IL NOVELLARIO 1° VOL - DEMO

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CAPO I

LE POSTE AL PRIMO POSTO

D

a che parte cominciare, dopo uno sconvolgimento del genere che altro che il “quarantotto” di undici anni prima? Grazie alla guerra-trabocchetto architettata da Camillo Benso di Cavour, a Napoleone III che voleva una più solida barriera tra sé e l’Austria, a un po’ di sommosse e alla spedizione dei Mille, il panorama geopolitico italiano è stato stravolto. Il Piemonte si è esteso a quasi tutta la penisola, anche se i referendum cosiddetti popolari voluti dai Savoia per tranquillizzare l’alleato d’oltralpe dimostrano che l’ampliamento non è dovuto a conquista ma alla volontà degli Italiani. E visto che ormai non si può più parlare di Regno di Sardegna o di Stati sardi, quando il 17 dicembre 1860 arrivano i risultati degli ultimi Plebisciti, anche Umbria, Marche, ex-regno di Napoli e Sicilia sono dichiarati “parte integrante dello Stato Italiano” e si dà il via alla creazione di un nuovo Regno. Un passaggio che, almeno sul piano formale, è alquanto rapido: sciolto sùbito a metà dicembre il vecchio Parlamento subalpino, già in gennaio si tengono in tutta Italia le prime elezioni (in cui però votano solo gli uomini, e soltanto se hanno un certo reddito). Così il 18 febbraio 1861 si insedia a Torino il primo Parlamento italiano, il quale offre a Vittorio Emanuele II la corona di Re d’Italia, che evidentemente esiste già; e infatti il 20 febbraio Vittorio Emanuele II tiene il Discorso della Corona, anche se solo il 17 marzo accetta formalmente il titolo di Re d’Italia “per sé e i propri discendenti”. Ma senza cambiar numero, come sarebbe logico. Ma se l’Italia è quasi del tutto unificata – mancano all’appello solo parti del Veneto e il cosiddetto “Patrimonio di San Pietro”, ovvero il Lazio – in effetti lo è solo di nome: nelle regioni meridionali spadroneggiano i “briganti”, con l’appoggio di molti nostalgici dei Borbone, di chi ha visto colpiti i propri interessi nel passaggio di bandiera e dai molti delusi dai nuovi governanti che hanno portato non l’attesa redistribuzione delle terre ma solo nuove tasse e la leva militare obbligatoria. Ed è una vera e propria guerra, che comporta 7.000 caduti in combattimento e 2.000 persone giustiziate, ovvero più morti che in tutte le guerre del Risorgimento. Inoltre popolazione ed economia sono e restano ancora a lungo molto disomogenei. In particolare fra gli Italiani è molto alta la percentuale di analfabeti e le condizioni di vita sono molto arretrate, soprattutto nelle campagne, nel meridione e nelle isole. Limitate le industrie, presenti in poche regioni e penalizzate dalla tariffa doganale sarda che favorisce le importazioni a scapito delle manifatture locali. Scarse le risorse dello Stato, gravato di debiti e con un bilancio dissestato, come dopo ogni guerra. Dilaniata l’Autorità centrale in un troppo lento passaggio alla modernità. Con in più un parlamento e un governo senza reali poteri, specie dopo la morte del Conte di Cavour, e con una corte impicciona. Soprattutto con un capo assoluto la cui persona è ancora “sacra e inviolabile”, un re che detiene il potere esecutivo, il diritto di veto sulle leggi approvate dal Parlamento, il comando supremo delle forze armate, e può dichiarare guerre, firmare paci e stringere alleanze in segreto, senza informare nessuno. Cose che Vittorio Emanuele II prova persino a fare subito per mettere in ginocchio l’odiata Austria. Finanziando fra gli altri anche Garibaldi perché fomenti rivolte nei Balcani; solo che l’Eroe usa i fondi per tentare dalla Sicilia un’altra marcia su Roma, che stavolta verrà bloccata nel sangue sull’Aspromonte; e la sua ferita lacererà ancor più l’Italia. Come inizio non c’è davvero male. Comunque, quando fa la sua comparsa sulle carte geografiche il primo Regno d’Italia veramente italiano, la posta è al suo top, anche se dipende dal ministero dei Lavori pubblici al pari del telegrafo, il cui ruolo resta però accessorio. In pratica il servizio postale è l’unico vero mezzo di comunicazione a cui tutti fanno ricorso: autorità e privati, nobili e borghesi, ricchi e poveri, persino gli analfabeti grazie agli scrivani che tengono banchetto agli angoli delle strade di ogni città. Un solido pilastro sociale, che infatti non solo è disponibile ogni giorno dell’anno, comprese le feste comandate, ma non conosce soste neppure in tempo di guerra, raggiungendo senza interruzioni persino i territori nemici, al massimo con qualche deviazione di percorso. Per questo è tra i primissimi problemi che vengono presi in considerazione da governanti e amministratori del nuovo Stato italiano, prima ancora che questo abbia ufficialmente un nuovo nome. Al punto che le Poste italiane debuttano ancor prima che si annunci formalmente che il nuovo Stato è un Regno, cosa di cui nessuno aveva mai dubitato. Festeggiamenti a Torino, capitale del nuovo Stato

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14 LE REGIE POSTE ITALIANE 1861-1862

