Pescare in Valtellina 1 - ANNO 2013

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Poste italiane S.p.a. - Spedizionre in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 - DCB Sondrio

Pescare in Valtellina Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXIX - N° 1 - 2013


Editoriale

C

he vi piaccia o meno, la Valtellina da sola garantisce il 49% dell’idroelettrico prodotto in Lombardia, il 14% dell’intera produzione nazionale. Stiamo parlando di 97 impianti che utilizzano il 98% delle risorse idriche locali, 310 opere di presa che provocano l’inaridimento di 600 chilometri di corsi d’acqua. In tutto l’arco alpino non c’è territorio sfruttato maggiormente. Un business di miliardi che vi hanno insegnato a chiamare “energia pulita” per il solo fatto che non produce gasserra , ma gli “scarti di lavorazione” di questa bella invenzione li avete sotto gli occhi tutti: limo depositato in alveo, acqua torbida, molti torrenti in secca, sbalzi di livello. Certo, per produrre idroelettrico ci vogliono acqua, montagne ed energia cinetica, e quello che può offrire la provincia di Sondrio non è paragonabile al resto della Lombardia. Ma è giusto che a noi rimanga soltanto un territorio violentato e le briciole di una tavolata apparecchiata per altri? Mai come ora a UPS si presentano due alternative: mollare tutto e arrendersi a una gestione “di comodo” – magari forti dell’accordo di rinnovo della concessione appena firmato con la Provincia – o tenere botta. L’intervento del presidente Valter Bianchini, l’impegno sulla riqualificazione ambientale dell’Adda a Sernio,(poi sarà la volta dei torrenti Masino e Spoel) e il dialogo con STER Lombardia dovrebbero farvi intuire

la strada intrapresa. Sulla difesa ambientale non intendiamo mollare, costi quel che costi. Come leggerete nella rivista, ci lasciamo alle spalle il periodo più duro di sempre: 4 anni segnati dalle opere di manutenzione straordinaria dei grandi invasi imposta dall’Unione Europea, precipitazioni metereologiche anomale, innalzamenti climatici che hanno intaccato i ghiacciai e alimentato le sospensioni disciolte in acqua. Detto questo, i numeri che troverete parlano chiaro, e ci dicono che in Valtellina si pescano molti più pesci che nel resto d’Italia. O ci prendete in giro con la compilazione dei libretti segna pesci o abbiamo di fronte un reticolo idrico che – nonostante tutto - continua a vivere. Ci scrivete e sappiamo che qualcuno non è contento. Succede anche nelle migliori famiglie. Per non ignorare le vostre lamentele ci siamo inventati Il toro per le corna, voi sparate a zero, noi vi risponderemo. La nuova stagione è alle porte e da pescatore un piccolo consiglio mi sento di darvelo: “vincerà chi saprà adattarsi ai mutamenti”; nella rubrica Provateci lo stesso qualche suggerimento utile lo troverete di sicuro. Ci era già arrivato Charles Darwin più di 150 anni fa. All’inizio ci mise un po’ a farsi accettare ma poi sappiamo tutti come è andata a finire. Prima di mandarmi al diavolo, pensateci. Marco Corengia

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SOMMARIO

Pescare ATT U ALIT À

Teniamo botta

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Rinnovata la concessione a UPS

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in Valtellina

V ITA A S S O C IATI V A i nostri numeri

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Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio le novità 2013 12 Anno XXV - del N° 1regolamento - 2009

T U T E LA A C Q U E

UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA Dl SONDRIO

SONDRIO - Via Fiume, 85 Tel. 0342.21.72.57 (2 linee urbane) Fax. 0342.21.89.69 www.unionepescasondrio.it ups@provincia.so.it Direttore Responsabile: Marco Corengia Redazione: Valter Bianchini Giorgio Lanzi Hanno collaborato per i testi: S. Ferrari M. Caslini P. Gibertoni S. Fiorelli A. Silva D. Benetti F. Genovesi A. Scala L.P. Haberscheidt Hanno collaborato per le foto: A. Stanghelini P. Baroni O. Mantovani A. Pagliari G. Calende Foto di copertina: Adda, località Sassella foto Valter Bianchini Stampa Tipografia Polaris Via Vanoni, 79 23100 SONDRIO Tel. 0342.51.31.96 Fax 0342.51.91.83 info@litopolaris.it Della presente rivista sono state stampate e diffuse 7.500 copie Iscritta al n° 166 Registro Tribunale di Sondrio

Lo stato delle nostre acque

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E adesso i pesci risalgono

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Ultimissime

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A P P RO F O N DI M E N TO Ma che caldo fa

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Il big fish del Mera

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P E S C I E P E S C ATORI La via da seguire tra le correnti dell’Adda

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La trota albina

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U P S C O N S I G LIA Pescare a Malghera e dintorni

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P RO V AT E C I LO S T E S S O Pescare al tocco nelle nostre vallette laterali

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L’altra metà del cielo

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IL P E R S O N A G G IO Ricordo di Giuseppe Songini

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S TORI E D ’ A U TOR E Charles Ritz il pescatore

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Trote di Stagione

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IL TORO P E R L E C OR N A Sempre meno temoli. Di chi è la colpa?

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L E TT E R E D E I L E TTORI

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L E B U O N E A Z IO N I Il rispetto delle vostre catture

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Restituzione obbligatoria del libretto segnapesci

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I V O S TRI C LI C K

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attualità

di Valter Bianchini

L

Teniamo

e elezioni per il rinnovo delle cariche associative hanno sostanzialmente riconfermato la precedente gestione, nonostante uscissimo da uno dei periodi più difficili nella vita della nostra associazione. Un quadriennio iniziato nel mese di aprile 2009 con l’orribile svaso del bacino di Cancano – al quale seguirono polemiche e denunce penali - e continuato negli anni successivi con gli svasi relativi alle operazioni di manutenzione straordinaria degli organi di manovra di alcuni tra i maggiori impianti idroelettrici. A peggiorare le cose si sono poi aggiunte le conseguenze di intense precipitazioni che hanno condizionato - in particolare durante stagione 2012 - la pescabilità di numerosi corsi d’acqua, fiume Adda in primis. Ce n’era abbastanza per tornare a occuparsi solo della propria attrezzatura, cosa che chi scrive e molti dei suoi collaboratori avevano attentamente valutato di fare. Al contrario, se abbiamo deciso di rinnovare il nostro

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impegno in seno a UPS è perché siamo convinti di avere bene operato negli anni passati per quanto ci concedessero le nostre competenze; svolgendo cioè i compiti che la Provincia di Sondrio - in quanto concessionaria - richiede si rispettino in materia di gestione e di piscicoltura delle acque valtellinesi. Per il prossimo quadrienni i problemi ai quali dovremo far fronte sono quelli di sempre: la stato dell’Adda, svasi, DMV e la riqualificazione fluviale. Ma una volta di più costituisce premessa indispensabile ricordare che Ups non ha il potere di decidere in casa altrui, quindi di autorizzare o negare operazioni idrauliche, svasi, interventi di regimazione, concessioni di derivazione e quant’altro. Queste sono competenze attribuite dalla legge agli enti preposti. Noi possiamo solo cercare di condizionarne in positivo le scelte che verranno prese, intervenendo con fermezza ai tavoli decisionali,


BOTTA Adda, località Albosaggia (foto Valter Bianchini)

consapevoli purtroppo che spesso l’obiettivo da raggiungere è il compromesso migliore possibile. Tutto questo circondati dal deserto che ormai caratterizza il nostro Paese: gli ecologisti in Italia si sono auto dissolti a furia di dire no; guardando al resto della scena politica non si intravvede una futura classe dirigente che metta le questioni ambientali in cima alle proprie priorità, per non parlare poi del generale atteggiamento di rassegnazione delle nuove generazioni che non ha riscontri in nessun altro paese europeo. Non dobbiamo per questo rassegnarci, tutt’altro; la categoria dei pescatori oggi più che mai ha un ruolo determinante nella difesa degli ambienti fluviali. Il problema della pesca non è tanto riconducibile a chi la gestisce con competenza e passione, ma lo scadimento della qualità degli ambienti fluviali del nostro Paese.

Lo stato dell’Adda - Non c’è bisogno di guardarsi indietro di molti anni per rimpiangere un fiume diverso rispetto a quello che ci appare oggi. Le cause di questo peggioramento sono molteplici: il fattore svasi e i mutamenti climatici si sommano a quelli di una politica che – ad oggi - in nome della sicurezza e della sempre maggiore richiesta di territorio da urbanizzare, non è andata troppo per il sottile nel realizzare opere di regimazione che spesso fanno a pugni anche con il buon senso. Le cronache ci mostrano come fiumi bistrattati prima o poi presentino conti molto salati. Il riscaldamento globale è una realtà con cui abbiamo già cominciato a fare i conti: uragani, trombe d’aria e terribili “bombe d’acqua” provocano morte e devastazione ovunque. Questi fenomeni si sono accentuati anche in Valtellina e hanno spesso come conseguenza importanti dissesti idrogeologici. Nel letto dell’Adda si scaricano come

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mai prima grandi volumi di inerti che, occludendo ogni buca, rischiano di soffocarne la vita. Non abbiamo molto tempo per intervenire. Non saranno più sufficienti solo gli interventi tampone, le piccole manutenzioni, la costruzione di qualche briglia in più, le escavazioni di ghiaia a spot, il volontariato una volta l’anno per tagliare le ramaglie qua e là: serve ben altro, cioè un serio piano pluriennale di gestione/manutenzione ordinaria e straordinaria di quei corsi d’acqua che ne hanno bisogno. In particolare, nel caso dell’Adda, un piano di interventi che, a partire dalle sue sorgenti, coniughi l’obiettivo della sicurezza delle popolazioni con quello della riqualificazione del fiume. Se c’è una classe politica sveglia avrà già capito che anche il futuro occupazionale di tanti valtellinesi dipenderà per buona parte da quanto si investirà nella manutenzione dell’ambiente. Ci auguriamo che il prossimo Governo Regionale comprenda che si debba agire in fretta. Certo - se parte delle enormi risorse derivanti dallo sfruttamento delle nostre acque restasse sul territorio come sarebbe sacrosanto aspettarsi - potremmo fare a meno di chiedere ad altri. Gli svasi – Il periodo delle manutenzioni straordinarie può dirsi concluso. Abbiamo pagato in questo ultimo quadriennio le conseguenze di 20 anni di immobilismo e adesso – per consentire all’Adda di riprendersi - è necessario cambiare registro. La manutenzione dei bacini idroelettrici d’ora in avanti dovrà essere improntata esclusivamente a quanto strettamente indispensabile; da parte nostra vigileremo perché non ci siano “furberie” di nessun genere. Ma come stabilire la soglia “dell’indispensabile?” Molto dipenderà dall’andamento climatico in quanto - più elevate saranno le temperature estive in alta quota maggiore sarà l’afflusso di limo glaciale nei bacini artificiali e viceversa.

Nell’ultimo quadriennio i nostri fiumi hanno

scontato 25 anni di mancata manutenzione degli impianti idroelettrici. Con il 2013, un nuovo protocollo sottoscritto da Provincia e UPS affiderà a quest’ultima il compito di verifica del rispetto del deflusso minimo vitale. 6

Il Dmv – a partire dal 2013 Regione Lombardia formalizzerà i valori minimi di portata e rilascio delle opere di presa interessate dalla sperimentazione a titolo di DMV. Di conseguenza per gli enti preposti sarà possibile esercitare i dovuti controlli al fine di verificare il rispetto delle portate d’acqua rilasciate. In questo senso la Provincia - al momento del recente rinnovo della concessione - ha inteso affidare il compito di sorveglianza e verifica dei DMV al personale di Vigilanza di UPS in forma sussidiaria. A tale fine durante l’anno 2013 verrà sottoscritto un specifico protocollo di intesa per questo tipo di attività.


Le nostre risorse idriche – C’è da aspettarsi di tutto, quindi dobbiamo tenere gli occhi aperti: volevano far sparire (ci riproveranno) la virtuosa Provincia di Sondrio. Se ci riuscissero, magari svuotandola delle sue funzioni, una certa politica avrebbe la strada spalancata per riappropriarsi del futuro delle nostre risorse idriche, probabilmente rimettendo in gioco anche il bilancio idrico provinciale grazie al quale è stato fermato l’assalto definitivo ai nostri torrenti. Prepariamoci quindi. Per attrezzarci al meglio è indispensabile che la nostra associazione sia forte e partecipata. Non ci sono battaglie perse in partenza; quanto ottenuto in difesa delle nostre acque potrà sembrare tanto o poco, ma se possiamo ancora ammirare l’integrità di buona parte dei nostri torrenti lo dobbiamo a chi ci ha messo la faccia. Alla fine ci si presentano due alternative: dare sfogo al malcontento attraverso forum e lettere di protesta o continuare ad amare il fiume. Adesso come non mai, continuare a pescare in Valtellina vuol dire difendere un ambiente sotto scacco, dando fiducia a un’associazione che ha deciso ancora una volta di non mollare.

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ATT U ALIT À

Rinnovata la concessione all’U.P.S. per altri dieci anni Il Presidente dell’Unione Pesca Valter Bianchini e il Presidente della Provincia di Sondrio Massimo Sertori (foto Giorgio Lanzi)

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L

o scorso 6 luglio il Consiglio Provinciale - accogliendo la richiesta presentata dal nostro presidente Valter Bianchini - ha deliberato all’unanimità e con largo anticipo rispetto alla scadenza il rinnovo della concessione delle acque della provincia per ulteriori dieci anni a scopo di piscicoltura a UPS, periodo massimo consentito dalla legge Regionale 05 dicembre 2008 n.31. Il 2 agosto 2012 presso la nostra sede, in occasione di un’apposita riunione del Comitato di gestione, il Presidente della Provincia Massimo Sertori e l’Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca Severino De Stefani, hanno illustrato le ragioni della decisione adottata. Il nostro presidente e quello della Provincia hanno quindi proceduto alla firma del disciplinare di concessione. La nostra soddisfazione è grande, perché con questa scelta sono stati riconosciuti da parte del Consiglio Provinciale il nostro impegno e

i sacrifici diretti a promuovere e assicurare una gestione delle acque improntata alla tutela e all’incremento della fauna ittica. In modo analogo è stato premiato l’impegno profuso - in collaborazione con la stessa Provincia – per la valorizzazione di importanti iniziative a difesa delle acque e per la tutela degli ambienti fluviali nonché per il concretizzarsi di progetti tecnico-scientifici finalizzati all’incremento del patrimonio ittico attraverso l’ampliamento, il completamento e l’ottimizzazione del Centro ittico di Faedo. Grande attenzione è stata rivolta alla realizzazione di progetti finalizzati alla riqualificazione ambientale per i quali sono stati ottenuti importanti contributi pubblici e privati. E’ doveroso un ringraziamento all’amministrazione provinciale (Presidente, Assessore, Giunta e Consiglieri) oltre che ai membri, agli organismi e alle strutture dell’Unione Pesca che hanno contribuito a questo importante risultato.


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V ITA A S S O C IATI V A

I nostri numeri 5.167

Soci 2011: Stagionali adulti:

3.645 Stagionali ragazzi: 1.361 Stagionali plus no-kill: 161 SOCI 2012 per età

1600 1400

1361

1200 <17

1000

923

17/19 20/24 25/29

800

30/34 35/39 40/44

600

45/49

393

400 200

91

140

167

218

254

402

427

474

50/54 55/59

317

60/64 > 65

0 fascia di età

SOCI 2012 per fascia di età suddivisione % <17 26%

> 65 18%

60/64 9%

17/19 2% 20/24 3%

55/59 8%

25/29 3% 30/34 4%

50/54 8% 45/49 8%

10

40/44 6%

35/39 5%


BILANCIO DI PREVISIONE 2013 - pubblicazione in estratto ENTRATE (previsioni) Titolo I Titolo II Titolo III Titolo IV Titolo V Titolo VI

ENTRATE TRIBUTARIE ENTRATE DERIVANTI DA CONTRIBUTI AMM.NE PROVINCIALE ENTRATE CORRENTI (permessi di pesca, obblighi ittiogenici ecc.) ENTRATE DA ALTRI ENTI PUBB.ICI E PRIVATI PER INVESTIMENTI TOTALE ENTRATE DERIVANTI DA ACCENSIONE DI PRESTITI ENTRATE DA SERVIZI PER CONTO DI TERZI TOTALE AVANZO DI AMMINISTRAZIONE TOTALE GENERALE ENTRATA

SPESE (previsioni)

2013 0,00 TITOLO I TITOLO II

SPESE CORRENTI

2013 978.620,00

SPESE C/CAPITALE

803.100,00

862.981,00 803.100,00 1.666.081,00 100,00 TITOLO III 22.800,00 TITOLO IV 1.688.981,00 115.639,00 1.804.620,00

1.781.720,00 SPESE PER RIMBORSO PRESTITI SPESE PER SERVIZI PER C/TERZI

100,00 22.800,00 1.804.620,00

Disavanzo di amministrazione

1.804.620,00

Torrente Dosdé (foto Valter Bianchini)

RENDICONTO DI GESTIONE 2012 - pubblicazione in estratto Quadro riassuntivo della gestione finanziaria Residui –– 312.403,62 330.944,93

Fondo di cassa al 1° novembre 2011 RISCOSSIONI PAGAMENTI FONDO DI CASSA AL 31 OTTOBRE 2011 PAGAMENTI per azioni esecutive non regolarizzate al 31 dicembre 2012 Differenza RESIDUI ATTIVI 42.845,51 RESIDUI PASSIVI 54.001,07 Differenza AVANZO (+) O DISAVANZO (-)

GESTIONE Competenza –– 1.158.823,98 1.205.199,76

84.927,11 208.230,26

Totale 546.669,43 1.471.227,60 1.536.144,69 481.752,34 0,00 481.752,34 127.772,62 262.231,33 -134.458,71 347.293,63

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V ITA A S S O C IATI V A

Le novità del regolamento 2013-14 IL REGOLAMENTO DI PESCA 2013/2014 Il regolamento resterà in vigore per le stagioni di pesca 2013/2014, con le sole eventuali modifiche che potranno essere apportate relativamente a: 1) Date di apertura e chiusura della pesca, tempi di pesca delle specie ittiche, limiti di cattura. 2) Sopraggiunte necessità tecniche o adeguamenti alle leggi in materia di pesca in vigore al momento.

