VENERDÌ 31 MARZO 2017
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ADESSO PARLO IO
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REMO MORZENTI PELLEGRINI Il rettore in prima linea: l’ateneo avamposto della ricerca e della crescita
«L’università nei quartieri e nelle fabbriche»
«Dopo che l’Italcementi e le banche hanno ammainato la bandiera, una mamma mi ha detto: “Non ve ne andrete anche voi...”» «Non ce ne andiamo: siamo un fattore di sviluppo anche economico per Bergamo». «Porteremo la conoscenza in tutti i luoghi» di Paolo Aresi « L’università ha sempre avuto due missioni, insegnamento e ricerca. Oggi ce n’è una terza, e forse è la più importante». Quale? « Divulgare ampiamente queste funzioni fuori, sul territorio, non solo fra le mura delle aule universitarie. Una relazione nuova con la nostra terra. Università che diventa motore di conoscenza e di sviluppo. Un avamposto». Si spieghi. «Diamo al via con Humanitas alla facoltà universitaria di Scienze infermieristiche. Lanciamo la laurea di Medicina in lingua inglese in collaborazione con il Papa Giovanni e l’università del Surrey. E abbiamo già avviato la laurea in ingegneria e tecnologia per la salute. Abbiamo investito trenta milioni di euro per il recupero della Montelungo che ospiterà tanti studenti che arrivano da lontano. Queste scelte vanno in una direzione precisa, possono rappresentare una possibilità di sviluppo per la nostra provincia». Italcementi e Banca Popolare di Bergamo hanno ammainato bandiera. Il Credito anche. Bergamo è disorientata. «A un incontro pubblico una signora, una mamma, mi si è avvicinata, mi ha detto: “non ve ne andrete anche voi...” e io ho risposto alzando le spalle, come se avessi ascoltato una battuta. Poi ci ho ripensato. Non era una battuta, era l’espressione di un sentire della gente, di questo momento di effettivo disorientamento. Ho pensato che quella donna aveva detto una cosa tremendamente seria. E ho sentito la responsabilità dell’università». La terza missione. «La terza missione, l’avamposto, sì». Lei è rettore dell’università di Bergamo dall’ottobre 2015. Da dove viene? «Ve n g o d a C l u s o n e. E dall’università di Bergamo che ho frequentato come studente, poi come assistente e come professore. Adesso sono rettore, pro tempore». Pro tempore in che senso? «Nel senso che il mandato è di sei anni e non è rinnovabile. E poi c’è un altro elemento importante e poco conosciuto: l’università è l’unica pubblica amministrazione che viene realmente e rigorosamente valutata da un’agenzia, l’Anvur (Agenzia nazionale valutazione università e ricerca). E da pochi anni esiste anche un altro elemento: l’università riceve finanziamenti in base ai costi standard e non in maniera automatica e su base storica. Oggi meglio fai e più fai mantenendo i costi in termini ragionevoli e meglio vieni finanziato. Ricevi di più se fai bene con poco. La combinazione di queste cose ha cambiato volto alle università. E anche al ruolo e al potere dei rettori». Lei si è laureato in diritto amministrativo, non sembra una materia affascinante. «Non sembra, no. Ma io ero interessato alla pubblica amministrazione da quando ero bambino perché mia mamma era responsabile degli Affari generali del Comune di Clusone. E quindi tutti i giorni respiravo la passione di mia madre per la cosa pubblica, per cercare di risolvere i diversi problemi che si presentavano.
Una vita nel mondo della scuola, dall’asilo al rettorato Remo Morzenti Pellegrini si definisce “un uomo di scuola” perché dalla scuola non è mai uscito, dai tempi dell’asilo. Studente dell’università di Bergamo, si è laureato con una tesi sul diritto amministrativo e subito è stato coinvolto dal professor Carlo Emanuele Gallo nell’attività accademica. In tempi brevi ha salito tutti i gradini della docenza: docente a contratto, poi associato,
quindi ordinario. Nel frattempo era riuscito anche a vincere il concorso come funzionario per la pubblica amministrazione in Provincia, lavoro che aveva lasciato dopo l’assunzione stabile in università. Sposato, 48 anni, due figli, nella sua vita ritiene di avere avuto la fortuna di avere incontrato alcuni maestri come il professor Gallo e monsignor Loris Capovilla.
