Storie, storielle e dintorni

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Il fantasma burlone di Raffaele Pisu

In gioventù, a fine anni ‘50, nelle piovose giornate del periodo invernale mi piaceva ascoltare le storie di mio nonno seduti davanti al fuoco. Storie che oggi sembrano assurde, ma che allora mi incantavano. Una di queste raccontava di persone timorose, e soprattutto di un uomo in particolare. Uno dei mestieri, particolarmente diffuso tra la fine dell’‘800 e le prime decadi del ‘900, era quella di su carretoneri, il carrettiere, cioè colui che conduceva il cavallo che trainava il carro da trasporto merci. A quei tempi avere un cavallo significava poter sfamare una famiglia, anche numerosa, e di poterlo fare in modo soddisfacente; dare la possibilità ai propri figli di studiare e l’occasione di salire nella scala sociale. Quello del carrettiere non era un lavoro facile: era anzi molto faticoso, e spesso si iniziava a lavorare all’alba, se non prima, per finire con le ossa rotte la sera tardi, al buio. I trasporti col carro erano poi di varia natura, e andavano dal trasporto di sabbia, mattoni e calce a quello dei “panetti”. Altre volte i trasporti erano scanditi dalle stagioni: fave e piselli in inverno, fieno e grano in primavera ed estate, mandorle e uva nel periodo 89


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