The Ortigia Experience

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The Ortigia Experience ISOLA D’ARTE E DI MITI



Avvolto in un magico silenzio da domenica, cammino timido della tua casbah i vecchi vicoli ed i tuoi dolci ronchi dove confusi giocan mille soli e mille ombre di afe estive e di intonaci piangenti e tristi, complici e da anni conviventi. Odo di bimbi i pianti e i piedi scalzi e di mogli i silenzi delle attese, per mariti che san di sale e che verran dal mare, ...e allora nasce inconscio e prepotente il desiderio, se tu donna, di sfiorarti con baci e gentilezze tra le colonne forti di un Duomo austero o tra le vecchie barche di un antico sbarcadero. Mi fermo di cacciar alle mie emozioni sol dinnanzi a te Fonte Aretusa madre sapiente di una gentil fonte e fedel custode di leggende antiche, di come dipinti panorami, testimon discreti di allegre spose, compagna dolce di notti insonni e luminose, di tramonti unici e ricchi di emozioni.



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The Ortigia Experience LA STORIA

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The Ortigia Experience L’ISOLA E IL MARE

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SPOTLIGHT ON... Il Domo di Siracusa

Fish House Art IL NEGOZIO DEI PESCI

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LET’S TAKE A LOOK INSIDE... Lo studio del collezionista

SPOTLIGHT ON... La Graziellla


The Ortigia Experience Isola di Ortigia costituisce la parte più antica della città di Siracusa. Il suo nome deriva dal greco antico “ortyx” che significa quaglia.

Un Isolotto della Sicilia sudorientale, su cui sorge la parte più antica della città di Siracusa. Unita alla terra ferma da tre ponti, l’isola di Ortigia si protende nel mar Jonio allungandosi da nord a sud per oltre 1,5 km, tra l’ampia insenatura del porto grande, a ovest, il mare aperto a est ed il porto piccolo a NE, terminando a sud nella stretta penisola (200 mt) su cui sorge il massiccio castello Maniace, eretto da Federico II di Svevia. Presso la costa sud occidentale sgorga la celebre e pittoresca fonte Aretusa. L’età storica della città “Aretusea” ha inizio nel 734 a.c., data in cui Archia , partito da Corinto, sbarca ad Ortigia sconfigge i siculi e fonda la colonia di Siracusa. Ben presto la città assume un ruolo di primo piano sia in campo economico che militare, imponendo la propria supremazia su tutto il bacino Mediterraneo. Nel 480 a.c. con Gelone (tiranno di Siracusa) sconfigge i cartaginesi nella celebre battaglia di Imera, nel 474 a.c. con Ierone I batte gli etruschi a Cuma , nel 413 a.c. ,durante il regno di Ermocrate, la flotta siracusana infligge una clamorosa sconfitta a quella ateniese. Agli inizi del IV secolo a.c. sotto Dionigi il grande, con i suoi circa un milione e duecentomila abitanti, Siracusa diventa la città più potente d’Europa, estendendo il proprio dominio su tutta la Sicilia e su parte della Calabria. Ed è proprio nel IV secolo che la città conquista una posizione di notevolissimo prestigio,diventando il nuovo perno economico, politico e culturale e di conseguenza centro di gravitazione per tutti i più grandi letterati del tempo (Platone, Eschilo, Pindaro, Simonide e Bachilide). Dopo un breve periodo di declino, Siracusa “rialza la testa” grazie a Timoleonte e con Agatocle sconfigge nuovamente i cartaginesi.Sotto il regno del saggio Ierone II rivive un nuovo periodo di splendore economico e culturale.A questo punto della storia, gli interessi della “città di Archimede” si scontrarono con quelli di una nuova potenza nascente: “Roma”. Infatti, dopo un lunghissimo ed estenuante assedio nel 212 a.c. viene conquistata dai romani.Nonostante ciò Siracusa rimane la capitale della Sicilia, mantenendo questo ruolo durante la dominazione Bizantina (535-879 d.c.), addirittura tra il 662 e il 668d.c., grazie all’imperatore Costante II , diventa capitale dell’intero impero bizantino (titolo questo, che alla morte dell’imperatore torna a Costantinopoli ). Conquistata e saccheggiata dagli arabi nell’879d.c. è capoluogo del val di noto, uno dei tre grandi territori in cui i musulmani divisero la Sicilia.