1º marzo 1861 IL DEBUTTO DELLE POSTE ITALIANE. A RATE Un nuovo Stato non si costruisce in un giorno, specie se grande come l’Italia e formato dall’unione di due diversi Stati, uno al nord ampliato fra il 1859 e il 1860 con un po’ di territorio conquistato (Lombardia, Marche e Umbria) e alcuni ducati e territori auto-annessi, e l’altro al sud diviso praticamente in due, le ex-borboniche “due Sicilie”. Un nuovo Stato va organizzato in modo unitario, in base a leggi che – per quanto mutuate da quelle dei preesistenti dominî della casa regnante – devono essere adattate, anzi possibilmente aggiornate e approvate dal nuovo Parlamento. Ma per ristrutturare e unificare ciò che esiste già – ed è il caso del network postale, più o meno ben organizzato in tutte le regioni – non occorre attendere il Parlamento: basta legiferare in nome di quel re che tutti hanno dichiarato di volere. Specie considerando l’importanza strategica, politica e sociale e il ruolo fondamentale delle comunicazioni in un processo di unificazione, è sufficiente rimodellare le strutture esistenti in modo unitario e in base alle dimensioni territoriali del nuovo “Stato Italiano” che da metà dicembre 1860 ha sostituito anche nei decreti il vecchio Regno di Sardegna. Malgrado all’agiografia sabauda piaccia sostenere che vi è totale continuità fra il regno sardo e quello italiano, almeno finché non entrano in vigore nuove leggi prodotte dal Parlamento1, le nuove Regie Poste sono qualcosa di totalmente nuovo, esattamente come il Parlamento appena insediato. Si tratta infatti di una ristrutturazione integrale, non solo a livello organizzativo ma anche economico e disciplinare, che avviene con una Legge unitaria anche se emanata con diversi decreti, tutti in nome di un re che non viene nominato: uno per le “antiche provincie” (come vengono chiamate Piemonte, Liguria e Sardegna), più la Lombardia, l’Emilia, la Toscana, l’Umbria e le Marche, firmato il 15 dicembre 1860 a Torino da Eugenio di Savoia-Carignano come “Luogotenente generale 1)

di S.M. nei Regii Stati”, e l’altro per i territori meridionali, firmato il 6 gennaio 1861 a Napoli da Luigi Carlo Farini come “Luogotenente generale del Re nelle provincie napoletane”, ovvero Campania, Abruzzi, Puglie, Basilicata e Calabria (solo due mesi dopo ci si accorge di aver dimenticato la Sicilia). Corredati nell’Italia centro-settentrionale con le Istruzioni speciali provvisorie per il servizio della posta-lettere, e nelle Provincie napoletane con un dettagliato Estratto delle leggi e regolamenti dell’Amministrazione delle poste in vigore nelle provincie dell’alta Italia. Tutti destinati a entrare in vigore il 1º marzo 1861. L’operazione, gestita dal conte Giovanni Barbavara di Gravellona, nominato nel 1859 Direttore generale delle Poste piemontesi, è solo il primo passo nell’unificazione postale dell’Italia, l’unico possibile al momento poiché, trattandosi dell’aspetto più strettamente amministrativo, non richiede l’intervento legislativo del Parlamento ma è di spettanza del ministero dei Lavori pubblici, da cui l’Amministrazione postale dipende. Ma è il passo fondativo delle nuove Poste italiane, che un regio decreto del 27 gennaio 1861, il nº 4672, completa approvando il Regolamento disciplinare degli Impiegati delle Poste, anch’esso in vigore dal 1º marzo 1861, cui fanno seguito altri decreti relativi al personale, La nuova Amministrazione postale è una struttura omogenea e radicalmente nuova: scomparse tutte le preesistenti Direzioni, comprese quelle “divisionali” degli Stati sardi, è formata da undici Direzioni compartimentali (Bari, Bologna, Cagliari, Chieti, Cosenza, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo e Torino: altre si aggiungeranno in seguito) e 104 Direzioni locali,

Ma allora anche la nascita della Repubblica, ottant’anni dopo. dovrebbe slittare di vari anni, almeno fino al varo della Costituzione. Se invece si accetta come inizio la data del voto popolare al Referendum del giugno 1946, altrettanto Lo speciale bottone deve valere per il Regno quella degli ultimi Plebisciti, nel novembre 1860. delle nuove divise postali

2) Qualcuno obietta che nel 1861 nessuno parlò mai di “Poste italiane”. Se è per questo, la definizione non figura neppure nella Legge di riforma postale ed è rara per tutto l’Ottocento, se si escludono i francobolli a cui conveniva mostrare la parola Italia per andare all’estero. La dizione normale era “Regie Poste”, come mostra anche il bottone delle divise ufficiali.

I due decreti che creano le nuove Poste Italiane, separati ma identici perfino nei testi oltre che nei tipi di uffici, nelle qualifiche, negli stipendi ecc.

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Stemma di Savoia. Francobolli del Governo provvisorio di Toscana ancora in corso D. e I. sconosciuti — S. tipografia, Francesco Cambiagi & Soci (ex-Tipografia Granducale), Firenze, in fogli di 240 (3 gruppi sovrapposti di 80) — W. reticolo e in diagonale II E RR POSTE TOSCANE a lettere filettate — P. ND — G. arabica — Fg. 80 (16x5)

con date dal 1º marzo 1861 in poi /∆Nota ✉ 3/7.1861 8/12.61 1862 1.1.1860 31.12.1862 750,– 300,– 1.300,– 2.500,– 3.000,– 100,– 400,– 1.000,– — “ “ 750,– 25,– 150,– 400,– 1.000,– “ “ 2.500,– 100,– 500,– 1.200,– “ “ 3.000,– 150,– 1.000,– 2.000,– — “ “ 7.000,– 500,– 4.000,– 7.500,– “ “ “ “ 55.000,– 4 noti

emissione validità Nota

GT17 GT18 GT19 GT20 GT21 GT22 GT23

Tosc17 1 c. violetto, stemma sabaudo Tosc18 5 c. verde, idem ........................... Tosc19 10 c. fuliggine, idem .................... Tosc20 20 c. turchino, idem ..................... Tosc21 40 c. rosso carminio, idem ........ Tosc22 80 c. arancio, idem ........................ Tosc23 3 L. ocra, idem ...............................

