Milton Glaser Monografia

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MILTON GLASER Valeria Sciacca

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Disciplina: Graphic design 3 Docenti: Ciro Esposito / Gianni Latino Accademia di Belle Arti di Catania Dipartimento progettazione arti applicate Scuola di graphic design Corso di comunicazione di impresa Progetto grafico: Valeria Sciacca A. A. 2017/2018 copyright Š 2018 by Valeria Sciacca In copertina: manifesto per l’album di Bob Dylan (1967)

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INDICE 4 6 8 10 12 14

Introduzione La vita in breve Push Pin Studios Poster Bob Dylan “I LOVE NY” Bibliografia

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MILTON GLASER il grafico di “I LOVE NY”

Milton Glaser è un decano del design grafico americano, creatore di alcuni dei più memorabili loghi ed emblemi di tutti i tempi. Primo e più famoso sicuramente “I love NY” che è probabilmente uno dei logotipi più riprodotti della storia. La cosa che stupisce a guardare i tanti manifesti realizzati da Milton Glaser nel corso della sua carriera è la grandissima varietà degli stili utilizzati. Tutti questi lavori, apparentemente così differenti l’uno dall’altro, sono in grado però di esprimere l’essenza di quella che secondo Milton Glaser è la filosofia di un graphic designer: saper esprimere lo spirito dei tempi, mettendolo in equilibrio con la propria personalità. Perché restando costantemente fedeli al proprio stile si passa di moda, sempre più velocemente negli ultimi tempi.

foto di Catalina Kulczar (2017)

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La vita in breve Milton Glaser nasce a New York, il 26 giugno. Si diploma alla Cooper Union, vince una borsa di studio e si reca in Italia, all’Accademia di belle arti di Bologna dove ha l’opportunità di studiare con il maestro Giorgio Morandi.Tornato negli Stati Uniti, nel 1954 fonda i Push Pin Studios, con Seymour Chwast, Edward Sorel e Reynolds Ruffins.

Nel 1966 crea il manifesto per Bob Dylan. Fonda un suo proprio studio,

il Milton Glaser, Inc, nel 1974, continuando a operare in tutte le categorie della progettazione grafica. Nel 1976 partecipa alla Biennale di Venezia nella collettiva “Autentico ma contraffatto”, a cura di Pierluigi Cerri, insieme a Roman Cieslewicz, Paul Davis, Richard Hess e Tadanori Yokoo.

Glaser ha disegnato una quantità elevata di manifesti per l’editoria, la musica, il cinema, il teatro, le istituzioni e i

manifesto Rimini (1995)

2° versione manifesto per il concerto di Hough Masekela al Philarmonic Hall del Lincon Center (1966)

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prodotti, senza contare le illustrazioni e decorazioni di alcuni ambienti.

Svilupperà ancor di più la sua già vasta mole di progetti, a partire dal design del “New York Magazine” (di cui era cofondatore). In ambito editoriale ha lavorato per “Washington Post”, “Fortune, Jardin de Mondes”, “L’Espresso” e molte altre testate.

Nel 1976 crea il marchio I LOVE NY per rilanciare il turismo di New York.

Nel 1979 diviene membro onorario della Royal Society of Arts ed è anche membro dell’Agi (Alliance Graphique International). Nel 1983 fonda la Wemg, studio grafico specializzato nell’editoria.

Nel 2009 il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama gli ha consegnato la National Medal of Arts, per il suo eccezionale contributo allo sviluppo dell’Arte Grafica.

manifesto “ Cecin n’est èpas un pipe de Vincent”” per il centenario di Van Gogh

manifesto per il festival Jazz tenutosi al Russian Tea room di Nedwport (1972)

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Push Pin Studios Nel 1954 Milton Glaser fonda i Push Pin Studios con Seymour Chwast, Edward Sorel e Reynolds Ruffins. Presto lo studio si affermò come un consorzio di grafici e illustratori e si uniranno anche John Alcorn, Paul Davis e Barry Zaid, fino a formare un folto gruppo di circa venti associati. Sebbene composti da un gruppo piuttosto eterogeneo di professionisti, ciascuno con un proprio stile, il Push Pin Studio fu caratteriz-

zato da una produzione artistica che da un lato si collocò a metà strada tra sperimentazione e recupero della storia della grafica, facendo prevalere sempre l’idea sul formalismo.

Dall’altro tentò di andare oltre la pura illustrazione, spingendosi verso una grafica figurativa che faceva spesso leva sull’ironia e che per certi aspetti poteva essere considerata espressionista. Tale approccio figurativo si contrapponeva,

foto di alcuni membri del Push Pin Studio.

Da sinistra: Seymour Chwast, John Alcorn, Reynold Ruffins.

(1967)

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ad esempio, ad una delle più importanti correnti dell’epoca in ambito grafico, la “Scuola svizzero-germanica”.

“Push Pin Style” fu il titolo di una grande collettiva del 1970 che i componenti dello studio, con il supporto di Olivetti, realizzarono al Museo del Louvre.

Tra i lavori più celebri usciti dai Push Pin Studios è possibile citare: il manifesto per Bob Dylan del 1966, opera

di Milton Glaser; il manifesto pubblicitario per la Olivetti Valentine del 1966, opera sempre di Milton Glaser; Il manifesto contro la guerra del Vietnam “End Bad Breath”,del 1967 opera di Seymour Chwast; la rivista “The Push Pin Monthly Graphic”, curata in particolare da Seymour Chwast, anche dopo lo scioglimento degli studios avvenuto nel 1974.

manifesto Dante’s Inferno Studio (1967)

manifesto per la macchina Valentine della Olivetti (1968)

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Poster Bob Dylan Indubbiamente l’immagine più famosa di Bob Dylan non è una fotografia, ma un disegno: una suggestione dell’uomo piuttosto che una rappresentazione precisa. Dopo tutto, qual è il modo migliore di celebrare la sensibilità caleidoscopica di Dylan se non con un fantasioso ma riconoscibile ritratto? 50 anni fa chi comprò il vinile di Greatest Hits trovò questo poster infilato nella confezione.

