SPECIALE DESIGN WEEK
WDWTFWW WE DO WHAT THE FUCK WE WANT
M.P.
PER
X RAF SIMONS
PHOTO GAUTIER PELLEGRIN HAIR CHIARA BUSSEI @CLOSE UP AGENCY MAKE-UP ANGELA MONTORFANO MODEL CHRISTINE M @2MORROW CASTING LAURA MOTTA @SIMPLE AGENCY
per
PHOTO SILVIA BADALOTTI
I N T ERV I S TA /1
TESTO DI STEFANO NAPPA
GUIDA VELOCE AI COMA_COSE PRIMA DI ASCOLTARLI DAL VIVO BISOGNA BUTTARE GIÙ NELLO STOMACO UNA BIRRA MEDIA ALLA GOCCIA. CHIACCHIERATA CON IL GRUPPO + INTERESSANTE DEL PIANETA NUOVO
«LE DUE PAROLE CHE HO SENTITO + SPESSO QUI: SIGARET, ACCENDIN»... MARTEDÌ SCORSO MI SONO INVENTATO UNA BUGIA A LAVORO PER RESTARE DA SOLO CON CON I COMA_COSE. HO FATTO COLAZIONE CON FAUSTO LAMA, LA VOCE MASCHILE DEL DUO, DENTRO UN BAR IN ZONA GIAMBELLINO, QUI A MILANO. NON ERA UNA BUFALA CHE GIRAVA SUL WEB, LO AVEVANO ANCHE ANTICIPATO IN UN LORO PEZZO E POI L’HANNO REALMENTE ORGANIZZATO! COSA? UN RAVE PARTY IN COLONNE! QUEST’ESTATE POI HANNO ANCHE APERTO I CONCERTI DI SALMO E COEZ. DOVE VOGLIONO ARRIVARE? NOI NON LO SAPPIAMO, MA QUESTE 15 RISPOSTE CI SVELANO TUTTO. COSA FANNO I COMA_COSE QUANDO NON SONO O SU DI UN PALCO A SUONARE O IN STUDIO DI REGISTRAZIONE? In realtà noi siamo due ex-commessi, quindi fino a qualche mese fa lavoravamo in negozio, dopodiché questa parentesi si è chiusa e grazie a dio sono partiti i concerti. Attualmente non abbiamo nemmeno un momento libero perché ci occupiamo di tutto, anche della comunicazione. Quando non facciamo i Coma_Cose, ci facciamo delle lunghe passeggiate per Milano. QUAND’È CHE LA GENTE SI È ACCORTA REALMENTE DI VOI? In realtà è stata una cosa abbastanza lineare, onestamente. Per noi il progetto comunque è in divenire dal primo giorno perché la parola che sta alla base di tutto è: libertà. Nemmeno noi all’inizio eravamo partiti con le idee ben chiare, volevamo fare delle canzoni che ci rispecchiassero e basta. Avevamo voglia solo di esprimerci curando un po’ tutto, dai pezzi ai video, fino alla comunicazione dell’uscita. I primi pezzi li abbiamo buttati fuori per esigenze fisiologiche perché magari chi fa musica lo fa anche per alleggerirsi di qualcosa. Anche perché nelle nostre prime canzoni ci sono tanti messaggi e c’è molta analisi della realtà. ANCHE I VOSTRI TITOLI HANNO UN SIGNIFICATO BEN PRECISO E TUTTI SONO FORMATI DA UNA SOLA PAROLA CHE RACCHIUDE TANTE ESPRESSIONI O SIGNIFICATI, COME SE IL TITOLO STESSO FOSSE UNA FIGURA RETORICA. PERCHÉ QUESTA SCELTA? C’È UNO STUDIO DIETRO? SEMBRA PROPRIO LA VOSTRA IDENTITÀ… Noi cerchiamo di mettere tanta semantica in quello che facciamo, quindi anche il titolo alla fine è una parola che in qualche mondo deve incuriosire, ma si deve capire soprattutto dopo l’ascolto del brano qual è l’emozione che lo ha ispirato. A volte, per dirti, la parola che abbiamo scelto come titolo manco c’è nella canzone. COME NASCE UN VOSTRO PEZZO? C’È UNA MOLESKINE CHE DÀ IL VIA A TUTTO? Il motore creativo siamo io e Francesca. Io scrivo un po’ di più di lei e metto anche giù la «bozza musicale». Nasce da questa moleskine qui, forse si capisce anche perché i testi sembrano un’ opera di patchwork. Io continuo ad accumulare immagini, poi arrivo, metto giù una bozza di canzone, mi confronto con lei che magari aggiunge qualcosa o decide di colorarla e renderla un po’ più sulle sue corde e pian piano arriviamo ai produttori che ci stanno aiutando fin dal giorno zero: i Mamakass (Fred De Palma, Andrea Nardinocchi, Dargen D’Amico). QUAL’È IL BRANO CHE VI HA FATTO FATICARE DI PIÙ NEL COMPORLO E CHE VI HA REGALATO PIÙ EMOZIONI? Pakistan e Deserto sono stati dei pezzi rifatti 5-6 volte perché non trovavamo mai la formula d’incastro giusta. Sintetizzando
il tutto ti dico che sulle «ballad» abbiamo sempre delle difficoltà, abbiamo paura dell’effetto «Vasco Rossi». Per quanto ci piaccia è un terreno dove siamo meno a nostro agio. LA COSA PIÙ IMBARAZZANTE CHE VI È SUCCESSA FINO A ORA? UN COMMENTO O UN EPISODIO A UN LIVE? Non saprei… un episodio figo è che noi nei live proponiamo, per dare un po’ più sapore alla scaletta, la cover di Acustica Stonata dei Prozac+. L’abbiamo anche citata in una canzone quasi in modo provocatorio ma ovviamente non centriamo niente con loro, è più una cosa affettiva. Per me è bello vedere la reazione delle persone durante l’esecuzione! Facce interdette che si chiedono: ma è un pezzo loro? Ma è strana, aspetta c’è la chitarra… rimangono un po’ straniti, sopratutto se tra il pubblico ci sono ragazzi giovani che non conoscono i Prozac+. PRIMA DI SALIRE SUL PALCO AVETE UN RITUALE O COSE SCARAMANTICHE DA FARE? Be’ in realtà no, più che altro Francesca si beve alla goccia… una birra media! Poi sale sul palco e spacca. Io invece sono più salutista, bevo dopo il concerto (haha). AVETE MOLTE SFUMATURE DEI 90, PRIMA LA MUSICA PARLAVA MOLTO DI POLITICA GRAZIE A GRUPPI COME I 99 POSSE IN ITALIA O I PUBBLIC ENEMY. COS’È CAMBIATO PER VOI OGGI NEL MODO DI FAR MUSICA, ESISTE ANCORA QUESTO STESSO SPIRITO? Questa cosa mi sa che è finita per usi e
o gli Emo o altre grosse correnti che hanno avuto un grosso impatto. Usano la musica solo come punta dell’iceberg, fenomeni che ci saranno sempre e ci saranno sempre ragazzi che sposano l’idea e poi col passar del tempo guardandosi indietro diranno: ma 5 anni fa come mi vestivo? Come mi pettinavo? Li trovo e li troviamo molto divertenti e non penso sia quello il problema della cultura di oggi o della musica. IN UNO SCENARIO APOCALITTICO FATTO DI ZOMBIE, SCOPRI CHE I VINILI TI PROTEGGONO DAL CONTAGIO E SONO DELLE ARMI CONTRO LE AGGRESSIONI. CHE DISCHI USERESTI PER SALVARTI? (ahahah) TUTTA la discografia di David Bowie e di Lucio Battisti. SENZA LIMITI DI BUDGET CON CHI COLLABORERESTE? Damon Albarn. Per noi è il faro nella notte! Ha fatto 5 progetti nella vita e tutti e 5 mega galattici! È uno che ha mille idee, è un genio con una visione tutta sua. È il nostro sogno nel cassetto. PROGETTI SUL FUTURO? STAI GIÀ LAVORANDO A QUALCOSA DI NUOVO? Uscirà i primi di marzo un pezzo nuovo con il videoclip annesso, molto diverso da quello che abbiamo fatto fino a ora e siamo molto contenti, perché è una nuova scommessa e ci inserisce in un altro linguaggio musicale senza cambiare la nostra identità musicale. COME VI VEDETE TRA 5 ANNI? Domanda strana. Quando siamo partiti eravamo tipo: mah, vediamo… facciamo qualche concerto. Pensa, stavamo aprendo anche un negozio cercando di tenere la musica viva nel fine settimana. Adesso è tutto diverso e sono arrivati anche tanti input creativi, quindi la benzina c’è! Faremo il tour estivo e poi il disco, diciamo che per i prossimi 3 anni Coma_Cose è coperto poi toglieremo un po’ il piede dall’acceleratore. Ma nel frattempo ci vogliamo divertire.
costumi. Diciamo che i social, in primis facebook, hanno tolto tanta voglia di ribellione. Il commento a caldo o la discussione in qualche modo ti riconnettono con il mondo, ti fanno sfogare e poi tutto finisce un po’ lì. Io sono cresciuto quando i concerti si andavano a vedere nei centri sociali e c’era molto impegno politico. Per me è stato bello scoprire che la sinistra non era un «mostro comunista che si fa le canne» ma un aspetto collettivo di condivisione ed è quello che secondo me dovrebbe fare la musica. Mi piace quando la musica stessa diventa politica ma non vuole fare politica. Dovrebbe aggregare e far pensare attraverso un messaggio che ognuno dovrebbe far suo. INVECE OGGI? Onestamente oggi fatico un po’ quando vedo qualche gemma troppo rivoluzionaria, storco un po’ il naso perché purtroppo facebook ammazza tutto questo, sarebbe fuori luogo un progetto musicale che faccia troppa politica. Oggi c’è un sovraccarico d’informazione su tutto di tutto e siamo comunque una goccia in mezzo al mare, bisogna anche misurarsi col mondo. Cosa si può fare? Ci si può guardare un po’ più intorno a se stessi e parlare delle cose che non vanno. A volte lo facciamo anche noi, perché quanto meno cerchiamo di essere critici su quello che ci sta attorno. UN PO’ DI TEMPO FA SUL WEB GIRAVANO DEI MEME CON BERLUSCONI VITTIMA DI SLOGAN SUL «VI RESTITUIRÒ»… ESEMPIO: VI RESTITUIRÒ LA TECHNO DI DETROIT , OPPURE VI RESTITUIRÒ MARADONA AL NAPOLI. VOI COSA VORRESTE RIAVERE DA SILVIO? Forse un adolescenza con meno tettone alla televisione. Il suo modo di fare televisione ha rincoglionito gli italiani. Gli chiederei un po’ più di cultura e di tenersi le tettone. CHE NE PENSATE DI TRUMP? Ne abbiamo avuto uno qui per vent’anni e adesso gli abbiamo passato il testimone. Speriamo che lasci meno disastri, poi non lo so, l’America come diceva Lucio Dalla: è lontana! In realtà, se ci pensi, tornando alla domanda di prima, tutti questi «meme» fanno il gioco loro, cioè: la politica più fa ridere e più diventa parte del linguaggio. Dovrebbe essere anche un po’ più autoritaria. DOMANI MATTINA HAI CARTA BIANCA SU TUTTO A LIVELLO POLITICO E ANCHE A LIVELLO MUSICALE, COSA FARESTI? Spegnerei la televisione, tutta! Secondo me serve cultura, penso che molto giovani abbiano sete però trovano pochi contesti stimolanti, dove le cose gli vengano raccontate in modo credibile, diciamo da «fratello maggiore». Manca una figura alla Pasolini e che oggi non esiste proprio più. Rivaluterei la televisione come strumento, perché tanto ce l’abbiamo tutti, è cablata e la darei in mano a persone per generare cultura, tanto i social comunque vanno da soli. SE TI DICESSI MUSICA E SOCIAL? DARK POLO GANG? Hanno un linguaggio forte e creano una sorta di linguaggio «setta», non hanno fatto niente di diverso rispetto a quello che hanno fatto negli anni 80 i paninari
hoppípolla è Wes Anderson, se Wes Anderson fosse una scatola
INT ER VI STA /2
CREAZIONI DI CULTURA INDIPENDENTE RECAPITATE PORTA A PORTA UNA VOLTA AL MESE IN ABBONAMENTO E CHIUSE IN UNA SCATOLA. QUESTA NUOVA MODA (UN PO’ HIPSTER), VI FARÀ SENTIRE COME DEI BAMBINI CHE ASPETTANO CON ANSIA IL REGALO DELLA DOMENICA
Nato nel novembre 2017 hoppípolla sta facendo il botto, sempre più persone sono ansiose di ricevere questa scatola misteriosa, che vi farà venir voglia di saltare nelle pozzanghere dalla felicità. Ma cosa contiene? Una fanzine, una patch, un oggetto d’arte, un libro di poesie... Un’idea nata per stupire con la cultura tramite il rito dell’unboxing guidato dalla curiosità. Abbiamo incontrato Francesco Rellini uno dei quattro soci che stanno dietro al progetto del momento: Hoppípolla ed è subito Sigur Ròs! Come mai questo nome, siete fan della band, è per il significato giocoso della parola o quale altra coincidenza? L’ispirazione che ci ha portato a scegliere questo nome è arrivata per caso: nei giorni in cui bisognava trovare quello perfetto, ci siamo imbattuti nel termine hoppípolla. Si tratta di una parola islandese intraducibile in italiano, perché non esiste un singolo vocabolo che spieghi questo concetto: la traduzione più vicina è «saltare nelle pozzanghere» e si riferisce a quello che pare essere uno dei giochi preferiti dai bambini islandesi. Ci è subito piaciuto il significato di questa parola e naturalmente conoscevamo bene la canzone dei Sigur Ròs, così abbiamo deciso di lanciare il progetto online il 28 novembre scorso, che corrisponde proprio al giorno in cui il singolo uscì nel 2006. Come è nata l’idea di questa surprise box che vuole valorizzare la cultura indipendente? Cercavamo un modo per dare un contributo tangibile alla promozione della cultura indipendente: già conoscevamo e seguivamo alcuni progetti di box in abbonamento a tema design o cartoleria, diffusi in giro per l’Europa e negli Stati Uniti. Ci sembrava però che focalizzarci su un solo aspetto fosse troppo limitante per noi e per i nostri (futuri) abbonati, ai quali sognavamo di poter dare un insieme variegato di ispirazioni. Ci siamo subito immaginati la box a sorpresa un po’ come una rivista, che ha diverse rubriche e tocca sempre argomenti diversi, pur seguendo una linea editoriale di base: per questo abbiamo deciso di ampliare l’offerta già esistente sul mercato inserendo design, editoria, illustrazione e musica. Chi sono le menti dietro al progetto? Paola Tartaglino, storico dell’arte e design blogger, Nicola Minerva e Simona Basilavecchia, forti della loro esperienza pregressa nel settore dell’artigianato e della cultura indipendente, e infine Francesco Rellini, imprenditore ed esperto di business development. Rispetto agli anni 90 il concetto di indie oggi è molto più annebbiato, pensando a quello che sta accadendo nella scena musicale italiana che sta un po’ rivivendo un momento d’oro, pensate che anche l’arte possa riappropriarsi del suo spazio? La nostra attenzione non è tanto per l’arte, quanto per tutta una serie di espressioni creative che rappresentano in qualche modo la cultura indipendente e che sicuramente molto spesso, proprio per questo, sono considerate di nicchia. Il fatto che la musica, così come anche l’editoria di questo tipo abbiano guadagnato recentemente consensi tra il grande pubblico è sicuramente un segno positivo, perché spesso i contenuti culturali veicolati sono anche in grado di generare dibattito. Come scegliete i creativi con cui collaborate? Sono frutto di una vostra ricerca, ricevete molte candidature o un mix delle due cose? Tutti i progetti vengono selezionati dopo un accurato scouting di Paola e Simona: grazie al loro background avevano già contatti nell’ambiente, che si stanno moltiplicando prima di tutto grazie a hoppípolla stesso, ma anche grazie alla partecipazione a fiere ed eventi di cultura indie, indispensabili per curare i rapporti e tenersi aggiornati sulle novità. Riceviamo inoltre dozzine di candidature ogni giorno e periodicamente lanciamo delle call per creativi. Come scegliete di volta in volta cosa mettere dentro alle scatole? Ogni mese cerchiamo di legare tutti i contenuti con un filo conduttore tematico. A gennaio, ad esempio, il tema della box era Lo spazio e tutte le creazioni e i contenuti omaggiavano o affrontavano diversamente questo argomento, anche in senso lato. Molto apprezzato è stato il fumetto E così conoscerai l’universo e gli dei dell’autore canadese Jesse Jacobs (Eris Edizioni), che racconta in una graphic novel il suo personalissimo mito della creazione. I pezzi selezionati vengono da voi commissionati e acquistati o funziona in un altro modo? Le forme di collaborazione sono diverse di volta in volta: acquistiamo direttamente i prodotti che ci interessano, contribuendo quindi all’incremento del lavoro e della visibilità di brand, delle case editrici
e in generale dei creativi coinvolti, ma sempre più spesso co-produciamo dei progetti esclusivi con tirature limitate, che è possibile avere solo abbonandosi a hoppípolla. Ad esempio, le 16 Christmas card, realizzate a seguito della prima call per illustratori, oppure la spilla, la toppa e anche lo strofinaccio che sono usciti nei mesi scorsi. In generale quali sono le reazioni delle persone che si sono abbonate a oggi? Entusiasmo è la prima parola che ci viene in mente. Negli ultimi mesi la nostra crescita è stata trainata moltissimo dal passaparola. È bello vedere clienti e seguaci che taggano gli amici invitandoli a scoprire hoppípolla. Il momento in cui arriva la scatola e viene aperta, il famoso unboxing viene raccontato da un numero crescente di persone ogni mese, attraverso video e stories sui social, e trasmette bene, e soprattutto in modo autentico, l’emozione che si prova quando si fa una bella scoperta. Una lamentela e un apprezzamento che vi ricordate particolarmente? «È una beauty box, ma per l’anima» o ancora «hoppípolla è Wes Anderson, se Wes Anderson fosse una scatola», sono solo alcune delle definizioni che i clienti entusiasti hanno dato al nostro progetto e che ci hanno particolarmente fatto piacere. Una critica invece ci è stata recentemente rivolta da un’abbonata a causa della scelta di includere nella box di gennaio il fantasmino in ceramica realizzato a mano da Studio Arhoj: non ha apprezzato che avesse una forma che simpaticamente ricorda un gioco erotico. Si tratta in realtà di un oggetto da collezione, che però era probabilmente meno immediato di tanti altri che abbiamo scelto nei mesi precedenti: anche per questo abbiamo approfondito in modo particolare su questo oggetto anche sul nostro blog, con un’intervista al designer. Come si evolverà il progetto hoppípolla? Hoppípolla sta crescendo molto rapidamente, al ritmo del 50% mese su mese, segno che ha intercettato un bisogno di scoperta forte in una nicchia di pubblico che è quella dei curiosi, degli appassionati delle cose belle e molto curate. Nel futuro non escludiamo di investire ancora più energie e risorse nella produzione di contenuti originali, con la missione di far crescere le piccole eccellenze invisibili della cultura indipendente italiana. Riceveste voi una scatola, cosa ci vorreste trovare dentro? Hoppípolla è anche la nostra personale scatola delle meraviglie: non ci accontentiamo facilmente e dobbiamo dire che ogni mese la box contiene esattamente ciò che avremmo voluto trovarci se fossimo stati noi gli abbonati!