La discreta autonomia mantenuta dalla Toscana fino al 1862 è evidente anche a livello postale, soprattutto dai francobolli che il Governo provvisorio di Bettino Ricasoli aveva emesso all’inizio del 1860 (o forse già a fine 1859) i quali chiaramente non sono semplici rimanenze ma provengono da tirature continuate per alcuni valori almeno sino all’estate del 1860, non potendosi pensare che fin dall’inizio si siano predisposte provviste tali da durare più di un anno: solo il valore da 3 lire, non valendo la pena rimontarne la tavola per tirarne pochi fogli, deve essersi esaurito prima della proclamazione del regno, visto che l’ultima data conosciuta è del gennaio 1861. Ora, con il debutto delle Poste italiane, non solo restano in corso ad esaurimento nell’ex-granducato ma entrano in uso anche nell’Umbria che proprio dal 1º marzo 1861 viene posta alle dipendenze di Firenze. Grazie allo stemma sabaudo presente nella vignetta la cosa è più che accettabile, né turba il fatto che vi compaia il termine “toscano”, visto che sui francobolli ufficiali – al nord come al sud – la parola “Italia” o “Italiano” non figura ancora. Ma forse le ragioni di risparmio, o un po’ di orgoglio campanilistico (come per la nomina di Bettino Ricàsoli a capo del Governo al posto del compianto Camillo Benso di Cavour) non sono gli unici motivi che inducono a mantenere in corso questi francobolli fino ad esaurimento. Infatti le Poste pontificie, che si rifiutano di riconoscere il nuovo Stato italiano e di sottoscrivere accordi postali con chi li ha privati di Romagne, Marche e Umbria, riconoscono invece vigore alle Convenzioni a suo tempo stipulate con i due vicini, il Granducato di Toscana e il Regno di Napoli: e mentre le lettere che giungono al confine con lo Stato della Chiesa affrancate con francobolli dell’ex-regno di Sardegna sono giudicate non franche, quelle recanti i francobolli toscani – malgrado la presenza dello stemma sabaudo – sono invece accettate come regolari, perlomeno se interamente affrancate. Questo fino al settembre 1861, come informa il Bullettino postale di quel mese, quando ormai questi valori sono praticamente quasi esauriti. Ma quando scada esattamente la loro validità non viene precisato, non essendo mai

NOTA. La vignetta dei francobolli di Toscana è inclusa in una cornice a filo che serviva da protezione sia dei cliché in fase di stampa sia in seguito durante il taglio degli esemplari, distanti fra loro un millimetro scarso in entrambi i sensi. Da ciò deriva che i francobolli toscani, specie se usati, di rado mostrano il filo di cornice intatto e ancor più raramente un margine intatto di almeno mezzo millimetro su tutti i lati; e pretendere che quest’ultima sia la qualità da prendere come base della quotazione di questi francobolli suona decisamente illogico e fuori mercato. Pertanto si forniscono valutazioni relative a esemplari “normali”, ovvero con vignetta integra e il filo di cornice toccato o intaccato in uno, o negli usati anche in due punti. Gli esemplari con cornice intatta valgono il doppio e con un filo bianco su tutti i margini almeno il triplo. stato trovato un documento ufficiale in proposito. Probabilmente si ritiene sufficiente il dettato del regio Decreto 30 novembre 1862, nº 1019, che non li cita tra i francobolli che restano in corso dal 1º gennaio 1863; e in effetti i pochi esemplari noti con date di quell’anno sanno di eccezione che conferma la regola.

usi particolari dal 1º marzo 1861 /∆ 1 c. coppia ........................................................... 200,– + Italia 5 c. .................................................... 2.500,– 5 c. singolo isolato .............................................. 10 c. + Italia 10 c. ND ............................................ 1.500,– + Italia 20 c. ND ............................................ 2.000,– + Italia 40 c. ND ............................................ 2.500,– 20 c. + Italia 10 c. ND ............................................ 1.200,– 40 c. + Italia 20 c. ND ............................................ 1.200,– + Italia 5 o 10 c. ND ..................................... 2.000,– 80 c. + Italia 20 c. ND ............................................ 2.500,–

✉ 4.000,– — 1.000,– 5.000,– 7.000,– 9.000,– 4.000,– 4.000,– 7.000,– 9.000,–

frazionamento 40 c. metà (= 20 c.) ................................................ 7 noti

Per due anni francobolli toscani e italiani hanno corso comune, anche se i primi col tempo si esauriscono a cominciare dai tagli minori e quindi di maggior uso, e le affrancature comprendenti esemplari dei due tipi non sono eccezionali, se si escludono quelle con i valori dentellati

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36 LE REGIE POSTE ITALIANE 1861-1862 Cammeo napoletano. Effigie di Vittorio Emanuele in rilievo, versione Bellelli. Non emessi I. ignoto, Parigi — S. tipografia + impressione a secco, tipografia della Direzione generale delle poste, dei telegrafi e delle strade ferrate di Napoli, in fogli di 50 (10x5) — W. senza filigrana — P. ND — G. arabica — Fg. 50 (10x5) — Q. 20.100 serie

1/8 bloccati nel   ✉ 13* 1 5 c. verde giallo, effigie .................... 3.1861 10,– 5 noti 14* 2 10 c. bruno, effigie ................................. 10,– 3 noti 1 noto “ 15* 3 20 c. azzurro, effigie .............................. 20,– 1 noto “ 16* 4 40 c. vermiglio, effigie ......................... 50,– 2 noti “ 17* 5 80 c. arancio, effigie .............................. 120,– 1 noto “ 13/17 13/17  serie 5 valori ................................ 200,– L’idea di imitare i francobolli in uso nell’Italia settentrionale era venuta all’intraprendente barone Gennaro Bellelli, nominato il 16 settembre 1860 Direttore generale delle poste, dei telegrafi e delle strade ferrate di Napoli: da fervente patriota, costretto all’esilio per le sue idee (e a Parigi ha sposato una zia di quello che diventerà un maestro dell’impressionismo, Edgar Degas), per dichiarare ancor prima di qualunque plebiscito l’adesione delle provincie meridionali al regno dei Savoia: anche se i francobolli in circolazione non sono granché imbarazzanti, visto che non recano ritratti del deposto re e il cavallino sfrenato simbolo di Napoli si nota più dei gigli borbonici, la loro rapida sostituzione è auspicabile. Per questo il Bellelli, nella sua completa autonomia, ha subito ordinato macchine e matrici, tipografiche e a rilievo, a Parigi (forse con i buoni uffici di Edgar?) per sostituire i vecchi tipi con altri recanti l’effigie di Vittorio Emanuele II del tutto identici a quelli stampati dal Matraire ma con valori in moneta napoletana: solo che poco dopo il governo dittatoriale ha stabilito di adottare una più moderna moneta decimale, sostituendo la lira italiana a ducati, grana, tornesi e via dicendo. Così il Bellelli, oltre a ordinare una nuova tiratura dei valori borbonici, ha dovuto in parte correggere l’ordinativo parigino, chiedendo di cambiare i valori, e preparandosi così a creare

Il famoso quadro giovanile di Edgar Degas La famiglia Bellelli, iniziato nel 1859 a Firenze, dove il barone viveva esule con la moglie Laura de Gas, zia del pittore, e le figlie Giulia e Giovanna, e terminato solo nel 1867 per l’esposizione al Salon di Parigi di quell’anno (olio su tela, cm 250x200, Museo d’Orsay, Parigi)