I COSTI DEI PERMESSI In tempo di crisi, tra tagli e manovre economiche, costi dei carburanti alle stelle e aumenti della tassazione, l’ultima cosa avremmo voluto fare era proprio quella di aumentare i costi dei permessi di pesca. Quattro anni fa ci eravamo ripromessi di mantenerli inalterati consapevoli delle difficoltà

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in arrivo ma nella speranza che la crisi passasse in fretta, come qualcuno peraltro ci aveva illuso che fosse. La crisi economica che sta attraversando i continenti sta lasciando dietro di sè, come un ciclone, danni e grandi devastazioni. Siamo riusciti a mantenere la promessa fatta fino a oggi, anzi, due anni fa abbiamo anche ridotto i costi dei permessi di pesca per i ragazzi investendo con grande successo nel ricambio generazionale. Purtroppo ora non abbiamo potuto fare a meno di apportare un ritocco in aumento ai permessi di pesca. Ce lo impone l’aumento dei costi di gestione dell’associazione dovuto all’aumento generale dei costi dei servizi e delle forniture, nonostante si stia facendo ogni sforzo per “tagliare” dove possibile. Il permesso annuale e quelli speciali aumentano di 10 euro (per i ragazzi l’aumento è di solo 5 euro): un ritocco imposto dall’unica esigenza di continuare a offrire una gestione all’altezza delle attese. Rapportati al numero di giornate di pesca fruibili, questi 10 euro in più crediamo siano poca cosa se servono a garantire una navigazione serena


alla nostra associazione, continuando a svolgere, tra l’altro, il ZONE “GIOVANI” RISERVATE AI BAMBINI - Nelle seguenti zone ruolo di sentinella del reticolo idrografico provinciale. potranno accedervi esclusivamente i bambini nati dopo il 1° Ecco i costi dei permessi: gennaio 2000: Torrente Spoel – Laghetto del “Luigion”; F.Adda: a) stagionale: €.140,00 da ponte Capre per 100 mt. a valle; b) stagionale giovani nati dal 1°gennaio 1997: €.20,00 F.Adda: da ponte Mazzo per 100 mt. a monte; Torrente Mallero: c) stagionale “plus no kill”: €. 250,00 zona Cimitero di Chiesa Valmalenco. e) giornaliero (acquistabile dal 03.06.2013) €.25,00 (n. 5 per- messi €. 100,00: I’acquisto del pacchetto da n. 5 permessi COME E DOVE ACQUISTARE permetterà di fruizione degli stessi in giornate a scelta) f) giornaliero “no-kill” pesca a mosca con coda di topo: €. I PERMESSI DI PESCA 25,00 (n. 5 permessi €. 100,00: I’acquisto del pacchetto da n. 5 permessi permetterà di fruizione degli stessi in AVVERTENZE VARIE giornate a scelta) La Rivista “Pescare in Valtellina” contiene: a) modulistica perso nalizzata e raccolta in un unico foglio necessaria per ottenere i Fascia A – Zone NO KILL Pesca a mosca con coda di topo permessi di pesca. b) Regolamento 2013/2014 (pagina centrale (Art. 13 Regolamento Generale) della rivista) a) annuale per soci: €.155,00 c) busta indirizzata all’UPS per la restituzione del libretto seb) giornaliero soci: €.25,00 (n. 5 permessi €. 100,00: l’ac- gna pesci e del modulo di affiliazione debitamente compilato quisto del pacchetto da n. 5 permessi permetterà di in ogni sua parte . fruizione degli stessi in giornate a scelta) Oltre ai versamenti a mezzo conto corrente postale in assoluta c) giornaliero NON soci: €.35,00 sicurezza, è possibile pagare direttamente con carta di credi Fascia B & C - Zone a mosca e artificiali €. 50,00 ( Art. 13 to presso la sede Ups, in via Fiume 85 – Sondrio, dove è disponibile il Servizio POS fisico fornito dalla Banca tesoriere Regolamento Generale) valido per 15 catture. Dal nostro sito Internet: www.unionepescasondrio.it, registrarsi e quindi richiedere l ‘invio della modulistica direttamente al Fascia D – Zone riservate alla pesca turistica a) Tessera valida per n.15 catture €.50,00 (Art. 13 Regolamento proprio domicilio. Al pescatore, dunque, non rimane altro che presentarsi con l’intero foglio/modulistica in un punto autorizGenerale) zato al rilascio dei permessi con la ricevuta di pagamento del b) Permesso giornaliero: € 25,00 bollettino di versamento in c/c postale, anch’esso inserito nel “modulo”. Detti punti autorizzati consegneranno il permesso LE MODIFICHE AL REGOLAMENTO stagionale di pesca.

2013-14

Tutte le modifiche sono evidenziate in neretto nel regolamento. Le principali sono le seguenti: MISURA DELLA TROTA - La misura minima della trota fario/ iridea sale a cm. 25. La misura minima di cm. 30 per la trota mediterranea resta confermata nel fiume Adda e Mera nei tratti previsti dal Regolamento generale di pesca. Anche la misura minima degli ibridi di trota marmorata viene equiparata alla marmorata pura, quindi in cm. 40; PESCA NEL LAGO DI LIVIGNO - Si precisa che l’esercizio della pesca è consentito esclusivamente ai possessori del permesso stagionale o giornaliero nonché dello specifico permesso/censimento gratuito reperibile preso i punti vendita autorizzati che disciplina l’attività di pesca e i limiti di cattura. INVASO DI VAL DI LEI - L’esercizio della pesca nell’invaso di Val di Lei (Valchiavenna) verrà opportunamente definito durante la stagione di pesca dal Comitato di gestione in relazione alle attività in corso dal parte del gestore dell’impianto. ZONE DI DIVIETO ASSOLUTO- Torrente Foscagno: da via Producena sino a confluenza torrente Viola; Torrente Cadangola: da via Producena sino a confluenza torrente Viola; Fiume Adda: sino al termine della zona palinata a monte e a valle della scala di rimonta dei pesci sulla traversa di Ardenno dell’Enel; ZONE NO KILL TRAONA E TURISTICA MORBEGNO – Le due zone vengono invertite, nel medesimo tratto della precedente zona turistica viene istituita la zona no kill e nel medesimo tratto di Traona viene istituita la zona di pesca turistica. ZONA NO KILL VALLACCIA – Il tratto di zona no kill sul Torrente Vallaccia viene limitato dalle prime case in alpe Vallaccia sino a ponte Rez (strada Bormio per Livigno); Non appena realizzati i lavori di riqualificazione fluviale nella parte finale del torrente Spol a Livigno, la zona no kill verrà qui trasferita. I lavori verranno completati probabilmente entro il mese di luglio.

LICENZA REGIONALE Per esercitare la pesca nelle acque della Provincia di Sondrio è necessario essere anche in possesso della licenza regionale tipo “B”. La Legge Regionale n.31 del 2008 e il Regolamento Regionale n. 9 del 22 maggio 2003 prevedono: • la licenza regionale ha validità 10 anni dalla data di rilascio; • la tassa di concessione regionale per l’esercizio della pesca dilettantistica non è dovuta dai cittadini residenti nel territorio italiano di età inferiore a 18 anni o superiore a 65, nonché ai portatori di handicap, ai sensi della L.r.10/2003; • l’istituzione di un permesso “turistico per la pesca dilettantistica, sostitutivo della licenza di tipo”B”– che per la provincia di Sondrio ha il costo di €. 2,00 e validità quindicinale. Chi risiede in Lombardia e non deve rinnovare la licenza regionale, dovrà limitarsi a versare la tassa annuale 22,72 € sull’apposito bollettino di conto corrente postale 25911207 intestato a Regione lombardia, servizio Tesoreria, via Pirelli 12, 20133 MILANO Per il rilascio di nuova licenza regionale e/o per il rinnovo delle stesse occorrerà presentare all’Ufficio Pesca della Provincia di provenienza: n.2 foto formato tessera, autocertificazione su apposito modello / ricevuta del versamento di € 22,72 della tassa di concessione regionale da effettuarsi sul ccp n. 25911207 intestato a Regione Lombardia, Servizio Tesoreria, Via Pirelli 1220133 Milano / fotocopia del documento d’identità / n. 2 marche da bollo da € 14,62, (*Per i pescatori della provincia di Sondrio dovrà essere presentata anche ricevuta del versamento di € 5,16 sul c.c.p. n. 11925237 intestato a Amministrazione Provinciale di Sondrio - Servizio di Tesoreria indicando la causale “licenza di pesca”).


t u t e l a a cque

Lo stato delle nostre acque Facciamo il punto con la Regione Intervista di Marco Corengia

Silvio D’Aschieri (foto Giorgio Lanzi)

14

S

ono trascorsi quattro anni da quando sono state autorizzate le operazioni “straordinarie” di svaso in alcuni dei maggiori bacini idroelettrici, la sperimentazione delle misure dei minimi deflussi vitali è in corso, il cambiamento climatico sta accentuando il dissesto idrogeologico mettendo a dura prova l’integrità degli ambienti fluviali. Abbiamo quindi chiesto alla Sede Territoriale di Sondrio della Regione Lombardia di poter fare il punto della situazione, in quanto proprio questo ente è in buona parte istituzionalmente competente ad occuparsi di questi temi. Le domande che seguono sono state rivolte al geom. Silvio D’Aschieri, Quadro responsabile dell’area territoriale Risorsa acqua e Protezione Civile, il quale ha cortesemente accettato di rispondere previo consenso del dirigente dello STER di Sondrio Dott. Alessandro Nardo.

Per cominciare, in breve, di cosa si occupa la Sede Territoriale di Sondrio della Regione Lombardia? “Lo STER di Sondrio, tra le varie attività, ha specifiche competenze in materia di Difesa del suolo, Acque e Protezione Civile. In particolare è preposta all’attivazione di pronti interventi nel caso di calamità naturali, attua lavori di difesa idraulica sul reticolo principale ed escavazioni in alveo, rilascia concessioni ed autorizzazioni nel merito di grandi derivazioni di acque pubbliche e di uso del demanio idrico, svolge attività di Polizia idraulica sui due principali corsi di acqua della provincia e cioè Adda e Mera e sul restante reticolo idrico principale.” Quindi quali sono le competenze specifiche in materia di acque, di rilascio di autorizzazioni, di controlli?


“Come già accennato prima la Sede si occupa del rilascio di concessioni ed autorizzazioni per le grandi derivazioni ad uso idroelettrico con anche il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed esercizio degli impianti. Svolge l’attività di polizia idraulica con il rilascio anche qui di concessioni ed autorizzazioni sull’uso del demanio idrico ed attiva tutti quei controlli sul territorio atti a preservare il bene demaniale. Svolge attività di controllo e vigilanza sulle dighe ed invasi di competenza regionale e sui rilasci del deflusso minimo vitale. Approva e coordina i piani di gestione dei sedimenti delle grandi dighe. Progetta e attualizza lavori di escavazioni degli inerti di programma e di somma urgenza con annessi anche lavori idraulici a protezione degli abitati.” A che punto siamo con la scadenza e il rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche? “Alcune concessioni idroelettriche sono scadute già nel 2010 altre sono in scadenza nei prossimi mesi e la Regione è in attesa di determinazioni nel merito delle gare da parte dei Ministeri competenti, per il momento gli attuali gestori continuano l’attività.” In materia di gestione dei bacini idroelettrici in questi anni la Regione si è attirata molte critiche dei pescatori e non solo, quale è la vostra valutazione sui risultati conseguiti dopo quattro anni continuativi di svasi? “Gli svasi delle dighe sono sempre stati criticati non solo dai pescatori ma anche dai normali cittadini che si vedono imbrattare le acque dei nostri fiumi e torrenti, d’altronde queste sono operazioni che si devono fare e purtroppo sono rimaste ferme per troppi anni. E’ chiaro che se non ci fossero le dighe il limo finirebbe sempre nel fiume magari in maniera meno concentrata e quindi non creerebbe danni così evidenti che in un periodo ristretto. In questi ultimi anni in Provincia di Sondrio siamo stati i precursori di queste attività, e oserei dire che le cose sono andate sostanzialmente bene sia per gli ambienti acquatici ma anche per le popolazioni che vivono lungo i fiumi. Teniamo anche presente però, che questi svasi non si attuano nell’intero anno e molte volte, gli eventi naturali creano problemi più grossi degli svasi.” Potremo tornare alla normalità, cioè ad un regime di gestione ordinaria dei bacini che comporti esclusivamente operazioni manutentive di breve durata? “A mio parere gli svasi e le fluitazioni più grosse sembra che al momento siano stati effettuati, mi riferisco in particolar modo a Cancano e Valgrosina; dire che si possa tornare alla normalità, intesa come apertura e chiusura degli scarichi al

fine di una verifica, mi sembra prematuro anche perché alcuni piani di gestione sono appena stati presentati e dovranno essere approvati ed attuati…..sto pensando al Belviso.”

Fiume Adda a Cepina, lavori in alveo (foto Pierino Baroni)

Come è possibile ancora oggi, e ci riferiamo allo svaso del bacino di Campo Moro effettuato da Enel nell’ottobre 2012 che ha avuto come conseguenza acque limacciose nel torrente Mallero e in tutta l’asta dell’Adda per oltre un mese, che nessuno si sia sentito in dovere di dare la benché minima spiegazione di ciò che stava accadendo? A chi tocca questo elementare dovere di trasparenza? “L’ Associazione in questo caso ha pienamente ragione, la Sede in questo caso aveva consigliato l’ ENEL di dare ampia informazione e comunque spetta al concessionario agire in tal senso.” Noi abbiamo seri elementi per ritenere che il fiume Adda e la sua popolazione ittica siano profondamente stressati da questi svasi. Quale è la vostra opinione in merito? “Non sono un biologo per azzardare conclusioni su queste affermazioni, mi sembra di capire che dalle sperimentazioni e monitoraggi in atto, le cose non siano “al top” ma nemmeno disperate, e veramente non so se si possa impedire ai concessionari, secondo la normativa vigente, di non assicurare la sicurezza delle dighe. 

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NACHE O R C O I R D SON

SONDRIO REDAZIONE ovincia.it lapr redsondrio@ 0342.535511 Tel

ncia.it, rtolotti@laprovi loni@laprovincia.it olotti m.bo a.pol Monica Bort , Alessandra Polloni laprovincia.it, cia.it ini s.baldini@ rsetti@laprovin a.it, Sara Bald nia Marsetti a.ma alli@laprovinci a.it, Anto Begalli l.beg era@laprovinci rovincia.it, LucaColombera m.colomb i@lap iragh .it, Marzia aghi s.cas Simone Casir go r.carugo@laprovincia Riccardo Caru

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Ne è dimostra genico è già stato fissa quando a go al centro ittiomattinata del 30 marzo, eranno da a gramma nell dal primo cittadino, arriv il primo a i, enti Faedo, accolti Cavallotti e Paolo Gall mentali, il pia di... sedim co , il fiume scop Milano Mar Risorse immobiliari e stru rtimento PERICOLO Adda capo dell’area ore confermato del dipacca. rcat secondo rice e e bioscienze della Bico collaboraa di biotecnologiin divenire e nasce dall ai ha inè da anni orm «Il progetto nostro Comune cca - spiega il sindazione che il l’università Bico allotti e Galstaurato con 30 marzo, insieme a Cav proprietà ] NA di Il -. RO co rari VE geni ittio co Cap NA DI e dove si are il centro [ LA RASSEG li si andrà visite si allevano trote e temoli,del gambedell’Ups, dov do anche l’allevamento o quelha come scop si snosta sperimentan che a visit di fiume». Unadue esperti la struttura che drati tempo reale. curo in ti men qua ai , ri à com lo di illustrare erficie di circa 6.500 met ve trasmetter vini, ma anche di territorio ista lti acco prev sup nno da su una Si parlerà di nello stand è visitatori sara egue il prinzialità. quest’anno i ento ormai caratterizzan- cina e turismo. Sempre a incontri con giornae le sue pote in fase embrionale, - prosarsi al cenal- Anche vata one , elem ra di Valtellina re. Infine un una "piazza" vip room, riser e alla ristorazi «L’idea, anco sarebbe quella di appoggi i di persarà un bel po’ più im- in dello stand. Oltre al vino riservato al turi- una autorità e operatori del setto cors nare la deSONDRIO Ci ero 46 di Vinitaly, la te mo cittadino e specializzazioni, dei listi, nte sarà etterà di abbi di atdo del vino che uno spazio importaesi, grazie al forte legame servizio cucina perm ellinesi con le speciafare dell la possibilità a Bire per mon l’edizione num al tro ude escl icata a che valt e ded , senz ta dell io di origine, ne dei rossi veste di "final 28 marzo : i vini valtellin portante fiera fezionamento presente sede distacca Faedo è orcon il territor infatti un pre- gustazioronomiche, proposte in f locali. Per mer- smo Verona dal 25 o si svolgerà a entata in Camera di com tivare nella già ltà di infermieristica - a di biologia rappresentan da visita per lità gast ", da una squadra di che studiata corso oggi sarà presdi una confecocca della faco rsi anni - un e suonare tanto zioso biglietto Sondrio. Ma ger food ione del Vinitaly è stata dive are o da ricre cors ente di nel ediz di brar cio mai pres questa l’obiettivo la provincia potrebbe sem ellina un ica nuova con ente. l’interesse crerenza stampa. la bandiera marina». Il chesingolare, essendo la Valt grande per captare blico, è indi- una graf e familiare e coinvolg eranno il mio ient port Per tenere altaConsorzio Tustrano quantoramente montano. «Con che ci soscente del pub cire a comu- un amb enza di immagini tras il oltura valtelsequ ne del territorio territorio inte cura Caprari - ho scoperto specializspensabile rius stret- Una pronte alcu storia della vitic ore - assi intendono non va tela Vini ha valorizzare al territorio. La Con- visitatore nella e presente. il stup che re zzi nica raga Caa ri che one fra Bettini, tra passato novità volte otti delle case no diversi nost marina, un’interesse ta collaborazi a, Camera di linese, le aziende presenti: F.lli Mamete Premeglio i prod integrare una zarsi in biologia sorzio, Provinci retto agroa- Diciotto una, Pietro Nera, Fay, Salis, Aldo ». Dist vinicole e ad si vincente sottovalutato commercio, Associazione ven CamNino Negri, Conti Sertoli ola Nobili, lata formula rive anni. La primercio, vostini, cca, Nic e, Unione comvino e dei sapori è riu- Rainoldi, Plozza, Tria Marsetti, Dirupi, Le ntar negli ultimi duearda la posilime trori e Strada del ra mediatica da par- Ar.pe.pe, Balgera, Albertoter Menegola. Valtellina si ma novità rigu ndo ristorato d assegnato alla la copertu Alti e Wal una pozione. Lo stan mpia area laterale al seco scita a ottenere Strie, Terrazzi One, che avrà ibile con le sca- te di Radio Numbernterno dello stand da dova infatti in un’a Expo, raggiung a città rale all’i piano del Palae proprio all’ingresso dell stazione cent post ili le mob fieristica.

altellinapo reale io con lannoVcom radRiusciremo in tem a me tt e ir a ntiraggiungere entro il 2015 d era ly ett a Al Vinittrale all’interno dello stand dove si trasm Postazione cen

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gli obbiettivi di qualità previsti dalla Comunità Europea in particolare nei corsi d’acqua direttamente interessati dalle operazioni di svaso? “Ripeto quello che ho detto prima, con le attività in atto, mi pare di capire di si.”