DI MARCO CRESCI
WDWTFWW WE DO WHAT THE FUCK WE WANT
MO D A
FUCK u, I Won’t DO WHAT U TELL ME photo GAUTIER PELLEGRIN styling ELISA ANASTASINO + DILETTA ROSSI
SANJA PALEKSIC / WAVE abito + felpa ICEBERG collant WOLFORD stivali CRISTIANO BURANI
ARIANNA MAGELLI / FASHION pettorina ROSSIGNOL orecchini ZARA
BARBARA BERTACCHINI giacca ZARA pantaloni MADAME BERWICH camicia MINT&BERRY VISTA SU ZALANDO.IT stivali VIC MATIÉ
camicia + gonna CALVIN KLEIN JEANS collana ALTER ALTER cintura MINT&BERRY VISTA SU ZALANDO.IT
JOSIANE / FASHION
EMILIA SIMONI abito ANIYE B
VICTORIA AVRAM / BRAVE abito OTTOD’AME zaino PUMA ciabatte COLORS OF CALIFORNIA
contributors ALESSIA BEOMONTE ZOBEL + RALF JAVOISS
casting LAURA MOTTA / SIMPLE AGENCY
make-up ANGELA MONTORFANO
hair CHIARA BUSSEI / CLOSE UP AGENCY
tshirt CRISTIANO BURANI top DIMENSIONE DANZA cap (customized by the stylist) NEW ERA
EMILY REDA / BRAVE
TJ / MP canotta ERREÁ REPUBLIC gonna (AKA velo) 5PROGRESS orecchini + anello STROILI
J MOON / THELAB salopette iBLUES maglia MRZ scarpe MANGO collana ALTER ALTER occhiali da sole GEORGE KEBURIA ON AERESTORE.COM occhiali trasparenti MIAORAN
PO RT F O L I O MOSTRA MILANO 18 FEB – 25 GIU 2018
CARLO CARRÀ NELLO STUDIO MILANESE DI VIA PASCOLI 18, 1934 ARCHIVO CARLO CARRÀ ©CARLO CARRÀ BY SIAE 2018
ALLA FONDAZIONE PRADA C’È IN MOSTRA L’ARTE REALIZZATA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI. IL TITOLO (MA SOLO A NOI) CI RICORDA I SUONI DI QUELLE BOMBE: POST ZANG TUMB TUUUM DI GIULIA LAINO
MILANO – Si intitola Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943 il nuovo progetto della Fondazione Prada (in mostra dal 18 febbraio al 25 giugno a Milano) e ha tutta l’aria di essere un impianto dal fascino estetico-politico smaccatamente italiano ben supportato dal saper fare di respiro internazionale. Non a caso il curatore è Germano Celant che, in dialogo con lo studio 2x4 di New York, ha voluto alludere con il suo titolo all’opera letteraria Zang Tumb Tuuum (1914) di Marinetti, conferendo alla poetica delle «parole in libertà» il ruolo di maestra sapiente e guida spirituale. La mostra apre con la ricostruzione di una fotografia del guru futurista nella sua abitazione romana e, con focus tematici dedicati a intellettuali come Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Carlo Levi, Alberto Moravia, Luigi Pirandello – pensatori che hanno svolto un ruolo di critica od opposizione silenziosa al fascismo o, al contrario, ne hanno rivendicato un sostegno più
o meno convinto – esplora il contesto storico di oltre cinquecento lavori tra dipinti, sculture, fotografie, arredi e progetti architettonici di più di cento autori. Partendo dall’assunto secondo il quale la creazione artistica non esiste mai in astratto, ma prende forma in un determinato contesto sociale e culturale (Jacques Rancière, Le partage du sensible. Esthétique et politique, La fabrique éditions, 2000), Germano Celant indaga un periodo – quello tra le due guerre – di forte radicalizzazione delle idee, di scambio tra le arti e di dialogo o scontro aperto, e si propone di riportare l’arte a quella funzione di cultural understanding in cui aspetto estetico e politico sono inscindibili. Sono sorprendenti le venti sale espositive pubbliche e private ricostruite in scala reale sulla base di immagini storiche – con opere originali di Giacomo Balla, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Filippo de Pisis, Arturo Martini, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Scipione, Gino Severini, Mario
Sironi, Arturo Tosi e Adolfo Wildt – nelle quali i singoli autori dialogano con gli esponenti di movimenti politici, in dialettica tra intimismo e propaganda. Inoltre il percorso espositivo mette in mostra anche le presentazioni di progetti architettonici, piani urbanistici e allestimenti di grandi eventi, come la Mostra della Rivoluzione Fascista (1932), l’Esposizione dell’Aeronautica Italiana (1934), la Mostra nazionale dello Sport (1935) e l’imponente disegno dell’E42; tali progetti, in proiezioni di grandi dimensioni, permettono di restituire criticamente l’imponenza e l’impatto comunicativo dell’epoca, nonché di esplorare il processo di estetizzazione della politica e delle masse attuato dal fascismo. In conclusione, chi desidera esplorare il dispositivo-mostra nelle sue diverse declinazioni trova in Post Zang Tumb Tuuum un’occasione di soddisfacimento, poiché in essa l’artefatto è inserito nuovamente nel flusso caotico dell’esporre, tra significati diversi e infinite interpretazioni.
PO RT FOLI O
MOSTRA DEL FUTURISMO ITALIANO NEL PADIGLIONE U.R.S.S., XV BIENNALE DI VENEZIA, 1926
FORTUNATO DEPERO LA RISSA , 1926
OLIO SU TELA 149 X 255 CM MART, MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI TRENTO E ROVERETO, FONDO DEPERO MART - ARCHIVIO FOTOGRAFICO E MEDIATECA © FORTUNATO DEPERO BY SIAE 201
ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE, VENEZIA 1926 TRA LE OPERE ESPOSTE LA RISSA (1926) DI FORTUNATO DEPERO - PER L’OPERA © FORTUNATO DEPERO BY SIAE 2018 © LA BIENNALE DI VENEZIA, ASAC, FOTOTECA – SERIE «ATTUALITÀ E ALLESTIMENTI» – MOSTRA DEL FUTURISMO ITALIANO, VENEZIA 1926 FOTO GIACOMELLI
FILIPPO TOMMASO MARINETTI NELLA SUA CASA (DA «WIENER ILLUSTRIERTE ZEITUNG» E «BERLINER ILLUSTRIERTE ZEITUNG», 1934) CON SULLO SFONDO «DINAMISMO DI UN FOOTBALLER» DI UMBERTO BOCCIONI, 1913.
UMBERTO BOCCIONI DINAMISMO DI UN FOOTBALLER, 1913
OLIO SU TELA 93,2 X 201CM MUSEUM OF MODERN ART (MOMA), NEW YORK © 2017. DIGITAL IMAGE, THE MUSEUM OF MODERN ART, NEW YORK / SCALA, FIRENZE
RENDERING FOTOGRAFICO PER «POST ZANG TUMB TUUUM» (FONDAZIONE PRADA, MILANO, 2018) ULLSTEIN BILD / ARCHIVI ALINARI © 2017. DIGITAL IMAGE, THE MUSEUM OF MODERN ART, NEW YORK / SCALA, FIRENZE
MOSTRA PERSONALE DI CARLO CARRÀ A PRAGA PRESSO L’ASSOCIAZIONE UMELECKA BESEDA, MARZO 1932
CARLO CARRÀ IL BERSAGLIO , 1928
OLIO SU TELA 75,0 X 85,0 CM STUDIO FOTOGRAFICO LUCA CARRÀ © CARLO CARRÀ BY SIAE 2018
RENDERING FOTOGRAFICO PER «POST ZANG TUMB TUUUM» (FONDAZIONE PRADA, MILANO, 2018) TRA LE OPERE ESPOSTE IL BERSAGLIO (1928) DI CARLO CARRÀ - PER L’OPERA © CARLO CARRÀ BY SIAE 2018 ARCHIVO CARLO CARRÀ
IMMAGINE DELLA MOSTRA «GIORGIO DE CHIRICO, EXHIBITION OF EARLY PAINTINGS», PIERRE MATISSE GALLERY, NEW YORK, 1940
GIORGIO DE CHIRICO LA NOSTALGIE DE L’INGÉNIEUR, 1916
OLIO SU TELA 33,7 X 24 CM CHRYSLER MUSEUM OF ART, NORFOLK © GIORGIO DE CHIRICO BY SIAE 2018
TRA LE OPERE ESPOSTE LA NOSTALGIE DE L’INGÉNIEUR (1916) DI GIORGIO DE CHIRICO - PER L’OPERA © GIORGIO DE CHIRICO BY SIAE 2018 PIERRE MATISSE GALLERY NEW YORK, N.Y. ARCHIVES, 1903-1990, BOX 100THE MORGAN LIBRARY & MUSEUM. MA 5020. GIFT OF THE PIERRE MATISSE FOUNDATION, 1997. 3. 205567V_0534 BLACK-AND-WHITE EDITORIAL
SALA DEGLI AEROPITTORI DELLA XVIII BIENNALE, VENEZIA, 1934
SALA DEGLI AEROPITTORI DELLA XVIII BIENNALE, VENEZIA, 1934
OLIO SU MASONITE 117 X 89,5 CM MART, MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI TRENTO E ROVERETO, COLLEZIONE VOLKER W. FEIERABEND MART - ARCHIVIO FOTOGRAFICO E MEDIATECA
TRA LE OPERE ESPOSTE I FUNERALI DEL ROMANTICISMO: TRASFIGURAZIONE ESTETICA (1934) DI ENRICO PRAMPOLINI © LA BIENNALE DI VENEZIA, ASAC, FOTOTECA – SERIE «ATTUALITÀ E ALLESTIMENTI» – PARTICOLARE SALA AEREOPITTORI, AEREOSCULTORI FUTURISTI ITALIANI, XIX. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE 1934 FOTO GIACOMELLI
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come COSA II DOVE II QUANDO II come Traguardare, l’uragano Brexit, i WOO di Napoli (città che merita, godetevi il portfolio SPECIALE DESIGN BEST del di Supedesign Show, il format creativo di di DesignByGemini, come da pagina 55), i WEEK localiL’ONLY in cuiTHE riflettere avanguardia e la mostra David Bowie che portarsi a letto un designer, il futuro di Ventura, lo street food va al liceo, di giorno designer / di notte #partygoers più che una mostra è un racconto della diversità in ognuno di noi
E L A I C E P S SIGN E D EEK W
SPECIALE DESIGN WEEK
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I TORTONA
MEDIA PARTNER Al Superdesign Show il Salone del mobile è ONLY THE BEST Di GIULIA LAINO GISELLA BORIOLI E GIULIO CAPPELLINI SONO LE MENTI DEL SUPERDESIGN SHOW 2018, CON UNA selezione CHe VUOLE valorizzaRE I grandi nomi CHE STANNO DIETRO A progetti innovativi, tendenze del lifestyle e soluzioni tecnologiche che CI migliorano la vita ogni giorno. SuperStudio Più torna alla carica in questo nuovo Salone del Mobile con un Superdesign Show all’insegna della valorizzazione di grandi nomi e progetti innovativi, portando sotto le luci della ribalta paesi storicamente affermati nel design, come il Giappone, tanto quanto nuove – e capaci – leve mondiali, prima fra tutte il sorprendente Egitto. ONLY THE BEST è infatti il nuovo manifesto programmatico dell’evento e la dice lunga sull’attenzione alle ultimissime tendenze di Gisella Borioli, responsabile di progetto e affiancata dall’art director Giulio Cappellini. Per l’edizione 2018 sono dunque chiare le parole d’ordine: meno fiera, più museo, qualità, eccellenza e ricerca. L’esperienza ha del sensazionale già dall’ingresso con un omaggio al Millennial Pink, il colore più usato nelle condivisioni sui Social media. Grazie ai nuovi prodotti di DesignByGemini, il brand delle designer e influencer Giulia ed Elena Sella, l’art-box all’entrata di SuperStudio sarà il luogo della messa in scena di prodotti innovativi che parlano il linguaggio dei Social. Il progetto capolista sarà poi indubbiamente il SuperLoft targato Cappellini: la casa che tutti vorremmo avere, con i top brand del design italiano. Un’esplorazione degli ambienti, dal living alla wellness room, dalla cucina alle camere da letto, con un’idea di abitazione di respiro internazionale – concepita come uno spazio che potrebbe stare tanto negli edifici di Parigi quanto tra le vie di New York – e che vede la partecipazione dei più interessanti protagonisti del design Made in Italy. Sotto l’art direction dell’architetto Giulio Ceppi avrà luogo inoltre la seconda edizione della mostra-evento di Material ConneXion e patrocinata dal Comune di Milano «Smart City: Materials, Technologies & People», che quest’anno si espanderà negli spazi e nei tempi occupando oltre 1000 metri quadri e prolungando l’accesso al pubblico fino alla Milano Food Week di metà maggio. Rimanendo in materia di mostre, la super personale «Nendo: forms of movement» infiammerà SuperStudio e condurrà lo spettatore in un labirinto di oltre 800 metri quadri e dieci concept, basati su un’idea di movimento che nasce dalla funzione, dal materiale o dal metodo di produzione di un oggetto. L’esposizione dello studio giapponese mostrerà non solo i prodotti finali, ma anche modelli e bozze, in un affascinante viaggio nel cuore della creazione del design. Senza dubbio gli amanti del nipponico ameranno anche la poetica installazione Crystal Rain di Kawai in collaborazione con l’artista della luce Takahiro Matsuo: un pianoforte a coda trasparente che galleggia su uno specchio d’acqua generando a ogni nota una cascata di luce. Ugualmente degni del fascino giapponese sono Budbrand, con un progetto ispirato al tema delle Celebrations e oggetti-regalo pensati per portare gioia a chi li riceve, e Yoy, un giovanissimo e pluripremiato studio di design di Tokyo che presenterà in prima assoluta uno speaker innovativo che unisce elementi sonori e visivi. Dal Sol Levante all’Egitto sarà poi cosa breve con The Nile Selection: un’abitazione completa con anche studio-ufficio e spazio esterno e curata, tra gli altri, da Amr Helmy Designs, Nadim, Mohm, Richie by Shoulah, Meuble El Chark – esclusivi studi egiziani di design all’insegna di un mix di DNA storico e contemporaneità. Tra gli ONLY THE BEST figurerà a buon diritto anche il brand internazionale ad alta tecnologia e sostenibilità Dassault Systèmes con un progetto di Kengo Kuma. Design in the Age of the Experience è un’installazione iconica che sintetizza il concetto di Design for Life, risponde al problema crescente dell’inquinamento dell’aria e propone un progetto esperienziale che sfrutti al meglio l’uso di soluzioni antinquinamento già
Superstudio Più Via Tortona 27, Milano
esistenti. Ma i tipi di SuperStudio sono una fonte inesauribile di genio e creatività. Tra urban technology, lifestyle icons, mostre collettive tematiche e il concorso Discovering – un’opportunità più unica che rara per giovani talenti emergenti di farsi notare e confrontarsi con un gruppo di Expert selezionati – c’è molto da scoprire, soprattutto se la visita è ispirata dalle note di una playlist made by Rolling Stone grazie alla partnership del Salone con Spotify. Non resta che aspettare il 17 aprile, dunque. E trovarci tutti lì, curiosi ed entusiasti, in via Tortona 27.