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delle vere e proprie imitazioni della serie ufficialmente ancora sarda. Le diversità balzano all’occhio solo se ci si bada: caratteri più regolari e tondi, i fregi angolari interni terminanti a triangolo, l’effigie più piatta in alto e inclinata all’indietro. Agli inizi di gennaio la stamperia è pronta, e per l’epoca piuttosto ben attrezzata con una stampante tipografica di fabbricazione inglese, una “macchinetta pel bollo a secco”, le necessarie “piccole plance di rame ciascuna con cinquanta francobolli incisi” più il “bollo di acciaio inciso a bassorilievo coll’effige di S.M. il Re Vittorio Emanuele”, nonché due tipografi che hanno preso in appalto il lavoro: inizia così la stampa della nuova serie, ed anzi il Barone ordina a Parigi anche le matrici dei valori da 1 e 2 cent. e 3 lire, della cui emissione ha appena ricevuto notizia. Ma nello stesso mese di gennaio arriva in missione da Torino Carlo Vaccheri con l’incarico di riordinare il servizio postale nelle Provincie napoletane. E quando scopre che si sta iniziando la stampa di nuovi francobolli – e di che francobolli! – ne informa il Direttore generale delle Poste, a Torino; il quale conte Barbavara ovviamente non è per nulla d’accordo ritenendo “che meglio convenga siano i francobolli somministrati in tutto lo Stato per cura unicamente di questa Direzione Generale, anche per il motivo che fabbricandosi in diversi luoghi più facile si aprirebbe l’adito alla contraffazione”. Anzi, per bloccare l’iniziativa accelera la fabbricazione della serie in moneta napoletana commissionata al Matraire e ne informa il barone Bellelli. Il quale però non demorde, e non solo perché ritiene suo dovere – come Direttore generale delle poste – predisporre le carte-valori necessarie al servizio nel suo territorio: se la Zecca di Napoli – come quelle di Milano, Bologna, Firenze e Palermo – è autorizzata a battere, e batte monete italiane usando gli stessi conii impiegati dalla Zecca di Torino, perché non si dovrebbe fare lo stesso con i francobolli? Per questo il 26 febbraio propone al “collega” Barbavara “uno scambio tra le due nostre Direzioni Generali, cioé che da codesta si facciano confezionare e spedire in Napoli i francobolli col valore in moneta napoletana, e da questa di mio carico si faccia altrettanto per la confezione e spedizione costà dei francobolli col valore in lire e centesimi, facendosi ragione delle debite differenze”. E a nulla vale l’offeso rifiuto del Barbavara (“quest’Amministrazione si trova in condizioni non solo di sopperire al fabbisogno di francobolli per tutti gli ufizi da essa dipendenti, ma ben anco di somministrarli a codesta”) unito all’offerta di rilevare la macchina da stampa “al prezzo che dessa costò a Napoli”: il barone Bellelli continua imperterrito anche dopo che viene messo in aspettativa, il 1º marzo 1861, preludio alla soppressione della Direzione generale di Napoli dal 19 marzo seguente e all’elezione del Bellelli al Senato del Regno, di cui sarà anche segretario fino alla morte, tre anni dopo, il 21 maggio 1864. Per questo è solo il 1º aprile che il Vaccheri può finalmente bloccare la stampa e chiudere l’officina, e subito dopo farne l’inventario e inviare a Torino tutto il materiale già pronto o in lavorazione; e quando giungono da Parigi anche le plance dei valori da 1 e 2 cent. e del 3 lire le lascia inutilizzate. Di questi tipi però non esiste traccia: e se non vi sono dubbi su come dovesse essere il 3 lire,

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LE POSTE AL PRIMO POSTO 37 qualche punto interrogativo sorge per gli altri due: visto che non sono mai citati i relativi punzoni con la cifra 1 e 2 viene il sospetto che il Bellelli, non sapendo come fossero realmente al momento dell’ordinativo, li avesse previsti simili agli altri, con effigie reale e solo una diversa indicazione di valore. Quello che è certo, invece, è che si tratta di pura invenzione filatelica l’ipotesi, avanzata da qualcuno, che non si emettano questi valori a causa di un furto. A Torino i fogli di questa sorta di imitazione dei francobolli in corso finiscono in magazzino, anche se qualche esemplare del 5 cent. recante al centro l’effigie usata dal Matraire fa pensare che a qualcuno sia venuta l’idea di non sprecare tanto bendidio. Ma evidentemente si preferisce non correre rischi. I rischi, in realtà, più che nei francobolli stanno nei controlli: infatti qualche foglio se ne esce alla chetichella sia a Napoli che a Torino, finendo in mano a privati, e alcuni esemplari di ogni valore vengono usati per affrancare lettere (anche se non sùbito, soprattutto a Napoli, per non dare nell’occhio): qualcuno ipotizza che a usarli sia lo stesso Bellelli, magari per dispetto, ignorando sia la personalità del Barone, sia la sua nomina a senatore che lo tiene sovente lontano da Napoli. Il grosso della tiratura – della cui esistenza tutti appaiono all’oscuro per oltre settant’anni – giungerà infine sul mercato filatelico solo nel 1926, in modo alquanto misterioso, e riguarda quasi esclusivamente gli esemplari completati. Osservandoli bene, bisogna ammettere che si tratta di un buon lavoro, anzi di un perfezionamento, visto che le “imitazioni” si distinguono dagli originali del Matraire quasi soltanto dalle diciture, più grandi, leggibili e regolari, e dall’effigie un po’ diversa e inclinata all’indietro: l’insolito formato orizzontale dei fogli, infatti, lo possono notare in pochi. Tiratura. Dai dati degli inventari risultano i seguenti quantitativi, pervenuti a Torino il 17 aprile 1861: completi senza effigie solo stampati totale 5 c. 100.950 66.400 294.800 462.150 10 c. 83.100 138.900 263.500 485.500 20 c. 55.300 169.250 168.350 392.900 40 c. 30.700 29.000 379.850 439.550 80 c. 20.100 29.050 205.000 254.150 totale 290.150 432.600 1.311.500 2.034.250 oltre a 65.750 esemplari difettosi distrutti a Napoli.