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Liberata nel 1085 dalla dominazione araba, passa sotto il dominio Normanno, per trasformarsi successivamente in base commerciale, dei pisani prima (1197-1204), e poi dei genovesi (12041221). Il 1221 è l’anno in cui passa agli svevi di Federico II fino al 1266 data in cui succedono gli angioini (1266-1282). Dal 1282 in poi, la città, partecipa alla guerra del vespro.L’arrivo degli spagnoli porta due dominazioni: quella aragonese fino al 1412 e quella castigliana fino ai primi del 1500. Tra il 1305 e il 1536 è capitale della camera reginale di Spagna, cioè una sorta di stato nello stato governato dalle regine aragonesi e castigliane. Grazie alla camera reginale, Siracusa attraversa un ulteriore periodo di splendore, i commerci tornano floridissimi e gli scambi culturali con la Spagna favoriscono la nascita di un’ abbondante edilizia catalano-aragonese, che a tutt’oggi caratterizza Ortigia da tutti gli altri centri storici siciliani.Nel 1536 Carlo V (Re di Spagna) decide di abolire la camera reginale, e trasforma l’isola in una delle più potenti rocchaforti del Mediterraneo. Questa nuova funzione militare, taglia fuori Ortigia da ogni scambio di tipo commerciale, causando una catastrofe economica e una lunga decadenza. Alla grave crisi economica si aggiungono: i terremoti del 1542 e del 1693, la carestia del 1646 e le continue pestilenze che finirono col decimare la città. Il ‘700 è segnato da numerosi passaggi al potere: dagli Asburgo ai borboni, successivamente col trattato di Ultrecht arrivano i Savoia, quindi gli austriaci (1718-1735) per poi tornare ai borboni dal 1735 al 1860 (sostanzialmente fino all’unità d’Italia). Durante i moti antiborbonici del 1837 la città fu punita con la perdita del titolo di capoluogo di provincia che passò a Noto, città fedele ai borboni.Solo nel 1861, con l’unità d’Italia, il capoluogo fu restituito a Siracusa. Da questa data in poi la città si identifica con quella dello stato italiano.




I VICOLI Ortigia è uno dei pochi centri del Mediterraneo a conservare l’impianto urbanistico greco in condizioni tali da essere ancora leggibile sulla mappa. La struttura dei vicoli, nonostante più di due millenni d’evoluzione, rispetta ancora l’orientamento “a pettine” che si irraggia da una via principale, la Via Sacra (attuale Via Dione), che corre lungo il centro dell’isola. Coi secoli la struttura abitativa è stata canonizzata attorno ai “ronchi” (vicoli) e ai cortili, dove la gente vive, all’aperto, la maggior parte della giornata, mentre la casa è concepita come deposito degli attrezzi da lavoro e rifugio notturno.

In questa pagina e affianco, via del Crocifisso, via della Maestranza, via Tintori e via Dione.


La dimensione delle unità architettoniche presenti su via Roma, riflette il ruolo di arteria di ‘rappresentanza’, assunta sempre dal principale asse cittadino, sia in relazione all’estensione planimetrica, sia allo sviluppo altimetrico, con case generalmente a tre elevazioni. Diversamente via Dione, in cui forse per la sua contiguità al Quartiere delle Graziella, o per la permanenza di moduli d’impianto medievali, mantiene una più frammentata divisione degli isolati, con unità di minore estensione, con abitazioni generalmente a due livelli, in prossimità del predetto quartiere, a tre elevazioni in prossimità di Piazza Archimede. Anche in via Dione, numerosi sono i casi di rifusione di unità preesistenti o di sopraelevazioni di epoca successiva, con una massiccia presenza di rifacimenti in periodo di fine ‘800 e primi ‘900, probabilmente per la vicinanza al nuovo quartiere umbertino ed alle esigenze di rinnovamento della città novecentesca. La vicinanza alla zona commerciale di Corso Matteotti, ha provocato, in alcuni punti di via Dione disorganiche trasformazioni dei vani di piano terra, spesso con alterazioni delle originarie partiture e rivestimenti lapidei, incongrui e dissonanti.