GISELLA BORIOLI E GIULIO CAPPELLINI
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I ZONA TORTONA DESIGNBYGEMINI: un format creativo che unisce social media, moda e design Di FRANCESCA ORTU Elena e giulia sono due gemelle seguitissime su instagram CHE hanno avuto l’intuito di espandersi verso moda e design, creando allestimenti e progetti che riflettono il loro mondo pop come IL MILLENIAL PINK, TRA LE INSTALLAZIONI PRORAGONISTE DEL superdesign show 2018 Sono le fondatrici del blog DesignByGemini, che con il tempo è diventato un vero e proprio studio di design di progetti con un’attenzione particolare al mondo della comunicazione e dei social. Un Design Instragram Oriented che sta facendo parlare parecchio di loro. Com’è nata l’idea di creare il vostro studio? Siamo sempre state affascinate dal mondo del design perché nostro zio è architetto e nostro padre è un ingegnere libero professionista. In più siamo molto creative e a un certo punto del nostro percorso ci siamo confrontate e abbiamo deciso di iniziare la nostra avventura facendoci spesso coraggio a vicenda. Gli studi? Abbiamo entrambe conseguito il liceo artistico. Le materie di arte e progettazione ci sono servite a farci capire che studi volevamo intraprendere all’università e quale professione volessimo imboccare. Elena ha studiato poi Architettura e Giulia Interior design.
Com’è arrivato poi a essere un lavoro? Il rientro a Milano è stato il nostro turning point. Rientrate con i bagagli pieni di idee, progetti e contaminazioni culturali abbiamo deciso di iniziare ad integrare DesignByGemini con la parte di progettazione che è il nostro vero main focus nonché la nostra vera professione, e da lì si è evoluto il tutto! Oggi? Seguiamo progetti come pop up, allestimenti e visual merchandising sempre con un’attenzione agli aspetti legati alla comunicazione. Che tipo di relazione c’è tra il design e i social media? I social media sono parte integrante di tantissime professioni, un biglietto da visita per le aziende e dietro al design c’è tanto lavoro, ma è l’estetica il risultato finale, quindi perfettamente comunicabile tramite foto e immagini condivisibili. Cosa rappresentano per voi? Sono strumento essenziale sia di ricerca che di promozione. Ci permettono di essere aggiornate sugli ultimi trend, non solo riguardo al design ma anche sulla moda e sul lifestyle e tramite essi mostriamo i nostri progetti e collaborazioni. Per che cosa vi sono stati maggiormente utili? Ci hanno permesso di rompere gli schemi e di entrare in contatto con tantissime persone e realtà. Li consideriamo dei nostri alleati. Quali sono i valori del vostro studio di design? Contaminazione, creatività e stile. Vogliamo lasciare il segno creando dei progetti attuali e dal forte impatto. Approccio moderno al design e innovazione, in che senso? In cosa l’applicate? Il nostro è un approccio contemporaneo al design che vede i social media parte integrante del progetto. Possiamo dire che il nostro è un design Instragram Oriented. Durante la fase di concept dei nostri progetti pensiamo infatti all’impatto che possa avere il progetto sia offline che on-line, in termini di impatto visivo e di condivisioni. Da cosa partite prima di avere un’idea su un progetto e di realizzarlo? Ricerchiamo inizialmente un concept che possa essere la linea guida di tutto il progetto. Ascoltiamo le richieste del cliente ma cerchiamo sempre di arrivare ad una soluzione originale, mettendo a frutto il più possibile la nostra creatività. Qual è il meccanismo in questo caso? Innanzitutto cerchiamo di interpretare e elaborare gli input ricevuti dal cliente. Dopo una prima fase di analisi delle tendenze arriviamo alla definizione dei requisiti generali e degli obiettivi, a cui seguono diverse proposte di idee. Se già definiti teniamo sempre in considerazione i vincoli di forma/contenuti e il budget a disposizione, che vediamo non come limite ma come criterio importante da considerare per la realizzazione. Da cosa nasce l’idea? Dal brainstorming. Colleghiamo idee, immagini, ricordi e visioni confrontandoci continuamente fino ad arrivare all’idea finale che ci soddisfa a pieno. E’ un processo sempre in evoluzione, che tiene conto sia del confronto con il cliente che quello tra noi stesse. Che cosa vi ispira? La ricerca costante nel mondo della moda e nell’arte contemporanea. Siamo sempre aggiornate sulle ultime mostre e manifestazioni di settore. Viaggiare è una componente molto importante sia nella nostra vita che nel nostro lavoro. In ogni città cerchiamo sempre i diversi trend e osserviamo qualsiasi cosa, dalle boutique agli hotel, dai ristoranti alla street art e ai concept store. Come capite quando un’idea o un progetto ha la giusta creatività per differenziarvi? Cerchiamo sempre di tradurre l’idea con un concept dal forte impatto e non
PHOTO FILIPPO AVANDERO
È stato concepito inizialmente come un blog, in che senso? Esatto! Il tutto è nato proprio mentre eravamo distanti, forse per sentirci più vicine. Giulia era a New York ed Elena a San Paolo. Entrambe stavamo lavorando a tempo pieno ma durante il tempo libero ci mettevamo alla ricerca di nuovi trend in giro per gallerie, mostre ed eventi. Abbiamo deciso di aprire un blog per condividere i nostri viaggi e le nostre continue esperienze legate al design e all’arte tramite dei post sul blog e il nostro account instagram @DesignByGemini.
convenzionale. Capiamo che è quella giusta quando siamo in primis soddisfatte ed emozionate al pensiero di realizzarla. Quale progetto vi ha soddisfatto maggiormente e perché? Me lo raccontate? Il progetto che ad oggi ci ha dato più soddisfazioni e rappresenta maggiormente la nostra filosofia di unire design e digital è Mirror Of The Day, la nostra installazione selezionata e esposta al Superstudioshow nella sezione Discovering People&Stories durante la Milan Design Week 2017. Il progetto prevedeva la creazione di uno stand con 7 specchi con grafiche adesive, ognuno rappresentante un umore diverso. Il tema era legato alla comunicazione contemporanea e all’idea di unire il design al linguaggio e in particolare alle emoji, usate per esprimere i propri sentimenti e stati d’animo. Perché di solito venite scelte? Probabilmente il fatto di avere una forte attenzione verso la comunicazione digitale ci permette di emergere in un mercato competitivo pur essendo molto giovani. Questo, unito alle nostre competenze acquisite negli anni e alle varie esperienze è diventato un asset fondamentale per spiccare come giovani designer con focus mirato alle mode e alle tendenze del momento, che legano ogni nostro progetto creativo. Che cosa vi differenzia da ciò che offre il mercato? Il nostro progetto consiste nell’ aver creato un format che ci permette molteplici collaborazioni. Oggi DesignByGemini è uno studio che si occupa di progettazione d’interni, product design e installazioni, con particolare attenzione e sviluppo dell’aspetto comunicativo e promozione sui media. Da qui insieme anche alla Pr Veronica Lafleur che si occupa delle nostre collaborazioni, ci siamo legate al mondo della moda, canali YouTube, programmi televisivi, E-commerce e manifestazioni internazionali di arte e design. Mentre caratterialmente in cosa andate d’accordo e in cosa non andate d’accordo. All’inizio ci siamo dovute mettere delle regole. Siamo passate dall’essere sorelle all’essere anche colleghe, uno step importante che ci ha reso ancora più unite, nonostante la mancanza di filtro quando si tratta di esprimere opinioni, cosa che stiamo ancora cercando di migliorare Come trovate l’equilibrio lavorativo? Dividendoci i compiti e anche un po’ i ruoli. Mentre la parte di ideazione e concept la costruiamo come un puzzle, pezzo per pezzo insieme, nella parte di sviluppo solitamente Giulia si concentra sugli aspetti più pratici ed esecutivi mentre Elena sugli aspetti più creativi e legati alla comunicazione. Obiettivi? Vogliamo che DesignByGemini abbia sempre più contaminazioni creando set per brand di moda e lifestyle, creando delle capsule collection per aziende di design e brand di moda, progetti di visual e vetrine seguendo per tutti sia la fase di concept e progettazione che lo sviluppo di campagne e promozioni social. In tutto il mondo.
SPECIALE DESIGN WEEK
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I BOVISA
SPECIALE DESIGN WEEK
MEDIA PARTNER in bovisa si va a letto con la creativitÁ Di FRANCESCA PETRONI
La design week è la settimana per eccellenza in cui la città di Milano sembra esplondere. Non ci sono altre week che tengano, durante il Salone del Mobile Milano è sommersa da eventi, turisti, artisti, professionisti, drink, cibo, design, designer e gente che vuole fare il designer. Tutti corrono, ma non come corrono normalmente, corrono ancora di più, i taxi non si fermano h24, i prezzi sono più cari del solito e tutta la città brulica di sorprese. Basta fare una semplice camminata per incontrare, un flashmob, una scultura umana, ritrovarti nel mezzo di un aperitivo gourmet ed essere inondato di volantini, inviti e adesivi. Durante questo periodo gli abitanti della città si dividono in due categorie: quelli che amano la design week e quelli che odiano la design week. I primi potrebbero dividersi, a loro volta in altre mille categorie: quelli che hanno impostato il google calendar con colori diversi in base all’importanza e livello di interesse, quelli che cominciano un mese prima a chiederti «oh ma tu che fai durante la Design Week?» e quelli per una settimana si trasferiscono in via Tortona, giorno e notte. La seconda categoria invece è solita comportarsi da hater: si lamenta di tutto e di tutti, del traffico, della pioggia («perchè si sa, ogni anno durante questa settimana piove sempre»), rifiutando ogni invito e aggiungendo «ti prego, durante questa settimana voglio solo stare in casa». Ma alla fine si sa, anche gli hater più ostinati, si lasciano travolgere dall’aria che si respira durante questa settimana. Qualunque sia il vostro orientamento, sul come vivere questi giorni, c’è un appuntamento a cui non potete rinunciare. Se non l’avete ancora fatto, aggiungete una tappa obbligatoria al Design District di Bovisa. Per il secondo anno consecutivo, si ripete l’appuntamento in Bovisa di A letto col Design, il format che unisce il concetto di abitazione temporanea a quello dell’esposizione aperta al pubblico. Per l’intera durata della Design Week, la vecchia fabbrica verticale (oggi Makers Hub + IDEAS BIT FACTORY) si trasforma in un ostello-esposizione, composto da 50 posti letto e 10 suite tematiche, dove un gruppo di designer alloggerà e allestirà il proprio spazio. Le camere dell’ostello saranno disponibili sia per i designer che per i visitatori esterni. Come vive un designer? Come posizionerà il suo letto? Come allestirà la sua
M@IS 2.0 @PH GHIGOS
non solo la seconda edizione di «A LETTO CON IL DESIGN», QUEST’ANNO BOVISA DIVENTA UN NUOVO DISTRETTO DEL FUORISALONE, RICCO DI APPUNTAMENTI DEDICATI ALL’INNOVAZIONE, ALLA TECNOLOGIA E ALLA CREATIVITÁ
casa temporanea? Chi sono? Che facce hanno? Dove mettono lo spazzolino da denti? Possiamo osservarli da vicino, rispondendo alle nostre curiosità e partecipando alle diverse iniziative organizzate all’interno dello spazio, dove la parola d’ordine sarà originalità. A cominciare da Favole al telefono, una mostra immersiva che vede un vecchio telefono SIP hackerato raccontare le storie a sfondo gastronomico di storici marchi italiani, passando da Design a Sorpresa, un dispensatore di oggetti di design; o ancora M@is, il progetto artistico con protagonista l’intonarumori futurista che produce musica rumorista al passaggio del chicco di mais che diventa pop-corn (sarà più facile vederla che spiegarla); concludendo con Layers, l’esposizione di componenti in ceramica per il bagno stampati in 3D. Insomma, se proveranno a chiedervi «che fai durante la Design Week?» avete già la risposta pronta!
