma del Terzo settore, ovvero il complesso di norme che ha ridisciplinato il no profit e l’impresa sociale. Ad oggi, l’intervento legislativo non è stato ancora completato in quanto non sono stati emanati tutti gli atti previsti dai decreti legislativi di attuazione della legge delega n.106 del 2016.

All’inizio della XVIII Legislatura, sono stati esaminati, dalle competenti Commissioni parlamentari, gli schemi dei decreti integrativi e correttivi del Codice del Terzo Settore e del Decreto di revisione dell’impresa sociale. Successivamente sono stati adottati un complesso di atti regolamentari attuativi della Riforma del Terzo settore che fra l’altro hanno reso operativo, dal 23 novembre 2021, il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (Runts), che, a regime, sostituirà i registri delle Associazioni di promozione sociale - Aps, delle Organizzazioni di volontariato - Odv e l’anagrafe delle Onlus previsti dalle precedenti normative di settore. Per quanto riguarda le Onlus, che costituiscono una qualifica fiscale (e non una specifica categoria di Ets) e che risultano quindi

iscritte nell’apposita Anagrafe tenuta presso l’Agenzia delle entrate, si ricorda che con la Riforma del Terzo settore, la normativa sulle Onlus sarà definitivamente abrogata a decorrere dal periodo di imposta successivo al parere favorevole della Commissione Europea sulle norme fiscali introdotte dal Codice del Terzo Settore e dal periodo di imposta successivo all’operatività del Runts. Fino a quel momento continueranno ad applicarsi le norme in materia fiscale previste dal D.Lgs n. 460 del 1997, basterà invece l’ iscrizione al Runts per permettere alle Onlus di entrare a far parte degli enti del Terzo settore.

Lo schema di decreto legislativo in esame, che si compone di 104 articoli suddivisi in dodici Titoli, è predisposto in attuazione della delega conferita al Governo con la legge 6 giugno 2016, n. l06, per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale. La delega prevede il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti, relative agli enti del terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del terzo settore. Tale attività di revisione e riordino

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è finalizzata al sostegno dell’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, alla valorizzazione del potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, secondo comma, 4, 9, 18 e 118, comma 4, della Costituzione.

La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi.

Più in particolare: nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche; le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie; i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa precedentemente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti

del Terzo settore. Inoltre è stato previsto che l’aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Tra le finalità perseguite dalla delega, all’articolo 4, vi è revisione della disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo i seguenti principi e criteri direttivi: semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica; individuazione delle disposizioni generali e comuni applicabili agli enti del Terzo settore; individuazione delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore; prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio, salva la specifica previsione per l’impresa sociale; garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi; distinzione, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, della diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell’oggetto sociale e definizione dei criteri e vincoli in base ai quali

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l’attività d’impresa svolta dall’ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali; previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente nonché attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale; disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche; garanzia del rispetto dei diritti degli associati; applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa, delle norme del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in quanto compatibili; disciplina del procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario; riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti (e degli atti gestionali rilevanti), attraverso la messa a punto di un Registro unico nazionale del Terzo settore (da istituirsi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali), l’iscrizione al quale sia obbligatoria per tutti gli enti che si avvalgano prevalentemente o stabilmente di fondi pubblici, privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei.

L’articolo 5 della legge 106/2016 ha fornito criteri e principi direttivi per una precisa definizione delle attività di volonta-

riato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. In particolare: armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale e riconoscimento delle tutele dello status di volontario e della specificità delle organizzazioni di volontariato e di quelle operanti nella protezione civile; introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese delle attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa; revisione dei Centri di servizio per il volontariato - CSV; superamento del sistema degli osservatori nazionali per il volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale; istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore quale organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore; l’articolo 6 specifica le caratteristiche necessarie affinché l’impresa sociale possa essere ricompresa tra gli enti del Terzo settore. In particolare deve: svolgere attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale; individuare settori di attività propri dell’impresa sociale nell’ambito delle attività di interesse generale comprese nell’elenco unico comune a tutti gli enti del Terzo settore; prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente adottare modalità

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di gestione responsabili e trasparenti; favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività; prevedere l’obbligo di redigere il bilancio; coordinare la disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale; prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza.