Esistono delle evidenti criticità dovute alla scarsità di acqua in alveo, in particolare nel Fiume Adda nella zona a valle di Bormio. “Nella zona di Bormio, ed intendo anche il Parco dello Stelvio, i rilasci sono nell’ordine del 10% e questo è ciò che impone la legge, circa la scarsità di acqua negli alvei in questa zona penso che il tutto sia dovuto alla morfologia degli alvei stessi che si presentano in molti casi sovralluvionati dagli inerti e quindi le acque vanno in subalveo. Stiamo provvedendo al momento con estrazioni di inerti.” Scioglimento dei ghiacciai e fenomeni meteorologici di forte intensità causano il trasporto e l’accumularsi di enormi quantità sedimenti lungo l’asta di fiumi e torrenti, in particolare nei Fiumi Adda e Mera. Come pensate di affrontare la situazione? “Anche qui l’unica cosa noi possiamo fare è quella di restituire una modesta sezione d’alveo bagnata attraverso le escavazioni di materiale inerte. La Regione Lombardia, attraverso le economie della Legge Valtellina, ha messo a disposizione dei fondi per l’attuazione del “ Piano di Gestione dei sedimenti in alveo”; con tale strumento sarà possibile studiare meglio la morfologia e l’habitat dei due fiumi principali Adda e Mera, e programmare meglio le escavazioni tutelando il corso d’acqua da qualsiasi iniziativa indiscriminata in tal senso.”

Per il futuro come pensate di evitare che qualche Gestore possa approfittare delle normali attività manutentive per attuare vere e proprie fluitazioni? Quali sono i vostri strumenti di controllo? “L’ unico “ potere” è limitare temporalmente le operazioni e pretendere comunque un minimo di monitoraggio…..poi le eventuali emergenze non si possono controllare.”

Più precisamente dove sono previsti interventi significativi di escavazione nel 2013? “Durante il 2013 è prevista, sul fiume Adda e Mera, l’attuazione del programma escavazione del 2012 che comporta 24 interventi di prelievo di inerti dall’alveo. Tali interventi principalmente sono previsti nella zona tra Berbenno e Tirano.” Ogni singolo intervento è quantificato nell’ordine massimo di 10.000 mc. e pertanto i giorni di lavoro saranno pochi, diciamo anche che tali lavori devono essere eseguiti prima delle morbide estive pena l’impraticabilità del corso d’acqua.”

A che punto siamo con i D.M.V., in particolare con i progetti di sperimentazione? “I progetti di sperimentazione sono stati autorizzati per altri tre anni e quindi i corsi d’acqua interessati saranno studiati ancora per questo tempo. Purtroppo ,contrariamente al mio pensiero, le scelte sulle percentuali da applicare ai rilasci sembrano tutte sotto il 10%. Posso però affermare che sui principali corsi d’acqua sottesi da grandi derivazioni, dopo l’adeguamento del DMV nel 2008, la situazione è sicuramente migliorata, un esempio per tutti: l’Adda alla traversa di Ardenno, siamo passati da 1,5 mc a quasi 10 mc di rilascio.”

Quasi tutti ci chiedono di fare il possibile perché vengano ripristinati i Silos in alcune aree strategiche del Fiume Adda ritenendo, sulla scorta del passato, che a mezzo di attività di escavazione periodica si possa contenere il fenomeno del deposito incontrollato di inerti lungo l’intera asta fluviale. Le attuali normative lo consentirebbero? “Non penso sia possibile ripristinare i “vecchi Silos” ma attraverso il Piano soprarichiamato sarà possibile individuale alcune zone particolari nelle quali poter realizzare delle buche atte a preservare e riprodurre il pesce, ritengo questi interventi utili e fattibili.


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A P P RO F O N DI M E N TO

Ma che

“ Come se non bastassero le operazioni di svaso degli impianti idroelettrici anche i cambiamenti climatici contribuiscono ad intorbidire le acque”

di Stefano Ferrari Ingegnere Ambientale

Ghiacciaio del Dosdé (foto Giorgio Lanzi)

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L

a sveglia è inclemente, suona a un orario indecente. La colazione in fretta e furia, in macchina si guida come in un gran premio, tutto per guadagnare pochi minuti preziosi di pesca. Una volta impugnata la canna e arrivati in riva al corso d’acqua ci si accorge che è impossibile pescare a causa della torbidità dell’acqua. In quel momento, da buon italiano, si comincia a pensare a chissà quali cospirazioni nei confronti dei pescatori, “con quello che ci fanno pagare l’elettricità ci tolgono anche la possibilità di pescare, ai miei tempi l’acqua era sempre pescabile…” Quante volte vi è capitata questa situazione?

La torbidità dell’acqua è un fenomeno che viene visto in maniera negativa da noi pescatori, ma esso è un elemento naturale che fa parte della dinamica fluviale. Svasi dei bacini artificiali a parte ovviamente. La torbidità è causata dalle particelle solide sospese nell’acqua ed è originata principalmente dalla fusione nivo-glaciale e dall’apporto di terreno nel corso d’acqua, dovuto sia all’occasionale passaggio della lama d’acqua in aree golenali sia al cedimento delle sponde fluviali o erosione di zone limitrofe. Se quindi le cause sono naturali perché negli ultimi anni sembra aumentare la frequenza di tali fenomeni? Serve innanzitutto ricordare che spesso la su-


Filo diretto

caldo fa

perbia dell’uomo lo porta a considerare la natura come un oggetto di proprietà, e come tale viene creduto immutabile. In realtà nulla è immutabile e le leggi della natura determinano un delicato equilibrio dinamico che governa i sistemi ambientali. La vita dell’uomo è troppo breve per apprezzare l’imponente evoluzione della natura, ma il temuto riscaldamento globale sta portando ad un’accelerazione di alcune dinamiche. Attualmente si sta assistendo a un anomalo aumento delle temperature, accompagnato da una etremizzazione degli eventi climatici: le precipitazioni stanno diventando meno frequenti ma al contempo più intense. L’effetto più visibile

di questa tendenza è l’aumento delle alluvioni negli ultimi anni, come in Liguria e Toscana. Tornando al discorso sulla torbidità, a oggi non sono presenti studi che affermino un collegamento diretto tra l’aumento della fusione glaciale e un aumento di torbidità dei torrenti. Alcuni studi, tra l’altro effettuati nella zona preglaciale del Morteratsch, nel Cantone Grigione (Stoot et al., 2008), affermano che il rapido ritiro dei ghiacciai libera annualmente ampie porzioni di territorio dai ghiacci. Tali settori sembrano avere un comportamento di trasporto solido ciclico, con annate in cui si hanno lunghi periodi di deposizione di sedimenti e annate in cui invece 

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Aree erosione ROSSO Elevata instabilità GIALLO Potenziale instabilità VIOLA

Anche le estremizzazioni dei fenomeni atmosferici e l’erosione del terreno sono conseguenze dell’alterazione climatica che aumentano la componente solida in sospensione.

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si ha erosione e quindi trasporto a valle con conseguente trasporto solido a valle e relativa torbidità. Questi ambienti sono però ancora poco studiati e risultano comunque caratterizzati da un forte comportamento evolutivo dovuto alla modellizzazione dell’alveo da parte dell’acqua e dalla colonizzazione di vegetazione, quest’ultima favorita dall’aumento delle temperature medie. Tali studi hanno però dimostrato che l’incremento di torbidità nelle acque preglaciali è dovuto principalmente all’abbattersi di violente piogge in ambiente alpino. Questa causa, come accennato in precedenza, è conseguenza del cambiamento climatico. Inoltre, l’aumento delle temperature medie a cui assistiamo innalza la quota dello zero termico con conseguente aumento della frequenza delle piogge che causano torbidità delle acque. Una seconda fonte di torbidità è l’erosione di terreno, un fattore che purtroppo aumenta di proporzione ad ogni evento e che può essere anche temporalmente slegato dalle precipitazioni. Sfortunatamente in Provincia di Sondrio sono presenti innumerevoli impluvi soggetti a grave erosione, i quali riversano nei torrenti ingenti quantità di particelle di terreno fino. Le gocce di pioggia posseggono una certa quantità di energia che permette loro di erodere le

particelle superficiali di terreno, in particolare in versanti ripidi. Tale fenomeno porta a un ulteriore irripidimento della zona oltre ad un aumento dei quantitativi di terreno asportato; fattori che acuiscono le difficoltà di una rivegetazione spontanea. A fronte di un incremento dell’intensità della pioggia aumenta di conseguenza anche la quantità di terreno eroso e quindi le dimensioni del fenomeno. Secondo Nearing (2005), un incremento dell’ 1.0% della quantità di pioggia in concomitanza con l’aumento dell’intensità, porta ad un aumento del 1.7% del terreno eroso. A rendere più allarmante il quadro, bisogna ricordare che nei pressi dei corsi d’acqua lo scalzamento al piede dovuto alla corrente è un fattore scatenante dei processi franosi, quindi un incremento dell’instabilità delle zone limitrofe porta a un aumento delle zone a rischio e della probabilità di occorrenza del fenomeno. Dopo averne analizzato le cause, si deve comunque citare la modalità di propagazione della torbidità e verificare se i cambiamenti climatici stanno modificando tale processo. La torbidità è una perturbazione idraulica che interessa la qualità dell’acqua; la sua modalità di propagazione principale è da imputarsi al moto di


avvezione della corrente. In conseguenza di ciò - una volta cessato l’innesco del fenomeno - la qualità dell’acqua migliora progressivamente lungo l’alveo da monte a valle. La dinamica di questo processo è però resa complicata dalla massiccia presenza nella provincia di Sondrio di bacini artificiali e molteplici opere idrauliche. Di particolare importanza è il ruolo dei bacini artificiali, i quali sono caratterizzati da una capacità di invaso che permette di immagazzinare acqua e di restituirla progressivamente nel tempo. I bacini artificiali introducono zone di calma in cui le particelle solide sospese possono incontrare condizioni favorevoli alla sedimentazione. Tale meccanismo è anche influenzato positivamente dai moti limnici, cioè lenti movimenti di masse d’acqua nei bacini. Alle latitudini della Valtellina i laghi hanno un comportamento dimittico, cioè due periodi (invernale ed estivo) in cui il bacino è stratificato e quindi non vi è rimescolamento delle acque e due periodi (primaverile ed autunnale) in cui vi è rimescolamento delle acque. Negli ultimi 40 anni nei laghi la temperatura ha subito un incremento dai 0.1°C ai 1.5°C (IPCC,2007) e pertanto un avvicinamento alle condizioni estive, con conseguente stratifica-

zione dell’acqua dei bacini e un mantenimento pressochè inalterato dei livelli di torbidità nel tempo. In conseguenza di ciò, quando vengono effettuati i rilasci di acqua, a parità di tempo di immagazzinamento aumenta la probabilità di avere acqua torbida rispetto al passato. Le riflessioni esposte in questo articolo non devono portare nei lettori scoramento e rassegnazione nei confronti di un destino ineluttabile, ma vogliono evidenziare il fatto che il grado di complessità dei fenomeni naturali è molto elevato e che prima di azzardare sentenze è necessario approfondire con umiltà la conoscenza di ciò di cui si parla. Alla luce degli studi effettuati, l’impatto che i bacini idroelettrici esercitano sulla torbidità delle nostre acque è quindi concausa di un fenomeno più esteso, che ha nell’inquietante innalzamento della temperatura – alla quale conseguono aumento delle precipitazioni, erosione del suolo e stratificazione dell’acqua contenuta negli invasi - la sua origine. Quindi la prossima volta che vi ritroverete in riva a un corso d’acqua impescabile, fermatevi un attimo a riflettere: il non poter pescare è probabilmente l’ultimo dei problemi che dobbiamo affrontare.

29 agosto 2012 Il ghiacciaio dei Forni e il torrente Frodolfo limaccioso (foto Giorgio Lanzi)

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T U T E LA A C Q U E

E adesso i pesci Il ripristino del corridoio ecologico nel fiume Adda tra la diga di Sernio e Tirano. Programma: Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia – Svizzera 2007/2013 Progetto: Ecoidro Finanziamento: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FERS) Costo delle opere: €. 204.000,00 Stazione Appaltante: Unione Pesca della Provincia di Sondrio Progettista e Direttore dei lavori: Ing. Benedetto del Simone di Tirano Responsabile Unico del Procedimento: Ing. Francesca Mottalini Provincia di Sondrio Ditta Appaltatrice: De Campo Egidio di Tirano

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L’

intervento da poco conclusosi nel tratto di fiume Adda tra l’abitato di Tirano e lo sbarramento di Sernio, gestito in toto da UPS nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia Svizzera 2007/2012, costituisce un importante punto di svolta, cioè un esempio di come si possa operare correttamente in ambienti delicati, certamente il primo in valle per l’ampiezza dell’area considerata. Il progetto ha inteso ripristinare la connettività longitudinale nel tratto di fiume Adda in esame, in modo da consentire la risalita della ittiofauna. Il tratto interessato ha una lunghezza di circa 2 km e una quota variabile tra i 440 m.s.l.m., in corrispondenza della soglia di fondo esistente nei pressi del campo sportivo di Tirano, e i 485 m.s.l.m in prossimità della briglia B1 a valle dello sbarramento di Sernio. E’ caratterizzato dalla presenza delle opere di sistemazione idrogeologica realizzate con una successione di interventi dopo gli eventi alluvionali del 1987 e precisamente: • Protezioni continue su entrambe le sponde composte da scogliere in pietrame intasate. • Selciatone in pietrame intasato per una lunghezza di oltre 100 m. a valle dello sbarramento di Sernio.


risalgono • N.12 briglie con altezza variabile da 1,02 a 2,44 m. e spessore variabile da 1,40 a 2,50 mt. Le briglie hanno una larghezza che varia da mt. 23,briglia B1, a mt. 58 briglia B11. Considerato che le briglie esistenti svolgono una importante funzione idraulica, con la riduzione dell’energia cinetica della corrente e quindi del trasporto solido verso l’abitato di Tirano, non era ipotizzabile la loro dismissione per eliminare l’ostacolo che rende impossibile lo spostamento dell’ittiofauna. Altresì questa pratica (decommissioning) avrebbe messo in crisi la stabilità delle protezioni spondali che sarebbero soggette allo scalzamento e sifonamento delle loro fondazioni. La pendenza media dell’alveo, nel tratto in esame, era del 2,10%, suddivisa nei vari tratti compresi tra le briglie con valori di pendenza molto diversificati. Con la realizzazione delle opere in progetto è stata aumentata la pendenza dei vari tratti del fiume lungo il profilo in asse delle gavete. Il profilo del fiume esterno alla parte centrale dell’alveo è rimasto inalterato. L’aumento della pendenza dei vari tratti ha consentito di migliorare l’ossigenazione delle acque soprattutto nelle zone caratterizzate da pendenze anche notevolmente inferiori allo 0,50. Gli interventi in progetto per la formazione

delle rampe di risalita dei pesci sono stati Un tratto di Fiume Adda diversificati in relazione alla morfologia di tra Sernio e Tirano prima e dopo l’intervento ciascuna briglia. Sulla briglia B5 oltre all’ab- di riqualificazione bassamento della gaveta è stato previsto il (foto Giorgio Lanzi) sopralzo della controbriglia di valle con la realizzazione di una nuova traversa a formazione di una vasca di stazionamento dei pesci. Nella scelta progettuale del tipo di opera da eseguire per il superamento delle briglie esistenti sono stati considerati i seguenti aspetti: • Formazione di opere autopulenti in modo da ridurre i problemi di una manutenzione continua per eliminare il materiale dovuto al trasporto solido. • Esecuzione di opere adatte alla variazione delle portate, considerando la notevole escursione dei valori rilasciati dalla diga di Sernio. • Realizzazione di opere aventi i salmonidi quali specie obiettivo. • Esecuzione di opere che ben si inseriscono nel contesto ambientale e paesaggistico. • Miglioramento della funzionalità idraulica delle opere esistenti e loro protezione. • Scelta di modalità operative che possano costituire un punto di riferimento metodologico per ulteriori interventi in altri tratti fluviali. Alla luce di queste esigenze si è individuata 

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Figura 1. Sezione tipo gaveta

come tipologia progettuale appropriata al superamento delle briglie esistenti un passaggio per pesci naturalistico (close to nature fishpasses) del tipo fish ramp. Questa tipologia di intervento, con gli opportuni adattamenti, ben si adattava alle briglie in questione che presentano tutte le medesime caratteristiche: • Simile geometria planimetrica con posizione centrale del filone della corrente. • Limitato salto da superare (max 2.44 m.). • Larghezza della gaveta piuttosto considerevole, variabile da 23 a 56 m. • Uguali condizioni di portata e di trasporto solido.