A destra, entrata ormai abbandonata e in decadenza di una vecchia discoteca chiamata “Il Trabocchetto”. 10



Il Duomo di Siracusa

Nella parte alta dell’isola di Ortigia, il sito ove sorge il Duomo di Siracusa era destinato, fin dall’antichità, a ospitare un luogo di culto. A un tempio eretto nel VI secolo a.C., si sostituì il Tempio di Atena, innalzato in onore della dea dal tiranno Gelone, dopo la grande vittoria di Imera (480 a.C.) contro i Cartaginesi. Nel VII secolo il tempio di Atena fu inglobato in un edificio cristiano, dedicato alla Natività di Maria.

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IL TEMPIO DI ATENA

LA PARTE BAROCCA

Il tempio, di ordine dorico fu eretto nel V secolo a.C. dal tiranno Gelone in seguito alla vittoria contro i Cartaginesi nella battaglia di Imera. L’Athenaion era esastilo (sei colonne in facciata) periptero (le colonne circondavano la cella su tutti e quattro i lati), con 14 colonne sui lati lunghi.

Danneggiata dal terremoto del 1693, furono eliminate le absidi e il presbiterio fu occupato da un grande altare barocco, opera di Giovanni Vermexio, che riutilizza come mensa d’altare un blocco di architrave dell’antico tempio. Nel 1728 venne iniziata la ricostruzione della facciata danneggiata, in forme barocche, opera di Andrea Palma, conclusa nel 1753. Nel 1757 vi furono aggiunte le statue della “Vergine del Piliere”, di “Santa Lucia” e di “San Marziano”, opera di Ignazio Marabitti, a cui si devono anche le statue di “San Pietro” e “San Paolo” ai lati della gradinata di accesso.

Secondo Ateneo (scrittore greco antico) il frontone recava il grande scudo della dea in bronzo dorato[1]. Da Cicerone, che elenca gli ornamenti depredati da Verre, sappiamo che aveva decorazioni in avorio, borchie d’oro sulla porta e una serie di tavole dipinte che raffiguravano un combattimento di cavalleria tra Agatocle e i Cartaginesi e 27 ritratti dei tiranni della città. Attualmente ne restano visibili, sul fianco sinistro del duomo, alcune colonne e lo stilobate sul quale esse poggiavano, in calcare locale, mentre altri resti (tegole in marmo e gocciolatoi a forma di testa di leone) sono conservati nel Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi. All’interno dell’attuale Duomo sono altresì ben visibili 9 colonne del lato destro del periptero e le due antistanti la cella. Il tempio era stato preceduto da un luogo di culto risalente all’VIII secolo a.C., con un altare portato alla luce negli scavi dell’inizio del XX secolo, e da un primo tempio della metà del VI secolo a.C.

LA CHIESA Nel VII secolo fu trasformato in chiesa ad opera dell’allora vescovo Zosimo. La chiesa, di forme bizantine, era dedicata alla Natività di Maria ed inglobava il colonnato del tempio nei muri esterni, mentre nei muri più interni della antica cella furono aperti 8 archi per lato, in modo da realizzare un edificio a tre navate ciascuna conclusa da un’abside sul fondo. Furono anche eliminati i muri che dividevano il vano posteriore (“opistodomo”) dalla cella e questa dal pronao. L’orientamento dell’edificio fu inoltre rovesciato e l’attuale facciata del Duomo occupa il retro del tempio. In epoca normanna i muri della navata centrale furono innalzati e per aprirvi delle finestre, mentre l’abside fu decorata con mosaici. Il pavimento policromo risale al XV secolo e nel 1518 la navata centrale fu coperta con il soffitto ligneo tuttora conservato. Nel XVI secolo venne inoltre innalzato il campanile.

“Eravi ancora un altro tempio consacrato a Minerva, ed era ornatissimo e bellissimo, in cima del quale era posto lo scudo di Minerva gettato di ramee tutto indorato, il quale era tanto grande ch’egli era veduto da’ naviganti che erano in alto mare. coloro che partivano dal porto di Siracusa, come gli erano tanto discosto che non potevano veder più quello scudo, essi pigliavano un bicchiere o una tazza di terra, la quale toglievano a posta dall’altare degli dei, ch’era fuor delle mura, presso al tempio d’Olimpio, ed empiendola di mele, d’incenso e d’altre spezierie e di fiori, la gettavano in mare in onor di nettuno e di Minerva. Ed avendo fatto questo sacrificio, secondo la superstizione, se n’andavano allegri a lor viaggio.” -Tommaso Fazello, Storia di Sicilia-


La facciata attuale – capolavoro dell’architetto palermitano Andrea Palma, e una delle migliori testimonianze barocche di Siracusa – fu realizzata fra il 1728 e il 1754.