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I VENTURA
SPECIALE DESIGN WEEK
VENTURA PROJECTS 2.0 Di GIULIA LAINO I RAGAZZI DI VENTURA PROJECTS CI HANNO SEMPRE VISTO LUNGO E QUEST’ANNO SI SDOPPIANO INAUGURANDO VENTURA FUTURE E CONSOLIDANDO IL NEONATO VENTURA CENTRALE. COMUN DENOMINATORE: IL FUTURO DEL DESIGN
PATCH FRANCOIS CHAMBARD - UM PROJECT PHOTOGRAPHY FRANCIS DZIKOWSKI_OTTO
Ventura Projects, con oltre quindici anni di esperienza e di cura per il contemporaneo, è la firma perfetta di chi voglia toccare con mano la rapida evoluzione del mondo del design e osservare come i progetti innovativi si muovono sul palco internazionale del Salone di fronte a un pubblico vasto e motivato. In linea con lo scorso anno, il nuovo Ventura Future e il già affermato Ventura Centrale 2018 apriranno la strada alla creatività e alla sperimentazione, e lo faranno dal 17 al 22 aprile con la volontà di cambiare e sperimentare, ospitando i migliori designer della nostra generazione e rafforzando la loro posizione nel campo del design contemporaneo come parte di progetti su vasta scala. Ventura Future è la nuova scommessa Ventura e si svolgerà in tre location eccezionali nel distretto di Loreto: a Loft, uno splendido spazio espositivo e un luogo di lettura tipico dei quartieri residenziali borghesi e milanesi, che, unitamente a FuturDome, l’ex luogo d’incontro del movimento futurista, mostrerà la futura epoca del design con espositori come Editions Milano, Mingardo e Mason, che mescolano saggezza, originalità, freschezza di idee e stile. I fondatori Atto Belloli Ardessi e Ginevra Bria presenteranno in tale contesto il premio FuturDome: un premio volto a scoprire, riconoscere e dare supporto alla futura generazione di creatori. In secondo luogo, Ventura Future avrà casa nell’ex facoltà di farmacia di viale Abruzzi: un antico edificio d’inizio secolo scorso in cui gli studenti – quegli stessi che oggi vengono accolti come espositori, per condividere con il pubblico le visioni della prossima generazione di progettisti – vissero le loro fatiche. Tra gli espositori – ben 82 firme prestigiose – l’UM Project di Brooklyn con PATCH, che immagina il futuro delle case e delle città intelligenti, e con Conduct, un prodotto di rivestimento murale interattivo che combina carta da parati conduttiva con dispositivi funzionali; Jelle Mastenbroek e Daniel
JELLE MASTENBROEK - DANIEL DE BRUINBAS BAKX - PHOTO CREDITS BAS BAKX
de Bruin con una nuova esperienza interattiva in cui lo spettatore è il fulcro della mostra e sarà tenuto d’occhio da un Grande Fratello che traccerà e reagirà ai suoi movimenti; Diederik Schneemann con il progetto Rubdish, in collaborazione con il fotografo Aldwin van Krimpen: una concettuale, provocatoria e persino appetitosa esposizione di rifiuti; lo Studio Plastique con Common Sands, una collezione di articoli per la tavola ma composti da sabbia; gli olandesi The Materialists con Paper Extended, che mostrerà infiniti modi di riutilizzare la carta al massimo delle sue potenzialità. Ma per ogni nuova sfida c’è sempre un porto sicuro e infatti, per Ventura Projects, Ventura Centrale è una certezza. L’hot spot esclusivo nella stazione Centrale di Milano giunge infatti alla sua seconda edizione e torna in tutto il suo splendore per portare la luce, grazie alla creatività dei suoi espositori, nelle stanze per lungo tempo dimenticate e precedentemente utilizzate come laboratori, depositi e magazzini, aprendo le porte a etichette, aziende e designer selezionati. Troveremo, tra gli altri, SALVAMI | ANDATA-RITORNO dell’artista italiano Franco Mazzucchelli, che affronta il concetto d’impermanenza e si propone come simbolo del prendersi cura, a fronte di una società che sperimenta in modo crescente intolleranza ed emarginazione; PAPER and LIGHT, un giardino giapponese con nuova serie di lampade e oggetti di carta washi, di Denis Guidone e l’artista di origami Tomoko Fuse; The Diner, la ricreazione dell’icona-Ristorante americano in quattro ambienti distinti – the Roadside Diner, the East Coast Luncheonette, the Midwest Diner, the West Coast Diner – a cura di Surface e del celebre architetto David Rockwell, e con la collaborazione di 2x4. E poi ancora: Stephan Hürlemann con horgenglarus, Baars & Bloemhoff, Editamateria con Antonio Aricò, Nitto, Asahi Glass, EILEEN FISHER con DesignWork a cura di Li Edelkoort. Insomma, un’edizione corposa e affascinante, in stile Ventura.
Ventura Centrale via Ferrante Aporti, 9
THE DINER BAR RENDERING COURTESY OF ROCKWELL GROUP
Ventura Future FuturDome: via Paisiello, 6 Università building: viale Abruzzi, 42 Loft: via Donatella, 36
SPECIALE DESIGN WEEK
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I BRERA CAFFEINA POP
Di SERENA ANDREANI
toilet paper reinventa l’iconica tiny di lavazza impremendo sul dorso la sua celebre fantasia lipstick Lavazza, azienda simbolo della torrefazione italiana, sceglie TOILETPAPER per una collaborazione ricca di creatività. Lavazza Tiny dreamed by TOILETPAPER, è il frutto di questa partnership che verrà presentata in occasione del Fuorisalone milanese, in partenza il 17 aprile. Un progetto contemporaneo, originale, dirompente che celebra l’arte dell’espresso in maniera non convenzionale. Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, visionari fondatori dell’art magazine dall’animo POP, scelgono la fantasia «Lipsticks» per personalizzare le nuove macchinette da caffè Tiny. Una delle immagini più iconiche del magazine per evocare familiarità, la stessa che entra nelle case italiane ogni giorno con il gusto speciale del caffè Lavazza. Completa questa unione una caffetteria allestita per l’occasione che riprende elementi della cultura POP, interni eccentrici e un’aurea quasi surreale. Dove? Alla Mediateca di Brera, location che ospita questa installazione esclusiva che è al contempo una caffetteria carica di ironia, provocazione e fascino. Abbiamo chiacchierato con Pierpaolo Ferrari e Maurizio Cattelan di Toilet Paper e Micol Talso, art director del progetto Lavazza.
Toilet Paper da anni esprime la sua anima pop attraverso immagini provocatorie, surrealiste e suggestive. Perché, tra le diverse grafiche iconiche ideate dal magazine, la scelta è ricaduta sulla fantasia Lipsitcks per personalizzare la nuova macchina del caffè Lavazza Tiny? Perché la mattina non usciamo mai di casa senza un sorso di rossetto e un tocco di caffè. Quali elementi della cultura Pop, tra colori e layout eccentrici, hanno ispirato l’interno della caffetteria allestita per l’occasione a Brera? Il progetto di Set-Design del Lavazza Tiny Bar dreamed by ToiletPaper riprende il concetto postmodern dell’architettura e del design POP, quello del «double coding», ossia il doppio codice di lettura di un’opera.
Toilet Paper è il risultato dell’unione di due menti creative che arrivano dall’arte contemporanea e dalla fotografia. Come è nata l’dea di un prodotto editoriale capace di comunicare con il pubblico attraverso immagini irriverenti e visionarie? Ci stavamo interrogando sul significato dell’esistenza e la risposta più sensata che ci è venuta in mente fu Toiletpaper. Da dove è scaturita l’intenzione di collaborare con Lavazza, azienda simbolo internazionale della torrefazione italiana? Possiamo dire che le nostre immagini, come il caffè, evocano familiarità ma hanno spesso un retrogusto amaro e a volte possono togliere il sonno. Questa similitudine ha funzionato da campo magnetico per entrambi.
LO STREET FOOD VA AL LICEO Di MARCO TORCASIO
Da una parte un codice di linguaggio rivolto agli addetti ai lavori, designer e creativi che all’interno del progetto potranno trovare nella griglia ripetuta quasi ossessivamente, riferimenti al radical design. Dall’altra un codice che parla alla gente, per dirlo alla maniera POP di Robert Venturi, quella gente che riconoscerà qui l’elemento della carta millimetrata, rubata al disegno dello studente alle prime armi, declinata al blu Lavazza. Il progetto rispecchia molto l’attitudine della cultura POP in architettura di lavorare con strumenti prettamente artistici come il collage, la citazione, la ripresa di alcuni linguaggi tipici della cultura popolare, l’ironia, l’illusione che confonde il finto con il reale. Il Salone del Mobile raccoglie le eccellenze del design mondiale. Presentare questo speciale progetto durante uno degli eventi di punta del calendario milanese è una opportunità per ottenere una maggiore visibilità? Quando si sceglie una cornice così prestigiosa ed iconica, si deve essere credibili e trovare il registro giusto per parlare ai visitatori del Fuorisalone con un linguaggio a loro affine. Toiletpaper è una delle realtà più credibili e apprezzate di questo mondo ed avere l’opportunità di presentare un progetto sviluppato a tutto tondo con il team di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari è uno dei modi migliori per annunciare la nostra nuova macchina per l’espresso Tiny alla Design Week.. Si tratta di una collaborazione che coinvolge tutti gli aspetti del lancio di Tiny, dall’advertising fino ad un’edizione speciale limitata, passando per il Lavazza Tiny Bar presso la Mediateca di Brera, un’installazione che è al contempo una sorprendente caffetteria dove vivere una coffee experience non convenzionale in un ambiente caratterizzato dalle potenti creatività realizzate da TOILETPAPER. All’interno di questo esclusivo spazio si potranno inoltre vedere in anteprima le due Limited Edition di Tiny con l’iconica immagine “Lipsticks” creata dall’art magazine di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari. Carlo Colpo, global head of marketing communication di Lavazza
MEDIA PARTNER
Innovazione sostenibile, integrazione, storie di vita e momenti di convivialità nella “food court” realizzata da Sreeteat nel cuore di Brera
Le tradizioni gastronomiche e i nuovi design degli spazi ristorativi come cornice conviviale di un nuovo modello di hub sociale. Uno spazio di approfondimento e confronto su temi di attualità quali la gestione e la condivisione degli spazi, l’eco-sostenibilità e la sharing economy. È la Food Court ideata dalla dinamica piattaforma Streeteat, che prende vita nelle giornate del Fuorisalone 2018 nel cuore del Brera Design District, all’interno del cortile del Liceo Parini di via San Marco 2/3. In linea con lo spirito del cibo on the road e con il tema centrale del Brera Design District, ovvero l’empatia, la Food Court è stata creata per avvicinare le persone tra loro, favorire la convivialità attraverso il cibo e il design degli spazi dedicati al suo consumo. Contestualmente l’obiettivo è stimolare il dialogo su un tema di attualità come la mobilità elettrica attraverso protagonisti del settore. Il progetto intende inoltre diventare un
Vero e proprio format replicabile in altri luoghi e declinabile nei contenuti. Per promuovere tradizioni e storie della cultura enogastronomica dello Stivale, gli studenti del liceo Parini incontreranno operatori dei settori enogastronomico, design e architettura, per confrontarsi su argomenti quali la cultura alimentare, l’ecologia e la sharing economy per poi gestire l’immagine e la promozione dell’intero progetto in qualità di ambasciatori ufficiali. I ragazzi avranno così accesso a un’esperienza lavorativa che li vede accogliere e guidare i visitatori nell’esplorazione della corte, veicolandone i messaggi, illustrando opere esposte e spiegando le iniziative dei partner coinvolti. Per stimolare la socializzazione dei visitatori all’interno della corte, il design ha un ruolo da protagonista con la progettazione e la realizzazione di spazi dedicati alla ristorazione. I tratti distintivi dell’ambiente sono: l’illuminazione, sedute e tavoli innovativi, la ricerca dei materiali a basso impatto ambientale, le modalità di fruizione e la funzionalità, tanto per chi visita la corte quanto per chi ci lavora. Per creare una Food Court itinerante, fatta di moduli replicabili e adattabili, progettazione e allestimento sono stati affidati ad AUGUSTO Contract, realtà specializzata nella realizzazione di locali di ristorazione, food court e food hall. Le sedute e gli oggetti presenti sono frutto del talento di giovani designer selezionati per Streeteat dall’architetto e talent scout Simona Cardinetti. Per quanto riguarda il partner scelto per affrontare il tema dell’innovazione tecnologica sostenibile si tratta di eV-Now!, ente di ricerca, sviluppo e promozione della mobilità elettrica, presente con il Future Trailer del “Tesla Destination Tour” che si presenta come un futuristico cubo su ruote con al suo interno una cucina alimentata elettricamente, prevede la preparazione di alcuni piatti di street food. Il Future Trailer ospita anche l’iniziativa Cucù truck: cuoche italiane e straniere si alternano in cucina per proporre assaggi di diverse culture, condite da storie di vita e di vissuti, da esperienze di luoghi vicini e lontani. L’iniziativa è promossa da Spazio Aperto Servizi nel progetto Milano Sei l’altro e Streeteat con la collaborazione di Chico Mendes, Cuochi a Colori dell’Associazione Arcobaleno, Mama Food della Cooperativa Farsi Prossimo e con il supporto di Ecozema.
powered by LA NUOVA FIAT 500 COLLEZIONE FA SBOCCIARE LA PRIMAVERA IN EUROPA Milano, Londra, Berlino, Madrid e Parigi sono le tappe tour che porterà la nuova serie speciale 500 Collezione nelle principali capitali europee, dove i riflettori saranno puntati su questa raffinata edizione che, al pari di una diva sul red carpet, si concederà a fotografi, giornalisti, influencer e appassionati. E questo originale viaggio dedicato alla novità di Casa Fiat non poteva che partire dalla città italiana più fashion, per poi proseguire a Londra, Berlino, Madrid e Parigi: ciascuna con peculiarità uniche che le rendono capitali internazionali dello stile, dell’arte e della moda. La nuova 500 Collezione sarà accolta da tutti gli appassionati dello stile italiano che avranno così la possibilità di ammirare l’affascinante novità che celebra i il suo essere senza tempo, la sua proverbiale iconicità e la personalità sempre alla moda. Anche durante la Milano Design Week la nuova Fiat 500 Collezione sarà la vera protagonista dell'Urban Tour 2018, venite a ammirarla nei luoghi chiave della design week. Disponibile sia come berlina sia nella più esclusiva versione cabrio, la serie speciale 500 Collezione mostra dettagli di stile frutto di una reinterpretazione moderna dei tratti estetici distintivi dell’antesignana, con cromature specifiche sul paraurti anteriore, sul cofano e sulle calotte degli specchietti. Tra le sue peculiarità le nuove livree che, abbinate ai cerchi in lega da 16” offerti di serie, «annunciano» esteticamente l’arrivo della bella stagione: infatti, è possibile scegliere tra i nuovi bicolore “Primavera” (bianco e grigio), bicolore «Acquamarina» (bianco e verde) e l’Avorio Taormina, in alternativa al Bianco Gelato e al Blu dipinto di Blu, tutti impreziositi dalla linea di bellezza grigio/ bianco/grigio. Infine, l’elegante logo «Collezione» in corsivo spicca cromato sul portellone posteriore. La nuova 500 Collezione è già disponibile negli show room italiani, per l’occasione i concessionari italiani saranno aperti anche nel prossimo fine settimana del 21-22 aprile.