Le caratteristiche delle opere realizzate Le rampe realizzate hanno le seguenti caratteristiche: Nuova gaveta (fig. 1): si è provveduto alla demolizione parziale della parte centrale delle briglie esistenti in modo da realizzare una nuova gaveta con una larghezza minima di 5-7 m., un’altezza variabile da 70 a 150 cm. La gaveta è stata realizzata con pietrame spaccato intasato con malta e chiodato con spezzoni diam.22 mm. La superficie della gaveta risulta irregolare in modo di aumentarne la scabrosità e per effetto ridurre la velocità della corrente. La nuova gaveta ha la funzione di concentrare tutta la portata di magra, corrispondente al DVM, sulla rampa in modo di garantire una sufficiente alimentazione di acqua per il funzionamento del passaggio per pesci (gli studi in materia prescrivono che la portata minima deve essere di almeno 100 l/sec. per ogni metro di larghezza della rampa). Con l’aumento

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della portata in arrivo sia la nuova gaveta che la rampa sottostante andranno a tracimare mantenendo la loro funzionalità. Rampa di valle (fig. 2): a valle delle briglie esistenti è stata eseguita una rampa con le seguenti proprietà: •R ampa di spessore medio 120 cm., eseguita con la posa di grossi massi di pietrame granitico recuperati parte in loco e parte da cava di prestito di volume singolo non inferiore a 1,00 m³. • P osa dei massi in modo irregolare, con differenza anche di 30-50 cm. tra la sommità di un blocco e l’altro, in modo da ricostruire la varietà strutturale dell’habitat naturale e determinare la dissipazione dell’energia della corrente con la creazione di zone di calma che consentano ai pesci in fase di risalita dei momenti di pausa per recuperare le forze necessarie a proseguire. • S agomatura trasversale della rampa adatta a concentrare la portata necessaria alla risalita nella zona centrale considerando le significative perdite che si verificheranno comunque lungo le ali laterali. • P endenza longitudinale del 7% che si è considerata ottimale sia per garantire una velocità della corrente adatta alla specie target (1,00–1,20 m/sec.), sia per contenere le dimensioni delle rampe ed il loro conseguente costo. Le gavete hanno larghezze diversificate con una larghezza minima di 5 mt della briglia B12 con doppio salto sino a 6 -7 mt delle altre briglie. La gaveta è stata dimensionata in relazione ai valori del DVM pari a 1,60-1,80 mc/sec.


Figura 2. - Sezione longitudinale rampa in progetto

Gli interventi di rinaturalizzazione Il fiume Adda nel tratto Sernio –Tirano, prima della alluvione del luglio 1987 era caratterizzato dalla presenza di opere di protezione spondale nel tratto posto a valle dello sbarramento di Sernio in Sx e Dx orografica sino alla briglia B4 circa e nell’attraversamento del centro abitato di Tirano dal centro sportivo a scendere sino alla confluenza con il torrente Poschiavino. Il tratto in esame non aveva protezioni spondali e il fiume aveva la possibilità di divagare tra le due sponde naturali coperte da vegetazione. In alveo erano presenti diversi massi, molti dei quali anche di notevoli dimensioni. Dopo la alluvione sono stati realizzate le opere di protezione spondale in Dx e Sx orografica su tutto il tratto di fiume tranne un breve tratto (confluenza del torrente Valchiosa). Per la formazione delle scogliere e delle muratu-

re di protezione sono stati impiegati buona parte dei massi presenti nell’alveo e nella area golenale riducendo quindi gli elementi di naturalità della zona nel suo complesso. Dopo questo intervento va rimarcata la possibilità di accedere all’alveo da parte dei pescatori direttamente dalle scogliere in quanto realizzate con pendenza 3/2 tale da consentire l’accesso lungo tutto il tratto in Dx orografica. Per il miglioramento della qualità dell’ambiente e con i fondi a disposizione si è dato inizio anche a piccoli interventi di rinaturalizzazione dell’alveo con la posa di massi in alcuni tratti per la formazione di buche che consentono il riparo della fauna ittica in occasione di eventi meteorici di una certa rilevanza, nonché in occasione dei rilasci dei bacini idroelettrici con la apertura delle paratoie per la fluitazione del limo. In futuro si dovranno realizzare ulteriori interventi per il miglioramento dell’Habitat fluviale.

La presentazione del progetto presso la Sala consiliare della Provincia di Sondrio (foto Giovanni Calende)

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A P P RO F O N DI M E N TO

Il big fish del Mera Stefano Scaramellini e la “sua” trota 93 cm di dimensione artistica

Il 18 marzo dello scorso anno Stefano Scaramellini pescava nel fiume Mera appena sotto il ponte di San Pietro una trota di quasi 8 chili. Un evento talmente eccezionale da arrivare sulle pagine di giornali locali e quotidiani on-line. Dopo i complimenti del caso, una domanda su tutte ha dato vita a un dibattito piuttosto acceso: è giusto trattenere un pesce di questa mole? Questa trota era una risorsa per il fiume o una minacci per i suoi abitanti? Ecco l’opinione dell’ittiologo PierPaolo Gibertoni.

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A

seguito della cattura a inizio stagione alieutica 2012 di un trofeo di 7,7 Kg nelle acque del Mera, mi sono giunte alcune richieste di chiarimento e approfondimento rispetto a “mostri” come quello pescato, e ho pensato allora di scrivere quanto segue. Innanzitutto ho parlato con il pescatore Stefano Scaramellini e ho raccolto la sua cronaca della cattura e la sua descrizione del grande pesce. Ho poi analizzato alcune foto da lui inviatemi, e ho dedotto che l’esemplare era un maschio di fario con un’età superiore a 10 anni; per determinarla con buona precisione sarebbe stato necessario analizzare scaglie e otoliti. La morfologia suggerisce più un ecotipo lacustre che prettamente fluviale; infatti la forma della testa, della pinna caudale e della pinna adiposa sono ascrivibili a quelle delle trote marmorate lacustri migratrici del Verbano. Va però detto che talvolta gli esemplari più anziani tengono un comportamento migratorio differente dalle classi di età più giovani e possono restare nelle acque fluviali per mesi, specie se trovano ampie tane e buona possibilità predatoria. La colorazione del soggetto confer-


merebbe questa tesi così come la descrizione del sito di cattura. Le abitudini alimentari di esemplari di questa taglia sono generalmente fondate sulla predazione di ogni cosa si muova e giunga nelle prossimità della sua capiente bocca. E’ ovvio che in un corso d’acqua popolato da altre specie, oltre che da altre trote, l’occasione di un pasto a “base di pesce” non manca, come testimoniato da resti ossei in fase digestiva nel tratto gastroenterico dell’individuo pescato. Personalmente ho osservato trote di 5 Kg aggredire ed ingerire altre trote anche di taglie superiori ai 50 cm e di impiegare anche 3 o 4 giorni per digerirle completamente; pertanto non sarei sorpreso che un maschio di 7,7 Kg potesse predare pesci anche di 1,5 Kg di peso, oltre che un ingente numero di trotelle, cavedanelli e temoli dai 15 ai 30 cm di lunghezza! Dal punto di vista ecologico esemplari così grandi rappresentano il vertice della piramide trofica e in questo periodo storico sono abbastanza rari nelle nostre acque a causa degli alterati ambienti naturali, sia per l’artificializzazione degli alvei, per l’andamento spesso poco naturale delle portate, che per gli ostacoli alle migrazioni trofiche e riproduttive dai laghi verso gli immissari secondari dei grandi collettori alpini. Personalmente non ritengo che il prelievo degli esemplari più anziani all’interno di una comunità

ittica possa rappresentare un problema per la conservazione di quella specie; anzi sono convinto che una “pesca di selezione”, se operata con cognizione di causa, possa essere considerata compatibile e spesso migliorativa. Mi spiego meglio: un esemplare di tali dimensioni è da considerarsi per questo quadrante un individuo anziano e se anche fosse femmina avrebbe di fatto naturalmente smesso la sua attività riproduttiva. In questo caso l’esemplare era maschio e la sua dipartita non ha sicuramente avuto incidenze negative sulle possibilità riproduttive della specie nel suo insieme. Sul versante predazione, è ovvio l’impatto che un tale esemplare esercitava sulle classi di età più giovani e in età riproduttiva della propria e delle altre specie, pertanto la sua scomparsa si può ritenere “un sollievo” per il resto della fauna ittica. E’ altrettanto ovvio che sul versante prettamente sportivo un esemplare di grossa taglia può rappresentare un’ambita preda per tanti pescatori, ma considerando la scarsa notorietà e diffusione di tecniche di pesca speciali e particolari mirate alla cattura di big fishes, ritengo estremamente difficile che un tale pesce potesse essere facilmente allamato una seconda volta. Più probabilmente sarebbe morto di vecchiaia o intrappolato e soffocato da fango e detriti in occasione di una futura e prossima piena più o meno naturale.

Una pesca di selezione sugli esemplari al vertice della piramide trofica è compatibile anzi, può essere migliorativa al proliferarsi della fauna ittica.

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pesc i e pesc a t o r i

La via da seguire tra le correnti dell’Adda di Marco Caslini In alto: Fiume Adda, a monte del Ponte Navetto a Piateda (foto Valter Bianchini)

L’amore è cieco? Continuare a vivere il fiume anche quando viene messo sotto pressione è come una prova d’amore. E chi ci prova sembra riesca ancora a togliersi delle belle soddisfazioni. 28

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n flusso d’acqua casuale, disordinato, di un colore indefinito e di livello estremamente variabile: l’Adda si presenta così allo sguardo distratto di un pedone che attraversa un ponte o di un corridore che si allena lungo il sentiero Valtellina. Ma per un pescatore che, come me, bagna gli stivali nelle sue acque almeno una volta a settimana da circa sedici anni, la visione è radicalmente diversa. E’ come se parlasse, l’Adda. Il colore e il livello raccontano ciò che sta accadendo più a monte, se è in atto un maledetto svaso o se, più semplicemente, la pioggia o il disgelo hanno modificato la portata degli affluenti, mentre la corrente caotica si trasforma in una specie di enorme libretto d’istruzioni in cui è spiegata, in modo preciso e inconfondibile, la conformazione del fondale e che, di conseguenza, indica come e dove lanciare l‘esca per farla arrivare nei pressi del punto da cui dipende la nostra giornata: la bocca di un pesce. Questo filo diretto con il fiume che si tramuta

in mistici consigli mi ha portato gradualmente a sperimentare e ad affinare tecniche non sfruttate in precedenza, ad esplorare zone sconosciute e a mettere in discussione molto di quanto imparato nel corso del tempo. Ovviamente, ciò ha comportato l’accantonare per un po’ tecnica preferita e spot prediletti, ma allo stesso tempo mi ha permesso di arricchire enormemente la conoscenza della pesca e dell’Adda in generale e di godere della miglior stagione di pesca mai avuta per numero, varietà e dimensione di esemplari pescati! Ma l’Adda non è solamente un luogo dove affinare la pratica sportiva. Nel suo comunicare a volte si lascia andare anche a note malinconiche e sofferenti, provata com’è da svasi devastanti, scarichi poco controllati e avidi pescatori. Talvolta infatti, invece di accogliermi, sembra indicarmi le valli intorno, invitandomi ad andarci mentre Lei cerca di riprendersi. Così come spesso, dopo avermi regalato una bella cattura, mi sussurra all’orecchio di farla tornare nel buio delle sue acque, con la promessa di ricambiare il favore


e di essere più generosa in futuro, quando sarà più in forze. Proprio così, quindi, tra acque limpide o più torbide, mentre molti pescatori si lamentano di un fiume impescabile e con pochi pesci e mentre altri si scannano per difendere la loro tecnica preferita, ho letteralmente “goduto” con vermi, cucchiaini, minnow, galleggianti, piombi e riproduzioni di camole o mosche, sfruttando a volte la camolera e a volte la coda di topo, in zone libere o a regolamentazione speciale, con il solo merito di essermi lasciato trasportare umilmente dalle correnti di questo meraviglioso fiume. Ascoltiamo l’Adda, facciamoci guidare e aiutiamola. Ne vale la pena. (foto Oscar Mantovani)

(foto Valter Bianchini)

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pesc i e pesc a t o r i

La trota albina

di Pierpaolo Gibertoni

In particolari condizioni ambientali l’albinismo può favorire la capacità predatoria delle trote.

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pesso è conosciuta con il nome di “Trota Giapponese” oppure come “Palomino Trout”, ma non è né asiatica con gli occhi a mandorla, né un cavallo dal manto ocra; talvolta è definita “Trota Dorata”, ma la vera trota dorata - Golden Trout - risiede nei torrenti e nei laghi della Sierra Nevada in California. Il suo nome è proprio “Trota Albina”, cioè un pesce che, come tanti altri tipi di animali, soffre di una “patologia genetica”. Più comprensibile parlare di una “malattia congenita” che si manifesta con la parziale o totale deficienza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell’iride e nella coroide dell’occhio e – per quanto riguarda gli altri animali, come uccelli e mammiferi - nei peli, capelli e piumaggio. Di fatto l’albinismo lo si eredita da entrambi i genitori, sebbene non è detto che lo manifestino; infatti l’ereditarietà è di tipo recessivo e pertanto è solo sommando tali “caratteri” sia dal padre che dalla madre che si può generare una progenie albina. A parte gli aspetti meramente scientifici, è

interessante notare come l’albinismo sia una mutazione, generalmente compatibile con la vita e che - nonostante provochi alcune difficoltà palesi nella vita di un individuo - potrebbe rappresentare un passaggio evolutivo importante all’eventuale verificarsi di alcune condizioni ambientali. E’ infatti del tutto evidente come una trota albina, vestita di una livrea giallo-dorata sgargiante, sarà più facilmente individuabile da un predatore, come per esempio un cormorano o una lontra; avrà sicuramente problemi di vista diurna, non avendo la pigmentazione dell’iride e della coroide, con intuibili difficoltà predatorie. Ma se consideriamo alcuni casi particolari - quali per esempio acque leggermente torbide da limo glaciale su fondali granitici e sabbiosi - ecco che la livrea albina si confonde in un perfetto mimetismo; oppure nelle ore prima dell’alba o dopo il tramonto la sua vista “crepuscolare” le consentirà di cacciare con grande precisione. Personalmente ho notato in più di un occasione come le trote albine rimangano attive


anche durante la notte, alimentandosi senza troppa concorrenza, lontane dagli agguati dei predatori. Uno dei problemi reali delle trote albine, e degli animali albini in generale, è la difficoltà riproduttiva; infatti se parliamo di trote, si riscontrano ingenti perdite in fase di riproduzione artificiale seppure in condizioni ottimali; perdite che talvolta possono anche superare l’80%! In sostanza, partendo da 1000 uova di femmina albina fecondate da maschio albino, potremmo ottenere non più di 200 trotelle di 6-9 cm. In natura non vi sono studi che possano attestare la resa dell’eventuale frega naturale, ma penso sia corretto ritenere che le perdite possano essere quasi totali. Tornando al concetto di mutazione, va sottolineato che spesso - quando sono interessati i colori della livrea - non sempre l’esito è negativo; basti pensare che alcune mutazioni hanno generato le splendide livree delle Trote Golatagliata, Cutthroat Trout, oppure quelle della Paiute Trout piuttosto che dell’Apache Trout, senza poi parlare delle meravigliose Golden Trout della California! In ciascuno di questi casi, la mutazione genica alla base delle manifestazioni morfologiche e di livrea ha di fatto generato pesci vincenti e perfettamente integrati nei loro habitat. Infatti sui fondali granitici giallo-dorati della Sierra Nevada, ad oltre 2.000 metri di quota, la livrea gialla delle Golden è completamente “invisibile”; come pure il rosa pallido delle Paiute sui fondali di sabbie ocra del Nevada o il verde acceso delle Apache Trout sui fondali di rocce metamorfiche delle White Mountains in Arizona. Spesso le trote albine sono affascinanti per i bambini e motivo di interesse per persone appassionate alla pesca, ed è per questo che nei Centri Ittiogenici sono quasi sempre presenti; anche nel nostro Centro Ittico, a Faedo, sono ospitati alcuni esemplari giovani di 2 anni di età che rappresentano una for-

te attrazione per i visitatori dell’impianto. A me le trote albine piacciono; e lo dico per 2 buoni motivi. Innanzitutto ho cominciato ad allevare trote albine un po’ per caso esattamente 20 anni fa; allora avevo appena cominciato ad allevare salmonidi e facevo i miei esperimenti sulle trote iridee, quando da un accoppiamento tra un maschio ed una femmina apparentemente normali erano nati un paio di avannotti “bianchi”. Misi queste due stranezze in un acquario e riuscii a salvarne solo una. L’anno successivo dallo stesso accoppiamento ottenni altri tre avannotti “bianchi” e pure di questi ne salvai solo uno. Fortuna volle che nelle due annate salvai una femmina e un maschio e raggiunta l’età riproduttiva li feci accoppiare ottenendo più di 200 trotelline gialle. Da allora selezionai gli animali che 

Una delle belle trote albine nata nel Centro ittico di Faedo (foto UPS)

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Trota Cutthroat

Trota Apache

Trota Golden

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Trota Paiute

mi sembravano più robusti e riuscii a fissare oltre all’albinismo anche la fertilità, in modo da mantenere la livrea gialla anche nelle successive generazioni. Mi è capitato di ottenere esemplari albini anche da altre specie di trote, quali le marmorate o le gola tagliata, ma quelle ottenute dalle iridee sono di gran lunga più forti e resistenti. In questi anni, a seguito di attente osservazioni morfologiche, sto cercando di fissare una livrea parzialmente albina alla quale ho dato il nome di Arabesk Trout; sono pesci incredibili, sia nei colori che nelle capacità di sopravvivenza a condizioni estreme, sia nei parametri di temperatura che di ossigeno disciolto. L’altro motivo che mi lega alle trote iridee albine sta nella bontà delle sue carni. Seppur derivante dalla trota iridea normale, l’albina ha una carne più soda, più consistente e che tende a “salmonarsi” con toni arancione-rossastri. A parità di alimentazione con farine di crostacei, la trota albina fissa una colorazione delle carni più marcata e stabile anche alla cottura. Vi svelerò un segreto: i filetti di trota che affumico sono quasi sempre di trota albina, sono uno spettacolo! Spesso amici e conoscenti mi chiedono come fare ad affumicare una trota, ma solo in pochi mi chiedono quale trota affumicare. Nonostante tutta la maestria che si può mettere nell’affumicatura, se le carni di partenza non sono “giuste” o appartengono a specie non proprio idonee, il risultato sarà spesso mediocre. E visto che sono in vena di confidenze vi riporto la ricetta della mia trota albina affumicata in filetti: si prende una trota di almeno 1 Kg e la si sfiletta; il filetto va rifilato per togliere pinne e parti grasse ventrali e dorsali, poi lo si lascia ricoperto da sale grosso per almeno 8 ore; a questo punto si passa alla salamoia umida - cioè una soluzione satura di sale in cui si aggiunge zucchero in una quantità equivalente a quella del sale stesso - per altre 8 ore; quindi si lava e si asciuga bene il filetto e lo si mette nel forno di affumicatura a 40°C per 24-36 ore. I fumi possono essere generati da legni dolci o resinosi: io preferisco una miscela di truciolo di faggio, cerro e betulla, in parti uguali. Una volta affumicato, il filetto può essere consumato subito oppure messo sottovuoto e conservato a 2°C anche per un paio di mesi; infatti l’affumicatura fatta a freddo è un conservante naturale. Non mi rimane che augurarvi Buon Appetito!