Dalla Legge delega 106/2016, nasce il D. Lgs.117/2017, recante il Codice del Terzo Settore (Cts), andando a delineare un nuovo quadro normativo ovvero un nuovo ramo o sottoinsieme del diritto privato degli enti giuridici, quello degli enti del terzo settore. Nella legislazione previgente mancava una nozione unitaria di ente del terzo settore, costituendo oggetto di discipline particolari soltanto alcune tipologie di enti, tra cui le organizzazioni non governative (legge 49/1987), le organizzazioni di volontariato (legge 266/1911), le associazioni di promozione sociale (legge 383/2000), le imprese sociali (d.Lgs 155/2006), incluse le cooperative sociali (legge 381/1991) e le associazioni sportive dilettantistiche. I vari enti del terzo settore erano dunque “sparsi”

nell’ordinamento giuridico che non li aggregava, nonostante le comuni caratteristiche, in unico insieme. Del resto, il tentativo operato dal legislatore tributario, mediante il d.Lgs 460/1997 sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

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(Onlus), di ricondurre a sistema il complesso degli enti del terzo settore, per quanto encomiabile, non poteva certo dirsi riuscito, anche solo banalmente perché molti soggetti lo acquisivano di diritto la qualifica di Onlus (vedi le organizzazioni di volontariato e le cooperative sociali); inoltre non da ultimo la normativa delle Onlus si riferiva per l’appunto solo alla normativa fiscale e non alla normativa civilistica, creando quindi in molti casi un disallineamento tra questi due binari normativi.

La disciplina delle organizzazioni di volontariato era contenuta nella L. 11.8.1991 n. 266; a decorrere dal 3.8.2017 tale legge, come indicato in precedenza, (fatta eccezione per alcune disposizioni) è stata abrogata e, dalla medesima data, la disciplina delle Odv è contenuta nel D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore), il quale prescrive l’osservanza delle norme generali dettate per tutti gli enti del Terzo Settore, nonché, ai fini della costituzione, delle disposizioni specifiche per le associazioni, riconosciute e non riconosciute (artt. Da 20 a 31 del D.Lgs. 117/2017) e delle organizzazioni di volontariato (art. da 32 a 34 del D.Lgs. 117/2017).

Va precisato che fino al 23 settembre 2019 la nostra Associazione era iscritta nel registro delle Aps ex Legge 383/2000 con ramo onlus e successivamente, era iscritta fino al 22 novembre 2021 nel registro delle Regioni e delle Province Autonome previsti dall’art. 6 della L. 266/91- Regione

Lombardia, al progressivo n. 187 nella sezione provinciale di Como; dal 23 novembre 2021 (la data è stata individuata con il Decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021; ne è stata data comunicazione sulla G.U. n. 269 dell’11 novembre 2021) il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts) previsto dall’art. 45 del Codice del Terzo Settore, sostituisce i registri delle Aps, delle Odv e l’anagrafe delle Onlus previsti dalle precedenti normative di settore. Da tale data ha avuto inizio la fase di trasmigrazione dei dati degli enti iscritti alla data del 22 novembre 2021 nei registri delle organizzazioni di volontariato (Odv) e delle associazioni di promozione sociale (Aps) verso il nuovo Runts; al trasferimento, che si è concluso il 21 febbraio 2022, seguirà la verifica delle singole posizioni da parte degli uffici statali e regionali. (art. 54 del D.Lgs. 117/2017).

A seguito della riforma del Codice del Terzo Settore di cui sopra (D.Lgs 117/2017) è stato adeguato lo statuto sociale della nostra associazione alla nuova normativa in data 23 settembre 2019, tramite assemblea straordinaria dei soci.

L’ente svolge l’attività di interesse generale ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 117/2017, i cui proventi sono di natura non commerciale, secondo le disposizioni di cui all’art. 79 del D.Lgs. 117/2017.

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Credits

Testi di: Roberto Caimi, Marco Caimi

Illustrazione copertina: Lorenzo Lembo

Fotografie: Giacomo Introzzi, Lorenzo Genna, Silvio Grossi ed archivio CRI Lomazzo

Finito di stampare nel mese di agosto 2023

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito in vari modi, senza essere citati, alla realizzazione di questa pubblicazione.

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78 Questa pubblicazione è stata resa possibile grazie al contributo di: AGENZIA DI SARONNO SAN GIUSEPPE ® UFFICI DI LOMAZZO Via Milano 11, 22074 Lomazzo (CO) 800.721267 info@generalisaronno.it www.cifasrl.it
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Editore

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Via degli Artigiani, 4 - 22074 Lomazzo (CO)

ISBN 978-88-96059-95-1

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.

© 2023 Croce Rossa Italiana - Comitato di Lomazzo

Tutti i diritti riservati

Finito di stampare nel mese di agosto 2023 a cura di Tecnografica sas di Sassi Romano & C.

Printed in Italy

Impaginazione e stampa

Tecnografica - Lomazzo (CO)

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Croce Rossa Italiana

Comitato di Lomazzo

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