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L’ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 16 APRILE 2018
«Le curve cambieranno l’architettura Fra pochi anni ci sarà un crac globale» Università. Philippe Block, giovane e geniale progettista con base a Zurigo, parla oggi in Sant’Agostino «Torniamo alle volte a pressione che usavano i medievali: sono più leggere e ci salveranno dall’inquinamento» CARLO DIGNOLA
prietà fisiche dei materiali utilizzati. È una cosa molto importante. E quei costruttori sapevano bene anche come lavorare in condizioni di risorse limitate. Molto più dell’architettura attuale, avevano coscienza di quanto il disegno dell’edificio fosse importante per essere in grado di costruire. Io credo che la soluzione per i problemi che abbiamo di fronte oggi sia diventare un nuovo genere di “maestri costruttori”, resi naturalmente più potenti dal mondo del calcolo digitale in cui siamo immersi. Certo i tempi sono cambiati, le responsabilità, la disponibilità al rischio, le attese in termini di performance non sono più quelli di qualche secolo fa, ad esempio per quanto riguarda il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo».
Philippe Block è un giovane (ha solo 37 anni) architetto e ingegnere strutturista belga, che dirige un importante Gruppo di ricerca al Politecnico Federale di Zurigo (Eth) il Block Research Group, insieme a Tom Van Mele; dirige anche il centro nazionale svizzero di Competenza nella ricerca (Nccr) nella Fabbricazione digitale, ed è socio fondatore della società di ingegneria Ochsendorf DeJong & Block. Ha studiato architettura e ingegneria delle strutture al Vub, in Belgio, e al Mit negli Stati Uniti, dove ha ottenuto un Phd nel 2009. Sta studiando tecniche di costruzione molto innovative. È convinto che, ai ritmi attuali dell’edilizia globale, che consuma troppa energia e risorse, di qui a pochi anni arriverà il crac: e allora torneremo a costruire in modo La questione di fondo è la non-sostemeno pesante e invasivo, in mo- nibilità del modo di costruire attuado più simile a come facevano i le. maçons (muratori-filosofi-arti- «È un fatto ormai evidente: in sti) medievali che costruirono le termini di emissioni di anidride cattedrali. carbonica, dal 30 al 40% del totaPotremmo dire che è un archi- le dell’inquinamento dell’atmotetto verde, hi-tech e passatista sfera viene dal settore edilizio. al tempo stesso. Un impatto spaventoso. L’induOggi pomeriggio alle 17 Block stra delle costruzioni fa ben di sarà a Bergamo. Parlerà, guarda peggio, dunque, delle nostre aucaso, nell’aula magna tomobili. Molti studi dell’Università che è lo confermano. E nei l’ex chiesa di Sanprossimi 35/40 anni t’Agostino: in tutta non ci sarà sabbia Bergamo non ci posufficiente per fare il teva essere luogo micalcestruzzo di cui gliore per quello che abbiamo bisogno (la verrà a dire. sabbia del deserto È stato invitato non s può usare). Fra dall’Università per 2011 e 2030 in Cina una lectio magistra- L’architetto belga verranno costruiti lis (ingresso libero) Philippe Block più edifici in calcesulle sue «strutture a struzzo che in tutti guscio». L’incontro fa parte delle gli Stati Uniti nell’intero 20º secelebrazioni per i 50 anni del colo. Ciò significa che se non ragnostro Ateneo. giungiamo in fretta delle soluzio«Le ricerche di Philippe Block ni tecniche per trattare in modo - ricorda il prof. Attilio Pizzigoni, più responsabile le nostre risorche ha organizzato l’incontro - se, entro 35/40 anni dovremmo sono da anni oggetto di studio consumare otto volte la loro inanche nella didattica della nostra tera disponibilità sul pianeta. Scuola di Ingegneria. Oggi il suo Stiamo uscendo di strada. Stialavoro non è più definibile come mo inquinando pazzamente e puro prodotto architettonico o stiamo usando le nostre risorse ingegneristico, ma è un’espe- naturali in modo completamenrienza artistica a tutti gli effetti». te irresponsabile». Architetto, due poli fondamentali del suo lavoro mi sembrano racchiusi in queste due parole: «digitale» e «ingegneria». la prima guarda avanti, la seconda, in un certo senso, solidamente indietro.
«La terza parola infatti è “passato”. Io penso che possiamo imparare molto dai costruttori antichi: perché le volte di pietra gotiche, ad esempio, delle cattedrali medievali sono ancora in piedi? Perché hanno ottenuto grande stabilità attraverso le loro geometrie, molto più che per le pro-
n n Il calcolo digitale
e la stampa in 3d applicati a idee millenarie sono la via del futuro»
La sua soluzione?