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U P S C O N S I G G LIA

Pescare a Malghera e dintorni di Giorgio Lanzi

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li itinerari di pesca che vi propongo hanno come scenario il torrente Roasco in prossimità di Malghera e i laghi omonomi in Valgrosina Occidentale in Comune di Grosio. Per gli amanti della natura e del Wilderness la Valgrosina è sicuramente una delle valli più belle e suggestive di tutto il territorio della provincia di Sondrio, caratterizzata da

cime importanti che superano i 3.000 metri di quota poco conosciute alla massa degli alpinisti, alcuni piccoli ghiacciai e ampi boschi di conifere, laghi alpini e torrenti dove si può esercitare la pesca con qualsiasi tecnica in ambienti incontaminati. Ecco perché ho deciso di suggerirvi due percorsi di pesca di facile approccio: uno per chi preferisce pescare al tocco o a mosca in tor-


occidentale, luogo dove la valle continua verso nord con la valle di Sacco. Per raggiungere Malghera bisogna superare il centro di Grosio, poi sulla sinistra troviamo le indicazioni per Ravoledo, una frazione che si incontra dopo 2 km di salita. Da Ravoledo proseguiamo sulla strada, dopo alcuni tornanti ci addentriamo nella valle fino in località Fusino, a 9 km. da Grosio, sino a incontrare il piazzale della Chiesa della Madonna delle Valli. E’ qui che Valle Grosina occidentale e orientale si separano; a sinistra si procede per Malghera e quindi per la Val di Sacco, a destra la valle prosegue per Eita e per il Passo Verva, per poi giungere in Val Viola. Attenzione: a Fusino è posizionato il distributore automatico del permesso giornaliero di transito che ci consente di percorrere tutte e due le valli. Imbocchiamo la deviazione di sinistra per Malghera e superato il ponticello ai piedi della diga di Valgrosina della Società A2A procediamo sulla strada piuttosto stretta e quasi completamente asfaltata che si addentra nel cuore della valle, dopo avere oltrepassato diverse deviazioni delle valli laterali di Valle Piana e Val Giunzana, in territorio del Comune di Grosotto, raggiungiamo Campo Pedruna (Chemp, mt.1703). Lasciati alle spalle boschi e prati e superato il ponticello del torrente della valle di Pedruna dove la strada si inerpica per alcuni tornanti, da qui si può ammirare sulla destra la bellissima cascata della Pirla, gemella della “Pirla di Eita”, quindi giungiamo al piazzale della Fabbriceria di Malghera a m.1937 (casa comunale- per informazioni rivolgersi al sig. Giacomo Besseghini cell. 3339258966 – sito web: www.rifugiomalghera.it). 

Nella pagina a fianco: Torrente Malghera e sullo sfondo il Santuario della Madonna del Muschio (foto Valter Bianchini)

Il Lago del “Drago” visto dal confine svizzero (foto Pierino Baroni)

rente senza allontanarsi troppo dalla propria auto – sto parlando del torrente Roasco a Malghera – e un altro per chi volesse cimentarsi in un’escursione di pesca sui laghi della valle Malghera. Una camminata che non presenta particolari difficoltà e tantomeno richiede un’elevata preparazione fisica. Per entrambi gli itinerari il punto di partenza è lo splendido nucleo di Malghera in Val Grosina

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Il Torrente Roasco a Malghera (foto Valter Bianchini)

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In fondo al piazzale, separata dalle baite, all’inizio della valle di Sacco, è presente il santuario della Madonna del Muschio o Madonna della Neve edificata nel 1988, edificio imponente in un luogo così ameno e solitario.

A pesca nel torrente Roasco Il torrente Roasco in prossimità del nucleo di Malghera è caratterizzato da un alveo inciso nella circostante prateria, le rive sono accessibili in qualsiasi punto; la vegetazione ripariale e dominante è caratterizzata dall’Ontano nano e dal Rododendro. Le pozze e le pozzette di varie dimensioni sono la caratteristica morfologica principale del corso d’acqua con una pendenza poco accentuata nel primo tratto fino a incrementarsi in prossimità della cascata della “Pirla”. La portata d’acqua varia in relazione alla stagione e al periodo di disgelo, con un forte incremento nei mesi di maggio e giugno per poi calare nei mesi autunnali. Il periodo consigliato per la pesca al tocco è nei periodi di inizio estate, coincidenti con il disgelo in presenza di acque leggermente torbide e tumescenti e durante i temporali che aiutano l’abboccata delle trote. La pesca a mosca trova la sua massima espres-

sione nei mesi di agosto/settembre corrispondenti alle tradizionali attività agro- silvopastorali degli abitanti di Grosio: è proprio allora che le portate si riducono e il bestiame, al pascolo sulle rive del corso d’acqua, favorisce il proliferare di insetti. La popolazione ittica è costituita quasi esclusivamente da trote Fario Mediterranea che - in virtù dei massicci popolamenti ittici di novellame effettuati da Unione Pesca - sta progressivamente soppiantando la trota Fario di ceppo Atlantico.

Il Torrente Roasco a Malghera (foto Valter Bianchini)

I laghi della Valle Malghera Nei pressi del parcheggio troviamo diversi cartelli escursionistici che segnalano alcuni sentieri tra i quali il “253” quello che indica la direzione per il lago di Malghera; il tempo di percorrenza è di circa un’ora. Ci lasceremo alle spalle il santuario per poi imboccare sulla destra il sentiero ben marcato che sale con pendenza regolare verso il lago, tenendo sulla nostra sinistra il torrente Malghera. La camminata proseguirà finchè raggiungeremo i prati erbosi che introducono la splendida depressione del lago Malghera (2316 mt.), il primo e il più grande dei tre laghetti della valle. 

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Lago Maghera (foto Giorgio Lanzi)

Il lago ha una conformazione regolare circolare, lo scarico del lago da origine all’omonimo Rio Malghera, è quasi interamente circondato da prati erbosi pianeggianti dove nel periodo estivo pascolano parecchi capi di bestiame. Un tempo la Valgrosina costituiva uno dei luoghi dove l’allevamento bovino rappresentava una delle maggiori risorse economiche nella nostra provincia. Una piccola porzione della riva sul lato nord – ovest, dove il declivio si fa più aspro, è caratterizzata dalla presenza di un modesto sfasciume di rocce. Sul lato opposto al culmine della prateria è presente un “baitello” opportunamente attrezzato e adibito a bivacco. Grazie all’accumulo del letame del bestiame che induce un buon sviluppo di insetti, il lago particolarmente idoneo anche alla pesca mosca. La popolazione ittica è ben strutturata ed è costituita da trote Fario, Iridea e dalla Sanguinerola (bamalo), non sono rare catture di esemplari di trota fario superiori anche al chilogrammo di peso. Le immissioni del novellame vengono effettuate durante il periodo estivo a mezzo di elicottero appositamente attrezzato. Sul lato sud del lago risale zigzagando fra grossi massi il sentiero che si apre la strada tra alcuni speroni rocciosi fino a superare il gradino glaciale a monte del lago.

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Da qui si apre una vista mozzafiato sul sottostante lago Malghera, in estate di un colore blu cupo, sul nucleo di Malghera più a est nella valle di Sacco e in lontananza si possono altresì scorgere i laghetti Pian del Lago e Scalpellino sovrastati a nord-est dal passo di Vermolera e dalla “lama” della cima Viola che dà il nome all’omonima valle. Al culmine di questo gradone il sentiero diventa pianeggiante fino a incontrare, a quota 2.415 m., il lago Malghera di Mezzo, un piccolo laghetto incastonato tra rocce e prateria popolato di trote fario , iridea e sanguinerole dove è possibile esercitare la pesca con qualsiasi tecnica. Per i più audaci, superato un cordone morenico, dopo circa mezz’ora di cammino e valicando una bocchetta incisa nella roccia si raggiunge a quota m.2.535 il lago Malghera Superiore o “lago del Drago” incastonato tra rocce con le rive quasi verticali. Il nome “Lago del drago” venne attribuito dalle popolazioni locali che vedevano nella forma del lago l’occhio di un drago messo a dimora per vegliare i tesori della montagna. Anche in questo lago è presente una popolazione ittica costituita da trote fario e iridea, la tecnica di pesca consigliata è quella tradizionale, meno agevole la pesca a mosca a causa delle sponde impervie che non facilitano questo tipo di tecnica.


Scheda Lago Malghera (mt. 2316 s.l.m). Località di partenza: Nucleo di Maghera in Comune di Grosio mt. 1937. s.l.m. Dislivello: mt. 379 Salita complessiva: 1 ora Caratteristiche: naturale - circolare superficie 3 ha (circa) - profondità max. 9,20 mt. Rive: prateria alpina e pascolo Specie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.1000 - Iridea n.600 a mezzo elicottero Tecniche di pesca: tutte - consigliata mosca e moschera Punti di appoggio: Fabbriceria Malghera (Giacomo Besseghini cell.333925966 sito web: www.rifugiomalghera.it)

Lago Malghera di Mezzo (mt.2415 s.l.m.)

Località di partenza: Lago Malghera (mt.2316 s.l.m.) Dislivello: mt. 99 Salita: 30 minuti

Caratteristiche: naturale - rettangolare superficie 1,5 ha (circa) - profondità max 3,50 mt. Rive: prateria - roccia Specie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea Sanguinerola Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.800 - Iridea n.1000 a mezzo elicottero Tecniche di pesca: tutte - consigliata galleggiante fondo esche naturali

Lago Malghera Superiore (Drago) (mt. 2535 s.l.m.) Località di partenza: Lago Malghera di Mezzo (mt.2415 s.l.m.) Dislivello: mt.120 Salita: 40 minuti Caratteristiche: naturale - circolare - superficie 1,00 ha (circa) - profondità max 6,50 mt. Rive: roccia - sfasciume Specie ittiche presenti: Trota Fario - Trota Iridea Ripopolamenti: semine annuali di novellame cm. 4/12 Fario n.1.000 - Iridea n.1.000 a mezzo elicottero. Tecniche di pesca: - consigliata galleggiante fondo esche naturali.

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provat eci lo stesso

Pescare al tocco nelle nostre Testo di Sandro Fiorelli Foto di Valter Bianchini

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hi vive la pesca come un’occasione per stare da soli, immersi nel verde e in contesti ambientali naturali, non può non amare la tecnica al tocco in quelle che comunemente vengono chiamate “valli laterali; fenditure spesso strette e non facilmente percorribili che solcano sia il versante retico che quello orobico della Valtellina. Il nostro è un patrimonio costituito – oltre che da Adda e Mera – da più di 1000 chilometri di corsi d’acqua; certo, non tutti pescabili in egual misura (faremmo invidia all’Alaska!), alcuni in parte deturpati da captazioni e opere in alveo, alcuni di accesso limitato a provetti free-climbers – ma stiamo pur sempre parlando

di centinaia di torrenti (per la precisione sono 212 i corsi d’acqua seminati da UPS lo scorso anno) sempre capaci di fornire interessanti alternative al pescatore disposto a vincere la pigrizia e lasciarsi alle spalle gli itinerari più battuti. Stiamo parlando di un tipo di pesca assolutamente differente rispetto a quello praticato sui grandi fiumi di fondo valle. Se in questi ultimi sarà determinante spesso accaparrarsi prima degli altri la nostra “mattonella”, quello scorcio di fiume dove far derivare con fiducia il nostro galleggiante alla ricerca di trote e temoli, la pesca nei torrenti di montagna è una tecnica da affrontarsi con un certo spirito d’av-


vallette laterali ventura. Anzi, possiamo dire che la pescata cominci ben prima di raggiungere il corso d’acqua, quando – lasciata l’auto in una piazzola lungo la strada – ci lanciamo in impegnative camminate alla ricerca dell’itinerario prescelto. Un’avventura che comincia dall’individuazione del sentiero giusto, spesso ingombro da rovi e ramaglie che – chissà quando – qualcuno liberò a colpi di accetta, badile e piccone per disegnare una mulattiera che lo conducesse sui pascoli montani. In ambienti così selvatici niente va lasciato al caso, a partire dall’abbigliamento e dall’attrezzatura che ci portiamo appresso. Stivali in gomma da caccia se non addirittura scarponi

da trekking, abbigliamento tecnico, comodo e leggero, magari traspirante per proteggerci dal caldo ma anche capace di difenderci dal freddo e fronteggiare improvvisi cambiamenti dovuti al sopraggiungere di una perturbazione; un abbigliamento che consenta di mimetizzarci lungo il corso del torrente in modo da non farci scorgere dalle trote diffidenti e schive che abitano queste acque. Non devono poi mancare un paio di occhiali polarizzanti e un gilet aderente che ci consenta di muoverci agilmente senza rischiare di impigliarci nella vegetazione. Un gilet dotato di tasche destinate a essere riempite con cura. Se nel grosso fiume del piano 

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Ogni piccolo salto d’acqua può nascondere una cattura

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facilmente raggiungibile possiamo permetterci qualche fronzolo in più, qui tutto il superfluo che ci porteremo dietro sarà peso inutile da accompagnare su e giù per boschi e sentieri. Personalmente, se vado a pescare in un luogo impervio mi porto sempre un piccolo zaino con un cordino di 20 mt circa, in alcune situazioni mi è servito per affrontare con maggior sicurezza la discesa e la risalita verso alcuni spot di pesca che – forse proprio in virtù della loro posizione - consideravo particolarmente promettenti. Specie in questi casi, parlare di prudenza è un obbligo, soprattutto quando siamo a pesca da soli. Meglio insidiare qualche trota in meno che rischiare un infortunio dalle conseguenze imprevedibili. Per quanto riguarda l’attrezzatura da pesca, oggi grazie all’evoluzione tecnologica possiamo trovare in commercio diversi modelli di canne teleregolabili per la pesca al tocco in torrente. Anche in questo caso dobbiamo tenere conto dell’ambiente in cui ci muoviamo

e quindi è inutile avere canne eccessivamente lunghe: un attrezzo tra i 6 e gli 8 metri è più che sufficiente, anche perché nella maggior parte dei casi dovremo pescare con la canna bloccata a 3-4 mt vista la probabile presenza di arbusti che ci impediranno di muoverci in assoluta libertà. Non è necessario acquistare canne particolarmente costose, ma nemmeno affidarci a strumenti troppo fragili, che al primo impatto con un ramo o un masso si danneggino rovinandoci irrimediabilmente la giornata di pesca. L’attrezzo ideale è una canna robusta con anelli a doppio ponte dal momento che - pescando in zone molto infrascate - sarà facile agganciare rami, fogliame o erba, con l’inevitabile conseguenza di costringerci a forzare il tutto per disincagliare la nostra montatura. Anche in considerazione di questo, nella nostra attrezzatura non dovranno mancare nastro isolante per effettuare delle riparazioni estemporanee e uno stick di colla a caldo per fissare


il puntale. Come ulteriore precauzione personalmente mi porto anche un paio di puntali di scorta in caso di rottura del cimino, accessori di maggior diametro, vista la necessità di adattarli ad una sezione più grossa a seguito dell’accorciamento dello stesso. Arrivati sul torrente, è importantissimo saper leggere le condizioni del corso d’acqua per poter scegliere la montatura da utilizzare. Ognuno di noi ha delle preferenze che di solito si formano in funzione del proprio bagaglio personale di esperienze, ma in generale la scelta varia molto in funzione della situazione che ci troviamo di fronte: se ad esempio siamo a pesca dopo una forte precipitazione o durante la fase di disgelo e il torrente ha una portata maggiore con acqua velata, ci troviamo in condizioni ottimali, che ci permetteranno di pescare con maggior facilità e senza esasperati tecnicismi. Se invece ci troveremo in una situazione caratterizzata da acque limpide e portata regolare, allora le nostre capacità saranno messe a dura prova. Personalmente sono convinto che - in contesti così estremi - la semplicità e leggerezza della presentazione siano da preferirsi, specie se stiamo insidiando trote selvatiche, per le quali diventa fondamentale presentare le nostre esche nel modo più naturale possibile. Il vecchio sistema di pesca con le spaccatine da montagna (olivette) e un terminale di 2030 cm è ancora attuale, anche se l’agonismo della trota in torrente ha introdotto numerose varianti a questa tecnica di pesca: l’utilizzo di montature complesse come le coroncine di pallini di piombo duro da 4-5 grammi, le spiraline in piombo, i vetrini, i pallettoni in piombo o vetro da pochi grammi, e soprattutto l’utilizzo di girelle triple a cui collegare il finale della nostra montatura, sicuramente aumentano la possibilità di realizzare catture anche in situazioni poco favorevoli. D’altronde – in formula uno come nella pesca – il mondo delle competizioni serve proprio a questo: mettere a punto piccoli e grandi sviluppi tecnologici che poi andranno a contribuire al miglioramento di tutti i giorni. A questo punto si deve fare una puntualizzazione sulla parte terminale della montatura. Oggi - grazie all’evoluzione dei monofili in fluorocarbon che hanno un indice di rifrazione bassissimo quasi pari a quello dell’acqua - è possibile avere il vantaggio di poter rendere invisibile all’occhio delle trote lo spezzone

di lenza alla quale si collega l’amo sul quale innescheremo le nostre esche. Questo però non vuol dire che potremo permetterci di aumentare il diametro del monofilo - c’è chi arriva a 0,25-0,20 mm - in maniera sconsiderata: specie su trote particolarmente diffidenti e acqua limpida, anche la naturalezza con la quale la nostra esca verrà essere presentata sarà un fattore determinante con cui fare i conti; consiglio quindi di utilizzare finali in fluorocarbon non superiori allo 0,18 fino a scendere allo 0,12-0,10 se siamo in presenza di acqua cristallina. Un’ultima considerazione riguarda la scelta dell’esca da utilizzare: se ci troviamo ad af- 

La trota Fario è la regina indiscussa di queste acque

Trota Fario Schwarzwald di un piccolo torrente sulle Retiche

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Fario Mediterranea del torrente Viola

