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TERRITORIO IL PANETTIERE

persone, oggigiorno, pranzano fuori casa a mezzogiorno e la produzione di un certo tipo di pane vuoto all’interno è andata diminuendo, perché andrebbe mangiato non troppe ore dopo essere stato cotto. Oggi si privilegiano invece i pani pieni, che durano più nel tempo e che si prestano ad essere congelati, come le pagnotte o il grano duro. Si sono poi diffusi molto di più pani integrali, anche la segale e il Kamut. Per non parlare poi delle mode del momento: un po’ di tempo fa, ad esempio, c’è stato il boom del pane alla soia e al carbone, ma non sono durati a lungo.

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E lei ha mai inventato qualche tipo di pane?

Sì, ho inventato un pane di segale con il sesamo al suo interno. È un pane che piace anche a chi non ama l’integrale, perché toglie il gusto amarognolo della segale. Faccio poi del pane stagionale come quello con la zucca, non utilizzando come fanno in tanti la polvere, ma facendo cuocere le zucche e mettendo nell’impasto del pane la polpa.

Quello che ha imparato glielo ha insegnato solo suo padre oppure ha anche frequentato una scuola?

Gran parte del lavoro me lo ha insegnato mio padre, ma parecchie produzioni speciali le ho imparate ai corsi di aggiornamento per panificatori. Ho partecipato a diversi corsi per la produzione di pani regionali, come il “Ferrarese”. Sono poi stati organizzati numerosi scambi culturali con panificatori di altre nazioni, una bellissima esperienza. Sono venuti dalla Francia maestri del mestiere, che ci hanno portato la loro esperienza nella realizzazione della baguette e dei croissant o dalla Germania, per la preparazione del pane nero. Noi, a nostra volta, siamo andati nei loro paesi a far conoscere alcune nostre produzioni tipiche.

E per quanto riguarda le materie prime e i loro recenti rincari cosa mi dice, come avete fronteggiato la crisi?

Sul discorso dei rincari sicuramente la guerra in Ucraina ha influito, ma c’è stata anche una grossa speculazione. Non si spiega ad esempio il rincaro della farina Manitoba, una farina americana ricca di glutine che noi utilizziamo per la realizzazione delle veneziane e dei panettoni. Noi, comunque, come politica abbiamo cercato di non ritoccare i prezzi se non dove assolutamente necessario.

Dove vi servite per acquistare le materie prime?

Ci forniamo da sempre da due mulini di fiducia, uno a Tortona e uno a Voghera, dove compriamo oltre a delle farine di importazione, anche delle farine a filiera corta di produzione locale, su cui c’è un certo controllo di qualità. Sono farine povere di glutine, non particolarmente pregiate, ma che vanno bene per specifiche lavorazioni.

Come è la giornata tipo di un panificatore artigianale?

La lavorazione del pane è fatta da diverse fasi: la preparazione dell’impasto, la lievitazione, la formatura e la cottura. Si comincia alle 18.00 di sera con l’impasto per i pani a lenta lievitazione, come il francese. Un pane lievitato lentamente ha tutto un altro sapore, è come se respirasse l’aria che lo circonda. Poi verso le 2.00 di notte si torna al forno e si preparano i prodotti il cui impasto non necessita di una lunga lievitazione e possono essere cotti dopo poco tempo. Verso le 4.00 si riprendono gli impasti preparati la sera prima, si lavorano, si lasciano riposare un po’ e poi si cuociono. Con la cottura si finisce verso le 10.30 del mattino con le focacce e le pizze, ma si lascia sempre pronta qualche teglia in caso di ordini improvvisi. Verso le 12.30 il lavoro si può considerare concluso, si va a casa a mangiare e poi si va a dormire fino alle 18.00 del pomeriggio. L’unico giorno libero è la domenica.

Forse se avessi potuto tornare indietro, avrei fatto qualche esperienza in più all’estero e mi sarei organizzato diversamente per avere un po’ più di vita di famiglia.

Quando smetterà, c’è qualcuno dei suoi figli che porterà avanti l’attività?

Purtroppo, no. Ma li capisco. Fare il panettiere richiede troppi sacrifici, specialmente in gioventù. Quando ero più giovane tante volte mi è mancato non poter mai fare baldoria fino a tardi con gli amici o la fidanzata. Mia figlia Valentina sarebbe stata anche portata per la pasticceria, ma saggiamente ha scelto di fare la fisioterapista, mio figlio Paolo invece si è dedicato a tutt’altro, studia Economia e Management. Ormai è quasi impossibile trovare dei giovani disposti a fare questo lavoro. Ciò mi rincresce molto, ma i tempi cambiano, e con ogni probabilità quando io smetterò, saranno anche cambiati i gusti delle persone; il piacere di mangiare il pane è più legato a chi ha la mia età o è più vecchio, i giovani hanno altri gusti ed esigenze e quindi non mi meraviglierei se in un prossimo futuro la produzione del pane venisse fatta solo a livello industriale.

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Dovesse tornare indietro, sceglierebbe ancora questo mestiere così duro? Non ho alcun dubbio a riguardo e ora capisco, dopo tanti anni di lavoro, perché sia mio padre che mio nonno non avrebbero mai cambiato mestiere. Pensi che loro non avevano neppure un giorno di riposo settimanale, lavoravano sempre. Contattaci al numero 331 455 53 75 o

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