«Costruire delle strutture più leggere, seguendo i percorsi delle forze, volte sostenute da geometrie strutturali, come si faceva un tempo: questo permetterebbe di risparmiare molto materiale e soprattutto di non usare quello ad alta ingegneria che inquina, introducendo altri materiali a basso impatto, come quelli riciclati: più deboli, ma resi robusti grazie alla geometria delle forme. Nel mio istituto costruiamo solai piatti che sono oltre il 70% più leggeri di qualsiasi altro tipo oggi in uso, per dimostrare che se si torna a usare volte curve nelle coperture possiamo ottenere sistemi di costruzioni integrate anche eleganti. Tutto ciò era già conosciuto, ma va reintrodotto nell’architettura, aggiornandolo. La geometria strutturale è complessa, dunque è anche
La «volta armadillo» presentata dallo studio di Philippe Block alla Biennale di Venezia del 2016
Prova di carico sulla struttura
costosa. Viviamo in tempi molto eclatanti però, perché tutto sta capitando proprio nel momento giusto: ora, infatti, la costruzione digitale di oggetti, per esempio con la stampa in 3d, sta davvero maturando fino a poter essere applicata in una scala utilizzabile per costruzioni edilizie. L’Eth di Zurigo può essere un laboratorio per l’Europa, perché in Svizzera non siamo legati alle codificazioni della Ue, le leggi edilizie da noi sono molto più permissive, gli ingegneri possono decidere di non seguire le norme e invece dimostrare attraverso appropriati test che un nuovo modo di fare le cose è migliore. Quindi stiamo spostando la linea di confine sempre più avanti, per spingere anche il resto del mondo a pensare in modo diverso: think different». Qualcuno dice che usare strutture a volta nei nuovi edifici è pericoloso.
«Non è vero, è un metodo utilizzato per centinaia e centinaia di anni nel passato. Solo che ci siamo semplicemente dimenticati come fare. Siamo molto vicini a essere in grado di realizzare queste strutture in modi competitivi ed economici. La sicurezza della struttura è la prima cosa, naturalmente; anche il confort è una necessità oggi. La colla di tutti
La volta della cattedrale di Beauvais, in Francia: tra le più spettacolari
questi approcci vecchi e nuovi è il mondo digitale. Bisogna avere buone idee e concetti, ma poi per realizzarli c’è bisogno di grandi capacità di calcolo. Presto ci sarà uno stop e un cambiamento radicale nel modo di costruire».
tando di arrivare a un livello successivo, perché in gran parte dell’architettura ogni edificio è un prototipo, è unico».
Lei disegna ancora a mano?
«Già Pierluigi Nervi o Félix Candela hanno usato superfici curve all’interno dell’architettura del ’900. Noi stiamo facendo i massimi sforzi, sì, per uscire dalla fase puramente teorica. Condividiamo software, condividiamo conoscenze gratuitamente con tutti. La questione è capire se possiamo realizzare davvero queste strutture, perché puoi progettare qualcosa di super-efficiente ma poi perdere un sacco di materiale per costruirlo, e dunque diverrebbe di nuovo irrilevante. Bisogna sviluppare soluzioni assieme all’industria, ricevendo feedback anche molto critici, in modo da capire che cosa ha la possibilità di essere realizzato davvero. Dobbiamo introdurre un capovolgimento di linguaggio, non solo per progetti di grandi edifici molto costosi, ma nell’architettura diffusa. Sono stato personalmente molto positivamente sorpreso quando alla Biennale di Venezia del 2016 ho visto la risposta del pubblico comune davanti alla struttura in
«In Università sottolineerò questo punto. Credo veramente che la connessione con la mano sia il primo passo, perché abbiamo bisogno di cominciare con un punto di partenza eloquente, qualcosa pieno di significato: prima di mettere mano la computer bisogna sapere cosa dire al computer di fare». Diversi suoi progetti sono modulari. Lei oggi parlerà in una chiesa che è composta – recenti studi lo confermano – di singoli moduli replicati molte volte. Sta tornando a essere utile un approccio del genere?
«Certe soluzioni non sono adatte a tutti i contesti. L’approccio modulare può avere molto senso se si vuole ridurre i costi, ma la fabbricazione digitale sta diventando così solida e sofisticata che la progettazione su misura si può ottimizzare allo stesso costo di un approccio modulare. Che ha più senso quando si costruiscono unità abitative che si ripetono, o edilizia popolare. Ma stiamo ten-
Lei sta provando, molto concretamente, anche a costruire con queste nuove superfici curve.
pietra “Armadillo Vault” . La gente ha amato subito queste belle curve: è una cosa fantastica! E mai mi sarei aspettato, quando studiavo per il mio phd sui costruttori delle chiese antiche, di vedere oggi grandi nomi dell’architettura, come Foster & Partners, andare in una direzione simile: l’aeroporto di Città del Messico è una gigantesca geometria che lavora a compressione, molto bella. Sono forme che piacciono. Io trovo che la geometria strutturale sia bella, per motivi logici e naturali intrinsechi. Per me non è importante solo l’efficienza ma bisogna anche offrire valori estetici». Lei usa ancora questa parola un po’ desueta nelle università: «bellezza»...
«Naturalmente è un concetto molto soggettivo. Penso però che ci sia una bellezza intrinseca, per esempio nelle cattedrali e nelle chiese gotiche, schemi che riflettono le forze, correlati forse anche alla natura. Io sono un architetto e designer, bello per me può essere anche un flusso di forze, o un materiale che mette in evidenza la tecnica di costruzione. Ma credo che la geometria strutturale stessa sia qualcosa di oggettivamente bello». ©RIPRODUZIONE RISERVATA