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frontare condizioni ideali per questa tecnica (acqua torbida) la prima scelta è ovviamente il verme di terra innescato in modo da favorirne la rotazione; come in molti sapranno, si sta parlando di un innesco micidiale sebbene debba ammettere di aver avuto dei buoni risultati anche con la camola del miele. La vera sfida però si presenta quando ci troveremo davanti poca acqua e limpida; in questi scenari l’osservazione dell’ambiente è fondamentale: dovremo infatti riuscire a intuire di quale cibo le nostre trote si stanno nutrendo, avendo anche il coraggio di uscire dagli schemi. E’ così che anche cavallette, farfalline, larve di friganea (portasassi) o piccoli vermetti di

terra entreranno a buon diritto nel novero dei bocconi da servire con fiducia. Il ambienti come i riali di montagna, la pesca deve svolgersi con circospezione e spostamenti lenti, facendo attenzione a non turbare la quiete dei luoghi in cui ci troviamo; è inutile sottolineare che le trote autoctone sono vigili, al minimo rumore si rifugiano nelle proprie tane e a quel punto non ci sarà più alcuna possibilità di trovarle attive per parecchie ore. Solitamente la nostra azione di pesca deve essere svolta lasciando trasportare la nostra esca da monte verso valle seguendo la corrente ed eventualmente soffermandosi nelle buche o sotto la vegetazione che a volte arriva fino in acqua; ogni giro di corrente, ogni ostacolo sia esso un tronco caduto in acqua o un grosso masso - possono rappresentare un punto di stazionamento per le nostre trote selvatiche. Mentre ci muoviamo lungo il torrente è necessario continuare a prestare attenzione all’ambiente in cui stiamo pescando; è fondamentale non limitarsi a tenere sott’occhio solo le zone che riusciamo a raggiungere con la nostra azione di pesca ma registrare ogni movimento, bollata o tutto quello che ci può indicare la presenza di trote in caccia. Solo con l’esperienza e la pratica riusciremo ad apprezzare questo tipo di pesca che ci potrà riservare grandi soddisfazioni quando riusciremo a intuire la buca, il sasso, la correntina o il raschio che ci può garantire la cattura. Trattandosi di trote selvatiche che sono cresciute e vivono in un ambiente difficile, il rispetto delle prede catturate deve essere elevato al limite, in particolare per quegli esemplari sotto misura che devono essere trattati con estrema cura per garantirne la sopravvivenza. In questi particolari ambienti dove l’equilibrio dell’ecosistema è estremamente delicato, anche la pratica della pesca no kill può essere vista come un segno tangibile di grande rispetto per delle trote con livree dai colori stupendi e che raramente hanno dimensioni superiori ai 30 cm. Spero di essere riuscito a suscitare un po’ di interesse per questo particolare tipo di pesca, ricordando che i corsi d’acqua laterali sono pescabili da marzo a ottobre, e arrivano così a costituire una valida alternativa ai fiumi di fondo valle che sempre più spesso- a causa delle fluitazioni degli impianti idroelettrici e dei mutamenti climatici - presentano condizioni non proprio ottimali per parecchi mesi all’anno.


di Davide De Simone

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L’altra metà del cielo

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La pesca a Ninfa: a qualcuno non piace, ma chi la ama si diverte tutta la stagione di Aldo Silva

N

el lontano 1903, in una solitaria spiaggia del nord America, due fratelli di nome Orville e Wilbur Wright - in arte semplici riparatori di biciclette - posero le basi per una delle invenzioni che avrebbero rivoluzionato il futuro di tutta l’umanità: il primo aeroplano. Oggi nessuno riesce a immaginare cosa sarebbe il nostro mondo senza quell’intuizione. Eppure al tempo le reazioni di molti furono di scetticismo se non di vera e propria ostilità verso quello che in realtà era la realizzazione del sogno più grande del genere umano: sottrarsi alla condizione di esseri miseramente terrestri e raggiungere un nuovo stato di libertà da sempre solo ipotizzato, la conquista del cielo. Qualcuno si chiederà che cosa c’entri tutto questo con la pesca; non molto in verità se non per rimarcare una certa abitudine dell’uomo a voler contraddire a priori tutto ciò che esce dalla consuetudine, tutto ciò che in qualche maniera lo obbliga a prendere coscienza di una possibile alternativa agli schemi riconosciuti, comportamento spesso riconducibile a una peculiarità abbastanza comune: la pigrizia che contraddistingue alcuni di noi. Trasferendo quest’ultimo concetto al nostro piccolo mondo di umili pescatori a mosca, è perfettamente comprensibile che a qualcuno possa infastidire il fatto che ciclicamente emergano nuove idee e tendenze, peraltro inevitabili come in molte altre attività umane suscettibili di pulsioni evolutive. Di certo non conforta scoprire che tutto l’impegno e il tempo spesi per crearsi una solida reputazione in questa disciplina di per sé già abbastanza articolata vengano messi in discussione da nuove metodologie. L’avrete capito, mi sto riferendo alla contrapposizione che da sempre divide i pescatori a mosca “secca” e coloro che invece prediligono “pescare sotto”, i cosiddetti ninfaroli, ninfisti, ninfomani, garisti o come qualcuno poco elegantemente li definisce… ‘mazapess!. Una querelle che farebbe sorridere, se in certi ambienti non venisse caricata di toni talmente accesi da far impallidire le tensioni tra arabi e israeliani nella striscia di Gaza… Forse più di altre tecniche, la pesca a mosca è caratterizzata dalla ricerca continua di nuove applicazioni; basti pensare a come sono cambiate le nostre mosche nel corso dell’ultimo ventennio: ami sempre più performanti, materiali imitativi, idrorepellenti, accattivanti; emerge insomma in maniera prepotente quanto il PAM moderno sia estremamente sensibile e interessato a evolversi. In un’attività così sfaccettata e diversificata, i migliori risultati li ottiene chi di questa tecnica conosce più variabili, chi riuscirà a fronteggiare il maggior numero di situazioni differenti tra loro. Ognuno di noi ha la sua tecnica preferita, ma conoscerne molteplici e saperle correttamente applicare amplia le nostre conoscenze e completa il nostro bagaglio tecnico; disconoscere questo principio va contro la natura stessa della pesca a mosca. La mia precedente professione mi ha permesso di incontrare alcuni dei migliori pescatori a mosca del mondo. Personaggi dotati di capacità fuori dal comune, inventiva e abilità tecniche, dai quali ho potuto apprendere moltissimo riguardo alle varie tecniche per pescare con la mosca artificiale. Un mese di aprile di circa dodici anni fa accompagnai a pesca in Valtellina il già tre volte campione del Mondo di pesca a mosca Pascal Cognard; la scusa ufficiale era un test su alcune canne nuove che stavamo sviluppando per l’azienda di cui lui era uomo immagine. 

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La giornata iniziò molto presto con livelli bassi e scarsa attività - solo temolotti e qualche trotella - speravo per qualcosa di meglio nel corso della giornata e infatti, verso mezzogiorno, una timida schiusa aprì la possibilità ad una discreta pescata ma, come avviene di norma, l’acqua si alzò di almeno mezzo metro e si sporcò parecchio, la schiusa finì. Tutti i pescatori presenti sulle rive smontarono le canne e se ne andarono mugugnando. Anch’io cominciavo a pensare di cambiare posto ma il nostro ospite, senza minimamente scomporsi, aveva già provveduto a cambiare il finale e a montare tre piccole ninfe di tonalità scura cominciando a pescare nel sottoriva dove poco prima non vi era nemmeno acqua. “Peche fin gàgne toujour” - la pesca fine vince sempre – e se lo diceva lui… Attraverso continui aggiustamenti e tentativi pescammo tutto il pomeriggio catturando in continuazione. Quella fu per me l’occasione che mi portò a rivedere la mia opinione sulla pesca a ninfa; fino ad allora la consideravo solo come un ripiego nei momenti di stanca, mi affidavo a ninfe molto appesantite coadiuvate da un indicatore di abboccata. Quel giorno pescammo invece con artificiali di taglia relativamente modesta e un finale sottile e ciò fece la differenza. Pascal poi mi spiegò che i pesci si adattano a queste condizioni e noi – se volevamo pescarli - dovevamo fare altrettanto. In serata le condizioni del fiume tornarono normali e potemmo ancora pescare alcuni pesci a mosca secca, ma la pesca era stata così abbondante che ce la prendemmo molto comoda. Con un fiume del genere tutto per noi non potei fare meno di pensare a quei pescatori che avevamo incontrato la mattina e se l’erano data a gambe non appena le condizioni dell’acqua erano cambiate. Con un minimo di conoscenza e di fiducia in più avrebbero potuto condividere con noi quel bel momento di pesca invece di rientrare con il muso lungo. Qualcuno obietterà che pescare a ninfa equivalga a insidiare pesci in maniera antisportiva o che venga meno il gesto tecnico di un bel lancio. Stiamo però attenti a non dimenticare che questo metodo è praticato da innumerevoli pescatori in tutto il mondo e in alcuni paesi è sicuramente la tecnica più diffusa, vantando anzi una lunga e consolidata tradizione alle spalle. A che serve alimentare rimostranze da esporre all’ente gestore delle acque per-

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ché queste sono sporche o continuano a cambiare di livello, magari minacciando di non rinnovare più la tessera? Tutti sappiamo che quella contro l’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche è una battaglia doverosa alla quale non dobbiamo rinunciare, ma dobbiamo anche essere consapevoli di come un compromesso fatto di scelte ambientali non del tutto prive di conseguenze - sia necessario. Scelte che si potranno limitare, contenere, ma non certo eliminare del tutto. Anzi, dovremmo forse ritenerci fortunati se abbiamo ancora un fiume in cui - bene o male - è possibile pescare qualche bel pesce relativamente vicino a casa nostra. Secca, ninfa, sommersa o streamer: nella pesca nulla è scontato e prevedibile, le variabili che entrano in gioco sono innumerevoli; al pescatore moderno è richiesto di sapersi adattare ed essere flessibile. I pesci non ci devono nulla, hanno già molto di che preoccuparsi e non possono certamente farsi carico anche delle nostre frustrazioni. Ci offrono però una grande opportunità: quella di esserci malgrado tutti i proble-


mi che gravano su un fiume come l’Adda. La pesca con la ninfa “moderna” è il sistema che ha subito la maggior evoluzione nel corso degli ultimi anni, la scuola Francese prima, poi quella Ceca, Polacca, Slovacca e non ultima quella Italiana hanno elaborato, confrontato, messo a punto e infine concretizzato un sistema che si basa essenzialmente sulla sensibilità e sull’intuito, doti necessarie quando si deve correttamente interpretare il fiume che non ha una sola dimensione - quella superficiale - ma molteplici; da pochi centimetri a svariati metri; aree liquide soggette a cambi di corrente, ostacoli vari e zone d’ombra dove è necessario applicare accorgimenti e metodologie differenti per poter “entrare in pesca” in maniera corretta. L’innovazione di questo metodo ha permesso anche un certo rilancio del mercato delle attrezzature che sembrava quantomeno depresso: canne specifiche, finali espressamente concepiti ed elaborati per le varie applicazioni e poi una varietà infinita di materiali da costruzione, come peli naturali, dubbing sintetici, pellicole iridescenti e quello che forse è il vero motore di tutto il sistema, la pallina in tungsteno.

Ma forse la vera innovazione di questo metodo sta nell’aver riavviato in maniera consistente tutto il meccanismo – ormai appiattito - del nostro piccolo mondo, consentendo a molti di confrontarsi, informarsi, scambiare idee, elaborare progetti. Possiamo azzardarci a sostenere che la pesca a ninfa abbia restituito a molti la voglia di tornare sul fiume a pescare? Sicuramente si, e scusate se è poco.

Con la sua Modern Flies Aldo Silva ha costruito in Italia – unico a farlo – canne da mosca che hanno vinto campionati mondiali con le nazionali di Francia,Italia, Polonia e Repubblica Ceca. Adesso vive tra Italia e Lapponia svedese dove è titolare di un apprezzato lodge di caccia e pesca. Per Informazioni: Modern Fishing in Lapland +39-348-6004118 Contatto Italia +46-73-8213607 Contatto Svezia info@loe-mfl.com www.loe-mfl.com

Trota Fario Mediterranea (foto Valter Bianchini)


IL P E R S O N A G G IO

Ricordo di di Dario Benetti

Per una politica delle acque degna della nostra identità e della nostra storia

Giuseppe Songini sulle sue montagne

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GIUSEPPE

I

l 5 dicembre scorso, presso la sala delle acque del B.I.M. a Sondrio, è stata finalmente presentata la ristampa del libro di Giuseppe Songini Acque Misteriose. Un folto pubblico ha partecipato all’evento, a testimonianza dell’interesse per il tema trattato. Lo scritto in questione costituisce una pietra miliare della lotta per l’autonomia delle nostre valli e per un corretta gestione delle nostre risorse naturali. La ristampa è arricchita da due contributi scritti da Songini per “Quaderni Valtellinesi” prima della sua morte, con importanti aggiornamenti dei dati, oltre che un’introduzione e un saggio dell’economista Marco Vitale che permettono di ripercorrere tutta la vicenda giudiziaria e di conoscere l’evoluzione della normativa della

materia. In chiusura, una testimonianza scritta dai nipoti di Songini in suo ricordo. La crisi economica mondiale inizia dal saccheggio sconsiderato delle risorse naturali Sembra che i periodi di crisi alimentino momenti di riflessione sullo sviluppo. Un recente documentario sugli scandali finanziari americani all’origine della tempesta economica del 2008, ha fatto il giro del mondo grazie ad internet e a youtube. Stiamo parlando di Inside Job, l’esito del brillante lavoro giornalistico di un fisico americano, Charles Ferguson, vincitore dell’Oscar al miglior documentario nel 2011. Non può lasciare indifferenti il fatto che questo

documentario inizi raccontando i prodromi della crisi in Europa partendo dalla piccola Islanda: il crack nasce dal saccheggio delle risorse, dallo sfruttamento meramente quantitativo delle risorse naturali. L’infrangersi di quel delicato equilibrio tra l’uomo e il contesto territoriale che ha - nelle Alpi - uno dei laboratori più importanti. Una vita dedicata ai diritti delle nostre valli Giuseppe Songini - nato nel 1927 in una famiglia che viveva e lavorava nei pressi di una diga (alla presa di Ruschedo in Valmasino) dopo aver lavorato alla società Vizzola fin dal 1949 e dal 1963 all’Enel - dove svolse anche il ruolo di capo dell’ufficio tecnico - fu insignito della stella di Maestro del lavoro nel 1985. Da quell’anno investì il suo tempo libero per approfondire le problematiche del settore idroelettrico, un lavoro che nel 1994 si concretizzò nella pubblicazione dell’opera L’energia elettrica in provincia di Sondrio e lo portò a collaborare dal 1999 con la giunta Tarabini come esperto dell’Amministrazione provinciale. Poche e chiare erano le rivendicazioni su cui Songini insisteva: - Una rivalutazione dei sovraccanoni (ossia il contributo che le società idroelettriche versano alle comunità locali attraversate dai fiumi che incanalano e sfruttano per produrre energia elettrica; contributi ancora meramente simbolici) che prenda come riferimento l’effettiva produzione e la sua resa; - Un adeguamento della bolletta elettrica per le popolazioni locali, sia sul versante tariffario che per quanto attiene l’onere termico. Una serie di richieste minimali a fronte di un utilizzo intensivo delle nostre risorse idriche, uno sfruttamento non privo di nefaste conseguenze in ambito ambientale. Una denuncia ancora più attuale se pensiamo ai nuovi rischi che le nostre valli stanno subendo a seguito dell’interesse sempre più pressante che le cosiddette “energie alternative” stanno rivolgendo al nostro territorio. Veri e propri saccheggi ipotizzati ai danni delle comunità locali che prenderebbero la forma di giganteschi impianti solari ed eolici in zone di delicato equilibrio ecologico. Ma e’ mai possibile che un territorio che già


Songini contribuisce sensibilmente al bilancio energetico nazionale sia costretto a stilare calcoli assurdi sull’attuazione di una fantomatica “autonomia energetica” ignorando il contributo che il territorio stesso – da decenni e decenni – già sta offrendo al nostro Paese? La sentenza di appello per Acque misteriose Sono disposti i nostri politici a rischiare in proprio per i diritti delle nostre valli? Stanno effettivamente lavorando per la difesa dei nostri pubblici interessi? Giuseppe Songini, con Acque Misteriose, lo ha fatto, credendo nella verità e nella serietà della sua ricerca. Purtroppo non ha potuto leggere la sentenza di appello, che di seguito trascriviamo: “La seconda sezione civile della Corte di Appello di Milano, composta dai giudici Carlotta Greco, Presidente, Nicoletta Ongania, consigliere e Raimondo Mesiano, consigliere, ha dunque confermato integralmente la sentenza di assoluzione di primo grado, condannando A2A alla rifusione delle spese di giudizio.” Questi i passaggi più importanti delle motivazioni della sentenza: “Nonostante il livello piuttosto generico delle affermazioni del primo Giudice, occorre osservare che in effetti le ricerche del Songini hanno una innegabile serietà scientifica, poiché i quantitativi di acqua sono stati fedelmente riportati dai dati rilevati dall’UTIF di Bergamo, per i quali non vi è alcun motivo di ritenere che i dati rilevati siano inesatti. Ciò porta in effetti a constatare che l’acqua utilizzata è stata superiore di molto a quella, di cui alla portata media degli impianti valtellinesi nel periodo considerato. Ma ciò non significa affatto che il Songini abbia voluto affermare che l’A2A e/o altre società concessionarie utilizzino l’acqua non pagandola. In altre parole l’autore ha voluto richiamare l’attenzione su un problema che non è di infedeltà e di inadempimento contrattuale, come se l’appellante pagasse meno canoni di quelli dovuti e quindi non è un problema avente rilevanza giuridica sul piano dell’affidabilità contrattuale o imprenditoriale dell’appellante, ma è invece un problema di carattere etico-sociale: che, cioè, sulla base del sistema normativamente vigente, le società concessionarie utilizzano più acqua di quella prevista nelle concessioni,

che pure esse società rispettano, che si sappia, pienamente. Del resto è noto che le comunità valligiane sono spesso, e giustamente, sensibili al tema dell’appropriazione delle loro risorse da parte dell’intera comunità o di imprese esterne. Con ciò è anche da escludere un intento denigratorio in capo all’autore che – come rilevato dal Tribunale – non ha utilizzato espressioni offensive, ma ha solo inteso divulgare la conoscenza di un serio problema economico e sociale della Valtellina. Invero il criterio della verità scientifica e del forte interesse alla divulgazione delle ricerche dell’autore costituisce, inoltre, altro elemento che esclude la asserita natura denigratoria delle pubblicazioni in questione. (omissis) questa sede rileva ulteriormente che non vi è nessun elemento per pensare che l’autore abbia selezionato, tra i dati disponibili presso l’UTIF di Bergamo, quelli che più calzavano nella sua tesi precostituita e denigratoria della sottrazione di acqua da parte dell’appellante: in realtà sembra che il Songini abbia utilizzato i dati disponibili relativi all’ultimo decennio considerato (1993-2002) tenuto conto che il libro fu pubblicato per la prima volta nel gennaio 2006 e che le ricerche furono ovviamente eseguite in un periodo anteriore. Per quel che riguarda la grande Libro bia nco diffusione della pubblisull’uso d ell nei grand e acque cazione in Valtellina, i impianti idroelett rici essa è connaturata alla in provin cia di Son drio rilevanza economico sociale della problematica esposta, di cui non si può certo fare colpa all’appellato.”