20 cent. TORINO SUCCURSALE (2) 31 MAG 61 40 cent. NAPOLI 12 GEN 63 9S (su un piccolo frammento di formato verticale insieme a un 5 cent. Matraire) NAPOLI 25 GEN 63 9S 80 cent. NAPOLI 24 GEN 63 9S

centro capovolto 5 c. verde ........................................................................ 1.500,–

varietà occasionali minori doppia impressione a rilievo: vale il doppio se distanziata e ben evidente idem, con la seconda effigie a cavallo: la coppia può valere 2.000,– tripla impressione a rilievo: vale 10 volte purché ben evidente coppia, un esemplare senza effigie: può valere 1.000,– senza effigie, con o senza gomma, vale come il normale

saggi e prove 5 c nero ........................................................................ 1 noto 10 c. nero ........................................................................ — 10 c. bruno spolverato di porporina (prova per il 3 L.) — 40 c. nero ........................................................................ — prove su carta grigia o colorata senza effigie ................. — scarti di stampa senza effigie ............................................ 10,– idem con effigie del Matraire ........................................... —  Bibliografia Emilio Diena, Provincie Napoletane. La serie non emessa con valore in centesimi, su Il corriere filatelico 1927 n. 2, 3, 4 e 6

Esemplari usati conosciuti. Dai dati I 13 esemplari noti usati per posta recano i seguenti annulli: 5 cent. NAPOLI 12 SET 62 5S PAOLA 16 MAR 63 (due esemplari poi divisi) NAPOLI 25 MAG 63 ... 10 cent. NAPOLI 23 DIC 62 9S (su lettera) NAPOLI 12 MAR NAPOLI SUCCURSALE A CHIAIA 18 MAR 62 centrato NAPOLI SUCCURSALE A CHIAIA 18 MAR 62 a destra Gli esemplari usati conosciuti fino a questo momento, che in pratica bastano appena a comporre un’unica serie

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38 LE REGIE POSTE ITALIANE 1861-1862 Provincie napoletane. Effigie di Vittorio Emanuele II, valore in tornesi e grana D. e I. Francesco Matraire (cornice), Giuseppe Ferraris (effigie) — S. litografia + impressione a secco, Francesco Matraire, Torino, in fogli di 50 — W. senza filigrana — P. ND — G. arabica — Fg. 50 (5x10)

18 TR 9 ½ t. verde ...................................

emissione validità 14. 2.1861 15.10.1862

  ✉ 20,– 200,– 600,– •

a. verde scuro ........................ 200,– 250,– 750,– b. verde oliva ......................... 2.500,– 600,– 1.500,– c. verde smeraldo .................. 3.000,– 700,– 2.000,– 19 TR10 ½ gr. bruno ................................... 11. 3.1861 250,– 250,– 750,– 1889 ” a. grigio bruno ...................... 2.500,– 400,– 1.000,– 20 TR11 1 gr. grigio nero ........................ 14. 2.1861 450,– 50,– 150,– 1889 ” a. grigio verdastro ................. 6.000,– 250.– 700,– b. grigio argento ................... 5.000,– 1.000,– 2.500,– 21 TR12 2 gr. azzurro ................................ 150,– 15,– 50,– • ”1889 ”1889 a. celeste ................................ 2.500,– 40,– 100,– b. azzurro ardesia .................. 3.000,– 200,– 600,– c. indaco ................................ 3.500,– 300,– 900,– 22 TR13 5 gr. A. rosso carminio ........... 350,– 175,– 500,– • ”1889 ”1889 a. rosso vermiglio .............. 185,– 200,– 550,– A B. rosa lilla ......................... 400,– 350,– 1.000,– • ”1889 a. lilla ................................. 250,– 500,– 1.400,– 23 TR14 10 gr. arancio ................................ 15. 3.1861 150,– 350,– 1.000,– • ”1889 a. giallo ocra .......................... 750,– 750,– 2.200,– b. bistro .................................. 150,– 350,– 1.000,– c. bistro oliva ......................... 650,– 800,– 2.300,– 24 TR15 20 gr. giallo ................................... 14. 2.1861 550,– 3.000,– 10.000,– ”1889 a. arancio ............................... 600,– 3.250,– 11.000,– 25 TR16 50 gr. A. grigio perla ................. 18. 3.1861 50,– 9.500,– 90.000,– 1889 ” * a. grigio scuro ................... 200,– A B. azzurro grigio ............. » 60,– 9.500,– —

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 serie 8 valori, tipi più comuni 1.900,–

• singolo isolato

La riorganizzazione dell’Amministrazione postale è uniforme in tutta Italia, anche se nelle Provincie napoletane – ovvero l’ex Regno di Napoli, formato da Abruzzi, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, più le ex-enclave pontificie di Benevento e Pontecorvo – viene introdotta con un Decreto del Luogotenente generale Farini, forse per non farla sembrare un’imposizione dei Piemontesi, o forse solo per consentire due notevoli eccezioni: mantenere per l’interno delle regioni ex-borboniche le vecchie tariffe (anche se per le lettere sono ancora in base al “volume”, ovvero un foglio, un foglio e mezzo o due fogli da quantificare al tatto!) e continuare con ducati, grana e tornesi, dato che risulta impossibile per il momento introdurre la valuta italiana, anche se pure la Zecca di Napoli sta battendo le nuove monete. È così che, per poter mettere fuori corso i francobolli borbonici ormai controproducenti oltre che in fase di esaurimento, viene preparata a Torino una serie graficamente simile a quella in centesimi e lire ma con il valore espresso nella vecchia moneta napoletana. Serie che il Matraire stampa in litografia per non impegnare le già oberate macchine tipografiche e in cui opera un primo restyling introducendo una cornice con spazi bianchi e diciture in positivo così da rendere più evidente l’annullo. I tagli di questa serie speciale corrispondono in pratica – al cambio di circa 4 cent. per 1 grano (il tornese equivale a ½ grano) – a quelli in corso nel resto d’Italia, anche se inizialmente sono ridotti a cinque, giudicati più che sufficienti: ½ tornese (1 cent.), 1 grano (5 cent. malgrado che al cambio ne valga 4), 2 grana (10 cent. anche se al cambio ne vale 8), 5 grana (20 cent.) e 20 grana (80 cent.). I cinque valori entrano in uso appena arrivano da Torino, il 14 febbraio 1861, in anticipo sulla data prevista dalla Legge Farini del 1º marzo, con l’evidente intento di bloccare ogni iniziativa del barone Bellelli con la sua stamperia napoletana. Subito dopo, forse prevedendo che ci vorrà più di un anno prima che entri in circolazione la lira, la serie viene uniformata a quella in uso nel resto d’Italia con l’aggiunta di tre valori, per i quali tuttavia non viene previsto alcun decreto: sono da ½ grano (2 cent.), da 10 grana (40 cent.) e da 50 grana, che rappresenta l’unica eccezione rispetto all’equivalenza col resto d’Italia, visto che corrisponde a 2 lire e non a 3. E in questo anticipa la serie italiana che vedrà la luce alla fine del 1863.