SUPERDESIGN SHOW VIA TORTONA 27
17/04 18:00
MAGNA PARS PRESENTAZIONE DELLA NUOVA 500 COLLEZIONE VIA FORCELLA 6
18/04 19:30
BRERA – STRET EAT FESTIVAL (LICEO PARINI) VIA SAN MARCO 2
19/04 18:00
VENTURA CENTRALE VIA FERRANTE APORTI
20/04 18:00
BARCONE NIBBIO ALZAIA NAVIGLIO GRANDE 58 BOVISA DESIGN DISTRICT QUARTIERE BOVISA
21/04 POMERIGGIO 22/04 18:00
PRESENTA:
LA STAGIONE PRIIMAVERA ESTATE 2018 DEL VI ASPETTANO PER TUTTA LA STAGIONE PER UNA BARBA E UN TAGLIO SPECIALE PER IL FUORIBARCONE:
IN COLLABORAZIONE CON LOMI PER GUSTARE TUTTO IL SAPORE DEI NAVIGLI
ALZAIA NAVIGLIO GRANDE 60
SPECIALE DESIGN WEEK
CDQC I SPECIALE FUORISALONE I CLUBBING LA NIGHTLIFE DEL DESIGN DI ROBERTA BETTANIN
DURANTE LA DESIGN WEEK A MILANO C’è L’IMBARAZZO DELLA SCELTA IN FATTO DI EVENTI, VI SEGNALIAMo I 4 DA NON SALTARE, COSì VI FACILITIAMO LA SCELTA
MODESELEKTOR Terraforma pres. Gabber Eleganza: The Hakke Showw
Polifonic Festival Preview: Dj Koze
Per la settimana del Salone, nei suoi spazi rinnovati nella forma e nella funzionalità, Base propone una programmazione dedicata a celebrare le scene musicali e le sottoculture che storicamente hanno avuto un impatto sulle trasformazioni urbane animando spazi abbandonati, donando un’identità a territori liminali e aprendo la strada a processi di rigenerazione. Ed è proprio in queste sottoculture, anzi, in una specifica di queste sottoculture, che Gabber Eleganza affonda le sue radici già dal 2011, quando è nato come blog volto alla raccolta di memorabilia dell’estetica Gabber e della cultura post-rave cresciuta a inizio anni ’90 ai margini delle città del Nord Europa, in particolare intorno ai container del porto di Rotterdam, la risposta europea più estrema e truce alla techno di Detroit. Probabilmente anche grazie al ritorno dell’estetica hardcore anni ’90, Gabber Eleganza è ora cresciuto fino ad arrivare ad essere un vero e proprio party, portato in giro dal suo fondatore Alberto “Pigro” Guerrini nel ruolo del Dj che riporta in scena con bandiere e ballerini l’immaginario – e ovviamente la musica – dell’epoca, in uno spettacolo quasi surreale ma senza dubbio “diverso” e divertente.
Nella valle dell’Itria, in Puglia, quest’anno si svolge la seconda edizione di un festival che ha avuto molto successo lo scorso anno. Vuoi per le location, vuoi per la line up di tutto rispetto, vuoi perché chi lo fa organizza feste da una vita, Polifonic è stato il “the place to be” dei festival italiani dello scorso anno. Quest’anno raddoppia e comincia a portare in giro il suo nome già dalla primavera grazie alla preview durante il Salone del Mobile (la settimana più cool e internazionale di Milano, e dove sennò?). In attesa di festeggiare nelle masserie e in riva al mare con nomi come Mano Le Though, Gerd Janson, Carl Craig, Phase Fatale e Freddy K, Polifonic culla intanto il suo pubblico tra le atmosfere eteree del teutonico cavaliere di Pampa Records, Stefan Kozalla in arte Dj Koze, musicista, DJ, remixer e producer che a distanza di cinque anni dal precedente album Amygdala, il prossimo 4 maggio esce con il nuovissimo Knock Knock, tra i cui featuring spiccano quelli di Bon Iver e di Roisin Murphy. Un’ottima occasione quindi per ascoltare in anteprima le novità di casa Pampa, in una atmosfera che più Fuorisalone non si può.
Modeselektor + Lory D
Henry Wu
Se la direzione della techno sta subendo un momento di introspezione, i Modeselektor sono l’incarnazione della sua accezione più caciarona, colorata e tamarra. Da veri berlinesi dell’Est Doc, incarnano lo spirito della città al momento in cui hanno cominciato, poco dopo la caduta del muro. Una giungla urbana ai limiti dell’assurdo, dove tutto era in continuo cambiamento e tutto era possibile, in un’orgia di libertà che solo chi è stato a lungo oppresso può far sua. E che si riflette nella loro musica, che loro stessi contrappongono alla “serious techno”, intesa come ridicolo cliché. A fianco a loro, un artista che negli stessi anni muoveva gli stessi primi passi, lontano e diverso ma a tratti simile: Lory D, considerato una delle pietre miliari della scena elettronica mondiale per il capolavoro Antisystem e per aver fondato la prima etichetta techno italiana, SNS, Sound Never Seen. Berlino e Roma, vicine e lontane, diversissime in tutto ma unite nel suono da due nomi che sono ormai diventati leggenda.
Henry Wu, a.k.a Kamaal Williams, a.k.a. Youssef Kamaal, a.k.a quel progetto - lanciato appunto da Williams e da Youssef Dayes - che fino all’anno scorso aveva tanto fatto parlare di sé per la musica dalle molteplici influenze, nate dal jazz-funk degli anni 70 e sporcate da contaminazioni hip/hop e jungle anni ’90, fino a che l’irreparabile rottura tra i due ha fermato l’ascesa proprio nel momento in cui stavano per decollare. Henry Wu però non è solo questo: negli ultimi anni Kamaal ha messo il suo nome su una serie di EP da tutto esaurito sulle migliori etichette underground inglesi, tra cui Eglo, Rhythm Section e 22a. La sua abilità nel prendere elementi di jazz, broken beat e garage e creare qualcosa di inconfondibilmente moderno è stata sostenuta da personaggi come Gilles Peterson, IG Culture, Osunlade, DJ Spinna e Benji B. E se il 2017 vede la creazione di Black Focus Records, un nuovo sbocco musicale per la comunità di amici e collaboratori di Henry Wu, il 2018 potrebbe essere il riscatto per lasciarsi alle spalle la chiacchierata rottura con Youssef Dayes e continuare sull’onda delle proprie sonorità, più viaggiose e sognanti rispetto ai beat del progetto precedente. Ascoltare per credere.
Base Milano – Milano MAR 17 APR 2018
Magazzini Generali – Milano VEN 20 APR 2018 ORE 23:00
Teatro Principe - Milano GIO 19 APR 2018
Dude Club - Milano SAB 21 APR 2018
COSA COSA II DOVE DOVE II QUANDO QUANDO II come come
Traguardare, l’uragano Brexit, i WOO di Napoli (città che merita, godetevi il portfolio da pagina i localiamericane, in cui riflettere divichingo, avanguardia mostra di David Bowie che in Brasile, Ernia 55), e le pornostar il profumo da GO EAST!elala rivista indipendente della periferia europea, 8 criminali professionisti, osterie quelle buonediversità e un box pieno di cultura indipendente più che una mostra è unleracconto della in ognuno di noi a domicilio WDWTFWW ISSUE Sonar Festival lancia la musica nello spazio, Vittoria and Hyde Park piantano la bandiera
CDQC I MUSICA ernia Il t-Rapper con la pelle del puma Di STEFANO NAPPA dopo esser venuto alle mani con ghali, ci ha fatto un gruppo unsieme. ma il successo arriva con il suo secondo album, 67, entrato nella top 5 dei dischi più venduti in italia. chiacchierata con uno che ama le pornostar americane L’azzuffata con Ghali ha dato vita al progetto Troupe d’Elite, poi si è concentrato sulla sua carriera solista pubblicando il suo primo album Come uccidere un usignolo a giugno 2017, poi lo scorso novembre ha spaccato in due l’opinione del mercato con il secondo capitolo 67, pubblicato sotto una major, un cofanetto doppio con i featuring di Mecna e Guè Pequeno. Lo abbiamo intervistato. Come stai? Come sta andando il tuo tour? Non hai avuto un attimo di pausa da quando è uscito il disco, come ti senti? Abbastanza bene, ammetto di essere un po’ sotto pressione anche perché sto iniziando a lavorare all’album, però non posso sicuramente lamentarmi. Ho letto un articolo su di te dove il titolo ti metteva in bilico tra «l’arroganza di Gué Pequeno e la poetica di Baudelaire» e un altro dov’eri tra tra «Harper Lee e Stephen King»… ecco, dove sei ora? Vorrei rimanere nell’ambito Hiphop, non voglio paragonarmi a nessun poeta né a nessun cantautore, il mio lavoro è diverso. Quindi direi tra Guè Pequeno e Kendrick Lamar. Da dove arriva la tua passione per la scrittura? Quando è cominciato tutto? Avrò avuto 12 anni quando abbiamo scoperto il rap e il fenomeno delle jam, i tornei dove ci si sfidava in freestyle; da qui poi è nato tutto. Com’è nato il brano «Neve» e cosa significa per te riascoltarlo o sentirlo cantare dai fan? Guarda, in sincerità, era il pezzo che a me piaceva di meno, però poi ho capito il suo potere. Una storia normale e tutti o quasi l’hanno passata, quindi tutti ci si ritrovano in quel testo.
Se tu domani diventassi il presidente del Consiglio avendo carta bianca su tutto, cosa faresti qui in Italia? Cosa cambieresti? Guarda, penso che non sia il presidente del Consiglio a poter cambiare le cose, ma ogni singolo cittadino. Che ne pensi di Trump? C’è qualcosa di affascinante in lui, cioè il fatto che dice veramente quello che pensa, senza moine, senza politically correct, senza dover badare al pensiero unico. Tuttavia mi pare che in politica estera ne combini di tutti i colori, partendo dalla Corea ai rapporti con l’Europa, per poi passare ad alcune affermazioni razziste, al totale disinteressamento per le questioni del riscaldamento climatico. Nella sua nazione però la disoccupazione è ai minimi storici e sta rispettando ciò che ha promesso alle elezioni. È un tipo che lascerà sicuramente il segno, in futuro lo si ricorderà con odio o con nostalgia. Il primo disco che ti ha segnato e che quando lo riascolti ti scendono i brividi lungo la schiena? Penna Capitale dei Dogo. Il tuo look è totalmente diverso da quello dei tuo colleghi, sembra quasi appartenere al genere «indie», perché? Perché non seguire uno «stile», facendo addirittura dei rapper quasi dei «reseller»? Perché non mi piace e non sto bene come si vestono gli altri. Anche perché son tutti uguali, se pensi a uno col chiodo, pensi a Ernia, senza dubbi. Tutti abbiamo una top 5 di donne che vorremo avere nei sogni o almeno una volta nella vita, la tua qual’è? Da piccolo mi piacevano Fergie e Rihanna, aggiungerei August Ames, Janice Griffith e la Satta.
Nel film L’alba Dei Morti Dementi, i due protagonisti, interpretati da Simon Pegg e Nick Frost, tentano di uccidere uno zombie lanciandogli dei vinili addosso, tu, in una scena simile con quali dischi colpiresti? I primi che trovo, che mi frega dei vinili. Come ti vedi tra 5 anni e secondo te il mondo come sarà tra 100? Non voglio fare previsioni, né su di me, né sul mondo.
vittoria and hyde park Di FABIO FAGNANI Si definiscono dance rock ma alla fine cantano pop. ma è l’atteggiamento sul palco che li contraddistingue perché sono, musicalmente, figli dei Led Zeppelin e dei Beatles Quali tematiche sono presenti nel vostro lavoro? G: «Ogni brano ha il suo colore, la sua storia. Il non arrendersi mai, il coraggio di cambiare e lasciare le cose sicure». Vittoria: «La quotidianità, che vivono le persone normali, l’amore, i rapporti, l’amicizia. Raccontiamo la fatica, la gavetta, il fatto che si può sempre andare avanti. Portare musica oggi in Italia, uscendo dagli schemi, non è facile. Noi ci consideriamo il gruppo più rock del pop, il più mainstream dell’underground, non siamo supportati da talent o dai media». Avete provato i talent? V: «Sì, io ho fatto la prima edizione di X Factor, quando ancora era sulla RAI. Ma non mi è piaciuto poi così tanto e non mi ha dato quel boost che tutti pensano possa portare». E poi? V: «Poi sono andata a lavorare a Virgin Radio. Ma non era quella che volevo fare. Ho dovuto scegliere, mi sono buttata ed è andata bene». G: «Per due anni si è spaccata. Io l’ho ammirata. Ha detto che non si sentiva più in grado di esprimere quello che voleva, cioè il rock, e ha cambiato strada».
Si chiamano i Vittoria and Hyde Park e la band è composta da Vittoria Hyde, voce, Gabriele Tirelli, chitarra synth, Lorenzo Ferrari, batterista, e Silvia Ottanà, bassista synth, che all’intervista non è presente, ma gli altri tre ci tengono a precisare che «Silvia è the darkside of the pop». Il loro primo album è uscito il 26 gennaio dopo due anni di live, fatiche, scazzi e impegni internazionali. Com’è stato creare il primo album? Gabriele: «È una cosa gigante. Abbiamo fatto tutto il contrario di quello che di solito si fa, siamo partiti con i live, singolo dopo singolo, e siamo arrivati all’album. Ci abbiamo messo due anni. È la chiusura di un capitolo. Ogni brano usciva con il suo video, la sua immagine, ogni brano è un lavoro a sé. Quindi abbiamo chiuso il disco che secondo noi ci rappresenta bene».
Come la definite la vostra musica? V: «Una forma di dance rock, così la definiamo. Quindi sonorità electro che fanno ballare, ma l’atteggiamento che abbiamo sul palco è rock. Siamo figli della musica dei Beatles e dei Led Zeppelin, pop rock. Noi cerchiamo di fare musica e suoniamo con il cuore. Siamo riusciti a mantenerci comunque dentro un sistema, perché farsi conoscere non è facile senza l’appoggio dei media o di programmi importanti». Com’è suonare nei live, creare nuovi singoli sapendo che la concretizzazione dell’album è distante due anni? G: «Avendo vissuto tutto al minuto non ce ne siamo accorti. È partito tutto talmente bene e avevamo talmente tanto da fare, che è passato veloce. In Brasile hanno preso un nostro brano, secondo singolo, per fare la sigla di un telefilm, e è diventata una canzone di livello internazionale. Ovviamente la nostra casa discografica ci ha detto di aspettare a lavorare sul resto del disco ma di dare la precedenza a questa opportunità e siamo andati a fare un sacco di cose in Brasile: concerti, serate, incontri».
CDQC I CLUBBING SONAR CALLING - 25° Anniversary Sónar Festival dI ROBERTA BETTANIN uno dei festival più conosciuti e acclamati del mondo, nonostante la sua veneranda età e la concorrenza spietata si fa ancora notare per la sua qualità Ne ha fatta di strada Sónar, dalla sua prima apparizione nel 1994. Per ben 24 anni ha attraversato la Terra alla ricerca dei suoni e delle idee più all’avanguardia del pianeta, ma Sónar non si accontenta: ora ha deciso di rivolgere le sue antenne verso lo spazio, inviando musica oltre i limiti del nostro sistema solare nel tentativo di comunicare con l’intelligenza extraterrestre. Il progetto visionario di quest’anno, dal nome «Sónar Calling GJ273» consta di un messaggio radio, il primo mai inviato a un esopianeta potenzialmente abitabile nelle vicinanze. Il messaggio include 33 brani musicali di 10 secondi ciascuno, commissionati in esclusiva per Sónar da artisti che rappresentano maggiormente l’approccio esplorativo alla musica del Sónar nel corso dei suoi 25 anni di esistenza.