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LET’s TAKE a look inside.. Lo studio del Collezionista



Salvo Li Puma inizia a collezionare oggetti di antiquariato a 27 anni. Professore di storia dell’arte ormai in pensione, nato a Milano si traferisce a Siracusa, dove vive ormai da vent’anni, ed insegna all’istituto d’arte di Noto. A siracusa continua ovviamente la sua attività di collezionista mettendo su una piccola associazione in collaborazione con altri collezionisti siracusani. Il suo studio si trova in Via Roma, nel cuore di Ortigia, in un palazzo del 1700 con un pittoresco cortile interno.

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All’interno, lo spazio è suddiviso in due zone, come si può notare nella fotografia della pagina accanto: la zona del pian terreno e la zona del soppalco, posto in maniera obliqua rispetto alla stanza, in modo da non occludere troppo l’ambiente e lasciar passare più luce. Il piano tenna è arredato con pochi elementi sobri ed eleganti; un tavolo posto al centro con un’esposizione di piatti del 700. un divano, un tavolo realizzato dal signor Salvo in tubulare di ottone con ripiano di di vetro, una panca a muro e due vetrinette laterali, Esposti in ogni angolo vi sono preziosi oggetti di antiquariato tra cui vasi, cristalli e quadri delle epoche più disparate. Tutti rigorosamente italiani.




In alto, particolare della scrivania con due statue raffiguranti la Madonna, una in legno e l’altra in marmo.

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Una volta saliti al piano superiore ci si trova davanti ad una quantità impressionante di oggetti di ogni genere: cofanetti, statue, mezzibusti, libri, tappeti, stoffe, candelabri, quadri, disegni impilati su grossi bauli contenenti altrettante meraviglie. Impossibile stabilire di quanti oggetti sia composta la collezione del signor Salvo. Sul lato sinistro vi sono una scrivania con due ricche poltrone dai cuscini purpurei che contribuiscono a conferire all’ambiente una atmosfera vissuta, che sembra portarci indietro nel tempo.




The Ortigia Experience La sua costa forma l’entrata naturale di un grande golfo, la cui altra estremità è rappresentata dalla costa del Plemmirio. Si pensa che l’isola, dopo la colonizzazione greca, venne collegata quasi subito alla terraferma utilizzando un terrapieno, ovvero un accumolo di terreno realizzato aritificialmente. In seguito il terrapieno venne sostituito da un ponte. La sua costa, in tempi antichi, doveva essere più prolungata, infatti dai vari studi archeologici fatti presso il Porto Piccolo di Siracusa, risulta visibile sott’acqua parte della banchina marmorea che contraddistingueva l’approdo siracusano. La tipologia di costa è rocciosa e frastagliata, nella sua maggior parte, eccetto qualche golfetto di sabbia.

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La Fonte Aretusa La Fonte Aretusa è uno specchio d’acqua nell’isola di Ortigia, nella parte più antica della città siciliana, luogo di incontro tra realtà e leggenda, uno dei più bei monumenti di Siracusa. La sua origine è lo sviluppo di uno dei tanti sfoghi della falda freatica che si trova nel siracusano, la falda che alimenta anche il fiume Ciane sul lato opposto del porto. Presenta una forma circolare doppia, con all’interno una struttura circolare, ovvero un doppio cerchio concentrico. l mito più famoso di Siracusa è quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide, correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamorò perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui, finché stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia. Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si unì all’amata fonte. Ancora oggi il mito rivive nell’isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa. Oggi il viale che costeggia la Fonte Aretusa si chiama proprio Lungomare Alfeo. Nello specchio d’acqua della Fonte Aretusa e lungo le rive del fiume Ciane (vedi sotto) sono presenti gli unici papireti selvatici di tutta l’Europa. Il papiro cresce spontaneo solo in Egitto. « ….Io non cerco che dissonanze Alfeo, qualcosa di più della perfezione. …. Non un luogo dell’infanzia cerco, e seguendo sottomare il fiume, già prima della foce di Aretusa, annodare la corda spezzata dell’arrivo »