I tre valori complementari compaiono a ridosso della proclamazione del Regno, e comunque dopo l’unificazione postale del 1º marzo 1861. Questo, oltre al fatto che la serie è stata voluta e stampata a Torino e rimane in corso per circa due anni, quasi tutti in periodo italiano, la rende del tutto simile alla Democratica di ottant’anni dopo, nata monarchica ma catalogata da tutti come repubblicana; e in effetti anche Emilio Diena e gli altri esperti che nel 1924 redigono il Catalogo della Vittoria la sistemano in Italia. Il mantenimento della vecchia valuta non comporta alcun problema neppure fuori delle Provincie napoletane: all’epoca è infatti normale che circolino monete degli Stati vicini o dominanti, grazie anche al fatto che metalli e dimensioni le rendono equivalenti. La moneta d’argento “di conio borbonico” andrà fuori corso solo nel 1870 e quelle “d’oro e d’argento di conio borbonico a sistema non decimale” addirittura nell’ottobre 1885. Risulta anzi curioso il fatto che qualche zelante impiegato dell’Italia centrosettentrionale pretenda i 2 cent. “mancanti” sulle lettere dirette a militari affrancate con soli 2 grana (ovvero 8 anziché 10 cent.) e ancor più intrigante quanto scrive il Bulletino nº 2 del 1862 al § 18: “ritenuto che nelle provincie Napoletane le tasse applicate alle lettere ordinarie vengono esatte sulla base di cinque grana

Quanto vale? Considerata la validità pluriennale del Novellario, le quotazioni possono essere aggiornate tramite il confronto con quelle pubblicate annualmente dal catalogo Unificato Super

Lettera del 1º ottobre 1862 affrancata (e regolarmente accettata) per 2 grana ma poi tassata per 15 centesimi (una volta e mezzo la tassa di 10 cent.) e infine detassata in arrivo a Napoli

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72 LE REGIE POSTE ITALIANE 1863-1870 De La Rue. Cifra o effigie di Vittorio Emanuele II in ovale con fregi angolari diversi D. e I. Warren De La Rue e il suo staff — S. tipografia, Thomas De La Rue & Co., Londra (1863/65) e OCV, Torino (da fine 1865), in fogli di 400 (4 gruppi di 100) — U. fondino zigrinato — W. corona — P. 14 P — G. arabica, anche scura animale per il 42B — F. 2 gruppi affiancati di 100 (10x10) — Q. vedi a parte

emissione validità   ::: punti =sbarre ✉  :::punti =sbarre 42 14 1 c. A. oliva, cifra ............................ ?. 1.1869 30. 6.1898 10,– 5,– 20,– 25,– 10,– 25,– 10,– a. tiratura di Londra ............... 1.12.1863 450,– 15,– 50,– 35,– 100,– A B. verde oliva .......................... ?. ?.1881 5,– 5,– 10,– 10,– 20,– 43 16 5 c. verde grigio, effigie ............... ?. 3.1868 31.12.1889 1.900,– 10,– 5,– 5,– 20,– • 10,– 10,– a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 1.900,– 10,– 15,– 25,– 44 17 10 c. ocra, effigie ................................ ?. 2.1867 31. 8.1877 3.500,– 50,– 5,– 150,– 150,– • 15,– 750,– a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 3.600,– 20,– 15,– 50,– 30,– 45 18 15 c. azzurro, effigie ......................... 1.12.1863 31.12.1889 2.750,– 5,– 1.200,– 2.500,– 25,– • 3.500,– — 46 19 30 c. bruno, effigie ............................ ?. 3.1866 15,– 250,– 15,– 15,– 750,– 40,– 50,– 1889 ” a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 4.250,– 70,– 50,– 250,– 200.– 47 20 40 c. rosa carminio, effigie ............ ?. 5.1866 200,– 10,– 15,– 700,– • 30,– 50,– ”1889 7.500,– a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 6.000,– 15,– 10,– 40,– 40,– 48 21 60 c. lilla, effigie ................................. ?. 4.1866 15,– 500,– 25,– 25,– 2.000,– 100,– 200,– ”1889 a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 300,– 30,– 15,– 200,– 200,– 49 22 2 L. vermiglio, effigie ..................... ?. ?.1867 35,– — 150,– 175,– — 3.400,– 4.500,– 1889 ” a. tiratura di Londra ...................... 1.12.1863 200,– 450,– 450,– 6.000,– 6.000,– 42/49  serie 8 valori, tipi più comuni 200,– • singolo isolato

Normativa. RD 20.10.1863 nº 1526 (“Art. 1. Dal 1º del prossimo mese di dicembre saranno adottati i francobolli postali su carta filigranata dei colori, del valore e delle forme di quelli contenuti nella tabella annessa al presente Decreto”, che così elimina la necessità di una descrizione!), RD 1.7.1877 nº 3920 (validità del 10 cent.), RD 27.7.1979 nº 5016 (“Gli attuali francobolli portanti l’effigie di S. M. il Re Vittorio Emanuele conserveranno la loro validità e continueranno ad essere venduti fino al totale esaurimento.”), Regolamento generale intorno al servizio postale approvato con RD 20.6.1889 nº 6152, art. 239 (validità dei francobolli da 5, 15, 30, 40, 60 cent. e 2 lire) e RD 4.6.1896 nº 199 (validità dell’1 cent,) Tirature di Londra e di Torino. La distinzione non è semplice, avendo l’Officina Carte Valori impiegato per molti anni tavole, conii, macchine, perforatori, tecniche e inchiostri procurati dalla De La Rue; anche la carta filigranata italiana era prodotta con gli stessi ballerini approntati in Gran Bretagna e là usati per le prime forniture. E il fatto che la certezza non sia sempre garantita è data dal fatto che un famoso perito un tempo distingueva anche le tirature di Torino con tavole di Londra o di Torino, e tra quest’ultime certificava pure quella del 2 L., per cui in realtà l’OCV non realizzò mai alcuna tavola! In generale la stampa dovrebbe essere più nitida e il fondo avorio più visibile nelle tirature londinesi, mentre per gli esemplari usati è d’aiuto la data e il tipo dell’annullo. Solo il valore da 1 cent., stampato fino al 1895, si distingue anche dalla carta e dalla gomma scura oltre che da diciture marginali e numeri di tavola di nuovo tipo, in uso dal 1881: vedi al capo IV.