KATJA RUGE
JAMZ SUPERNOVA
TOM YORKE
I nomi coinvolti sono Autechre, Francisco López, Holly Herndon, Jean-Michel Jarre, Nina Kraviz, The Black Madonna, BFlecha, Kerri Chandler, Kode9, Matmos, Nisennenmondai, Ólafur Arnalds, CaboSanRoque, Fatima Al Qadiri, Laurel Halo, Laurent Garnier, Modeselektor, Soichi Terada. Sul sito Sonarcalling.com è possibile ascoltare i 33 brani musicali che stanno viaggiando attraverso lo spazio e vedere quanta strada hanno fatto finora. Obiettivo di questo messaggio interplanetare la stella b di Luyten, noto anche come GJ273b situato a 12,4 anni luce dalla Terra (oltre 70 trilioni di miglia) e visibile dall’emisfero settentrionale terrestre. La scelta è ricaduta proprio su GJ273b perché è la stella più vicina con un esopianeta potenzialmente abitabile e in grado di ospitare la vita. Le prime trasmissioni sono state inviate il 16, 17 e 18 ottobre dall’antenna dell’EISCAT (European Incoherent SCATter Scientific Association) situata a Tromsø, in Norvegia. Una seconda serie di trasmissioni è prevista per aprile 2018.
LCD SOUNDSYSTEM
Se il messaggio arriverà a destinazione, una sua risposta potrebbe arrivare tra 25 anni, in coincidenza con il 50° anniversario di Sónar.
BONOBO
LANARK ARTEFAX
FATIMA AL QADIRI DISTRUCTION BOYZ
Sónar ha lanciato l’iniziativa «Sónar Calling GJ273b» in collaborazione con l’Istituto di Studi Spaziali della Catalogna (IEEC), un istituto di ricerca che studia tutti gli aspetti relativi alle scienze spaziali, e con METI International, un’organizzazione di ricerca dedicata alla «Messaging Extraterrestrial Intelligence». Non ci resta da sperare che i Luytenani, o qualsiasi altra civiltà, apprezzerà la cultura musicale terrestre e la musica elettronica in generale, così da sperare che una possibile invasione diventi un grande, enorme rave interplanetario senza distinzione di razza, cultura e provenienza. Powered by Sónar, ovviamente.
DIPLO
LAURENT GARNIER GORILLAZ
CDQC I SHOPPING I a cura di francesca ortu la collezione assemblabile di Rossignol e Andrea Pompilio Si chiama Studio la collezione nata da questa prima collaborazione tra Rossignol e il designer Andrea Pompilio; l’azienda francese decide di affidarsi all’estro dello stilista, per una visione incentrata sulla ricerca tecnica e la funzionalità dei capi da montagna, reinterpretati in chiave urban con sovrapposizioni e accostamenti per un outerwear da città. Abbiamo intervistato Andrea Pompilio per farci raccontare la collezione. Vorrei partire con un tuo racconto sulla collezione. Si tratta di una capsule studiata per la city che rimanda fortemente alla montagna ma che si distanzia anche tanto da essa. Chiaramente chi la sceglie è perché ama gli sport e la tecnicità dei loro capi. Da cosa nasce? Da un viaggio nell’azienda Rossignol. Mi sono recato lì per capire cosa ci fosse dietro questo brand e per annusare il profumo che si respirasse al suo interno. Mi ha impressionato lo studio sulla tecnologia e l’area dedicata alla costruzione degli sci, la loro attenzione tecnica e folle sulla ricerca di sci super perfetti e veloci. Questa progettazione, che non ha nulla a che fare con la moda, mi ha ispirato tantissimo, più di qualsiasi altra immagine. Così ho pensato a una collezione dalla tecnologia super elevata. Quale capo rappresenta meglio questo concetto? Il piumino no season, che ho sviluppato come guscio d’interno di capispalla più tecnici, dandogli varie sfaccettature e giocando con la lunghezza delle maniche e inserti in pelliccia, per una collezione assemblabile. Quanti pezzi sono? 35 pezzi circa, tra uomo, donna e accessori. Il target? Mi piace presentare un prodotto fresco e giovane perché mi affascina il modo che hanno i ragazzi di approcciarsi alla vita, ma mi piace anche il fatto che effettivamente questi capi non siano solo per loro ma che si possano rivolgere a persone più adulte. Insomma non penso che ci sia un target definito, è una collezione trasversale. Cosa c’è di Andrea? L’attitude, la combinazione dei colori compreso il loro assemblaggio, i tessuti, perché molti li ho sempre utilizzati anche nelle mie collezioni precedenti, il blu navy invece del nero e persino l’accessoristica. Ci sono dei rimandi importanti. Che tipo di ricerca hai fatto al fine di mantenere un collegamento riconoscibile tra i due stili? Ho puntato sui dettagli, come le tasche portacellulare, gli anelli in metallo classici di Rossignol che diventano multifunzionali, utili per agganciare il guinzaglio del proprio cane al parco o intesi come portachiavi. Ho cercato di riportare dei dettagli funzionali della montagna nella citta, dandogli un senso. È tutto stato riapplicato semplicemente sotto una nuova forma. Le origini sono sempre legate allo sci.
Abel la sneaker rossignoln
D.I.W.O.® PRO / FREDDY GOES TECHNO
Altamente traspirante e confortevole, leggera e con una suola flessibile in gomma. E’ la sneakers firmata Rossignol e dedicata all’inventore dello sci moderno Abel Rossignol. Un modello colorato, sia per lui che per lei, che rispecchia le cifre stilistiche della stagione di riferimento, la primavera/ estate 2018, con i suoi protagonisti indiscussi, il colore e i dettagli stampati che gli attribuiscono originalità e freschezza, per scarpe bianche, basiche e con tomaia, linguetta e spoiler posteriore che giocano spesso sul contrasto. Cos’altro? Il modello Abel 111, l’autentica sneaker in special edition dedicata ai 111 anni di storia del brand, dai dettagli oro che identificano il numero di serie, messo in evidenza e enfatizzato per segnare l’importanza del periodo storico che ha reso l’azienda leader nel settore sciistico.
Freddy presenta una collaborazione con Emana®, filato dalla tecnologia innovativa e intelligente. Una linea di prodotti modellanti che nascono dalla combinazione del brevetto WR.UP® e del tessuto D.I.W.O.® con un filato poliammidico tecnologico. Risultato di questa collaborazione è una collezione pensata per valorizzare la silhouette femminile. Il prodotto di punta è WR.UP®, che grazie al suo effetto shaping, si adatta a ogni tipo di fisicità evidenziandone i tratti in modo naturale. Questi pantaloni brevettati Freddy, sono rivoluzionari e inconfondibili. Per questa Primavera-Estate 2018 si aggiungono anche nuovi modelli D.I.W.O.® PRO; cinque leggins nei vari shape e un capo lingerie, il WR.UP® UNDERWEAR. Tra le caratteristiche di Emana®, la reale innovazione data dalla presenza di minerali bioattivi all’interno del filato che permettono di rendere la pelle più elastica, tonica e morbida. Dal calore naturale del corpo, trattenuto grazie ad una tecnologia in grado di sfruttarlo e restituirlo, si riducono gli inestetismi a buccia d’arancia e si aumenta l’elasticità cutanea. Per un miglior funzionamento degli effetti cosmetici occorre indossare il capo per un minimo di 6 ore al giorno per 30 giorni consecutivi. Tutti questi benefici sono uniti alle peculiarità del tessuto D.I.W.O.® (Dry In, Wet Out), che agevola la traspirazione della pelle, permettendo l’evaporazione del sudore. L’ampia selezione di capi presentati, si adatta a ogni genere di gusto, di fit e di occasione. Bianco, nero, blu e grigio sono i colori scelti per i vari modelli, pronti a esaltare la femminilità di ogni donna!
CDQC I SHOPPING I a cura di francesca ortu Moresi, capispalla dal 1977
La vida es un carnaval
Nata a Como nel 1977, l’azienda artigianale Moresi, leader nella creazione di capispalla uomo e donna, per la fall winter 18/19 presenta una nuova linea creata sulla rivisitazione delle classiche silhouette di blazer e cappotti che hanno fatto la storia del marchio, attribuendogli originalità, freschezza e audacia, per un brand e uno stile che non smette di posizionarsi sul mercato, merito di proposte costantemente rinnovate, presentate in chiave moderna e spesso alternativa. Un uomo vecchio stampo quindi ma al passo con un mondo in continua evoluzione, abituato a un armadio dal forte rimando alla sartorialità, simbolo di riconoscimento Moresi e di pezzi originali, fantasie ideate apositamente dall’azienda e tessuti 100% cashmere e lana merinos. Una collezione che punta alla pulizia delle linee, essenziale e distante dalla classicità, grazie alla continua ricerca e innovazione, per dei capi senza fine, che non stancano e che garantiscono unicità, intesa anche come vestibilità e comfort.
D’ispirazioni anni 80 e 90, che fanno da fil rouge, la collezione autunno inverno 18/19 firmata 10x10 ANITALIANTHEORY by Alessandro Enriquez veste di Carnevale i suoi nuovi capi con una palette colori dalle tonalità primarie come quelle dell’arcobaleno, che mettono allegria e che sfidano a vestire con ironia. Abiti multicolor, multi printed e pailletati quindi, in cui la parte stampata prende vita dai disegni dello Studio Fantasma, un duo di illustratori italiani, che hanno interpretato il tema di questa stagione attingendo dalle idee del designer e trasformandole in creatività. Una tematica perfetta quella del Carnevale, considerando lo stesso periodo in cui la collezione è stata presentata, per l’esattezza durante la moda donna della Milano Fashion Week e il carattere del designer Alessandro, giocoso e spiritoso, che mira a sdrammatizzare e a dare una visione più profonda dell’Italia e dei suoi valori, traducendola in moda. Come cantava Celia Cruz, La vida es un carnaval e forse dovrebbe veramente essere alleggerita e affrontata con questa attitude.
L’arancio di Emis Killa contamina family first Brand di streetwear consolidato nel panorama italiano, Family First Milano, in seguito a un’amicizia nata con Emiliano, decide di unire le forze e di creare con lui una mini capsule di 11 pezzi. Ah! Emiliano in arte Emis Killa, che abbiamo intervistato qui:
SIDE+, parola chiave varietà Varietà dei pezzi proposti, divisi tra zaini, borse e accessori. Parole chiave delle linee Side+ con stampe e colori che mirano all’esclusività. Le stesse che hanno reso noto il brand. Side+ raccoglie perfettamente lo stile e l’essenza del mood urbano, inspirandosi all’evoluzione della digital art e della cultura pop, mantenendo allo stesso tempo funzionalità e tocco glamour. Un marchio che spazia toccando argomenti quali la cultura, lo stile e viaggiando tra le varie epoche, senza mai mantenere una logicità nelle collezioni, al fine di soddisfare tutti i gusti e puntare sull’originalità. Cos’altro? Una realizzazione artigianale e dei materiali ecofriendly, rigorosamente made in Italy, luogo in cui avviene anche la stessa produzione, rivolta automaticamente a tutti quei valori che contraddistinguono il Paese, quali la ricchezza delle risorse materiali e le tecniche di alta qualità dell’artigianato locale.
Come hai conosciuto Family First? Ci conoscevamo già da un paio d’anni, da quando io facevo The Voice. I ragazzi mi contattarono e mi mandarono dei capi che iniziai a mettere. Abbiamo lo stesso gusto stilistico e in breve tempo è nata una collaborazione che potesse mixare i due mondi. Cosa volevate comunicare con la capsule? In realtà non è questione di voler comunicare ma di voler creare dei capi indirizzati a tutte le persone che hanno del gusto, non orientandoci però sulla moda snob. Non volevamo competere con il fashion. L’arancio? È il mio colore dell’anno. Mi sono sentito così per tutto l’anno e volevo dei pezzi che fossero tutti arancioni. Mi piacciono i capi vistosi, mi reputo un tipo estroso e mi piace tutto quello che si fa notare e questi capi secondo me esprimono questo. Emiliano in una parola? Vero.
CDQC I SHOPPING I a cura di francesca ortu Under Armour lancia HOVR, la sneaker che non ti fa sentire manco una buca
Leader globale nell’apparel e footwear ad alte prestazioni, Under Armour presenta l’ultima innovazione del brand nell’ambito della tecnologia grazie all’ammortizzazione delle calzature HOVR, una piattaforma studiata per combinare cushioning e reattività, garantendo un effetto di grande ritorno di energia e straordinaria ammortizzazione in corsa. L’intersuola, utilizzata per due diversi modelli running firmati Under Armour e studiata in collaborazione con un team di innovatori del settore, permette quindi non solo l’ammortizzazione e il ritorno di energia ma garantisce anche maggior comfort riducendo
GLI Occhiali futuristi di PUGNALE E HANI RASHID Pugnale, brand italiano di eyewear handmade che mira a innovazione, artigianalità italiana e sperimentazione tecnologica, continua il suo percorso di ricerca creativa e firma la collaborazione con Hani Rashid, architetto di origini egiziane che spicca a livello internazionale per progetti visionari. La limited edition, chiamata AUDREY e firmata Hani Rashid for Pugnale, evidenzia l’eccesso delle forme, giocando con i contrasti tra geometrie e irregolarità, per occhiali dagli intrecci over, luminosi come pietre preziose e strutturati. Tre le creazioni, composte da due occhiali da sole e uno da vista, proposte in 150 pezzi e ispirate alla luxury influencer conosciuta a livello mondiale Audrey Tritto, dalla quale la collezione prende il nome, amica e musa di Hani. Le suggestioni spaziali e futuriste non lasciano spazio all’immaginazione, identificando automaticamente tre personalità differenti di donna e colei che, più in generale, non ha paura di osare, che mira ad eccedere e che ha una forte attrazione per dei pezzi che possano essere sia moda che arte allo stesso tempo.
la fatica, assorbendo parte dell’impatto che il corpo dell’atleta percepirebbe normalmente e mantenendo le gambe riposate. Il suo peso? Circa 272 grammi e un drop di 8mm. Insomma, chapeau a tutti gli sportivi che necessitano di una scarpa così per le loro performance, ma possiamo assolutamente dire che anche per la gente comune che si ritrova a correre per la città tra lavoro, appuntamenti e tempo libero può indubbiamente essere una calzatura funzionale, comoda e che permette di non affaticarsi troppo. Un po’ sportiva, questo è vero, ma ci si potrebbe organizzare.
CDQC I SHOPPING I a cura di francesca ortu Timberland goes military Capo iconico, la giacca militare americana M65 viene, per la primavera estate 2018, rivisitata da Timberland in chiave moderna, svecchiandola e attribuendogli dei dettagli tecnici ricchi e un look grintoso, merito della stampa camouflage all over. Evergreen di stagione, il camouflage, dal forte carattere urban e cool, viene così utilizzato dallo stesso marchio al fine di stare al passo con i tempi e di fornirne un design ancora più esclusivo e definito, merito del motivo geometrico all over e delle audaci quattro tasche sulla parte frontale. Il suo nome, Military Camo Jacket, perfetta se indossata con una giacca tecnica trapuntata o in denim, per un gioco di sovrapposizioni interessanti che la rende un capo ideale e dall’ampia vestibilità, merito anche di ogni sua caratteristica, studiata da Timberland per offrire il massimo comfort e una maggiore praticità, concetti cardine del brand. Capo utility dal look grintoso, questa giacca d’ispirazione militare è inoltre rifinita con tutti i dettagli tradizionali che ne hanno fatto la storia, dalle spalline ai polsini, senza tralasciare quella piccola percentuale di elastane che permette al cotone di essere elastico e ideale per uno stile di vita attivo. Insomma, come Timberalnd stesso sostiene: «La città è tua».
tagliatore incontra la cultura del denim kuroki
Berwich crea il pantalone millennials
Novità sembrerebbe essere la parola chiave della spring summer 2018, che anche a pochi mesi dal suo inizio continua a dettarne le tendenze e a lanciare nel mercato capi dal forte allure creativo e dai dettagli che hanno la capacità di fare la differenza. Come nel caso di Pino Lerario, direttore creativo del marchio Tagliatore, che con la realizzazione di Iwakura ci racconta una storia, quella del blazer e delle culture dalle quali nasce il denim kuroki, cotone africano raccolto a mano e lavorato in Giappone utilizzato per lo stesso capo e che ne costituisce la sua particolarità, rendendolo un oggetto inedito dalla forte identità, elegante e culturale. Facente parte della capsule collection Tagliatore Pino Lerario, il doppiopetto sfoderato e destrutturato mira alla particolarità dei dettagli sartoriali, concentando l’attenzione su bottoni, da sempre segno inconfondibile e accessorio distintivo della moda uomo, sulle tasche e sulle asole a contrasto, per una vestibilità sciancrata e ultra slim. Insomma, un capo minimal, rivisitato in chiave moderna e che promette di imporsi ancora sulla scena per molto altro tempo.