Ho avuto diverse fortune nella ma adesso che cosa fa?”. Io mia vita. Per esempio avere risposi che non avevo niente dato la tesi con il professor da fare. Allora mi chiese di Carlo Emanuele Gallo che in accompagnarlo alla biblioteca quel periodo era ordinario a Mai perché stava cercando un Bergamo». manoscritto di Silvio Spaventa. E così andammo. CammiPerché fu una fortuna? «Il professor Gallo mi disse: nando mi chiese diverse cose, “Visto che una tesi in diritto mi chiese di parlargli delle fonamministrativo la fa solo lei, ti storiche, mi domandò se fosaffronti un argomento nuovo”. si in grado di recuperargli un Eravamo nel 1993, in piena certo discorso tenuto sempre tangentopoli, era stata appro- da Spaventa a Bergamo. Glielo vata la legge trovai. Io non mi rendevo Merloni sugli appalti, sulla Vengo da Clusone conto, ma mi trasparenza. Io st ava e sa m ie dall’Università di sviluppai una nando». tesi in questa Ha superato Bergamo dove sono direzione, conl’esame. stato studente, frontando il Morzenti nostro diritto assistente, professore sorride, apre le am mi ni st ratibraccia. È see adesso rettore. vo con quello duto nel suo ufQuante fortune ficio di via Saldella Comunità europea. Fu vecchio, parla con piacere, ricontento. Mi laureai, una settimana dopo pete spesso di avere avuto forandai a trovarlo in ateneo per tuna. «Sì, ho superato l’esame. ringraziarlo, con un libro in regalo». Non sono più uscito dall’ambiente universitario anche se Gentile. «Sì, ma allora si usava. Era ho svolto altri lavori, ho inluglio, una giornata limpida, segnato al Pesenti di Clusone, mi ricordo. Eravamo in piazza anche al serale, ho vinto il conRosate. Lui mi chiese: adesso corso per diventare funzionache cosa fa? Io risposi che avrei rio amministrativo della Profatto il militare, e poi ci avrei vincia. Ma non ho mai lasciato pensato. Allora mi disse: “Sì, l’università. Ogni giorno an-
È un ricercatore attento, preciso, nel campo degli studi sul diritto amministrativo, con all’attivo numerose pubblicazioni; nell’ultimo periodo Morzenti Pellegrini sta analizzando le nuove modalità di gestione dei servizi sociali e dei servizi pubblici locali nonché la nuova realtà universitaria, all’indomani dell’approvazione della legge 240 del 2010, confrontandola con quella di altri paesi europei.
davo in ateneo, studiavo, scri- e in altri Paesi. L’insegnante vevo. Con il professor Gallo, viene seguito nelle classi per poi con Tagliarini e Barbara un mese, loro dicono “You muPezzini, con il professor Serio st teach in class”. Dopo questa Galeotti. Sono stato il suo ul- osservazione si decide se è timo collaboratore. Nel 1999 idoneo oppure no». Lei è stato molto legato a sono diventato docente non di ruolo del corso “Istituzioni di monsignor Loris Capovildiritto pubblico” del nuovo la. corso di Scienze dell’educa«Sì. Tra poco sarà un anno zione, voluto dal rettore Al- dalla sua morte. Lui mi manca berto Castoldi. Poi divenni do- molto. Era un maestro vero e cente a contratto, quindi su- tutti noi abbiamo bisogno di perai il concormaestri. Inconso per ricercatrarlo è stata un’altra fortutore e quindi I ragazzi hanno na della mia viquello per probisogno di persone ta. Lo conobbi fessore assonel 1997, a Cluciato, nel affidabili, profonde, sone, lui era ve2004...». intellettualmente nuto per l’inauG iovanissioneste che indichino gurazione di mo. una mostra su « Abbastanuna direzione, un Manzù. Capoza. Avevo trenmetodo villa era molto tasei anni. Solegato a Manno un uomo di zù, dai