usi particolari ✉ 1 c. singolo isolato ................................................ 30,– 5 esemplari (= 5 c.) ......................................... 200,– 6 esemplari (= 6 c., tariffa stampe) ............... 350,– usato il 1º dicembre 1863 o prima ................ — usato nel dicembre 1863 ............................... 500,– + 1 c. cammeo ................................................ 350,– + altri valori precedenti ................................. 350,– + bollo PERIODICI FRANCHI .............................. 400,– 5 c. coppia su lettera diretta a militare ............... 300,– 3 esemplari (= 15 c.) ....................................... 50,– 4 esemplari (= 20 c.) ....................................... 300,– + 1 c. (= 6 c., tariffa stampe) .......................... 125,– usato il 1º dicembre 1863 o prima ................ — usato nel dicembre 1863 ............................... 500,– + 10 c. cammeo .............................................. 7.000,– + altri valori precedenti ................................ 14.000,–

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::: punti =sbarre 35,– 250,– 500,–

50,– 350,–

200,–

300,–

100,– 200,–

150,–

10 c.

singolo isolato su lettera diretta a militare . 250,– 150,– 250,– singolo isolato su lettera per la Svizzera ..... 300,– 300,– singolo isolato su lettera per l’Austria ......... 350,– 350,– 2 esemplari (= 20 c.) ...................................... 200,– 25,– idem su ricevuta di ritorno ............................ 400,– 800,– idem su lettera per il Pontificio, con tassa ... 200,– 100,– 3 esemplari (= 30 c.) per la Svizzera ............. 350,– 350,– usato il 1º dicembre 1863 o prima ............... — usato nel dicembre 1863 .............................. 600,– + 5 c. cammeo ............................................... 7.500,– + 10 c. cammeo ............................................. 25.000,– + altri valori precedenti ................................ 17.500,– 15 c. + 5 c. (= 20 c.) su ricevuta di ritorno ............ 250,– idem su lettera per lo Stato Pontificio ........ 100,– + 10 c. (= 25 c.) per l’Austria ......................... 400,– 2 esemplari (= 30 c.) per la Svizzera ............ 350,– uso anticipato nel novembre 1863 .............. 40.000,– usato il 1º dicembre 1863 ............................. 4.000,– usato nel dicembre 1863 .............................. 100,– + 5 c. cammeo ............................................. 9.000,– + 15 c. medaglione ....................................... 20.000,– + altri valori precedenti ................................ 12.500,– 350,– usato 31 DIC 1864, ultimo giorno di tariffa .. usato nel 1865 ............................................... 500,– usato dopo il 1866, anche tassato ................ 2.000,– 2.500,– 2.500,– 30 c. singolo su lettera per la Svizzera ................. 250,– 150,– su lettera assicurata ...................................... 400,– 300,– 500,– usato nel dicembre 1863 .............................. 3.000,– + altri valori precedenti ................................ 15.000,– 40 c. su lettera per la Francia o l’Austria .............. 50,– 50,– su lettera assicurata ...................................... 400,– 250,– 500,– usato nel dicembre 1863 .............................. 1.200,– + altri valori precedenti ................................ 20.000,– 60 c. singolo su lettera assicurata ......................... 500,– 300,– 500,– su lettera per la Gran Bretagna ................... 250,– 150,– usato nel dicembre 1863 .............................. 3.000,– + altri valori precedenti ................................ — 2 L. usato nel dicembre 1863 .............................. — + altri valori precedenti ................................ 350,– Stante la necessità sino a tutto il 1863 di usare le forbici per separare i precedenti francobolli, gli esemplari De La Rue con la dentellatura sforbiciata su lettere del 1863 / inizio 1864 non sono da scartare, risultando storicamente interessanti.

frazionamenti /∆ ✉

40 c. dimezzato (= 20 c., Orvieto, Randazzo) ............ 1 noto 1 noto Per il valore da 1 c. usato a metà su cartoline postali da 7½ + 7½ c. vedi il volume successivo.

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LA RIFORMA POSTALE 73 date salienti 1 OTT 1862, Firenze capitale ......................................................... 1 LUG 1871, Roma capitale ........................................................... 9 GEN 1878, morte di Vittorio Emanuele II ..................................

750,– 750,– 700,–

usi fiscali, come marche da bollo su documenti amministrativi e simili, annullati a penna ............ 150,– idem, annullati con bolli amministrativi, di enti ecc. .................. 200,– idem, annullati con bolli postali ................................................... 500,– usati insieme a marche da bollo ................................................... 350,– Occorre una buona conoscenza delle modalità fiscali per evitare i trucchi per collezionisti filatelici. Così pure non sono rari i casi di esemplari recuperati da utilizzi fiscali e un secolo dopo applicati su lettere originali d’epoca, solitamente in franchigia, per creare prelibate “affrancature”: diverse di queste sono ottenute con strisce annullate a penna con il tiralinee.

1 c. 5 c. 15 c. 30 c.

non dentellati verde oliva (Bologna, Milano) .......... grigio verde ....................................... celeste (Torino, Mondovì. Lugo ecc.) bruno ..................................................