Acque misteriose Giuseppe

Songini

Introduzio ne e aggio a cura di rnamenti Marco Vit ale

Cooperat

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riale Quad

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Anno 2006: la Cooperativa editoriale “Quaderni Valtellinesi”, pubblica “Acque Misteriose” A2A cita in giudizio Giuseppe Songini e Dario Benetti, chiedendo la distruzione del libro 2008: la sentenza di primo grado del Tribunale di Sondrio assolve Songini e Benetti, riconoscendo il valore scientifico di “Acque Misteriose” e condanna A2A al pagamento in toto delle spese processuali. 2011: la Corte di appello di Milano conferma la sentenza di primo grado. Settembre 2012: viene depositatala sentenza.

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S TORI E D ’ A U TOR E

Ereditiere francese avventuriero nel mondo

CHARLES RITZ,

il pescatore

di Fabio Genovesi

Preferì il silenzio dei fiumi al più chic degli hotel

La foto in alto: “Charles Ritz ispeziona le cucine dell’omonimo hotel parigino” La foto a fianco: “La facciata del Ritz parigino”

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a pesca a mosca è un capolavoro dell’inventiva umana. L’esca è semplicemente un amo al quale si avvolgono le piume di vari uccelli, da far volteggiare con movimenti simili agli esercizi col nastro nella ginnastica artistica e poi posare sull’acqua come fosse un insetto. In un solo gesto quindi si uniscono tre mondi: le piume degli animali dell’aria aiutano noi animali della terra a catturare quelli che vivono sott’acqua, in una magia che qualcuno

considera un “hobby”, ma è molto più giusto chiamarla “passione”. Una passione che ha disegnato la vita favolosa di Charles Ritz. E pensare che già alla nascita, il primo agosto 1891, il suo destino sembrava scritto. Figlio primogenito di César Ritz, “il re degli albergatori e l’albergatore dei re”, aveva una dinastia da portare avanti e un impero da amministrare, ma l’amore per la pesca lo chiamò più forte del sangue. Da subito cittadino del mondo, allattato da una balia zingara e cresciuto sui wagon-lits, si innamora della pesca sull’Andelle in Normandia, e da allora casa sua diventano i sassi scivolosi in mezzo al fiume, con l’acqua che scorre e vortica via senza fermarsi mai. E quando a 27 anni i genitori lo mandano a New York, per fare la gavetta al Ritz Charlton Hotel, lui pensa solo a perlustrare quella terra smisurata e i suoi fiumi portentosi. Al Charlton lavora di notte, e il giorno lo passa ad ammirare le canne da pesca da Abercrombie & Fitch, che adesso è un marchio di


abbigliamento alla moda tra gli adolescenti, ma all’epoca vendeva articoli da pesca e fucili. Il suo modesto stipendio non gli permette di farci spese, e allora Charles bazzica il monte dei pegni sulla Fourth Avenue, dove trova canne a due dollari e impara a sistemarle da solo. In breve il suo ufficio si trasforma in un’officina, piena di vernici e pezzi di bambù, e il direttore non lo caccia solo perché quel matto è il figlio del padrone. Ma la svolta arriva nel 1921, quando conosce il capo indiano Moose Heart e lo convince a fargli da guida per una battuta di pesca ai salmoni. I due partono di notte pagaiando a bordo di una canoa sull’acqua scura, e mentre il capo gli racconta che è stato a Parigi con Buffalo Bill (“Molto belle donne, molto bere”), Charles si incanta a guardare i cerchi disegnati sulla superficie dai pesci in cerca di cibo, e nel buio di quella notte gli diventa chiaro cosa vuole fare nella vita: “Questo virus mi ha fatto abbandonare la carriera, che si sarebbe dovuta concentrare solo sugli hotel, perché dovevo mantenere la libertà necessaria a un pescatore che si rispetti”. Per dieci anni pesca ovunque nel nuovo continente, frequenta maestri costruttori come Jim Payne e impara ogni segreto delle canne in bambù. E quando nel 1927 torna a Parigi, richiamato dalla madre vedova, invece di prendere la direzione dell’hotel in Place Vendom decide di aprire un negozio di scarpe, che ovviamente è solo una copertura: anche lì Charles dà sfogo alla sua creatività inventando i doposci, ma quello che gli interessa in realtà è il negozio di pesca clandestino che ha allestito sul retro, dove si ritrova con altri forsennati della lenza. C’è il campione del mondo Pierre Cresevaut e c’è pure il medico Tony Burnard, che ha abbandonato la professione per fondare una rivista di pesca. Charles viene contattato dai celebri costruttori Pezon et Michel, e per loro realizza le leggendarie canne della serie “parabolic”, che rivoluzionano il mondo della pesca a mosca e finiscono in mano ad appassionati esigenti come Hemingway e Eisenhower. Dopo un anno di collaborazione gratuita, Pierre Pezon desidera ricompensarlo, ma a parlargli di denaro teme di offenderlo. Gli chiede allora come può sdebitarsi, e Charles alzando le spalle risponde “Mah, se proprio ci tiene mi può regalare una pipa”. Intanto il successo delle sue canne è inarrestabile, e le riserve di tutto il mondo si contendono monsieur Ritz. Pesca i salmoni

in Canada e gli squali di Agadir, passando per le trote giganti della Scandinavia e domando tutti i grandi fiumi d’Europa. E ogni volta che torna a Parigi, nel suo appartamento all’ultimo piano del Ritz, sente che questo non è il suo mondo. Nel 1953 ha assunto la direzione dell’albergo, ma lascia quasi tutto in mano al consiglio di amministrazione. Dovrebbe passare le giornate in ufficio, ma si intrattiene più volentieri con la sua vicina di casa, Coco Chanel, che abita davanti a lui da trentacinque anni e ogni volta gli racconta di quel pomeriggio che in Norvegia catturò più salmoni del duca di Westminster. Charles dà comunque un contributo importante alla gestione dell’hotel, si inventa il bar Vendom e il ristorante L’Espadon, e avrebbe altre idee innovative ma viene costantemente ostacolato dal consiglio di amministrazione. Perché qua non è come sul fiume, dove tutto cambia minuto per minuto e Charles decide da solo seguendo il suo istinto. Regole fisse, schemi e convinzioni immutabili gli sembrano una follia. “È un iconoclasta, che non esita a distruggere un idolo pur di avere davanti solo fatti veri e reali”, scrive Hemingway nella prefazione al libro di Ritz “A fly fisher’s life”. Hemingway è un grande amico, e spesso Charles lo porta a pesca sulla Cadillac di sua madre, donna esplosiva che a novant’anni anima le feste dell’hotel fino alle tre di notte. Ritz appare nel racconto “A Room on the garden side”, ambientato nella Parigi appena liberata, ma pochi sanno che un romanzo di Hemingway, “Fiesta Mobile”, senza Charles probabilmente non sarebbe mai esistito: un giorno del 1956 Hemingway e A. E. Hotchner stanno pranzando al Ritz insieme a lui, parlano di trote e vecchie attrezzature, e Charles interrompe Ernest: -a proposito, ma lo sai che dal 1930 hai ancora un baule pieno di roba qua negli scantinati?-. 

La svolta nel 1921: il capo indiano Moose Heart lo guida in una battuta al salmone. Il giovane ammira i cerchi disegnati nell’acqua dai pesci e capisce che cosa vuole fare nella vita.

“La copertina del libro di Ritz”

“Il giovane Ritz mentre si dedica alla passione della sua vita”

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FABIO GENOVESI

ESCHE VIVE in libreria da GENNAIO 2011

Charles Ritz insieme a Ernst Emingway di cui fu amico e ispiratore del romanzo “Fiesta mobile”

Per gentile concessione dell’autore e de Il Corriere della Sera

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Hemingway ricorda che negli anni Venti Louis Vuitton ha realizzato per lui un baule speciale, ma non sa dove sia finito. Corrono a cercarlo, e all’interno trovano vestiti e attrezzature per la caccia, la pesca e lo sci, e sotto quella roba un vero tesoro: -I miei taccuini! Ecco dov’erano finiti, Enfin!”. Due file di taccuini neri, fittamente scritti durante gli anni parigini, che Hemingway porterà con sé a Cuba per trarne quello che chiama “My Paris Book”, ma uscirà postumo come “Fiesta Mobile”. Il tempo passa anche per Charles, che però non si ferma mai: fonda la rivista “Plaisirs de la Peche”, un’associazione per la salvaguardia dei fiumi e un esclusivo circolo di pesca, il Fario Club, con membri di tutto il mondo che si ritrovano ogni autunno al ristorante del Ritz. “A ottant’anni ho ancora molto da imparare…e se dopo qualche piccolo successo comincio a credermi bravo, bastano un paio di pesci che mi fregano per richiamarmi all’ordine”. Arrivato a ottantacinque però, Charles si ritira dalla dirigenza del Ritz, e tre mesi dopo lascia questa terra. Ma da vero pescatore il suo ultimo pensiero, così come la frase che chiude “A Fly fisher’s life”, è già dedicato ai favolosi fiumi che lo aspettano nell’Aldilà: “e quando arriverete in paradiso, come non dubito che accadrà, venitemi a cercare. In poco tempo saprò dirvi dove stanno le trote più belle”.

Il libro Una voce nuova e freschissima che racconta uno spicchio di provincia italiana. Fiorenzo di Muglione, profonda provincia pisana di disoccupazione e fossi stagnanti, è sfortunato fin dal nome: orfano di madre, il padre proprietario di un negozio di pesca e allenatore dell’Unione Ciclistica Muglianese, a quattordici anni ha perso una mano a causa di un fuoco d’artificio. Sebbene sia un bel ragazzo, Fiorenzo scopre presto che nella vita “quello che manca conta molto di più di quel che c’è”. Tiziana ha trent’anni, di Muglione pure lei, laureata, con un master a Berlino e offerte di lavoro in tutto il mondo, ha deciso di tornare al paese, di mettere le proprie competenze al servizio della sua comunità. Ottiene l’incarico di animare il locale Informagiovani, frequentato solo da un gruppetto di anziani, e quando gli amici del master passano a trovarla, il suo avvilimento si trasforma in disperazione. Infine Mirko, il Campioncino, il ragazzino che il babbo di Fiorenzo ha scovato nel profondo Molise e ha adottato perché il suo talento ciclistico lascia sperare grandi cose. Fiorenzo, Tiziana, Mirko: tre vite che s’incrociano in un luogo improbabile e desolato, per dare vita a un corto circuito struggente e divertentissimo, amaro e poetico.

L’ autore : Fabio Genovesi (Forte dei Marmi 1974) ha esordito con Versilia Rock City (2008). È co-autore di testi teatrali insieme a Elisabetta Salvatori e Francesco Guccini. Si è occupato di ciclismo giovanile per il quotidiano “Il Tirreno” e scrive reportage musicali per “Rolling Stone”, “GQ” e “Mono”. È autore di soggetti per tv e cinema.

Collana Sis Pagine 392 Prezzo 19,50 euro


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L E B U O N E A Z IO N I

Il rispetto delle vostre catture

ovvero come fotografare i pesci!

(foto Valter Bianchini)

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Le fotografie contribuiscono in modo determinante alla buona o cattiva riuscita di una rivista. Se proviamo a sfogliarne una qualsiasi e ad immaginarla priva di foto, sicuramente ci soffermeremmo solo su quegli articoli che ci interessano veramente, per la restante parte ci limiteremmo a un veloce sguardo ai soli titoli. Al contrario, se lo stesso articolo è corredato da buone immagini, tutto si presenterà in maniera completamente diversa. Una bella immagine è il passaporto che ci invita alla lettura. Inoltre ci sono situazioni che non si possono descrivere a parole; come raccontare al meglio un tramonto strepitoso se non attraverso una immagine? Anche i grandi reporter - nonostante sappiano descrivere fatti, ambienti e situazioni come nessuno - portano sempre con se una fotocamera al collo. Questa è la forza della fotografia, saper parlare e trasmettere messaggi ed emozioni come poche altre forma espressive. “I vostri click” sono certamente tra le pagine di Pescare in Valtellina più viste. Soffermandoci sulle fotografie di bellissimi pesci catturati, invidiamo quei bravi “colleghi”e cresce dentro di noi il desiderio di tornare a pescare, magari stimolati dalla speranza di essere noi – un giorno neanche troppo lontano – a diventare gli autori di una foto con catture da record. Le fotografie delle catture pubblicate rendono anche tangibili i risultati della buona gestione delle nostre acque e costituiscono una soddisfazione per chi, a questo scopo, spende buona parte del proprio tempo libero. Però non tutte le immagini che ci vengono inviate riescono a trasmettere sensazioni positive. Alcune sono belle, inducono i lettori a sognare, ma la maggior parte purtroppo è qualitativamente scarsa. Il più delle volte ciò avviene per la poca dimestichezza degli autori con la propria fotocamera. Come per molte altre attività, anche la fotografia richiede un minimo di conoscenza delle regole base. Ma non è questa la sede per un corso accelerato di tecnica fotografica, forse torneremo sull’argomento in un prossimo numero. Fotografando le nostre prede, ciò che conta è che l’immagine riesca a trasmettere in chi la guarderà un po’ dell’emozione della cattura, si intravveda il luogo di pesca, vengano evi-

Che senso ha condurre aspre battaglie per la difesa degli ambienti fluviali, chiedere che il nostro patrimonio ittico venga salvaguardato dagli svasi e dalla mortale aggressione dei cormorani, e poi mostrare i nostri pesci alla stregua di bistecche nelle mani di un macellaio?

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Se immortaliamo i pesci “con rispetto” contribuiamo a dare una buona immagine della nostra categoria e riusciamo a trasmettere la percezione del grande patrimonio che abbiamo costruito in tanti anni e che la nostra valle è in grado di offrire.

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denziati i colori della livrea che sono la carta d’identità dell’habitat in cui il pesce ha vissuto; è importante che la nostra preda sia fotografata in pose naturali, possibilmente vicino all’acqua, meglio ancora sarebbe se a chi guarda venisse il dubbio: “sarà finito in padella o starà ancora nuotando?” Riceviamo invece molte fotografie in cui i pesci sono ridotti in uno stato tale da far pensare, in alcuni casi, che chi li ha catturati abbia voluto dar loro una lezione. Fotografie di pesci dalle livree indistinguibili per la lunga permanenza in sacchetti e asciugamani, tenuti per le branchie, per la coda, con le dita infilate nelle branchie e che escono abbondantemente dalla bocca, sanguinolenti, stesi sul tavolo da cucina in pose innaturali o addirittura nel lavandino; per non parlare dei pesci mostrati già aperti e pronti per l’operazione “burro e salvia”, con relativo sfondo di fornello, padelle e piatti. Se dovessimo pubblicare quelle fotografie a chi andrebbe la simpatia dei più, al pesce o al pescatore? Un po’ come con le fotografie dei cacciatori da safari con i piedi posati sulla testa dell’animale ucciso: a quanti non viene la voglia di sparare ai primi! Pescare in Valtellina è letta e sfogliata anche da molti che con la pesca non hanno nulla a che fare, da chi non prenderà mai una canna in mano, da politici e amministratori pubblici, da tante persone che - chiamate

a decidere su questioni che direttamente o indirettamente ci riguardano - sono influenzate da quello che pensano di noi e quindi dall’immagine che di noi diamo loro. Non esistono soltanto animalisti inferociti pronti a farci guerre assurde. Se immortaliamo i pesci “con rispetto” contribuiamo a dare una buona immagine della nostra categoria e riusciamo a trasmettere nel modo migliore la percezione del grande patrimonio che abbiamo costruito in tanti anni. Che senso ha condurre aspre battaglie per la difesa degli ambienti fluviali, chiedere che il nostro patrimonio ittico venga salvaguardato dagli svasi e dalla mortale aggressione dei cormorani, e poi mostrare i nostri pesci alla stregua di bistecche nelle mani di un macellaio? Una sola immagine può distruggere o esaltare la reputazione di chiunque. Nell’era del bombardamento mediatico molti si fanno delle opinioni, giuste o sbagliate, semplicemente guardando una fotografia. Dobbiamo quindi stare molto attenti a come comunichiamo, non ci va di mezzo solo l’autore della pessima foto, ma rischia di venire compromessa l’immagine positiva che la nostra categoria ha costruito di sè in tanti anni di intenso lavoro. Ecco perché vi invitiamo a fare un piccolo sforzo: migliorate i vostri click, vi restituiranno fotografie più belle e vi raccomando….continuate a mandarcele! La Redazione

(foto UPS)


S TORI F i lE o D d ’ AiUr TOR e t t Eo

Trote di stagione L

a terribile previsione dei Maya si è rivelata un bluff: niente fine del mondo nel 2012 con buona pace di chi aveva già costruito il bunker nel giardino di casa. La profezia ora può far compagnia ad altri spauracchi di inizio secolo come il famoso Millenium Bug. Il 2012 è andato in archivio e tra una sgroppata dello spread e una spremuta al portafoglio ci ritroviamo nell’anno nuovo con alcune certezze. La squadra del cuore (l’unica cosa che non si cambia nella vita), la passione per la pesca, gli amici sinceri. Per il resto più punti di domanda che punti fermi. Sul famigerato tunnel e sulla luce che si vede o non si vede in fondo alla galleria, a seconda del cambio di umore degli esperti, soprassiedo. Parliamo di cose serie, concrete. Come i nostri pesci. Li ho visti nascere a Faedo, al centro ittiogenico, e devo dire che promettono bene. Trote valtellinesi che dopo essere state svezzate nella nursery affrontano il loro viaggio per raggiungere fiumi e torrenti. Quando vengono immesse nei corsi d’acqua tutto avviene con un preciso rituale, stando ben attenti alla temperatura dell’acqua. Altrimenti, addio prodotti. Sembra di assistere al primo giorno di scuola: c’è chi va deciso verso la meta, chi torna indietro per cercare la mamma. L’Adda, placida, accoglie tutti senza fare distinzioni: è una vita che vede passare pesci tra le sue correnti. E da qualche tempo assiste al ritorno dei giovani. Ragazzi che hanno scoperto la magia della lenza, la possibilità di vivere momenti unici senza stare con gli occhi sbarrati davanti allo schermo della TV o di un computer. Nati nell’era digitale, dove tutto si misura con lo zero e l’uno, scoprono che esiste anche l’imprevisto, la via di mezzo. Una scuola di vita all’aria aperta. Pescatori in erba sulle tracce di tro-