tempi di scuola». Un uomo di scuola. Come Papa Giovanni. In quei giorni giudica il concorsone di aveva 81 anni. Mi ricordo che questi mesi? Si può deci- lo vidi scendere le scale del dere se una persona che ha sagrato della basilica di Cluins e g nato magari p er sone: sembrava un ragazzivent’anni è idonea o meno no». in un colloquio di trenta Che cosa l’ha colpita di minuti? lui? «No, non si può. Ho con«Era un uomo di una cultura tribuito alle linee guide della sterminata, Bergamo deve te“buona scuola”. Avevo sugge- nere stretta la sua testimorito di fare come in Inghilterra nianza, studiarla. Lui ha scelto
di vivere gli ultimi venticinque anni della sua vita tra noi, nella casa di Papa Giovanni a Sotto il Monte, Cà Maitino. Quel giorno lo salutai, mi presentai, lui mi guardò dritto negli occhi e mi disse di andare a trovarlo. Io dopo un po’ lo chiamai, molto esitante, ma lui fu tanto accogliente. Ecco, anche il suo senso di accoglienza mi ha colpito. Tra l’altro era stato amico anche del primo rettore della nostra università, Vittore Branca, si conobbero a Venezia, alla Fondazione Cini. Non c’è persona della cultura internazionale del secondo Novecento che Capovilla non abbia incontrato. Quel giorno, voglio ricordarlo, Capovilla fece incontrare la prima moglie di Manzù, Tina Oreni, con la seconda, Inge Schabel. Fu un momento importante per la loro vita». Abbiamo bisogno di maestri. «Sì, tanto. Io lo vedo fra i ragazzi. Tutto questo disorientamento... hanno bisogno di persone affidabili, profonde di pensiero, oneste intellettualmente che indichino una direzione, un metodo. Con un obiettivo: conoscenza e consapevolezza». Speranza. «Sì, la speranza motivata dalla conoscenza. Capovilla ripeteva sempre la frase del Concilio Vaticano: “Tantum aurora est”. Siamo soltanto all’aurora. Soltanto all’inizio. E poi mi diceva: “Stiamo camminando, Remo”. A cento anni, era un grande uomo di cultura, e nella sua cultura, nella sua visione del mondo, la speranza stava al centro. Credenti e non credenti. Non faceva distinzione, ripeteva: “Sia m o tutti fratelli”. E ci credeva veramente». Dicevamo di Bergamo. «Bergamo è disorientata in modo particolare. Abbiamo tutti una grande responsabilità, anche l’università. Ma Bergamo sta cambiando». Università e aeroporto sono sinonimi di apertura, di orizzonti nuovi, di sguardo verso il mondo. «Credo in questa nuova Bergamo che sta nascendo, nonostante diverse resistenze. Stiamo elaborando una cultura nuova». Teatro Donizetti, biblioteca Mai, accademia Carrara sono i tre poli della grande cultura a Bergamo. Se d’un tratto chiudessero, qualcuno se ne accorgerebbe? «Eccome. Questi luoghi con le loro attività, con il loro patrimonio, sono essenziali per la città, per la sua identità». Queste istituzioni sono seguite da qualche migliaio di bergamaschi. Diciamo, al massimo, ventimila. Ma gli abitanti della nostra terra sono un milione e centomila. Ne mancano all’appello un milione e ottantamila. «È vero. E in questa direzione bisogna lavorare, impegnarsi. Divulgare, portare la cultura, la bellezza in ogni luogo. La conoscenza. Nei quartieri, nei paesi, nelle frazioni». Nelle fabbriche, nei centri commerciali. «Perché no? Le rispondo con una frase che direbbe monsignor Capovilla: stiamo seminando, i frutti arriveranno. In un mondo che cambia in modo troppo veloce, il pensiero, la conoscenza e - mi lasci dire - la buona volontà sono essenziali per andare verso il futuro, verso l’avvenire, magari preoccupati, ma senza paura».