/∆ ✉ * 1 noto 6.000,– 3 note 1 noto 1 noto 3.000,– 20.000,– 6.000,– —

numeri di tavola entro rettangolo o cerchio 1 c. ..................... 1.000,– 2.000,– 7.500,– idem 30 c., 60 c. e il 2 L. nuovo ...................... 350,– 3.000,– 12.000,– idem altri valori .............................................. — 2.500,– 10.000,– numero grande senza cornice 1 c. ................ 200,– 400,– 1.000,– Numeri rilevati: 1 c., nº proprio 1 in ovale, 2, 12, 13, 15, 18, 22 in cerchio, seriale in rettangolo 2, 33, 174, 187, 191 e senza cornice 1614, 2131; 5 c., nº proprio 1 in ovale e 3, 12, 14 in cerchio; seriale 1, 18, 45; 10 c., nº proprio 1, 2, 15 in cerchio; seriale 6, 16, 65, 134; 15 c., nº proprio 1 in ovale e 2, 3, 9, 11, 12 in cerchio; seriale 3, 12, 13, 14, 27, 30; 30 c., nº proprio 1, 4; seriale 5, 142; 40 c., nº proprio 1, 3; seriale 7, 62, 135; 60 c., nº proprio 1, 4, 5; seriale 4, 102, 119; 2 L., tavola unica, argentata, con nº proprio 1 e seriale 8.

saggi e prove prove di conio su cartoncino patinato ND, ciascuna ................... 500,– idem, cartoncino intero mm 95x65 ca. ...................................... 2.000,– prove di colore su carta filigranata ND, ciascuna ........................ 200,– prova della filigrana corona .......................................................... 200,– idem corona di tipo diverso, più alta ......................................... 250,–

prova di carta Avondo, 1 c. da tavola biffata (riga bianca orizz.) 20.000,– prova del fondo di sicurezza, in grigio nero ................................ 200,– prove d’archivio su carta filigranata ND, ciascuna ....................... 200,– idem, francobollo da 40 c. .......................................................... 250,– idem, francobollo da 2 L. ............................................................ 300,– idem, 15 c. con 12 punti (n. 51B senza soprastampa) ............... 2.000,– esemplari con sopr. SAGGIO di vario tipo, ciascuno ..................... 200,– idem ND, sopr. di Londra ............................................................ 350,– idem con margini rifilati, dal foglietto Menabrea .................... 350,– il foglietto Menabrea allegato al decreto d’emissione, conteneva gli 8 valori con soprastampa SAGGIO, tutti ND tranne il 2 L. con dentellatura tagliata via .......................... 250,– Alcune prove di colore da 5, 15 e 60 c. furono eseguite nel 1864 nell’ambito degli studi per sostituire il 15 c. e allegate alla Relazione del Perazzi (vedi più avanti) Falso per posta F42 1F 1 c. verde grigio, tipografia Torino 30.1.1865

3 noti

— 1 nota

Questa imitazione venne realizzata da un funzionario della Direzione generale delle Poste, Giuseppe Re, non per frodare la posta ma per dimostrare la scarsa affidabilità dei francobolli prodotti dalla De La Rue rispetto a quelli in tiporilievografia da lui proposti (vedi più avanti); come lui stesso racconta in un pamphlet pubblicato contro il Direttore Barbavara, approntò in tutto una trentina di esemplari, che usò il 30 gennaio 1865 a Torino per spedire sei lettere, al Ministro Sella e a varie autorità postali. Malgrado gli esemplari non fossero dentellati, assommassero a cinque per ogni lettera e fossero tutti isolati, e alcune delle lettere avessero come destinatari ministri e uomini politici che godevano della franchigia postale, nessun addetto delle Poste si accorse della falsificazione e neppure si insospettì. Delle sei lettere che spedì quella mattina pare si sia salvata solo quella conservata nell’Archivio Sella, da cui però mancano tre dei 5 esemplari.  Bibliografia Alberto Diena, Parentesi londinese. La preparazione dei francobolli italiani della serie 1863, in Italia filatelica, Roma, dal n. 8, luglio agosto 1945, al n. 16, aprile 1946 — John Easton, The De La Rue History of british & foreign Postage Stamps 1855 to 1901, part 5, Faber and Faber 1958 — Daniele Zanaria e Gabriele Serra, Trattato storico postale d’Italia - Regno di Vittorio Emanuele II, La storia postale d’Italia 1986 — Franco Filanci, De La Rue - A scuola di carte valori, Poste Italiane 1992 e 1995 — Franco Filanci, Un quadro da Londra firmato C.P. (la Relazione Perazzi), su Storie di Posta vol. 22 (Speciale cf 25) 2006 — Franco Filanci, Il Re dei saggi… era un falsario e un ladro, su Cronaca filatelica n. 175, giugno 1992 Quanto vale? Considerata la validità pluriennale del Novellario, le quotazioni possono essere aggiornate tramite il confronto con quelle pubblicate annualmente dal catalogo Unificato Super

1 cent. 5 cent. 10 cent. 15 cent. 30 cent. 40 cent. 60 cent. 2 lire 1863 DeLaRue 27.000.000 10.700.000 10.800.000 40.700.000 3.600.000 4.800.000 400.000 400.000 1864 DeLaRue 88.696.000 27.655.600 28.612.400 89.310.000 308.000 6.705.200 2.723.600 599.600 1866 OCV — — 1.400.000 2.902.000 1.278.400 3.341.200 1.015.600 1867 OCV — — 21.142.200 — 3.110.200 — — 1868 OCV 2.000.000 6.787.000 — 7.061.000 4.729.400 3.513.800 — 1869 OCV 14.342.600 11.800.000 14.400.000 — — — — 1870 OCV 41.724.800 11.935.200 8.964.400 3.839.200 1.878.800 4.252.400 — 1870 OCV 41.806.600 — 19.859.200 — 1.380.000 2.719.800 — 1870 OCV 10.200.000 — — 6.000.000 2.435.200 — — 1870 OCV 21.208.000 26.034.200 4.800.000 2.881.000 5.049.800 — — 1870 OCV — — 20.032.400 — 6.007.600 — 7.400 1870 OCV 9.221.400 5.969.800 25.029.800 11.173.600 3.881.600 — — 1870 OCV 1.100.000 13.904.800 — — — 1.639.600 — 1870 OCV 23.444.400 9.770.800 in blu — — — — 1870 OCV 10.682.400 — in blu 19.128.000 6.474.000 — — 1879/95 OCV 170.949.000 Totali DeLaRue 115.796.000 38.355.600 39.412.400 130.010.000* 3.908.000 11.505.200 3.123.600 999.600 OCV 346.679.200 102.796.400 115.628.000 51.984.600 36.225.200 15.466.600 1.022.800 * Di questi circa 85.500.000 vennero soprastampati 20 cent.

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