Dal quel momento, il ritratto icona di

Dylan creato dal leggendario Milton Glaser non ha perso un soffio del suo appeal. La silhouette che tracciò, l’esplosione di colore, il carattere tipografico “Baby Teeth” (creato appositamentea), è divenuta anch’essa leggenda. Si è instaurata nell’immaginario popolare, andando al di là del successo che ebbe ai tempi. La bocca della silhouette è corrucciarta, il naso a becco e la folta e disordinata capigliatura riccia sono le

sopra: manifesto e album con vinile di Bob Dylan; sotto: font “Baby Teeth” creata appositamente per il manifesto di Bob Dylan (1967)

manifesto per l’album di Bob Dylan (1967)

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caratteristiche inconfondibili del volto di un mostro sacro della musica americana di Bob Dylan. Milton Glaser ne accentua la silhouette definendola in nero su fondo neutro e accende i capelli con volute di mille colori fluorescenti.L’opera idubbiamente la più conosciuta di Glaser, è anche un’ icona dello stile psichedelico, il movimento nato neli anni Sessanta nell’ America dei figli dei fiori, caratterizzato da imma-

gini coloratissime e dai contorni spesso deformati fino a quasi l’astrazione, ispirate alla dilatazione del pensiero e alle sensazioni fisiologiche provocate dall’uso delle droghe allucinoigine ad esempio Mescalina ed Lsd. Non sono pochi gli artisti che si sono cimentati nell’imitare e declinare lo stile per la realizzazione di altri artefatti. Anche alcune pubblicità fanno chiari riferimenti alle volute variopinte dei capelli.

foto di Bob Dylan per la cover di “Saturday Evening Post” fatta da Jerry Schatzberg da cui Milton Glaser ha poi ricalcato la silhouette per il suo manifesto (1966)

manifesto di John Bergdah per Carla Rhodes che imita il manifesto per Bob Dylan (2009)

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“I LOVE NY” I LOVE NY è forse il logo più famoso del mondo associato a una città. A New York lo si può vedere praticamente dappertutto, ed è stato copiato da moltissime altre città e celebrato per la sua essenzialità, efficacia e universalità. È entrato nell’immaginario collettivo grazie a quello che è il più noto dei lavori di Milton Glaser, nel quale la parola love è sostituita da un cuore. Gli fu commissionatogli dallo Stato di New

York. La geniale idea di associare graficamente al concetto di amore un cuore come simbolo per eccellenza è ormai usata da tutti.

I LOVE NY è un logo semplice ma efficace, facile e versatile nei vari artefatti comunicativi, tale che è imitato in tutto il mondo. Il font utilizzato è l’American Typewriter, di Joel Kaden e Tony Stan, un serif la particolarità di avere delle aste che rendono la sensazione di essere

sopra: marchio “I LOVE NY” (1976); sotto: font American Typewriter, usato nel marchio “I LOVE NY” disegnato da Joel Kaden e Tony Stan (1974)

versione modificata di “I LOVE NY” in memoria dei morti durante l’attacco alle torri gemelle (2001)

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disegnato a mano.

Il logo è anche esposto al Moma di New York, uno dei più importanti musei d’arte moderna al mondo. Milton racconta che fu inventato su un taxi.

New York stava attraversando un periodo difficile negli anni Settanta, caratterizzato da una diffusa criminalità e si doveva in qualche modo rilanciare il turismo e promuoverlo. Oggi i diritti del logo appartengono all’Empire State

Development Corporation, un’organizzazione governativa che promuove lo sviluppo economico nello stato di New York, e genera oltre 1 milione di dollari di profitti annui. Glaser lo disegnò praticamente gratis, ricevendo un compenso di appena 2000 dollari: meno di quanto spese per produrre i modelli dimostrativi. Il marchio lo si trova declinato nelle varie città e viene utilizzato su tanti tipi di souvenir.

t-shirt con stampato il marchio “I LOVE NY”

gadget che imitano il marchio “I LOVE NY”

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Biblio/Sitografia Bibliografia: •

D. Baroni e M.Vitta, Storia del design grafico, Milano, Longanesi, 2015

Sitografia: • • • • • • • • •

Aldo Gorla, Sitographic, digilander.libero.it, consultato il 20/03/18 Sito ufficiale Milton Glaser, www.miltonglaser.com, consultato il 20/03/18 Luca Murante, Milton Glaser e l’iconico poster di Bob Dylan (Che compie 50 anni), thedigitally.it, consultato il 8/04/18 Milton Glaser. Il racconto manifesto, riminiturismo.it, consultato il 8/04/18 Milton Glaser, quello che ha inventato “I LOVE NY”, www.ilpost.it, consultato il 8/04/18 Florian Hardwig, Hugh Masekela at Philharmonic Hall poster, fontsinuse.com, consultato il 8/04/18 Jessica Vaillat, Thomas Schmitt & Sylvain Churlet, Glaser Milton, theredlist.com, consultato il 9/04/18 Il talento manifesto di Milton Glaser, www.4graph.it, consultato il 09/04/18 Disegno grafico, www.borjaunsain.com, consultato il 11/04/18

foto di Scott Heins/Gothamist (2017)

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“Il computer sta al design come il microonde alla cucina.�

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