Rivolto a una costante ricerca di eleganza, Berwich, noto brand di pantaloni, per la stagione primavera estate 2018 si supera nuovamente, presentando un altra tipologia di pants che mira a ampliare i suoi orizzonti, fino ad arrivare ai millennials. Uomini che amano la comodità e la contemporaneità, questo il target al quale il brand si è ispirato e che continua a essere il punto fermo della sua ricerca e innovazione, la stessa che oggi presenta Emoticon. E quindi, qual è la qualità che potrebbe accomunarli entrambi e segnare un’importante contemporaneità del suo uomo di riferimento? L’inseparabilità dal proprio smartphone al fine di essere sempre connessi e di averlo sempre a portata di mano. Proprio per questo la novità del pantalone risiede nello speciale taschino obliquo che, situato sotto la classica tasca, ne agevola il reperimento ma allo stesso tempo ne evita la caduta. Il risultato? Un modello multifunzionale e perfettamente adatto a un mondo 2.0 nel quale siamo costantemente immersi mantenendo ben salda l’identità Berwich e l’eleganza italiana che contraddistingue il brand, con un occhio sempre proiettato al futuro e all’innovazione.
yeszee.it
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CDQC I SHOPPING I a cura di francesca ortu happy birthday ERREÀ REPUBLIC
MOOSE KNUCKLES LANCIA IL PRIMO SPRING TRENDS
Erreà, marchio di abbigliamento tecnico sportivo fondato nel 1988 dalla famiglia Gandolfi, compie 30 anni. L’azienda è nota per le sponsorizzazioni di successo nel mondo dello sport da cui nel 2009 nasce l’iconica linea street-urban Republic. E’ dal 1988 che questo connubio perfetto tra abbigliamento e sport ha reso celebre il brand; Erreà ha sempre proposto con le sue collezioni questo stile crossover, al fine di esaltare i valori positivi, di condivisione, dinamismo e libertà che dovrebbero essere centrali nell’agonismo come nella vita delle crew alla quale si rivolge il brand, sempre alla scoperta e alla ricerca di nuovi stimoli che possano essere per i giovani un senso di identificazione. Un anniversario celebrato con il claim ‘Enjoy Erreà Republic established 1988’ che accompagna il lancio della collezione SS18. Happy BDay Erreà!
Brand canadese di luxury outerwear, Moose Knuckles presenta in occasione della spring summer 2018 la sua prima collezione estiva composta da tre capi iconici che hanno caratterizzato le origini dello stesso marchio e che spiccano per carattere e attitudine contemporanea stravolgendo i canoni dello sportwear, volgendo lo sguardo alla sartorialità, per una cura artigianale che va oltre. Tre le frasi che accompagnano i rispettivi capi e che fanno intendere la natura del brand, che mira a urlare al mondo la voglia d’appartenenza a una tribù. Il modello Moose Tribe, è una felpa che grida l’appartenenza al Canada, luogo natio del brand, con la scritta We Should all be Canadian.Completano la linea l’iconico Steller Parka, o meglio, il modello Sorry Not Sorry dalle stampe graffiti e l’Urban Nomads, variante del parka che gioca con le tendenze per un capo senza tempo che chiude un percorso e che svela appieno la filosofia Moose Knuckles. D’altronde, «La vita di ogni giorno va assaporata e vissuta al massimo» e, aggiungiamo, senza condizioni, nemmeno d’estate.
MANUEL RITZ CON Karim rashid: capsule di il cristallo Karim Rashid, designer industriale egiziano nonché icona indiscussa del mondo del design, per questa edizione del Fuori Salone 2018 definisce la sua ispirazione tramite una collezione di lampade e complementi d’arredo in cristallo acrilico incisi a laser e alimentati a led. Chiamata Solid, la collezione nasce dalla collaborazione fra lo stesso designer e Vesta, azienda specializzata nella lavorazione del cristallo acrilico. Ma qual è il collegamento con Manuel Ritz? Le lampade realizzate e la filosofia appartenente a Karim hanno ispirato la limited edition di t-shirt di Manuel Ritz, che da sempre si rivolge a un pubblico cosmopolita che ama l’eleganza tradizionale rivisitata in chiave moderna, concetto al quale si rifà lo stesso Karim Rashid con cui mostra una connessione perfetta. Progetti che mirano a umanizzare il mondo fisico e virtuale, esposti nella stessa boutique del brand, in via Solferino 1 a Milano, dal 17 al 22 aprile. «Credo che potremmo vivere in un mondo completamente diverso, pieno di oggetti, spazi, luoghi, mondi, spiriti ed esperienze ispirati alla contemporaneità». Karim Rashid.
CDQC I SHOPPING Speciale Milano Fashion Week: CLSD Journal CityLife Shopping District interpreta la moda con scatti d’autore Siamo nella capitale della moda, nel pieno della settimana più attesa dell’anno, nel cuore pulsante di una Milano che sfila. Le 8 capsule collection di Moncler sono state presentate, la filosofia del see now, buy now di Tommy Hilfiger svelata, il sessantesimo compleanno della Camera Nazionale della Moda Italiana festeggiato, i fashionisti di tutto il mondo accontentati, insomma, ce l’abbiamo fatta anche quest’anno. Tra fitting, shooting, passerelle, aperitivi esclusivi, feste d’elite, incontri vip e scontri con i look più eccentrici di sempre, abbiamo partecipato a un evento very cool che vogliamo raccontarvi. Siamo nel mall di CityLife Shopping District, nuovo centro nevralgico della città per lo shopping, con i suoi ottanta negozi che spaziano dal fashion al beauty, passando per gli accessori per la casa e la tecnologia di ultima generazione e siamo letteralmente travolti da un servizio fotografico tutt’altro che tradizionale. Un corteo di persone in fila per farsi truccare da Sephora e fotografare da Raoul Ventura, professionista di fashion photography molto apprezzato nel panorama milanese, e Riccardo Diotallevi, davanti a wall caratterizzati da una creatività insolita, la copertina di una rivista di fantasia (per ora… poi chissà): il CLSD Journal. L’obiettivo? Trovare il volto protagonista. Scordatevi le modelle da défilé, le indossatrici che non sbagliano un tacco o le top top che più top non si può, parliamo di uomini e donne comuni, che vivono la loro personale idea di moda ogni giorno, tra le strade di questa città, sul tram direzione lavoro, in ufficio, nel traffico, nel cosiddetto tran tran quotidiano. Persone che scelgono cosa acquistare in base a gusti e necessità personali e che, quindi, rappresentano le vere influencer del settore. Così una sistemata al dress code, al make-up, una lisciata a quel ciuffo che proprio non vuole stare in posa e poi via, sul set, pronti per diventare modelli per un giorno. In fondo “in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti”, diceva Andy Warhol ispirandosi (probabilmente, dopo anni non c’è ancora un DNA che attesti la paternità della frase) a un discorso fatto dal fotografo Nat Finkelstein. E allora eccolo qui, quel pizzico di celebrità che meritano gli straordinari proprio perché ordinari volti di CLSD Journal, ecco qui una raccolta con
alcuni degli scatti da copertina realizzati venerdì 23 e sabato 24 febbraio in quella che possiamo definire una tra le location più fashion di Milano. Ciao red carpet, la moda cammina in Piazza Tre Torri e si reinventa a CityLife Shopping District.
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CDQC I BEAUTY CREED VIKING DI ALEX VACCANI Un’Avventura in bilico tra il fuoco e il ghiaccio I miti che riguardano i Vichinghi resistono e ci affascinano ancora oggi, basta vedere anche il successo della serie televisiva Vikings giunta alla quinta stagione. Attorno a questi uomini possenti si è formato nei secoli, un immaginario collettivo che li ritrae alti biondi o rossi e contraddistinti dal loro mitico elmo con le corna, nonché emblema iconografico. Viking di Creed è stato un lancio molto atteso, perché avviene sette anni dopo quello di Aventus, una fragranza di grande successo. Eccoci ora a sfidare i limiti, con l’adrenalina addosso, affermare ogni giorno il senso della libertà, vivere costantemente rivolti alla scoperta di ciò che è sconosciuto. Questi sono solo alcuni dei tratti che Olivier Creed, il Maestro Profumiere della Maison parigina, ammira nella leggendaria epopea dei vichinghi. Ha voluto immortalare in quest’ultimo millesimato maschile l’irrefrenabile istinto che ha portato gli indomabili guerrieri del nord a valicare i confini del mondo conosciuto, sfidando l’ignoto, calpestando territori vergini e solcando mari burrascosi a bordo d’imbarcazioni mitiche; il drakkar, con la sua vela e remi inconfondibili, spicca sul flacone rosso fuoco di Viking. L’uomo contemporaneo è chiamato a incarnare lo spirito di queste popolazioni, un uomo audace e senza paura che vive una vita piena e non rinuncia mai a perseguire le proprie ambizioni, che lotta per affermarsi in ogni istante del suo viaggio, con un’insaziabile sete di scoperta del nuovo ma anche di se stesso e dei propri limiti da abbattere in ogni circostanza della sua esistenza. La piramide olfattiva di Viking si apre con una sferzata carica di limone e bergamotto, accentuata dall’anima pungente del pepe rosa. Fin dalle prime note si percepisce una scossa di energia che spinge a apprezzare un territorio sconosciuto in bilico tra un senso di freddo glaciale e di calore rovente, evocati dal soffio della menta piperita e dalla profondità delle spezie. Un richiamo al paesaggio del nord dell’Europa, dove i ghiacci custodiscono nelle viscere fuoco e lava incandescente. La presenza floreale della rosa bulgara conferisce equilibrio e armonia, un invito a rallentare il ritmo ma solo per un istante, il tempo di riprendere fiato per poi riprendere l’avventura, alla scoperta delle note di fondo di sandalo, vetiver e patchouli che progressivamente e in modo inaspettato emergono grandiose e potenti, ma è l’inatteso incontro con l’assoluta di lavandino che dona alla fragranza un’accentazione fougère signorile ed elegante.
GO EAST! Da soli siamo deboli, solo insieme possiamo diventare forti Di ALEX VACCANI KAJET è una nuova rivista indipendente nata dall’urgente necessità di fornire una piattaforma per le narrative dell’Europa orientale. L’obiettivo è diventare un documento archivistico senza tempo. La rivista prende il nome dalla versione orientale del cahier francese, il notebook, una raccolta testuale e visiva di pensieri, un insieme di narrazioni trascurate, una sequenza di riflessioni e prospettive, un lavoro perpetuo in corso di una storia che continua a riscriversi; essenzialmente, una rivista d’incontri dell’Europa dell’Est. Creata e stampata a Titan, ex quartiere popolare di Bucharest, in Romania, KAJET si pone nel panorama europeo ben più che come un mero segnale proveniente da quella che sovente è definita la periferia europea, ma che in realtà è una realtà geografica e geopolitica segnata da dittature, guerre, capitalismo e corruzione, che ha lottato per la sua indipendenza anche col sangue. Quello che ci fa riflettere è che nonostante siano ormai trascorsi quasi trent’anni dalla caduta del muro di Berlino e l’ingresso nella comunità Europea di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubbliche baltiche e Repubblica Ceca, Slovenia, Romania e Bulgaria, noi occidentali continuiamo a osservarla con pregiudizio e siamo diffidenti a causa di molti preconcetti nocivi che gli abbiamo appioppato in proporzione, ai pochi punti di conoscenza che sono stati diffusi nei confronti della sua arte, cultura, società e politica. Questo primo numero «On Communities» creato dai due fondatori Petrică Mogoş e Laura Naum è suddiviso in cinque capitoli che hanno come tema la comunità, sviluppata in diciotto saggi e illustrazioni affidati a quaranta, tra artisti e scrittori. KAJET va oltre i malcontenti e si propone di affrontare alcune incoerenze che governano questa parte d’Europa, soprattutto nell’attuale clima socio-politico turbolento che ha portato a un aumento di xenofobia, bigottismo e ultra-nazionalismo, e offre come soluzione il semplice atto di stare insieme, di mantenere uno stato di coesione indipendentemente dalle differenze etniche, razziali, culturali, sociali e di classe. Il momento storico di questa pubblicazione, punta il dito verso contingenze che trasformano gli individui in persone egoiste e avide, disimpegnate, demoralizzate, socialmente impotenti, in soggetti afasici, post-socialisti, portando a un indebolimento tangibile della comunità dell’Europa orientale. Il riunirsi rappresenta per i due creatori l’ultima abitudine dell’umanità. Concentrarci sul collettivo piuttosto che sull’individuo, la vulnerabilità si radica nell’isolamento, mentre il vero potere risiede nell’unione. Tutto deve essere messo in discussione e reinterpretato di conseguenza.
CDQC I CINEMA I A CURA DI Luca Fontò
A QUIET PLACE di John Krasinski
IL PRIGIONIERO COREANO di Kim Ki-duk
MOLLY’S GAME di Aaron Sorkin
E se il Demogorgone fosse completamente cieco, ma con l’udito finissimo, e andasse a caccia di tutto ciò che emette suono? In una distopica e apocalittica periferia americana, negli anni Venti del Duemila, l’ultima famiglia apparentemente rimasta viva si aggira scalza nei boschi, saccheggiando in silenzio i supermercati deserti e facendo attenzione a non calpestare rami. Grazie alla primogenita, unica femmina di tre figli, hanno tutti imparato a comunicare col linguaggio dei segni: ma i bambini, si sa, sono indomabili, e il più piccolo attiva accidentalmente un giocattolo che diffonde luci e melodie; al Demogorgone basta un attimo per intercettare la preda, e nella distopica periferia americana rimangono in quattro. Al gioco del silenzio, il cinema di genere batte “Stranger Things”, uno a zero: e chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato John Krasinski a farlo, enfant prodige di “The Office”, produttore di un talent sul lip-sync, uno a cui la carriera da regista non stava andando proprio bene. Le insistenze di Emily Blunt, moglie per davvero, l’hanno riportato non solo dietro alla macchina da presa ma anche davanti e in mezzo, con in mano la sceneggiatura di Bryan Woods e Scott Beck – la quale, con una sola riga di dialogo, era riuscita ad entrare nella lista delle migliori del 2017.
Ogni giorno all’alba Nam Chul-woo saluta le sentinelle di vedetta sulla banchina, sale sulla sua piccola barca, accende il motore ed esce a pesca: l’unica fonte di sostentamento per sé e la sua famiglia. Una mattina, una delle due guardie lo ammonisce: «fa’ attenzione ché la corrente va verso Sud», ma l’attenzione non basta: e Nam Chul-woo, cittadino della Corea del Nord, non riuscendo a domare la rete impigliata all’elica, né a fermare il motore, si ritrova oltre il confine, in territorio nemico: in Corea del Sud. Credendolo una spia, le forze di sicurezza lo sottopongono all’isolamento e a continui ed estenuanti interrogatori, durante i quali implora solo di poter tornare da sua moglie e sua figlia. Tornare – sospettano – potrebbe significare la divulgazione di informazioni sensibili, nonostante Nam si aggiri per il Paese bendato. E se qui c’è la dittatura, là c’è la violenza ideologica: e il paradosso si fa grottesco quando Nam torna, e si trova costretto a dimostrare di non aver perso l’integrità e la fede alla Nazione. Ma in che modo si dimostra l’integrità? Il nuovo politicissimo film di Kim Kiduk, presentato a Venezia 73, mette in scena una ferita che sanguina da settant’anni. «Mi sento più sudcoreano o più coreano?» si chiede il regista: «mi sento, semplicemente, coreano».