S. Quasimodo



Fish House Art A colpo d’occhio vi sembrerà di passare davanti ad una piccola pescheria...ma guardando meglio si noterà che il “pescato” esposto è in realtà realizzato in ceramica, legno e molti altri materiali, anche un po’ bizzarri! Il creatore di questa piccola e graziosa boutique del pesce si chiama Luigi Camarilla che insieme ai propri lavori espone nel negozio opere di moltissimi artisti italiani e stranieri, tutte rigorosamente attinenti al mondo marino. Nato a Ortigia, Siracusa, nel 1959, Lugi si è formato a Milano. Dagli anni del liceo artistico ha inizio un susseguirsi di esperienze lavorative che coincidono con la sua vocazione eclettica, inquietudine espressiva che alterna creatività volta alle arti applicate e dedizione alla scrittura. Aiuto costumista per cinema e scenografo in ambito pubblicitario, disegnatore di elementi d’arredo e realizzatore di collezioni di gioielli, pittore e scultore, autore di testi musicali e di poesie: tutte esperienze che dal 1996 confluiscono in una avventura artistica totalizzante. In quell’anno, per sperimentare la creatività davvero libera da ogni forma di condizionamento e dipendenza, lascia Milano ritirandosi per tre anni nella terra e nel mare delle sue origini. Lì a sud, nei boschi lavici dell’ Etna e difronte al mare mitologico di Stromboli ha lavorato al progetto Artistico “ALTARI MEDITERRANEI: Il pellegrinaggio degli amanti impossibili” in cui si intrecciano pittura, scultura e scrittura. Nel 1999, si conclude quella tap pa esistenziale di lunga esperienza sabbatica. Negli anni successivi si alternano periodi di necessario ritorno a Nord per attingere sostentamento dalla professione, e un altrettanto necessario ritorno a Sud per approfondire la sua ricerca espressiva che sempre più si caratterizza di spirito antropologico e si orienta specificamente al tema del Mediterraneo. Nel 2000, dopo lunga caparbia ricerca di opportunità istituzionali per far conoscere il proprio lavoro artistico, si presentano le prime opportunità espositive, i primi riconoscimenti . Il suo lavoro viene citato nel volume “Arte e cultura del Mediterraneo nel xx° secolo” curato dall’Unesco nel 2004. Negli anni seguenti si consolida la propensione per le installazioni ambientali Per saperne di più: http://www.fishhouseart.it


La Graziella

Uno dei quartieri piĂš suggestivi dell’isola di Ortigia, centro storico di Siracusa, è la Graziella. Il nome del quartiere , deriva dai pescatori, abitanti della zona, devoti alla Madonna delle Grazie. Prima di imbarcarsi, si narra, che i pescatori si radunavano nella piazza della Graziella, a pregare davanti la statua della madonna, per chiedere la protezione durante la loro permanenza in mare.