Acquarello di Sommerschield

te valtellinesi. Come quelle che ho mangiato in un ristorante di Sondrio. E qui vi scodello l’altra buona notizia che fa ben sperare. Interno giorno, pausa pranzo. La cameriera, sondrasca DOC di Ponchiera, mi consegna il menù e la carta dei vini. In cucina spadellano che è un piacere. Sopra la cassa, una schiera di cimeli sportivi: il pallone ufficiale della Champions League con le firme dei giocatori del Milan (chissà quali peripezie per ottenere quel risultato), le maglie del Sondrio Calcio. Che la squadra sia passata di lì per una cena post partita? Mentre cerco una spiegazione a un tale dispiegamento di souvenir sportivi, l’occhio casca sui piatti del giorno. Leggo: trote alla griglia o alla piastra. Con tutto il rispetto per il ristorante, la mente ha già messo a fuoco una trota congelata proveniente da lidi lontani. Scorgo già l’inquietante capitano con appresso una torma di bambini vocianti e gli immancabili bastoncini di merluzzo (?) e pan grattato. Insomma, una trota nata a Oslo e dintorni. Ordino comunque e attendo. Venti minuti dopo è già davanti a me. Con il rametto di rosmarino in pancia, proprio come quella che mi cucinava mia mamma. Pelle croccante, carne morbida. Troppo buona per essere vera. Pago il conto felice come una Pasqua e poi incontro lo sguardo del cuoco-proprietario. “Piaciuta la trota?” “Squisita!” “Le pesco io. Poi le cucino per i miei clienti”. Così si fa, trote a chilometro zero.

le penelin 59


Il TORO per le CORNA

Finora abbiamo risposto a lettere e segnalazioni. L’abbiamo fatto senza sottrarci al nostro compito, nel pieno rispetto di nostri associati. Con Il toro per le corna vogliamo provare a fare uno sforzo in più. Tra i vostri messaggi, segnalazioni e lamentele, sceglieremo quella che ci sembrerà la più scomoda, l’espressione di una polemica estesa e ripetuta. Insomma, proprio quella alla quale – chi è chiamato a gestire un’associazione come la nostra – non vorrebbe mai dover rispondere. 60

Lo facciamo nel segno della trasparenza verso di voi e nel rispetto per il lavoro che svolgiamo quotidianamente. Lo sappiamo benissimo, non tutte le scelte che operiamo sono condivise da tutti, ma sappiamo anche che solo chi non fa non sbaglia. E a noi tocca trovare soluzioni qui e ora. N.B. Qualora ci trovassimo davanti a lettere piuttosto corpose, pur senza snaturarlo ne riassumeremo il contenuto. E’ l’unico modo per garantirvi una risposta esauriente.


Sempre meno temoli. Di chi è la colpa? Nella loro lettera, i signori Ferdinando Benigni, Alessandro Gamba e Lucio Preda – associati della provincia di Bergamo specializzati nella pesca del temolo a camolera – lamentano “un fiume con forti sbalzi di portata, acqua torbida indipendentemente dalle condizioni meteo, deposito di limo in

alveo…” Il tutto avrebbe provocato un depauperamento della fauna ittica, confermato dal minor numero di catture e dalla sparizione del novellame nel sottoriva. “Il prelievo dei pescatori è di poco conto rispetto al danno conseguente allo stress che subisce quotidianamente il fiume”. Che il fiume Adda non se la passi bene è sotto gli occhi di tutti. E’ altrettanto

facile immaginare che limo depositato in alveo, acqua velata e sbalzi di livello non aiutino la fauna ittica. Quella della diminuizione del numero delle catture è una segnalazione che abbiamo ricevuto da più parti. Ma siamo proprio sicuri che la causa sia una sola? Lo abbiamo chiesto a Pier Paolo Gibertoni, ittiologo, consulente dell’UPS e “papà” della trota mediterranea nelle nostre acque. “Il temolo - sostiene Gibertoni - è una specie fisiologicamente soggetta a fluttuazioni dovute a fattori climatici e fattori trofici. Tra i primi possiamo considerare l’innalzamento anticipato dello zero termico, purtroppo sempre più frequente, dal quale deriva l’intorbidamento delle acque già nei mesi come marzo e aprile; quelli propri della riproduzione del timallide. Oltre a ciò, a incidere sugli equilibri del fiume è anche il distribuirsi delle precipitazioni in modo irregolare e particolarmente concentrato a inizio primavera”. Le variabili climatiche finiscono per condizionare quelle trofiche, ossia legate all’alimentazione dei pesci. “Il temolo- e come lui tutti gli altri salmonidi - caccia soprattutto grazie alla vista; con acque particolarmente velate la capacità visiva viene fortemente compromessa, e così il pesce è costretto a limitare il suo apporto calorico proprio quando ne avrebbe maggiormente bisogno, nel periodo pre e post riproduttivo”. Chiaro che in questo sistema già così stressato svasi e fluttuazioni non fanno altro che peggiorare la situazione, specie se reiterati a lungo. Provate perciò a immaginare cosa deve aver rappresentato per l’Adda un periodo come quello intercorso tra l’aprile 2009 e tutto il 2012, dove l’intera asta fluviale è stata condizionata dalle opere di manutenzione straordinaria che hanno portato agli svasi di Cancano, Sernio e Valgrosina; invasi dove si era accumulato limo fin dal lontano post-alluvione 1987. Abbiamo però parlato di ciclo e non 

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(foto Ambrogio Stanghelini)

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di progressivo declino. “Infatti - prosegue l’ittiologo - al parziale ridimensionamento delle popolazioni succede generalmente un periodo di incremento delle stesse. Molto semplicemente, meno individui avranno a disposizione una maggiore quantità di cibo, e si reinnescherà la catena produttiva e il conseguente incremento demografico. Un ciclo che statisticamente si compie nel giro di 5-6 anni”. Contrariamente a quanto si sarebbe portati a immaginare, Gibertoni ritiene invece che il Limo depositato in alveo non sia così devastante come molti credono. “Innanzitutto il limo si deposita dove il fiume rallenta la sua corsa e non su tutto il suo letto, raschi e correnti veloci vengono risparmiate, e il pesce selvatico sa bene dove andare a riprodursi. Fortunatamente, gli svasi effettuati finora in Valtellina, per quanto importanti e fonti di stress, non hanno azzerato ogni forma di vita lungo il corso fluviale. Tanto per dare un metro di paragone, quello che è successo lo scorso giugno sul fiume Sessera il provincia di Biella, è l’esempio di un fiume annientato. Fango ovunque, fauna bentonica

sterminata, moria di pesci immediata e poi differita nel tempo vista la totale sparizione di ogni forma di alimentazione, pesci smagriti e aggressivi in modo del tutto innaturale.” Serve a qualcosa parlare di bicchiere mezzo pieno? Può consentire a UPS di abbassare la guardia, o di alzare bandiera bianca, come sostengono i firmatari della lettera? Assolutamente no. “In un periodo di sofferenza – afferma Gibertoni - all’ente gestore spetta il compito di supportare il fiume, da una parte compensandone artificialmente la produttività e dall’altra limitando il prelievo di materiale adulto”. Riassumendo, possiamo affermare che le linee guida siano essenzialmente tre: difesa del sistema-fiume, immissioni compensative di novellame e riduzione dei capi trattenuti. Cosa si sta facendo in Valtellina? E ancora, si tratta di misure sufficienti? Chiedere a UPS se ritiene di fare abbastanza è un po’ come domandare all’oste se il vino è buono. Abbiamo quindi deciso di articolare la nostra tesi paragonando quello che si sta portando avanti in Valtellina con le strategie adottate da altre concessioni


del nord Italia dove è presente il temolo. Concessioni che per numero di tesserati e chilometri di fiume gestiti siano sovrapponibili a quelle dell’Unione Pesca. “In Valsesia – dice il presidente Arturo Pugno – il patrimonio da recuperare è quello del pinna blu. Qui il nemico numero uno sembra rappresentato dai cormorani.” Su una situazione già di per sé depressa ci hanno pensato questi disgraziati gli uccelli ittiofagi a portare l’endemismo del luogo sull’orlo dell’estinzione. Da parte sua, la Società Valsesiana Pescatori Sportivi ha imposto da ormai 5 anni il divieto assoluto di trattenere il temolo. Risalgono invece al giugno 2012 i primi ripopolamenti con pesci allevati nel proprio incubatoio; 50 capi di 18-20 cm immessi a titolo sperimentale nella riserva delle Piode. L’Associazione Pescatori Dilettanti Trentini, con i suoi 1500 soci è il più grande gestore del Trentino Alto Adige e ha in concessione – tra Adige, Fersina e Noce – diverse decine di km di acque da temolo. Qui il regolamento prevede la cattura di 3 capi al giorno, con una misura minima di 30cm, senza un limite massimo di catture. Nonostante ciò, nello scorso anno i temoli trattenuti sono stati poco più di 800. Sul fiume Brenta – indiscutibilmente il corso d’acqua italiano dove il temolo se la passa meglio – si sono seguite altre strade. “Oltre alla riproduzione naturale che si ripete annualmente con buoni risultati, i ripopolamenti – afferma il presidente della concessione Rolando Lubian – sono effettuati con temoli pinna rossa acquistati in Austria nelle pezzature 4-6, 6-9 e 16-18 cm. Si tratta di un investimento importante, se pensate che prima del 2012 immettevamo circa 5mila esemplari, lo scorso anno siamo saliti a 10.500 e per il 2013 vorremmo arrivare a 50.000; con un costo di circa €.1,00 a pesce.” Il dato che però dovrebbe far riflettere maggiormente è quello relativo alle catture. Da 10 anni e fino al 2012, in Brenta si potevano trattenere 2 capi annui, di misura 40 cm nei tratti liberi e 45 in quelli trofeo. Dalla prossima stagione – novità adottata in comitato in piena serenità d’animo - il pescatore potrà trattenere un solo pesce all’anno. Nel 2012 sono stai trattenuti complessivamente poco più di 300 pesci. E stiamo parlando di una concessione di 3mila tesserati con 40 km di acque da temolo. Guardiamo adesso in casa nostra. Il regolamen-

to lo conoscete tutti: 20 capi annui, misura minima 37 cm nella libera e 40 cm nei tratti speciali. Nel quadriennio 2008-2011, nei 40 km che vanno da Tresenda a Morbegno sono stati trattenuti circa 3 mila temoli all’anno (per la precisione 11646, di cui 1585 nel 2011). I libretti riconsegnati sono circa il 50%, quindi si potrebbe ipotizzare una stima (compreso il 2012 non ancora censito e l’intero corso del fiume Adda) vicina alle 35-40 mila unità. Si badi bene: l’estensione di fiume presa a confronto è la stessa, cambia solo il numero dei soci (4500 in Valtellina e 3 mila in Brenta); ma i pesci trattenuti sono superiori di 10 volte! E non che UPS si sia tirata indietro sul fronte della produzione e della semina di novellame, dal momento che – nel quadriennio in questione – il centro ittiogenico di Faedo “ha partorito” 400 mila temolini, con un picco di 255 mila nel solo 2011. “Numeri come questi – chiosa Gibertoni – devono far pensare. Se nel triennio 2008-2010 il numero dei temoli trattenuti si era attestato abbondantemente oltre i 3 mila capi, il calo del 2011 (specie se confermato nello scorso2012, come le segnalazioni dei pescatori lascerebbero supporre) dev’essere un campanello d’allarme. Dato il pesante quadriennio coinciso con le opere di manutenzione straordinaria che hanno interessato l’Adda, il numero di pesci trattenuti è superiore almeno più del doppio rispetto a quello che il fiume può sopportare”. “Indicazioni estremamente importanti – conclude l’ittiologo – potrebbero emergere da un’analisi statistica mirata dei tesserini segna catture. Sarebbe infatti importante scoprire – dati i 20 capi trattenibili a stagione per ogni pescatore e i 1500 esemplari cestinati nel 2011 – se a trattenere così tanti pesci fosse un’ampia parte di associati o una minima percentuale tra i 4500 tesserati UPS”. Esprimersi attraverso i numeri non è gratificante come scrivere un romanzo, ma almeno ci obbliga a fare i conti con dati incontrovertibili. Da adesso in poi avete a disposizione un mare di elementi: sapete che in Valtellina si pescano e si seminano molti più temoli che nel resto d’Italia; sapete anche che se ne trattengono tantissimi, con ogni probabilità troppi rispetto a quello che il fiume oggi può concederci. Sarà meglio cominciare a fare bene i conti. Prima che sia troppo tardi.

Il confronto con le misure intraprese dalle altre associazioni di pescatori parla chiaro: in Valtellina si pescano un mare di pesci. Che siano troppi o pochi è un ragionamento che spetta ad ognuno di noi. Ecco intanto una serie di dati e considerazioni sui quali riflettere.

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Ultimissime

M

entre andiamo in stampa la Società A2A ha presentato il Piano Operativo Specifico relativo alle operazioni di svaso della diga di Cancano che verranno effettuate dal 21 marzo al 30 marzo 2013. In particolare si informa che, rispetto agli anni precedenti, le operazioni finalizzate alla pulizia dello scarico di esaurimento della diga si limiteranno al periodo compreso tra il 25 e il 30 marzo e verranno lasciate defluire, attraverso questo organo, le portate naturali al fine di consentire tutte le attività di controllo programmate e il ripristino funzionale del suddetto scarico. Durante le citate operazioni sono previsti i monitoraggi in continuo delle concentrazioni dei solidi in sospensione a Premadio, a Le Prese, a valle di Sernio e al Baghetto. La corrente fluida verrà indirizzata, come richiesto dagli Enti competenti, lungo il nuovo alveo del fiume Adda in Val Pola e principalmente tra i briglioni del tratto terminale dove si è evidenziata la necessità di riempimento degli intersizi con materiale limoso.

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L E TT E R E D E I L E TTORI Qualche giorno fa ho trattenuto l’unica trota iridea che ho segnato sul libretto, catturata con la ninfa nella zona libera si intende, nei pressi di Albosaggia. Era una bella trota di circa 37cm e l’ho trattenuta perchè mi ha incuriosito il fatto che le usciva dall’ano del filo di naylon; dopo averla eviscerata, taglio lo stomaco e vi scopro l’amo ben piantato: si trattava di amo ancora bianco del n12, “con l’ardiglione ben evidente...” Devo dire che i miei sentimenti erano in subbuglio, non sapevo se essere contento o addirato, ho 65 anni e riscontro che mi basta poco per arrabbiarmi in questi ultimi tempi. E così mentre confabulavo tra me stesso, metto nel carniere la trota e lo sguardo si posa su una pianta li vicino dove vi erano posati, su un ramo, due corvi. Un sentimento di vendetta, improvviso come un lampo, si fa strada nella mia testa: mi chino per terra dove c’erano ancora le viscere della trota, ripianto l’amo nello stomaco e mi allontano abbandonando le viscere sulla riva. Fatto alcuni metri mi giro in tempo per vedere che i due corvi s’ingollavano come matti di ciò che restava della trota... Ma, non ero ancora soddisfatto perchè una teoria nel frattempo già si interponeva tra i miei pensieri: “avremo forse un corvo in meno sulla terra che tra l’altro non ha fatto nulla anzi è stato utile, ma sicuramente un pescatore disonesto che è rimasto impunito è ancora in giro”. Che magra consolazione la mia vendetta! Mi rimane però la soddisfazione di riuscire a pescare ancora in Valtellina, che non è poco, e trovare ancora numerosi spunti di vita con gli amici che mi accompagnano e passare delle belle giornate in allegria. Piccoli Ezio Cornate d’Adda MB

Ieri ho passato una meravigliosa giornata di pesca a Piateda. Non ci ero mai stato e non pensavo che al giorno d’oggi esistessero più fiumi con tale quantità e qualità di pesce. Sono convinto che nulla nasca dal caso e che questo sia il risultato di una accorta gestione. Grazie. Mi auguro che si possa continuare e di poter essere di nuovo vostro ospite in futuro. Come promesso ieri in Sede, allego foto di alcuni miei dipinti olio su tela che rispecchiano la mia passione per la pesca. Ancora grazie, complimenti e a presto. Lorenzo Bianchi - Cassina De’ Pecchi (MI) lor.bia@alice.it

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L E B U O N E A Z IO N I

Ci sono pescatori... e pescatori

TO RET LIB APESCI SEGN

RESTITUZIONE OBBLIGATORIA DEI LIBRETTI SEGNAPESCI

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Ricordiamo che, al fine di verificare la resa dei ripopolamenti, oltre che per fini statistici e di controllo, in particolar modo del novellame e allo scopo di acquisire dati significativi sulle catture delle varie specie ittiche, al termine della stagione piscatoria e comunque entro E ION StAg 3 15 marzo 2013 si dovrà obbligatoriamente riconsegna201 A C S IO E R P re il “Modulo censimento catture congiuntamente al E ND UNIONINCIA DI SO PROV Tesserino segna pesci relativo alla stagione 2012. Il modulo censimento catture compilato Il libretto segnapesci VA RESTITUITO. Non ci interessa sapere consente al personaquanto siete stati bravi. Dall’analisi dei dati relativi alle catture le ups una maggiore si possono dedurre una serie di informazioni che non immagivelocità di lettura nate nemmeno. In buona parte, le future politiche gestionali dei dati, i quali venpasseranno da qui. gono inoltre controlPer incentivarvi a farlo abbiamo pensato di assegnare 4 permessi lati con una verifica per la stagione 2013 estratti a sorte tra chi avrà riconsegnato a campione degli alil modulo di censimento. legati libretti segna Speriamo che basti e non si debba ricorrere ad alcuna sanzione pesci al fine di veripecuniaria. ficarne la veridicità. Siamo certi che avreste un’infinità di alternativi su come spendere quei maledetti 51,33 euro...

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I vostri

Click

(foto Oscar Mantovani)

Le catture di Andrea Gianoncelli sul Torrente Mallero 19.05.2012

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(foto Gianluca Sala)

Lago Viola - luglio 2012 (foto Michele Mottolini)

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riele Baffe

(foto Gab

(foto Alberto Pagliari)

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