Quando a fine mese i vostri pochi conoscenti paganti rimasti vi chiederanno «cosa c’è di bello al cinema?», guai a rispondere: «la tipa che organizzava giri di poker illegali». Fino al minuto 75, infatti, tutto si svolge secondo le regole: nessuna percentuale sulle partite clandestine, nessuna violazione per droga o prostituzione. Poi compare la mafia russa, ma non è di questo che parla il film. I primi minuti di quei cinque quarti d’ora servono pure a capire con che velocità dovremo acquisire le informazioni video-sonore per più di due ore; ai vostri conoscenti potreste quindi rispondere: «al cinema è arrivato il debutto da regista di Aaron Sorkin, quello che parla assai», Premio Oscar grazie a Facebook, Golden Globe grazie alla Apple, 6 Emmy Awards per aver creato il più influente legal drama che la storia della TV ricordi. Oppure potreste anche dire: «l’ultimo film con Jessica Chastain, paladina della lotta verso la parità di stipendio tra attori e attrici laggiù ad Hollywood, che ha da poco denunciato il cachet ridicolo di Michelle Williams e ha ottenuto il giusto ricompenso per Octavia Spencer» e che qui, va da sé, traffica con i milioni. O anche, semplicemente, ai vostri conoscenti paganti potreste dire che al cinema c’è il film su Molly Bloom: «non quella di James Joyce, l’altra».
al cinema per 20th Century Fox
al cinema dal 12 aprile
al cinema dal 19 aprile
LA STRONCATURA DOPPIO AMORE di François Ozon
Evidentemente non sono bastati i contributi di Hitchcock e Roman Polanski e l’intera filmografia di Bergman se, nel 2018, c’è ancora chi si sente in dovere di portare sullo schermo il tema del doppio e i sui risvolti clinici (il bipolarismo) e biologici (i gemelli omozigoti). Come rinnovare, allora, la trasposizione del tema? Attraverso split-screen? Specchi che compaiono ogni tre scene e si infrangono nel finale?, sovrapposizioni di ombre? Il tema, abusato quanto Shakespeare, non poteva sfuggire al più narcisista dei cineasti, sempre pronto a reinventarsi fra musical, thriller e mélo erotici: ed è subito ardore del basso-ventre. Il cineasta, peraltro, è figlio del più narcisista tra i Paesi europei, la Francia: e infatti i connazionali gli riempiono le sale quando è in cartellone, lo mandano quattro volte a Berlino, quattro a Cannes, tre a Venezia. C’è da dire, certo, che sono tra i pochissimi narcisisti che vanno ancora al cinema, e ben capaci di vendere le proprie pellicole all’estero. Ma diciamocelo: chi ricorda veramente come finiva il campione-di-incassi “Nella casa”? O la trama intera di “Una nuova amica”? E quella di “Giovane e bella”? Il merito di François Ozon è che a cinque giorni dalla visione, fortunatamente, ci si dimentica tutto. Peccato però che faccia un film all’anno. al cinema dal 19 aprile al cinema dal 19 aprile
CDQC I ON DEMAND I A CURA DI Luca Fontò
LA CASA DI CARTA
SKAM
I nomi: Raquel Murrillo, ispettore di polizia alle soglie del divorzio da un marito violento; Alison Parker, figlia dell’ambasciatore inglese a Madrid bullizzata dai compagni di classe; Arturo Román, direttore della Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, la zecca nazionale spagnola. Le cose: 2,4 miliardi di euro, una valanga di M16, telecamere prontamente disconnesse, cellulari appesi al muro e un microfono nascosto. E poi le città: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki, Oslo: sono gli pseudonimi di otto professionisti con diversissime specializzazioni criminali, accomunati dal non avere niente da perdere. A ideare il gioco più vecchio del mondo è il Professore: un fantasma per la questura, un genio dalle mille identità che intercetta e isola per cinque mesi gli otto delinquenti addestrandoli a ogni evenienza del crimine perfetto: fare irruzione nella Real Casa de la Moneda e starci il più a lungo possibile per stampare banconote non segnate; il tempo è, letteralmente, denaro. Netflix compra i diritti di una serie spagnola e la rende un cult in 190 Paesi. Decide però bizzarramente di tagliare i 15 episodi, originariamente di 70 minuti l’uno, e allungare l’unica stagione a 22 puntate: le prime 13 sono state rilasciate a fine dicembre scorso, adesso arrivano le ultime 9.
Eva e Giovanni avrebbero dovuto passare Pasqua da soli, nella casa al lago: ma Giovanni da solo con Eva non ci sa stare, e s’è tirato dietro Martino. Alle 10:23 dell’1 aprile sull’account Instagram di @garau.giogio è comparsa una foto di loro tre, hashtag: #pasquasenzauovo. Il giorno dopo, Pasquetta, Eva fotografa Martino e Giovanni prima che quest’ultimo se ne vada senza dare più segni di vita: l’ultimo accesso su WhatsApp è delle 17:51. Torna al lago poco prima delle 22:00, e sono dolori: da giovedì 5 Eva si rifiuta di farsi vedere perché il fidanzato, a quanto pare, ha mantenuto i rapporti con una ragazza che non dovrebbe nemmeno salutare. Come andrà avanti la loro relazione lo sapremo giorno per giorno su skamitalia.timvision.it, che attraverso clip e schermate dei social ci mostra la vita di queste persone/personaggi – adolescenti la cui vita, improvvisamente, può essere vista da tutti. “Skam”, alla lettera «vergogna», è un format norvegese ideato da Julie Andem quando era 33enne, nel 2015, che ha visto adattamenti in USA, Danimarca e in cinque Stati europei. Dirige Ludovico Bessegato, classe 1983: le sue clip vengono messe insieme ogni settimana a formare un unico episodio mentre i singoli account contribuiscono a creare, senza sbavature, la prima Web-serie crossmediale d’Italia.
dal 6 aprile su Netflix
ogni giorno su TimVision
ADVENTURE TIME
THE REMIX
Se non avete mai sentito parlare di “Adventure Time” ci sono solo tre giustificazioni che reggano: non avete figli; avete più di sessant’anni; non siete mai stati da McDonald’s. Poco male, Netflix vi allevia la lacuna caricando sul portale le prime tre stagioni della serie più longeva di Cartoon Network: 282 episodi, 10 cortometraggi, una puntata speciale prevista per l’estate 2018 quando tutto sarà finito. In questo momento, infatti, ogni sera alle 20:10 sul canale 607 di Sky, si sta consumando la nona e ultima stagione, di cui negli USA mancano solo 4 episodi. Proprio ad aprile si festeggia la messa in onda dell’epico pilot, “La morte dei morti dolcetti”: era il 2010 e in questi otto anni Finn l’umano e il cane Jake hanno perso per due volte lo stesso braccio, hanno visto un re succedere a una principessa e soprattutto sono stati protagonisti di tre spin-off all’interno della serie stessa – senza che nessuno ci spiegasse mai cosa sia successo alla Terra, come mai restino solo un paio di umani in tutto il mondo e perché tra i quattro elementi siano comparsi caramelle e gelatina. La serie più longeva di Cartoon Network, più femminista pure delle suffragette, è anche la più influente della storia della rete: senza BMO e PSB non ci sarebbe mai stato Steven Universe. Preparate i fazzoletti.
Presentato da Karan Tacker, “The Remix” è la prima serie prodotta da Amazon Prime Video in India ed è anche il primo reality show musicale del Paese. «Una vera rivoluzione del concetto di talent», dice il direttore locale dei contenuti di Amazon: «abbiamo preso due cose che i clienti indiani amano particolarmente, i reality TV e la musica hindi, e ne abbiamo fatto uno spettacolo unico che speriamo possa piacere a tutta la famiglia». Il palco dello show permetterà alla tradizione popolare indiana di incontrare la sperimentazione e l’innovazione: divisi per coppie, dieci team di cantanti e DJ saranno chiamati a rimaneggiare celebri canzoni di Bollywood, sotto l’occhio severo dei giudici Sunidhi Chauhan, Amit Trivedi e il «re della console» Nucleya. Il rapporto tra la vita quotidiana indiana e la musica è secolare: le due grandi epopee tradizionali del Paese, “Mahabarata” e “Ramayana”, vengono infatti memorizzate e tramandate col canto. Le canzoni originali per il cinema, di cui sono zeppe le pellicole di Bollywood, vengono costantemente diffuse prima dell’uscita del film, e rappresentano una parte importante degli incassi cinematografici. Nonostante ciò (il film bollywoodiano più visto del 2017 ha incassato 150 milioni di dollari), raramente riescono a oltrepassare i confini del Paese.
su Cartoon Network e Netflix
su Amazon Prime Video
(Atresmedia / Antena 3)
(Cartoon Network)
(TimVision / Cross Productions)
(Greymatter Entertainment)
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CDQC I LOCALI I A CURA DI MARCO TORCAsio ma davvero vi piacciono il sushi, il ramen, il kebab (anche se mangiato nel posto figo?) Passata attraverso tutte le tendenze, dalla nouvelle cuisine all’infatuazione per l’etnico, dalla passione per il brunch a quella per il fast food, Milano non ha mai dimenticato la sua cucina. Tra i luoghi del cibo, sono le osterie a fotografare la tipicità e la semplicità del mangiar bene in città. Per una cucina che sottolinea le differenze e non si piega alle mode. Ne abbiamo selezionato 4 per un mini-sussidiario (milanese, con parentesi bolognese) del «mangiare come unA VOLTA».
Sapori antichi da tre generazioni
La Milano buona
Max Masuelli continua la tradizione dell’accoglienza milanese che dal 1921 porta il nome di Trattoria Masuelli. Una bottega storica che ha scelto di agganciare saldamente la creatività delle ricette a una memoria storica godereccia. Su una base terrena, di sostanza, si articolano piatti della cucina milanese ora semplici, ora complessi. Alcuni sono diventati veri e propri best seller. Dalla cotoletta alla milanese leggera e croccante tassativamente con l’osso, al risotto allo zafferano «come si deve» (a cui anche il magazine Monocle ha dedicato un pezzo), dalla pasta e fagioli «con il cucchiaio in piedi» al cardo gobbo di Nizza Monferrato (Presidio Slow Food) con fonduta leggera di Raschera. Immancabile la polenta di mais Ottofile, macinato a pietra, accompagnata dal merluzzo, dal foiolo e dalla classica cassoeula che in inverno diviene un appuntamento fisso il giovedì sera. Altre proposte interessanti sono il tonno di coniglio, l’insalatina novella con salvia fritta, il vitello tonnato con polvere di capperi e cialda di grano duro o la vellutata di ceci, coda di gambero, concassé di pomodoro ed extravergine d’oliva. Le mise en place su candide tovaglie bianche, la luce dei lampadari anni 30 firmati Giò Ponti, le dediche di scrittori e storiche penne dell’enogastronomia in mostra sui muri con boiserie concorrono a disegnare un’atmosfera impermeabile alle mode. Animali ben accetti.
La cucina milanese trova un valore aggiunto nella rivisitazione contemporanea proposta dall’Osteria della Bullona, ristorante del duo Daniele Carettoni e Daniele Ferrari. Il locale nasce dove sorgeva l’ex stazione FNM Bullona, da cui infatti prende il nome. Nata nel 1929, la stazione Bullona, struttura a metà strada fra gli stili razionalista e liberty, era la penultima fermata delle linee nord della città prima del capolinea di Cadorna ed era frequentata soprattutto dai viaggiatori diretti alla Fiera di Milano. La stazione fu dismessa nel 2003. I piatti sono rimasti quelli della cucina tradizionale meneghina: crema di fave con cicoria ripassata; tagliatelle all’uovo con cipollotto, asparagi e zenzero; cereghin di uova e asparagi; risotto alla milanese, ossobuco e cotoletta con chips. All’Osteria della Bullona non si va però solo una volta. La prima sera si assaggiano i piatti tipici lombardi, ma poi bisogna tornare per ordinare una pizza. Eh già, perché qui si possono scegliere sei pizze diverse realizzate con farina Petra, linea di grano tenero che nasce in purezza dalle macine del Molino Quaglia. Ottima la Re di Coppe, con San Marzano DOP, fior di latte di Agerola DOP, coppa di maiale cotta e cipolla affumicata.
Trattoria Masuelli | Via UMBRIA 80 | LODI | Milano
Osteria della Bullona | Via Piero della Francesca 68 | SEMPIONE | MILANO
La sostanza che conta
Vera espressione del cibo
L’osteria come regno della cucina che fu. Ma anche miraggio di inaspettata modernità. L’Osteria del Treno, come annuncia il nome stesso, vuole essere il punto di riferimento per chiunque debba incontrare un amico, un parente, una persona in arrivo o in partenza dalla Stazione Centrale. La carta è limitata perché i capisaldi della cucina qui sono i prodotti stagionali. Tutto rigorosamente allineato alla filosofia Slow Food di cui il locale è avamposto milanese. Prosciutto di Sauris e finocchiona della Val d’Orcia tra i presidi. I primi si fanno sentire, dai bigoli con le acciughe alle lasagne porri e speck. Lumache e polenta tra i secondi oppure merluzzo in casseruola confermano quanto sicuramente vi capiterà di pensare: «ok, questa è davvero un’osteria». Notevolissima la selezione di salumi e formaggi in arrivo da mezza Italia. A pranzo si cambia musica, servizio self service con piatti consegnati direttamente dalle mani della cuoca. La sala liberty di inizio Novecento è un vero e proprio vanto dell’insegna.
Al centro del Pratello, nel cuore di Bologna, si trova Il Rovescio, un’osteria nata negli anni 70 e rilevata nel 2008 da Stefano Materassi e Pasquale Giordani, che l’hanno trasformata in un luogo dove poter gustare una cucina biologica, a km 0 e dal sapore autentico in un ambiente intimo e semplice, che sa di casa. Il Rovescio nasce da un paradosso, diventato filosofia guida di tutte le scelte della cucina: non fare la spesa in base al menu, ma costruirlo sulle materie prime di stagione che i piccoli produttori locali forniscono mensilmente, seguendo così i ritmi autentici della natura. Anche il pane, tutti i giorni si avvale di uno storico mulino, quello della famiglia Agostini che nella zona di Ascoli Piceno è uno dei pochi in Italia dotati di impianto completamente biodedicato. La filiera corta consente di avere un menu che cambia mensilmente, con piatti realizzati con prodotti freschi e genuini, con una parte importante dedicata ai piatti vegetariani e vegani, che non sono un’alternativa, ma una proposta studiata e attenta.
Osteria del Treno | Via San Gregorio 46 | CENTRALE |MILANO
Osteria Il Rovescio | Via Pietralata 75 | bologna
SOMMARIO SOMMARIO
URBAN 144 URBAN 134 BIMESTRALEANNO ANNOXV XVI / NUMERO 144 BIMESTRALE / NUMERO 134
EDITORIALE 05 EDITORIALE 3 COMA_COSE 09 BEAUTY 4
HOPPÍPOLLA 12 MODA 14 MODA 15 SPECIALE X FACTOR 21
POST ZANG TUMB TUUUM 27 ANDREA 24 CDQC DESIGN WEEK 33 SILVA FORTES 26
CDQC 45 DAIANA LOU 30
CATERINA 36
LOOMY 42
SOUL SYSTEM 32
ROSHELLE 38
FEM 44
POPTIMISM 7
EVA 22
LES ENFANTS 28
GAIA 34
DIEGO 40
CDQC 47
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