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Rione popolare nel cuore dell’Isola di Ortigia. La Graziella è uno degli antichi quartieri di Siracusa, si sviluppa alle spalle del mercato storico di via De Benedictis, fino a lambire via Vittorio Veneto. Il nome del quartiere, come in tante altre parti d’Italia, deriva dalla devozione alla Madonna delle Grazie che i lavoratori del mare hanno elevato da secoli a loro patrona. L’impianto architettonico del quartiere testimonia, ancora oggi, l’influenza araba che, dopo la distruzione della città al momento della conquista, ne ricostruì una molto disordinata, lasciata alla inventiva e ai bisogni momentanei. Nemmeno il terremoto del 1693 portò ad una ricostruzione più ordinata, perché ci fu uno strano modo di intervenire. Invece di rimuovere le macerie e procedere ad un’opera pianificata si pensò di ammucchiare le macerie nelle vie e nelle piazze con il risultato di aggiungere al disordine planimetrico anche quello altimetrico. I ronchi, infatti, sono più bassi anche di uno o più metri rispetto alle vie. Il ronco diventa il prolungamento degli alloggi, che sono piccoli, perché derivano dal frazionamento delle proprietà. La parcellizzazione delle proprietà si vede, anche, dal numero di scale esterne che portano ad abitazioni del piano rialzato o del primo piano creando un caratteristico miscuglio di materiali diversi per ringhiere e gradini. Le vie Arizzi e delle Grazie, con i loro ronchi, sono quelle che rappresentano in pieno l’originalità del quartiere dei pescatori. Fino alla prima metà del diciannovesimo secolo è stato uno dei quartieri più vivi della città, e tra i suoi fittissimi vicoli, e i suoi ronchi, ospitava botteghe artigianali, cantine, panifici, e molte attivià commerciali. Dal dopo-guerra in poi ha subito un lungo periodo di abbandono, che ha portato alla migrazione dei suoi abitanti nella parte alta di Siracusa, e al consequenziale svuotamento della zona. Il rione è stato recentamente riqualificato grazie al piano Urban, che ha visto l’abbattimento di diversi edifici pericolanti, e la messa in opera di nuova pavimentazione e illuminazione pubblica. Resta basso il numero degli abitanti della Graziella, che tuttavia si sta incrementando grazie alla presenza di immagrati nord-africani, e l’acquisto della case da parte di turisti stranieri, che restano ammalliati dalla bellezza del rione.

Ortigia è divisa in piccoli quartieri storici: Bottari (in siracusano ‘Uttari) Cannamela (in siracusano Cantunera ra Cannamela) Castello (in siracusano Casteddu) Duomo (in siracusano Domu) Gancia (in siracusano Jancia) Giudecca (in siracusano Jureca) Graziella (in siracusano Razziedda) Maestranza (in siracusano Masthranza) Marina (in siracusano A Marina) Mastrarua (in siracusano Masthrarrò) Sperduta (in siracusano Spedduta) Turba (in siracusano Tubba)


A sinistra, particolare di un portale decorato del 1600. In alto e nella pagina accanto, due viottoli della Graziella con i caratteritici tonirosati.



I gioielli del barocco Il grande terremoto dell’11 gennaio 1693 (detto “Terremoto della Val di Noto”) è stato giudicato come il più devastante che la Sicilia abbia mai subito in epoca storica, se si eccettua quello detto “di Messina” del 1908. Esso distrusse più di 45 centri abitati e causò all’incirca 60.000 morti. Alcuni centri furono letteralmente rasi al suolo, come la non lontana Noto, che fu ricostruita da zero facendone quella “capitale del barocco” che tutti conoscono. Se nel caso di Siracusa non fu necessaria la vera e propria ricostruzione da zero, i rifacimenti furano di tale portata da darle un aspetto in prevalenza barocco, con solo pochi monumenti gotici e rinascimentali superstiti. La pietra calcarea locale, facile da lavorare, permise agli scalpellini e agli scultori di sbizzarrirsi in quelle trine di pietra che i balconi e le facciate dei palazzi ostentano in abbondanza. Lo stile barocco locale è più leggero e meno elaborato di quello, altrettanto conosciuto, di Lecce, e dà risultati più ariosi. Ma non per questo meno fantasiosi: non ci sono due balconi barocchi che siano uguali fra loro e tutti gareggiano nella ricerca dell””invenzione” tanto cara all’estetica barocca. È impossibile elencare, per la quantità, i palazzi barocchi siracusani. Si consiglia di percorrere a piedi le vie principali di Ortigia (come Via Vittorio Veneto - su cui sorge l’Algilà Ortigia Charme Hotel, Via Maestranza, Via Giudecca...) alla scoperta delle mille sorprese della Siracusa barocca. Dopo il periodo di esplosione edilizia barocca la città sarebbe entrata in un periodo di stagnazione economica e politica, fino all’Unità d’Italia, quando avrebbe ricominciato ad espandersi fino a raggiungere i confini della città greca, e infine a superarli. 40


A destra, balconi decorati di un antico palazzo.


A sinistra, particolare de balcone decorato di un palazzo del 1698.


In alto, antico palazzo con balconi decorati lungo un viottolo che sbocca sul mare.




A cura di: Valentina Fontana e Valentina Di Rosa




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